Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Bulgaria e nella Macedonia del Nord – Incontro per Pace alla presenza degli Esponenti delle varie Confessioni Religiose in Bulgaria, nella Piazza Nezavisimost di Sofia, 06.05.2019


Incontro per la Pace alla presenza degli Esponenti delle varie Confessioni Religiose in Bulgaria, nella Piazza Nezavisimost di Sofia

Saluto del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Alle ore 18.30 (17.30 ora di Roma), nella Piazza Nezavisimost di Sofia, il Santo Padre Francesco ha presieduto un incontro per la pace alla presenza degli Esponenti delle varie Confessioni Religiose presenti in Bulgaria. Al Suo arrivo è salito sul palco insieme ai vari rappresentanti mentre veniva eseguito un canto. Sul palco erano collocati: un cero con il logo della visita del Papa, una pianta d’ulivo come simbolo di pace e le rose, simbolo della Bulgaria.

Dopo la lettura del Cantico delle Creature di San Francesco e la recita del Salmo 122, sono stati accesi un cero e sei fiaccole a simboleggiare le Confessioni Religiose presenti. Quindi, dopo le preghiere degli esponenti ortodossi, ebrei, protestanti, armeni, musulmani e cattolici, è stata recitata la Preghiera di San Francesco, al termine della quale Papa Francesco ha rivolto un saluto. A conclusione dell’incontro, dopo lo scambio del segno della pace, è stato eseguito il canto dell’Alleluja.

Quindi, il Santo Padre, dopo l’Incontro per la Pace, rientrando in Nunziatura Apostolica è passato in auto accanto alla Moschea, alla Sinagoga, alla Chiesa Cattolica di San Giuseppe, alla Chiesa Ortodossa di Santa Nedelia e alla Chiesa armena di Sofia. All’arrivo in Nunziatura, prima di ritirarsi, ha salutato il Personale e i Benefattori.

Pubblichiamo di seguito il saluto che il Papa ha rivolto nel corso dell’incontro:

Saluto del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,

abbiamo pregato per la pace con parole ispirate a San Francesco di Assisi, grande innamorato di Dio Creatore e Padre di tutti. Amore che egli ha testimoniato con la stessa passione e sincero rispetto verso il creato ed ogni persona che incontrava sul suo cammino. Amore che ha trasformato il suo sguardo dandogli la consapevolezza che in ognuno esiste «uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 6). Amore che lo portò ad essere un autentico costruttore di pace. Anche ciascuno di noi, sulle sue orme, è chiamato a diventare un costruttore, un “artigiano” di pace. Pace che dobbiamo implorare e per la quale dobbiamo lavorare, dono e compito, regalo e sforzo costante e quotidiano per costruire una cultura in cui anche la pace sia un diritto fondamentale. Pace attiva e “fortificata” contro tutte le forme di egoismo e di indifferenza che ci fanno anteporre gli interessi meschini di alcuni alla dignità inviolabile di ogni persona. La pace esige e chiede che facciamo del dialogo una via, della collaborazione comune la nostra condotta, della conoscenza reciproca il metodo e il criterio (cfr Documento della fratellanza umana, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019) per incontrarci in ciò che ci unisce, rispettarci in ciò che ci separa e incoraggiarci a guardare il futuro come spazio di opportunità e di dignità, specialmente per le generazioni che verranno.

Noi questa sera siamo qui a pregare davanti a queste fiaccole portate dai nostri bambini. Esse simboleggiano il fuoco dell’amore che è acceso in noi e che deve diventare un faro di misericordia, di amore e di pace negli ambienti in cui viviamo. Un faro che vorremmo illuminasse il mondo intero. Con il fuoco dell’amore noi vogliamo sciogliere il gelo delle guerre. Stiamo vivendo questo evento per la pace sulle rovine dell’antica Serdika, a Sofia, cuore della Bulgaria. Noi possiamo vedere da qui i luoghi di culto di diverse Chiese e Confessioni religiose: Santa Nedelia dei nostri fratelli ortodossi, San Giuseppe di noi cattolici, la sinagoga dei nostri fratelli maggiori gli ebrei, la moschea dei nostri fratelli musulmani e, vicino, la chiesa degli armeni.

In questo luogo, per secoli, convergevano i Bulgari di Sofia appartenenti a vari gruppi culturali e religiosi, per incontrarsi e discutere. Possa questo luogo simbolico rappresentare una testimonianza di pace. In questo momento, le nostre voci si fondono e all’unisono esprimono l’ardente desiderio della pace: la pace si diffonda in tutta la terra! Nelle nostre famiglie, in ognuno di noi, e specialmente in quei luoghi dove tante voci sono state fatte tacere dalla guerra, soffocate dall’indifferenza e ignorate per la complicità schiacciante di gruppi di interesse. Tutti cooperino alla realizzazione di questa aspirazione: gli esponenti delle religioni, della politica, della cultura. Ciascuno là dove si trova, svolgendo il compito che gli spetta può dire: “Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace”. È l’auspicio che si realizzi il sogno del Papa San Giovanni XXIII, di una terra dove la pace sia di casa. Seguiamo il suo desiderio e con la vita diciamo: Pacem in terris! Pace sulla terra a tutti gli uomini amati dal Signore.

[00746-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers frères et sœurs,

Nous avons prié pour la paix avec des paroles inspirées de saint François d’Assise, grand amoureux du Dieu Créateur et Père de tous. Amour dont il a témoigné avec la même passion et un sincère respect envers la création et chaque personne qu’il rencontrait sur son chemin. Amour qui a transformé son regard en lui faisant prendre conscience qu’il existe en chacun « un rayon de lumière qui naît de la certitude personnelle d’être infiniment aimé, au-delà de tout» (Exhort. apost. Evangelii gaudium, n. 6). Amour qui l’a conduit à être un authentique constructeur de paix. Sur ses traces, chacun de nous aussi est appelé à devenir un constructeur, un“artisan” de paix. Paix que nous devons implorer et pour laquelle nous devons travailler, don et mission, cadeau et effort constant et quotidien pour construire une culture dans laquelle aussi la paix soit un droit fondamental. Paix active et “fortifiée” contre toutes les formes d’égoïsme et d’indifférence qui nous font préférer les intérêts mesquins de certains à la dignité inviolable de chaque personne. La paix exige et demande que nous fassions du dialogue un chemin, de la collaboration commune notre conduite, de la connaissance réciproque la méthode et le critère (cf. Document sur la fraternité humaine, Abu Dhabi, 4 février 2019) pour nous rencontrer dans ce qui nous unit, nous respectant dans ce qui nous sépare et nous encourageant à regarder l’avenir comme un espace d’opportunité et de dignité, spécialement pour les générations qui viendront.

Nous sommes ici ce soir priant devant ces flambeaux portés par nos enfants. Ils symbolisent le feu de l’amour qui est allumé en nous et qui doit devenir un phare de miséricorde, d’amour et de paix dans les milieux où nous vivons. Un phare que nous voudrions voir illuminer le monde entier. Avec le feu de l’amour, nous voulons faire fondre le gel des guerres. Nous vivons cet événement pour la paix sur les ruines de l’antique Serdika, à Sofia, cœur de la Bulgarie. Nous pouvons voir d’ici les lieux de culte de diverses Églises et Confessions religieuses: Sainte Nedelia de nos frères orthodoxes, saint Joseph pour nous catholiques, la synagogue de nos frères aînés les juifs, la mosquée de nos frères musulmans et, tout proche, l’église des arméniens.

En ce lieu, pendant des siècles, convergeaient les Bulgares de Sofia, appartenant à divers groupes culturels et religieux, pour se rencontrer et discuter. Puisse ce lieu symbolique représenter un témoignage de paix. En ce moment, nos voix se fondent et à l’unisson elles expriment l’ardent désir de la paix: que la paix se répande sur toute la terre! dans nos familles, en chacun de nous, et spécialement en ces lieux où la guerre a fait taire tant de voix, étouffées par l’indifférence et ignorées par la complicité accablante de groupes d’intérêts. Que tous coopèrent aux réalisations de cette aspiration: les responsables des religions, de la politique, de la culture. Chacun là où il se trouve, accomplissant la tâche qui lui incombe peut dire: «Seigneur, fais de moi un instrument de ta paix». C’est le souhait que se réalise le rêve du Pape saint Jean XXIII, d’une terre où la paix soit chez elle. Suivons son désir et avec vie disons: Pacem in terris! Paix sur la terre à tous les hommes aimés du Seigneur.

[00746-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

We have prayed for peace in words inspired by Saint Francis of Assisi, who was so greatly in love with God the Creator and Father of all. A love that he showed with similar passion and deep respect for the beauty of creation and for all those whom he encountered on his pilgrim way. A love that changed his way of seeing things and helped him to realize that in everyone there is “a flicker of light born of our personal certainty that, when everything is said and done, we are infinitely loved” (Evangelii Gaudium, 6). That love also led Saint Francis to become a true peacemaker. Each of us is called to follow in his footsteps by becoming a peacemaker, an “artisan” of peace. Peace is both a gift and a task; it must be implored and worked for, received as a blessing and constantly sought as we strive daily to build a culture in which peace is respected as a fundamental right. An active peace, “fortified” against all those forms of selfishness and indifference that make us put the petty interests of a few before the inviolable dignity of each person.

Peace requires and demands that we adopt dialogue as our path, mutual understanding as our code of conduct, and reciprocal understanding as our method and standard (cf. Document on Human Fraternity, Abu Dhabi, 4 February 2019). In this way, we can focus on what unites us, show mutual respect for our differences, and encourage one another to look to a future of opportunity and dignity, especially for future generations.

This evening, we have gathered to pray before these lamps brought by our children. They symbolize the fire of love that burns within us and that is meant to become a beacon of mercy, love and peace wherever we find ourselves. A beacon that can cast light upon our entire world. With the fire of love, we can melt the icy chill of war and conflict. Our celebration of peace takes place on the ruins of ancient Serdika, here in Sofia, the heart of Bulgaria. From here, we can see the places of worship of the different Churches and religious Confessions: Saint Nedelya of our Orthodox brothers and sisters, Saint Joseph of us Catholics, the synagogue of our older brothers, the Jews, the mosque of our Muslim brothers and sisters and, closer to us, the Armenian church.

For many centuries, the Bulgarians of Sofia belonging to different cultural and religious groups gathered in this place for meetings and discussions. May this symbolic place become a witness to peace. Tonight our voices blend in expressing our ardent desire for peace. Let there be peace on earth: in our families, in our hearts, and above all in those places where so many voices have been silenced by war, stifled by indifference and ignored due to the powerful complicity of interest groups. May all work together to make this dream come true: religious, political and cultural leaders. May each of us, wherever we may be, in all that we do, be able to say: “Lord, make me an instrument of your peace”.

It is a plea that the dream of Pope Saint John XXIII will come true: the dream of an earth where peace is always at home. Let us share in that aspiration and, by the witness of lives, let us say: Pacem in terris! Let there be peace on earth to all those whom the Lord loves.

[00746-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern,

wir haben für den Frieden gebetet mit Worten, die vom heiligen Franz von Assisi inspiriert sind, der ganz von der Liebe zu Gott, dem Schöpfer und Vater aller, erfüllt war. Diese Liebe hat er mit gleicher Leidenschaft und ehrlicher Achtung gegenüber der Schöpfung und jedem Menschen, dem er auf seinem Weg begegnete, bezeugt. Diese Liebe hat seinen Blick verwandelt, da sie ihm das Bewusstsein dafür schenkte, dass in jedem ein »Lichtstrahl« vorhanden ist, »der aus der persönlichen Gewissheit hervorgeht, jenseits von allem grenzenlos geliebt zu sein« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 6). Diese Liebe brachte ihn dazu, echter Erbauer des Friedens zu sein. Auch ein jeder von uns ist gerufen, auf seinen Spuren zu einem Erbauer, einem „Handwerker“ des Friedens zu werden. Wir müssen um diesen Frieden bitten und dafür arbeiten; er ist Gabe und Aufgabe zugleich, Geschenk und ständiges Bemühen jeden Tag, um eine Kultur aufzubauen, in der auch der Friede ein Grundrecht ist. Es ist ein aktiver Friede, der gegen alle Formen von Egoismus und Gleichgültigkeit gewappnet ist, die uns dazu führen, der unveräußerlichen Würde jeder Person die kleinlichen Interessen einiger überzuordnen. Der Friede erfordert und verlangt, dass wir den Dialog als Weg nehmen, die allgemeine Zusammenarbeit zu unserer Verhaltensregel und das gegenseitige Verständnis zur Methode und zum Maßstab machen (vgl. Dokument über die Brüderlichkeit aller Menschen, Abu Dhabi, 4. Februar 2019), um uns in dem, was uns vereint, zu begegnen, um in dem, was uns trennt, einander zu respektieren und um einander zu ermutigen, die Zukunft als Raum der Chancen und der Würde zu betrachten, insbesondere für die künftigen Generationen.

Heute Abend sind wir hier, um vor diesen Fackeln zu beten, die von unseren Kindern gebracht wurden. Sie symbolisieren das Feuer der Liebe, das in uns brennt und das zu einem Leuchtturm der Barmherzigkeit, der Liebe und des Friedens in unseren Lebensbereichen werden muss. Wir möchten, dass es ein Leuchtturm sei, der die ganze Welt erhellt. Mit dem Feuer der Liebe wollen wir das Eis der Kriege schmelzen. Wir begehen diese Feier für den Frieden über den Ruinen des antiken Serdica in Sofia, dem Herzen Bulgariens. Von hier aus können wir die Gotteshäuser der verschiedenen Kirchen und Glaubensbekenntnisse sehen: St. Nedelja unserer orthodoxen Brüder und Schwestern, St. Josef von uns Katholiken, die Synagoge unserer älteren Brüder und Schwestern, der Juden, sowie die Moschee unserer muslimischen Brüder und Schwestern und in der Nähe die Kirche der Armenier.

An diesem Ort kamen über Jahrhunderte die Bulgaren Sofias, die verschiedenen kulturellen und religiösen Gruppen angehören, zusammen, um sich zu treffen und miteinander zu reden. Möge dieser symbolträchtige Ort ein Zeugnis des Friedens darstellen. In diesem Augenblick vereinen sich unsere Stimmen und bringen einstimmig die brennende Sehnsucht nach Frieden zum Ausdruck: Der Friede verbreite sich auf der ganzen Erde! In unseren Familien, in einem jeden von uns und besonders an den Orten, wo viele Stimmen vom Krieg zum Schweigen gebracht wurden, von der Gleichgültigkeit erstickt und angesichts des erdrückenden Einvernehmens von Interessensgruppen nicht beachtet wurden. Alle mögen an der Realisierung dieses Strebens nach Frieden mitwirken: die Vertreter der Religionen, der Politik, der Kultur. Jeder kann dort, wo er sich befindet und die Aufgabe erfüllt, die ihm zukommt, sagen: „Mach mich zu einem Werkzeug deines Friedens.“ Gott, es ist der Wunsch, dass sich der Traum des heiligen Johannes XXIII. von einer Erde, auf der der Friede zu Hause ist, erfüllt. Wir wollen seiner Sehnsucht folgen und mit Leben sagen: Pacem in terris! Friede auf Erden allen Menschen, die Gott liebt.

[00746-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Hemos rezado por la paz con las palabras de san Francisco de Asís, gran enamorado de Dios Creador y Padre de todos. Amor que testimonió con la misma pasión y el sincero respeto por la creación y por cada persona que encontraba en su camino. Amor que transformó su mirada al saber que en cada uno existe «un brote de luz que nace de la certeza personal de ser infinitamente amado, más allá de todo» (Exhort. apost. Evangelii gaudium, 6). Amor que lo llevó a ser un auténtico constructor de paz. También nosotros, siguiendo sus huellas, estamos llamados a ser constructores, “artesanos” de paz. Paz que debemos implorar y por la que debemos trabajar, don y tarea, regalo y esfuerzo constante y cotidiano por construir una cultura donde la paz sea también un derecho fundamental. Paz activa y “armada” contra todas las formas de egoísmo e indiferencia que nos hagan poner los intereses mezquinos de algunos sobre la dignidad inviolable de cada persona. La paz reclama y pide que hagamos del diálogo un camino; de la colaboración común nuestra conducta; del conocimiento recíproco método y criterio (cf. Documento sobre la fraternidad humana, Abu Dabi, 4 febrero 2019) para encontrarnos en lo que nos une, respetarnos en lo que nos separa y animarnos a mirar el mañana como un espacio de oportunidad y de dignidad, especialmente para las generaciones que vendrán.

Estamos aquí esta tarde para rezar ante estas antorchas traídas por nuestros niños. Simbolizan el fuego del amor que arde en nosotros y que debe convertirse en un faro de misericordia, de amor y de paz en los ambientes en que vivimos. Un faro que nos gustaría que iluminara el mundo entero. Con el fuego del amor, queremos derretir el hielo de las guerras. Estamos viviendo este encuentro por la paz en las ruinas de la antigua Serdica, en Sofía, corazón de Bulgaria. Desde aquí, podemos ver los lugares de culto de diferentes Iglesias y confesiones religiosas: Santa Nedelia, de nuestros hermanos ortodoxos; San José, de nosotros, católicos; la sinagoga de nuestros hermanos mayores, los judíos; la mezquita de nuestros hermanos musulmanes y, cerca, la iglesia de los armenios.

En este lugar, durante siglos, los búlgaros de Sofía pertenecientes a diferentes grupos culturales y religiosos se concentraban para reunirse y discutir. Que este lugar simbólico represente un testimonio de paz. En este momento, nuestras voces se funden y expresan al unísono el ardiente deseo de paz: que la paz se extienda por toda la tierra, en nuestros hogares, en cada uno de nosotros, y especialmente en esos lugares donde muchas voces han sido silenciadas por las guerras, mutiladas por la indiferencia e ignoradas por la complicidad aplastante de grupos de interés. Que todos cooperen en la realización de esta aspiración: los representantes de la religión, de la política, de la cultura. Que cada uno allí donde se encuentre, realizando la tarea que le toca pueda decir: “Señor, hazme un instrumento de tu paz”. Es el deseo que se realice el sueño del papa san Juan XXIII, de una tierra en la que la paz se encuentre en casa. Sigamos su anhelo y con la vida digamos: Pacem in terris. Paz en la tierra y a todos los hombres que ama el Señor.

[00746-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs!

Rezamos pela paz com palavras inspiradas em São Francisco de Assis, grande enamorado de Deus Criador e Pai de todos. Amor que ele, com idêntica paixão e sincero respeito, testemunhou pela criação e por toda a pessoa que encontrava no seu caminho. Amor que transformou o seu olhar, dando-lhe a consciência de que em cada um existe «um feixe de luz que nasce da certeza pessoal de, não obstante o contrário, sermos infinitamente amados» (Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium, 6). Amor que o levou a ser um autêntico construtor de paz. Na sua esteira, também cada um de nós é chamado a tornar-se um construtor, um «artesão» de paz. Paz que devemos implorar e pela qual devemos trabalhar: dom e tarefa, presente e esforço constante e diário para construir uma cultura, onde também a paz seja um direito fundamental. Paz ativa e «fortificada» contra todas as formas de egoísmo e indiferença, que nos fazem antepor os interesses mesquinhos de alguns à dignidade inviolável de toda a pessoa. A paz exige e pede-nos para fazermos do diálogo um caminho, da colaboração comum a nossa conduta, do conhecimento mútuo o método e o critério (cf. Documento sobre a Fraternidade Humana, Abu Dhabi 4 de fevereiro de 2019), para nos encontrarmos naquilo que nos une, respeitarmo-nos naquilo que nos separa, e encorajarmo-nos a olhar o futuro como um espaço de oportunidades e dignidade, especialmente para as gerações vindouras.

Nesta noite, estamos aqui a rezar diante destas tochas trazidas pelas nossas crianças. Simbolizam o fogo do amor que está aceso em nós e deve tornar-se um farol de misericórdia, amor e paz nos ambientes onde vivemos. Um farol que gostaríamos pudesse iluminar o mundo inteiro. Com o fogo do amor, queremos derreter o gelo das guerras. Estamos a viver este evento em prol da paz nas ruínas da antiga Serdika, em Sófia, coração da Bulgária. Daqui podemos ver os lugares de culto de diferentes Igrejas e Confissões religiosas: Santa Nedélia dos nossos irmãos ortodoxos, São José dos católicos, a sinagoga dos nossos irmãos mais velhos – os judeus –, a mesquita dos nossos irmãos muçulmanos e, perto, a igreja dos arménios.

Durante séculos, congregavam-se neste lugar os búlgaros de Sófia pertencentes a vários grupos culturais e religiosos, para se encontrar e dialogar. Que este lugar simbólico represente um testemunho de paz! Neste momento, as nossas vozes fundem-se e expressam, em uníssono, o desejo ardente da paz: que a paz se espalhe por toda a terra! Nas nossas famílias, em cada um de nós e, de modo especial, naqueles lugares onde tantas vozes foram silenciadas pela guerra, sufocadas pela indiferença e ignoradas pela cumplicidade esmagadora de grupos de interesses. Que todos cooperem para a realização desta aspiração: os expoentes das religiões, da política, da cultura. Cada qual no lugar onde se encontra, desempenhando a tarefa que lhe cabe, pode dizer: «Senhor, fazei de mim um instrumento da vossa paz». Com votos de que se realize este sonho do Papa São João XXIII: uma terra onde a paz seja de casa. Adotemos o seu desejo e, com a vida, digamos: Pacem in terris! Paz, na terra, a todos os homens amados pelo Senhor!

[00746-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drodzy bracia i siostry,

Modliliśmy się o pokój słowami inspirowanymi przez świętego Franciszka z Asyżu, wielkiego miłośnika Boga Stwórcy i Ojca wszystkich. Miłości, której był świadkiem z tą samą pasją i szczerym szacunkiem dla stworzenia i każdej osoby, jaką napotkał na swojej drodze. Miłości, która zmieniła jego spojrzenie, dając mu świadomość, że w każdym jest „promyk światła, rodzący się z osobistej pewności, że jest się nieskończenie kochanym” (Adhort. apost. Evangelii gaudium, 6). Miłości, która doprowadziła go do bycia autentycznym budowniczym pokoju. Również każdy z nas, idąc w jego ślady, jest powołany, aby stać się budowniczym, „rzemieślnikiem” pokoju. Pokoju, o który musimy błagać i dla którego musimy pracować, będącego darem i zadaniem, darem a także stałym i codziennym wysiłkiem na rzecz budowania kultury, w której również pokój byłby prawem podstawowym. Pokój czynny i „umocniony” przeciwko wszelkim formom egoizmu i obojętności, które sprawiają, że przedkładamy interesy małostkowe niektórych nad nienaruszalną godność każdej osoby. Pokój wymaga i żąda, że z dialogu uczynimy drogę; wzajemną współpracę kodeksem postępowania; wzajemne porozumienie metodą i kryterium (por. Dokument o ludzkim  braterstwie, Abu Zabi, 4 lutego 2019 r.), by spotkać się w tym, co nas łączy, szanować siebie w tym, co nas dzieli i zachęcać się do patrzenia w przyszłość jako przestrzeń szansy i godności, zwłaszcza dla przyszłych pokoleń.

Dziś wieczorem jesteśmy tutaj, aby modlić się w obliczu tych niesionych przez nasze dzieci lampionów. Symbolizują one ogień miłości, który w nas płonie i winien stać się lampą miłosierdzia, miłości i pokoju tam, gdzie żyjemy. Latarnią, która jak pragniemy oświetliłaby cały świat. Ogniem miłości chcemy roztopić lód zimnych wojen. Przeżywamy to wydarzenia na rzecz pokoju na ruinach starożytnej Serdiki w Sofii, będącej centrum Bułgarii. Możemy stąd dostrzec miejsca kultu różnych Kościołów i wyznań religijnych: Świętej Niedzieli naszych braci prawosławnych, Świętego Józefa - nas katolików, synagogę naszych starszych braci - żydów, meczet naszych braci muzułmanów i pobliski kościół Ormian.

Na to miejsce przybywali przez wieki Bułgarzy z Sofii, należący do różnych grup kulturowych i religijnych, aby się spotkać i dyskutować. Oby to symboliczne miejsce mogło stanowić świadectwo pokoju. W tej chwili nasze głosy łączą się i jednogłośnie wyrażają żarliwe pragnienie pokoju: niech pokój szerzy się po całej ziemi! W naszych rodzinach, w każdym z nas, a szczególnie w tych miejscach, w których tak wiele głosów zostało uciszonych przez wojnę, przytłumionych obojętnością i zlekceważonych przez przygnębiający współudział grup interesu. Niech wszyscy współpracują w realizacji tego dążenia: przedstawiciele religii, polityki, kultury. Każdy tam, gdzie jest, wykonując należące do siebie zadanie może powiedzieć: „Panie, uczyń mnie narzędziem swojego pokoju”. Pragnę, aby spełniło się marzenie papieża świętego Jana XXIII o ziemi, gdzie pokój by się zadomowił. Podążajmy za jego pragnieniem i powiedzmy naszym życiem: Pacem in terris! Pokój na ziemi wszystkim ludziom miłowanym przez Pana.

[00746-PL.02] [Testo originale: Italiano]

[B0379-XX.02]