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Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Romania (31 maggio – 2 giugno 2019) – Santa Messa nella Cattedrale di S. Giuseppe di Bucarest, 31.05.2019


Santa Messa nella Cattedrale di S. Giuseppe di Bucarest

Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Dopo aver lasciato la nuova Cattedrale Ortodossa di Bucarest, il Santo Padre Francesco si è recato nella Cattedrale di San Giuseppe per la Celebrazione della Santa Messa.

Al Suo arrivo è stato accolto all’ingresso della Cattedrale dal Vescovo Ausiliare di Bucarest, S.E. Mons. Cornel Damian, e dal Parroco, che gli dato la croce e l’acqua benedetta per l’aspersione. Quindi alle ore 18.10 (17.10 ora di Roma), il Papa ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella Festa della Visitazione della Beata Vergine Maria. Erano presenti all’interno della Cattedrale 1.200 fedeli e all’esterno oltre 25.000.

Dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre ha pronunciato l’omelia.

Al termine della Santa Messa, S.E. Mons. Ioan Robu, Arcivescovo di Bucarest, ha rivolto al Papa il suo saluto. Quindi, dopo la benedizione finale e dopo aver salutato alcune persone in sagrestia, Papa Francesco si è trasferito in papamobile alla Nunziatura Apostolica di Bucarest. Al suo arrivo in Nunziatura, il Santo Padre ha incontrato in forma privata 22 confratelli gesuiti che lavorano in Romania, 14 dei quali romeni. Erano presenti all’incontro anche l’Assistente del Preposito Generale, Padre Joaquín Barrero Díaz, S.I., e il Provinciale per la Provincia Euro Mediterranea, di cui fa parte la Romania, Padre Gianfranco Matarazzo, S.I.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Santa Messa:

Omelia del Santo Padre

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci immerge nell’incontro di due donne che si abbracciano e riempiono tutto di felicità e di lode: esulta di gioia il bambino ed Elisabetta benedice la cugina per la sua fede; Maria canta le meraviglie che il Signore ha realizzato nella sua umile serva con il grande inno di speranza per coloro che non possono più cantare perché hanno perso la voce… Canto di speranza che vuole svegliare anche noi e invitarci a intonarlo oggi mediante tre preziosi elementi che nascono dalla contemplazione della prima discepola: Maria cammina, Maria incontra, Maria gioisce.

Maria cammina… da Nazareth alla casa di Zaccaria ed Elisabetta: è il primo dei viaggi di Maria che la Scrittura racconta. Il primo di molti. Andrà dalla Galilea a Betlemme, dove nascerà Gesù; fuggirà in Egitto per salvare il Bambino da Erode; si recherà ancora a Gerusalemme ogni anno per la Pasqua, fino all’ultima in cui seguirà il Figlio sul Calvario. Questi viaggi hanno una caratteristica: non sono stati mai cammini facili, hanno richiesto coraggio e pazienza. Ci dicono che la Madonna conosce le salite, conosce le nostre salite: ci è sorella nel cammino. Esperta nel faticare, sa come prenderci per mano nelle asperità, quando ci troviamo davanti ai tornanti più ripidi della vita. Come buona madre, Maria sa che l’amore si fa strada nelle piccole cose quotidiane. Amore e ingegno materno capace di trasformare una grotta di animali nella casa di Gesù, con poche povere fasce e una montagna di tenerezza (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 286). Contemplare Maria ci permette di rivolgere lo sguardo a tante donne, madri e nonne di queste terre che, con sacrificio e nascondimento, abnegazione e impegno, plasmano il presente e tessono i sogni del domani. Donazione silenziosa, tenace e inosservata, che non teme di “rimboccarsi le maniche” e caricarsi le difficoltà sulle spalle per portare avanti la vita dei propri figli e dell’intera famiglia sperando «contro ogni speranza» (Rm 4,18). È un ricordo vivo il fatto che nel vostro popolo vive e pulsa un forte senso di speranza, al di là di tutte le condizioni che possano offuscarla o cerchino di spegnerla. Guardando Maria e tanti volti materni, si sperimenta e si alimenta lo spazio per la speranza (cfr Documento di Aparecida, 536), che genera e apre il futuro. Diciamolo con forza: nella nostra gente c’è spazio per la speranza. Per questo Maria cammina e ci invita a camminare insieme.

Maria incontra Elisabetta (cfr Lc 1,39-56), già avanti negli anni. Ma è lei, l’anziana, a parlare di futuro, a profetizzare: «colmata di Spirito Santo» (v. 41), la chiama «beata» perché «ha creduto» (v. 45), anticipando l’ultima beatitudine dei Vangeli: beato chi crede (cfr Gv 20,29). Ecco, la giovane va incontro all’anziana cercando le radici e l’anziana rinasce e profetizza sulla giovane donandole futuro. Così, giovani e anziani si incontrano, si abbracciano e sono capaci di risvegliare ognuno il meglio dell’altro. È il miracolo suscitato dalla cultura dell’incontro, dove nessuno è scartato né etichettato, al contrario, dove tutti sono ricercati, perché necessari, per far trasparire il Volto del Signore. Non hanno paura di camminare insieme e, quando questo succede, Dio arriva e compie prodigi nel suo popolo. Perché è lo Spirito Santo Colui che ci incoraggia a uscire da noi stessi, dalle nostre chiusure e dai nostri particolarismi, per insegnarci a guardare oltre le apparenze e regalarci la possibilità di dire bene degli altri – “benedirli” – specialmente di tanti nostri fratelli che sono rimasti esposti alle intemperie, privati forse non solo di un tetto o di un po’ di pane, ma dell’amicizia e del calore di una comunità che li abbracci, che li protegga e che li accolga. Cultura dell’incontro che spinge noi cristiani a sperimentare il miracolo della maternità della Chiesa che cerca, difende e unisce i suoi figli. Nella Chiesa, quando riti diversi si incontrano, quando a venire prima non sono le proprie appartenenze, il proprio gruppo o la propria etnia, ma il Popolo che insieme sa lodare Dio, allora avvengono grandi cose. Diciamolo con forza: beato chi crede (cfr Gv 20,19) e ha il coraggio di creare incontro e comunione.

Maria che cammina e incontra Elisabetta ci ricorda dove Dio ha voluto dimorare e vivere, qual è il suo santuario e in quale luogo possiamo ascoltare il suo palpito: in mezzo al suo Popolo. Lì abita, lì vive, lì ci aspetta. Sentiamo rivolto a noi l’invito del profeta a non temere, a non lasciarci cadere le braccia. Perché il Signore nostro Dio è in mezzo a noi, è un salvatore potente (cfr Sof 3,16-17), è in mezzo al suo popolo. Questo è il segreto del cristiano: Dio è in mezzo a noi come un salvatore potente. Questa certezza, come fu per Maria, ci permette di cantare ed esultare di gioia. Maria gioisce, gioisce perché è la portatrice dell’Emmanuele, del Dio con noi. «Essere cristiani è gioia nello Spirito Santo» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 122). Senza gioia restiamo paralizzati, schiavi delle nostre tristezze. Spesso il problema della fede non è tanto la mancanza di mezzi e di strutture, di quantità, nemmeno la presenza di chi non ci accetta; il problema della fede è la mancanza di gioia. La fede vacilla quando ci si barcamena nella tristezza e nello scoraggiamento. Quando viviamo nella sfiducia, chiusi in noi stessi, contraddiciamo la fede, perché anziché sentirci figli per i quali Dio fa grandi cose (cfr v. 49), rimpiccioliamo tutto alla misura dei nostri problemi e ci dimentichiamo che non siamo orfani; nella tristezza dimentichiamo che non siamo orfani, che abbiamo un Padre in mezzo a noi, salvatore potente. Maria ci viene in aiuto perché, anziché rimpicciolire, magnifica, cioè, “grandifica” il Signore, loda la sua grandezza. Ecco il segreto della gioia. Maria, piccola e umile, comincia dalla grandezza di Dio e, nonostante i suoi problemi – che non erano pochi – sta nella gioia, perché in tutto si fida del Signore. Ci ricorda che Dio può sempre compiere meraviglie se rimaniamo aperti a Lui e ai fratelli. Pensiamo ai grandi testimoni di queste terre: persone semplici, che si sono fidate di Dio in mezzo alle persecuzioni. Non hanno posto la loro speranza nel mondo, ma nel Signore, e così sono andati avanti. Vorrei rendere grazie a questi umili vincitori, a questi santi della porta accanto che ci indicano il cammino. Le loro lacrime non sono state sterili, sono state preghiera che è salita al Cielo e ha irrigato la speranza di questo popolo.

Cari fratelli e sorelle, Maria cammina, incontra e gioisce perché ha portato qualcosa di più grande di sé stessa: è stata portatrice di una benedizione. Come lei anche noi non temiamo di essere portatori della benedizione di cui la Romania ha bisogno. Siate voi i promotori di una cultura dell’incontro che smentisca l’indifferenza, che smentisca la divisione e permetta a questa terra di cantare con forza le misericordie del Signore.

[00955-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

L’Evangile que nous venons d’entendre nous plonge dans la rencontre de deux femmes qui s’embrassent et qui remplissent tout de joie et de louanges: l’enfant exulte de joie et Elisabeth bénit sa cousine pour sa foi; Marie chante les merveilles que le Seigneur a réalisées en son humble servante avec le grand cantique d’espérance pour ceux qui ne peuvent plus chanter parce qu’ils ont perdu la voix… Cantique d’espérance qui veut nous réveiller nous aussi et nous inviter à l’entonner aujourd’hui par le moyen de trois précieux éléments qui naissent de la contemplation de la première disciple: Marie marche, Marie rencontre, Marie se réjouit.

Marie marche… de Nazareth à la maison de Zacharie et d’Elizabeth: c’est le premier des voyages de Marie que raconte l’Ecriture. Le premier d’un grand nombre. Elle ira de Galilée à Bethléem, où naîtra Jésus; elle fuira en Egypte pour sauver l’enfant d’Erode; elle se rendra encore à Jérusalem chaque année pour la Pâque, jusqu’au dernier où elle suivra Jésus au Calvaire. Ces voyages ont une caractéristique: ils n’ont jamais été des chemins faciles, ils ont demandé courage et patience. Ils nous disent que la Vierge connaît les montées, elle connaît nos montées: elle est pour nous une sœur sur le chemin. Experte en effort, elle sait comment nous prendre par la main dans les aspérités, quand nous nous trouvons face aux tournants les plus raides de la vie. En bonne mère, Marie sait que l’amour se fait chemin dans les petites choses quotidiennes. Amour et ingéniosité maternelle capables de transformer une grotte pour animaux en maison de Jésus, avec quelques pauvres langes et une montagne de tendresse. (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 286). Contempler Marie nous permet de poser le regard sur tant de femmes, de mères et de grand-mères de ces terres qui, avec sacrifice et de manière cachée, abnégation et engagement, façonnent le présent et tissent les rêves de demain. Donation silencieuse, persévérante et inaperçue, qui n’a pas peur de “se remonter les manches” et de charger les difficultés sur les épaules pour faire avancer la vie de ses enfants, et de toute la famille «espérant contre toute espérance» (Rm 4, 18). C’est un souvenir vivant le fait que, dans votre peuple, vit et palpite un fort sentiment d’espérance, au-delà de toutes les conditions qui peuvent l’obscurcir ou tentent de l’éteindre. En regardant Marie et tant de visages maternels, on fait l’expérience de l’espace et on le nourrit pour l’espérance (cf. Document d’Aparecida, n. 536) qui engendre et ouvre l’avenir. Disons-le avec force: dans notre peuple il y a de la place pour l’espérance. C’est pourquoi Marie marche et nous invite à marcher ensemble.

Marie rencontre Elisabeth (cf. Lc 1, 39-56), déjà avancée en âge (v. 7). Mais c’est elle, l’ancienne, qui parle d’avenir, qui prophétise: “remplie d’Esprit Saint” (v. 41), elle l’appelle «bienheureuse» parce qu’«elle a cru» (v. 45), anticipant la dernière béatitude de l’Evangile: bienheureux celui qui croit (cf. Jn 20, 29). Voilà, la jeune va à la rencontre de l’ancienne à la recherche des racines, et l’ancienne renaît et prophétise sur la jeune lui donnant un avenir. Ainsi, jeunes et anciens se rencontrent, s’embrassent et sont capables, chacun, de réveiller le meilleur de l’autre. C’est le miracle suscité par la culture de la rencontre où personne n’est écarté ni étiqueté, au contraire, où tous sont recherchés parce que nécessaires, pour faire transparaître le Visage du Seigneur. Ils n’ont pas peur de marcher ensemble et, quand cela arrive, Dieu vient et accomplit des prodiges dans son peuple. Car c’est l’Esprit Saint qui nous pousse à sortir de nous-mêmes, de nos enfermements et de nos particularismes, pour nous apprendre à regarder au-delà des apparences et nous offrir la possibilité de dire du bien des autres - “les bénir” - spécialement de beaucoup de nos frères qui sont laissés sans abri, privés peut être, non seulement d’un toit ou d’un peu de pain, mais de l’amitié et de la chaleur d’une communauté qui leur ouvre les bras, les protège et les accueille. Culture de la rencontre qui nous pousse, nous chrétiens, à faire l’expérience du miracle de la maternité de l’Eglise qui cherche, défend et unit ses enfants. Dans l’Eglise, lorsque des rites divers se rencontrent, quand ce ne sont pas les appartenances de chacun, son groupe ou son ethnie qui passent en premier, mais le Peuple qui, ensemble, sait louer Dieu, alors de grandes choses se produisent. Disons-le avec force: bienheureux celui qui croit (cf. Jn 20, 29) et s’efforce de créer rencontre et communion.

Marie qui marche et qui rencontre Elisabeth nous rappelle où Dieu a voulu demeurer et vivre, quel est son sanctuaire et en quel lieu nous pouvons entendre le battement [de son cœur ]: au milieu de son Peuple. Il est là, il vit là, il nous attend là. Nous sentons l’invitation du prophète qui nous est adressée de ne pas craindre, de ne pas baisser les bras. Car le Seigneur notre Dieu est au milieu de nous, il est un sauveur puissant (cf. So 3, 16-17), il est au milieu de son peuple. Cela c’est le secret du christianisme: Dieu est au milieu de nous comme un sauveur puissant. Cette certitude nous permet, comme pour Marie, de chanter et d’exulter de joie. Marie se réjouit, elle se réjouit parce qu’elle est celle qui porte l’Emmanuel, le Dieu avec nous. «Etre chrétien est joie dans l’Esprit Saint» (Exhort. ap. Gaudete et exsultate, n. 122). Sans joie nous restons paralysés, esclaves de nos tristesses. Souvent le problème de la foi n’est pas tant le manque de moyens et de structures, de quantité, ni même la présence de celui qui ne nous accepte pas; le problème de la foi est le manque de joie. La foi vacille quand on navigue dans la tristesse et dans le découragement. Quand nous vivons dans le manque de confiance, enfermés sur nous-mêmes, nous contredisons la foi, car au lieu de nous sentir enfants pour lesquels Dieu fait de grandes choses (cf. v. 49), nous réduisons tout à la mesure de nos problèmes et nous oublions que nous ne sommes pas orphelins; dans la tristesse, nous oublions que nous ne sommes pas orphelins, que nous avons un Père au milieu de nous, sauveur et puissant. Marie nous vient en aide car, au lieu de rapetisser, elle magnifie, c’est-à-dire, elle“grandit” le Seigneur, elle loue sa grandeur. Voilà le secret de la joie. Marie, petite et humble, part de la grandeur de Dieu et, malgré ses difficultés – qui étaient nombreuses – elle demeure dans la joie, car elle fait, en tout, confiance au Seigneur. Elle nous rappelle que Dieu peut toujours accomplir des merveilles si nous restons ouverts à lui et aux frères. Pensons aux grands témoins de ces terres: des personnes simples, qui ont fait confiance à Dieu au milieu des persécutions. Ils n’ont pas mis leur espérance dans le monde, mais dans le Seigneur, et ils sont ainsi allés de l’avant. Je voudrais rendre grâce pour ces humbles vainqueurs, pour ces saints de la porte d’à côté qui nous montrent le chemin. Leurs larmes n’ont pas été stériles, elles ont été une prière qui est montée au ciel et qui a irrigué l’espérance de ce peuple.

Chers frères et sœurs, Marie marche, elle rencontre et se réjouit parce qu’elle a porté une chose plus grande qu’elle-même: elle a été porteuse d’une bénédiction. Comme elle, nous aussi n’ayons pas peur d’être les porteurs de la bénédiction dont a besoin la Roumanie. Soyez les promoteurs d’une culture de la rencontre qui désavoue l’indifférence et qui désavoue la division et permet à cette terre de chanter avec force les miséricordes du Seigneur.

[00955-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

The Gospel we have just heard draws us into the encounter between two women who embrace, overflowing with joy and praise. The child leaps for joy in Elizabeth’s womb and she blesses her cousin for her faith. Mary sings of the mighty things that the Lord has done for his humble servant; hers is the great hymn of hope for those who can no longer sing because they have lost their voice. That hymn of hope is also meant to rouse us today, and to make us join our voices to it. It does this with three precious elements that we can contemplate in the first of the disciples: Mary journeys, Mary encounters, Mary rejoices.

Mary journeys… from Nazareth to the house of Zechariah and Elizabeth. It is the first of Mary’s journeys, as related by the Scriptures. The first of many. She will journey from Galilee to Bethlehem, where Jesus will be born; she will go down to Egypt to save her Child from Herod; she will go up again every year to Jerusalem for the Passover (cf. Lk 2:31), and ultimately she will follow Jesus to Calvary. These journeys all have one thing in common: they were never easy; they always required courage and patience. They tell us that Our Lady knows what it means to walk uphill, she knows what it means for us to walk uphill, and she is our sister at every step of the way. She knows what it is to be weary of walking and she can take us by the hand amid our difficulties, in the most perilous twists and turns in our life’s journey.

As a good mother, Mary knows that love grows daily amid the little things of life. A mother’s love and ingenuity was able to turn a stable into a home for Jesus, with poor swaddling clothes and an abundance of love (cf. Evangelii Gaudium, 286). Contemplating Mary enables us to turn our gaze to all those many women, mothers and grandmothers of these lands who, by their quiet sacrifices, devotion and self-denial, are shaping the present and preparing the way for tomorrow’s dreams. Theirs is a silent, tenacious and unsung sacrifice; they are unafraid to “roll up their sleeves” and shoulder difficulties for the sake of their children and families, “hoping against hope” (Rm 4:18). The living memory of your people preserves this powerful sense of hope against every attempt to dim or extinguish it. Looking to Mary and to all those mothers’ faces, we experience and are nourished by that sense of hope (cf. Aparecida Document, 536), which gives birth to and opens up the horizons of the future. Let us state it emphatically: in our people there is much room for hope. That is why Mary’s journey continues even today; she invites us, with her, to journey together.

Mary encounters Elizabeth (cf. Lk 1:39-56), a woman already advanced in years (v. 7). But Elizabeth, though older, is the one who speaks of the future and, “filled with the Holy Spirit” (v. 41), prophesies in words that foreshadow the last of the Gospel beatitudes: “Blessed are those who believe” (cf. Jn 20:29). Remarkably, the younger woman goes to meet the older one, seeking her roots, while the older woman is reborn and prophetically foretells the future of the younger one. Here, young and old meet, embrace and awaken the best of each. It is a miracle brought about by the culture of encounter, where no one is discarded or pigeonholed, but all are sought out, because all are needed to reveal the Lord’s face. They are not afraid to walk together, and when this happens, God appears and works wonders in his people. The Holy Spirit impels us to go out from ourselves, from all that hems us in, from the things to which we cling.

The Spirit teaches us to look beyond appearances and enables us to speak well of others – to bless them. This is especially true with regard to our brothers and sisters who are homeless, exposed to the elements, lacking perhaps not only a roof over their head or a crust of bread, but the friendship and warmth of a community to embrace, shelter and accept them. This is the culture of encounter; it urges us as Christians to experience the miraculous motherhood of the Church, as she seeks out, protects and gathers her children. In the Church, when different rites meet, when the most important thing is not one’s own affiliation, group or ethnicity, but the People that together praises God, then great things take place. Again, let us state it emphatically: Blessed are those who believe (cf. Jn 20:29) and who have the courage to foster encounter and communion.

Mary, as she journeys to visit Elizabeth, reminds us where God desired to dwell and live, where his sanctuary is, and where we can feel his heartbeat: it is in the midst of his People. There he is, there he lives, there he awaits us. We can apply to ourselves the prophet’s call not to fear, not to let our arms grow weak! For the Lord our God is in our midst; he is a powerful saviour (cf. Zeph 3:16-17) and he is in the midst of his people. This is the secret of every Christian: God is in our midst as a powerful saviour. Our certainty of this enables us, like Mary, to sing and exult with joy.

Mary rejoices. She rejoices because she bears in her womb Emmanuel, God-with-us: “The Christian life is joy in the Holy Spirit” (Gaudete et Exsultate, 122). Without joy, we remain paralyzed, slaves to our unhappiness. Often problems of faith have little to do with a shortage of means and structures, of quantity, or even the presence of those who do not accept us; they really have to do with a shortage of joy. Faith wavers when it just floats along in sadness and discouragement. When we live in mistrust, closed in on ourselves, we contradict the faith. Instead of realizing that we are God’s children for whom he does great things (cf. v. 49), we reduce everything to our own problems. We forget that we are not orphans. In our sadness, we forget that we are not orphans, for we have a Father in our midst, a powerful saviour. Mary comes to our aid, because instead of reducing things, she magnifies them in “magnifying” the Lord, in praising his greatness.

Here we find the secret of our joy. Mary, lowly and humble, starts from God’s greatness and despite her problems – which were not few – she is filled with joy, for she entrusts herself to the Lord in all things. She reminds us that God can always work wonders if we open our hearts to him and to our brothers and sisters. Let us think of the great witnesses of these lands: simple persons who trusted in God in the midst of persecution. They did not put their hope in the world, but in the Lord, and thus they persevered. I would like to give thanks for these humble victors, these saints-next-door, who showed us the way. Their tears were not in vain; they were a prayer that rose to heaven and nurtured the hope of this people.

Dear brothers and sisters, Mary journeys, encounters and rejoices because she carries something greater than herself: she is the bearer of a blessing. Like her, may we too be unafraid to bear the blessing that Romania needs. May you be promoters of a culture of encounter that gives the lie to indifference, a culture that rejects division and allows this land to sing out the mercies of the Lord.

[00955-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Das Evangelium, das wir gehört haben, lässt uns an der Begegnung von zwei Frauen teilhaben, die sich umarmen und alles mit Freude und Lob erfüllen: Das Kind hüpft vor Freude und Elisabet preist ihre Cousine für ihren Glauben; Maria besingt die Wundertaten, die der Herr an seiner demütigen Magd gewirkt hat, mit dem großen Lobgesang der Hoffnung für die, die nicht mehr singen können, weil sie die Stimme verloren haben … Gesang der Hoffnung, der auch uns aufwecken und einladen will, ihn heute anzustimmen und zwar mittels dreier kostbarer Elemente, die aus unserer Betrachtung der ersten Jüngerin hervorgehen: Maria geht, Maria begegnet Elisabet, Maria freut sich.

Maria geht … von Nazaret zum Haus des Zacharias und der Elisabet: Es ist die erste der Reisen Marias, von der die Schrift uns berichtet; die erste von vielen. Sie wird dann von Galiläa nach Betlehem gehen, wo Jesus geboren werden wird; sie wird nach Ägypten fliehen, um das Kind vor Herodes zu retten; sie wird sich jedes Jahr zum Paschafest wieder nach Jerusalem begeben bis zum letzten Fest, an dem sie Jesus auf Kalvaria folgen wird. Diese Reisen haben ein Merkmal: Es waren nie einfache Wege, sie haben Mut und Geduld erfordert. Sie sagen uns, dass die Gottesmutter die Anstiege kennt, unsere Anstiege kennt: Sie ist uns Schwester auf dem Weg. Da sie die Mühsal kennt, weiß sie, wie sie uns in den Widrigkeiten an der Hand nehmen soll, wenn wir vor den steilsten Serpentinen des Lebens stehen. Denn als gute Mutter weiß Maria, dass die Liebe sich in den kleinen Dingen des Alltags den Weg bahnt. Mütterliche Liebe und mütterlicher Erfindungsgeist, der imstande ist, mit ein paar ärmlichen Windeln und einer Fülle zärtlicher Liebe einen Tierstall in das Haus Jesu zu verwandeln (vgl. Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 286). Maria zu betrachten erlaubt uns, den Blick auf die vielen Frauen, Mütter und Großmütter dieser Erde zu richten, die mit Opferbereitschaft und Selbstlosigkeit, Entsagung und Einsatz die Gegenwart gestalten und die Träume für die Zukunft spinnen. Sie leben eine ausdauernde und unbeachtete stille Hingabe, die nicht fürchtet, „die Ärmel hochzukrempeln“ und sich die Schwierigkeiten auf die Schultern zu laden, um das Leben der eigenen Kinder und der gesamten Familie voranzubringen und dabei »gegen alle Hoffnung« (Röm 4,18) zu hoffen. In lebendiger Erinnerung ist die Tatsache, dass in eurem Volk ein starker Sinn für Hoffnung lebt und pulsiert, über alle Bedingungen hinaus, welche die Hoffnung verdunkeln oder auszulöschen suchen. Wenn wir auf Maria und so viele Gesichte von Müttern schauen, erfährt und nährt man den Raum für die Hoffnung (vgl. Dokument von Aparecida, 536), der Zukunft schafft und eröffnet. Sagen wir es voll Kraft: In unserer Bevölkerung gibt es Raum für die Hoffnung. Deshalb geht Maria und lädt uns ein, gemeinsam zu gehen.

Maria begegnet Elisabet (vgl. Lk 1,39-56), die schon in vorgerücktem Alter ist (V. 7). Aber eben sie, die alte Frau, spricht über die Zukunft und weissagt: »Vom Heiligen Geist erfüllt« (V. 41) preist sie Maria »selig«, weil sie »geglaubt hat« (V. 45), und nimmt so die letzte Seligpreisung der Evangelien vorweg: selig, wer glaubt (vgl. Joh 20,29). Die junge Frau geht der alten auf der Suche nach den Wurzeln entgegen, und die alte Frau wird wiedergeboren, weissagt über die junge und schenkt ihr Zukunft. So begegnen sich Junge und Alte, umarmen sie sich und werden fähig, dass einer das Beste des anderen erweckt. Es ist das von der Kultur der Begegnung hervorgebrachte Wunder, wo niemand ausgesondert oder mit einem Etikett versehen wird, wo vielmehr alle gesucht sind, weil sie notwendig sind, um das Antlitz des Herrn durchscheinen zu lassen. Sie haben keine Angst, gemeinsam zu gehen, und wenn dies geschieht, dann kommt Gott und wirkt in seinem Volk Wundertaten. Der Heilige Geist nämlich ermutigt uns, aus uns selbst herauszugehen, aus unseren Abschottungen und unseren Eigenheiten, um uns zu lehren, über den äußeren Schein hinaus zu schauen, und um uns die Möglichkeit zu schenken, von den anderen gut zu sprechen – „sie zu segnen“ – besonders von unseren vielen Brüdern und Schwestern, die den Unbilden des Lebens weiter ausgesetzt sind, denen es vielleicht nicht nur an einem Dach und etwas Brot fehlt, sondern an der Freundschaft und der Herzlichkeit einer Gemeinschaft, die sie umarmt, die sie beschützt und die sie aufnimmt. Eine Kultur der Begegnung, die uns Christen antreibt, das Wunder der Mütterlichkeit der Kirche zu erfahren, die ihre Kinder sucht, schützt und vereint. Wenn in der Kirche verschiedene Riten einander begegnen, wenn nicht zuerst die eigene Zugehörigkeit, die eigene Gruppe oder Ethnie kommt, sondern das Volk, das gemeinsam Gott zu loben weiß, dann geschehen große Dinge. Sagen wir es voll Kraft: Selig, wer glaubt (vgl. Joh 20,19) und den Mut hat, Begegnung und Gemeinschaft zu schaffen.

Maria, die geht und Elisabet begegnet, erinnert uns daran, wo Gott wohnen und leben wollte, welches sein Heiligtum ist und an welchem Ort wir seinen Herzschlag hören können: inmitten des Volkes Gottes. Dort wohnt er, dort lebt er, dort wartet er auf uns. Wir hören, wie die Einladung des Propheten an uns gerichtet ist, uns nicht zu fürchten, die Hände nicht sinken zu lassen. Denn der Herr, unser Gott, ist in unserer Mitte, ein Held, der Rettung bringt (vgl. Zef 3,16-17), er ist mitten unter seinem Volk. Dies ist das Geheimnis des Christen: Gott ist in unserer Mitte wie ein starker Retter. Diese Gewissheit erlaubt uns, so wie Maria vor Freude zu singen und zu jubeln. Maria freut sich, sie freut sich, weil sie die Trägerin des Immanuel ist, des „Gott mit uns“. »Christ sein bedeutet Freude im Heiligen Geist« (Apostolisches Schreiben Gaudete et exsultate, 122). Ohne Freude bleiben wir gelähmt, Sklaven unserer Traurigkeit. Oftmals besteht das Problem des Glaubens nicht so sehr im Mangel an Mitteln und Strukturen, an Quantität und auch nicht in der Anwesenheit derer, die uns nicht annehmen; das Problem des Glaubens besteht im Mangel an Freude. Der Glaube wankt, wenn man in Traurigkeit und Mutlosigkeit laviert. Wenn wir im Misstrauen, in uns selbst verschlossen leben, widersprechen wir dem Glauben: Denn anstatt uns als Kinder zu fühlen, an denen Gott Großes getan hat (vgl. V. 49), verkleinern wir alles auf das Maß unserer Probleme und vergessen, dass wir keine Waisen sind; in der Traurigkeit vergessen wir, dass wir keine Waisen sind, dass wir einen Vater in unserer Mitte haben, einen starken Retter. Maria kommt uns zu Hilfe, weil sie, anstatt zu verkleinern, den Herrn hochpreist, also „groß macht“, seine Größe lobpreist. Das also ist das Geheimnis der Freude. Maria, klein und demütig, beginnt mit der Größe Gottes und bleibt trotz ihrer Probleme – es waren nicht wenige – in der Freude, weil sie in allem auf den Herrn vertraut. Sie erinnert uns daran, dass Gott immer Wunder wirken kann, wenn wir offen sind für ihn und für die Brüder und Schwestern. Denken wir an die großen Zeugen dieses Landes: einfache Menschen, die inmitten der Verfolgungen auf Gott vertraut haben. Sie haben ihre Hoffnung nicht auf die Welt, sondern auf den Herrn gesetzt und sind so vorangegangen. Ich möchte diesen demütigen Siegern danken, diesen Heiligen von nebenan, die uns den Weg weisen. Ihre Tränen waren nicht unnütz, sie waren Gebet, das zum Himmel aufgestiegen ist und die Hoffnung dieses Volks gespeist hat.

Liebe Brüder und Schwestern, Maria geht, begegnet Elisabet und freut sich, weil sie etwas gebracht hat, das größer als sie selbst ist: sie war Trägerin eines Segens. Wie sie fürchten auch wir uns nicht, Träger des Segens zu sein, dessen Rumänien bedarf. Seid die Förderer einer Kultur der Begegnung, die die Gleichgültigkeit Lügen straft, die die Spaltung Lügen straft und die es diesem Land möglich macht, voll Kraft die Huld des Herrn zu besingen.

[00955-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

El Evangelio que acabamos de escuchar nos sumerge en el encuentro de dos mujeres que se abrazan y llenan todo de alegría y alabanza: salta de gozo el niño e Isabel bendice a su prima por su fe; María entona las maravillas que el Señor realizó en su humilde esclava con el gran canto de esperanza para aquellos que ya no pueden cantar porque han perdido la voz. Canto de esperanza que también nos quiere despertar e invitarnos a entonar hoy por medio de tres maravillosos elementos que nacen de la contemplación de la primera discípula: María camina, María encuentra, María se alegra.

María camina desde Nazaret a la casa de Zacarías e Isabel, es el primer viaje de María que nos narra la Escritura. El primero de muchos. Irá de Galilea a Belén, donde nacerá Jesús; huirá a Egipto para salvar al Niño de Herodes. Irá también todos los años a Jerusalén para la Pascua, hasta seguir a Jesús en el Calvario. Estos viajes tienen una característica: no fueron caminos fáciles, exigieron valor y paciencia. Nos muestran que la Virgen conoce las subidas, conoce nuestras subidas: ella es para nosotros hermana en el camino. Experta en la fatiga, sabe cómo darnos la mano en las asperezas, cuando nos encontramos ante los derroteros más abruptos de la vida. Como buena mujer y madre, María sabe que el amor se hace camino en las pequeñas cuestiones cotidianas. Amor e ingenio maternal capaz de transformar una cueva de animales en la casa de Jesús, con unos pobres pañales y una montaña de ternura (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, 286). Contemplar a María nos permite volver la mirada sobre tantas mujeres, madres y abuelas de estas tierras que, con sacrificio y discreción, abnegación y compromiso, labran el presente y tejen los sueños del mañana. Entrega silenciosa, recia y desapercibida que no tiene miedo a “remangarse” y cargarse las dificultades sobre los hombros para sacar adelante la vida de sus hijos y de toda la familia esperando «contra toda esperanza» (Rm 4,18). Es un recuerdo vivo el hecho que en vuestro pueblo existe y late un fuerte sentido de esperanza, más allá de todas las condiciones que puedan ofuscarla o la intentan apagar. Mirando a María y a tantos rostros maternales se experimenta y alimenta el espacio para la esperanza (cf. Documento de Aparecida, 536), que engendra y abre el futuro. Digámoslo con fuerza: En nuestro pueblo hay espacio para la esperanza. Por eso María camina y nos invita a caminar juntos.

María encuentra a Isabel (cf. Lc 1,39-56), ya entrada en años (v. 7). Pero es ella, la anciana, la que habla de futuro, la que profetiza: «llena de Espíritu Santo» (v. 41); la llama «bendita» porque «ha creído» (v. 45), anticipando la última bienaventuranza de los Evangelios: bienaventurado el que cree (cf. Jn 20,29). Así, la joven va al encuentro de la anciana buscando las raíces y la anciana profetiza y renace en la joven regalándole futuro. Así, jóvenes y ancianos se encuentran, se abrazan y son capaces de despertar cada uno lo mejor del otro. Es el milagro que surge de la cultura del encuentro donde nadie es descartado ni adjetivado; sino donde todos son buscados, porque son necesarios, para reflejar el Rostro del Señor. No tienen miedo de caminar juntos y, cuando esto sucede, Dios llega y realiza prodigios en su pueblo. Porque es el Espíritu Santo quien nos impulsa a salir de nosotros mismos, de nuestras cerrazones y particularismos para enseñarnos a mirar más allá de las apariencias y regalarnos la posibilidad de decir bien —“bendecirlos”— sobre los demás; especialmente sobre tantos hermanos nuestros que se quedaron a la intemperie privados quizás no sólo de un techo o un poco de pan, sino de la amistad y del calor de una comunidad que los abrace, cobije y reciba. Cultura del encuentro que nos impulsa a los cristianos a experimentar el milagro de la maternidad de la Iglesia que busca, defiende y une a sus hijos. En la Iglesia, cuando ritos diferentes se encuentran, cuando no se antepone la propia pertenencia, el grupo o la etnia a la que se pertenece, sino el Pueblo que unido sabe alabar a Dios, entonces acontecen grandes cosas. Digámoslo con fuerza: Bienaventurado el que cree (cf. Jn 20,29) y tiene el valor de crear encuentro y comunión.

María que camina y encuentra a Isabel nos recuerda dónde Dios ha querido morar y vivir, cuál es su santuario y en qué sitio podemos escuchar su palpitar: en medio de su Pueblo. Allí está, allí vive, allí nos espera. Escuchamos como dirigida a nosotros la invitación del Profeta a no temer, a no desfallecer. Porque el Señor, nuestro Dios está en medio de nosotros, es un salvador poderoso (cf. So 3,16-17), está en medio de su pueblo. Este es el secreto del cristiano: Dios está en medio de nosotros como un salvador poderoso. Esta certeza, como a María, nos permite cantar y exultar de alegría. María se alegra, se alegra porque es la portadora del Emmanuel, del Dios con nosotros. «Ser cristianos es gozo en el Espíritu Santo» (Exhort. ap. Gaudete et exhultate, 122). Sin alegría permanecemos paralizados, esclavos de nuestras tristezas. A menudo el problema de la fe no es tanto la falta de medios y de estructuras, de cantidad, tampoco la presencia de quien no nos acepta; el problema de la fe es la falta de alegría. La fe vacila cuando se cae en la tristeza y el desánimo. Cuando vivimos en la desconfianza, cerrados en nosotros mismos, contradecimos la fe, porque, en vez de sentirnos hijos por los que Dios ha hecho cosas grandes (cf. v. 49), empequeñecemos todo a la medida de nuestros problemas y nos olvidamos que no somos huérfanos; en la tristeza nos olvidamos que no somos huérfanos, que tenemos un Padre en medio de nosotros, salvador y poderoso. María viene en ayuda nuestra, porque más que empequeñecer, magnífica, es decir, “engrandece” al Señor, alaba su grandeza. Este es el secreto de la alegría. María, pequeña y humilde, comienza desde la grandeza de Dios y, a pesar de sus problemas —que no eran pocos— está con alegría, porque confía en el Señor en todo. Nos recuerda que Dios puede realizar siempre maravillas si permanecemos abiertos a él y a los hermanos. Pensemos en los grandes testigos de estas tierras: personas sencillas, que confiaron en Dios en medio de las persecuciones. No pusieron la confianza en el mundo, sino en el Señor, y así avanzaron. Deseo dar gracias a estos humildes vencedores, a estos santos de la puerta de al lado que nos marcan el camino. Sus lágrimas no fueron estériles, fueron oración que subió al cielo y regó la esperanza de este pueblo.

Queridos hermanos y hermanas: María camina, encuentra y se alegra porque llevó algo más grande que ella misma: fue portadora de una bendición. Como ella, tampoco nosotros tengamos miedo a ser los portadores de la bendición que Rumania necesita. Sed los promotores de una cultura del encuentro que desmienta la indiferencia, que desmienta la división y permita a esta tierra cantar con fuerza las misericordias del Señor.

[00955-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

O Evangelho que escutamos introduz-nos no encontro de duas mulheres que se abraçam e fazem transbordar tudo de felicidade e louvor: exulta de alegria o menino e Isabel bendiz a prima pela sua fé; Maria canta as maravilhas que o Senhor realizou na sua humilde serva, com o grande hino de esperança para aqueles que já não podem cantar porque perderam a voz... Canto de esperança, que nos quer despertar também a nós convidando-nos a entoá-lo hoje por meio de três elementos preciosos que nascem da contemplação da primeira discípula: Maria caminha, Maria encontra, Maria rejubila.

Maria caminha... de Nazaré até casa de Zacarias e Isabel: é a primeira das viagens de Maria que narra a Sagrada Escritura. A primeira de muitas. Irá da Galileia a Belém, onde nascerá Jesus; fugirá para o Egito, a fim de salvar o Menino de Herodes; além disso dirigir-Se-á cada ano a Jerusalém pela Páscoa, até à última em que seguirá o Filho até ao Calvário. Estas viagens têm uma caraterística: nunca foram caminhos fáceis, exigiram coragem e paciência. Dizem-nos que Nossa Senhora conhece as subidas, conhece as nossas subidas: é nossa irmã no caminho. Especialista em trabalhar duro, sabe como tomar-nos pela mão nas asperezas, quando nos encontramos perante as viragens mais acentuadas da vida. Como boa mãe, Maria sabe que o amor se concretiza nas pequenas coisas diárias. Amor e inventiva materna, capaz de transformar um curral de animais na casa de Jesus, com uns pobres paninhos e uma montanha de ternura (cf. Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium, 286). Contemplar Maria permite-nos estender o olhar sobre tantas mulheres, mães e avós destas terras que, com sacrifício sem alarde, abnegação e empenho moldam o presente e tecem os sonhos do futuro. Doação silenciosa, tenaz e despercebida, que não tem medo de «arregaçar as mangas» e carregar as dificuldades aos ombros para levar por diante a vida dos seus filhos e de toda a família, esperando «para além do que se podia esperar» (Rm 4, 18). Permanece inesquecível o facto de um forte sentido de esperança que vive e pulsa no vosso povo para além de todas as condições que possam ofuscá-la ou procurem extingui-la. Olhando Maria e tantos rostos maternos, experimenta-se e alarga-se o espaço à esperança (cf. Documento de Aparecida, 536), que gera e abre o futuro. Digamo-lo com força: no nosso povo, há espaço para a esperança. Por isso, Maria caminha e convida-nos a caminhar juntos.

Maria encontra Isabel (cf. Lc 1, 39-56), já de idade avançada (cf. Lc 1, 7). Mas é ela, a idosa, que fala de futuro, que profetiza: «cheia do Espírito Santo» (Lc 1, 41), proclama Maria «feliz» porque acreditou (cf. Lc 1, 45), antecipando a última bem-aventurança dos Evangelhos: felizes os que creem (cf. Jo 20, 29). E assim a jovem vai ao encontro da idosa procurando as raízes, e a idosa renasce e profetiza acerca da jovem, dando-lhe futuro. Assim se encontram jovens e anciãos, abraçam-se e cada um é capaz de despertar o melhor do outro. É o milagre suscitado pela cultura do encontro, na qual ninguém é descartado nem rotulado; antes pelo contrário, todos são procurados, porque necessários para fazer transparecer o rosto do Senhor. Não têm medo de caminhar juntos e, quando isto acontece, Deus chega e realiza prodígios no seu povo. Com efeito, é o Espírito Santo que nos encoraja a sair de nós mesmos, dos nossos fechamentos e particularismos, para nos ensinar a olhar para além das aparências e oferecer-nos a possibilidade de dizer bem dos outros – «bendizê-los» –, especialmente de tantos irmãos nossos que ficaram expostos às intempéries, talvez privados não apenas dum teto ou dum bocado de pão, mas sobretudo da amizade e do calor duma comunidade que os abrace, proteja e acolha. Cultura do encontro que nos impele, a nós cristãos, a experimentar o milagre da maternidade da Igreja que procura, defende e une os seus filhos. Na Igreja, quando se encontram ritos diferentes, quando em primeiro lugar não vêm as próprias afiliações, o próprio grupo ou a própria etnia, mas o Povo que, junto, sabe louvar a Deus, então acontecem grandes coisas. Digamo-lo com força: felizes os que creem (cf. Jo 20, 19) e têm a coragem de criar encontro e comunhão.

Maria, que caminha e encontra Isabel, lembra-nos onde Deus quis habitar e viver, qual é o seu santuário e onde podemos auscultar as palpitações do seu coração: no meio do seu Povo. Lá habita, lá vive, lá nos espera. Sintamos dirigido a nós o convite do profeta a não temer, a não cruzar os braços, porque o Senhor, nosso Deus, está no meio de nós, é um salvador poderoso (cf. Sof 3, 16-17); está no meio do seu povo. Este é o segredo do cristão: Deus está no meio de nós como poderoso salvador. Esta certeza – como sucedeu com Maria – permite-nos cantar e exultar de alegria. Maria rejubila, rejubila porque é a portadora do Emanuel, do Deus connosco. «Ser cristão é alegria no Espírito Santo» (Francisco, Exort. ap. Gaudete et exsultate, 122). Sem alegria, permanecemos paralisados, escravos das nossas tristezas. Muitas vezes, o problema da fé não é tanto a falta de meios e estruturas, de quantidade, nem sequer a presença de quem não nos aceita; o problema da fé é a falta de alegria. A fé vacila, quando nos arrastamos na tristeza e no desânimo. Quando vivemos na desconfiança, fechados em nós mesmos, contradizemos a fé, porque, em vez de nos sentirmos filhos pelos quais Deus faz grandes coisas (cf. Lc 1, 49), reduzimos tudo à medida dos nossos problemas e esquecemo-nos de que não somos órfãos; na tristeza, esquecemo-nos de que não somos órfãos: temos no meio de nós um Pai, salvador e poderoso. Maria vem em nossa ajuda, porque, em vez de reduzir, magnifica, isto é, «engrandece» o Senhor, louva a sua grandeza. Aqui está o segredo da alegria. Maria, pequena e humilde, parte da grandeza de Deus e, apesar dos seus problemas que não eram poucos, permanece na alegria, porque em tudo confia no Senhor. Lembra-nos que Deus sempre pode fazer maravilhas, se permanecermos abertos a Ele e aos irmãos. Pensemos nas grandes testemunhas destas terras! Pessoas simples, que confiaram em Deus no meio das perseguições. Não colocaram a sua esperança no mundo, mas no Senhor, e assim continuaram para diante. Quero agradecer a estes vencedores humildes, a estes santos de ao pé da porta que nos apontam o caminho. As suas lágrimas não foram estéreis, foram oração que subiu ao Céu e irrigou a esperança deste povo.

Amados irmãos e irmãs, Maria caminha, encontra e rejubila, porque trouxe algo maior do que Ela: foi portadora duma bênção. Como Ela, não temamos, também nós, de ser portadores da bênção de que precisa a Roménia. Sede vós os promotores duma cultura do encontro que desminta a indiferença, que desminta a divisão e permita a esta terra cantar, com força, as misericórdias do Senhor.

[00955-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Ewangelia, którą usłyszeliśmy, zanurza nas w spotkaniu dwóch kobiet, które padają sobie w ramiona i napełniają wszystko szczęściem i uwielbieniem: dziecko się raduje, a Elżbieta błogosławi wiarę swej kuzynki; Maryja opiewa cuda, których Pan dokonał w swojej pokornej służebnicy wielkim hymnem nadziei dla tych, którzy nie mogą już śpiewać, ponieważ utracili głos... Jest to kantyk nadziei, który chce przebudzić również nas i zaprosić nas do wznoszenia go dzisiaj trzema cennymi elementami składowymi, które rodzą się z kontemplacji pierwszej uczennicy: Maryja pielgrzymuje, Maryja spotyka, Maryja raduje się.

Maryja pielgrzymuje... z Nazaretu do domu Zachariasza i Elżbiety: jest to pierwsza z podróży Maryi, o której mówi Pismo Święte. Pierwsza z wielu. Pójdzie z Galilei do Betlejem, gdzie narodzi się Jezus; ucieknie do Egiptu, aby ocalić Dzieciątko od Heroda; co roku uda się jeszcze do Jerozolimy na Święta Paschalne, aż po ostatnią drogę, w której pójdzie za Synem na Kalwarię. Te podróże mają jedną cechę: nigdy nie były łatwe, wymagały odwagi i cierpliwości. Mówią nam one, że Matka Boża wie, co to wchodzenie, zna nasze drogi pod górę: jest nam siostrą w pielgrzymowaniu. Doświadczona w trudzie, wie, jak nas ująć za rękę na wybojach, gdy znajdujemy się przed najbardziej stromymi zakrętami życia. Maryja, jako dobra matka wie, że miłość przeciera szlaki w małych codziennych sprawach. Miłość to geniusz matczyny zdolny, by przekształcić grotę dla zwierząt w dom Jezusa, z kilkoma ubogimi pieluszkami i ogromną czułością (por. adhort. ap. Evangelii gaudium, 286). Kontemplowanie Maryi pozwala nam skierować spojrzenie na wiele kobiet, matek i babć z tych ziem, które z poświęceniem i w ukryciu, z wyrzeczeniem i trudem kształtują teraźniejszość i planują marzenia jutra. Cichy, wytrwały i niedostrzeżony dar z siebie, który nie boi się „zakasać rękawów” i wziąć na siebie trudności, aby realizować życie swoich dzieci i całej rodziny, mając nadzieję „wbrew wszelkiej nadziei” (Rz 4,18). Jest to żywe przypomnienie faktu, że w waszym narodzie żyje i pulsuje silne poczucie nadziei, niezależnie od wszelkich uwarunkowań, które mogłyby je przesłaniać lub próbować je przygasić. Patrząc na Maryję i wiele twarzy matczynych, doświadczamy i umacniamy przestrzeń nadziei (por. Dokument z Aparecidy, 536), która rodzi i otwiera przyszłość. Powiedzmy to stanowczo: w naszych ludziach jest miejsce na nadzieję. Dlatego Maryja pielgrzymuje i zachęca nas, abyśmy pielgrzymowali razem.

Maryja spotyka Elżbietę (por. Łk 1, 39-56), która była już podeszła w latach (w. 7). Ale to ona, stara kobieta mówi o przyszłości, prorokuje: „napełniona Duchem Świętym” (w. 41), nazywa ją „błogosławioną”, ponieważ „uwierzyła” (w. 45), antycypując ostatnie błogosławieństwo Ewangelii: błogosławieni, którzy uwierzyli (por. J 20, 29). Oto młoda kobieta idzie na spotkanie starszej, poszukując korzeni, a stara kobieta odradza się i prorokuje o młodej, dając jej przyszłość. Tak więc młodzi i starzy spotykają się, biorą siebie w ramiona i są w stanie rozbudzić w drugim to, co najlepsze. Jest to cud wzbudzony przez kulturę spotkania, gdzie nikt nie jest odrzucony ani obdarzony etykietką, przeciwnie, gdzie wszyscy są poszukiwani, ponieważ są niezbędni, by ukazało się oblicze Pana: „Nie ma już Żyda ani poganina, nie ma już niewolnika ani człowieka wolnego, nie ma już mężczyzny ani kobiety, wszyscy bowiem jesteście kimś jednym w Chrystusie Jezusie” (Ga 3, 28). Nie boją się pielgrzymować razem, a kiedy to się dzieje, Bóg przybywa i dokonuje cudów w swoim ludzie. Ponieważ to Duch Święty zachęca nas, abyśmy wyszli z naszych ograniczeń, z naszych zamknięć i partykularyzmów, by nauczyć nas patrzenia poza pozory i obdarzyć nas możliwością dobrego mówienia o innych - „ich błogosławienia” - zwłaszcza wielu naszych braci, którzy zostali wystawieni na niepogodę, pozbawionych być może nie tylko dachu lub odrobiny chleba, ale przyjaźni i ciepła wspólnoty, która by ich wzięła w ramiona, ochroniła ich i ugościła. Jest to kultura spotkania, pobudzająca nas chrześcijan do doświadczenia cudu macierzyństwa Kościoła, który szuka, broni i jednoczy swoje dzieci. Kiedy w Kościele spotykają się różne obrządki, gdy na pierwszym miejscu nie są nasze przynależności, własna grupa czy przynależność etniczna, ale Lud, który razem potrafi chwalić Boga, wówczas dzieją się wielkie rzeczy. Powiedzmy to stanowczo: błogosławiony, który wierzy (por. J 20, 19) i ma odwagę tworzyć spotkanie i komunię.

Maryja pielgrzymująca i spotykająca Elżbietę przypomina nam, gdzie Bóg chciał zamieszkać i żyć, jakie jest Jego sanktuarium i gdzie możemy usłyszeć jego puls: pośród swego ludu. Tam mieszka, tam żyje, tam na nas czeka. Słyszymy skierowaną do nas zachętę, byśmy się nie lękali, byśmy nie pozwolili sobie na rezygnację. Ponieważ Pan, nasz Bóg, jest pośród nas, jest potężnym zbawcą (por. So 3,16-17), jest między swoim ludem. To jest tajemnica chrześcijanina: Bóg jest pośród nas jako potężny zbawca. Ta pewność, podobnie jak to było w przypadku Maryi, pozwala nam śpiewać i się radować. Maryja raduje się, raduje się ponieważ niesie Emmanuela, Boga z nami. „Bycie chrześcijanami jest radością w Duchu Świętym” (Adhort. apost. Gaudete et exsultate, 122). Bez radości jesteśmy sparaliżowani, będąc niewolnikami naszego smutku. Często problemem wiary jest nie tyle brak środków i struktur, ilości, ani też obecność tych, którzy nas nie akceptują. Problemem wiary jest brak radości. Wiara podupada, gdy lawirujemy w smutku i zniechęceniu. Kiedy żyjemy w nieufności, zamknięci w sobie, zaprzeczamy wierze, ponieważ zamiast czuć się dziećmi, dla których Bóg czyni wielkie rzeczy (por. w. 49), pomniejszamy wszystko na miarę naszych problemów i zapominamy, że nie jesteśmy sierotami; w smutku zapominamy, że nie jesteśmy sierotami, że mamy pośród siebie Ojca, potężnego zbawiciela. Maryja przychodzi nam z pomocą, ponieważ zamiast pomniejszać, wielbi, to znaczy „powiększa” Pana, wychwala Jego wielkość. Oto tajemnica radości. Maryja, mała i pokorna, rozpoczyna od wielkości Boga i pomimo swoich problemów - których nie brakowało – jest radosna, ponieważ we wszystkim ufa Panu. Przypomina nam, że Bóg zawsze może czynić cuda, jeśli trwamy otwarci na Niego i na naszych braci. Pomyślmy o wielkich świadkach tych ziem: ludziach prostych, którzy zaufali Bogu pośród prześladowań. Nie pokładali nadziei w świecie, ale w Panu, i tak poszli naprzód. Chciałbym podziękować tym pokornym zwycięzcom, tym świętym z sąsiedztwa, którzy wskazują nam drogę. Ich łzy nie były bezowocne, były modlitwą, która wzniosła się do Nieba i nawodniła nadzieję tego ludu.

Drodzy bracia i siostry, Maryja pielgrzymuje, spotyka się i raduje, ponieważ przyniosła coś większego niż ona sama: przynosiła błogosławieństwo. Podobnie jak Ona, także my nie bójmy się nieść błogosławieństwa, jakiego potrzebuje Rumunia. Bądźcie promotorami kultury spotkania, która zaprzeczy obojętności, która zaprzeczy podziałowi i pozwoli tej ziemi dobitnie wyśpiewywać miłosierdzie Pana.

[00955-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرّسولية إلى رومانيا

عظة قداسة البابا فرنسيس

خلال قدّاس عيد زيارة العذراء مريم للقدّيسة أليصابات

بوخارست – كاتدرائية القدّيس يوسف الكاثوليكية

الجمعة 31 مايو / أيار 2019

إن الإنجيل الذي سمعناه يدخلنا في عمق لقاء امرأتين تتعانقان وتملآنِ كلّ شيء بالسعادة والتسبيح: يتهلّل الطفل فرحًا وتبارك أليصابات نسيبتها على إيمانها؛ مريم تتغنّى بالعجائب التي صنعها الربّ بأمته المتواضعة عبر نشيد الرجاء الكبير، نشيد الذين لم يعودوا قادرين على الترنيم لأنهم فقدوا أصواتهم... ترنيمة رجاء تريد إيقاظنا نحن أيضًا، ودعوتنا إلى إنشاده اليوم بواسطة ثلاثة عناصر ثمينة نشأت من تأمّل التلميذة الأولى: مريم تسير، مريم تلتقي، ومريم تبتهج.

مريم تسير... من الناصرة إلى بيت زكريا وأليصابات: إنها أوّل تنقّلات مريم التي يرويها الكتاب المقدّس. أولى تنقّلاتها الكثيرة. فسوف تذهب من الجليل إلى بيت لحم، حيث سيولد يسوع؛ وسوف تهرب إلى مصر لتنقذ الطفل من هيرودس. وسوف تصعد إلى أورشليم كلّ عام لتعيّد الفصح، إلى أن تصعد لآخر مرّة حيث ستتبع ابنها حتى الجلجلة. ولهذه التنقّلات ميزة خاصّة: لم تكن يومًا تنقّلات سهلة، فقد تطلّبت الشجاعة والصبر. وتخبرنا أن العذراء تعرف مشقّات "الصعود"، وتعرف "صعودنا": هي أختٌ لنا في المسيرة. إنها خبيرة في التعب، وتعرف كيف تأخذنا بيدنا في الصعوبات، عندما نواجه أشدّ "الانحناءات" في حياتنا. وكالأمّ الصالحة، تعرف مريم أن المحبّة تشقّ طريقها عبر الأمور اليوميّة الصغيرة. محبّةٌ وإبداعٌ والديٌّ قادران على تحويل مغارة للبهائم إلى بيت يسوع، ببعض الأقمطة الفقيرة وجبلٍ من الحنان (را. الإرشاد الرسولي فرح الإنجيل، 286). إن التأمّل في مريم يسمح لنا بالنظر إلى العديد من النساء، أمّهات وجدّات هذه الأرض، اللواتي، بالتضحية والتستّر، وبإنكار الذات والعمل، يصنعنَ الحاضر ويحيكن أحلام الغد. عطاءٌ صامت، صلب، لا يلاحظه أحد، ولا يخشى أن "يشمّر عن سواعده" ويتحمّل المصاعب كي يدفع إلى الأمام بحياة الأبناء وجميع أفراد الأسرة، راجٍ "على غير رجاء" (روم 4، 18). فالحسّ القويّ بالرجاء الذي يعيش وينبض في شعبكم، أبعد من كلّ الظروف التي قد تعتمه أو تحاول إخماده، ما زال ذكره حيًّا. عبر التأمّل بمريم وبالعديد من وجوه الأمّهات، نختبر ونغذّي فسحة الرجاء (را. وثيقة أباريسيدا، 536)، الذي يولّد المستقبل ويفتحه. لنقل بقوّة: هناك مجال للرجاء في شعبنا. ولهذا السبب تسير مريم وتدعونا لنسير معًا.

مريم تلتقي بأليصابات (را. لو 1، 39- 56)، الطاعنة بالسنّ (آية 7). ولكنها هي، المرأة المسنّة، التي تتحدّث عن المستقبل، فتتنبّأ: وقد "امتَلأَت مِنَ الرُّوحِ القُدُس" (آية 41)، وتدعوها "مباركة" لأنها "آمنت" (آية 45)، مستبقة آخر تطويبة من الأناجيل: طوبى لمن آمن (را. يو 20، 29). ها إن الشابّة تذهب للقاء المسنّة بحثًا عن الجذور، وتولَد المسنّة من جديد وتتنبّأ للشابّة وتمنحها المستقبل. وهكذا، يجتمع الشبّان والمسنّون ويتعانقون ويستطيعون إيقاظ أفضل ما فيهم. إنها المعجزة التي تحقّقها ثقافة اللقاء، حيث لا يتمّ تجاهل أيّ شخص أو تصنيفه، بل على العكس، يشمل الاهتمام الجميع، لأنهم ضروريّون، كيما يتألّق وجه الربّ. لا يخافون من السير معًا، وعندما يحدث هذا، يأتي الله ويصنع المعجزات في شعبه. لأن الروح القدس هو الذي يشجّعنا على الخروج من ذواتنا، ومن انغلاقنا وخصوصيّاتنا، كي يعلّمنا أن ننظر إلى ما وراء المظاهر ويمنحنا الفرصة لنحسن القول بالآخرين -"نباركهم"- وخاصّة بالكثير من إخوتنا الذين واجهوا العواصف، والمحرومين ربما ليس فقط من السقف أو من القليل من الخبز، إنما من الصداقة ومن دفء مجتمع يحتضنهم، ويحميهم ويستضيفهم. ثقافة اللقاء التي تدفعنا نحن المسيحيّين إلى اختبار معجزة أمومة الكنيسة التي تبحث عن أبنائها وتدافع عنهم وتوحّدهم. ففي الكنيسة، عندما تجتمع الطقوس المختلفة، عندما لا نضع أوّلا انتماءنا الخاص، أو جماعتنا أو مجموعتنا الإثنية، إنما شعب الله الذي يعرف كيف يحمد الله سويًّا، تحدث حينها أشياء عظيمة. لنقل بقوّة: طوبى لمن آمن (را. يو 20، 19) ولمن لديه الشجاعة لخلق اللقاء والشركة.

مريم التي تسير وتلتقي بأليصابات تذكّرنا بالمكان الذي أراد الله أن يسكنه ويعيش فيه، ما هو ملاذه وحيث يمكننا سماع دقّات قلبه: وسط شعبه. فيه يسكن، وفيه يعيش، وفيه ينتظرنا. ونشعر أن دعوة النبي إلى عدم الخوف وعدم الاستسلام، هي موجّهة إلينا. لأن الربّ إلهنا هو في وسطنا، الجبّار الذي يخلّص (را. صف 3، 16- 17)، هو في وسط شعبه. هذا هو سرّ المسيحي: الله في وسطنا، الجبّار الذي يخلّص. وهذا اليقين، كما كان الحال بالنسبة لمريم، يسمح لنا بالترنيم والابتهاج فرحًا. مريم تبتهج، وهي تبتهج لأنها تحمل الـ عمانوئيل، الله معنا. "أن نكون مسيحيّين يعني الفرح بالروحِ القُدس" (الإرشاد الرسولي افرحوا وابتهجوا، 122). فدون الفرح نبقى عاجزين، عبيدًا لحزننا. وغالبًا ما لا تكون مشكلة الإيمان هي الافتقار إلى الوسائل والهيكليّات، والكمّية، ولا حتى وجود أشخاص يرفضوننا؛ مشكلة الإيمان هي قلّة الفرح. فالإيمان يتعثّر عندما نراوغ في الحزن والإحباط. عندما نعيش في حالة من عدم الثقة، وننغلق على أنفسنا، فإننا نتناقض مع الإيمان، لأنه بدلاً من أن نشعر بأننا أبناء يصنع الله لهم أشياء عظيمة (را. آية 49)، نعطي كلّ شيء حجم مشاكلنا وننسى أننا لسنا يتامى؛ في الحزن ننسى أننا لسنا يتامى، أنه لدينا أب وسطنا، مخلّص وقويّ. ومريم تساعدنا لأنها، بدلاً من أن تحجّم، تعظّم، أي "تعظّم" الربّ، وتشيد بعظمته. هنا سرّ الفرح. تبدأ مريم، الصغيرة والمتواضعة، من عظمة الله، وعلى الرغم من مشاكلها -التي لم تكن قليلة- تفرح، لأنها تثق بالربّ في كلّ شيء. وهي تذكّرنا بأن الله يقدر أن يصنع دائمًا المعجزات إذا دمنا منفتحين عليه وعلى إخوتنا. نفكّر في شهود هذه الأرض العظماء: أشخاص بسيطون وثقوا بالله وسط الاضطهاد. لم يضعوا رجاءهم في العالم، إنما في الربّ، وهكذا مضوا قدمًا. أودّ أن أشكر هؤلاء الظافرين المتواضعين، هؤلاء القدّيسين "الذين عاشوا بجوارنا" والذين يدلّونا على الطريق. لم تكن دموعهم عقيمة، بل كانت صلاة ارتفعت إلى السماء وروت رجاء هذا الشعب.

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، مريم تسير وتلتقي وتفرح لأنها حملت شيئًا أعظم من ذاتها: حملت بركة. لا نخافنّ من أن نحمل نحن أيضًا، على غرارها، ما تحتاجه رومانيا من بركات. كونوا مشجّعين لثقافة اللقاء التي تُسقِط اللامبالاةَ وتُسقِط الانقسامَ وتَسمح لهذه الأرض بأن ترنّم بمراحم الربّ بقوّة.

[00955-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0469-XX.02]