Santa Messa in Piazza Macedonia
Omelia del Santo Padre
Parole finali del Santo Padre
Lasciato il Memoriale Madre Teresa, il Santo Padre Francesco si è recato in auto in Piazza Macedonia.
Dopo alcuni giri in papamobile tra i fedeli, alle ore 11.00 ha presieduto la Celebrazione Eucaristica [in latino e in macedone] e ha tenuto l’Omelia.
Al termine della Santa Messa, S.E. Mons. Kiro Stojanov, Vescovo di Skopje, ha rivolto un breve saluto al Santo Padre. Quindi, prima della Benedizione finale, il Papa ha pronunciato alcune parole di ringraziamento. Erano presenti alla Santa Messa circa 15 mila fedeli.
Al termine della Santa Messa, il Santo Padre si è trasferito in auto alla residenza del Vescovo di Skopje dove è stato accolto da 4 suore e da 4 seminaristi e dove ha pranzato con i membri del Seguito papale.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica e il saluto di ringraziamento a conclusione della Messa:
Omelia del Santo Padre
Testo in lingua originale
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Testo in lingua originale
«Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete», ci ha appena detto il Signore (Gv 6,35).
Nel Vangelo, attorno a Gesù, si concentra una folla che aveva ancora negli occhi la moltiplicazione dei pani. Uno di quei momenti che sono rimasti impressi negli occhi e nel cuore della prima comunità dei discepoli. Era stata una festa... La festa di scoprire la sovrabbondanza e la sollecitudine di Dio verso i suoi figli, resi fratelli nel dividere e condividere il pane. Immaginiamo per un momento quella folla. Qualcosa era cambiato. Per qualche istante, quelle persone assetate e silenziose che seguivano Gesù alla ricerca di una parola sono state in grado di toccare con le loro mani e sentire nei loro corpi il miracolo della fraternità capace di saziare e di far sovrabbondare.
Il Signore è venuto per dare vita al mondo e lo fa sempre in un modo che riesce a sfidare la ristrettezza dei nostri calcoli, la mediocrità delle nostre aspettative e la superficialità dei nostri intellettualismi; mette in discussione le nostre vedute e le nostre certezze, invitandoci a passare a un orizzonte nuovo che dà spazio a un modo diverso di costruire la realtà. Lui è il Pane vivo disceso dal cielo, «chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete».
Tutta quella gente scoprì che la fame di pane aveva anche altri nomi: fame di Dio, fame di fraternità, fame di incontro e di festa condivisa.
Ci siamo abituati a mangiare il pane duro della disinformazione e siamo finiti prigionieri del discredito, delle etichette e dell’infamia; abbiamo creduto che il conformismo avrebbe saziato la nostra sete e abbiamo finito per abbeverarci di indifferenza e di insensibilità; ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura e solitudine; ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità. Abbiamo cercato il risultato rapido e sicuro e ci troviamo oppressi dall’impazienza e dall’ansia. Prigionieri della virtualità, abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà.
Diciamolo con forza e senza paura: abbiamo fame, Signore… Abbiamo fame, Signore, del pane della tua Parola capace di aprire le nostre chiusure e le nostre solitudini; abbiamo fame, Signore, di fraternità dove l’indifferenza, il discredito, l’infamia non riempiano le nostre tavole e non prendano il primo posto a casa nostra. Abbiamo fame, Signore, di incontri in cui la tua Parola sia in grado di elevare la speranza, risvegliare la tenerezza, sensibilizzare il cuore aprendo vie di trasformazione e conversione.
Abbiamo fame, Signore, di sperimentare, come quella folla, la moltiplicazione della tua misericordia, capace di rompere gli stereotipi e dividere e condividere la compassione del Padre per ogni persona, specialmente per coloro di cui nessuno si prende cura, che sono dimenticati o disprezzati. Diciamolo con forza e senza paura, abbiamo fame di pane, Signore: del pane della tua parola e del pane della fraternità.
Tra pochi istanti, ci metteremo in movimento, andremo alla mensa dell’altare per nutrirci del Pane della Vita seguendo il mandato del Signore: «chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete» (Gv 6,35). È l’unica cosa che il Signore ci chiede: venite. Ci invita a metterci in cammino, in movimento, in uscita. Ci esorta a camminare verso di Lui per renderci partecipi della sua stessa vita e della sua stessa missione. “Venite”, ci dice il Signore: un venire che non significa solo spostarsi da un posto all’altro, bensì la capacità di lasciarci smuovere, trasformare dalla sua Parola nelle nostre scelte, nei sentimenti, nelle priorità per avventurarci a fare i suoi stessi gesti e parlare col suo stesso linguaggio, «il linguaggio del pane che dice tenerezza, compagnia, dedizione generosa agli altri»,[1] amore concreto e palpabile perché quotidiano e reale.
In ogni Eucaristia, il Signore si spezza e si distribuisce e invita anche noi a spezzarci e distribuirci insieme a Lui e a partecipare a quel miracolo moltiplicatore che vuole raggiungere e toccare ogni angolo di questa città, di questo Paese, di questa terra con un poco di tenerezza e di compassione.
Fame di pane, fame di fraternità, fame di Dio. Come conosceva bene tutto questo Madre Teresa, che ha voluto fondare la sua vita su due pilastri: Gesù incarnato nell’Eucaristia e Gesù incarnato nei poveri! Amore che riceviamo, amore che doniamo. Due pilastri inseparabili che hanno segnato il suo cammino, l’hanno messa in movimento, desiderosa anch’essa di placare la sua fame e la sua sete. È andata dal Signore e nello stesso atto è andata dal fratello disprezzato, non amato, solo e dimenticato; è andata dal fratello e ha trovato il volto del Signore... Perché sapeva che «amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme: nel più piccolo incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio»,[2] e quell’amore era l’unica cosa capace di saziare la sua fame.
Fratelli, oggi il Signore Risorto continua a camminare in mezzo a noi, là dove passa e si gioca la vita quotidiana. Conosce la nostra fame e ci dice ancora: «chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete» (Gv 6,35). Incoraggiamoci a vicenda ad alzarci in piedi e a sperimentare l’abbondanza del suo amore; lasciamo che Egli sazi la nostra fame e sete nel sacramento dell’altare e nel sacramento del fratello.
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[1] J.M. Bergoglio, Homilía Corpus Christi, Buenos Aires, 1995.
[2] Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 15.
[00749-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
«Celui qui vient à moi n’aura jamais faim; celui qui croit en moi n’aura jamais soif» (Jn 6, 35), vient de nous dire le Seigneur.
Dans l’Evangile, autour de Jésus, se concentre une foule qui avait encore devant les yeux la multiplication des pains. Un de ces moments qui sont restés imprimés dans les yeux et dans le cœur de la première communauté des disciples. Cela avait été une fête… La fête de découvrir la surabondance et la sollicitude de Dieu envers ses enfants, rendus frères par la fraction et le partage du pain. Imaginons un moment cette foule. Quelque chose avait changé. Pendant quelques instants, ces personnes assoiffées et silencieuses qui suivaient Jésus, à la recherche d’une parole, ont pu toucher de leurs mains et sentir dans leurs corps le miracle de la fraternité, capable de rassasier et de faire surabonder.
Le Seigneur est venu pour donner la vie au monde et il le fait toujours d’une manière qui réussit à défier l’étroitesse de nos calculs, la médiocrité de nos attentes et la superficialité de nos intellectualismes; il remet en cause nos vues et nos certitudes en nous invitant à passer à un horizon nouveau, qui donne de la place à une manière différente de construire la réalité. Il est le Pain vivant descendu du ciel; «celui qui vient à moi n’aura jamais faim; celui qui croit en moi n’aura jamais soif».
Tous ces gens ont découvert que la faim de pain portait aussi d’autres noms: faim de Dieu, faim de fraternité, faim de rencontre et de fête partagée.
Nous nous sommes habitués à manger le pain dur de la désinformation, et nous avons fini prisonniers du discrédit, des étiquettes et de la honte; nous avons cru que le conformisme aurait rassasié notre soif, et nous avons fini par nous abreuver d’indifférence et d’insensibilité. Nous nous sommes nourris de rêves de splendeur et de grandeur, et nous avons fini par manger distraction, fermeture et solitude. Nous nous sommes gavés de connexions, et nous avons perdu le goût de la fraternité. Nous avons cherché le résultat rapide et sûr, et nous nous retrouvons opprimés par l’impatience et l’anxiété. Prisonniers de la virtualité, nous avons perdu le goût et la saveur du réel.
Disons-le avec force et sans peur: nous avons faim, Seigneur… Nous avons faim, Seigneur, du pain de ta Parole capable d’ouvrir nos fermetures et nos solitudes; nous avons faim, Seigneur, de fraternité où l’indifférence, le discrédit, la honte ne remplissent pas nos tables et n’ont pas la première place chez nous. Nous avons faim, Seigneur, de rencontres où ta Parole soit en mesure de faire grandir l’espérance, de réveiller la tendresse, de sensibiliser le cœur en ouvrant des voies de transformation et de conversion.
Nous avons faim, Seigneur, de faire l’expérience, comme cette foule, de la multiplication de ta miséricorde, capable de rompre les stéréotypes, de répartir et de partager la compassion du Père pour toute personne, spécialement pour celles dont personne ne prend soin, celles qui sont oubliées ou méprisées. Disons-le avec force et sans peur, nous avons faim de pain, Seigneur, du pain de ta parole et du pain de la fraternité.
Dans quelques instants, nous nous mettrons en route, nous irons à la table de l’autel pour nous nourrir du Pain de Vie en suivant le commandement du Seigneur: «Celui qui vient à moi n’aura jamais faim; celui qui croit en moi n’aura jamais soif» (Jn 6, 35). C’est la seule chose que le Seigneur nous demande: venez. Il nous invite à nous mettre en chemin, en mouvement, en sortie. Il nous exhorte à marcher vers lui pour nous rendre participants de sa vie même, et de sa mission. «Venez», nous dit le Seigneur: une venue qui ne signifie pas seulement se déplacer d’un endroit à un autre, mais qui signifie la capacité de se laisser émouvoir, transformer par sa Parole dans nos choix, dans nos sentiments, dans les priorités pour nous aventurer à faire ses mêmes gestes et parler de son même langage, «le langage du pain qui dit la tendresse, la compagnie, le dévouement généreux aux autres»[1], un amour concret et palpable parce que quotidien et réel.
Dans chaque Eucharistie, le Seigneur se rompt et se distribue, et il nous invite nous aussi à nous rompre et à nous distribuer avec lui, et à participer à ce miracle de multiplication qui veut rejoindre et toucher tous les coins de cette ville, de ce pays, de cette terre, avec un peu de tendresse et de compassion.
Faim de pain, faim de fraternité, faim de Dieu. Mère Teresa connaissait bien tout cela, elle qui a voulu fonder sa vie sur deux piliers: Jésus incarné dans l’Eucharistie et Jésus incarné dans les pauvres! Amour que nous recevons, amour que nous donnons. Deux piliers inséparables qui ont marqué son chemin, qui l’ont mise en mouvement, désireuse elle aussi d’apaiser sa faim et sa soif. Elle est allée vers le Seigneur, et, dans le même acte, elle est allée vers le frère méprisé, mal aimé, seul et oublié; elle est allée vers le frère et elle a trouvé le visage du Seigneur… Car elle savait que «l’amour de Dieu et l’amour du prochain se fondent l’un dans l’autre : dans le plus petit, nous rencontrons Jésus lui-même et en Jésus nous rencontrons Dieu»[2], et cet amour était la seule chose capable de rassasier sa faim.
Frères et sœurs, aujourd’hui le Seigneur ressuscité continue de marcher au milieu de nous, là où passe et se joue la vie quotidienne. Il connaît notre faim et il nous dit encore: «Celui qui vient à moi n’aura jamais faim; celui qui croit en moi n’aura jamais soif» (Jn 6, 35). Encourageons-nous mutuellement à nous mettre debout et à faire l’expérience de l’abondance de son amour; laissons-le rassasier notre faim et notre soif dans le sacrement de l’autel et dans le sacrement du frère.
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[1] J.M. Bergoglio, Homelia Corpus Christi, Buenos Aires, 1995.
[2] Benoît XVI, Enc. Deus caritas est, n. 15.
[00749-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
“I am the bread of life; whoever comes to me shall not hunger, and whoever believes in me shall never thirst” (Jn 6:35). We have just heard the Lord speak these words.
In the Gospel, a crowd had gathered around Jesus. They had just seen the multiplication of the loaves; it was one of those events that remained etched in the mind and heart of the first community of disciples. There had been a party: a feast that showed God’s superabundant generosity and concern for his children, who became brothers and sisters in the sharing of bread. Let us imagine for a moment that crowd. Something had changed. For a few moments, those thirsting and silent people who followed Jesus in search of a word were able to touch with their hands and feel in their bodies the miracle of a fraternity capable of satisfying superabundantly.
The Lord came to give life to the world. He always does so in a way that defies the narrowness of our calculations, the mediocrity of our expectations and the superficiality of our rationalizations. A way that questions our viewpoints and our certainties, while inviting us to move to a new horizon enabling us to view reality in a different way. He is the living Bread come down from heaven, who tells us: “Whoever comes to me shall not hunger, and whoever believes in me shall never thirst”.
All those people discovered that hunger for bread has other names too: hunger for God, hunger for fraternity, hunger for encounter and a shared feast.
We have become accustomed to eating the stale bread of disinformation and ending up as prisoners of dishonour, labels and ignominy. We thought that conformism would satisfy our thirst, yet we ended up drinking only indifference and insensitivity. We fed ourselves on dreams of splendour and grandeur, and ended up consuming distraction, insularity and solitude. We gorged ourselves on networking, and lost the taste of fraternity. We looked for quick and safe results, only to find ourselves overwhelmed by impatience and anxiety. Prisoners of a virtual reality, we lost the taste and flavour of the truly real.
Let us not be afraid to say it clearly: Lord, we are hungry. We are hungry, Lord, for the bread of your word, which can open up our insularity and our solitude. We are hungry, Lord, for an experience of fraternity in which indifference, dishonour and ignominy will not fill our tables or take pride of place in our homes. We are hungry, Lord, for encounters where your word can raise hope, awaken tenderness and sensitize the heart by opening paths of transformation and conversion.
We are hungry, Lord, to experience, like that crowd, the multiplication of your mercy, which can break down our stereotypes and communicate the Father’s compassion for each person, especially those for whom no one cares: the forgotten or despised. Let us not be afraid to say it clearly: we are hungry for bread, Lord: the bread of your word, the bread of fraternity.
In a few moments, we will approach the table of the altar, to be fed by the Bread of Life. We do so in obedience to the Lord’s command: “Whoever comes to me shall not hunger, and whoever believes in me shall never thirst” (Jn 6:35). All that the Lord asks of us is that we come. He invites us to set out, to be on the move, to go forth. He urges us to draw near to him and to become sharers in his life and mission. “Come”, he says. For the Lord, that does not mean simply moving from one place to another. Instead, it means letting ourselves be moved and transformed by his word, in our choices, our feelings and our priorities, daring in this way to adopt his own way of acting and speaking. For his is “the language of bread that speaks of tenderness, companionship, generous dedication to others” (Corpus Christi Homily, Buenos Aires, 1995), the language of a love that is concrete and tangible, because it is daily and real.
In every Eucharist, the Lord breaks and shares himself. He invites us to break and share ourselves together with him, and to be part of that miraculous multiplication that desires to reach out and touch, with tenderness and compassion, every corner of this city, this country, and this land.
Hunger for bread, hunger for fraternity, hunger for God. How well Mother Teresa knew all this, and desired to build her life on the twin pillars of Jesus incarnate in the Eucharist and Jesus incarnate in the poor! Love received and love given. Two inseparable pillars that marked her journey and kept her moving, eager also to quench her own hunger and thirst. She went to the Lord exactly as she went to the despised, the unloved, the lonely and the forgotten. In drawing near to her brothers and sisters, she found the face of the Lord, for she knew that “love of God and love of neighbour become one: in the least of the brethren we find Jesus himself, and in Jesus we find God” (Deus Caritas Est, 15). And that love alone was capable of satisfying her hunger.
Brothers and sisters, today the Risen Lord continues to walk among us, in the midst of our daily life and experience. He knows our hunger and he continues to tell us: “Whoever comes to me shall not hunger, and whoever believes in me shall never thirst” (Jn 6:35). Let us encourage one another to get up and experience the abundance of his love. Let us allow him to satisfy our hunger and thirst: in the sacrament of the altar and in the sacrament of our brothers and sisters.
[00749-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
»Wer zu mir kommt, wird nie mehr hungern, und wer an mich glaubt, wird nie mehr Durst haben«, hat uns der Herr gerade gesagt (Joh 6,35).
Im Evangelium versammelt sich um Jesus herum eine Menge, die noch immer die Brotvermehrung vor Augen hatte. Dies war einer jener Momente, die sich den Augen und Herzen der ersten Jüngergemeinschaft dauerhaft eingeprägt hatten. Es war ein Fest gewesen… Das Fest, bei dem die Überfülle Gottes offenbar wurde wie auch die Sorge um seine Kinder, die im Teilen des Brotes und in der Teilhabe an diesem Brot zu Brüdern und Schwestern wurden. Stellen wir uns für einen Moment diese Menschenmenge vor. Etwas hatte sich geändert. Für einige Augenblicke konnten diese durstigen und stillen Menschen, die Jesus aus Verlangen nach einem Wort folgten, das Wunder der Brüderlichkeit, das sättigend und überfließend sein kann, mit ihren Händen berühren und leibhaftig spüren.
Der Herr ist gekommen, um der Welt Leben zu geben, und er tut dies immer auf eine Weise, die erfolgreich die Enge unserer Berechnungen, die Mittelmäßigkeit unserer Erwartungen und die Oberflächlichkeit unseres Intellektualismus in Frage stellt; er hinterfragt unsere Ansichten und unsere Gewissheiten und lädt uns ein, eine neue Perspektive einzunehmen, die Raum für eine andere Art der Wirklichkeitsgestaltung lässt. Er ist das lebendige Brot, das vom Himmel herabgekommen ist: »Wer zu mir kommt, wird nie mehr hungern, und wer an mich glaubt, wird nie mehr Durst haben«.
All diese Menschen entdeckten, dass der Hunger nach Brot auch noch andere Bedeutungsebenen hat: Hunger nach Gott, Hunger nach Brüderlichkeit, Hunger nach Begegnung und gemeinsamer Feier.
Wir haben uns daran gewöhnt, das harte Brot der Desinformation zu essen, und so wurden wir schließlich zu Gefangenen der Diskreditierung, der Etikettierung und der Abschätzigkeit; wir glaubten, dass der Konformismus unseren Durst stillen würde, und haben am Ende unseren Durst mit Gleichgültigkeit und Gefühllosigkeit gestillt; wir haben uns mit Träumen von Pracht und Größe ernährt und haben letztlich doch nur Ablenkung, Verschlossenheit und Einsamkeit gegessen; wir haben uns mit Connections vollgestopft und darüber den Geschmack an der Brüderlichkeit verloren. Wir haben schnelle und sichere Ergebnisse gesucht und fühlen uns beklommen vor Ungeduld und Unruhe. Als Gefangene der Virtualität ist uns der Geschmack und das Aroma der Realität abhandengekommen.
Sagen wir es deutlich und ohne Furcht: Wir sind hungrig, Herr... Wir sind hungrig, Herr, nach dem Brot deines Wortes, das unsere Verschlossenheit und unsere Einsamkeit zu öffnen vermag; wir sind hungrig, Herr, nach Brüderlichkeit, damit uns nicht Gleichgültigkeit, Diskreditierung und Abschätzigkeit auf den Tisch kommen und den ersten Platz bei uns zu Hause einnehmen. Wir sind hungrig, Herr, nach Begegnungen, in denen dein Wort in uns Hoffnung wecken, wieder Zärtlichkeit hervorrufen und das Herz empfindsam machen kann, weil es Wege der Verwandlung und der Umkehr eröffnet.
Wir haben Hunger danach, Herr, wie diese Menschenmenge die Vervielfältigung deiner Barmherzigkeit zu erleben, die Schablonen aufbrechen kann und die fähig ist, das Mitgefühl des Vaters für jeden Menschen zu teilen und weiterzugeben, besonders an diejenigen, für die sich niemand interessiert, die vergessen oder verachtet werden. Lasst uns das kraftvoll und furchtlos sagen: Wir sind hungrig nach Brot, Herr, nach dem Brot deines Wortes und nach dem Brot der Brüderlichkeit.
In wenigen Augenblicken werden wir uns in Bewegung setzen, werden wir an die Altarmensa treten, um uns vom Brot des Lebens zu nähren, wie es uns der Herr aufgetragen hat: »Wer zu mir kommt, wird nie mehr hungern, und wer an mich glaubt, wird nie mehr Durst haben« (Joh 6,35). Dies ist das Einzige, was der Herr von uns verlangt: Kommt. Er lädt uns ein, aufzubrechen, uns zu bewegen, hinaus zu gehen. Er fordert uns auf, auf ihn zuzugehen, damit wir an seinem Leben und seiner Sendung teilhaben können. „Kommt“, sagt uns der Herr. Bei diesem Kommen geht es nicht nur darum, von einem Ort zum anderen zu gehen, sondern um die Fähigkeit, uns bewegen zu lassen, uns von seinem Wort in unseren Entscheidungen, Gefühlen, und Prioritäten verwandeln zu lassen, damit wir uns trauen, dieselben Gesten zu vollziehen wie er selbst und in der ihm eigenen Sprache zu sprechen, mit der »Sprache des Brotes, die Zärtlichkeit, Gemeinschaft und großzügige Hingabe an die Anderen ausdrückt«[1], eine Liebe, die konkret und spürbar ist, weil sie alltäglich und real ist.
In jeder Eucharistie bricht und verteilt sich der Herr und lädt auch uns ein, dass wir uns mit ihm brechen und verteilen und an jenem Wunder der Vervielfältigung teilnehmen, das jeden Winkel dieser Stadt, dieses Landes, dieser Gegend mit ein wenig Zärtlichkeit und Mitgefühl erreichen und berühren will.
Hunger nach Brot, Hunger nach Brüderlichkeit, Hunger nach Gott. Wie gut kannte Mutter Teresa dies alles. Sie wollte ihr Leben auf zwei Säulen gründen: auf Jesus, der in Eucharistie gegenwärtig ist und auf Jesus, der in den Armen gegenwärtig ist! Liebe, die wir empfangen, Liebe, die wir geben. Zwei untrennbare Säulen, die ihren Weg markiert und die sie in Bewegung gesetzt haben, sie, die auch selbst ihren Hunger und Durst stillen wollte. Sie ging zum Herrn und gleichzeitig zum Bruder und zur Schwester, die verachtet, ungeliebt, allein und vergessen waren; sie ging zum Bruder und zur Schwester und fand das Antlitz des Herrn... Denn sie wusste, dass »Gottes- und Nächstenliebe verschmelzen: Im Geringsten begegnen wir Jesus selbst, und in Jesus begegnen wir Gott«[2], und einzig diese Liebe war in der Lage, ihren Hunger zu stillen.
Brüder und Schwestern, heute wandelt der auferstandene Herr weiter in unserer Mitte, dort, wo sich das alltägliche Leben ereignet und abspielt. Er kennt unseren Hunger und sagt uns noch immer: »Wer zu mir kommt, wird nie mehr hungern, und wer an mich glaubt, wird nie mehr Durst haben« (Joh 6,35). Ermutigen wir uns gegenseitig, aufzustehen und die Fülle seiner Liebe zu erfahren; lassen wir ihn unseren Hunger und Durst im Sakrament des Altares und im Sakrament unseres Bruders und unserer Schwester stillen.
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[1] J.M. Bergoglio, Homilía Corpus Christi, Buenos Aires, 1995.
[2] Benedikt XVI., Enzyklika Deus caritas est, 15.
[00749-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
«El que viene a mí no tendrá hambre, y el que cree en mí no tendrá sed jamás» (Jn 6,35), nos ha dicho el Señor hace un instante.
En el Evangelio, se concentra alrededor de Jesús una muchedumbre que tenía todavía delante de los ojos la multiplicación de los panes. Uno de esos momentos que quedaron grabados en los ojos y en el corazón de la primera comunidad de discípulos. Fue una fiesta… la fiesta de descubrir la abundancia y solicitud de Dios para con sus hijos, hermanados en el partir y compartir el pan. Imaginemos por unos instantes esa muchedumbre. Algo había cambiado. Por unos momentos, esas personas sedientas y silenciosas que seguían a Jesús en busca de una palabra fueron capaces de tocar con sus manos y sentir en sus cuerpos el milagro de la fraternidad, que es capaz de saciar y hacer abundar.
El Señor vino para darle vida al mundo y lo hace desafiando la estrechez de nuestros cálculos, la mediocridad de nuestras expectativas y la superficialidad de nuestros intelectualismos; cuestiona nuestras miradas y certezas invitándonos a pasar a un horizonte nuevo que abre espacio a una renovada forma de construir la realidad. Él es el Pan vivo bajado del cielo, «el que viene a mí no tendrá hambre, y el que cree en mí no tendrá sed jamás».
Esa muchedumbre descubrió que el hambre de pan también tenía otros nombres: hambre de Dios, hambre de fraternidad, hambre de encuentro y de fiesta compartida.
Nos hemos acostumbrado a comer el pan duro de la desinformación y hemos terminado presos del descrédito, las etiquetas y la descalificación; hemos creído que el conformismo saciaría nuestra sed y hemos acabado bebiendo de la indiferencia y la insensibilidad; nos hemos alimentado con sueños de esplendor y grandeza y hemos terminado comiendo distracción, encierro y soledad; nos hemos empachado de conexiones y hemos perdido el sabor de la fraternidad. Hemos buscado el resultado rápido y seguro y nos vemos abrumados por la impaciencia y la ansiedad. Presos de la virtualidad hemos perdido el gusto y el sabor de la realidad.
Digámoslo con fuerza y sin miedo: tenemos hambre, Señor. Tenemos hambre, Señor, del pan de tu Palabra capaz de abrir nuestros encierros y soledades. Tenemos hambre, Señor, de fraternidad para que la indiferencia, el descrédito, la descalificación no llenen nuestras mesas y no tomen el primer puesto en nuestro hogar. Tenemos hambre, Señor, de encuentros donde tu Palabra sea capaz de elevar la esperanza, despertar la ternura, sensibilizar el corazón abriendo caminos de transformación y conversión.
Tenemos hambre, Señor, de experimentar como aquella muchedumbre la multiplicación de tu misericordia, capaz de romper estereotipos y partir y compartir la compasión del Padre hacia toda persona, especialmente hacia aquellos de los que nadie se ocupa, que están olvidados o despreciados. Digámoslo con fuerza y sin miedo, tenemos hambre de pan, Señor, del pan de tu palabra y del pan de la fraternidad.
En unos instantes, nos pondremos en movimiento, iremos hacia la mesa del altar a alimentarnos con el Pan de Vida, siguiendo el mandato del Señor: «El que viene a mí no tendrá hambre, y el que cree en mí no tendrá sed jamás» (Jn 6,35). Es lo único que el Señor nos pide: venid. Nos invita a ponernos en marcha, en movimiento, en salida. Nos exhorta a caminar hacia Él para hacernos partícipes de su misma vida y de su misma misión. “Venid”, nos dice el Señor: un venir que no significa solamente trasladarse de un lugar a otro sino la capacidad de dejarnos mover, transformar por su Palabra en nuestras opciones, sentimientos, prioridades para aventurarnos a cumplir sus mismos gestos y hablar con su mismo lenguaje, «el lenguaje del pan que dice ternura, compañerismo, entrega generosa a los demás»1, amor concreto y palpable porque es cotidiano y real.
En cada eucaristía, el Señor se parte y reparte y nos invita también a nosotros a partirnos y repartirnos con Él y ser parte de ese milagro multiplicador que quiere llegar y tocar todos los rincones de esta ciudad, de este país, de esta tierra con un poco de ternura y compasión.
Hambre de pan, hambre de fraternidad, hambre de Dios. Qué bien lo entendía esto Madre Teresa, que quiso fundamentar su vida sobre dos pilares: Jesús encarnado en la Eucaristía y Jesús encarnado en los pobres. Amor que recibimos, amor que damos. Dos pilares inseparables que marcaron su camino, la pusieron en movimiento buscando saciar su hambre y sed. Fue al Señor y en el mismo acto fue hacia su hermano despreciado, no amado, solo y olvidado, fue a su hermano y encontró el rostro del Señor… porque sabía que el «amor a Dios y amor al prójimo se funden entre sí: en el más humilde encontramos a Jesús mismo y en Jesús encontramos a Dios»2, y ese amor fue el único capaz de saciar su hambre.
Hermanos: Hoy el Señor Resucitado sigue caminando entre nosotros, allí donde acontece y se juega la vida cotidiana. Conoce nuestras hambres y nos vuelve a decir: «El que viene a mí no tendrá hambre, y el que cree en mí no tendrá sed jamás» (Jn 6,35). Animémonos unos a otros a ponernos de pie y a experimentar la abundancia de su amor, dejemos que sacie nuestra hambre y sed en el sacramento del altar y en el sacramento del hermano.
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1 J.M. Bergoglio, Homilía Corpus Christi, Buenos Aires, 1995.
2 Benedicto XVI, Carta enc. Deus caritas est, 15.
[00749-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
«Quem vem a Mim não mais terá fome e quem crê em Mim jamais terá sede» (Jo 6, 35): acaba de nos dizer o Senhor.
Ao redor de Jesus – segundo o Evangelho –, concentra-se uma multidão, que tinha ainda fixa nos olhos a multiplicação dos pães; um daqueles momentos que se gravou nos olhos e no coração da primeira comunidade dos discípulos. Tinha sido uma festa... A festa de descobrir a superabundância e a solicitude de Deus pelos seus filhos, irmanados na fração e partilha do pão. Imaginemos por um momento aquela multidão. Algo havia mudado. Por alguns instantes, aquelas pessoas sedentas e silenciosas, que seguiam Jesus à procura duma palavra, puderam tocar com as próprias mãos e sentir no seu corpo o milagre da fraternidade capaz de saciar e fazer sobreabundar.
O Senhor veio para dar vida ao mundo e fá-lo sempre duma maneira que consegue desafiar a mesquinhez dos nossos cálculos, a mediocridade das nossas expetativas e a superficialidade dos nossos intelectualismos; coloca em discussão as nossas perspetivas e as nossas certezas, convidando-nos a passar a um horizonte novo que dá espaço a um modo diferente de construir a realidade. Ele é o Pão vivo descido do Céu: «quem vem a Mim não mais terá fome e quem crê em Mim jamais terá sede».
Toda aquela gente descobriu que a fome de pão tinha também outros nomes: fome de Deus, fome de fraternidade, fome de encontro e de festa partilhada.
Habituamo-nos a comer o pão duro da desinformação, e acabamos prisioneiros do descrédito, dos rótulos e da infâmia; julgamos que o conformismo saciaria a nossa sede, e acabamos por nos dessedentar de indiferença e insensibilidade; alimentamo-nos com sonhos de esplendor e grandeza, e acabamos por comer distração, fechamento e solidão; empanturramo-nos de conexões, e perdemos o gosto da fraternidade. Buscamos o resultado rápido e seguro, e encontramo-nos oprimidos pela impaciência e a ansiedade. Prisioneiros da virtualidade, perdemos o gosto e o sabor da realidade.
Digamo-lo com força e sem medo: temos fome, Senhor... Temos fome, Senhor, do pão da vossa Palavra capaz de abrir os nossos fechamentos e as nossas solidões; temos fome, Senhor, de fraternidade, onde a indiferença, o descrédito, a infâmia não encham as nossas mesas nem ocupem o primeiro lugar em nossa casa. Temos fome, Senhor, de encontros onde a vossa Palavra seja capaz de elevar a esperança, despertar a ternura, sensibilizar o coração abrindo caminhos de transformação e conversão.
Temos fome, Senhor, de experimentar – como aquela multidão – a multiplicação da vossa misericórdia, capaz de quebrar os estereótipos e de repartir e partilhar a compaixão do Pai por cada pessoa, especialmente por aqueles de quem ninguém cuida, que são esquecidos ou desprezados. Digamo-lo com força e sem medo, temos fome de pão, Senhor: do pão da vossa palavra e do pão da fraternidade.
Daqui a pouco, deslocar-nos-emos e iremos à mesa do altar para nos alimentarmos com o Pão da Vida obedecendo ao mandato do Senhor: «quem vem a Mim não mais terá fome e quem crê em Mim jamais terá sede» (Jo 6, 35). É a única coisa que o Senhor nos pede: vinde. Convida a colocar-nos a caminho, em movimento, em saída. Exorta-nos a caminhar para Ele para nos tornar participantes da sua própria vida e missão. «Vinde»: diz-nos o Senhor. Uma vinda que não significa apenas mudar dum lugar para outro, mas a capacidade de nos deixarmos mover, transformar pela sua Palavra nas nossas opções, nos sentimentos, nas prioridades para nos aventurarmos a realizar os seus próprios gestos e a falar com a sua própria linguagem, «a linguagem do pão que fala de ternura, companhia, dedicação generosa aos outros»,1 amor concreto e palpável porque real no dia a dia.
Em cada Eucaristia, o Senhor Se fraciona e distribui, convidando-nos, a nós também, a fracionarmo-nos e distribuirmo-nos juntamente com Ele e participarmos naquele milagre de multiplicação que quer alcançar e tocar todos os cantos desta cidade, deste país, desta terra com um pouco de ternura e compaixão.
Fome de pão, fome de fraternidade, fome de Deus. Como conhecia bem tudo isto Madre Teresa que quis fundar a sua vida sobre dois pilares: Jesus encarnado na Eucaristia e Jesus encarnado nos pobres! Amor que recebemos, amor que damos. Dois pilares inseparáveis, que marcaram o seu caminho, colocaram-na em movimento, desejosa também ela de mitigar a sua fome e a sua sede. Foi ter com o Senhor e, com o mesmo ato, foi ter com o irmão desprezado, não amado, sozinho e esquecido; foi ter com o irmão e encontrou o rosto do Senhor... Porque sabia que «amor de Deus e amor do próximo fundem-se num todo: no mais pequenino, encontramos o próprio Jesus e, em Jesus, encontramos Deus»,2 e aquele amor era a única coisa capaz de saciar a sua fome.
Irmãos, hoje o Senhor ressuscitado continua a caminhar no meio de nós, nos lugares onde transcorre e se joga a vida diária. Conhece a nossa fome e continua a dizer-nos: «Quem vem a Mim não mais terá fome e quem crê em Mim jamais terá sede» (Jo 6, 35). Encorajemo-nos uns aos outros a levantar-nos de pé e experimentar a abundância do seu amor; deixemos que Ele sacie a nossa fome e sede no sacramento do altar e no sacramento do irmão.
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1 J. M. Bergoglio, Homilía Corpus Christi (Buenos Aires 1995).
2 Bento XVI, Carta enc. Deus caritas est, 15.
[00749-PO.01] [Texto original: Português]
Traduzione in lingua polacca
„Kto do Mnie przychodzi, nie będzie łaknął; a kto we Mnie wierzy, nigdy pragnąć nie będzie” - powiedział nam właśnie Pan (J 6, 35).
W Ewangelii wokół Jezusa skupia się tłum, który wciąż ma w oczach rozmnożenie chleba. To jedno z tych wydarzeń, które głęboko utkwiły w oczach i sercu pierwszej wspólnoty uczniów. Było to święto ... Święto odkrycia przeobfitości i troski Boga o swoje dzieci, które stały się braćmi dzielącymi i wspólnie łamiącymi chleb. Wyobraźmy sobie przez chwilę ten tłum. Coś się zmieniło. Przez kilka chwil ci ludzie, spragnieni i milczący, którzy szli za Jezusem w poszukiwaniu słowa, mogli dotykać rękami i odczuć w swoich ciałach cud braterstwa zdolnego zaspokoić i napełnić.
Pan przyszedł, aby dać światu życie i czyni to zawsze w sposób, który potrafi stawić wyzwanie ograniczeniom naszych rachunków, mierności naszych oczekiwań i powierzchowności naszych intelektualizmów; podważa nasze poglądy i przekonania, zachęcając nas do przejścia do nowego horyzontu, który daje przestrzeń do innego sposobu konstruowania rzeczywistości. On jest Chlebem żywym, który zstąpił z nieba, „Kto do Mnie przychodzi, nie będzie łaknął; a kto we Mnie wierzy, nigdy pragnąć nie będzie”.
Wszyscy ci ludzie odkryli, że głód chleba ma również inne imiona: głód Boga, głód braterstwa, głód spotkania i wspólnego świętowania.
Przyzwyczailiśmy się do jedzenia twardego chleba dezinformacji i staliśmy się więźniami dyskredytacji, etykiet i niesławy. Uwierzyliśmy, że konformizm zaspokoił nasze pragnienie i doszliśmy do pojenia się obojętnością i niewrażliwością. Karmiliśmy się marzeniami o świetności i wielkości, a skończyliśmy na używaniu rozrywki, zamknięciu i samotności. Nasyciliśmy się połączeniami i zatraciliśmy smak braterstwa. Szukaliśmy szybkiego i pewnego rezultatu, a jesteśmy uciskani przez niecierpliwość i niepokój. Będąc więźniami świata wirtualnego, zatraciliśmy gust i smak rzeczywistości.
Powiedzmy to stanowczo i bez lęku: jesteśmy głodni, Panie ... Jesteśmy głodni, Panie, chleba Twojego słowa, zdolnego otworzyć nasze zamknięcia i nasze samotności. Jesteśmy głodni, Panie, braterstwa, gdzie obojętność, dyskredytacja, niesława nie wypełniają naszych stołów i nie zajmują pierwszego miejsca w naszym domu. Jesteśmy głodni, Panie, spotkań, na których Twoje słowo byłoby w stanie wzmóc nadzieję, obudzić czułość, uwrażliwić serce, otwierając drogi przemiany i nawrócenia.
Jesteśmy głodni, Panie, by doświadczyć, tak jak ten tłum, rozmnożenia Twojego miłosierdzia, zdolnego przełamać stereotypy i dzielić się, i wspólnie mieć udział we współczuciu Ojca dla każdej osoby, szczególnie dla tych, o których nikt się nie troszczy, którzy są zapomniani lub pogardzani. Powiedzmy to stanowczo i bez lęku, jesteśmy głodni chleba, Panie: chleba Twojego słowa i chleba braterstwa.
Za kilka chwil wyruszymy, pójdziemy do stołu ołtarza, aby się posilić Chlebem Życia, podążając za nakazem Pana: „Kto do Mnie przychodzi, nie będzie łaknął; a kto we Mnie wierzy, nigdy pragnąć nie będzie” (J 6, 35). To jedyna rzecz, jakiej żąda od nas Pan: przyjdźcie. Zachęca nas, abyśmy wyruszyli w drogę, ruszyli się, wyszli. Zachęca nas, abyśmy podążali ku Niemu, by nas uczynił uczestnikami swego życia i misji. „Przyjdźcie”, mówi nam Pan: przyjście, które nie tylko oznacza przejście z jednego miejsca w drugie, ale także zdolność, by dać się ruszyć z miejsca, przekształcić przez Jego słowo w naszych decyzjach, uczuciach, w priorytetach, by podjąć ryzyko i uczynić swoimi Jego gesty i mówić Jego językiem, „językiem chleba, który mówi o czułości, towarzystwie, hojnym poświęceniu się dla innych” (J. M. Bergoglio, Homilía Corpus Christi, Buenos Aires, 1995), miłości konkretnej i namacalnej, ponieważ jest codzienna i realna.
W każdej Eucharystii łamany i udzielany jest Pan, zapraszając także i nas, byśmy wraz z Nim łamali siebie i udzielali, uczestnicząc w tym cudzie rozmnażania, który pragnie dotrzeć i dotknąć każdego zakątka tego miasta, tego kraju, tej ziemi z odrobiną czułości i współczucia.
Głód chleba, głód braterstwa, głód Boga. Jak dobrze znała to wszystko Matka Teresa, która chciała oprzeć swe życie na dwóch filarach: Jezusie ucieleśnionym w Eucharystii i Jezusie ucieleśnionym w ubogich! Miłość, którą otrzymujemy, miłość, którą dajemy. Dwa nierozłączne filary, które naznaczały jej drogę, wprawiły ją w ruch, pragnącą także zaspokoić głód i pragnienie. Szła do Pana a jednocześnie szła do brata wzgardzonego, niekochanego, samotnego i zapomnianego. Szła do brata i znalazła oblicze Pana ... Ponieważ wiedziała, że „miłość Boga i miłość bliźniego łączą się w jedno: w najmniejszym człowieku spotykamy samego Jezusa, a w Jezusie spotykamy Boga” (Benedykt XVI, Enc. Deus caritas est, 15 ), a ta miłość była czymś jedynym, co mogło zaspokoić jej głód.
Bracia, dzisiaj Zmartwychwstały Pan nadal idzie między nami, tam gdzie toczy się i rozgrywa życie codzienne. On zna nasz głód i mówi nam ponownie: „Kto do Mnie przychodzi, nie będzie łaknął; a kto we Mnie wierzy, nigdy pragnąć nie będzie” (J 6, 35). Zachęcajmy się wzajemnie, abyśmy wstali i doświadczyli obfitości Jego miłości; pozwólmy, by On zaspokoił nasz głód i pragnienie w sakramencie ołtarza i w sakramencie brata.
[00749-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
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[00749-AR.01] [Original text: Italian]
Parole finali del Santo Padre
Testo in lingua originale
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Testo in lingua originale
Cari fratelli e sorelle,
prima della Benedizione finale sento il bisogno di esprimere la mia gratitudine. Ringrazio il Vescovo di Skopje per le sue parole e soprattutto per il lavoro fatto in preparazione di questa giornata. E insieme con lui ringrazio quanti hanno collaborato, sacerdoti, religiosi e fedeli laici. Grazie di cuore a tutti!
E rinnovo la mia riconoscenza anche alle Autorità civili del Paese, alle forze dell’ordine e ai volontari. Il Signore saprà donare a ciascuno la migliore ricompensa. Da parte mia, vi porto nella mia preghiera, e chiedo anche a voi di pregare per me.
[00773-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Chers frères et sœurs,
Avant la bénédiction finale, je ressens le besoin d’exprimer ma gratitude. Je remercie l’Évêque de Skopje pour ses paroles et surtout pour le travail accompli en préparation de cette journée. Et avec lui, je remercie tous ceux qui y ont collaboré, prêtres, religieux et fidèles laïcs. Merci de tout cœur à tous!
Et je renouvelle également ma reconnaissance aux Autorités civiles du Pays, aux forces de l’ordre et aux volontaires. Le Seigneur saura donner à chacun la meilleure récompense. Pour ma part, je vous porte dans ma prière, et je vous demande aussi de prier pour moi.
[00773-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Dear Brothers and Sisters,
Before the final blessing, I feel bound to express my gratitude to all of you. I thank the Bishop of Skopje for his kind words and especially for the great effort that went into preparing for this day. Along with him, I thank all those who assisted in any way, priests, religious and lay faithful. My deep thanks to all!
Once more, I express my gratitude to the civil Authorities of the country, the forces of order and the volunteers. The Lord will surely repay you as he knows best. For my part, I remember you in my prayers and I ask you, please, to pray for me.
[00773-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Liebe Brüder und Schwestern,
vor dem Schlusssegen ist es mir ein Anliegen, meine Dankbarkeit zum Ausdruck zu bringen. Ich danke dem Bischof von Skopje für seine Worte und vor allem für die Arbeit, die in Vorbereitung auf diesen Tag geleistet wurde. Und zusammen mit ihm danke ich denen, die mitgearbeitet haben, den Priestern, Ordensleuten und Laien. Herzlichen Dank allen!
Und ich erneuere meinen Dank auch gegenüber den zivilen Verantwortungsträgern des Landes, den Ordnungskräften und den freiwilligen Helfern. Der Herr wird jedem den besten Lohn dafür zu geben wissen. Meinerseits trage ich euch in meinem Gebet mit und bitte auch euch, für mich zu beten.
[00773-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Queridos hermanos y hermanas:
Antes de la Bendición final, siento la necesidad de expresar mis sentimientos de gratitud. Agradezco al obispo de Skopie sus palabras y, sobre todo, el trabajo realizado en la preparación de este día. Y, junto a él, doy las gracias a todos los que han colaborado, sacerdotes, religiosos y fieles laicos. ¡Un sincero agradecimiento a todos!
Renuevo también mi agradecimiento a las Autoridades civiles del país, a la policía y a los voluntarios. El Señor sabrá recompensar a cada uno de la mejor manera. Por mi parte, os tengo presentes en mi oración y también os pido que recéis por mí.
[00773-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Amados irmãos e irmãs!
Antes da Bênção final, sinto necessidade de expressar a minha gratidão. Agradeço ao Bispo de Skopje as suas palavras e sobretudo o trabalho realizado na preparação deste dia. E, juntamente com ele, agradeço a quantos colaboraram: sacerdotes, religiosos e fiéis leigos. De coração, obrigado a todos!
E renovo a expressão do meu reconhecimento também às Autoridades civis do país, às forças da ordem e aos voluntários. O Senhor saberá recompensar da melhor forma a cada um. Pela minha parte, recordo-vos na minha oração e peço também a vós para rezardes por mim.
[00773-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Drodzy bracia i siostry,
Zanim udzielę wam błogosławieństwa końcowego, odczuwam potrzebę wyrażenia mej wdzięczności. Dziękuję biskupowi Skopje za jego słowa, a przede wszystkim za pracę włożoną w przygotowanie tego dnia. I wraz z nim dziękuję wszystkim, którzy współpracowali, kapłanom, zakonnikom i wiernym świeckim. Wszystkim serdeczne dziękuję!
Ponawiam również moją wdzięczność dla władz cywilnych kraju, sił porządkowych i wolontariuszy. Pan będzie wiedział, jak dać każdemu najlepszą zapłatę. Ze swej strony będą o was pamiętał w modlitwie i proszę was, abyście modlili się za mnie.
[00773-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
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[00773-EN.01] [Original text: Italian]
[B0383-XX.02]