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Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Romania (31 maggio – 2 giugno 2019) – Preghiera del Padre Nostro presso la nuova Cattedrale Ortodossa di Bucarest, 31.05.2019


Preghiera del Padre Nostro presso la nuova Cattedrale Ortodossa di Bucarest

Saluto del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Questo pomeriggio, alle ore 17.00 (16.00 ora di Roma), il Santo Padre Francesco si è recato alla nuova Cattedrale Ortodossa della Salvezza del Popolo di Bucarest. Il Papa è stato accolto sulla scalinata della Cattedrale da Sua Beatitudine Daniel, Patriarca di Romania. Quindi sono entrati ed insieme hanno percorso la navata centrale.

Dopo il canto d’ingresso e l’indirizzo di saluto del Patriarca, Papa Francesco ha pronunciato il Suo saluto. È seguita la recita del Padre Nostro in latino e in romeno, intervallata dall’esecuzione di canti pasquali cattolici e di canti pasquali ortodossi. Dopo il canto finale, il Santo Padre ha salutato 10 tra le più alte Autorità del Paese.

Al termine Sua Beatitudine Daniel ha accompagnato il Santo Padre Francesco sul sagrato della Cattedrale dove ha avuto luogo la benedizione a tutti i fedeli presenti. Quindi il Papa si è trasferito in papamobile alla Cattedrale di San Giuseppe.

Pubblichiamo di seguito le parole di saluto che il Santo Padre ha pronunciato nel corso del momento di preghiera nella nuova Cattedrale Ortodossa di Bucarest:

Saluto del Santo Padre

Santità, caro Fratello, cari fratelli e sorelle!

Vorrei esprimere la mia gratitudine e la mia commozione nel trovarmi in questo tempio santo, che ci raccoglie in unità. Gesù chiamò i fratelli Andrea e Pietro a lasciare le reti per diventare insieme pescatori di uomini (cfr Mc 1,16-17). La propria chiamata non è completa senza quella del fratello. Oggi vogliamo elevare insieme, gli uni accanto agli altri, “gettare insieme”, dal cuore del Paese, la comune preghiera del Padre Nostro. In essa è racchiusa la nostra identità di figli e, oggi in modo particolare, di fratelli che pregano l’uno accanto all’altro. La preghiera del Padre Nostro contiene la certezza della promessa fatta da Gesù ai suoi discepoli: «Non vi lascerò orfani» (Gv 14,18) e ci offre la fiducia per ricevere e accogliere il dono del fratello. Vorrei perciò condividere alcune parole in preparazione alla preghiera, che reciterò per il nostro cammino di fraternità e perché la Romania possa sempre essere casa di tutti, terra di incontro, giardino dove fiorisce la riconciliazione e la comunione.

Ogni volta che diciamo “Padre nostro” ribadiamo che la parola Padre non può stare senza dire nostro. Uniti nella preghiera di Gesù, ci uniamo anche nella sua esperienza di amore e di intercessione che ci porta a dire: Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro (cfr Gv 20,17). È l’invito a che il “mio” si trasformi in nostro e il nostro si faccia preghiera. Aiutaci, Padre, a prendere sul serio la vita del fratello, a fare nostra la sua storia. Aiutaci, Padre, a non giudicare il fratello per le sue azioni e i suoi limiti, ma ad accoglierlo prima di tutto come figlio tuo. Aiutaci a vincere la tentazione di sentirci figli maggiori, che a forza di stare al centro dimenticano il dono dell’altro (cfr Lc 15,25-32).

A Te, che sei nei cieli, i cieli che abbracciano tutti e dove fai sorgere il sole sui buoni e sui cattivi, sui giusti e sugli ingiusti (cfr Mt 5,45), a Te domandiamo quella concordia che in terra non abbiamo saputo custodire. La chiediamo per l’intercessione di tanti fratelli e sorelle nella fede che insieme abitano il tuo Cielo dopo aver creduto, amato e molto sofferto, anche ai nostri giorni, per il solo fatto di essere cristiani.

Come loro anche noi vogliamo santificare il tuo nome mettendolo al centro di tutti i nostri interessi. Che sia il tuo nome, Signore, e non il nostro a muoverci e risvegliarci nell’esercizio della carità. Quante volte, pregando, ci limitiamo a chiedere doni ed elencare richieste, dimenticando che la prima cosa è lodare il tuo nome, adorare la tua persona, per poi riconoscere nella persona del fratello che ci hai posto accanto il tuo riflesso vivente. In mezzo a tante cose che passano e per le quali ci affanniamo, aiutaci, Padre, a ricercare quello che resta: la presenza tua e del fratello.

Siamo nell’attesa che venga il tuo regno: lo domandiamo e desideriamo perché vediamo che le dinamiche del mondo non lo assecondano. Dinamiche orientate dalle logiche del denaro, degli interessi, del potere. Mentre ci troviamo immersi in un consumismo sempre più sfrenato, che ammalia con bagliori luccicanti ma evanescenti, aiutaci, Padre, a credere in quello che preghiamo: a rinunciare alle comode sicurezze del potere, alle ingannevoli seduzioni della mondanità, alla vuota presunzione di crederci autosufficienti, all’ipocrisia di curare le apparenze. Così non perderemo di vista quel Regno al quale tu ci chiami.

Sia fatta la tua volontà, non la nostra. «È volontà di Dio la salvezza di tutti» (S. Giovanni Cassiano, Conferenze spirituali, IX, 20). Abbiamo bisogno, Padre, di allargare gli orizzonti, per non restringere nei nostri limiti la tua misericordiosa volontà salvifica, che tutti vuole abbracciare. Aiutaci, Padre, mandando a noi, come a Pentecoste, lo Spirito Santo, autore del coraggio e della gioia, perché ci spinga ad annunciare la lieta notizia del Vangelo oltre i confini delle nostre appartenenze, delle lingue, delle culture, delle nazioni.

Ogni giorno abbiamo bisogno di Lui, nostro pane quotidiano. Egli è il pane della vita (cfr Gv 6,35.48), che ci fa sentire figli amati e sfama ogni nostra solitudine e orfanezza. Egli è il pane del servizio: spezzatosi per farsi servo nostro, chiede a noi di servirci a vicenda (cfr Gv 13,14). Padre, mentre ci doni il pane quotidiano, alimenta in noi la nostalgia del fratello, il bisogno di servirlo. Chiedendo il pane quotidiano, Ti domandiamo anche il pane della memoria, la grazia di rinsaldare le radici comuni della nostra identità cristiana, radici indispensabili in un tempo in cui l’umanità, e le giovani generazioni in particolare, rischiano di sentirsi sradicate in mezzo a tante situazioni liquide, incapaci di fondare l’esistenza. Il pane che chiediamo, con la sua lunga storia che va dalla semina alla spiga, dal raccolto alla tavola, ispiri in noi il desiderio di essere pazienti coltivatori di comunione, che non si stancano di far germogliare semi di unità, di far lievitare il bene, di operare sempre accanto al fratello: senza sospetti e senza distanze, senza forzature e senza omologazioni, nella convivialità delle diversità riconciliate.

Il pane che domandiamo oggi è anche il pane di cui tanti ogni giorno sono privi, mentre pochi hanno il superfluo. Il Padre Nostro non è preghiera che acquieta, è grido di fronte alle carestie di amore del nostro tempo, di fronte all’individualismo e all’indifferenza che profanano il nome tuo, Padre. Aiutaci ad avere fame di donarci. Ricordaci, ogni volta che preghiamo, che per vivere non abbiamo bisogno di conservarci, ma di spezzarci; di condividere, non di accumulare; di sfamare gli altri più che riempire noi stessi, perché il benessere è tale solo se è di tutti.

Ogni volta che preghiamo chiediamo che i nostri debiti siano rimessi. Ci vuole coraggio, perché al tempo stesso ci impegniamo a rimettere i debiti che gli altri hanno con noi. Pertanto, dobbiamo trovare la forza di perdonare di cuore il fratello (cfr Mt 18,35) come Tu, Padre, perdoni i nostri peccati: di lasciarci alle spalle il passato e di abbracciare insieme il presente. Aiutaci, Padre, a non cedere alla paura, a non vedere nell’apertura un pericolo; ad avere la forza di perdonarci e di camminare, il coraggio di non accontentarci del quieto vivere e di ricercare sempre, con trasparenza e sincerità, il volto del fratello.

E quando il male, accovacciato alla porta del cuore (cfr Gen 4,7), ci indurrà a chiuderci in noi stessi; quando la tentazione di isolarci si farà più forte, nascondendo la sostanza del peccato, che è distanza da Te e dal nostro prossimo, aiutaci ancora, Padre. Incoraggiaci a trovare nel fratello quel sostegno che Tu ci hai posto a fianco per camminare verso di Te, e ad avere insieme il coraggio di dire: “Padre nostro”. Amen.

Ed ora recitiamo la preghiera che il Signore ci ha insegnato.

[00954-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Sainteté, cher Frère, chers frères et sœurs!

Je voudrais exprimer ma gratitude et mon émotion de me trouver en ce temple saint, qui nous rassemble dans l’unité. Jésus a appelé les frères André et Pierre à laisser les filets pour devenir ensemble des pêcheurs d’hommes (cf. Mc 1, 16-17). L’appel personnel n’est pas complet sans celui du frère. Nous voulons aujourd’hui, élever, les uns à côté des autres, du cœur du pays, la prière du Notre Père. Notre identité d’enfants y est contenue et, aujourd’hui de manière particulière, [notre identité] de frères qui prient l’un à côté de l’autre. La prière du Notre Père contient la certitude de la promesse faite par Jésus à ses disciples: «Je ne vous laisserai pas orphelins» (Jn 14, 18), et elle nous donne confiance pour recevoir et accueillir le don du frère. Je voudrais donc partager quelques paroles en préparation à la prière que je réciterai pour notre chemin de fraternité et pour que la Roumanie puisse toujours être une maison pour tous, une terre de rencontre, un jardin où fleurissent la réconciliation et la communion.

Chaque fois que nous disons Notre Père, nous rappelons que le mot Père ne peut pas être sans dire notre. Unis dans la prière de Jésus, nous nous unissons aussi à son expérience d’amour et d’intercession qui nous conduit à dire: mon Père et votre Père, mon Dieu et votre Dieu (cf. Jn 20, 17). C’est une invitation à ce que le “mon” se transforme en notre et que le notre devienne prière. Aide-nous, Père, à prendre au sérieux la vie du frère, à faire nôtre son histoire. Aide-nous, Père, à ne pas juger le frère pour ses actions et ses limites, mais à l’accueillir d’abord comme ton enfant. Aide-nous à vaincre la tentation de nous sentir des fils aînés, qui, à force de rester au centre, oublient le don de l’autre (cf. Lc 15, 25-32).

A Toi, qui es aux cieux - les cieux qui embrassent tout le monde et où tu fais lever le soleil sur les bons et sur les méchants, les justes et les injustes (cf. Mt 5, 45), à Toi nous demandons cette entente que nous n’avons pas su préserver sur terre. Nous la demandons par l’intercession de tant de frères et sœurs dans la foi qui habitent ensemble ton Ciel après avoir cru, aimé et beaucoup souffert, également de nos jours, du seul fait d’être chrétien.

Nous voulons aussi, comme eux, sanctifier ton nom en le mettant au centre de toutes nos préoccupations. Que ce soit ton Nom Seigneur, et non pas le nôtre qui nous pousse et nous éveille à exercer la charité. Combien de fois, en priant, nous nous limitons à demander des dons, et à faire la liste de requêtes, en oubliant que la première chose à faire est de louer ton nom, adorer ta personne, pour, ensuite, reconnaître dans la personne du frère que tu as mis à côté de nous ton reflet vivant. Au milieu de tant de choses qui passent et pour lesquelles nous nous inquiétons, aide-nous, Père à rechercher ce qui demeure: ta présence et celle du frère.

Nous sommes dans l’attente que ton règne vienne: nous le demandons et nous le désirons car nous voyons que les dynamiques du monde ne le favorisent pas. Des dynamiques orientées par les logiques de l’argent, des intérêts, du pouvoir. Alors que nous nous trouvons plongés dans une consommation toujours plus effrénée, qui séduit avec des éclats scintillants mais évanescents, aide-nous, Père, à croire ce pourquoi nous prions: renoncer aux sécurités confortables du pouvoir, aux séductions trompeuses de la mondanité, à la présomption vide de nous croire autosuffisants, à l’hypocrisie de soigner les apparences. Ainsi, nous ne perdrons pas de vue ce Règne où tu nous appelles.

Que ta volonté soit faite, non la nôtre. «La volonté de Dieu c’est le salut de tous» (S. Jean Cassien, Conférences spirituelles, IX, n. 20). Nous avons besoin, Père, d’élargir les horizons afin de ne pas réduire à nos limites ta miséricordieuse volonté de salut, qui veut embrasser tout le monde. Aide-nous, Père, en envoyant sur nous, comme à la Pentecôte, l’Esprit Saint, auteur du courage et de la joie, pour qu’il nous pousse à annoncer le joyeuse nouvelle de l’Evangile au-delà des frontières de nos appartenances, des langues, des cultures et des nations.

Chaque jour nous avons besoin de Lui, notre pain quotidien. Il est le pain de la vie (cf. Jn 6, 35.48), qui nous fait nous sentir enfants aimés, et qui nourrit toute solitude et toute situation d’orphelin. Il est le pain du service: il est rompu pour se faire notre serviteur, il nous demande de nous servir mutuellement (cf. Jn 13, 14). Père, alors que tu nous donnes le pain quotidien, nourris en nous la nostalgie du frère, le besoin de le servir. En demandant le pain quotidien, nous te demandons aussi le pain de la mémoire, la grâce d’affermir les racines communes de notre identité chrétienne, racines indispensables en un temps où l’humanité, et les jeunes générations en particulier, risquent de se sentir déracinées au milieu de tant de situations liquides, dans l’incapacité de fonder leur existence. Que le pain que nous demandons, avec sa longue histoire qui va de la semence à l’épi, de la récolte à la table, inspire en nous le désir d’être de patients cultivateurs de communion qui ne se fatiguent pas de faire germer des semences d’unité, de faire lever le bien, d’œuvrer toujours à côté du frère: sans suspicion et sans distance, sans contrainte et sans homologations, dans la convivialité des diversités réconciliées.

Le pain que nous demandons aujourd’hui est aussi le pain dont chaque jour beaucoup sont privés, alors que quelques-uns ont du superflu. Le Notre Père n’est pas une prière qui tranquillise, c’est un cri face aux pénuries d’amour de notre époque, face à l’individualisme et à l’indifférence qui profanent ton nom, Père. Aide-nous à avoir faim de nous donner. Rappelle-nous, chaque fois que nous prions, que pour vivre nous n’avons pas besoin de nous conserver, mais de nous rompre; de partager, non pas d’accumuler; de nourrir les autres plus que de nous remplir nous-mêmes, car le bien être est tel seulement s’il appartient à tous.

Chaque fois que nous prions, nous demandons que nos dettes soient remises. Il nous faut du courage, parce qu’en même temps nous nous engageons à remettre les dettes que les autres ont envers nous. Par conséquent, nous devons trouver la force de pardonner de tout cœur au frère (cf. Mt 18, 35) comme toi, Père, tu pardonnes nos péchés: de laisser derrière nous le passé et d’embrasser ensemble le présent. Aide-nous, Père, à ne pas céder à la peur, à ne pas voir dans l’ouverture un danger; à avoir la force de nous pardonner et de marcher, le courage de ne pas nous contenter d’une vie tranquille et de rechercher toujours, avec transparence et sincérité, le visage du frère.

Et quand le mal, tapi à la porte du cœur, (cf. Gn 4, 7), nous incitera à nous enfermer en nous-mêmes; quand la tentation de nous isoler se fera plus forte, en cachant la réalité du péché, qui est éloignement de Toi et de notre prochain, aide-nous encore, Père. Encourage-nous à trouver dans le frère ce soutien que tu as mis à nos côtés pour marcher vers Toi, et ensemble avoir le courage de dire: “Notre Père”. Amen.

Et maintenant récitons la prière que le Seigneur nous a enseignée.

[00954-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Your Holiness, Dear Brother, Dear Brothers and Sisters,

I am grateful and moved to be in this holy temple that brings us together in unity. Jesus called the brothers Andrew and Peter to leave their nets and to become together fishers of men (cf. Mk 1:16-17). The calling of one brother was incomplete without that of the other. Today we wish to raise, side by side, from the heart of this country, the Lord’s Prayer. That prayer contains the sure promise made by Jesus to his disciples: “I will not leave you orphaned” (Jn 14:18), and gives us the confidence to receive and welcome the gift of our brothers and sisters. I would like therefore to share some thoughts in preparation for this prayer, which I will recite for our journey of fraternity and for the intention that Romania may always be a home for everyone, a land of encounter, a garden where reconciliation and communion flourish.

Each time we say “Our Father”, we state that the word Father cannot stand on its own, apart from Our. United in Jesus’ prayer, we are also united to his experience of love and intercession, which leads us to say: “My Father and your Father, my God and your God” (cf. Jn 20:17). We are invited to make my become our, and our to become a prayer. Help us, Father, to take our brother or sister’s lives seriously, to make their history our history. Help us, Father, not to judge our brother or sister for their actions and their limitations, but to welcome them before all else as your son or daughter. Help us to overcome the temptation to act like the elder brother, who was so concerned with himself that he forgot the gift of the other person (cf. Lk 15:25-32).

To you, Father, who art in heaven, a heaven that embraces all and in which you make the sun rise on the good and the evil, on the just and the unjust (cf. Mt 5:45), we implore the peace and harmony that here on earth we have failed to preserve. We ask this through the intercession of all those brothers and sisters in faith who dwell with you in heaven after having believed, loved and suffered greatly, even in our own days, simply for the fact that they were Christians.

Together with them, we wish to hallow your name, placing it at the heart of all we do. May your name, Lord, and not ours, be the one that moves and awakens in us the exercise of charity. How many times, in prayer, do we limit ourselves to asking for gifts and listing requests, forgetting that the first thing we should do is praise your name, adore you, and then go on to acknowledge, in the brother or sister whom you have placed at our side, a living image of you. In the midst of all those passing things in which we are so caught up, help us, Father, to seek what truly lasts: your presence and that of our brother or sister.

We wait in expectation for your kingdom to come. We ask for it and we long for it, because we see that the workings of this world do not favour it, organized as they are around money, personal interests and power. Sunken as we are in an increasingly frenetic consumerism that entices us with glittering but fleeting realities, we ask you to help us, Father, to believe in what we pray for: to give up the comfortable security of power, the deceptive allure of worldliness, the vain presumption of our own self-sufficiency, the hypocrisy of cultivating appearances. In this way, we will not lose sight of that Kingdom to which you summon us.

Thy will be done, not our will. “God’s will is that all be saved” (SAINT JOHN CASSIAN, Spiritual Conferences, IX, 20). We need to broaden our horizons, Father, lest we place our own limits on your merciful, salvific will that wishes to embrace everyone. Help us, Father, by sending to us, as at Pentecost, the Holy Spirit, source of courage and joy, to impel us to preach the good news of the Gospel beyond the confines of the communities to which we belong, our languages, our cultures and our nations.

Each day we need him, our daily bread. He is the bread of life (cf. Jn 6:35.48) that makes us realize that we are beloved sons and daughters, and makes us feel no longer isolated and orphaned. He is the bread of service, broken to serve us, and asking us in turn to serve one another (cf. Jn 13:14). Father, as you give us our daily bread, strengthen us to reach out and serve our brothers and sisters. And as we ask you for our daily bread, we ask also for the bread of memory, the grace to nurture the shared roots of our Christian identity, so indispensable in an age when humanity, and the young in particular, tend to feel rootless amid the uncertainties of life, and incapable of building their lives on a solid foundation. The bread that we ask begins with a seed, slowly grows into an ear of grain, is then harvested and is finally brought to our table. May it inspire us to be patient cultivators of communion, tireless in sowing seeds of unity, encouraging goodness, working constantly at the side of our brothers and sisters. Without suspicion or reserve, without pressuring or demanding uniformity, in the fraternal joy of a reconciled diversity.

The bread we ask today is also the bread of which so many people today are lacking, while a few have more than enough. The Our Father is a prayer that leaves us troubled and crying out in protest against the famine of love in our time, against the individualism and indifference that profane your name, Father. Help us to hunger to give freely of ourselves. Remind us, whenever we pray, that life is not about keeping ourselves comfortable but about letting ourselves be broken; not about accumulating but about sharing; not about eating to our heart’s content but about feeding others. Prosperity is only prosperity if it embraces everyone.

Each time we pray, we ask that our trespasses, our debts, be forgiven. This takes courage, for it means that we must forgive the trespasses of others, the debts that others have incurred in our regard. We need to find the strength to forgive our brother or sister from the heart (cf. Mt 18:35), even as you, Father, forgive our trespasses: to leave the past behind us and, together, to embrace the present. Help us, Father, not to yield to fear, not to see openness as a threat, to find the strength to forgive each other and move on, and the courage not to settle for a quiet life but to keep seeking, with transparency and sincerity, the face of our brothers and sisters.

And when the evil that lurks at the doorway of our heart (cf. Gen 4:7) makes us want to close in on ourselves; when we feel more strongly the temptation to turn our back on others, help us again, Father, for the essence of sin is withdrawal from you and from our neighbour. Help us to recognize in every one of our brothers and sisters a source of support on our common journey to you. Inspire in us the courage to say together: Our Father. Amen.

And now, let us recite the prayer that the Lord has taught us.

[00954-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Eure Heiligkeit, lieber Bruder, liebe Brüder und Schwestern,

ich möchte meine Dankbarkeit und Ergriffenheit zum Ausdruck bringen, dass ich mich in diesem heiligen Gotteshaus befinde, das uns hier sammelt und eint. Jesus rief die Brüder Andreas und Petrus auf, ihre Netze zu verlassen, um gemeinsam zu Menschenfischern zu werden (vgl. Mk 1,16-17). Die eigene Berufung ist ohne die des Bruders unvollständig. Heute wollen wir hier, im Herzen des Landes, Seite an Seite das Gebet des Vaterunsers sprechen. Ein Inhalt dieses Gebetes ist unsere Identität als Kinder und, heute in besonderer Weise, als Brüder und Schwestern, die Seite an Seite beten. Das Gebet des Vaterunsers enthält die Gewissheit der Verheißung Jesu an seine Jünger »Ich werde euch nicht als Waisen zurücklassen« (Joh 14,18) und vermittelt uns das Vertrauen, das Geschenk des Bruders und der Schwester zu empfangen und anzunehmen. Deshalb möchte ich einige Worte zur Vorbereitung auf das Gebet sagen, mit dem ich für unseren Weg der Brüderlichkeit beten werde und dafür, dass Rumänien immer eine Heimat aller sein kann, ein Land der Begegnung, ein Garten, in dem Versöhnung und Gemeinschaft gedeihen.

Jedes Mal, wenn wir „Vater unser” sagen, bekräftigen wir, dass das Wort Vater nicht ohne das Wort unser stehen kann. Vereint im Gebet Jesu, vereint uns auch seine Erfahrung im Lieben und im Füreinander-beten, was uns veranlasst zu sagen: Mein Vater und euer Vater, mein Gott und euer Gott (vgl. Joh 20, 17). Es ist eine Einladung, das „mein“ zu einem „unser“ und das „unser“ zu einem Gebet werden zu lassen. Hilf uns, Vater, das Leben der Brüder und Schwestern ernst zu nehmen, und uns mit ihnen zu solidarisieren. Hilf uns, Vater, die Brüder und Schwestern nicht wegen ihrer Taten und ihrer Grenzen zu verurteilen, sondern sie vor allem als deine Söhne und Töchter anzunehmen. Hilf uns, die Versuchung zu überwinden, dass wir uns als ältere Söhne fühlen, die selbst im Mittelpunkt stehen wollen und darüber das Geschenk vergessen, das der Andere darstellt (vgl. Lk 15,25-32).

Du bist im Himmel, im Himmel, der alle umarmt und wo du die Sonne aufgehen lässt über Guten und Bösen, über Gerechten und Ungerechten (vgl. Mt 5,45). Wir bitten dich um jene Eintracht, die wir auf Erden nicht bewahren konnten. Um dies bitten wir auf die Fürsprache so vieler Brüder und Schwestern im Glauben, die gemeinsam in deinem Himmel wohnen, nachdem sie geglaubt, geliebt und viel gelitten haben, auch in unserer Zeit, allein wegen ihres Christseins.

Wie sie wollen auch wir deinen Namen heiligen, indem wir ihn ins Zentrum all unserer Interessen stellen. Dein Name, Herr, und nicht der unsere, möge uns antreiben und wachrütteln zur tätigen Nächstenliebe. Wie oft beschränken wir uns beim Beten darauf, etwas zu erbitten und irgendwelche Anliegen aufzulisten, vergessen dabei aber, dass das Wichtigste ist, deinen Namen zu loben, deine Person anzubeten und dann in der Person des Bruders und der Schwester, die du uns an die Seite gestellt hast, deinen lebendigen Widerschein zu erkennen. Hilf uns, Vater, inmitten so vieler Dinge, die vergehen und um die wir uns sorgen, das zu suchen, was bleibt: deine Gegenwart und die der Brüder und Schwestern.

Wir leben in der Erwartung, dass dein Reich komme: darum bitten wir und das ersehnen wir, weil wir sehen, dass die Abläufe der Welt dem nicht nachkommen, Abläufe, die sich an der Logik des Geldes, der Eigeninteressen und der Macht orientieren. Hilf uns, Vater, inmitten eines immer hemmungsloseren Konsumismus, der uns mit seinem glitzernden aber fahlen Schein betört, dass wir an das glauben, worum wir beten: dass wir auf die bequeme Sicherheit der Macht verzichten, auf die trügerischen Verführungen der Weltlichkeit, auf die hohle Vermessenheit, mit der wir uns als autark betrachten, auf die Heuchelei, mit der wir den Schein wahren. So werden wir das Reich, in das du uns berufst, nicht aus den Augen verlieren.

Dein Wille geschehe, nicht der unsere. Gottes Wille ist das universale Heil (vgl. Johannes Cassian, Unterredungen mit den Vätern, IX, 20). Wir müssen, Vater, unsere Horizonte erweitern, damit wir deinen barmherzigen Erlösungswillen, der alle umfasst, nicht durch unsere Grenzen beschränken. Hilf uns, Vater, indem du uns, wie zu Pfingsten, den Heiligen Geist sendest, den Urheber des Mutes und der Freude, damit er uns dazu bringt, die frohe Botschaft des Evangeliums über die Grenzen unserer Zugehörigkeiten, Sprachen, Kulturen und Nationen hinweg zu verkünden.

Jeden Tag brauchen wir ihn, der unser tägliches Brot ist. Er ist das Brot des Lebens (vgl. Joh 6,35.48), das uns erfahren lässt, dass wir geliebte Kinder sind, und das allen Hunger unserer Einsamkeit und unseres Verwaistseins stillt. Er ist das Brot des Dienstes: Er, der sich gebrochen hat, um unser Diener zu werden, verlangt von uns, dass wir einander dienen (vgl. Joh 13,14). Vater, wenn du uns das tägliche Brot gibst, nähre in uns die Sehnsucht nach den Brüdern und Schwestern und vermehre unser Bedürfnis, ihnen zu dienen. Indem wir um das tägliche Brot bitten, bitten wir dich auch um das Brot der Erinnerung, um die Gnade, die gemeinsamen Wurzeln unserer christlichen Identität zu stärken. Diese Wurzeln sind heute unentbehrlich, da die Menschheit und insbesondere die jüngeren Generationen Gefahr laufen, sich entwurzelt fühlen in der Unbeständigkeit dieser Zeit, auf die man sein Leben nicht gründen kann. Möge das Brot, um das wir bitten, mit seiner langen Geschichte, die von der Aussaat bis zum Fruchttragen, von der Ernte bis zum Mahl reicht, in uns den Wunsch wecken, geduldige Aussäer der Gemeinschaft zu sein, die nicht müde werden, Samen der Einheit zu säen, das Gute aufgehen zu lassen und immer an der Seite des Bruders und der Schwester zu arbeiten: ohne Verdächtigung und ohne Distanziertheit, ohne Zwänge und ohne Anbiederung, beim Zusammenkommen versöhnter Verschiedenheiten.

Das Brot, um das wir heute bitten, ist auch das Brot, das viele Menschen jeden Tag entbehren, während einige wenige im Überfluss leben. Das Vaterunser ist kein Gebet, das beruhigt, es ist ein Schrei angesichts der Hungersnot der Liebe unserer Zeit, angesichts des Individualismus und der Gleichgültigkeit, die deinen Namen, Vater, entweihen. Lass uns hungern nach der Hingabe unser selbst. Erinnere uns jedes Mal beim Beten daran, dass für das Leben nicht die Selbsterhaltung, sondern die Selbsthingabe notwendig ist; zu teilen, und nicht alles anzusammeln; andere zu nähren, bevor wir uns selbst sättigen, denn Wohlstand ist nur dann ein solcher, wenn er sich auf alle erstreckt.

Jedes Mal, wenn wir beten, bitten wir darum, dass uns unsere Schuld vergeben wird. Das erfordert Mut, denn gleichzeitig verpflichten wir uns, die Schuld zu vergeben, die andere uns gegenüber haben. Deshalb müssen wir die Kraft finden, unseren Brüdern und Schwestern von Herzen zu vergeben (vgl. Mt 18,35), so wie du, Vater, uns unsere Sünden vergibst: die Vergangenheit hinter uns zu lassen und die Gegenwart gemeinsam anzunehmen. Hilf uns, Vater, dass wir nicht der Angst nachgeben und in der Offenheit keine Gefahr sehen; dass wir die Kraft haben, einander zu vergeben und weiterzugehen, dass wir den Mut haben, uns nicht mit einem ruhigen Leben zufrieden zu geben und dass wir immer offen und ehrlich das Angesicht des Bruders suchen.

Und wenn das Böse, das an der Tür des Herzens lauert (vgl. Gen 4,7), dazu führt, dass wir uns verschließen; wenn die Versuchung uns abzusondern stärker wird und das Wesen der Sünde, die Entfernung von dir und unserem Nächsten, verdeckt, dann, Vater, hilf uns erneut. Ermutige uns, in den Brüdern und Schwestern jene Unterstützung zu finden, die du uns zugedacht hast, damit wir auf dich zugehen, und gemeinsam den Mut haben, zu sagen: „Vater unser“. Amen.

Und nun beten wir das Gebet, das der Herr uns gelehrt hat.

[00954-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

[00954-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Santidad, querido Hermano, Queridos hermanos y hermanas:

Quisiera expresarles mi gratitud y mi emoción al encontrarme en este templo santo, que nos reúne en unidad. Jesús invitó a los hermanos Andrés y Pedro a abandonar las redes para convertirse en pescadores de hombres (cf. Mc 1,16-17). La llamada de uno de ellos no está completa sin la de su hermano. Hoy queremos elevar, los unos junto a los otros, desde el corazón de este país, la oración del Padrenuestro. En ella está contenida nuestra identidad de hijos y, hoy de manera particular, de hermanos que rezan uno al lado del otro. La oración del Padrenuestro contiene la certeza de la promesa hecha por Jesús a sus discípulos: «No os dejaré huérfanos» (Jn 14,18), y nos brinda la confianza para recibir y acoger el don del hermano. Por eso, quisiera compartir algunas palabras como preparación para la oración que pronunciaré por nuestro camino de fraternidad y para que Rumania siempre pueda ser hogar de todos, tierra de encuentro, jardín donde florezca la reconciliación y la comunión.

Cada vez que decimos “Padre nuestro” reiteramos que la palabra Padre no puede ir sin decir nuestro. Unidos en la oración de Jesús, nos unimos también en su experiencia de amor y de intercesión que nos lleva a decir: Padre mío y Padre vuestro, Dios mío y Dios vuestro (cf. Jn 20,17). Es la invitación a que lo “mío” se transforme en nuestro y lo nuestro se haga oración. Ayúdanos, Padre, a tomar en serio la vida del hermano, a hacer nuestra su historia. Ayúdanos, Padre, a no juzgar al hermano por sus acciones y sus límites, sino a acogerlo sobre todo como hijo tuyo. Ayúdanos a vencer la tentación de sentirnos como hijos mayores, que a fuerza de estar en el centro se olvidan del don que es el otro (cf. Lc 15,25-32).

A ti, que estás en el cielo, un cielo que abraza a todos y en el que haces salir el sol sobre buenos y malos, justos e injustos (cf. Mt 5,45), te pedimos aquella concordia que en la tierra no hemos sabido custodiar. Te la pedimos por intercesión de tantos hermanos y hermanas en la fe que viven juntos en tu Cielo, después de haber creído, amado y sufrido mucho, incluso en nuestros días, por el simple hecho de ser cristianos.

Como ellos, también nosotros queremos santificar tu nombre, poniéndolo en el centro de todos nuestros intereses. Que sea tu nombre, Señor, y no el nuestro el que nos mueva y despierte a vivir la caridad. Cuántas veces, mientras oramos, nos limitamos a pedir gracias y a enumerar peticiones, olvidándonos que lo primero es alabar tu nombre, adorarte, para poder reconocer en la persona del hermano que nos has puesto al lado tu vivo reflejo. En medio de tantas cosas que pasan y por las que nos afanamos, ayúdanos, Padre, a buscar lo que permanece: tu presencia y la del hermano.

Estamos a la espera de que venga tu reino: lo pedimos y lo deseamos porque vemos que las dinámicas del mundo no lo facilitan. Dinámicas orientadas por la lógica del dinero, de los intereses, del poder. Cuando nos encontramos sumergidos en un consumismo cada vez más desenfrenado, que cautiva con resplandores deslumbrantes pero efímeros, ayúdanos, Padre, a creer en lo que imploramos: a renunciar a las cómodas seguridades del poder, a las engañosas seducciones de la mundanidad, a las vanas presunciones de creernos autosuficientes, a la hipocresía de guardar las apariencias. De esta manera no perderemos de vista ese Reino al que tú nos llamas.

Hágase tu voluntad, no la nuestra. «La voluntad de Dios es que todos se salven» (S. Juan Casiano, Colaciones, IX, 20). Necesitamos, Padre, ampliar nuestros horizontes para no reducir a nuestros límites tu misericordiosa voluntad de salvación, que quiere abrazar a todos. Ayúdanos, Padre, enviándonos como en Pentecostés al Espíritu Santo, autor de la valentía y del gozo, para que nos aliente a anunciar la alegre noticia del evangelio más allá de los límites de nuestra pertenencia, lenguas, culturas y naciones.

Todos los días necesitamos de él, nuestro pan de cada día. Él es el pan de vida (cf. Jn 6,35.48), que nos hace sentir como hijos amados y que alivia toda nuestra soledad y orfandad. Él es el pan del servicio: que partiéndose para hacerse nuestro siervo nos pide que nos sirvamos los unos a los otros (cf. Jn 13,14). Padre, mientras nos das el pan de cada día, alimenta en nosotros el anhelo por nuestro hermano, la necesidad de servirlo. Pidiéndote el pan de cada día, te imploramos también el pan de la memoria, la gracia de que fortalezcas las raíces comunes de nuestra identidad cristiana, indispensables en este tiempo en el que la humanidad, y las jóvenes generaciones en particular, corren el riesgo de sentirse desarraigadas en medio de tantas situaciones líquidas, incapaces de cimentar la existencia. Que el pan que pedimos, con su larga historia, que va desde la siembra hasta la espiga, de la cosecha hasta la mesa, nos inspire el deseo de ser pacientes cultivadores de comunión, que no se cansan de hacer germinar semillas de unidad, de dejar crecer el bien, de trabajar siempre al lado del hermano: sin sospechas y sin distancias, sin forzar y sin uniformar, en la convivencia de las diferencias reconciliadas.

El pan que pedimos hoy, es también el pan del que muchos carecen cada día, mientras que unos pocos poseen lo superfluo. El Padrenuestro no es una oración que tranquiliza, sino un grito ante las carestías de amor de nuestro tiempo, ante el individualismo y la indiferencia que profanan tu nombre, Padre. Ayúdanos a tener hambre de darnos. Recuérdanos, cada vez que rezamos, que para vivir no tenemos necesidad de conservarnos, sino de partirnos; de compartir, en vez de atesorar; de sustentar a los demás, en lugar de saciarnos a nosotros mismos, porque el bienestar es tal si pertenece únicamente a todos.

Cada vez que rezamos pedimos que nuestras ofensas sean perdonadas. Se necesita valor, porque al mismo tiempo nos comprometemos a perdonar a los que nos han ofendido. Debemos, por tanto, encontrar la fuerza para perdonar de corazón al hermano (cf. Mt 18,35) como tú, Padre, perdonas nuestros pecados, para dejar atrás el pasado y abrazar juntos el presente. Ayúdanos, Padre, a no ceder al miedo, a no ver la apertura como un peligro; a tener la fuerza para perdonarnos y caminar, el valor de no contentarnos con una vida tranquila, y a buscar siempre, con transparencia y sinceridad, el rostro del hermano.

Y cuando el mal, agazapado ante la puerta del corazón (cf. Gn4,7), nos induzca a encerrarnos en nosotros mismos; cuando la tentación de aislarnos se haga más fuerte, ocultando la sustancia del pecado, que es alejamiento de ti y de nuestro prójimo, ayúdanos nuevamente, Padre. Anímanos a encontrar en el hermano el apoyo que tú pusiste a nuestro lado para caminar hacia ti, y tener el valor de decir juntos: “Padre nuestro”. Amén.

Y ahora recitamos la oración que el Señor nos enseñó.

[00954-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Santidade, irmão querido; amados irmãos e irmãs!

Quero expressar a gratidão e emoção que sinto por me encontrar neste templo sagrado, que nos congrega em unidade. Jesus convidou os irmãos André e Pedro a deixar as redes, para se tornarem, juntos, pescadores de homens (cf. Mc 1, 16-17). A vocação pessoal não está completa sem a do irmão. Hoje queremos elevar um ao lado do outro, do coração do país, a oração do Pai-Nosso. Nela se encerra a nossa identidade de filhos e hoje, de modo particular, a de irmãos que rezam um ao lado do outro. A oração do Pai-Nosso contém a certeza da promessa feita por Jesus aos seus discípulos: «Não vos deixarei órfãos» (Jo 14, 18) e dá-nos a confiança para receber e acolher o dom do irmão. Por isso, gostaria de partilhar algumas palavras introdutórias à oração, que rezarei pelo nosso caminho de fraternidade e pela Roménia para que possa ser sempre casa de todos, terra de encontro, jardim onde florescem a reconciliação e a comunhão.

Sempre que dizemos «Pai-Nosso», reafirmamos que a palavra Pai não pode subsistir sem dizer nosso. Unidos na oração de Jesus, unimo-nos também na sua experiência de amor e intercessão, que nos leva a dizer: Pai meu e Pai vosso, Deus meu e Deus vosso (cf. Jo 20, 17). É convite para que o «meu» se transforme em nosso, e o nosso se faça oração. Ajudai-nos, Pai, a levar a sério a vida do nosso irmão, a assumir a sua história. Ajudai-nos, Pai, a não julgar o irmão pelas suas ações e os seus limites, mas aceitá-lo antes de mais nada como vosso filho. Ajudai-nos a vencer a tentação de nos sentirmos o filho mais velho, que, à força de estar no centro, esquece o dom do outro (cf. Lc 15, 25-32).

A Vós, que estais nos céus – os céus que abraçam a todos e onde fazeis nascer o sol para os bons e os maus, para os justos e os injustos (cf. Mt 5, 45) –, a Vós pedimos a concórdia que não soubemos guardar na terra. Pedimo-la pela intercessão de tantos irmãos e irmãs na fé que moram juntos no vosso céu, depois de ter acreditado, amado e sofrido muito – mesmo em nossos dias – pelo simples facto de serem cristãos.

Como eles, também nós queremos santificar o vosso nome, colocando-o no centro de todos os nossos interesses. Que seja o vosso nome, Senhor, – e não o nosso – a mover-nos e despertar-nos para o exercício da caridade. Ao rezar, quantas vezes nos limitamos a pedir dons e enumerar pedidos, esquecendo que a primeira coisa a fazer é louvar o vosso nome, adorar a vossa pessoa, para depois reconhecer, na pessoa do irmão que colocastes junto de nós, o vosso reflexo vivo. No meio de tantas coisas que passam e pelas quais nos afadigamos, ajudai-nos, Pai, a procurar aquilo que permanece: a presença vossa e a do irmão.

Estamos à espera que venha o vosso reino: pedimo-lo e desejamo-lo porque vemos que as dinâmicas do mundo não o favorecem. Dinâmicas guiadas pelas lógicas do dinheiro, dos interesses, do poder. Enquanto nos encontramos mergulhados num consumismo cada vez mais desenfreado, que cega com fulgores cintilantes mas efémeros, ajudai-nos, Pai, a crer naquilo que rezamos: renunciar às seguranças cómodas do poder, às seduções enganadoras da mundanidade, à vazia presunção de nos crermos autossuficientes, à hipocrisia de cuidar das aparências. Assim, não perderemos de vista aquele Reino a que Vós nos chamais.

Seja feita a vossa vontade, não a nossa. «É vontade de Deus que todos se salvem» (São João Cassiano, Conferências Espirituais, IX, 20). Precisamos, Pai, de alargar os horizontes, a fim de não restringir dentro dos nossos limites a vossa misericordiosa vontade salvífica, que quer abraçar a todos. Ajudai-nos, Pai, enviando-nos – como no Pentecostes – o Espírito Santo, autor da coragem e da alegria, para que nos incite a anunciar a boa nova do Evangelho para além das fronteiras das nossas afiliações, línguas, culturas, nações.

Diariamente temos necessidade d’Ele, pão nosso de cada dia. Ele é o pão da vida (cf. Jo 6, 35.48), que nos faz sentir filhos amados e sacia toda a nossa solidão e orfandade. Ele é o pão do serviço: repartindo-Se aos pedaços para Se fazer nosso servo, pede-nos para servirmos uns aos outros (cf. Jo 13, 14). Pai, ao mesmo tempo que nos dais o pão de cada dia, alimentai em nós a nostalgia do irmão, a necessidade de o servir. Ao pedir o pão de cada dia, suplicamo-Vos também o pão da memória, a graça de reforçar as raízes comuns da nossa identidade cristã, raízes indispensáveis num tempo em que a humanidade, particularmente as gerações jovens, correm o risco de se sentirem desenraizadas no meio de tantas situações líquidas, incapazes de fundamentar a existência. O pão que pedimos, com a sua longa história que vai do grão semeado à espiga, da ceifa à mesa, inspire em nós o desejo de ser cultivadores de comunhão pacientes, que não se cansam de fazer germinar sementes de unidade, fermentar o bem, atuar sempre lado a lado com o irmão: sem suspeitas nem distanciamentos, sem forçar nem nivelar, na convivência das diferenças reconciliadas.

O pão que hoje pedimos é também aquele de que muitos carecem todos os dias, enquanto poucos o têm de sobra. O Pai-Nosso não é oração que nos acomoda, é grito perante as carestias de amor do nosso tempo, perante o individualismo e a indiferença que profanam o vosso nome, Pai. Ajudai-nos a ter fome de nos doarmos. Sempre que rezarmos, lembrai-nos que, para viver, não precisamos de nos poupar, mas de nos repartir em pedaços; de partilhar, não de acumular; de matar a fome aos outros mais do que encher-nos a nós mesmos, porque o bem-estar só é digno deste nome quando pertence a todos.

Cada vez que rezamos, pedimos para nos serem perdoadas as nossas ofensas. É preciso coragem para isso, já que simultaneamente nos comprometemos a perdoar a quem nos tem ofendido. Temos, pois, de encontrar a força para perdoar do íntimo do coração ao irmão (cf. Mt 18, 35), como Vós – Pai – perdoais os nossos pecados: deixar para trás o passado e abraçar, juntos, o presente. Ajudai-nos, Pai, a não ceder ao medo, nem ver um perigo na abertura; a ter a força de nos perdoarmos e prosseguir, a coragem de não nos contentarmos com a vida tranquila, mas de procurar sempre, com transparência e sinceridade, o rosto do irmão.

E quando o mal, deitado à porta do coração (cf. Gn 4, 7), nos induzir a fechar-nos em nós mesmos; quando a tentação de nos isolarmos se fizer mais forte, ocultando a substância do pecado, que é distância de Vós e do nosso próximo, ajudai-nos de novo, Pai. Encorajai-nos a encontrar, no irmão, aquele apoio que colocastes ao nosso lado a fim de caminharmos para Vós e, juntos, termos a ousadia de dizer: «Pai-Nosso». Amen.

E agora rezemos a oração que o Senhor nos ensinou...

[00954-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Wasza Świątobliwość, drogi Bracie, drodzy bracia i siostry!

Chciałbym wyrazić moją wdzięczność i wzruszenie, stając w tym świętym przybytku, który gromadzi nas w jedności. Jezus powołał razem braci Andrzeja i Piotra, aby zostawili sieci i stali się rybakami ludzi (por. Mk 1,16-17). Nasze własne powołanie jest niepełne bez powołania brata, bez odczuwania potrzeby, aby razem zostawić sieci. Dzisiaj chcemy „zarzucić razem”, z serca kraju, wspólną modlitwę Ojcze nasz. Zawiera ona naszą tożsamość synów, a dzisiaj w szczególny sposób, braci, którzy modlą się jeden obok drugiego. Modlitwa „Ojcze nasz” zawiera pewność obietnicy złożonej przez Jezusa Jego uczniom: „Nie zostawię was sierotami” (J 14, 18) i daje nam ufność, aby przyjąć i zaakceptować dar brata (Por. Quando pregate dite Padre nostro, con Marco Pozza, Rizzoli 2017, 23). Chciałbym zatem podzielić się kilkoma słowami, przygotowując się do modlitwy, którą odmówię w intencji naszego braterskiego pielgrzymowania oraz, aby Rumunia mogła być zawsze domem dla wszystkich, ziemią spotkania, ogrodem, w którym kwitnie pojednanie i komunia.

Za każdym razem, gdy odmawiamy „Ojcze nasz”, stwierdzamy, że słowo „Ojciec” nie może stać bez słowa „nasz”. Zjednoczeni w modlitwie Jezusa, jednoczymy się również w Jego doświadczeniu miłości i wstawiennictwa, które prowadzi nas do powiedzenia: mój Ojciec i wasz Ojciec, mój Bóg i wasz Bóg (por. J 20,17). Jest to zachęta, aby „moje” przemieniło się w nasze, a nasze stało się modlitwą. Pomóż nam, Ojcze, potraktować na serio życie naszego brata, aby uczynić jego historię naszą własną. Pomóż nam nie osądzać brata za jego działania i jego ograniczenia, ale przyjąć go przede wszystkim jako Twojego syna. Pomóż nam, Ojcze, przezwyciężyć pokusę, by czuć się starszymi synami, którzy chcąc na siłę być w centrum, zapominają o darze drugiego (por. Łk 15,25–32).

Ciebie, który jesteś w niebie, w niebiosach, które ogarniają wszystko i gdzie sprawiasz, że słońce wschodzi nad dobrymi i nad złymi, nad sprawiedliwymi i niesprawiedliwymi (por. Mt 5,45), Ciebie prosimy o tę zgodę, której nie potrafiliśmy ustrzec na ziemi. Prosimy za wstawiennictwem wielu braci i sióstr w wierze, którzy wspólnie mieszkają w Twym niebie, wcześniej uwierzywszy, umiłowawszy i wiele wycierpiawszy, także w naszych czasach, jedynie z powodu bycia chrześcijanami.

Podobnie jak oni chcemy również uświęcić Twoje imię, umieszczając je w centrum wszystkich naszych zainteresowań. Niech Twoje imię, Panie, a nie nasze, porusza nas i rozbudza w pełnieniu miłosierdzia. Ileż razy, modląc się, ograniczamy się do proszenia o dary i do wymieniania próśb, zapominając, że pierwszą rzeczą jest uwielbienie Twego imienia, adorowanie Twojej osoby, aby następnie rozpoznać w osobie brata, którego postawiłeś obok nas, Twój żywy odblask. Pośród wielu rzeczy, które mijają i o które zabiegamy, pomóż nam, Ojcze, szukać tego, co trwa: obecności Twojej i brata.

Oczekujemy, by przyszło Twoje królestwo: prosimy o to i pragniemy tego, ponieważ widzimy, że siły świata go nie wspierają. Dynamiki zorientowane na logikę pieniędzy, interesów, władzy. Gdy zanurzamy się w coraz bardziej nieokiełznanym konsumpcjonizmie, który oczarowuje nas jaśniejącymi, lecz ulotnymi blaskami, pomóż nam Ojcze, wierzyć w to, o co się modlimy: wyrzec się wygodnych pewników władzy, zwodniczych pokus światowości, pustego domniemania, że jesteśmy samowystarczalni, z obłudy leczenia pozorów. W ten sposób nie utracimy z oczu tego królestwa, do którego nas wzywasz.

Bądź wola Twoja, a nie nasza. „Pragnieniem Boga jest zbawienie wszystkich ludzi” (ŚW. JAN KASJAN, Konferencje, IX, 20). Ojcze, potrzebujemy poszerzenia naszych horyzontów, aby nie zawężać w naszych ograniczeniach Twojej miłosiernej zbawczej woli, która pragnie ogarnąć wszystkich. Pomóż nam, Ojcze, posyłając nam, tak jak w dniu Pięćdziesiątnicy, Ducha Świętego, twórcę odwagi i radości, aby nas pobudził do głoszenia radosnej nowiny Ewangelii poza granicami naszej przynależności, języków, kultur, narodów.

Potrzebujemy Go każdego dnia, naszego chleba powszedniego. On jest chlebem życia (por. J 6, 35.48), który sprawia, że czujemy się miłowanymi dziećmi i zaspokaja głód naszej samotności i osierocenia. On jest chlebem posługi: łamiąc siebie, by stać się naszym sługą, prosi nas, abyśmy służyli sobie nawzajem (por. J 13,14). Ojcze, dając nam chleb powszedni, posilaj w nas tęsknotę za bratem, potrzebę służenia mu. Prosząc o chleb powszedni, prosimy Ciebie również o chleb pamięci, łaskę umocnienia wspólnych korzeni naszej chrześcijańskiej tożsamości, korzeni niezbędnych w czasach, w których ludzkości, a zwłaszcza młodym pokoleniom, grozi poczucie wykorzenienia pośród wielu sytuacji płynnych, niezdatnych do oparcia swego życia. Chleb, o który prosimy, z jego długą historią, która biegnie od zasiewu po kłos, od żniwa po stół, niech zainspiruje w nas pragnienie bycia cierpliwymi kultywatorami komunii, którzy niestrudzenie sprawiają zasiew ziaren jedności, wzrostu dobra, działania zawsze u boku brata: bez podejrzeń i bez dystansów, bez forsowania i bez ujednolicania, w serdeczności pogodzonych różnic.

Chleb, o który prosimy dzisiaj jest również chlebem, którego tak wiele osób jest pozbawionych każdego dnia, podczas gdy niewielu ma nadmiar. „Ojcze nasz” nie jest modlitwą, która uspokaja, lecz krzykiem w obliczu niedostatków miłości naszych czasów, w obliczu indywidualizmu i obojętności, które bezczeszczą Twoje imię, Ojcze. Pomóż nam być głodnymi dawania siebie. Przypominaj nam za każdym razem, gdy się modlimy, że aby żyć, nie musimy zachować siebie, ale łamać siebie; dzielić się, a nie gromadzić; karmić innych bardziej, niż napełniać samych siebie, ponieważ dobrobyt jest tylko wtedy, gdy należy do wszystkich.

Za każdym razem, gdy się modlimy, prosimy o odpuszczenie naszych win. Wymaga to odwagi, ponieważ jednocześnie zobowiązujemy się do odpuszczenia win, jakie inni mają wobec nas. Dlatego musimy znaleźć siłę, aby przebaczyć bratu z serca (por. Mt 18,35), tak jak Ty, Ojcze, przebaczasz nam nasze grzechy: by pozostawić za sobą przeszłość i wspólnie objąć teraźniejszość. Pomóż nam, Ojcze, byśmy nie ulegli lękowi, byśmy nie widzieli zagrożenia w otwartości; byśmy mieli siłę przebaczenia sobie nawzajem i pielgrzymowania, odwagę, by nie zadowalać się spokojnym życiem i zawsze poszukiwać, z przejrzystością i szczerością, oblicza brata.

A kiedy zło, czyhające przy wrotach serca (por. Rdz 4,7), skłoni nas do zamknięcia się w sobie; kiedy pokusa, by się odizolować, stanie się silniejsza, ukrywając istotę grzechu, którym jest oddalenie od Ciebie i naszego bliźniego, pomóż nam ponownie, Ojcze. Zachęcaj nas, abyśmy znaleźli w bracie to wsparcie, które postawiłeś obok nas, aby pielgrzymować ku Tobie i byśmy mieli odwagę odmówić: „Ojcze nasz”. Amen.

[00954-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرّسولية إلى رومانيا

تحيّة قداسة البابا فرنسيس

خلال صلاة "الأبانا" المشتركة

بوخارست – الكاتدرائية الأرثوذكسية الجديدة

الجمعة 31 مايو / أيار 2019

قداسة البطريرك، أيّها الأخ العزيز، أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء!

أودّ أن أعرب عن امتناني وتأثّري لوجودي في هذا المعبد المقدّس الذي يجمعنا بالوحدة. لقد دعا يسوع الأخوين أندراوس وبطرس إلى ترك الشباك كي يصبحا سويًّا صيّادي بشر (را. مر 1، 16- 17). إن الدعوة الخاصّة ليست كاملة بدون دعوة الأخ. نريد اليوم أن نرفع، جنبًا إلى جنب، من قلب البلد، صلاة "الأبانا". فهي تحتوي على هويّتنا كأبناء، واليوم بشكل خاصّ، كإخوة يصلّون بجانب بعضهم البعض. تحتوي صلاة الـ "أبانا" على اليقين بالوعد الذي قطعه يسوع لتلاميذه: "لن أَدَعَكم يَتامى" (يو 14، 18) وتعطينا الثقة كي ننال ونقبل عطيّة الأخ[1]. لذا أودّ أن أشارككم ببعض الكلمات تحضيرًا للصلاة، التي سوف أتلوها من أجل مسيرة الأخوّة وكيما تكون رومانيا على الدوام بيتًا للجميع، وأرضًا للقاء، وحديقة تزهر فيها المصالحة والشركة الكنسية.

في كلّ مرّة نقول فيها "أبانا" نعيد التأكيد على أنه لا يمكن قول كلمة أب دون أن نقولها بصيغة الجمع كأبناء، أبانا. متّحدون في صلاة يسوع، نتّحد أيضًا في خبرة محبّته وشفاعته التي تقودنا إلى القول: أَبي وأَبيكُم، وإِلهي وإِلهِكُم (را. يو 20، 17). إنها دعوة لأن نحوّل فيها "ما هو لي" إلى "ما هو لنا" وأن يصبح "ما هو لنا" صلاة. ساعدنا، أيها الآب، على أن نأخذ حياة أخينا على محمل الجدّ، وأن نتبنّى قصّته. ساعدنا أيها الآب على ألّا نحكم على أخينا بسبب تصرّفاته ومحدوديّته، بل أن نقبله أوّلاً كابنٍ لك. ساعدنا في التغلب على الميل إلى اعتبار أنفسنا الأبناء الأكبر، الذين، من كثرة وجودهم في المحور ينسون هبة الآخر (را. لو 15. 25- 32).

نطلب منك، أنت الذي في السماوات، السماوات التي تعانق الجميع وحيث تشرق الشمس على الأخيار والأشرار، وعلى المنصفين والظالمين (را. متى 5، 45)، ذاك الوئام الذي لم نتمكّن من الحفاظ عليه في الأرض. نطلبه بشفاعة الكثير من الإخوة والأخوات في الإيمان الذين يسكنون سماءك معًا بعد أن آمنوا وأحبّوا وعانوا الكثير، حتى في أيّامنا هذه، فقط بسبب كونهم مسيحيّين.

نحن أيضًا نريد مثلهم، أن نقدّس اسمك، فنجعله في محور اهتماماتنا. ليكون اسمك، يا ربّ، وليس اسمنا هو الذي يحرّكنا ويوقظنا في ممارستنا للمحبّة. كم من مرّة، في صلاتنا، نكتفي بطلب الهبات وسرد قائمة الطلبات، متناسين أن أهمّ شيء هو تسبيح اسمك، وعبادة شخصك، كيما نتعرّف على انعكاسك الحيّ في شخص الأخ الذي وضعته بقربنا. وسط العديد من الأمور التي تمرّ والتي نناضل من أجلها، ساعدنا، أيها الآب، في البحث عمّا يدوم: حضورك وحضور أخينا.

نحن بانتظار مجيء ملكوتك: نطلبه ونتوق إليه لأننا نرى أن ديناميكيات العالم لا تنقاد له. فهي ديناميكيات يوجّهها منطق المال، والمصالح، والسلطة. ساعدنا، أيها الآب، فيما ننغمس في استهلاكية تزداد مبالغة، تسحرنا بوهجها اللامع إنما الزائل، على أن نؤمن بما نصلّي: أن نتخلّى عن ضمانات السلطة المريحة، وإغراءات الدنيوية الخادعة، والادّعاء الفارغ باعتقادنا مكتفين ذاتيًّا، وريائنا في عنايتنا بالمظاهر. فلا نغفل بهذه الطريقة عن ذاك الملكوت الذي تدعونا إليه.

لتكن مشيئتك، لا مشيئتنا. "إن الله يُريدُ أَن يَخْلُصَ جَميعُ النَّاسِ" (القدّيس جوفاني كسيانو عظات روحية، IX، 20). نحن بحاجة أيها الآب، إلى توسيع آفاقنا، حتى لا نقيّد بمحدوديّتنا إرادتك الخلاصيّة الرحيمة، التي تريد معانقة الجميع. ساعدنا، أيها الآب، وأرسل إلينا روحك القدّوس، كما حدث يوم العنصرة، مصدر الشجاعة والفرح، كيما يحثّنا على إعلان بشارة الإنجيل خارج حدود انتمائنا ولغاتنا وثقافاتنا ودولنا.

إننا بحاجة إليه يوميًّا، خُبْز يَومِنا. إنه خبز الحياة (را. يو 6، 35. 48)، الذي يجعلنا نشعر بأننا أبناء محبوبون ويشبع وحدتنا ويتمنا. إنه خبز الخدمة: كسر ذاته كي يصير خادمًا لنا، ويطلب منا أن نخدم بعضنا بعضاً (را. يو 13، 14). أيها الآب، فيما تعطينا الخبز اليومي، غذّي فينا الشوق لأخينا، والحاجة لخدمته. وإذ نطلب الخبز اليومي، نسألك أيضًا خبز الذاكرة، والنعمة لتقوية الجذور المشتركة لهويتنا المسيحية، الجذور التي لا غنى عنها في زمن تكاد فيه البشرية، والأجيال الشابّة على وجه الخصوص، أن تشعر بفقدان جذورها، وسط الكثير من الأوضاع التي تفتقر للثبات، غير قادرين على تأسيس حياتهم. عسى أن يوقظ فينا الخبزُ الذي نطلبه، بقصّته الطويلة التي تمتدّ من البذر إلى السنبلة، ومن الحصاد إلى المائدة، الرغبةَ في أن نكون مُبذري الشركة الصبورين، الذين لا يتعبون أبدًا من جعل بذور الوحدة تنمو، ومن جعل الخير يختمر، وفي أن نعمل دائمًا بقرب أخينا: دون شكوك ودون مسافات، دون إجبار ودون تجانس، وفي تعايش الاختلافات المتصالحة.

إن الخبز الذي نطلبه اليوم هو أيضًا الخبز الذي يُحرم منه الكثيرون كلّ يوم، في حين أنه يفيض لدى القليل منهم. إن صلاة الـ "أبانا" ليست صلاة تهدئة، إنها صرخة أمام مجاعات المحبّة في زماننا، إزاء الفردية واللامبالاة التي تدنّس اسمك، أيها الآب. ساعدنا في أن نجوع إلى بذل أنفسنا. وذكّرنا، في كلّ مرّة نصلّي، أننا، كي نعيش، لا نحتاج إلى الحفاظ على أنفسنا، بل إلى كسر أنفسنا؛ إلى المشاركة، لا إلى جمع المقتنيات؛ إلى إطعام الآخرين أكثر من ملء أنفسنا، لأن الرفاهية لا تكون إلّا إذا كانت للجميع.

في كلّ مرّة نصلّي نطلب مغفرة خطايانا. وهذا يتطلّب الشجاعة، لأننا في الوقت نفسه نُلزِم أنفسنا بالعفو عن إساءات الآخرين إلينا. لذلك، يجب أن نجد القوّة لنغفر لأخينا من صميم القلب (را. متى ١٨، ٣٥) كما أنت، أيها الآب، تغفر خطايانا: أن نترك الماضي خلفنا ونعانق الحاضر معًا. ساعدنا، أيها الآب، على عدم الاستسلام للخوف، وعلى عدم رؤية الخطر في الانفتاح؛ وعلى أن تكون لنا القدرة على التسامح والسير، والشجاعة حتى لا نكتفي بحياة مطمئنّة، بل نبحث دومًا، بشفافيّة وأمانة، عن وجه الأخ.

وعندما يحثّنا الشرّ، الرابض على باب القلب (را. تك ٤، ٧)، على الانغلاق في أنفسنا؛ عندما يزداد الميلُ إلى عزل أنفسنا، حاجبًا جوهر الخطيئة، التي هي بعدٌ عنك وعن قريبنا، ساعدنا أيضًا، أيها الآب. شجّعنا على أن نجد في الأخ ذاك الدعم الذي جعلته بقربنا كي نسير نحوك، وأن تكون لنا الشجاعة لنقول معاً: "أبانا". آمين.

لنتلوَ الآن الصلاة الربّانيّة.

[00954-EN.02] [Original text: Italian]

[B0468-XX.02]

 

 

[1] Cfr Quando pregate dite Padre nostro, con Marco Pozza, Rizzoli 2017, 23.