Incontro privato con il Patriarca di Romania nel Patriarcato Ortodosso di Bucarest
Incontro con il Sinodo Permanente della Chiesa Ortodossa Romena
Incontro privato con il Patriarca di Romania nel Patriarcato Ortodosso di Bucarest
Questo pomeriggio, il Santo Padre Francesco ha lasciato la Nunziatura Apostolica e si è trasferito in auto al Patriarcato Ortodosso Romeno per l’incontro privato con il Patriarca di Romania, Sua Beatitudine Daniel.
Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto dal Patriarca all’ingresso del Palazzo del Patriarcato dove erano presenti i Membri del Sinodo Permanente e la Delegazione ecclesiastica vaticana.
Dopo la foto ufficiale e la presentazione delle rispettive Delegazioni, Papa Francesco e il Patriarca Daniel si sono recati nella Sala Dignitas del Patriarcato ove ha avuto luogo l’incontro privato.
[00964-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Incontro con il Sinodo Permanente della Chiesa Ortodossa Romena
Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Alle ore 16.00 (15.00 ora di Roma), il Santo Padre Francesco ha incontrato il Sinodo Permanente della Chiesa Ortodossa Romena nel Palazzo del Patriarcato Ortodosso.
Dopo il saluto del Patriarca, Sua Beatitudine Daniel, il Papa ha pronunciato il Suo discorso.
Al termine il Patriarca ha accompagnato il Papa all’uscita e gli ha mostra i due salotti adiacenti alla Sala Conventus. Quindi il Santo Padre si è recato alla nuova Cattedrale Ortodossa della Salvezza del Popolo.
Pubblichiamo di seguito il discorso di Papa Francesco al Sinodo Permanente della Chiesa Ortodossa Romena:
Discorso del Santo Padre
Santità, venerati Metropoliti e Vescovi del Santo Sinodo,
Cristos a înviat! [Cristo è risorto!] La risurrezione del Signore è il cuore dell’annuncio apostolico, trasmesso e custodito dalle nostre Chiese. Nel giorno di Pasqua gli Apostoli gioirono al vedere il Risorto (cfr Gv 20,20). In questo tempo di Pasqua anch’io gioisco nel contemplarne un riflesso nei vostri volti, cari Fratelli. Vent’anni fa davanti a questo Santo Sinodo il Papa Giovanni Paolo II disse: «Sono venuto a contemplare il Volto di Cristo scolpito nella vostra Chiesa; sono venuto a venerare questo Volto sofferente, pegno di una rinnovata speranza» (S. Giovanni Paolo II, Discorso al Patriarca Teoctist e al S. Sinodo, 8 maggio 1999: Insegnamenti XXII,1 [1999], 938). Anch’io oggi sono venuto qui, pellegrino, fratello pellegrino, desideroso di vedere il volto del Signore nel volto dei fratelli; e, guardandovi, vi ringrazio di cuore per la vostra accoglienza.
I vincoli di fede che ci uniscono risalgono agli Apostoli, testimoni del Risorto, in particolare al legame che univa Pietro e Andrea, il quale secondo la tradizione portò la fede in queste terre. Fratelli di sangue (cfr Mc 1,16), lo furono anche, e in un modo singolare, nel versare il proprio sangue per il Signore. Essi ci ricordano che esiste una fraternità del sangue che ci precede e che, come una silenziosa corrente vivificante, lungo i secoli non ha mai smesso irrigare e sostenere il nostro cammino.
Qui – come in tanti altri luoghi ai nostri tempi – avete sperimentato la Pasqua di morte e risurrezione: tanti figli e figlie di questo Paese, di varie Chiese e comunità cristiane, hanno subito il venerdì della persecuzione, hanno attraversato il sabato del silenzio, hanno vissuto la domenica della rinascita. Quanti martiri e confessori della fede! Molti, di diverse confessioni, sono stati in tempi recenti l’uno accanto all’altro nelle prigioni sostenendosi a vicenda. Il loro esempio sta oggi davanti a noi e alle nuove generazioni che non hanno conosciuto quelle drammatiche condizioni. Ciò per cui hanno sofferto, fino a offrire la vita, è un’eredità troppo preziosa per essere dimenticata o disonorata. Ed è un’eredità comune, che ci chiama a non prendere le distanze dal fratello che la condivide. Uniti a Cristo nella sofferenza e nel dolore, uniti da Cristo nella Risurrezione affinché «anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4).
Santità, caro Fratello, vent’anni fa l’incontro tra i nostri Predecessori fu un dono pasquale, un evento che contribuì non solo alla rifioritura delle relazioni tra ortodossi e cattolici in Romania, ma anche al dialogo tra cattolici e ortodossi in generale. Quel viaggio, che per la prima volta un vescovo di Roma dedicava a un Paese a maggioranza ortodossa, aprì la via ad altri eventi simili. Vorrei rivolgere un pensiero di grata memoria al Patriarca Teoctist. Come non ricordare il grido spontaneo “Unitate, unitate!”, che si levò qui a Bucarest in quei giorni? Fu un annuncio di speranza sorto dal Popolo di Dio, una profezia che ha inaugurato un tempo nuovo: il tempo di camminare insieme nella riscoperta e nel risveglio della fraternità che già ci unisce. E questo già è unitate.
Camminare insieme con la forza della memoria. Non la memoria dei torti subiti e inferti, dei giudizi e dei pregiudizi, delle scomuniche, che ci rinchiudono in un circolo vizioso e portano ad atteggiamenti sterili, ma la memoria delle radici: i primi secoli in cui il Vangelo, annunciato con parresia e spirito di profezia, ha incontrato e illuminato nuovi popoli e culture; i primi secoli dei martiri, dei Padri e dei confessori della fede, della santità quotidianamente vissuta e testimoniata da tante persone semplici che condividono lo stesso Cristo. I primi secoli della parresia e della profezia. Grazie a Dio le nostre radici sono sane, sono sane e salde e, anche se la crescita ha subito le storture e le traversie del tempo, siamo chiamati, come il salmista, a fare memoria grata di quanto il Signore ha operato in noi, a elevare a Lui un inno di lode gli uni per gli altri (cfr Sal 77,6.12-13). Il ricordo dei passi compiuti insieme ci incoraggia a proseguire verso il futuro nella consapevolezza – certamente – delle differenze ma soprattutto nell’azione di grazie di un’atmosfera familiare da riscoprire, nella memoria di comunione da ravvivare, che come lampada getti luce sui passi del nostro cammino.
Camminare insieme nell’ascolto del Signore. Ci è d’esempio quanto il Signore fece il giorno di Pasqua, in cammino coi discepoli sulla via per Emmaus. Essi discutevano di quanto era accaduto, delle loro inquietudini, dei dubbi e degli interrogativi. Il Signore li ascoltò pazientemente e a cuore aperto dialogò con loro aiutandoli a comprendere e a discernere gli avvenimenti (cfr Lc 24,15-24).
Anche noi abbiamo bisogno di ascoltare insieme il Signore, soprattutto in questi ultimi tempi, nei quali le strade del mondo hanno condotto a rapidi cambiamenti sociali e culturali. Dello sviluppo tecnologico e del benessere economico hanno beneficiato in molti, ma i più sono rimasti inesorabilmente esclusi, mentre una globalizzazione omologante ha contribuito a sradicare i valori dei popoli, indebolendo l’etica e il vivere comune, inquinato, in anni recenti, da un senso dilagante di paura che, spesso fomentato ad arte, porta ad atteggiamenti di chiusura e di odio. Abbiamo bisogno di aiutarci a non cedere alle seduzioni di una “cultura dell’odio”, di una cultura individualista che, forse non più ideologica come ai tempi della persecuzione ateista, è tuttavia più suadente e non meno materialista. Essa presenta spesso come via di sviluppo ciò che appare immediato e risolutorio, ma in realtà è indifferente e superficiale. La fragilità dei legami, che finisce per isolare le persone, si ripercuote in particolare sulla cellula fondamentale della società, la famiglia, e ci chiede lo sforzo di uscire e andare incontro alle fatiche dei nostri fratelli e sorelle, specialmente i più giovani, non con scoraggiamento e nostalgia, come i discepoli di Emmaus, ma col desiderio di comunicare Gesù Risorto, cuore della speranza. Abbiamo bisogno di rinnovare col fratello l’ascolto delle parole del Signore, perché il cuore arda insieme e l’annuncio non si affievolisca (cfr vv. 32.35). Abbiamo bisogno di lasciare riscaldare il cuore con la forza dello Spirito Santo.
Il cammino giunge alla meta, come a Emmaus, mediante la preghiera insistente, perché il Signore resti con noi (cfr vv. 28-29). Egli, che si rivela nello spezzare del pane (cfr vv. 30-31), chiama alla carità, a servire insieme; a “dare Dio” prima di “dire Dio”; a non essere passivi nel bene, ma pronti ad alzarci e ad andare, attivi e collaborativi (cfr v. 33). In questo senso, ci sono d’esempio le tante comunità ortodosse romene che ottimamente collaborano con le molte diocesi cattoliche dell’Europa occidentale dove sono presenti. In molti casi si è sviluppato un rapporto di reciproca fiducia e amicizia, basato sulla fratellanza, alimentata da gesti concreti di accoglienza, sostegno e solidarietà. Attraverso questa vicendevole frequentazione molti cattolici e ortodossi romeni hanno scoperto di non essere estranei, ma fratelli e amici.
Camminare insieme verso una nuova Pentecoste. Il tragitto che ci attende va da Pasqua a Pentecoste: da quell’alba pasquale di unità, qui sorta vent’anni fa, siamo instradati verso una nuova Pentecoste. Per i discepoli la Pasqua segnò l’inizio di un nuovo cammino, nel quale, tuttavia, non erano scomparsi timori e incertezze. Fu così fino a Pentecoste quando, radunati attorno alla Santa Madre di Dio, gli Apostoli, in un solo Spirito e in una pluralità e ricchezza di lingue, testimoniarono il Risorto con la parola e con la vita. Il nostro cammino è ripartito dalla certezza di avere il fratello accanto, a condividere la fede fondata sulla risurrezione dello stesso Signore. Da Pasqua a Pentecoste: tempo di raccoglierci in preghiera sotto la protezione della Santa Madre di Dio, di invocare lo Spirito gli uni per gli altri. Ci rinnovi lo Spirito Santo, che disdegna l’uniformità e ama plasmare l’unità nella più bella e armoniosa diversità. Il suo fuoco consumi le nostre diffidenze; il suo vento spazzi via le reticenze che ci impediscono di testimoniare insieme la vita nuova che ci offre. Egli, artefice di fraternità, ci dia la grazia di camminare insieme. Egli, creatore della novità, ci renda coraggiosi nello sperimentare vie inedite di condivisione e di missione. Egli, forza dei martiri, ci aiuti a non rendere infecondo il loro sacrificio.
Santità e cari Fratelli, camminiamo insieme, a lode della Santissima Trinità e a reciproco beneficio, per aiutare i nostri fratelli a vedere Gesù. Vi rinnovo la mia gratitudine e vi assicuro l’affetto, l’amicizia, la fratellanza e la preghiera miei e della Chiesa Cattolica.
[00953-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Sainteté, vénérables Métropolites et Évêques du Saint Synode,
Cristos a înviat![Le Christ est ressuscité!]. La résurrection du Seigneur est le cœur de l’annonce apostolique, transmise et gardée par nos Églises. Le jour de Pâques, les Apôtres se réjouirent en voyant le Ressuscité (cf. Jn 20, 20). En ce temps de Pâques, moi aussi je me réjouis d’en contempler un reflet sur vos visages, chers Frères. Il y a de cela vingt ans, devant ce Saint Synode, le Pape Jean-Paul II a dit: «Je suis venu contempler le Visage du Christ sculpté dans votre Église; je suis venu vénérer ce Visage souffrant, gage d’une espérance renouvelée» (Saint Jean Paul II, Discours au Patriarche Teoctist et au Saint Synode, 8 mai 1999: Insegnamenti XXII, 1 [1999], 938). Aujourd’hui moi aussi, je suis venu ici, en pèlerin, en frère pèlerin désireux de voir le Visage du Seigneur sur le visage des frères; et en vous regardant, je vous remercie de tout cœur pour votre accueil.
Les liens de foi qui nous unissent remontent aux Apôtres, témoins du Ressuscité, en particulier au lien qui unissait Pierre et André qui, selon la tradition, a apporté la foi en ces terres. Frères de sang (Cf. Mc 1, 16-18), ils le furent aussi, et de manière particulière, en versant leur propre sang pour le Seigneur. Ils nous rappellent qu’il existe une fraternité du sang qui nous précède et qui, comme un silencieux courant vivifiant, n’a jamais cessé d’irriguer et de soutenir notre cheminement au long des siècles.
Ici – comme dans de nombreux autres endroits de nos jours –, vous avez expérimenté la Pâque de mort et de résurrection: de nombreux fils et filles de ce Pays, de diverses Églises et Communautés chrétiennes, ont subi le vendredi de la persécution, ont traversé le samedi du silence, ont vécu le dimanche de la renaissance. Que de martyrs et de confesseurs de la foi! Beaucoup, de différentes confessions, ont été à une époque récente l’un à côté de l’autre dans les prisons, se soutenant mutuellement. Leur exemple demeure aujourd’hui devant nous et devant les nouvelles générations qui n’ont pas connu ces conditions dramatiques. Ce pour quoi ils ont souffert jusqu’à offrir leur vie est un héritage trop précieux pour être oublié ou déshonoré. Et c’est un héritage commun qui nous appelle à ne pas prendre des distances avec le frère qui le partage. Unis au Christ dans la souffrance et dans la douleur, unis par le Christ dans la Résurrection pour que «nous menions une vie nouvelle, nous aussi» (Rm 6, 4).
Sainteté, cher Frère, il y a vingt ans, la rencontre entre nos Prédécesseurs fut un don pascal, un évènement qui contribua non seulement au refleurissement des relations entre orthodoxes et catholiques en Roumanie, mais aussi au dialogue entre catholiques et orthodoxes en général. Ce voyage, que pour la première fois un évêque de Rome consacrait à un pays à majorité orthodoxe, ouvrit la voie à d’autres évènements semblables. Je voudrais adresser une pensée de reconnaissante mémoire au Patriarche Teoctist. Comment ne pas se rappeler le cri spontané “Unité, unité!” qui s’éleva ici à Bucarest en ces jours-là? Ce fut une annonce d’espérance née du peuple de Dieu, une prophétie qui a inauguré un temps nouveau: le temps de marcher ensemble dans la redécouverte et le réveil de la fraternité qui nous unit déjà. Et ceci est déjà unité.
Marcher ensemble avec la force de la mémoire. Non pas la mémoire des torts subis et causés, des jugements et des préjugés, des excommunications qui nous enferment dans un cercle vicieux et conduisent à des attitudes stériles, mais la mémoire des racines: les premiers siècles dans lesquels l’Évangile, annoncé avec parrhésie et esprit de prophétie, a rencontré et illuminé de nouveaux peuples et cultures; les premiers siècles des martyrs, des Pères et des confesseurs de la foi, de la sainteté quotidiennement vécue et témoignée par de nombreuses personnes simples qui partagent le même Christ, les premiers siècles de la parrhésie et de la prophétie. Grâce à Dieu, nos racines sont saines, elles sont saines et fortes et, même si leur croissance a subi les distorsions et les épreuves du temps, nous sommes appelés, comme le psalmiste, à faire mémoire avec gratitude de ce que le Seigneur a opéré en nous, à élever vers Lui une hymne de louange les uns pour les autres (cf. Ps 77, 6. 12-13). Le rappel des pas faits ensemble nous encourage à poursuivre vers l’avenir dans la conscience – certes – des différences mais surtout dans l’action de grâce d’une atmosphère familiale à redécouvrir, dans la mémoire de communion à raviver qui, comme une lampe, éclaire les étapes de notre cheminement.
Cheminer ensemble dans l’écoute du Seigneur. Nous avons pour exemple ce que le Seigneur fit le jour de Pâques, en chemin avec les disciples sur la route d’Emmaüs. Ils discutaient de ce qui était arrivé, de leurs inquiétudes, de leurs doutes et de leurs interrogations. Le Seigneur les écouta patiemment, et à cœur ouvert il dialogua avec eux en les aidant à comprendre et à discerner les évènements (cf. Lc 24, 15-24).
Nous aussi, nous avons besoin d’écouter ensemble le Seigneur, surtout ces derniers temps au cours desquels les routes du monde ont conduit à de rapides changements sociaux et culturels. Beaucoup ont bénéficié du développement technologique et du bien-être économique, mais plus encore sont restés inexorablement exclus, tandis qu’une globalisation uniformisante a contribué à déraciner les valeurs des peuples, en affaiblissant l’éthique et le vivre ensemble pollué au cours de ces dernières années par un sens généralisé de la peur qui, souvent préparée avec art, conduit à des comportements de fermeture et de haine. Nous avons besoin de nous aider pour ne pas céder aux séductions d’une “culture de la haine”, d’une culture individualiste qui peut-être n’est plus idéologique comme aux temps de la persécution athée, mais qui est toutefois plus persuasive et tout aussi matérialiste. Elle présente souvent comme voie de développement ce qui apparaît immédiat et ferme, mais qui, en réalité, est indifférent et superficiel. La fragilité des liens qui finit par isoler les personnes se répercute en particulier sur la cellule fondamentale de la société, la famille, et nous demande l’effort de sortir et d’aller à la rencontre des difficultés de nos frères et sœurs, spécialement les plus jeunes, non pas avec découragement et nostalgie, comme les disciples d’Emmaüs, mais avec le désir de communiquer Jésus Ressuscité, cœur de notre espérance. Nous avons besoin de renouveler avec le frère l’écoute des paroles du Seigneur pour que nos cœurs brûlent ensemble et pour que l’annonce ne s’affaiblisse pas (cf. vv. 32. 35). Nous avons besoin de laisser la force de l’Esprit Saint réchauffer nos cœurs.
Le cheminement atteint son but, comme à Emmaüs, par la prière insistante pour que le Seigneur reste avec nous (cf. vv. 28-29). Lui, qui se révèle dans la fraction du pain (cf. vv. 30-31), nous appelle à la charité, à servir ensemble; à “donner Dieu” avant de “dire Dieu”; à ne pas être passifs dans le bien, mais prêts à se lever et à aller, actifs et en collaborant (cf. v. 33). En ce sens, nous avons à titre d’exemple les nombreuses communautés orthodoxes roumaines qui collaborent très bien avec beaucoup de diocèses catholiques de l’Europe occidentale où ils sont présents. Dans plusieurs cas, il s’est développé une relation de confiance réciproque et d’amitié, fondée sur la fraternité, alimentée par des gestes concrets d’accueil, de soutien et de solidarité. A travers cette fréquentation mutuelle, de nombreux catholiques et orthodoxes roumains ont découvert qu’ils ne sont pas des étrangers, mais des frères et des amis.
Cheminer ensemble vers une nouvelle Pentecôte. Le trajet qui nous attend va de Pâques à Pentecôte: de cette aube pascale d’unité, née ici il y a vingt ans, nous avons cheminé vers une nouvelle Pentecôte. Pour les disciples, la Pâques a marqué le début d’un nouveau cheminement dans lequel, toutefois, les craintes et les incertitudes n’avaient pas disparu. Ce fut ainsi jusqu’à la Pentecôte quand, réunis autour de la Sainte Mère de Dieu, les Apôtres, dans un seul Esprit et dans une pluralité et une richesse de langues, témoignèrent du Ressuscité par la parole et par la vie. Notre marche est repartie de la certitude d’avoir le frère à côté, d’avoir à partager la foi fondée sur la résurrection du même Seigneur. De Pâques à Pentecôte: un temps pour nous recueillir en prière sous la protection de la Sainte Mère de Dieu, d’invoquer l’Esprit les uns pour les autres. Que l’Esprit Saint nous renouvelle, lui qui dédaigne l’uniformité et aime modeler l’unité dans la diversité la plus belle et la plus harmonieuse. Que son feu consume nos méfiances; que son vent balaie les réticences qui nous empêchent de témoigner ensemble la vie nouvelle qu’il nous offre. Lui, artisan de fraternité, qu’il nous donne la grâce de cheminer ensemble. Lui, créateur de la nouveauté, qu’il nous rende courageux dans l’expérimentation de voies nouvelles de partage et de mission. Lui, force des martyrs, qu’il nous aide à ne pas rendre infécond leur sacrifice.
Sainteté e chers Frères, marchons ensemble à la louange de la Très Sainte Trinité et à notre bénéfice réciproque pour aider nos frères à voir Jésus. Je vous renouvelle ma gratitude et je vous assure de mon affection, de mon amitié, de ma fraternité et de ma prière et de celle de l’Église Catholique.
[00953-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Your Holiness, Venerable Metropolitans and Bishops of the Holy Synod,
Cristos a înviat! [Christ is risen!] The Lord’s resurrection is the very heart of the apostolic preaching handed down and preserved by our Churches. On the day of Easter, the Apostles rejoiced to see the Risen Lord (cf. Jn 20:20). In this Easter season, I too rejoice to see a reflection of him, dear Brothers, in your own faces. Twenty years ago, before this Holy Synod, Pope John Paul II said, “I have come to contemplate the Face of Christ etched in your Church; I have come to venerate this suffering Face, the pledge to you of new hope” (Address to Patriarch Teoctist and the Holy Synod, 8 May 1999: Insegnamenti XXII.1 [1999], 938). Today I too have come here as a pilgrim, a pilgrim brother, desirous of seeing the Lord’s face in the faces of my Brothers. As now I look at you, I offer you heartfelt thanks for your welcome.
The bonds of faith that unite us go back to the Apostles, the witnesses of the risen Jesus, and in particular to the bond between Peter and Andrew, who according to tradition brought the faith to these lands. Blood brothers (cf. Mk 1:16-18), they were also in an exceptional way brothers in shedding their blood for the Lord. They remind us that there exists a fraternity of blood that precedes us and, like a silent and life-giving stream flowing down the centuries, has never ceased to nourish and sustain us on our journey.
Here, as in so many other places nowadays, you have experienced the passover of death and resurrection: how man sons and daughters of this country, from various Churches and Christian communities, knew the Friday of persecution, endured the Saturday of silence and experienced the Sunday of rebirth. How many were the martyrs and confessors of the faith! In recent times, how many, from different confessions, stood side by side in prisons to support one another in turn! Today their example stands before us and before the young, who did not experience those dramatic conditions. What they suffered for, even to the sacrifice of their lives, is too precious an inheritance to be disregarded or tarnished. It is a shared inheritance and it summons us to remain close to our brothers and sisters who share it. United to Christ in suffering and sorrows, and united to Christ in the resurrection, so that “we too might walk in newness of life” (Rom 6:4).
Your Holiness, dear Brother, twenty years ago, the meeting between our Predecessors was an Easter gift, an event that contributed not only to renewed relations between Orthodox and Catholics in Romania, but also to the Orthodox-Catholic dialogue in general. That visit, the first of a Bishop of Rome to a country of Orthodox majority, opened the way to other similar events. Here I remember with gratitude Patriarch Teoctist. How can we fail to recall the spontaneous cry “Unitate, unitate!” that was raised here in Bucharest in those days! It was a proclamation of hope rising up from the people of God, a prophecy that inaugurated a new time: the time of journeying together in the rediscovery and revival of the fraternity that even now unites us. And this is already unitate.
Journeying together with the strength of memory. Not the memory of wrongs endured and inflicted, judgments and prejudices, excommunications that enclose us in a vicious circle and bring only barrenness. Rather, the memory of roots: the first centuries when the Gospel, preached with boldness and prophetic spirit, encountered and enlightened new peoples and cultures; the first centuries of the martyrs, of the Fathers and the confessors of the faith, the holiness daily lived out and witnessed to by so many simple persons who share the same Christ. Those first centuries of parrhesia and prophecy. Thank God, our roots are sound, sound and sure, and, even if their growth has undergone the twists and turns of time, we are called, like the Psalmist, to remember with gratitude all that the Lord has done in our midst and to raise to him a song of praise for each other (cf. Ps 77:6.12-13). The remembrance of steps taken and completed together encourages us to advance to the future in the awareness – certainly – of our differences, but above all in thanksgiving for a family atmosphere to be rediscovered and a memory of communion to be revived, that, like a lamp, can light up the steps of our journey.
Journeying together in listening to the Lord. We have an example in the way our Lord acted on the evening of Easter as he walked alongside his disciples on the way to Emmaus. They were discussing all that had happened, their worries, hesitations and questions. There the Lord listened patiently and entered into heartfelt dialogue with them, helping them to understand and to discern what had happened (cf. Lk 24:15-27).
We too need to listen together to the Lord, especially in these more recent years, when our world has experienced rapid social and cultural changes. Technological development and economic prosperity may have benefitted many, yet even more have remained hopelessly excluded, while a globalization that tends to level differences has contributed to uprooting traditional values and weakening ethics and social life, which more recently has witnessed a growing sense of fear that, often skillfully stoked, leads to attitudes of rejection and hate. We need to help one another not to yield to the seductions of a “culture of hate”, a culture of individualism that, perhaps no longer ideological as in the time of the atheist persecution, is nonetheless more persuasive and no less materialist. Often it takes on the appearance of a path to development that appears fast and easy, but in reality is indifferent and superficial. The weakening of social bonds, which leads to isolation, has particular repercussions on the fundamental cell of society, the family. It requires us to make an effort to go out and engage with the difficulties faced by our brothers and sisters, especially the very young, not with discouragement and nostalgia, like that of the disciples of Emmaus, but with the desire to communicate the risen Jesus, the heart of hope. Together with our brothers and sisters, we need to listen once more to the Lord, so that our hearts can burn within us and our preaching not grow weak (ibid., vv. 32.35). We need to let our hearts be warmed by the power of the Holy Spirit.
The journey comes to an end, as it did in Emmaus, with the insistent prayer that the Lord remain with us (cf. vv. 28-29). The Lord who is revealed in the breaking of the bread (cf. vv. 30-31), calls us to charity, to mutual service, to “give God” before we “speak of God”, to a goodness that is not passive, but prepared to get up and set out, a service that is active and collaborative (cf. v. 33). We see an excellent example of this in the many Romanian Orthodox communities that cooperate fruitfully with the many Catholic dioceses in Western Europe where they are present. In many cases, a relationship of reciprocal trust and friendship has developed, grounded in fraternity and nurtured by concrete gestures of acceptance, support and solidarity. Through the growth of this reciprocal knowledge, many Catholics and Romanian Orthodox have discovered that they are not strangers, but brothers, sisters and friends.
Journeying together towards a new Pentecost. The path before us leads from Easter to Pentecost: from that Paschal dawn of unity that emerged here twenty years ago, we have set out towards a new Pentecost. For the disciples, Easter marked the beginning of a new journey, even if their fears and uncertainties did not vanish. Thus it was, even until the day of Pentecost, when, gathered around the Holy Mother of God, the Apostles, in the one Spirit and a plurality and richness of languages, bore witness to the Risen Lord by their words and by their lives. Our own journey has begun anew with the certainty that we are brothers and sisters walking side by side, sharing the faith grounded in the resurrection of the one Lord. From Easter to Pentecost: a time of gathering and praying together under the protection of the Holy Mother of God, a time of invoking the Spirit for one another. May the Holy Spirit renew us, for he disdains uniformity and loves to shape unity from the most beautiful and harmonious diversity. May his fire consume our lack of confidence and his breath sweep away the hesitation that holds us back from bearing witness together to the new life he offers us. May he, the builder of fraternity, give us the grace to walk beside one another. May he, the creator of newness, make us courageous as we experience unprecedented ways of sharing and of mission. May he, the strength of the martyrs, keep us from making his self-gift fruitless.
Your Holiness and dear Brothers, let us journey together, to the praise of the Most Holy Trinity and for our mutual benefit, as we seek to help our brothers and sisters to see Jesus. I once more assure you of my gratitude and of my own affection, friendship, fraternity and prayer, and that of the Catholic Church.
[00953-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Eure Heiligkeit, ehrwürdige Metropoliten und Bischöfe des Heiligen Synods,
Cristos a înviat! [Christus ist auferstanden!] Die Auferstehung des Herrn ist das Herz der apostolischen Verkündigung, die von unseren Kirchen weitergegeben und gehütet wird. Am Ostertag freuten sich die Apostel, da sie den Auferstandenen sahen (vgl. Joh 20,20). In dieser Osterzeit freue auch ich mich darüber, liebe Brüder, einen Widerschein davon in euren Gesichtern zu sehen. Vor zwanzig Jahren sagte Papst Johannes Paul II. vor diesem Heiligen Synod: »Ich bin gekommen, das in Ihre Kirche eingeprägte Antlitz Christi zu betrachten; ich bin gekommen, dieses leidende Antlitz zu verehren, das für Sie das Unterpfand einer neuen Hoffnung ist« (Johannes Paul II., Ansprache an den Patriarchen Teoctist und an den Heiligen Synod, 8. Mai 1999: Insegnamenti XXII,1 [1999], 938). Auch ich bin heute als Pilger, als Bruder und Pilger hierhergekommen mit dem Wunsch, das Antlitz des Herrn in den Gesichtern seiner Brüder und Schwestern zu sehen; da ich euch jetzt sehen darf, danke ich euch von Herzen für euren Empfang.
Die Bande des Glaubens, die uns verbinden, gehen auf die Apostel zurück, die Zeugen des Auferstandenen, insbesondere auf das Band, das Petrus und Andreas vereinte, der der Tradition nach den Glauben in diese Gegend brachte. Blutsverwandt (vgl. Mk 1,16-18) waren sie, in einzigartiger Weise, auch dadurch, dass sie für den Herrn ihr Blut vergossen haben. Sie erinnern uns daran, dass es eine Brüderlichkeit des Blutes gibt, die uns vorausgeht und wie ein ruhiger, lebensspendender Strom über die Jahrhunderte hinweg nie aufhörte, unserem Weg Fruchtbarkeit und Stärkung zu verleihen.
Wie es heutzutage noch vielerorts der Fall ist, habt ihr hier den österlichen Übergang vom Tod zur Auferstehung erlebt: Viele Söhne und Töchter dieses Landes, verschiedener Kirchen und christlicher Gemeinschaften, haben den Freitag der Verfolgung erlitten, den Samstag des Schweigens durchlaufen und schließlich den Sonntag der Neugeburt erlebt. Wie viele Märtyrer und Bekenner des Glaubens! Viele Menschen verschiedener Konfessionen waren in jüngerer Zeit Seite an Seite in den Gefängnissen und haben sich gegenseitig Halt gegeben. Ihr Beispiel steht uns und den jüngeren Generationen heute vor Augen, die diese dramatischen Verhältnisse nicht erlebt haben. Das, wofür sie gelitten haben, bis hin zur Hingabe ihres Lebens, ist ein zu wertvolles Erbe, um es zu vergessen oder zu entehren. Und es ist ein gemeinsames Erbe, das uns dazu aufruft, uns von den Brüdern und Schwestern nicht zu entfernen, die dieses Erbe mit uns teilen. In Schmerz und Leid sind wir mit Christus vereint und in der Auferstehung durch Christus vereint, damit wir »in der Wirklichkeit des neuen Lebens wandeln« (Röm 6, 4).
Eure Heiligkeit, lieber Bruder, vor zwanzig Jahren war das Treffen unserer Vorgänger ein österliches Geschenk, ein Ereignis, das nicht nur zum Wiedererblühen der Beziehungen zwischen Orthodoxen und Katholiken in Rumänien, sondern auch zum Dialog zwischen Katholiken und Orthodoxen im Allgemeinen beigetragen hat. Diese erste Reise eines Bischofs von Rom, die einem mehrheitlich orthodoxen Land galt, öffnete den Weg für andere ähnliche Ereignisse. In dankbarer Erinnerung möchte ich an dieser Stelle des Patriarchen Teoctist gedenken. Wie könnten wir den spontanen Ruf „Unitate, unitate!“ vergessen, der damals hier in Bukarest ertönte! Es war eine Botschaft der Hoffnung, die aus dem Volk Gottes hervorging, eine Prophetie, die eine neue Zeit einleitete: die Zeit eines gemeinsamen Unterwegsseins in der Wiederentdeckung und Erneuerung der Brüderlichkeit, die uns bereits verbindet. Und das ist schon unitate.
Gemeinsam gehen mit der Kraft der Erinnerung. Es geht dabei nicht um eine Erinnerung an erlittenes und zugefügtes Unrecht, an Urteile und Vorurteile, an Kirchenbanne, die uns in einem Teufelskreis einschließen und zu sterilen Verhaltensweisen führen, sondern um Erinnerung an die Wurzeln: an die ersten Jahrhunderte, als das Evangelium, das freimütig und in prophetischem Geist verkündet wurde, neuen Völkern und Kulturen begegnete und sie erleuchtete; an die ersten Jahrhunderte der Märtyrer, der Väter und der Bekenner des Glaubens; an die Heiligkeit, die täglich von vielen einfachen Menschen gelebt und bezeugt wird, die denselben Christus teilen; an die ersten Jahrhunderte des Freimuts und der Prophetie. Gott sei Dank sind unsere Wurzeln gesund, sie sind gesund und fest, und auch wenn das Wachstum über die Zeit nicht immer ungestört und geradlinig verlief, sind wir wie der Psalmist aufgerufen, uns dankbar daran zu erinnern, was der Herr an uns getan hat, und ihn – die Einen für die Anderen – zu loben und zu preisen (vgl. Ps 77,6.12-13). Die Erinnerung an die gemeinsam unternommenen Schritte ermutigt uns, weiter so in die Zukunft zu gehen, gewiss im Bewusstsein der Unterschiede, vor allem aber im Dank, der aus einer familiären Atmosphäre kommt, die freilich wiederentdeckt werden muss. Es bedarf auch einer Wiederbelebung der Erinnerung an die Gemeinschaft, die als Leuchte die Schritte unseres Weges erhelle.
Gemeinsam gehen im Hören auf den Herrn. Ein Beispiel dafür ist, was der Herr am Ostertag tat, als er mit den Jüngern unterwegs nach Emmaus war. Sie sprachen über das, was geschehen war, über ihre Bedenken, Zweifel und Fragen. Der Herr hörte ihnen geduldig zu und sprach offenherzig mit ihnen und half ihnen so zu verstehen und zu erkennen, was geschehen war (vgl. Lk 24,15-27).
Auch wir müssen gemeinsam auf den Herrn hören, vor allen in diesen Zeiten, wo die Wege der Welt zu schnellen sozialen und kulturellen Veränderungen geführt haben. Viele haben von der technologischen Entwicklung und dem wirtschaftlichen Wohlstand profitiert, aber die meisten blieben davon gnadenlos ausgeschlossen. Zugleich trug eine gleichmacherische Globalisierung dazu bei, den Völkern ihre Werte zu entreißen und die Ethik und das Zusammenleben zu schwächen, das in den letzten Jahren zudem durch ein wachsendes Gefühl der Angst kontaminiert wird, die, oft künstlich geschürt, zu Haltungen wie Abschottung und Hass führt. Wir müssen einander helfen, nicht den Verführungen einer „Kultur des Hasses“, einer Kultur des Individualismus nachzugeben, die, vielleicht nicht mehr ideologisch wie in den Tagen der atheistischen Verfolgung, dennoch verfänglicher und nicht weniger materialistisch ist. Oft stellt sie das als Fortschritt dar, was unmittelbar und erfolgversprechend wirkt, in Wirklichkeit aber gleichgültig und oberflächlich ist. Die Instabilität der Beziehungen, die schließlich zur Vereinsamung der Menschen führt, wirkt sich insbesondere auf die grundlegende Zelle der Gesellschaft, die Familie, aus und erfordert unser Bemühen, hinauszugehen und dem Mühen unserer Brüder und Schwestern, insbesondere der Jüngeren, entgegenzukommen, nicht entmutigend und nostalgisch, wie bei den Emmausjüngern, sondern mit dem Wunsch, den auferstandenen Jesus, die Mitte aller Hoffnung, zu vermitteln. Wir müssen gemeinsam mit dem Bruder neu auf die Worte des Herrn hören, damit unsere Herzen gemeinsam brennen und die Botschaft nicht verblasst (vgl. V. 32.35). Es ist nötig, dass der Heilige Geist mit seiner Kraft unser Herz erwärmt.
Wie in Emmaus erreicht der Weg sein Ziel durch das beharrliche Gebet, der Herr möge bei uns bleiben (vgl. VV. 28-29). Er, der sich im Brechen des Brotes offenbart (vgl. VV. 30-31), ruft uns zur Nächstenliebe, zum gemeinsamen Dienen auf; Gott zuerst mit Taten und dann erst durch Worte zu verkünden; im Guten nicht passiv zu sein, sondern bereit aufzustehen und loszugehen, aktiv und kooperativ zu sein (vgl. V. 33). Beispielhaft sind in dieser Hinsicht die vielen rumänisch-orthodoxen Gemeinden, die mit den vielen katholischen Diözesen Westeuropas, in denen sie vertreten sind, sehr gut zusammenarbeiten. In vielen Fällen hat sich ein gegenseitiges Vertrauens- und Freundschaftsverhältnis entwickelt, das auf der Brüderlichkeit aufbaut; und diese Freundschaft wird durch konkrete Gesten der Aufnahme, Unterstützung und Solidarität genährt. Durch diese gegenseitigen Kontakte haben viele rumänische Katholiken und Orthodoxe entdeckt, dass sie keine Fremden sind, sondern Brüder und Freunde.
Gemeinsam auf ein neues Pfingsten zugehen. Der Weg, der vor uns liegt, führt von Ostern zum Pfingsten: seit jener österlichen Morgenröte der Einheit, die hier vor zwanzig Jahren begann, sind wir auf dem Weg zu einem neuen Pfingsten. Für die Jünger markierte Ostern den Beginn eines neuen Weges, auf dem jedoch die Ängste und Unsicherheiten nicht verschwunden waren. So war es bis Pfingsten, als die Apostel, die sich um die heilige Gottesmutter versammelt hatten, in dem einem Geist und in einer Vielheit und einem Reichtum der Sprachen dem Auferstandenen mit dem Wort und mit ihrem Leben bezeugten. Unser Weg begann mit der Gewissheit, dass wir unseren Bruder neben uns haben, dass wir den Glauben teilen, der auf der Auferstehung des Herrn gründet. Von Ostern nach Pfingsten: Zeit, sich unter dem Schutz der heiligen Gottesmutter im Gebet zu versammeln, den Heiligen Geist füreinander anzurufen. Möge der Heilige Geist uns erneuern, der die Uniformität verschmäht und es liebt, die Einheit in der schönsten und harmonischsten Vielfalt zu gestalten. Sein Feuer verbrenne unser Misstrauen; sein Wind fege unsere Vorbehalte hinweg, die uns daran hindern, gemeinsam das neue Leben zu bezeugen, das er uns anbietet. Möge er, der schöpferische Gestalter der Brüderlichkeit, uns die Gnade schenken, gemeinsam voranzugehen; möge er, der Schöpfer des Neuen, uns mutig machen, neue Formen des Teilens und der Sendung auszuprobieren. Er, die Kraft der Märtyrer, helfe uns, damit ihr Opfer nicht durch uns um seine Fruchtbarkeit gebracht wird.
Eure Heiligkeit, liebe Brüder, lasst uns gemeinsam vorangehen, zum Lob der Heiligsten Dreifaltigkeit und zum gegenseitigen Wohl, um unseren Brüdern und Schwestern zu helfen, Jesus zu sehen. Ich erneuere meinen Dank an euch und versichere euch auch im Namen der Katholischen Kirche meiner Zuneigung, meiner Freundschaft, meiner Brüderlichkeit und meines Gebetes.
[00953-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Santidad, venerables Metropolitas y Obispos del Santo Sínodo:
Cristos a înviat! [¡Cristo ha resucitado!] La resurrección del Señor es el corazón del anuncio apostólico, transmitido y custodiado por nuestras Iglesias. El día de Pascua, los Apóstoles se regocijaron al ver al Resucitado (cf. Jn 20,20). En este tiempo de Pascua, también yo me regocijo al contemplar un reflejo de él en vuestros rostros, queridos Hermanos. Hace veinte años, ante este Santo Sínodo, el papa Juan Pablo II dijo: «he venido a contemplar el rostro de Cristo grabado en vuestra Iglesia; he venido a venerar este rostro sufriente, prenda de una nueva esperanza» (Discurso al Patriarca Teoctist y al Santo Sínodo, 8 mayo 1999: Insegnamenti XXII,1 [1999], 938). También yo he venido aquí hoy, peregrino, hermano peregrino, deseoso de ver el Rostro del Señor en el rostro de los hermanos; y, mirándoos, os agradezco de corazón vuestra acogida.
Los lazos de fe que nos unen se remontan a los Apóstoles, testigos del Resucitado, en particular al vínculo que unía Pedro a Andrés, que según la tradición trajo la fe a estas tierras. Hermanos de sangre (cf. Mc 1,16-18), lo fueron también, de manera excepcional, al derramar la sangre por el Señor. Ellos nos recuerdan que hay una fraternidad de la sangre que nos precede, y que, como una silenciosa corriente vivificante nunca ha dejado de irrigar y sostener nuestro caminar a lo largo de los siglos.
Aquí —como en tantos otros lugares actuales— habéis experimentado la Pascua de muerte y resurrección: muchos hijos e hijas de este país, de diferentes Iglesias y comunidades cristianas, han sufrido el viernes de la persecución, han atravesado el sábado del silencio, han vivido el domingo del renacimiento. ¡Cuántos mártires y confesores de la fe! Muchos, de confesiones distintas y en tiempos recientes, han estado en prisión uno al lado del otro apoyándose mutuamente. Su ejemplo está hoy ante nosotros y ante las nuevas generaciones que no han conocido aquellas dramáticas condiciones. Aquello por lo que han sufrido, hasta el punto de ofrecer sus vidas, es una herencia demasiado valiosa para que sea olvidada o mancillada. Y es una herencia común que nos llama a no distanciarnos del hermano que la comparte. Unidos a Cristo en el sufrimiento y el dolor, unidos por Cristo en la Resurrección para que «también nosotros llevemos una vida nueva» (Rm 6,4).
Santidad, querido Hermano: Hace veinte años, el encuentro entre nuestros predecesores fue un regalo pascual, un evento que contribuyó no sólo al resurgir de las relaciones entre ortodoxos y católicos en Rumania, sino también al diálogo entre católicos y ortodoxos en general. Aquel viaje, que un obispo de Roma realizaba por primera vez a un país de mayoría ortodoxa, allanó el camino para otros eventos similares. Me gustaría dirigir un pensamiento de grata memoria al Patriarca Teoctist. Cómo no recordar el grito espontáneo “Unitate, unitate”, que se elevó aquí en Bucarest en aquellos días. Fue un anuncio de esperanza que surgió del Pueblo de Dios, una profecía que inauguró un tiempo nuevo: el tiempo de caminar juntos en el redescubrimiento y el despertar de la fraternidad que ya nos une. Y esto es ya unitate.
Caminar juntos con la fuerza de la memoria. No la memoria de los males sufridos e infligidos, de juicios y prejuicios, de las excomunicaciones, que nos encierran en un círculo vicioso y conducen a actitudes estériles, sino la memoria de las raíces: los primeros siglos en los que el Evangelio, anunciado con parresia y espíritu de profecía, encontró e iluminó a nuevos pueblos y culturas; los primeros siglos de los mártires, los Padres y confesores de la fe, de la santidad vivida y testimoniada cotidianamente por tantas personas sencillas que comparten el mismo Cristo. Los primeros siglos de la parresia y de la profecía. Gracias a Dios, nuestras raíces son sanas, son sanas y sólidas y, aunque su crecimiento ha sido afectado por las tortuosidades y las dificultades del tiempo, estamos llamados, como el salmista, a recordar con gratitud todo lo que el Señor ha realizado en nosotros, a elevar hacia él un himno de alabanza mutua (cf. Sal 77,6.12-13). El recuerdo de los pasos que hemos dado juntos nos anima a continuar hacia el futuro siendo conscientes —ciertamente— de las diferencias, pero sobre todo con la acción de gracias por un ambiente familiar que hay que redescubrir, con la memoria de comunión que tenemos que reavivar y que, como una lámpara, dé luz a los pasos de nuestro camino.
Caminar juntos a la escucha del Señor. Nos sirve de ejemplo lo que el Señor hizo el día de Pascua, cuando caminaba con los discípulos hacia Emaús. Ellos discutían de lo que había sucedido, de sus inquietudes, dudas e interrogantes. El Señor los escuchó pacientemente y con toda franqueza conversó con ellos ayudándolos a entender y discernir lo que había sucedido (cf. Lc 24,15-27).
También nosotros necesitamos escuchar juntos al Señor, especialmente en estos últimos años en que los caminos del mundo nos han conducido a rápidos cambios sociales y culturales. Son muchos los que se han beneficiado del desarrollo tecnológico y el bienestar económico, pero la mayoría de ellos han quedado inevitablemente excluidos, mientras que una globalización uniformadora ha contribuido a desarraigar los valores de los pueblos, debilitando la ética y la vida en común, contaminada en tiempos recientes por una sensación generalizada de miedo y que, a menudo fomentada a propósito, lleva a actitudes de aislamiento y odio. Tenemos necesidad de ayudarnos para no rendirnos a las seducciones de una “cultura del odio”, de una cultura individualista que, tal vez no sea tan ideológica como en los tiempos de la persecución ateísta, es sin embargo más persuasiva e igual de materialista. A menudo nos presenta como una vía para el desarrollo lo que parece inmediato y decisivo, pero que en realidad sólo es indiferente y superficial. La fragilidad de los vínculos, que termina aislando a las personas, afecta en particular a la célula fundamental de la sociedad, la familia, y nos pide el esfuerzo de salir e ir en ayuda de las dificultades de nuestros hermanos y hermanas, especialmente de los más jóvenes, no con desaliento y nostalgia, como los discípulos de Emaús, sino con el deseo de comunicar a Jesús resucitado, corazón de la esperanza. Necesitamos renovar con el hermano la escucha de las palabras del Señor para que el corazón arda al unísono y el anuncio no se debilite (cf. vv. 32.35). Necesitamos dejarnos inflamar el corazón con la fuerza del Espíritu Santo.
El camino llega a su destino, como en Emaús, a través de la oración insistente, para que el Señor se quede con nosotros (cf. vv. 28-29). Él, que se revela al partir el pan (cf. vv. 30-31), llama a la caridad, a servir juntos; a “dar a Dios” antes de “decir Dios”; a no ser pasivos en el bien, sino prontos para alzarse y caminar, activos y colaboradores (cf. v. 33). Las numerosas comunidades ortodoxas rumanas, que allí donde están, colaboran excelentemente con las numerosas diócesis católicas de Europa occidental; son un ejemplo en este sentido. En muchos casos se ha desarrollado una relación de confianza mutua y amistad, basado en la fraternidad, alimentada por gestos concretos de acogida, apoyo y solidaridad. A través de esta relación mutua, muchos rumanos católicos y ortodoxos han descubierto que no son extraños, sino hermanos y amigos.
Caminar juntos hacia un nuevo Pentecostés. El trayecto que nos espera va desde la Pascua a Pentecostés: desde esa alba pascual de unidad, que aquí amaneció hace veinte años, nos dirigimos hacia un nuevo Pentecostés. Para los discípulos, la Pascua marcó el inicio de un nuevo camino en el que, sin embargo, los temores y las incertidumbres no habían desaparecido. Así fue hasta Pentecostés, cuando los Apóstoles, reunidos alrededor de la Santa Madre de Dios, con un solo Espíritu y en una pluralidad y riqueza de lenguas, fueron testigos del Resucitado con la Palabra y con la vida. Nuestro camino se ha reanudado a partir de la certeza de tener al hermano a nuestro lado, para compartir la fe fundada en la resurrección del mismo Señor. De Pascua a Pentecostés: tiempo para recogerse en oración bajo la protección de la Santa Madre de Dios, para invocar el Espíritu unos por otros. Que nos renueve el Espíritu Santo, que desdeña la uniformidad y ama plasmar la unidad en la más bella y armoniosa diversidad. Que su fuego consuma nuestras desconfianzas; su viento expulse las reticencias que nos impiden testimoniar juntos la nueva vida que nos ofrece. Que él, artífice de fraternidad, nos dé la gracia de caminar juntos; que él, creador de la novedad, nos haga valientes para experimentar nuevas formas de compartir y de misión. Que él, fortaleza de los mártires, nos ayude a que su sacrificio no sea infecundo.
Santidad y queridos hermanos: Caminemos juntos en alabanza de la Santísima Trinidad y en beneficio mutuo para ayudar a nuestros hermanos a ver a Jesús. Os renuevo mi gratitud y os aseguro el afecto, la amistad, la fraternidad y la oración mías y de la Iglesia Católica.
[00953-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Santidade, venerados Metropolitas e Bispos do Santo Sínodo,
Cristos a înviat! [Cristo ressuscitou!] A ressurreição do Senhor é o coração da proclamação apostólica, transmitida e guardada pelas nossas Igrejas. No dia de Páscoa, os Apóstolos ficaram cheios de alegria ao ver o Ressuscitado (cf. Jo 20, 20). Neste tempo de Páscoa, rejubilo também eu ao contemplar um reflexo disso mesmo nos vossos rostos, queridos Irmãos. Há vinte anos, diante deste Sínodo, disse o Papa João Paulo II: «Vim contemplar o Rosto de Cristo esculpido na vossa Igreja; vim venerar este Rosto sofredor, penhor duma esperança renovada» [Discurso ao Patriarca Teoctist e ao Santo Sínodo, 8/V/1999, n. 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II XXII/1 (1999), 938]. Hoje também eu, desejoso de ver o rosto do Senhor no rosto dos irmãos, vim aqui, peregrino, irmão peregrino, para vos ver; de coração, agradeço a vossa receção.
Os vínculos de fé que nos unem, remontam aos Apóstolos, testemunhas do Ressuscitado, em particular ao laço que unia Pedro e André, o qual – segundo a tradição – trouxe a fé a estas terras. Irmãos de sangue (cf. Mc 1, 16), foram-no também e de forma singular ao derramarem o seu sangue pelo Senhor. Lembram-nos que existe uma fraternidade do sangue que nos antecede e que ao longo dos séculos, como uma silenciosa corrente vivificante, nunca cessou de irrigar e sustentar o nosso caminho.
Aqui – como em tantos outros lugares, nos nossos dias – experimentastes a Páscoa de morte e ressurreição: muitos filhos e filhas deste país, de várias Igrejas e comunidades cristãs, sofreram a sexta-feira da perseguição, atravessaram o sábado do silêncio, viveram o domingo do renascimento. Quantos mártires e confessores da fé! Em tempos recentes, muitos de diferentes Confissões encontraram-se lado a lado nas prisões, sustentando-se mutuamente. O seu exemplo está hoje diante de nós e das novas gerações que não conheceram aquelas condições dramáticas. Aquilo por que sofreram, até dar a vida, é uma herança demasiado preciosa para ser esquecida ou aviltada. E é uma herança comum, que nos chama a não nos distanciarmos do irmão que a partilha. Unidos a Cristo no sofrimento e na aflição, unidos por Cristo na Ressurreição, para que «também nós caminhemos numa vida nova» (Rm 6, 4).
Santidade, Irmão querido, há vinte anos o encontro entre os nossos Predecessores foi um dom pascal, um acontecimento que contribuiu não só para o reflorescimento das relações entre ortodoxos e católicos na Roménia, mas também para o diálogo entre católicos e ortodoxos em geral. Aquela viagem – a primeira que um bispo de Roma dedicava a um país de maioria ortodoxa – abriu o caminho para outros eventos semelhantes. O meu pensamento dirige-se para o Patriarca Teoctist, de grata memória. Como não recordar o grito «unitate, unitate!» que se levantou, espontâneo, aqui em Bucareste naqueles dias? Foi um anúncio de esperança nascido do Povo de Deus, uma profecia que inaugurou um tempo novo: o tempo de caminhar juntos na redescoberta e avivamento da fraternidade que já nos une. E isto já é unitate.
Caminhar juntos com a força da memória. Não a memória dos agravos sofridos e infligidos, dos juízos e preconceitos, das excomunhões, que nos fecham num círculo vicioso e levam a atitudes estéreis, mas a memória das raízes: os primeiros séculos em que o Evangelho, anunciado com audácia e espírito de profecia, encontrou e iluminou novos povos e culturas; os primeiros séculos dos mártires, dos Santos Padres e dos confessores da fé, da santidade diariamente vivida e testemunhada por tantas pessoas simples que partilham o mesmo Cristo. Os primeiros séculos da audácia e da profecia. Graças a Deus, as nossas raízes apresentam-se sãs, apresentam-se sãs e firmes e, embora o crescimento tenha conhecido as distorções e os transes do tempo, somos chamados – como o salmista – a conservar grata recordação de tudo aquilo que operou em nós o Senhor, a elevar-Lhe um hino de louvor de uns pelos outros (cf. Sal 77, 6.12-13). A lembrança dos passos que demos juntos encoraja-nos a continuar rumo ao futuro com a consciência – certamente – das diferenças, mas sobretudo na ação de graças dum ambiente familiar que deve ser redescoberto, na memória de comunhão que se deve reavivar, que como lâmpada projete luz sobre os passos do nosso caminho.
Caminhar juntos na escuta do Senhor. Serve-nos de exemplo aquilo que o Senhor fez no dia de Páscoa, ao caminhar com os discípulos pela estrada de Emaús. Estes falavam de tudo o que sucedera, das suas preocupações, dúvidas e questões. O Senhor escutou-os pacientemente e conversou francamente com eles, ajudando-os a entender e discernir os acontecimentos (cf. Lc 24, 15-27).
Também nós precisamos de escutar juntos o Senhor, sobretudo nestes últimos tempos em que as estradas do mundo levaram a rápidas mudanças sociais e culturais. Muitos beneficiaram do desenvolvimento tecnológico e do bem-estar económico, mas a maioria permaneceu inexoravelmente excluída, ao mesmo tempo que uma globalização niveladora contribuiu para erradicar os valores dos povos, enfraquecendo a ética e a convivência, inquinada nos últimos anos por uma difusa sensação de medo, muitas vezes pilotado, que leva a atitudes de fechamento e ódio. Precisamos de nos ajudar a não ceder às seduções duma «cultura do ódio», duma cultura individualista, que, embora talvez já não seja ideológica como nos tempos da perseguição ateia, todavia é mais persuasiva e igualmente materialista. Muitas vezes apresenta como caminho de desenvolvimento aquilo que aparece imediato e resolutivo, mas na realidade é indiferente e superficial. A fragilidade dos laços, que acaba por isolar as pessoas, repercute-se particularmente na célula fundamental da sociedade, a família, e pede-nos o esforço de sair ao encontro das fadigas dos nossos irmãos e irmãs, especialmente os mais jovens, não desanimados e nostálgicos como os discípulos de Emaús, mas com o desejo de comunicar Jesus Ressuscitado, coração da esperança. Precisamos de voltar a escutar, juntamente com o irmão, as palavras do Senhor, para que o coração se inflame conjuntamente e não enfraqueça o anúncio (cf. Lc 24, 32.35). Precisamos de deixar o coração inflamar-se com a força do Espírito Santo.
O caminho alcança a meta, como em Emaús, através da súplica insistente ao Senhor para que fique connosco (cf. Lc 24, 28-29). Revelando-Se ao partir o pão (cf. Lc 24, 30-31), Ele chama-nos à caridade: a servir juntos, a «dar Deus» antes de «dizer Deus»; a não nos mostrarmos passivos no bem, mas prontos a levantar-nos e partir, ativos e colaboradores (cf. Lc 24, 33). Neste sentido, dão-nos exemplo as várias comunidades ortodoxas romenas, que colaboram de forma excelente com as numerosas dioceses católicas da Europa ocidental, onde estão presentes. Em muitos casos, desenvolveu-se uma relação de mútua confiança e amizade, baseada sobre a fraternidade, alimentada por gestos concretos de hospitalidade, apoio e solidariedade. Deste modo, frequentando-se mutuamente, muitos católicos e ortodoxos romenos descobriram que não são estranhos, mas irmãos e amigos.
Caminhar juntos para um novo Pentecostes. O trajeto que nos espera estende-se da Páscoa ao Pentecostes: daquela aurora pascal da unidade, surgida aqui há vinte anos, encaminhamo-nos para um novo Pentecostes. Para os discípulos, a Páscoa marcou o início dum novo caminho, do qual, porém, não tinham desaparecido temores e incertezas. Foi assim até ao Pentecostes quando – reunidos à volta da Santa Mãe de Deus – os Apóstolos, num só Espírito e numa pluralidade e riqueza de línguas, testemunharam o Ressuscitado com a palavra e a vida. O nosso caminho partiu da certeza de ter ao lado o irmão que partilha a fé fundada na ressurreição do mesmo Senhor. Da Páscoa ao Pentecostes: tempo de nos recolhermos em oração sob a proteção da Santa Mãe de Deus, tempo de invocar o Espírito uns para os outros. Que nos renove o Espírito Santo, que desdenha a uniformidade e gosta de plasmar a unidade na mais bela e harmoniosa diversidade. O seu fogo consuma as nossas desconfianças; o seu vento varra as reticências que nos impedem de testemunhar juntos a vida nova que nos dá. Que Ele, artífice de fraternidade, nos dê a graça de caminhar juntos. Ele, criador da novidade, nos faça corajosos em experimentar caminhos inéditos de partilha e missão. Que Ele, força dos mártires, nos ajude a não tornar infecundo o seu sacrifício.
Santidade e amados Irmãos, caminhemos juntos para louvor da Santíssima Trindade e para benefício mútuo, a fim de ajudar os nossos irmãos a verem Jesus. Renovo-vos a minha gratidão e asseguro-vos o afeto, a amizade, a fraternidade e a oração, tanto pessoais como de toda a Igreja Católica.
[00953-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Wasza Świątobliwość, czcigodni metropolici i biskupi - członkowie Świętego Synodu,
Cristos a înviat! [Chrystus zmartwychwstał!]. Zmartwychwstanie Pana jest istotą przepowiadania apostolskiego, przekazywanego i strzeżonego przez nasze Kościoły. W dzień Wielkanocy Apostołowie radowali się, widząc Zmartwychwstałego (por. J 20,20). W trwającym obecnie okresie wielkanocnym również ja raduję się kontemplując Jego odblask w waszych obliczach, drodzy Bracia. Dwadzieścia lat temu, przed tym Świętym Synodem, Następca Piotra powiedział: „Przybyłem, aby kontemplować oblicze Chrystusa wyryte na waszym Kościele; przybyłem, aby oddać cześć temu cierpiącemu obliczu, które jest rękojmią nowej nadziei” (ŚW. JAN PAWEŁ II, Przemówienie do Patriarchy Teoktysta i członków Świętego Synodu, 8 maja 1999 r.; w: „L’Osservatore Romano, wyd. pl. n. 7 (214)/1999. Również ja przybyłem dzisiaj tutaj, jako pielgrzym, brat pielgrzym, który pragnie zobaczyć oblicze Pana na obliczach braci; i patrząc na was, serdecznie dziękuję za waszą gościnność.
Łączące nas więzy wiary sięgają apostołów, świadków Zmartwychwstałego, w szczególności więzi łączącej Piotra i Andrzeja, który zgodnie z tradycją przyniósł wiarę na tę ziemię. Bracia w tej samej krwi (por. Mk 1, 16), byli też nimi i w szczególny sposób, przelewając swoją krew dla Pana. Przypominają nam, że istnieje braterstwo krwi, które nas poprzedza i które, jak cichy życiodajny nurt, na przestrzeni wieków nigdy nie przestało nawadniać i podtrzymywać naszego pielgrzymowania.
Tutaj - jak w wielu innych miejscach w naszych czasach - doświadczyliście Paschy śmierci i zmartwychwstania: wielu synów i córek tego kraju, różnych Kościołów i wspólnot chrześcijańskich doznało piątku prześladowania, przeszło przez sobotę milczenia, przeżyło niedzielę zmartwychwstania. Iluż męczenników i wyznawców wiary! Wielu z różnych wyznań niedawno stało obok siebie w więzieniach, wspierając się nawzajem. Ich przykład staje dziś przed nami i nowymi pokoleniami, które nie zaznały tych dramatycznych warunków. To, z powodu czego cierpieli, aż do tego stopnia, że oddali swe życie, jest zbyt cennym dziedzictwem, by można o nim zapomnieć lub okryć hańbą. I jest to dziedzictwo wspólne, które wzywa nas, byśmy nie dystansowali się od brata, który je podziela. Zjednoczeni z Chrystusem w cierpieniu i bólu, zjednoczeni przez Chrystusa w zmartwychwstaniu, abyśmy „i my wkroczyli w nowe życie” (Rz 6, 4).
Wasza Świątobliwość, drogi bracie, dwadzieścia lat temu spotkanie naszych poprzedników było darem paschalnym, wydarzeniem, które przyczyniło się nie tylko do ożywienia stosunków między prawosławnymi a katolikami w Rumunii, ale także do dialogu między katolikami a prawosławnymi w ogólności. Ta podróż, którą po raz pierwszy Biskup Rzymu poświęcił krajowi głównie prawosławnemu, utorowała drogę innym podobnym wydarzeniom. Chciałbym skierować pełną wdzięczności myśl do patriarchy Teoktysta. Jakże nie przypomnieć o spontanicznym wołaniu „Unitate, unitate!”, które podniosło się tutaj w Bukareszcie w tamtych dniach? Była to zapowiedź nadziei wzniesiona przez Lud Boży, proroctwo, które zapoczątkowało nowy czas: czas podążania razem w odkrywaniu i rozbudzeniu braterstwa, które już nas jednoczy.
Podążać razem z siłą pamięci. Nie chodzi o pamięć o krzywdach, doznanych i zadanych, o sądach i uprzedzeniach, o ekskomunikach, które zamykają nas w błędnym kole i prowadzą do bezpłodnych postaw, ale pamięć o korzeniach: pierwszych wiekach, w których Ewangelia głoszona z parezją i namaszczeniem, spotkała się i oświeciła nowe ludy i kultury; o pierwszych wiekach męczenników, Ojców i wyznawców wiary, świętości codziennie przeżywanej i świadczonej przez wielu ludzi prostych, żyjących tym samym Chrystusem. Pierwsze wieki parezji i proroctwa. Dzięki Bogu nasze korzenie są zdrowe, są zdrowe i mocne, a nawet jeśli wzrost doznawał wypaczeń i przeciwieństw czasu, jesteśmy wezwani, podobnie jak psalmista, do wdzięcznej pamięci o tym, co Pan w nas dokonał, do wzniesienia ku Niemu hymnu uwielbienia jedni za drugich (por. Ps 77, 6-13-13). Pamięć o podjętych wspólnie krokach zachęca nas, by iść ku przyszłości będąc oczywiście świadomymi różnic, ale przede wszystkim czyniąc dzięki w atmosferze rodzinnej, którą należy odkryć na nowo, pamiętając o komunii, którą trzeba ożywić, a która jak lampa rzuciłaby światło na kroki naszego pielgrzymowania. I to już jest unitate.
Podążać razem z siłą pamięci w słuchaniu Pana. Wzorem jest dla nas to, co Pan uczynił w dzień Paschy, idąc z uczniami na drodze do Emaus. Rozmawiali oni o tym, co się stało, o swoich niepokojach, wątpliwościach i pytaniach. Pan słuchał ich cierpliwie i rozmawiał z nimi z otwartym sercem, pomagając im zrozumieć i rozeznać wydarzenia (por. Łk 24, 15-24).
Także i my musimy razem słuchać Pana, szczególnie w ostatnich czasach, w których drogi świata doprowadziły do gwałtownych przemian społecznych i kulturowych. Wiele osób skorzystało z rozwoju technologicznego i dobrobytu gospodarczego, ale większość pozostała nieuchronnie wykluczona, podczas gdy ujednolicająca globalizacja przyczyniła się do wykorzenienia wartości narodów, osłabiając etykę i życie wspólne. W ostatnich latach zostało ono skażone wszechobecnym poczuciem strachu, które, często misternie podsycane, prowadzi do postaw zamknięcia i nienawiści. Musimy sobie pomóc, by nie ulegać pokusom „kultury nienawiści”, kultury indywidualizmu, która być może już nie jest ideologiczna, jak w czasach prześladowań ateistycznych, jednakże jest bardziej przekonująca i nie mniej materialistyczna. Często przedstawia ona jako drogę rozwoju to, co zdaje się natychmiastowe i pewne siebie, ale w rzeczywistości jest obojętna i powierzchowna. Kruchość więzi, która doprowadza do izolacji osób, oddziałuje szczególnie na podstawową komórkę społeczeństwa, rodzinę, i wymaga od nas wysiłku, aby wyjść i spotkać się z utrudzeniem naszych braci i sióstr, zwłaszcza najmłodszych, nie ze zniechęceniem i nostalgią, jak uczniowie z Emaus, ale pragnąc przekazać Jezusa Zmartwychwstałego, który jest sercem nadziei. Musimy ponowić wraz z bratem słuchanie słów Pana, aby serce zapałało razem, a głoszenie nie gasło (por. ww. 32,35). Musimy pozwolić mocy Ducha Świętego rozgrzać serce.
Pielgrzymowanie osiąga cel, jak w Emaus, poprzez natarczywą modlitwę, aby Pan pozostał z nami (por. ww. 28-29). Ten, który objawia się przy łamaniu chleba (por. ww. 30-31), wzywa do miłości, aby służyć razem; „dawać Bogu” przed „powiedzeniem Bogu”; by nie być biernymi w dobrym, ale gotowymi powstać i iść, aktywni i współpracujący (por. w. 33). Pod tym względem wzorem są dla nas liczne rumuńskie wspólnoty prawosławne, które doskonale współpracują z wieloma katolickimi diecezjami Europy Zachodniej, gdzie są obecne. W wielu przypadkach rozwinęła się relacja wzajemnego zaufania i przyjaźni, oparta na braterstwie, podsycana konkretnymi gestami gościnności, wsparcia i solidarności. Poprzez to wzajemne odwiedzanie wielu rumuńskich katolików i prawosławnych odkryło, że nie są obcymi, lecz braćmi i przyjaciółmi.
Podążać razem ku nowej Pięćdziesiątnicy. Droga, która nas czeka, prowadzi od Paschy do Pięćdziesiątnicy: od tej wielkanocnej jutrzenki jedności, która wzeszła tutaj przed dwudziestu laty, kierujemy się ku nowej Pięćdziesiątnicy. Pascha oznaczała dla uczniów początek nowej pielgrzymki, w której jednak nie znikły obawy i niepewności. Tak było aż do Pięćdziesiątnicy, kiedy apostołowie zgromadzeni wokół Najświętszej Matki Boga, w jednym Duchu oraz w wielości i bogactwie języków, byli świadkami Zmartwychwstałego słowem i życiem. Nasza pielgrzymka wyszła od pewności, że u swego boku mamy brata, z którym możemy podzielać wiarę opartą na zmartwychwstaniu tego samego Pana. Od Paschy po Pięćdziesiątnicę: czas by modlić się pod opieką Najświętszej Matki Boga, aby przyzywać Ducha Świętego jedni dla drugich. Niech nas odnowi Duch Święty, który gardzi jednolitością i lubi kształtować jedność w najpiękniejszej i harmonijnej różnorodności. Niech Jego ogień pochłonie nasze nieufności; niech Jego wiatr rozproszy opory, które uniemożliwiają nam wspólne dawanie świadectwa nowego życia, jakie nam daje. Niech On, budowniczy braterstwa, daje nam łaskę podążania razem. Niech On, twórca nowości, uczyni nas odważnymi w doświadczaniu nowych sposobów dzielenia się i misji. Niech On, moc męczenników, pomaga nam, aby ich ofiara nie była bezowocna.
Wasza Świątobliwość i drodzy bracia, podążajmy razem, ku chwale Trójcy Przenajświętszej i ku wzajemnej korzyści, aby pomóc naszym braciom widzieć Jezusa. Ponawiam moją wdzięczność dla was i zapewniam was o miłości, przyjaźni, braterstwie i modlitwie mojej i Kościoła katolickiego.
[00953-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
الزيارة الرّسولية إلى رومانيا
كلمة قداسة البابا فرنسيس
خلال اللقاء مع البطريرك دانيال ومجلس الأساقفة المقدّس
بوخارست – مقرّ البطريركية الأرثوذكسية
الجمعة 31 مايو / أيار 2019
قداسة البطريرك، أصحاب السيادة مطارنة مجلس الأساقفة المقدّس،
ألمسيح قام (Cristos a înviat)! إن قيامة الربّ هي قلب البشارة الرسولية التي تنقلها وتحفظها كنائسنا. لقد فرح الرسل يوم الفصح برؤية القائم من الموت (را. يو 20، 20). أنا أيضًا أفرح في زمن الفصح هذا، بالتأمّل في وجوهكم، أيها الإخوة الأعزّاء. قبل عشرين سنة، أمام مجلس الأساقفة المقدّس هذا، قال البابا يوحنّا بولس الثاني: "لقد جئت للتأمّل بوجه المسيح المنحوت في كنيستكم؛ لقد جئت لأكرّم هذا الوجه المتألّم، عربون رجاء جديد" (القدّيس يوحنا بولس الثاني، كلمة البابا للبطريرك تيوكتيست ولمجلس الأساقفة، 8 مايو/أيار 1999. تعاليم XXII، 1 [1999]، 938). وقد جئت اليوم أنا أيضًأ إلى هنا، حاجّ، أخ حاجّ، يتوق لرؤية وجه الربّ في وجوه الإخوة؛ وأنا أنظر إليكم، أشكركم بحرارة على استقبالكم.
إن روابط الإيمان التي تجمعنا ترجع إلى الرسل، إلى شهود القائم من الموت، ولا سيما إلى الرابط الذي يجمع بطرس بأندراوس الذي، وفقًا للتقاليد، قد أتى بالإيمان إلى هذه الأراضي. كانا شقيقين (را. مر 1، 16)، وصارا أيضًا أخوين بطريقة فريدة، عبر إراقة دمائهما من أجل الربّ. إنهما يذكّراننا بأن هناك إخوّة دم تسبقنا وأنها، على غرار تيار صامت يعطي الحياة، لم تتوقّف عن ريّ مسيرتنا ومساندتها على مرّ القرون.
لقد اختبرتم هنا -كما هو الحال في العديد من الأماكن الأخرى في عصرنا- فصح الموت والقيامة: فقد عانى العديد من أبناء وبنات هذا البلد، من مختلف الكنائس والجماعات المسيحية، "جمعة" الاضطهاد، وعبروا "سبت" الصمت، وعاشوا "أحد" الولادة الجديدة. كم من الشهداء والمعترفين! كثيرون، من مختلف الطوائف، كانوا في الآونة الأخيرة جنباً إلى جنب في السجون يدعمون بعضهم البعض. ويبقى مثالهم اليوم أمامنا وأمام الأجيال الجديدة التي لم تعرف تلك الظروف المأساوية. إن ما عانوا من أجله، إلى حدّ تقدمة الحياة، هو تراث ثمين للغاية، لا يمكن نسيانه أو خزيه. وهو تراث مشترك، يدعونا إلى عدم الابتعاد عن الأخ الذي يشاركنا به. متّحدون بالمسيح في المعاناة والألم، ويوحّدنا المسيح في القيامة "لِنَحْيا نَحنُ أَيضًا حَياةً جَديدة" (روم 6، 4).
قداسة البطريرك، أيها الأخ العزيز، لقد شكّل اللقاء بين أسلافنا، قبل عشرين عامًا، هدية فصحية، وهو حدث ساهم ليس فقط في إحياء العلاقات بين الأرثوذكس والكاثوليك في رومانيا، ولكن أيضًا في الحوار بين الكاثوليك والأرثوذكس بشكل عام. تلك الزيارة، التي كرّسها أسقف روما للمرّة الأولى لدولة أرثوذكسيّة في الغالب، مهّدت الطريق لأحداث مماثلة أخرى. أودّ أن أتوجّه بتحيّة امتنان لذكرى البطريرك تيوكتيست. كيف يمكننا أن ننسى الصرخة العفويّة "اتّحدوا، اتّحدوا!"، التي عَلَت هنا في بوخارست في تلك الأيام؟ لقد كان إعلانًا عن رجاء انبثق من شعب الله، وعن نبوءة افتتحت زمنًا جديدًا: زمن السير معًا في إعادة اكتشاف وإيقاظ الأخوّة التي توحّدنا منذ الآن. وهذه هي الوحدة منذ الآن.
السير سويًّا مع قوّة الذاكرة. لا ذاكرة الأخطاء التي اقترفت ضدنا أو جرحتنا، أو الانتقادات والأحكام المسبقة والحرمان الكنسي، التي تُغلقنا في حلقة مفرغة تقود إلى اتّخاذ مواقف عقيمة، إنما ذاكرة الجذور: القرون الأولى التي أعلن فيها الإنجيل بكلّ جهارة وروح تنبّؤ، وأنار شعوبًا وثقافات جديدة؛ القرون الأولى، قرون الشهداء، والآباء والمعترفين، والقداسة اليوميّة التي يعيشها ويشهد لها الكثير من الناس البسطاء الذين يتشاركون المسيح نفسه. القرون الأولى، قرون الجهارة وروح التنبؤ. الشكر لله على أن جذورنا سليمة، إنها سليمة ومتينة، حتى وإن كان النموّ قد عانى من التشويهات والمآسي الزمنية، فنحن مدعوّون، مثل صاحب المزامير، لأن نتذكّر بامتنان ما صنعه الربّ بنا، وأن نرفع إليه التسبيح بعضنا عن بعض (را. مز 77، 6. 12- 13). إن ذكرى الخطوات التي قمنا بها معاً تشجّعنا على المضيّ قدماً نحو المستقبل مدركين -بالتأكيد- اختلافاتنا ولكن رافعين الشكران قبل كلّ شيء على الأجواء العائلية التي يجب إعادة اكتشافها، ومستعيدين ذكرى الشركة الكنسية التي يجب تأجيجها، والتي تُلقي النور كسراجٍ على خطوات مسيرتنا.
السير معًا بإصغاء للربّ. وما صنعه الربّ يوم الفصح أثناء سيره مع التلميذين في الطريق إلى عمّاوس هو مثال لنا. كانا يَتحدَّثانِ بِالأُمورِ الَّتي جَرَت، وبما يشغلهما، وبالشكوك والأسئلة. وقد أصغى الربّ إليهما بصبر وتحدّث بقلب منفتح معهما كيما يساعدهما على فهم الأحداث وتمييزها (را. لو 24، 15- 24).
نحن أيضًا بحاجة إلى الاصغاء للربّ معًا، خاصة في هذه الآونة الأخيرة، حيث أدّت طرق العالم إلى تغييرات اجتماعيّة وثقافيّة سريعة. واستفاد الكثيرون من التطوّر التكنولوجي والرفاهية الاقتصادية، لكن الغالبية بقيت مستبعدة بشدّة، في حين ساهمت عولمة جانست الشعوب، في القضاء على قيمها، وإضعاف الأخلاق والحياة المشتركة التي لوّثها في السنوات الأخيرة إحساسٌ شامل بالخوف -غالبًا ما يُحَرَّض عليه بسابق تصميم مُتقن- يؤدّي إلى الانغلاق والكراهية. نحتاج لأن نساعد أنفسنا على عدم الاستسلام لإغراءات "ثقافة الكراهية" والثقافة الفرديّة التي، ربما لم تعد أيديولوجية كما في زمن اضطهاد الإلحاد، لكنها أكثر إقناعًا وليست أقلّ مادّية. فهي غالبًا ما تعرض ما يبدو فوريًّا وحاسمًا كطريق للتنمية، لكنه في الواقع غير مبال وسطحيّ. أمّا هشاشة الروابط، التي تتوصّل إلى عزل الناس، تؤثّر بشكل خاص على الخليّة الأساسية في المجتمع، أي الأسرة، وتطلّب منّا جهد الخروج لملاقاة معاناة إخوتنا وأخواتنا، وخاصّة الأصغر سنًّا، ولكن لا بإحباط وحنين، مثل تلميذي عمّاوس، إنما مع الرغبة في منحهم يسوع القائم، قلب الرجاء. إننا نحتاج لأن نجدّد مع أخينا الاصغاء إلى كلمات الربّ، كيما يتّقد قلبنا معًا ولا تضعف البشارة (را. الآيات 32. 35). إننا نحتاج لأن ندفئ قلوبنا بقوّة الروح القدس.
إن المسار يصل إلى الهدف، كما هو الحال في عمّاوس، عبر الصلاة الملحّة كيما يبقى الربّ معنا (را. الآيات 28- 29). هو الذي يظهر نفسه عند كسر الخبز (را. الآيات 30- 31)، يدعونا إلى الرحمة، إلى الخدمة معًا؛ إلى أن "نعطي الله" قبل أن "نقول الله"؛ إلى عدم التكاسل في الصلاح، بل أن نكون على استعداد للنهوض والذهاب، نشيطين ومتعاونين (را. آية 33). وفي هذا النحو، تشكّل مثالًا لنا العديدُ من الجماعات الرومانية الأرثوذكسية التي تتعاون بشكل ممتاز مع الأبرشيات الكاثوليكية المتعدّدة في أوروبا الغربية حيث تتواجد. وقد نَمَت، في العديد من الحالات، علاقة من الثقة المتبادلة والصداقة، تقوم على الأخوّة، تنمّيها أعمال ملموسة من الاستضافة والدعم والتضامن. ومن خلال هذا التخالط المتبادل، اكتشف العديد من الرومانيين الكاثوليك والأرثوذكس، أنهم ليسوا غرباء عن بعضهم البعض، لكنهم أخوة وأصدقاء.
السير معا نحو عنصرة جديدة. إن المسيرة التي تنتظرنا تذهب من الفصح إلى العنصرة: من فجر ذاك الفصح الموحّد، الذي نشأ هنا قبل عشرين عامًا، قد وُجِّهنا نحو عنصرة جديدة. فبالنسبة للتلاميذ، قد شكّل يوم الفصح بداية مسيرة جديدة لم تنطوِ فيها مع ذلك، المخاوف والشكوك. ودام الأمر حتى يوم العنصرة عندما شهد الرسل، وقد اجتمعوا حول أمّ الله القدّيسة، بروح واحدة وبتعدّدية اللغات وغناها، للقائم من الموت عبر كلامهم وعبر حياتهم. وقد انطلق مسارنا مجدّدا من يقين وجود الأخ بقربنا، يقاسمنا الإيمان القائم على قيامة الربّ نفسه. من الفصح إلى العنصرة: وقت لنستجمع أفكارنا في الصلاة في ظلّ حماية أمّ الله القدّيسة، ولاستدعاء الروح القدس لبعضنا لبعض. ليجدّدنا الروح القدس، الذي يأبى التماثل ويحبّ صنع الوحدة في أجمل تنوّع متناغم. ولتلتهم نيرانه شكوكنا؛ ولتبعِد ريحُه تردّدنا الذي يمنعنا من أن نشهد معًا للحياة الجديدة التي يمنحنا إياها. وليمنحنا هو، صانع الأخوّة، نعمة السير معًا. ويجعلنا هو، خالق كلّ جديد، شجعانًا في اختبار طرق جديدة من المشاركة والرسالة. وليساعدنا هو، قوّة الشهداء، على عدم هدر تضحياتهم.
قداسة البطريرك، أيّها الإخوة الأعزّاء، دعونا نسير معًا، لمجد الثالوث الأقدس وللمنفعة المتبادلة، كي نساعد إخوتنا على رؤية يسوع. أجدّد امتناني، وأؤكّد لكم محبّتي وصداقتي وأخوّتي وصلاتي، ومحبّة الكنيسة الكاثوليكية وصداقتها وأخوّتها وصلاتها.
[00953-AR.02] [Original text: Italian]
[B0467-XX.02]