Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Bulgaria e nella Macedonia del Nord – Santa Messa nella Piazza Knyaz Alexandar I, 05.05.2019


Santa Messa nella Piazza Knyaz Alexandar I

Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Questo pomeriggio, lasciata la Nunziatura Apostolica di Sofia, il Santo Padre Francesco si è recato a Piazza Knyaz Alexandar I per la celebrazione della Santa Messa.

Al Suo arrivo, dopo alcuni giri in papamobile tra i fedeli, alle ore 16.30 (15.30 ora di Roma) il Papa ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella III Domenica di Pasqua alla presenza di circa 12 mila fedeli.

Al termine della Santa Messa, S.E. Mons. Christo Proykov, Vescovo titolare di Briula, Esarca Apostolico di Sofia per i cattolici di rito bizantino-slavo e Presidente della Conferenza Episcopale della Bulgaria, ha rivolto un breve saluto al Santo Padre. Dopo la benedizione finale, il Papa è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Santa Messa:

Omelia del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, Cristo è risorto! Christos vozkrese!

È meraviglioso il saluto con il quale i cristiani nel vostro Paese si scambiano la gioia del Risorto in questo tempo pasquale.

Tutto l’episodio che abbiamo ascoltato, narrato alla fine dei Vangeli, ci permette di immergerci in questa gioia che il Signore ci invita a “contagiare” ricordandoci tre realtà stupende che segnano la nostra vita di discepoli: Dio chiama, Dio sorprende, Dio ama.

Dio chiama. Tutto avviene sulle rive del lago di Galilea, là dove Gesù aveva chiamato Pietro. Lo aveva chiamato a lasciare il mestiere di pescatore per diventare pescatore di uomini (cfr Lc 5,4-11). Ora, dopo tutto il cammino, dopo l’esperienza di veder morire il Maestro e nonostante l’annuncio della sua risurrezione, Pietro torna alla vita di prima: «Io vado a pescare», dice. E gli altri discepoli non sono da meno: «Veniamo anche noi con te» (Gv 21,3). Sembrano fare un passo indietro; Pietro riprende in mano le reti a cui aveva rinunciato per Gesù. Il peso della sofferenza, della delusione, perfino del tradimento era diventato una pietra difficile da rimuovere nel cuore dei discepoli; erano ancora feriti sotto il peso del dolore e della colpa e la buona notizia della Risurrezione non aveva messo radici nel loro cuore. Il Signore sa quanto è forte per noi la tentazione di tornare alle cose di prima. Le reti di Pietro, come le cipolle d’Egitto, sono nella Bibbia simbolo della tentazione della nostalgia del passato, di voler indietro qualcosa di quanto si era voluto lasciare. Davanti alle esperienze di fallimento, di dolore e persino del fatto che le cose non risultino come si sperava, appare sempre una sottile e pericolosa tentazione che invita allo scoraggiamento e a lasciarsi cadere le braccia. È la psicologia del sepolcro che tinge tutto di rassegnazione, facendoci affezionare a una tristezza dolciastra che come una tarma corrode ogni speranza. Così si sviluppa la più grande minaccia che può radicarsi in seno a una comunità: il grigio pragmatismo della vita, nella quale apparentemente tutto procede con normalità, ma in realtà la fede si va esaurendo e degenerando in meschinità (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 83).

Ma proprio lì, nel fallimento di Pietro, arriva Gesù, ricomincia da capo e con pazienza esce ad incontrarlo e gli dice «Simone» (v. 15): era il nome della prima chiamata. Il Signore non aspetta situazioni o stati d’animo ideali, li crea. Non aspetta di incontrarsi con persone senza problemi, senza delusioni, senza peccati o limitazioni. Egli stesso ha affrontato il peccato e la delusione per andare incontro ad ogni vivente e invitarlo a camminare. Fratelli, il Signore non si stanca di chiamare. È la forza dell’Amore che ha ribaltato ogni pronostico e sa ricominciare. In Gesù, Dio cerca di dare sempre una possibilità. Fa così anche con noi: ci chiama ogni giorno a rivivere la nostra storia d’amore con Lui, a rifondarci nella novità che è Lui. Tutte le mattine, ci cerca lì dove siamo e ci invita «ad alzarci, a risorgere sulla sua Parola, a guardare in alto e credere che siamo fatti per il Cielo, non per la terra; per le altezze della vita, non per le bassezze della morte», e ci invita a non cercare «tra i morti Colui che è vivo» (Omelia nella Veglia Pasquale, 20 aprile 2019). Quando lo accogliamo, saliamo più in alto, abbracciamo il nostro futuro più bello non come una possibilità ma come una realtà. Quando è la chiamata di Gesù a orientare la vita, il cuore ringiovanisce.

Dio sorprende. È il Signore delle sorprese che invita non solo a sorprendersi, ma a realizzare cose sorprendenti. Il Signore chiama e, incontrando i discepoli con le reti vuote, propone loro qualcosa di insolito: pescare di giorno, cosa piuttosto strana su quel lago. Ridà loro fiducia mettendoli in movimento e spingendoli di nuovo a rischiare, a non dare nulla e specialmente nessuno per perso. È il Signore della sorpresa che rompe le chiusure paralizzanti restituendo l’audacia capace di superare il sospetto, la sfiducia e il timore che si nasconde dietro il “si è sempre fatto così”. Dio sorprende quando chiama e invita a gettare non solo le reti, ma noi stessi al largo nella storia e a guardare la vita, a guardare gli altri e anche noi stessi con i suoi stessi occhi che «nel peccato, vede figli da rialzare; nella morte, fratelli da risuscitare; nella desolazione, cuori da consolare. Non temere, dunque: il Signore ama questa tua vita, anche quando hai paura di guardarla e prenderla in mano» (ibid.).

Giungiamo così alla terza certezza di oggi. Dio chiama, Dio sorprende perché Dio ama. L’amore è il suo linguaggio. Perciò chiede a Pietro e a noi di sintonizzarsi sulla stessa lingua: «Mi ami?». Pietro accoglie l’invito e, dopo tanto tempo passato con Gesù, capisce che amare vuol dire smettere di stare al centro. Adesso non parte più da sé, ma da Gesù: «Tu conosci tutto» (Gv 21,18), risponde. Si riconosce fragile, capisce che non può andare avanti solo con le sue forze. E si fonda sul Signore, sulla forza del suo amore, fino alla fine. Questa è la nostra forza che ogni giorno siamo invitati a rinnovare: il Signore ci ama. Essere cristiano è una chiamata ad avere fiducia che l’Amore di Dio è più grande di ogni limite o peccato. Uno dei grandi dolori e ostacoli che sperimentiamo oggi non nasce tanto nel comprendere che Dio sia amore, ma nel fatto che siamo arrivati ad annunciarlo e testimoniarlo in modo tale che per molti questo non è il suo nome. Dio è amore, un amore che si dona, chiama e sorprende.

Ecco il miracolo di Dio, che fa delle nostre vite opere d’arte se ci lasciamo guidare dal suo amore. Tanti testimoni della Pasqua in questa terra benedetta hanno realizzato capolavori magnifici, ispirati da una fede semplice e da un amore grande. Offrendo la vita, sono stati segni viventi del Signore, sapendo superare con coraggio l’apatia e offrendo una risposta cristiana alle preoccupazioni che si presentavano loro (cfr Esort. ap. pstsin. Christus vivit, 174). Oggi siamo invitati a guardare e scoprire quello che il Signore ha fatto nel passato per lanciarci con Lui verso il futuro, sapendo che, nel successo e negli errori, tornerà sempre a chiamarci per invitarci a gettare le reti. Quello che ho detto ai giovani nell’Esortazione che recentemente ho scritto, desidero dirlo anche a voi. Una Chiesa giovane, una persona giovane, non per l’età ma per la forza dello Spirito, ci invita a testimoniare l’amore di Cristo, un amore che incalza e ci porta ad essere pronti a lottare per il bene comune, servitori dei poveri, protagonisti della rivoluzione della carità e del servizio, capaci di resistere alle patologie dell’individualismo consumista e superficiale. Innamorati di Cristo, testimoni vivi del Vangelo in ogni angolo di questa città (cfr ibid., 174-175). Non abbiate paura di essere i santi di cui questa terra ha bisogno, una santità che non vi toglierà forza, non vi toglierà vita o gioia; anzi, proprio al contrario, perché giungerete voi e i figli di questa terra ad essere quello che il Padre sognò quando vi creò (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 32).

Chiamati, sorpresi e inviati per amore!

[00743-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers frères et sœurs, le Christ est ressuscité! Christos vozkrese!

Comme elle est merveilleuse la salutation avec laquelle les chrétiens de votre pays s’échangent la joie du Ressuscité en ce temps pascal.

Tout l’épisode que nous avons écouté, raconté à la fin des Évangiles, nous permet de nous immerger dans cette joie que le Seigneur nous invite à “contagionner” en nous rappelant trois réalités merveilleuses qui marquent notre vie de disciples: Dieu appelle, Dieu surprend, Dieu aime.

Dieu appelle. Tout se passe sur la rive du lac de Galilée, là où Jésus avait appelé Pierre. Il l’avait appelé à abandonner le métier de pêcheur pour devenir pêcheur d’hommes (cf. Lc 5, 4-11). Maintenant, après tout ce cheminement, après l’expérience d’avoir vu mourir le Maître et malgré l’annonce de sa résurrection, Pierre retourne à sa vie d’avant: «Je m’en vais à la pêche», dit-il. Et les autres disciples ne sont pas en reste: «Nous aussi, nous allons avec toi» (Jn 21, 3). Ils semblent faire un pas en arrière; Pierre reprend en main les filets auxquels il avait renoncé pour Jésus. Le poids de la souffrance, de la déception, voire de la trahison était devenu une pierre difficile à ôter du cœur des disciples; ils étaient encore blessés sous le poids de la douleur et de la faute et la bonne nouvelle de la Résurrection n’avait pas pris racine dans leur cœur. Le Seigneur sait combien est forte pour nous la tentation de retourner aux choses d’avant. Les filets de Pierre, comme les oignons d’Égypte, sont dans la Bible un symbole de la tentation de la nostalgie du passé, de vouloir revenir à quelque chose que l’on avait voulu abandonner. Devant l’expérience de l’échec, de la douleur, voire du fait que les choses ne se déroulent pas comme on l’espérait, apparaît toujours une subtile et dangereuse tentation qui invite au découragement et à baisser les bras. C’est la psychologie du sépulcre qui colore tout de résignation, nous faisant nous attacher à une tristesse doucereuse qui, comme une mite, ronge toute espérance. Ainsi se développe la plus grande menace qui peut s’enraciner au sein d’une communauté: le pragmatisme gris de la vie dans lequel tout se passe apparemment bien dans la normalité, mais, en réalité, la foi s’épuise et dégénère en mesquinerie (cf. Exhort. Ap. Evangelii Gaudium, n. 83).

Mais, là justement, dans l’échec de Pierre, Jésus arrive et recommence depuis le début, et avec patience, il va à sa rencontre et lui dit «Simon» (v. 15): c’était le nom du tout premier appel. Le Seigneur n’attend pas des situations ou des états d’âme idéaux, il les crée. Il n’attend pas de rencontrer des personnes sans problèmes, sans déceptions, sans péchés ou limites. Lui-même, il a affronté le péché et la déception pour aller à la rencontre de tout être vivant et l’inviter à cheminer. Frères, le Seigneur ne se fatigue pas d’appeler. C’est la force de l’Amour qui a renversé tout pronostic et qui sait recommencer. En Jésus, Dieu cherche toujours à donner une possibilité. Il fait comme cela aussi avec nous: il nous appelle chaque jour à revivre notre histoire d’amour avec Lui, à nous refonder dans la nouveauté qu’Il est, Lui. Tous les matins, il nous cherche là où nous sommes et il nous invite «à nous lever, à nous redresser sur sa Parole, à regarder vers le haut et à croire que nous sommes faits pour le Ciel, non pas pour la terre; pour les hauteurs de la vie, non pas pour les bassesses de la mort», et il nous invite à ne pas chercher «parmi les morts Celui qui est vivant» (Homélie de la Veillée Pascale, 20 avril 2019). Quand nous l’accueillons, nous montons plus haut, nous embrassons notre plus bel avenir, non pas comme une possibilité mais comme une réalité. Quand c’est l’appel de Jésus qui oriente la vie, le cœur rajeunit.

Dieu surprend. Il est le Seigneur des surprises qui invite non seulement à être surpris, mais aussi à réaliser des choses surprenantes. Le Seigneur appelle et, en rencontrant les disciples avec les filets vides, il leur propose quelque chose d’insolite: pêcher en plein jour, chose plutôt étrange sur ce lac. Il leur redonne confiance en les mettant en mouvement et en les poussant de nouveau à risquer, à ne considérer rien, ni surtout personne, comme perdu. Il est le Seigneur de la surprise qui brise les fermetures paralysantes en restituant l’audace capable de surmonter la suspicion, la méfiance et la crainte qui se cachent derrière le “on a toujours fait comme cela”. Dieu surprend quand il appelle et invite à jeter non seulement les filets, mais nous-mêmes au large de l’histoire et à regarder la vie, à regarder les autres et nous-mêmes avec ses propres yeux qui, «dans le péché, voit des enfants à relever; dans la mort, des frères à ressusciter; dans la désolation, des cœurs à consoler. Ne crains donc pas: le Seigneur aime cette vie qui est la tienne, même quand tu as peur de la regarder et de la prendre en main» (Ibid.).

Ainsi, nous arrivons à la troisième certitude d’aujourd’hui. Dieu appelle, Dieu surprend parce que Dieu aime. L’amour est son langage. C’est pourquoi, il demande à Pierre et à nous de s’accorder sur le même langage: «M’aimes-tu?». Pierre accueille l’invitation et, après beaucoup de temps passé avec Jésus, il comprend qu’aimer veut dire arrêter d’être au centre. Maintenant, il ne part plus de lui, mais de Jésus: «Tu sais tout» (Jn 21, 17), répond-il. Il se reconnaît fragile, il comprend qu’il ne peut pas aller de l’avant uniquement avec ses forces. Et il se fonde sur le Seigneur, sur la force de son amour, jusqu’au bout. Ceci est notre force que nous sommes invités chaque jour à renouveler: le Seigneur nous aime. Être chrétien est un appel à avoir confiance que l’Amour de Dieu est plus grand que toute limite ou tout péché. Une des plus grandes souffrances et un des plus grands obstacles dont nous faisons l’expérience aujourd’hui ne naît pas tant dans la compréhension que Dieu est amour, mais dans le fait que nous sommes arrivés à l’annoncer et à en témoigner de telle manière que, pour beaucoup, ce n’est pas son nom. Dieu est amour, un amour qui se donne, qui appelle et qui surprend.

Voici le miracle de Dieu qui fait de nos vies des œuvres d’art, si nous nous laissons guider par son amour. De nombreux témoins de la Pâque, en cette terre bénie ont réalisé des chefs-d’œuvre magnifiques, inspirés par une foi simple et par un grand amour. En offrant leur vie, ils ont été des signes vivants du Seigneur, en sachant surmonter avec courage l’apathie et en offrant une réponse chrétienne aux préoccupations qui se présentaient à eux (cf. Exhort. Ap. Christus vivit, n. 174). Aujourd’hui, nous sommes invités à regarder et à découvrir ce que le Seigneur a fait dans le passé afin de nous projeter avec Lui vers l’avenir, en sachant que, dans le succès et dans les erreurs, il reviendra toujours nous appeler pour nous inviter à jeter les filets. Ce que j’ai dit aux jeunes dans l’Exhortation que j’ai récemment écrite, je désire le dire à vous aussi. Une Église jeune, une personne jeune, non par l’âge mais par la force de l’Esprit, nous invite à témoigner de l’amour du Christ, un amour qui presse et qui nous conduit à être prêts à lutter pour le bien commun, serviteurs des pauvres, protagonistes de la révolution de la charité et du service, capables de résister aux pathologies de l’individualisme consumériste et superficiel. Amoureux du Christ, témoins vivants de l’Évangile en tout recoin de cette ville (cf. ibid., nn. 174-175). N’ayez pas peur d’être les saints dont cette terre a besoin, une sainteté qui ne vous enlèvera pas la force, ne vous enlèvera pas la vie ou la joie; mais, bien au contraire, parce que vous et les fils de cette terre, vous arriverez à être ce dont le Père a rêvé quand il vous a créés (cf. Exhort. Ap. Gaudete et exsultate, 32).

Appelés, surpris et envoyés par amour!

[00743-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters, Christ is risen! Christos vozkrese!

It is wonderful to see how with these words Christians in your country greet one another in the joy of the Risen Lord during the Easter season.

The entire episode we have just heard, drawn from the final pages of the Gospels, helps us immerse ourselves in this joy that the Lord asks us to spread. It does so by reminding us of three amazing things that are part of our lives as disciples: God calls, God surprises, God loves.

God calls. Everything takes place on the shore of the Sea of Galilee, where Jesus first called Peter. He had called him to leave behind his trade as a fisher in order to become a fisher of men (cf. Lk 5:4-11). Now, after all that had happened to him, after the experience of seeing the Master die and hearing news of his resurrection, Peter goes back to his former life. He tells the others disciples, “I am going fishing”. And they follow suit: “We will go with you” (Jn 21:3). They seem to take a step backwards; Peter takes up the nets he had left behind for Jesus. The weight of suffering, disappointment, and of betrayal had become like a stone blocking the hearts of the disciples. They were still burdened with pain and guilt, and the good news of the resurrection had not taken root in their hearts.

The Lord knows what a strong temptation it is for us to return to the way things were before. In the Bible, Peter’s nets, like the fleshpots of Egypt, are a symbol of a tempting nostalgia for the past, of wanting to take back what we had decided to leave behind. In the face of failure, hurt, or even the fact that at times things do not go the way we want, there always comes a subtle and dangerous temptation to become disheartened and to give up. This is the tomb psychology that tinges everything with dejection and leads us to indulge in a soothing sense of self-pity that, like a moth, eats away at all our hope. Then the worst thing that can happen to any community begins to appear – the grim pragmatism of a life in which everything appears to proceed normally, while in reality faith is wearing down and degenerating into small-mindedness (cf. Evangelii Gaudium, 83).

But it was at the very moment of Peter’s failure that Jesus appears, starts over, patiently comes to him and calls him “Simon” (v. 15) – the name Peter received when he was first called. The Lord does not wait for perfect situations or frames of mind: he creates them. He does not expect to encounter people without problems, disappointments, without sins or limitations. He himself confronted sin and disappointment in order to encourage all men and women to persevere. Brothers and sisters, the Lord never tires of calling us. His is the power of a Love that overturns every expectation and is always ready to start anew. In Jesus, God always offers us another chance. He calls us day by day to deepen our love for him and to be revived by his eternal newness. Every morning, he comes to find us where we are. He summons us “to rise at his word, to look up and to realize that we were made for heaven, not for earth, for the heights of life and not for the depths of death”, and to stop seeking “the living among the dead” (Homily at the Easter Vigil, 20 April 2019). When we welcome him, we rise higher and are able to embrace a brighter future, not as a possibility but as a reality. When Jesus’s call directs our lives, our hearts grow young.

God surprises. He is the Lord of surprises. He invites us not only to be surprised, but also to do surprising things. The Lord calls the disciples and, seeing them with empty nets, he tells them to do something odd: to fish by day, something quite out of the ordinary on that lake. He revives their trust by urging them once more to take a risk, not to give up on anyone or anything. He is the Lord of surprises, who breaks down paralyzing barriers by filling us with the courage needed to overcome the suspicion, mistrust and fear that so often lurk behind the mindset that says, “We have always done things this way”. God surprises us whenever he calls and asks us to put out into the sea of history not only with our nets, but with our very selves. To look at our lives and those of others as he does, for “in sin, he sees sons and daughters to be restored; in death, brothers and sisters to be reborn; in desolation, hearts to be revived. Do not fear, then: the Lord loves your life, even when you are afraid to look at it and take it in hand” (ibid.).

We can now turn to the third amazing thing: God calls and God surprises, because God loves. Love is his language. That is why he asks Peter, and us, to learn that language. He asks Peter: “Do you love me?” And Peter says yes; after spending so much time with Jesus, he now understands that to love means to stop putting himself at the centre. He now makes Jesus, and not himself, the starting point: “You know everything” (Jn 21:18), he says. Peter recognizes his weakness; he realizes that he cannot make progress on his own. And he takes his stand on the Lord and on the strength of his love, to the very end.

The Lord loves us: this is the source of our strength and we are asked to reaffirm it each day. Being a Christian is a summons to realize that God’s love is greater than all our shortcomings and sins. One of our great disappointments and difficulties today comes not from knowing that God is love, but that our way of proclaiming and bearing witness to him is such that, for many people, this is not his name. God is love, a love that bestows itself, that calls and surprises.

Here we see the miracle of God, who makes of our lives works of art, if only we let ourselves to be led by his love. Many of the witnesses of Easter in this blessed land created magnificent masterpieces, inspired by simple faith and great love. Offering their lives, they became living signs of the Lord, overcoming apathy with courage and offering a Christian response to the concerns that they encountered (cf. Christus Vivit, 174). Today we are called to lift up our eyes and acknowledge what the Lord has done in the past, and to walk with him towards the future, knowing that, whether we succeed or fail, he will always be there to keep telling us to cast our nets.

Here I would like to repeat what I said to young people in my recent Exhortation. A young Church, young not in terms of age but in the grace of the Spirit, is inviting us to testify to the love of Christ, a love that inspires and directs us to strive for the common good. This love enables us to serve the poor and to become protagonists of the revolution of charity and service, capable of resisting the pathologies of consumerism and superficial individualism. Brimming with the love of Christ, be living witnesses of the Gospel in every corner of this city (cf. Christus Vivit, 174-175). Do not be afraid of becoming the saints that this land greatly needs. Do not be afraid of holiness. It will take away none of your energy, it will take away none of your vitality or joy. On the contrary, you and all the sons and daughters of this land will become what the Father had in mind when he created you (cf. Gaudete et Exsultate, 32).

Called, surprised and sent for love!

[00743-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern, Christus ist auferstanden! Christos woskrese!

Das ist ein wunderbarer Gruß, mit dem sich die Christen in eurem Land die Freude des Auferstandenen in dieser österlichen Zeit zusprechen.

Die gesamte eben gehörte Szene, die am Ende der Evangelien beschrieben wird, hilft uns, in diese Freude einzutauchen. Der Herr lädt uns ein, andere damit anzustecken, indem er uns an drei wunderschöne Tatsachen, die unser Leben als Jünger Christi kennzeichnen, erinnert: Gott ruft, Gott überrascht, Gott liebt.

Gott ruft. Alles geschieht an den Ufern des Sees Genezareth, dort wo Jesus Petrus berufen hatte. Er hatte ihn aufgerufen, seinen Beruf des Fischers aufzugeben, um Menschenfischer zu werden (vgl. Lk 5,4-11). Und jetzt, nach dem ganzen Weg, nach der Erfahrung, den Meister sterben zu sehen, und trotz der Botschaft von seiner Auferstehung kehrt er wieder zu seinem früheren Leben zurück: »Ich gehe fischen«, sagt er. Und die übrigen Jünger sind einverstanden: »Wir kommen auch mit« (Joh 21,3). Es sieht aus, als würden sie einen Schritt zurück machen; Petrus nimmt die Netze wieder auf, die er wegen Jesus zurückgelassen hatte. Die Last des Leidens, der Enttäuschung, ja sogar des Verrates war zu einem Stein geworden, der schwer von den Herzen der Jünger weggewälzt werden konnte; sie waren noch von der Last der Schmerzen und der Schuld verwundet. Die gute Nachricht von der Auferstehung hatte keine Wurzeln in ihren Herzen geschlagen. Der Herr weiß, wie stark für uns die Versuchung ist, zu unserem früheren Leben zurückzukehren. In der Bibel sind Petrus’ Netze ebenso wie die Fleischtöpfe Ägyptens Symbole der Versuchung einer Nostalgie der Vergangenheit. Man will etwas zurück von dem, was man hatte aufgeben wollen. Bei der Erfahrung von Scheitern, Leid und sogar nur von der Tatsache, dass die Dinge nicht so sind, wie man erhofft hatte, besteht immer eine subtile, gefährliche Versuchung zur Entmutigung und zur Antriebslosigkeit. Das ist die Psychologie des Grabes, die alles resignierend hinnimmt und uns zu einer bittersüßen Traurigkeit hinzieht, die wie eine Motte jede Hoffnung anfrisst. So entsteht die größte Gefahr innerhalb einer Gemeinschaft: der graue Pragmatismus des Alltags, bei dem allem Anschein nach alles normal weiterläuft, aber sich in Wirklichkeit der Glaube abnützt und ins Schäbige abgleitet (vgl. Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 83).

Doch genau hier, bei Petrus’ Scheitern, tritt Jesus hinzu und beginnt von Neuem von vorne. Geduldig geht er ihm entgegen und sagt »Simon« (v. 15): das war der Name wie bei der ersten Berufung. Der Herr wartet nicht auf ideale Situationen oder Stimmungen, sondern er schafft sie. Er erwartet nicht, auf Menschen ohne Probleme, ohne Enttäuschungen, ohne Sünden oder Fehler zu treffen. Er ist selbst der Sünde und der Enttäuschung entgegengetreten, damit er jedem Lebenden begegnen kann und zum Gehen auffordern kann. Brüder und Schwestern, der Herr wird nicht müde, uns zu rufen. Die Kraft der Liebe hat jede Prognose über den Haufen geworfen und weiß, wie man neu beginnt. Durch Jesus sucht Gott immer eine neue Gelegenheit zu gewähren. Auch mit uns macht er das so: Jeden Tag ruft er uns auf, unsere Liebesgeschichte mit ihm neu aufleben zu lassen, uns auf ihn, der Neuheit ist, neu zu gründen. Jeden Morgen sucht er uns dort auf, wo wir stehen und lädt uns ein »aufzustehen, auf sein Wort hin aufzuerstehen, nach oben zu blicken und daran zu glauben, dass wir für den Himmel, nicht für die Erde, für die Höhen des Lebens und nicht für die Niederungen des Todes geschaffen sind«. Er lädt uns dazu ein, den Lebenden nicht bei den Toten zu suchen (Homilie in der Osternacht, 19. April 2019). Wenn wir ihn aufnehmen, steigen wir höher auf und nehmen unsere beste Zukunft nicht wie eine Möglichkeit sondern als Realität an. Wenn der Ruf Jesu dem Leben eine Orientierung verleiht, dann verjüngt sich das Herz.

Gott überrascht. Es ist der Herr der Überraschungen, der uns dazu einlädt, sich nicht nur überraschen zu lassen, sondern überraschende Dinge zu verwirklichen. Der Herr ruft die Jünger, als er ihnen mit ihren leeren Netzen begegnet, und macht ihnen einen ungewöhnlichen Vorschlag: tagsüber zu fischen, was bei diesem See unüblich war. Er flößt ihnen neues Vertrauen ein und bringt sie zum Handeln. Er ermutigt sie neu, zu riskieren; dazu, nichts und vor allem niemanden als endgültig verloren anzusehen. Es ist der Herr der Überraschungen, der die lähmenden Verhärtungen löst und Mut gibt, Verdacht, Misstrauen und Angst zu überwinden, welche sich hinter der Haltung „Das-haben-wir-immer-so-gemacht“ verstecken. Gott überrascht, wenn er ruft und dazu einlädt, nicht nur die Netze, sondern uns selbst weit auszuwerfen in die Geschichte hinein und das Leben und den Nächsten sowie uns selbst mit seinen Augen zu sehen, denn: »Hinter der Sünde sieht er Kinder, denen aufgeholfen werden muss; hinter dem Tod sieht er Brüder, die zur Auferweckung bestimmt sind; hinter der Trostlosigkeit sieht er Herzen, die zu trösten sind. Habt also keine Angst: Der Herr liebt dein Leben, auch wenn du selbst Angst davor hast, es anzusehen und es in die Hände zu nehmen« (ebd.).

So kommen wir zu der dritten Überzeugung des heutigen Tages. Gott ruft, Gott überrascht, denn Gott liebt. Die Liebe ist seine Sprache. Deshalb will er von Petrus und von uns, dass wir uns auf dieselbe Sprache einstellen: »Liebst du mich?«. Petrus nimmt die Einladung an und versteht endlich, nach so viel mit Jesus verbrachter Zeit, dass lieben heißt, nicht mehr im Zentrum zu stehen. Jetzt geht er nicht mehr von sich aus, sondern von Jesus: »Herr, du weißt alles « (Joh 21,17), antwortet er. Er erkennt an, dass er schwach ist, dass er nicht aus eigener Kraft vorangehen kann. Er baut auf den Herrn, auf die Kraft seiner Liebe, bis ans Ende. Das ist unsere Kraft, die wir jeden Tag erneuern sollen: der Herr liebt uns. Christ sein ist ein Ruf zum Vertrauen, dass die Liebe Gottes größer ist als jede Begrenzung oder Sünde. Ein großes Leid und Hindernis, auf dass wir heute stoßen, besteht nicht so sehr darin zu begreifen, dass Gott Liebe ist, sondern rührt daher, dass wir es geschafft haben, ihn so zu verkünden und zu bezeugen, dass für viele dies nicht sein Name ist. Gott ist Liebe, eine Liebe, die sich verschenkt, die ruft und überrascht.

Das ist das Wunder Gottes: er macht aus unserem Leben ein Kunstwerk, wenn wir uns nur von seiner Liebe führen lassen. In diesem gesegneten Land haben viele Osterzeugen aus einem einfachen Glauben heraus und mit einer großen Liebe wahre Meisterwerke geschaffen. Mit der Hingabe ihres Lebens wurden sie zu lebendigen Zeichen für den Herrn; sie haben mutig die Apathie überwunden und eine christliche Antwort auf die Probleme vor ihren Augen gegeben (vgl. Nachsynodales Apostolisches Schreiben Christus vivit, 174). Heute sollen wir auf das schauen und das entdecken, was der Herr in der Vergangenheit getan hat, damit wir uns mit ihm in die Zukunft aufmachen. Wir wissen dabei, dass er uns im Erfolg und im Versagen immer wieder aufrufen wird, die Netze neu auszuwerfen. Das, was ich den jungen Menschen im kürzlich veröffentlichen Apostolischen Schreiben gesagt haben, will ich auch euch sagen: Eine junge Kirche oder eine junge Person – jung nicht wegen des Alters sondern wegen der Kraft des Geistes – lädt uns dazu ein, die Liebe Gottes zu bezeugen. Eine Liebe, die anstachelt und die uns zum Einsatz für das Gemeinwohl bereitmacht, zum Dienst an den Armen, dazu, Hauptakteure einer Revolution der Liebe und des Dienstes zu sein, die der Krankheit eines konsumistischen und oberflächlichen Individualismus zu widerstehen wissen. Verliebt in Christus, lebende Zeugen des Evangeliums in jeder Ecke dieser Stadt (vgl. ebd. 174-175). Fürchtet euch nicht, die Heiligen zu sein, welche dieses Land braucht; die Heiligkeit raubt euch keine Kraft, sie nimmt von eurem Leben und eurer Freude nichts weg. Ganz im Gegenteil: so werdet ihr und die Kinder dieses Landes zu denen, die der Vater erträumt hat, als er euch erschaffen hat (vgl. Apostolisches Schreiben Gaudete et exsultate, 32).

Gerufen, überrascht und eingeladen aus Liebe!

[00743-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas, Cristo ha resucitado. Christos vozkrese!

Es maravilloso el saludo con el que los cristianos de vuestro país comparten la alegría del Resucitado durante el tiempo pascual.

Todo el episodio que hemos escuchado, que se narra al final de los Evangelios, nos permite sumergirnos en esta alegría que el Señor nos envía a “contagiar”, recordándonos tres realidades estupendas que marcan nuestra vida de discípulos: Dios llama, Dios sorprende, Dios ama.

Dios llama. Todo sucede en las orillas del lago de Galilea, allí donde Jesús había llamado a Pedro. Lo había llamado a dejar su oficio de pescador para convertirse en pescador de hombres (cf. Lc 5,4-11). Ahora, después de todo el camino recorrido, después de la experiencia de ver morir al Maestro y a pesar del anuncio de su resurrección, Pedro vuelve a la vida de antes: «Me voy a pescar», dice. Los otros discípulos no se quedan atrás: «Vamos también nosotros contigo» (Jn 21,3). Parece que dan un paso atrás; Pedro vuelve a tomar las redes, a las que había renunciado por Jesús. El peso del sufrimiento, de la desilusión, incluso de la traición se había convertido en una piedra difícil de remover en el corazón de los discípulos; heridos todavía bajo el peso del dolor y la culpa, la buena nueva de la Resurrección no había echado raíces en su corazón. El Señor sabe lo fuerte que es para nosotros la tentación de volver a las cosas de antes. En la Biblia, las redes de Pedro, como las cebollas de Egipto, son símbolo de la tentación de la nostalgia del pasado, de querer recuperar algo que se había querido dejar. Frente a las experiencias de fracaso, dolor e incluso de que las cosas no resulten como se esperaban, siempre aparece una sutil y peligrosa tentación que invita a desanimarse y bajar los brazos. Es la psicología del sepulcro que tiñe todo de resignación, haciendo que nos apeguemos a una tristeza dulzona que, como polilla, corroe toda esperanza. Así se gesta la mayor amenaza que puede arraigarse en el seno de una comunidad: el gris pragmatismo de la vida, en la que todo procede aparentemente con normalidad, pero en realidad la fe se va desgastando y degenerando en mezquindad (cf. Exhort. apost. Evangelii gaudium, 83).

Pero precisamente allí, en el fracaso de Pedro, llega Jesús, comienza de nuevo, con paciencia sale a su encuentro y le dice «Simón» (v. 15): era el nombre de la primera llamada. El Señor no espera situaciones ni estados de ánimo ideales, los crea. No espera encontrarse con personas sin problemas, sin desilusiones, sin pecados o limitaciones. Él mismo enfrentó el pecado y la desilusión para ir al encuentro de todo viviente e invitarlo a caminar. Hermanos, el Señor no se cansa de llamar. Es la fuerza del Amor que ha vencido todo pronóstico y sabe comenzar de nuevo. En Jesús, Dios busca dar siempre una posibilidad. Lo hace así también con nosotros: nos llama cada día a revivir nuestra historia de amor con Él, a volver a fundarnos en la novedad, que es Él mismo. Todas las mañanas, nos busca allí donde estamos y nos invita «a alzarnos, a levantarnos de nuevo con su Palabra, a mirar hacia arriba y a creer que estamos hechos para el Cielo, no para la tierra; para las alturas de la vida, no para las bajezas de la muerte» y nos invita a no buscar «entre los muertos al que vive» (Homilía de la Vigilia Pascual, 20 abril 2019). Cuando lo acogemos, subimos más alto, abrazamos nuestro futuro más hermoso, no como una posibilidad sino como una realidad. Cuando la llamada de Jesús es la que orienta nuestra vida, el corazón se rejuvenece.

Dios sorprende. Es el Señor de las sorpresas que no sólo invita a sorprenderse sino a realizar cosas sorprendentes. El Señor llama y, al encontrar a los discípulos con sus redes vacías, les propone algo insólito: pescar de día, algo más bien extraño en aquel lago. Les devuelve la confianza poniéndolos en movimiento y lanzándolos nuevamente a arriesgar, a no dar nada ni, especialmente, nadie por perdido. Es el Señor de las sorpresas que rompe los encierros paralizantes devolviendo la audacia capaz de superar la sospecha, la desconfianza y el temor que se esconden detrás del “siempre se hizo así”. Dios sorprende cuando llama e invita a lanzar mar adentro en la historia no solamente las redes, sino a nosotros mismos y a mirar la vida, a mirar a los demás e incluso a nosotros mismos con sus mismos ojos porque «en el pecado, él ve hijos que hay que elevar de nuevo; en la muerte, hermanos para resucitar; en la desolación, corazones para consolar. No tengas miedo, por tanto: el Señor ama tu vida, incluso cuando tienes miedo de mirarla y vivirla» (ibíd.).

Llegamos así a la tercera certeza de hoy. Dios llama, Dios sorprende porque Dios ama. Su lenguaje es el amor. Por eso pide a Pedro y nos pide a nosotros que sintonicemos con su mismo lenguaje: «¿Me amas?». Pedro acoge la invitación y, después de tanto tiempo pasado con Jesús, comprende que amar quiere decir dejar de estar en el centro. Ahora ya no comienza desde sí mismo, sino desde Jesús: «conoces todo» (Jn 21,17), responde. Se reconoce frágil, comprende que no puede seguir adelante sólo con sus fuerzas. Y se funda en el Señor, en la fuerza de su amor, hasta el extremo. Esta es nuestra fuerza, que cada día estamos invitados a renovar: el Señor nos ama. Ser cristiano es una invitación a confiar que el amor de Dios es más grande que toda limitación o pecado. Uno de los grandes dolores y obstáculos que experimentamos hoy, no nace tanto de comprender que Dios sea amor, sino de que hemos llegado a anunciarlo y testimoniarlo de tal manera que para muchos este no es su nombre. Dios es amor que se entrega, llama y sorprende.

He aquí el milagro de Dios que, si nos dejamos guiar por su amor, hace de nuestras vidas obras de arte. Tantos testigos de la Pascua en esta tierra bendita han realizado obras maestras magníficas, inspirados por una fe sencilla y un gran amor. Entregando la vida, fueron signos vivientes del Señor sabiendo superar la apatía con valentía y ofreciendo una respuesta cristiana a las inquietudes que se les presentaban (cf. Exhort. apost. postsin. Christus vivit, 174). Hoy estamos invitados a mirar y descubrir lo que el Señor hizo en el pasado para lanzarnos con Él hacia el futuro sabiendo que, en el acierto o en el error, siempre volverá a llamarnos para invitarnos a tirar las redes. Lo que les dije a los jóvenes en la Exhortación que escribí recientemente, deseo decirlo también a vosotros. Una Iglesia joven, una persona joven, no por edad sino por la fuerza del Espíritu, nos invita a testimoniar el amor de Cristo, un amor que apremia y que nos lleva a ser luchadores por el bien común, servidores de los pobres, protagonistas de la revolución de la caridad y del servicio, capaces de resistir las patologías del individualismo consumista y superficial. Enamorados de Cristo, testigos vivos del Evangelio en cada rincón de esta ciudad (cf. ibíd., 174-175). No tengáis miedo de ser los santos que esta tierra necesita, una santidad que no os quitará fuerza, que no os quitará vida o alegría; sino más bien todo lo contrario, porque vosotros y los hijos de esta tierra llegareis a ser lo que el Padre soñó cuando os creó (cf. Exhort. apost. Gaudete et exsultate, 32).

Llamados, sorprendidos y enviados por amor.

[00743-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs, Cristo ressuscitou! Christos vozkrese!

É maravilhosa a saudação com que, no vosso país, os cristãos trocam entre si a alegria do Ressuscitado neste tempo pascal.

Narrado no fim dos Evangelhos, o episódio que escutamos permite-nos mergulhar nesta alegria que o Senhor nos convida a «contagiar», lembrando-nos três realidades estupendas que marcam a nossa vida de discípulos: Deus chama, Deus surpreende, Deus ama.

Deus chama. Tudo acontece nas margens do lago da Galileia, onde Jesus chamara Pedro. Tinha-o convidado a deixar a profissão de pescador de peixes para se tornar pescador de homens (cf. Lc 5, 4-11). Agora, depois de todo o caminho feito, depois da experiência de ver morrer o Mestre e, não obstante o anúncio da sua ressurreição, Pedro volta à sua vida antiga: «Vou pescar» – diz ele. E os outros discípulos fazem igual: «Nós também vamos contigo» (Jo 21, 3). Parece que dão um passo atrás; Pedro retoma as redes a que renunciara por Jesus. O peso do sofrimento, da deceção e até da traição tornara-se uma pedra difícil de remover no coração dos discípulos; sentiam-se ainda feridos sob o peso da amargura e da culpa, e a boa nova da Ressurreição não ganhara raízes no seu coração. O Senhor sabe como é forte em nós a tentação de voltar às coisas do passado. Na Bíblia, as redes de Pedro – como as cebolas do Egito – são símbolo da tentação da nostalgia do passado, de pretender de volta algo daquilo que se quisera deixar. Perante as experiências de fracasso, de amargura e até do facto de as coisas não resultarem como se esperava, aparece sempre uma sutil e perigosa tentação que convida ao desânimo, a desistir. É a psicologia do sepulcro que tinge tudo de resignação, fazendo-nos apegar a uma tristeza adocicada que corrói, como a traça, toda a esperança. Assim se consolida a maior ameaça que se pode enraizar numa comunidade: o pragmatismo cinzento da vida, na qual aparentemente tudo procede dentro da normalidade, mas na realidade a fé vai-se apagando e degenerando na mesquinhez (cf. Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium, 83).

Mas precisamente lá, no fracasso de Pedro, chega Jesus. Recomeça do princípio, com paciência sai ao seu encontro e diz-lhe: «Simão…» (Jo 21, 15). Era o nome da primeira chamada. O Senhor não espera situações ou estados de ânimo ideais, cria-os. Não espera encontrar-Se com pessoas sem problemas, sem deceções, sem pecados ou limitações. Ele mesmo enfrentou o pecado e a deceção, para ir ao encontro de cada vivente e convidá-lo a caminhar. Irmãos, o Senhor não Se cansa de chamar. É a força do Amor que subverte todas as previsões e sabe recomeçar. Em Jesus, Deus sempre procura dar uma possibilidade. E assim procede também connosco: chama-nos cada dia para reviver a nossa história de amor com Ele, para voltar a fundar-nos na novidade que é Ele. Todas as manhãs, procura-nos lá onde estamos e convida «para nos levantarmos, ressuscitarmos à sua Palavra, olharmos para o alto e crermos que somos feitos para o Céu, não para a terra; para as alturas da vida, não para as torpezas da morte» e convida-nos a não buscar «o Vivente entre os mortos» (Francisco, Homilia na Vigília Pascal, 20 de abril de 2019). Quando O acolhemos, subimos mais alto, abraçamos o nosso futuro mais belo, não como uma possibilidade, mas como uma realidade. Quando é a chamada de Jesus que orienta a vida, o coração rejuvenesce.

Deus surpreende. É o Senhor das surpresas que convida não só a surpreender-se, mas também a realizar coisas surpreendentes. O Senhor chama e, encontrando os discípulos com as redes vazias, propõe-lhes algo de insólito: pescar de dia, o que é bastante estranho naquele lago. Devolve-lhes confiança, colocando-os em movimento e impelindo-os de novo a arriscar, a não dar nada e, especialmente, ninguém por perdido. É o Senhor da surpresa que rompe os fechamentos paralisadores, restituindo a audácia capaz de superar a suspeita, a desconfiança e o medo que se esconde por trás do «sempre se fez assim». Deus surpreende, quando chama e convida a lançarmos, já não as redes, mas a nós mesmos ao largo na história e a olhar a vida, a olhar os outros e também a nós mesmos com os seus próprios olhos que, «no pecado, vê filhos carecidos de ser levantados; na morte, irmãos carecidos de ressuscitar; na desolação, corações carecidos de consolação. Por isso, não temas! O Senhor ama esta tua vida, mesmo quando tens medo de a olhar de frente e tomar a sério» (Ibidem).

Chegamos, assim, à terceira certeza de hoje: Deus ama. Deus chama, Deus surpreende, porque Deus ama. O amor é a sua linguagem. Por isso, pede a Pedro – e a nós – para sintonizar-se com a mesma linguagem: «… amas-Me?» Pedro acolhe o convite e, depois de tanto tempo passado com Jesus, compreende que amar significa deixar de estar no centro. Agora já não começa de si mesmo, mas de Jesus: «Tu sabes tudo…» (Jo 21, 17) – responde ele. Reconhece-se frágil, compreende que, só com as suas forças, não pode prosseguir. E baseia-se no Senhor, na força do seu amor, até ao fim. Esta é a nossa força, que somos convidados a renovar todos os dias: o Senhor ama-nos. Ser cristão é uma chamada a ter confiança que o Amor de Deus é maior do que qualquer limite ou pecado. Um dos grandes desgostos e obstáculos, que hoje sentimos, situa-se não tanto ao nível da compreensão de que Deus é amor, mas no facto de termos chegado a anunciá-Lo e testemunhá-Lo duma maneira tal, que, para muitos, este não é o seu nome. Mas Deus é amor, um amor que se dá, que chama e surpreende.

Eis o milagre de Deus que faz, das nossas vidas, obras de arte, se nos deixarmos guiar pelo seu amor. Nesta terra abençoada, muitas testemunhas da Páscoa criaram magníficas obras-primas, inspiradas por uma fé simples e um amor grande. Oferecendo a vida, foram sinais vivos do Senhor, sabendo superar corajosamente a apatia e dando uma resposta cristã às preocupações que se lhes apresentavam (cf. Francisco, Exort. ap. pós-sinodal Christus vivit, 174). Hoje somos convidados a contemplar e descobrir aquilo que o Senhor fez no passado, para nos lançarmos com Ele rumo ao futuro, sabendo que sempre, tanto nos êxitos como nos fracassos, voltará a chamar-nos convidando-nos a lançar as redes. Aquilo que disse aos jovens na Exortação que escrevi recentemente, quero repeti-lo a vós também. Uma Igreja jovem, uma pessoa jovem, não pela idade, mas pela força do Espírito, convida-nos a testemunhar o amor de Cristo, um amor que impele e nos leva a estar prontos para lutar pelo bem comum, a ser servidores dos pobres, protagonistas da revolução da caridade e do serviço, capazes de resistir às patologias do individualismo consumista e superficial. Enamorados por Cristo, sede testemunhas vivas do Evangelho em todos os cantos desta cidade (cf. Ibid., 174-175). Não tenhais medo de ser os santos de que esta terra precisa; uma santidade, que não vos tirará forças, não vos tirará vida nem alegria; muito pelo contrário, porque chegareis a ser, vós e os filhos desta terra, aquilo que o Pai sonhou quando vos criou (cf. Francisco, Exort. ap. Gaudete et exsultate, 32).

Chamados, surpreendidos e enviados por amor!

[00743-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drodzy bracia i siostry, Chrystus zmartwychwstał! Christos vozkrese!

Cudowne jest pozdrowienie, którym chrześcijanie w obecnym okresie wielkanocnym w waszym kraju przekazują sobie wzajemnie radość Zmartwychwstałego.

Całe wydarzenie, które usłyszeliśmy, opowiedziane na końcu Ewangelii, pozwala nam zanurzyć się w tej radości, do której „zarażania” zaprasza nas Pan, przypominając o trzech wspaniałych sprawach, które naznaczają nasze życie jako uczniów: Bóg powołuje, Bóg zaskakuje, Bóg miłuje.

Bóg powołuje. Wszystko dzieje się na brzegu jeziora Galilejskiego, gdzie Jezus powołał Piotra. Wezwał go do porzucenia pracy rybaka, by stał się rybakiem ludzi (por. Łk 5, 4-11). Teraz, po całej drodze, po tym jak zobaczył śmierć Mistrza i pomimo wieści o jego zmartwychwstaniu, Piotr powraca do swego dawnego życia: „Idę łowić ryby” - mówi. A inni uczniowie nie są gorsi: „Idziemy i my z tobą” (J 21, 3). Zdają się czynić krok wstecz. Piotr bierze na nowo w swoje ręce sieci, których wyrzekł się dla Jezusa. Ciężar cierpienia, rozczarowania, a nawet zdrady stał się w sercach uczniów kamieniem trudnym do usunięcia. Nadal byli zranieni, pod ciężarem cierpienia i winy, a dobra nowina o zmartwychwstaniu nie zapuściła korzeni w ich sercach. Pan wie, jak silna jest dla nas pokusa, by powrócić do tego, co było wcześniej. Sieci Piotra, podobnie jak cebula z Egiptu, są w Biblii symbolem pokusy nostalgii za przeszłością, pragnienia odzyskania czegoś, co chcieli porzucić. W obliczu doświadczeń porażki, bólu, a nawet faktu, że okazuje się, iż nie jest tak, jak się tego spodziewano, zawsze pojawia się subtelna i niebezpieczna pokusa, która zachęca do upadania na duchu i opuszczania rąk. To psychologia grobu, która zabarwia wszystko rezygnacją, sprawiając, że przywiązujemy się do słodkiego smutku, który, jak mól, niszczy wszelką nadzieję. W ten sposób rozwija się największe zagrożenie, które może zakorzenić się we wspólnocie: szary pragmatyzm życia, w którym pozornie wszystko postępuje normalnie, podczas gdy w rzeczywistości wiara się wyczerpuje i przeradza w małostkowość (por. Adhort. apost. Evangelii gaudium, 83).

 Właśnie tam, w upadek Piotra wkracza Jezus, zaczyna od początku i cierpliwie wychodzi mu na spotkanie, mówiąc mu: „Szymonie” (w. 15): to było imię pierwszego powołania. Pan nie oczekuje idealnych sytuacji ani nastrojów, ale je stwarza. Nie czeka na spotkanie z ludźmi bez problemów, bez rozczarowań, bez grzechów lub ograniczeń. Sam stawiał czoła grzechowi i rozczarowaniu, aby spotkać każdą istotę żywą i zachęcić do wyruszenia w drogę. Bracia, Pan niestrudzenie powołuje. To siła Miłości obaliła każdą przepowiednię i potrafi zaczynać od nowa. W Jezusie, Bóg zawsze stara się dać szansę. Czyni tak samo z nami: każdego dnia wzywa nas, abyśmy przeżyli na nowo naszą historię miłości z Nim, abyśmy odnowili się w nowości, którą jest On. Co ranka poszukuje nas tam, gdzie jesteśmy i zaprasza nas „do powstania, do wstania z martwych na Jego słowo, do spojrzenia w górę i uwierzenia, że zostaliśmy stworzeni dla nieba, a nie dla ziemi, dla wyżyn życia, a nie niskości śmierci” i zachęca nas, abyśmy „nie szukali żyjącego wśród umarłych?” (por. Homilia w Wigilię Paschalną, 20 kwietnia 2019 r.). Kiedy Go przyjmujemy, wznosimy się wyżej, ogarniamy naszą najpiękniejszą przyszłość nie jako możliwość, ale jako rzeczywistość. Kiedy powołanie Jezusa ukierunkowuje życie, wówczas serce się odmładza.

Bóg zaskakuje. Jest Panem niespodzianek, który zaprasza nie tylko, byśmy się dziwili, ale abyśmy dokonywali rzeczy zaskakujących. Pan powołuje i spotykając uczniów z pustymi sieciami proponuje im coś niezwykłego: łowienie w dzień, co na tym jeziorze jest raczej dziwne. Przywraca im pewność siebie, mobilizując ich i popychając na nowo do podjęcia ryzyka, aby  nic, a zwłaszcza nikogo nie uważać za stracone. Jest Panem niespodzianki, który łamie paraliżujące zamknięcia, przywracając śmiałość zdolną przezwyciężyć podejrzenia, nieufność i lęk, który kryje się za „zawsze tak było”. Bóg zaskakuje, gdy powołuje i zachęca, byśmy rzucili nie tylko sieci, ale samych siebie na głębię historii i patrzyli na życie, patrzyli na innych, a nawet na samych siebie, oczyma, które „w grzechu widzą dzieci, które trzeba podnieść; w śmierci  - braci, których trzeba wskrzesić do życia; w rozpaczy – serca, które trzeba pocieszyć. Dlatego nie lękaj się: Pan kocha to twoje życie, nawet gdy się boisz na nie spojrzeć i wziąć je w swoje ręce” (tamże).

 W ten sposób dochodzimy do trzeciej pewności dnia dzisiejszego. Bóg powołuje, Bóg zaskakuje, ponieważ Bóg miłuje. Miłość to Jego język. Dlatego prosi Piotra i nas, abyśmy dostroili się do tego  języka: „Czy miłujesz Mnie?”. Piotr przyjmuje zaproszenie i po tak długim czasie spędzonym z Jezusem rozumie, że miłość oznacza rezygnację z bycia w centrum. Teraz nie wychodzi już od siebie, ale od Jezusa - odpowiada: „Ty wszystko wiesz” (J 21,18). Uznaje siebie za kruchego, rozumie, że nie może iść naprzód o własnych siłach. I opiera się na Panu, na mocy Jego miłości, aż do końca. To jest nasza siła, do odnawiania której jesteśmy zaproszeni każdego dnia: Pan nas miłuje. Bycie chrześcijaninem jest powołaniem do zaufania, że ​​Miłość Boga jest większa niż wszelkie ograniczenia czy grzech. Jedno z wielkich cierpień i przeszkód, jakich dzisiaj doświadczamy, rodzi się nie tyle ze zrozumienia, że Bóg jest miłością, ile z faktu, że doszliśmy do głoszenia Go i świadczenia o Nim w taki sposób, że dla wielu nie jest to Jego imię. Bóg jest miłością, miłością, która daje siebie, powołuje i zaskakuje.

 Oto cud Boga, który czyni z naszego życia arcydzieła sztuki, o ile damy się kierować Jego miłością. Wielu świadków wydarzenia paschalnego na tej błogosławionej ziemi stworzyło wspaniałe arcydzieła, inspirowane prostą wiarą i wielką miłością. Ofiarowując swe życie, stali się żywymi znakami Pana, potrafiąc odważnie pokonywać apatię i ofiarować chrześcijańską odpowiedź na niepokoje, jakie przed nimi się pojawiały (por. Posynod. adhort. apost. Christus vivit, 174). Dziś jesteśmy zaproszeni, aby spojrzeć i odkryć, co Pan uczynił w przeszłości, aby wraz z Nim wyruszyć w przyszłość, wiedząc, że  zarówno w sukcesie jak i w błędach zawsze powróci, aby nas wezwać do zarzucenia sieci. To, co powiedziałem młodym w adhortacji, którą ostatnio do nich napisałem, chciałbym również powiedzieć i wam. Młody Kościół, młody człowiek, nie ze względu na wiek, ale ze względu na moc Ducha Świętego, zachęca nas do dawania świadectwa o miłości Chrystusa, miłości, która nas przynagla i prowadzi do gotowości walki o dobro wspólne, do bycia sługami ubogich, czynnymi uczestnikami rewolucji miłosierdzia i służby, zdolnymi do przeciwstawienia się patologiom konsumpcyjnego i płytkiego indywidualizmu. Zakochanymi w Chrystusie, żyjącymi świadkami Ewangelii w każdym zakątku tego miasta (por. tamże, 174-175). Nie bójcie się być świętymi, których potrzebuje ta ziemia, świętości, która nie odbierze wam sił, nie odbierze wam życia ani radości. Wręcz przeciwnie, ponieważ wy i dzieci tej ziemi staniecie się tym, o czym marzył Ojciec, kiedy was stworzył (por. Adhort. apost. Gaudete et exsultate, 32).

Powołani, zaskoczeni i posłani ze względu na miłość!

[00743-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

خلال القداس الإلهي

ساحة كنياز الكسندر الأول صوفيا

الزيارة الرّسولية إلى بلغاريا

الأحد 5 مايو / أيار 2019

أيها الإخوة والأخوات الأعزاء، المسيح قام!

خريستوس فوسكريسي! [الشعب يجيب]

إنها التحيّة الرائعة التي يتبادل بواسطتها المسيحيون في بلدكم فرحَ القائم من الموت خلال زمن الفصح!

يسمح لنا الحدث الذي سمعناه، المرويّ في نهاية الأناجيل، بالانغماس في هذا الفرح الذي يدعونا الربّ إلى "نقله" فيذكّرنا بثلاثة حقائق رائعة تطبع حياتنا كتلاميذ: الله يدعو، الله يُدّهش، الله يحب.

الله يدعو. حدث كلّ شيء على ضفاف بحيرة الجليل، حيث دعا يسوعُ بطرس. دعاه لترك مهنته كصياد كي يصبح صيادًا للبشر (را. لو 5، 4- 11). والآن، بعد كلّ المسيرة وبعد اختبار رؤية موت المعلم وعلى الرغم من إعلان قيامته، عاد بطرس إلى حياته السابقة، قال: "أَنا ذاهِبٌ لِلصَّيد". والتلاميذ الآخرون ليسوا أقل شأنا: "ونَحنُ نَذهَبُ معَكَ" (يو 21، 3). يبدون وكأنهم يرجعون خطوة إلى الوراء؛ فبطرس يأخذ من جديد الشبكة التي تنازل عنها من أجل يسوع. لقد أصبح ثقل المعاناة وخيبة الأمل وحتى الخيانة، حجرًا يصعب إزالته في قلوب التلاميذ؛ كانوا لا يزالون مجروحين تحت وطأة الألم والشعور بالذنب، ولم تتجذّر بشرى القيامة السارّة في قلوبهم. والربّ يعلم مدى قوّة الميل للعودة إلى الأمور السابقة بالنسبة لنا. فبصل مصر وشباك بطرس يرمزون في الكتاب المقدّس إلى تجربة الحنين إلى الماضي، والرغبة في استعادة شيئا ممّا أرادوا التخلّي عنه. إزاء خبرات الفشل والألم وحتى حقيقة أن الأمور لا تجري وفقًا للمرجوّ، يظهر دائمًا ميلٌ خفيّ وخطير يدعو إلى الإحباط والاستسلام. إنها سيكولوجية القبر التي تطبع كلّ شيء بالاستسلام، وتربطنا بحزن مرير يفسد كلّ رجاء كالعثة. وينمو بهذه الطريقة أكبر خطر يمكن أن يتجذّر داخل جماعة ما: براغماتية الحياة القاتمة، والتي فيها يبدو كلّ شيء وكأنه يسير وفقًا للحياة الطبيعية، ولكن الإيمان في الواقع ينفد تدريجيًّا ويتحوّل إلى سخافة (را. الإرشاد الرسولي فرح الإنجيل، 83).

لكن يسوع يأتي بالتحديد في فشل بطرس، ويبدأ من جديد ويخرج بصبر للقائه ويقول له «يا سمعان» (آية ١٥): كان هذا اسم دعوته الأولى. فالربّ لا ينتظر المزاج أو الأوضاع المثالية، إنما يخلقها. لا ينتظر مقابلة أشخاص بدون مشاكل، ولا خيبة أمل أو خطايا أو محدوديات. فقد واجه هو نفسه الخطيئة وخيبة الأمل كي يذهب للقاء كلّ حيّ ويدعوه للانطلاق. أيها الإخوة، إن الربّ لا يملّ من الدعوة. فقوة الحبّ هي التي قلبت كلّ التوقّعات وتعرف كيف تبدأ من جديد. والله يحاول دائمًا عبر يسوع، أن يعطي فرصة. ويصنع ذلك معنا أيضًا: يدعونا كلّ يوم لنحيا من جديد قصّة حبّنا معه، ولنعيد بناء أنفسنا فيه، أي في الحداثة. إنه يبحث عنّا كلّ صباح، حيث نكون، ويدعونا "للقيام مجدّدًا بناءً على كلمته، ولرفع نظرنا إلى أعلى وللإيمان بأننا خُلقنا للسماء، وليس للأرض؛ خلقنا من أجل عظمة الحياة، وليس من أجل وضاعة الموت"، ويدعونا إلى عدم البحث عن "الحيّ بين الأموات" (عظة قداسة البابا فرنسيس عشيّة عيد الفصح، 20 أبريل / نيسان 2019). عندما نقبله، نسمو ونعانق مستقبلنا الأجمل، لا كاحتمال إنما كواقع. عندما تكون دعوة يسوع هي التي توجّه الحياة، يستعيد القلب شبابه.

الله يفاجئ. إن ربّ المفاجآت هو الذي يدعو، ليس فقط إلى الاندهاش، إنما إلى تحقيق أشياء مفاجِئة. الربّ يدعو، وحين يلتقي بالتلاميذ وشباكهم فارغة، يقترح عليهم شيئًا غير عادي: الصيد أثناء النهار، وهو أمر غريب في تلك البحيرة. يعيد إليهم الثقة إذ يجعلهم ينطلقون ويدفعهم مرّة أخرى للمخاطرة، ولعدم فقدان الرجاء بأيّ شيء، وخاصة بأيّ شخص. إنه ربّ المفاجأة الذي يكسر الانغلاق المُشِلّ فيعيد الجرأة القادرة على تخطّي الشكوك وانعدام الثقة والخوف الذي يكمن وراء "هذا ما اعتدنا أن نصنع". الله يفاجئ عندما يدعو ويطلب منّا أن نرمي، لا الشباك وحسب، إنما أنفسنا في عرض التاريخ، وإلى النظر إلى الحياة، وإلى الآخرين وحتى إلى أنفسنا، بأعينه هو الذي "في الخطيئة، يرى، أبناءً يجب إنهاضهم؛ وفي الموت، إخوةً يجب إحياءهم؛ وفي الأسى، قلوبًا يجب تعزيتهم. لا تخف، إذًا: الربّ يحبّ حياتك هذه، حتى عندما تخاف من النظر إليها والإمساك بها" (نفس المرجع).

ونصل الآن إلى ثالث يقين لليوم. الله يدعو، والله يفاجئ لأن الله يحبّ. الحبّ هو لغته. لذلك يطلب من بطرس ومنا أن نتناغم مع نفس اللغة: "أتحبّني؟". قبل بطرس الدعوة، وبعد أن قضى وقتا طويلا مع يسوع، فهم أن الحبّ يعني ألا يكون هو في المحور. فهو الآن لا ينطلق من نفسه، بل من يسوع، ويجيب: "أنت تعرف كلّ شيء" (يو 21، 18). يعترف بأنه هشّ، ويفهم أنه لا يستطيع التقدّم بقوّته وحسب. يعتمد على الربّ، وعلى قوّة حبّه، حتى النهاية. هذه هي قوّتنا التي نحن مدعوّون لتجديدها كلّ يوم: الربّ يحبّنا. أن نكون مسيحيين هي دعوة إلى الثقة بأن حبّ الله أكبر من أيّ محدودية أو خطيئة. إن إحدى أكبر المعاناة والعقبات التي نختبرها اليوم لا تنشأ من فهمنا أن الله هو محبة، إنما في حقيقة أننا قد توصّلنا أن نبشّر به ونشهد له بطريقة أن اسمه، بالنسبة للكثيرين، ليس محبّة. الله هو الحبّ الذي يحبّ، ويهب ذاته، ويدعو ويفاجئ.

إليكم معجزة الله، التي تجعل حياتنا تحفة فنّية إذا سمحنا لمحبّته بأن ترشدنا. لقد حقّق العديد من شهود الفصح في هذه الأرض المباركة تحفًا رائعة، مستوحاة من إيمان بسيط وحبّ كبير. وقد كانوا علامات حيّة للرّب، عبر تقديم حياتهم، ومعرفة كيفية التغلّب بشجاعة على اللامبالاة، ومعالجة الهموم التي تواجههم بطريقة مسيحية (را. الإرشاد الرسولي ما بعد السينودس المسيح يحيا، 174). نحن مدعوون اليوم إلى النظر وإلى اكتشاف ما فعله الربّ في الماضي كي يطلقنا معه نحو المستقبل، مدركين أنه في النجاح وفي الأخطاء، سيعود دائمًا ليدعونا ويطلب منا أن نلقي الشباك. ما قلته للشبيبة في الإرشاد الذي كتبته مؤخرًا، أود أن أقوله لكم أيضًا. الكنيسة الشابّة، لا بعمرها إنما بقوة الروح، تدعونا إلى أن نشهد لمحبة المسيح، محبة تحفّزنا وتقودنا لأن نكون مستعدّين للكفاح من أجل الصالح العام، وخدامًا للفقراء، وروّادًا لثورة المحبّة والخدمة، قادرين على مقاومة أمراض النزعة الاستهلاكية والفردية السطحية. هائمون في حبّ المسيح، شهود أحياء للإنجيل في كلّ ركن من أركان هذه المدينة (را. نفس المرجع، 174- 175). لا تخافوا من أن تكونوا القدّيسين الذين تحتاجهم هذه الأرض، قداسة لن تنزع قوّتكم، ولن تنزع حياتكم أو فرحكم؛ لا بل على العكس، لأنكم سوف تصبحون أنتم وأبناء هذه الأرض ما حلم به الآب عندما خلقكم. (را. الإرشاد الرسولي افرحوا وابتهجوا، 32).

الله يدعونا، ويفاجئنا، ويرسلنا، من محبّته!

[00743-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0374-XX.02]