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Udienza ai Membri della Federazione Europea dei Banchi Alimentari, 18.05.2019


Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua inglese

Alle ore 11.00 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Membri della Federazione Europea dei Banchi Alimentari, a conclusione della riunione annuale svoltasi a Roma per celebrare i 30 anni dalla fondazione del Banco Alimentare Italiano.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’Udienza:

Discorso del Santo Padre

Cari amici,

dopo aver sentito quello che ha detto il vostro Presidente, ho sentito la tentazione di non parlare, perché ha parlato come un Santo Padre! Grazie, perché quello che Lei ha detto ho capito che erano parole dal cuore. Grazie!

Vi saluto cordialmente e, attraverso di voi, vorrei salutare tutti i membri e i volontari dei Food Bank d’Europa. Sono contento di accogliervi al termine della vostra riunione annuale, che ha avuto luogo a Roma in occasione dei trent’anni dalla fondazione del Banco Alimentare italiano: tanti auguri di buon anniversario!

Vorrei ringraziarvi per quello che fate: provvedere cibo a chi ha fame. Non è assistenzialismo, vuol essere il primo gesto concreto di accompagnamento verso un percorso di riscatto. Guardando a voi, immagino l’impegno gratuito di tante persone, che operano nel silenzio e fanno bene a molti. È sempre facile dire degli altri, difficile invece dare agli altri, ma è questo che conta. E voi vi mettete in gioco non a parole, ma coi fatti, perché combattete lo spreco alimentare recuperando quello che andrebbe perduto. Prendete quello che va nel circolo vizioso dello spreco e lo immettete nel circolo virtuoso del buon uso. Fate un po’ come gli alberi – questa è l’immagine che viene –, che respirano inquinamento e restituiscono ossigeno. E, come gli alberi, non trattenete l’ossigeno: distribuite ciò che è necessario per vivere perché sia dato a chi ne ha più bisogno.

Lottare contro la piaga terribile della fame vuol dire anche combattere lo spreco. Lo spreco manifesta disinteresse per le cose e indifferenza per chi ne è privo. Lo spreco è l’espressione più cruda dello scarto. Mi viene in mente quando Gesù, dopo aver distribuito i pani alla folla, chiese di raccogliere i pezzi avanzati perché nulla andasse perduto (cfr Gv 6,12). Raccogliere per ridistribuire, non produrre per disperdere. Scartare cibo significa scartare persone. E oggi è scandaloso non accorgersi di quanto il cibo sia un bene prezioso e di come tanto bene vada a finire male.

Sprecare il bene è una brutta abitudine che può infiltrarsi ovunque, anche nelle opere di carità. A volte slanci generosi, animati da ottime intenzioni, vengono vanificati da burocrazie ingessate, da spese di gestione eccessive, oppure si traducono in forme assistenzialistiche che non creano vero sviluppo. Nel mondo complesso di oggi è importante che il bene sia fatto bene: non può essere frutto di pura improvvisazione, necessita di intelligenza, progettualità e continuità. Ha bisogno di una visione d’insieme e di persone che stiano insieme: è difficile fare il bene senza volersi bene. In questo senso le vostre realtà, pur recenti, ci riportano alle radici solidali dell’Europa, perché ricercano l’unità nel bene concreto: è bello vedere lingue, credo, tradizioni e orientamenti diversi ritrovarsi non per condividere i propri interessi, ma per provvedere alla dignità degli altri. Quello che fate senza tante parole lancia un messaggio: non è cercando il vantaggio per sé che si costruisce il futuro; il progresso di tutti cresce accompagnando chi sta indietro.

Di questo ha tanto bisogno l’economia. Oggi tutto è interconnesso e veloce, ma la corsa frenetica al guadagno va di pari passo con una fragilità interiore sempre più acuta, con un disorientamento e una perdita di senso sempre più avvertiti. Perciò ho a cuore un’economia che assomigli di più all’uomo, che abbia un’anima e non sia una macchina incontrollabile che schiaccia le persone. Troppi oggi sono privi di lavoro, di dignità e di speranza; tanti altri, al contrario, sono oppressi da ritmi produttivi disumani, che azzerano le relazioni e incidono negativamente sulla famiglia e sulla vita personale. A volte, quando esercito il ministero della Confessione, ci sono persone giovani che hanno dei figli, e domando loro: “Lei gioca con i suoi figli?”. E tante volte la risposta è: “Padre, non ho tempo... Quando io esco di casa per il lavoro loro ancora dormono, e quando torno sono già a letto”. Questo è disumanità: questa vertigine del lavoro disumano. L’economia, nata per essere “cura della casa”, è diventata spersonalizzata; anziché servire l’uomo, lo schiavizza, asservendolo a meccanismi finanziari sempre più distanti dalla vita reale e sempre meno governabili. I meccanismi finanziari sono “liquidi”, sono “gassosi”, non hanno consistenza. Come possiamo vivere bene quando le persone sono ridotte a numeri, le statistiche compaiono più dei volti e le vite dipendono dagli indici di borsa?

Che cosa possiamo fare? Di fronte a un contesto economico malato non si può intervenire brutalmente, col rischio di uccidere, ma occorre prestare cure: non è destabilizzando o sognando un ritorno al passato che si sistemano le cose, ma alimentando il bene, intraprendendo percorsi sani e solidali, essendo costruttivi. Occorre metterci insieme per rilanciare il bene, sapendo che se il male è di casa nel mondo, con l’aiuto di Dio e con la buona volontà di tanti come voi, la realtà può migliorare. C’è bisogno di sostenere chi vuole cambiare in meglio, di favorire modelli di crescita basati sull’equità sociale, sulla dignità delle persone, sulle famiglie, sull’avvenire dei giovani, sul rispetto dell’ambiente. Un’economia circolare non è più rimandabile. Lo spreco non può essere l’ultima parola lasciata in eredità dai pochi benestanti, mentre la gran parte dell’umanità rimane zitta.

Con questi sentimenti di preoccupazione e di speranza che ho voluto condividere con voi, vi rinnovo la gratitudine e vi incoraggio ad andare avanti, coinvolgendo quanti incontrate, specialmente i giovani, perché si uniscano a voi nel promuovere il bene, a vantaggio di tutti.

Grazie!

[00864-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua inglese

Dear Friends,

After having heard what your President said, I felt the temptation not to speak, because he spoke like a Holy Father! Thank you, because I understood that what you said were words from the heart. Thank you!

I greet you warmly, and through you I would like to greet all the members and volunteers of the Food Banks of Europe. I am happy to welcome you at the conclusion of your annual meeting held here in Rome on the thirtieth anniversary of the establishment of the Food Bank of Italy: congratulations on your anniversary!

I would like to thank you for what you do: providing food to those who are hungry. This does not mean merely offering benefits but rather providing an initial tangible gesture of accompaniment on the path of liberation. When I look at you, I can visualize the commitment of so many people who work quietly without reward, offering so much help. It is always easy to speak about others; it is much harder to give to others, and yet this is what matters. You get involved not with words, but with real life, because you are fighting against food wastage, salvaging what would have gone to waste. You take what is thrown into the vicious cycle of waste and insert it into the “virtuous circle” of good use. Your work is like that of trees – this is the image that comes to mind – which breathe in pollution but give back oxygen. And like trees, you do not keep the oxygen: you distribute the quantity required for living so that it reaches those in need.

Fighting against the terrible scourge of hunger means also fighting waste. Waste reveals an indifference towards things and towards those who go without. Wastefulness is the crudest form of discarding. I think of the moment when Jesus, after the distribution of the loaves to the crowd, asks for the scraps to be gathered up, so that nothing would go to waste (cf. Jn 6:12). Gathering in order to redistribute; not production that leads to waste. To throw food away means to throw people away. It is scandalous today not to notice how precious food is as a good, and how so much good ends up so badly.

Wasting what is good is a nasty habit that can insinuate itself anywhere, even in charitable works. At times, good initiatives guided by the best intentions can get frustrated by extended bureaucracy, excessive administrative costs, or become forms of welfare that do not lead to authentic development. In today’s complex world it is important that good is done well, and that it is not the fruit of improvisation; it requires intelligence, the capacity for planning and continuity. It needs an integrated vision, of persons who stand together: it is difficult to do good while not caring for each other. In this sense, your experiences, even recent ones, take us back to the roots of solidarity in Europe; for they seek unity within concrete goodness. It is good to see languages, beliefs, traditions and different approaches converging, not for self-interest, but rather to give dignity to others. The work you do, without many words, sends a clear message: it is not by seeking our own advantage that we build the future; the progress of all advances each time we walk with those who are left behind.

The economy has a profound need of this. Everything is connected and rapid today, but the frenetic scramble for money is accompanied by an interior frailty that is ever more acute, and by an increasingly evident disorientation and loss of meaning. What I care about is an economy that is more humane, that has a soul, and not a reckless machine that crushes human beings. Too many people today are without work, dignity or hope; and still others are oppressed by inhuman demands of production that empty human relations and have a negative impact on both family and personal life. Sometimes, when I exercise the ministry of Confession, there are young people who have children, and I ask them: “Do you play with your children?” And many times the answer is: “Father, I don’t have time... When I leave home to go to work they are still asleep, and when I return home they are already in bed”. This is inhuman: this vertigo of inhuman work. The economy that was established to “look after the home”, has become dehumanized; instead of serving humanity, it enslaves us, subjugates us to monetary mechanisms that are ever more distant from real life and increasingly difficult to control. Financial mechanisms are “liquid”, they are “gaseous”, they have no consistency. How can we live comfortably when human persons are being reduced to numbers, when statistics replace human faces, when lives depend on stock markets?

What can we do? Faced with an economic situation that is ailing, we cannot intervene with brute force and risk causing death. Yet we must find a cure: not by creating instability or dreaming of the past, but rather supporting what is good and taking up paths of solidarity, being constructive. We must come together to relaunch what is good, knowing full well that, even if evil is at large in the world, with God’s help and the good will of so many like yourselves, the world can be a better place. We need to support those who wish to change things for the better; we need to encourage models of growth based on social equality, on the dignity of human persons, on families, on the future of young people, on respect for the environment. A circular economy is no longer something we can put off. Waste cannot be the last word bequeathed to posterity by the well-off few, while the majority of humanity remains silent.

With these expressions of concern and hope that I wanted to share with you, I extend to you once more my gratitude and I encourage you to go forward, involving everyone you meet, especially the youth, so that they can join you in promoting the good, to the advantage of all.

Thank you!

[00864-EN.02] [Original text: Italian]

[B0426-XX.02]