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Celebrazione della Domenica delle Palme e della Passione del Signore, 14.04.2019


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

 

Alle ore 9.50 di oggi il Santo Padre Francesco ha presieduto, in Piazza San Pietro, la solenne celebrazione liturgica della Domenica delle Palme e della Passione del Signore.

Al centro della piazza, presso l’obelisco, il Papa ha benedetto le palme e gli ulivi e, al termine della processione che raggiunge il sagrato, ha celebrato la Santa Messa della Passione del Signore.

Alla celebrazione hanno preso parte - in occasione della ricorrenza diocesana della XXXIV Giornata Mondiale della Gioventù, sul tema: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38) - giovani di Roma e di altre diocesi.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che Papa Francesco ha pronunciato dopo la proclamazione della Passione del Signore secondo Luca:

Omelia del Santo Padre

Le acclamazioni dell’ingresso in Gerusalemme e l’umiliazione di Gesù. Le grida festose e l’accanimento feroce. Questo duplice mistero accompagna ogni anno l’ingresso nella Settimana Santa, nei due momenti caratteristici di questa celebrazione: la processione con i rami di palma e di ulivo all’inizio e poi la solenne lettura del racconto della Passione.

Lasciamoci coinvolgere in questa azione animata dallo Spirito Santo, per ottenere quanto abbiamo chiesto nella preghiera: di accompagnare con fede il nostro Salvatore nella sua via e di avere sempre presente il grande insegnamento della sua passione come modello di vita e di vittoria contro lo spirito del male.

Gesù ci mostra come affrontare i momenti difficili e le tentazioni più insidiose, custodendo nel cuore una pace che non è distacco, non è impassibilità o superomismo, ma è abbandono fiducioso al Padre e alla sua volontà di salvezza, di vita, di misericordia; e, in tutta la sua missione, è passato attraverso la tentazione di “fare la sua opera” scegliendo Lui il modo e slegandosi dall’obbedienza al Padre. Dall’inizio, nella lotta dei quaranta giorni nel deserto, fino alla fine, nella Passione, Gesù respinge questa tentazione con la fiducia obbediente nel Padre.

Anche oggi, nel suo ingresso in Gerusalemme, Lui ci mostra la via. Perché in quell’avvenimento il maligno, il Principe di questo mondo aveva una carta da giocare: la carta del trionfalismo, e il Signore ha risposto rimanendo fedele alla sua via, la via dell’umiltà.

Il trionfalismo cerca di avvicinare la meta per mezzo di scorciatoie, di falsi compromessi. Punta a salire sul carro del vincitore. Il trionfalismo vive di gesti e di parole che però non sono passati attraverso il crogiolo della croce; si alimenta del confronto con gli altri giudicandoli sempre peggiori, difettosi, falliti… Una forma sottile di trionfalismo è la mondanità spirituale, che è il maggior pericolo, la tentazione più perfida che minaccia la Chiesa (De Lubac). Gesù ha distrutto il trionfalismo con la sua Passione.

Il Signore ha veramente condiviso e gioito con il popolo, con i giovani che gridavano il suo nome acclamandolo Re e Messia. Il suo cuore godeva nel vedere l’entusiasmo e la festa dei poveri d’Israele. Al punto che, a quei farisei che gli chiedevano di rimproverare i suoi discepoli per le loro scandalose acclamazioni, Egli rispose: «Se questi taceranno, grideranno le pietre» (Lc 19,40). Umiltà non vuol dire negare la realtà, e Gesù è realmente il Messia, è realmente il Re.

Ma nello stesso tempo il cuore di Cristo è su un’altra via, sulla via santa che solo Lui e il Padre conoscono: quella che va dalla «condizione di Dio» alla «condizione di servo», la via dell’umiliazione nell’obbedienza «fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,6-8). Egli sa che per giungere al vero trionfo deve fare spazio a Dio; e per fare spazio a Dio c’è un solo modo: la spogliazione, lo svuotamento di sé. Tacere, pregare, umiliarsi. Con la croce, fratelli e sorelle, non si può negoziare, o la si abbraccia o la si rifiuta. E con la sua umiliazione Gesù ha voluto aprire a noi la via della fede e precederci in essa.

Dietro di Lui, la prima a percorrerla è stata sua Madre, Maria, la prima discepola. La Vergine e i santi hanno dovuto patire per camminare nella fede e nella volontà di Dio. Di fronte agli avvenimenti duri e dolorosi della vita, rispondere con la fede costa «una particolare fatica del cuore» (cfr S. Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris Mater, 17). È la notte della fede. Ma solo da questa notte spunta l’alba della risurrezione. Ai piedi della croce, Maria ripensò alle parole con cui l’Angelo le aveva annunciato il suo Figlio: «Sarà grande […]; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,32-33). Maria sul Golgota si trova di fronte alla smentita totale di quella promessa: suo Figlio agonizza su una croce come un malfattore. Così il trionfalismo, distrutto dall’umiliazione di Gesù, è stato ugualmente distrutto nel cuore della Madre; entrambi hanno saputo tacere.

Preceduti da Maria, innumerevoli santi e sante hanno seguito Gesù sulla via dell’umiltà e sulla via dell’obbedienza. Oggi, Giornata Mondiale della Gioventù, voglio ricordare i tanti santi e sante giovani, specialmente quelli “della porta accanto”, che solo Dio conosce, e che a volte Lui ama svelarci a sorpresa. Cari giovani, non vergognatevi di manifestare il vostro entusiasmo per Gesù, di gridare che Lui vive, che è la vostra vita. Ma nello stesso tempo non abbiate paura di seguirlo sulla via della croce. E quando sentirete che vi chiede di rinunciare a voi stessi, di spogliarvi delle vostre sicurezze, di affidarvi completamente al Padre che è nei cieli, allora, cari giovani, rallegratevi ed esultate! Siete sulla strada del Regno di Dio.

Acclamazioni festose e accanimento feroce; è impressionante il silenzio di Gesù nella sua Passione, vince anche la tentazione di rispondere, di essere “mediatico”. Nei momenti di oscurità e grande tribolazione bisogna tacere, avere il coraggio di tacere, purché sia un tacere mite e non rancoroso. La mitezza del silenzio ci farà apparire ancora più deboli, più umiliati, e allora il demonio, prendendo coraggio, uscirà allo scoperto. Bisognerà resistergli in silenzio, “mantenendo la posizione”, ma con lo stesso atteggiamento di Gesù. Lui sa che la guerra è tra Dio e il Principe di questo mondo, e che non si tratta di mettere mano alla spada, ma di rimanere calmi, saldi nella fede. È l’ora di Dio. E nell’ora in cui Dio scende in battaglia, bisogna lasciarlo fare. Il nostro posto sicuro sarà sotto il manto della Santa Madre di Dio. E mentre attendiamo che il Signore venga e calmi la tempesta (cfr Mc 4,37-41), con la nostra silenziosa testimonianza in preghiera, diamo a noi stessi e agli altri «ragione della speranza che è in [noi]» (1 Pt 3,15). Questo ci aiuterà a vivere nella santa tensione tra la memoria delle promesse, la realtà dell’accanimento presente nella croce e la speranza della risurrezione.

[00640-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Les acclamations de l’entrée à Jérusalem et l’humiliation de Jésus. Les cris festifs et l’acharnement féroce. Ce double mystère accompagne chaque année l’entrée dans la Semaine Sainte, dans les deux moments caractéristiques de cette célébration: la procession avec des rameaux de palmier et d’olivier au début et puis la lecture solennelle du récit de la Passion.

Laissons-nous impliquer dans cette action animée par l’Esprit Saint, pour obtenir ce que nous avons demandé dans la prière: accompagner avec foi notre Sauveur sur son chemin et garder toujours présent à l’esprit le grand enseignement de sa passion comme modèle de vie et de victoire contre l’esprit du mal.

Jésus nous montre comment affronter les moments difficiles et les tentations les plus insidieuses, en gardant dans le cœur une paix qui n’est pas une prise de distance, ni une insensibilité ou une attitude de surhomme, mais abandon confiant au Père et à sa volonté de salut, de vie, de miséricorde; et dans toute sa mission, il est passé à travers la tentation de ‘‘faire son œuvre’’, en choisissant lui sa façon de faire et en se détachant de l’obéissance au Père. Dès le début, dans la lutte des quarante jours au désert, jusqu’à la fin, dans la Passion, Jésus repousse cette tentation par l’obéissance confiante au Père.

Aujourd’hui aussi, lors de son entrée à Jérusalem, il nous montre le chemin. Car dans cet événement, le malin, le Prince de ce monde avait une carte à jouer: la carte du triomphalisme, et le Seigneur a répondu en restant fidèle à son chemin, le chemin de l’humilité.

Le triomphalisme cherche à atteindre le but par des raccourcis, de faux compromis. Il vise à monter sur le char des vainqueurs. Le triomphalisme vit de gestes et de paroles qui cependant ne sont pas passés par le creuset de la croix; il s’alimente de la confrontation avec les autres en les jugeant toujours pires, limités, ratés… Une forme subtile de triomphalisme est la mondanité spirituelle, qui est le pire danger, la tentation la plus perfide qui menace l’Église (De Lubac). Jésus a détruit le triomphalisme par sa passion.

Le Seigneur a vraiment partagé et s’est réjoui avec le peuple, avec les jeunes qui criaient son nom en l’acclamant comme Roi et Messie. Son cœur se réjouissait en voyant l’enthousiasme et la fête des pauvres d’Israël. Au point qu’à ces pharisiens qui lui demandaient de réprimander ses disciples à cause de leurs acclamations scandaleuses, il a répondu: «Si eux se taisent, les pierres crieront » (Lc 19, 40). L’humilité ne veut pas dire nier la réalité et Jésus est réellement le Messie, le Roi.

Mais en même temps, le cœur du Christ est sur une autre voie, sur la voie sainte que seuls lui et le Père connaissent: celle qui conduit de la «condition de Dieu» à la «condition de serviteur », la voie de l’humiliation dans l’obéissance «jusqu’à la mort, et la mort de la croix» (Ph 2, 6-8). Il sait que pour atteindre le vrai triomphe, il doit faire de la place à Dieu; et pour faire de la place à Dieu, il n’y a qu’une seule manière: se dépouiller et se vider de soi-même. Se taire, prier, s’humilier. Avec la croix, on ne négocie pas, ou on l’embrasse ou bien on la rejette. Et par son humiliation, Jésus a voulu nous ouvrir la voie de la foi et nous y précéder.

Derrière lui, la première à la parcourir a été sa Mère, Marie, la première disciple. La Vierge et les saints ont dû souffrir pour marcher dans la foi et dans la volonté de Dieu. Face aux événements durs et douloureux de la vie, répondre avec foi coûte «une certaine peine du cœur » (cf. S. Jean-Paul II, Enc. Redemptoris Mater, n. 17). C’est la nuit de la foi. Mais ce n’est que de cette nuit que pointe l’aube de la résurrection. Aux pieds de la croix, Marie a repensé aux paroles par lesquelles l’Ange lui avait annoncé son Fils: «Il sera grand […] ; le Seigneur Dieu lui donnera le trône de David son père ; il régnera pour toujours sur la maison de Jacob, et son règne n’aura pas de fin » (Lc 1, 32-33). Au Golgotha, Marie se trouve face au démenti total de cette promesse: son Fils agonise sur une croix comme un malfaiteur. Ainsi le triomphalisme, détruit par l’humiliation de Jésus, a été également détruit dans le cœur de la Mère; tous deux ont su se taire.

Précédés par Marie, d’innombrables saints et saintes ont suivi Jésus sur le chemin de l’humilité et de l’obéissance. Aujourd’hui, Journée Mondiale de la Jeunesse, je voudrais évoquer les nombreux saints et saintes jeunes, surtout de ‘‘la porte d’à côté’’, que Dieu seul connaît, et que parfois il se plaît à nous révéler par surprise. Chers jeunes, n’ayez pas honte de manifester votre enthousiasme pour Jésus, de crier qu’il vit, qu’il est votre vie. Mais en même temps, n’ayez pas peur de le suivre sur le chemin de la croix. Et quand vous sentirez qu’il vous demande de renoncer à vous-mêmes, de vous dépouiller de vos sécurités, de vous confier complètement au Père qui est dans les cieux, alors réjouissez-vous et exultez! Vous êtes sur le chemin du Royaume de Dieu.

Des acclamations festives et un acharnement féroce; le silence de Jésus dans sa passion est impressionnant. Il vainc aussi la tentation de répondre, d’être ‘‘médiatique’’. Dans les moments d’obscurité et de grande tribulation, il faut se taire, avoir le courage de se taire, pourvu que ce soit un silence serein et non rancunier. La douceur du silence nous fera apparaître encore plus fragiles, plus humiliés, et alors le démon, en reprenant courage, sortira à visage découvert. Il faudra lui résister dans le silence, ‘‘en maintenant la position’’, mais dans la même attitude que Jésus. Lui sait que la guerre est entre Dieu et le Prince de ce monde et qu’il ne s’agit pas de saisir une épée, mais de rester calmes, fermes dans la foi. C’est l’heure de Dieu. Et à l’heure où Dieu descend dans la bataille, il faut le laisser faire. Notre place sûre sera sous le manteau de la sainte Mère de Dieu. Et tandis que nous attendons que le Seigneur vienne et calme la tempête (cf. Mc 4, 37-41), par notre témoignage silencieux en prière, nous rendons à nous-mêmes et aux autres « raison de l’espérance qui est en [nous]» (1P 3, 15). Cela nous aidera à vivre dans la sainte tension entre la mémoire des promesses, la réalité de la détermination présente sur la croix et l’espérance de la résurrection.

[00640-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Joyful acclamations at Jesus’ entrance into Jerusalem, followed by his humiliation. Festive cries followed by brutal torture. This twofold mystery accompanies our entrance into Holy Week each year, as reflected in the two characteristic moments of today’s celebration: the initial procession with palm branches and the solemn reading of the Passion.

Let us enter into this movement, guided by the Holy Spirit, and thus obtain the grace we sought in our opening prayer: to follow in faith our Saviour’s example of humility, to heed his lesson of patient suffering, and thus to merit a share in his victory over the spirit of evil.

Jesus shows us how to face moments of difficulty and the most insidious of temptations by preserving in our hearts a peace that is neither detachment nor superhuman impassivity, but confident abandonment to the Father and to his saving will, which bestows life and mercy. He shows us this kind of abandonment by spurning, at every point in his earthly ministry, the temptation to do things his way and not in complete obedience to the Father. From the experience of his forty days in the desert to the culmination of his Passion, Jesus rejects this temptation by his obedient trust in the Father.

Today, too, by his entrance into Jerusalem, he shows us the way. For in that event, the evil one, the prince of this world, had a card up his sleeve: the card of triumphalism. Yet the Lord responded by holding fast to his own way, the way of humility.

Triumphalism tries to make it to the goal by shortcuts and false compromises. It wants to jump onto the carriage of the winner. It lives off gestures and words that are not forged in the crucible of the cross; it grows by looking askance at others and constantly judging them inferior, wanting, failures... One subtle form of triumphalism is spiritual worldliness, which represents the greatest danger, the most treacherous temptation threatening the Church (De Lubac). Jesus destroyed triumphalism by his Passion.

The Lord truly rejoiced with the people, with those young people who shouted out his name and acclaimed him as King and Messiah. His heart was gladdened to see the enthusiasm and excitement of the poor of Israel. So much so, that, to those Pharisees who asked him to rebuke his disciples for their scandalous acclamations, he replied: “If these were silent, the very stones would cry out” (Lk 19:40). Humility does not mean denying reality: Jesus really is the Messiah, the King.

Yet at the same time the heart of Jesus was moving on another track, on the sacred path known to him and the Father alone: the path that leads from “the form of God” to “the form of a servant”, the path of self-abasement born of obedience “unto death, even death on a cross” (Phil 2:6-8). He knows that true triumph involves making room for God and that the only way to do that is by stripping oneself, by self-emptying. To remain silent, to pray, to accept humiliation. There is no negotiating with the cross: one either embraces it or rejects it. By his self-abasement, Jesus wanted to open up to us the path of faith and to precede us on that path.

The first to follow him on that path was his mother, Mary, the first disciple. The Blessed Virgin and the saints had to suffer in walking the path of faith and obedience to God’s will. Responding with faith to the harsh and painful events of life entails “a particular heaviness of heart (cf. Redemptoris Mater, 17). The night of faith. Yet only from that night do we see the dawn of the resurrection break forth. At the foot of the cross, Mary thought once more of the words that the angel had spoken about her Son: “He will be great… The Lord God will give him the throne of his father David, and he will reign over the house of Jacob forever, and of his kingdom there will be no end” (Lk 1:32-33). On Golgotha, Mary faced the complete denial of that promise: her Son was dying on a cross like a criminal. In this way, triumphalism, destroyed by the abasement of Jesus, was likewise destroyed in the heart of his Mother. Both kept silent.

In the footsteps of Mary, countless holy men and women have followed Jesus on the path of humility and obedience. Today, World Youth Day, I would like to mention all those young saints, especially the saints “next door” to us, known only to God; sometimes he likes to surprise us with them. Dear young people, do not be ashamed to show your enthusiasm for Jesus, to shout out that he is alive and that he is your life. Yet at the same time, do not be afraid to follow him on the way of the cross. When you hear that he is asking you to renounce yourselves, to let yourselves be stripped of every security, and to entrust yourselves completely to our Father in heaven, then rejoice and exult! You are on the path of the kingdom of God.

Festive acclamations and brutal torture; the silence of Jesus throughout his Passion is profoundly impressive. He also overcomes the temptation to answer back, to act like a “superstar”. In moments of darkness and great tribulation, we need to keep silent, to find the courage not to speak, as long as our silence is meek and not full of anger. The meekness of silence will make us appear even weaker, more humble. Then the devil will take courage and come out into the open. We need to resist him in silence, “holding our position”, but with the same attitude as Jesus. He knows that the battle is between God and the prince of this world, and that what is important is not putting our hand to the sword but remaining firm in faith. It is God’s hour. At the hour that God comes forth to fight, we have to let him take over. Our place of safety will be beneath the mantle of the holy Mother of God. As we wait for the Lord to come and calm the storm (cf. Mt 4:37-41), by our silent witness in prayer we give ourselves and others “an accounting for the hope that is within [us]” (1 Pet 3:15). This will help us to live in the sacred tension between the memory of the promises made, the suffering present in the cross, and the hope of the resurrection.

[00640-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Der Jubel beim Einzug in Jerusalem und die Erniedrigung Jesu. Die Freudenschreie und die grausame Wut: Dieses zweifache Geheimnis begleitet jedes Jahr den Eintritt in die Karwoche durch die beiden Momente, die diese Feier kennzeichnen: die Prozession mit den Palm- und Ölzweigen und dann die feierliche Lesung der Leidensgeschichte.

Lassen wir uns in diese vom Heiligen Geist bewegte Handlung miteinbeziehen, um zu erhalten, worum wir gebetet haben: dass wir unseren Retter auf seinem Weg mit Glauben begleiten und stets seines Leidens gedenken, das uns lehrt und Vorbild ist für das Leben und den Sieg über den Geist des Bösen.

Jesus zeigt uns, wie wir uns den schwierigen Momenten und den tückischsten Versuchungen stellen sollen, nämlich indem wir uns im Herzen einen Frieden bewahren, der nicht Distanziertheit, nicht Teilnahmslosigkeit oder Übermenschentum bedeutet, sondern vertrauensvolle Hingabe an den Vater und an seinen Willen voll Heil, Leben und Barmherzigkeit. Und während seiner ganzen Sendung hat Jesus die Versuchung ausgehalten, „sein eigenes Werk zu tun“, also selbst die Art und Weise zu wählen und sich vom Gehorsam zum Vater loszulösen. Von Anfang an beim vierzigtägigen Kampf in der Wüste bis zum Ende bei der Passion weist Jesus diese Versuchung im gehorsamen Vertrauen auf den Vater von sich.

 Auch heute bei seinem Einzug in Jerusalem zeigt er uns den Weg. Denn bei diesem Ereignis hatte der Böse, der Fürst dieser Welt, eine Karte auszuspielen: die Karte des Triumphalismus; und der Herr hat geantwortet, indem er seinem Weg treu blieb, dem Weg der Demut.

Der Triumphalismus versucht, sich dem Ziel durch Abkürzungen, durch falsche Kompromisse zu nähern. Er strebt danach, den Wagen des Siegers zu besteigen. Der Triumphalismus lebt von Gesten und Worten, die jedoch nicht durch den Schmelztiegel des Kreuzes gegangen sind; seine Nahrung ist der Vergleich mit den anderen, die er immer für schlechter, für fehlerhaft, gescheitert hält … Eine subtile Form des Triumphalismus ist die spirituelle Weltlichkeit; sie ist die größte Gefahr, die heimtückischste Versuchung, welche die Kirche bedroht (De Lubac). Jesus hat mit seinem Leiden den Triumphalismus vernichtet.

Der Herr hat wahrhaft die Freude seines Volkes, der jungen Menschen geteilt, die seinen Namen riefen und ihm als König und Messias zujubelten. Sein Herz freute sich, als es die Begeisterung und Festfreude der Armen Israels sah. So weit, dass er den Pharisäern auf ihre Forderung, seine Jünger aufgrund ihrer Ärgernis erregenden Zurufe zurechtzuweisen, antwortete: »Wenn sie schweigen, werden die Steine schreien« (Lk 19,40). Demut bedeutet nicht, die Wirklichkeit zu leugnen, und Jesus ist wirklich der Messias, der König.

Aber zugleich ist das Herz Christi auf einem anderen Weg, auf dem heiligen Weg, den nur er und der Vater kennen: dieser geht von der »Gestalt Gottes« zur »Knechtsgestalt«, der Weg der Erniedrigung im Gehorsam »bis zum Tod, bis zum Tod am Kreuz« (Phil 2,6-8). Er weiß, dass er für Gott Raum schaffen muss, um zum wahren Triumph zu gelangen; und um für Gott Raum zu schaffen, gibt es nur eine Art und Weise: die Entäußerung, die Selbstentleerung. Schweigen, beten, sich erniedrigen. Mit dem Kreuz kann man nicht verhandeln, entweder man nimmt es an oder man weist es zurück. Und mit seiner Erniedrigung wollte Jesus uns den Weg des Glaubens eröffnen und uns auf ihm vorausgehen.

Nach ihm war seine Mutter, Maria, die Erste, die ihn beschritten hat, die erste Jüngerin. Die Jungfrau und die Heiligen mussten leiden, um im Glauben und im Willen Gottes zu wandeln. Angesichts der harten und schmerzlichen Ereignisse des Lebens im Glauben zu antworten verlangt »eine besondere Mühe des Herzens« (hl. Johannes Paul II., Enzyklika Redemptoris Mater, 17). Es ist die Nacht des Glaubens. Aber nur aus dieser Nacht bricht die Morgenröte der Auferstehung an. Zu Füßen des Kreuzes dachte Maria an die Worte zurück, mit denen der Engel ihr ihren Sohn angekündigt hatte: »Er wird groß sein […] Gott, der Herr, wird ihm den Thron seines Vaters David geben. Er wird über das Haus Jakob in Ewigkeit herrschen und seine Herrschaft wird kein Ende haben« (Lk 1,32-33). Maria steht auf Golgota vor dem völligen Widerspruch zu dieser Verheißung: ihr Sohn liegt wie ein Missetäter am Kreuz im Todeskampf. So wurde der Triumphalismus, der durch die Erniedrigung Jesu vernichtet wurde, ebenfalls im Herzen der Mutter vernichtet; beide wussten zu schweigen.

Maria ging unzähligen Heiligen voraus, die Jesus auf dem Weg der Demut und des Gehorsams gefolgt sind. Heute am Weltjugendtag möchte ich an die vielen jungen Heiligen erinnern, besonders an die „von nebenan“, die Gott allein kennt und die er zuweilen uns gerne überraschend enthüllt. Liebe junge Menschen, schämt euch nicht, eure Begeisterung für Jesus zu zeigen und auszurufen, dass Christus lebt, dass er euer Leben ist. Aber zugleich habt keine Angst, ihm auf dem Weg des Kreuzes zu folgen. Und wenn ihr spürt, dass er euch bittet, auf euch selbst zu verzichten, eure Sicherheiten abzulegen und euch völlig dem Vater im Himmel anzuvertrauen, dann freut euch und jubelt! Ihr seid auf der Straße des Reiches Gottes.

Freudige Jubelrufe und grausame Wut; das Schweigen Jesu bei seinem Leiden ist beeindruckend. Er besiegt auch die Versuchung zu antworten, „medial“ zu sein. In den Augenblicken von Dunkelheit und großer Bedrängnis muss man schweigen, man muss den Mut haben zu schweigen, vorausgesetzt, dass es ein mildes und nicht nachtragendes Schweigen ist. Die Milde des Schweigens wird uns noch schwächer, noch erniedrigter erscheinen lassen, und dann wird der Teufel Mut fassen und aus der Deckung kommen. Man muss ihm im Schweigen Widerstand leisten, indem man „die Stellung hält“, aber mit der gleichen Haltung Jesu. Er weiß, dass der Krieg zwischen Gott und dem Fürsten dieser Welt besteht und dass es nicht darum geht, Hand ans Schwert zu legen, sondern ruhig zu bleiben, fest im Glauben. Es ist die Stunde Gottes. Und in der Stunde, in der Gott sich in die Schlacht begibt, muss man ihn machen lassen. Unser sicherer Platz wird unter dem Mantel der heiligen Gottesmutter sein. Und während wir darauf warten, dass der Herr kommt und dem Sturm Einhalt gebietet (vgl. Mk 4,37-41), geben wir mit unserem stillen Zeugnis des Gebets uns selbst und den anderen »Rechenschaft […] über die Hoffnung, die [uns] erfüllt« (1 Petr 3,15). Dies wird uns helfen, die heilige Spannung zwischen dem Gedächtnis der Verheißungen, der Wirklichkeit der im Kreuz gegenwärtigen Wut und der Hoffnung der Auferstehung zu leben.

[00640-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Las aclamaciones de la entrada en Jerusalén y la humillación de Jesús. Los gritos de fiesta y el ensañamiento feroz. Este doble misterio acompaña cada año la entrada en la Semana Santa, en los dos momentos característicos de esta celebración: la procesión con las palmas y los ramos de olivo, al principio, y luego la lectura solemne de la narración de la Pasión.

Dejemos que esta acción animada por el Espíritu Santo nos envuelva, para obtener lo que hemos pedido en la oración: acompañar con fe a nuestro Salvador en su camino y tener siempre presente la gran enseñanza de su Pasión como modelo de vida y de victoria contra el espíritu del mal.

Jesús nos muestra cómo hemos de afrontar los momentos difíciles y las tentaciones más insidiosas, cultivando en nuestros corazones una paz que no es distanciamiento, no es impasividad o creerse un superhombre, sino que es un abandono confiado en el Padre y en su voluntad de salvación, de vida, de misericordia; y, en toda su misión, pasó por la tentación de “hacer su trabajo” decidiendo él el modo y desligándose de la obediencia al Padre. Desde el comienzo, en la lucha de los cuarenta días en el desierto, hasta el final en la Pasión, Jesús rechaza esta tentación mediante la confianza obediente en el Padre.

También hoy, en su entrada en Jerusalén, nos muestra el camino. Porque en ese evento el maligno, el Príncipe de este mundo, tenía una carta por jugar: la carta del triunfalismo, y el Señor respondió permaneciendo fiel a su camino, el camino de la humildad.

El triunfalismo trata de llegar a la meta mediante atajos, compromisos falsos. Busca subirse al carro del ganador. El triunfalismo vive de gestos y palabras que, sin embargo, no han pasado por el crisol de la cruz; se alimenta de la comparación con los demás, juzgándolos siempre como peores, con defectos, fracasados... Una forma sutil de triunfalismo es la mundanidad espiritual, que es el mayor peligro, la tentación más pérfida que amenaza a la Iglesia (De Lubac). Jesús destruyó el triunfalismo con su Pasión.

El Señor realmente compartió y se regocijó con el pueblo, con los jóvenes que gritaban su nombre aclamándolo como Rey y Mesías. Su corazón gozaba viendo el entusiasmo y la fiesta de los pobres de Israel. Hasta el punto que, a los fariseos que le pedían que reprochara a sus discípulos por sus escandalosas aclamaciones, él les respondió: «Os digo que, si estos callan, gritarán las piedras» (Lc 19,40). Humildad no significa negar la realidad, y Jesús es realmente el Mesías, el Rey.

Pero al mismo tiempo, el corazón de Cristo está en otro camino, en el camino santo que solo él y el Padre conocen: el que va de la «condición de Dios» a la «condición de esclavo», el camino de la humillación en la obediencia «hasta la muerte, y una muerte de cruz» (Flp 2,6-8). Él sabe que para lograr el verdadero triunfo debe dejar espacio a Dios; y para dejar espacio a Dios solo hay un modo: el despojarse, el vaciarse de sí mismo. Callar, rezar, humillarse. Con la cruz no se puede negociar, o se abraza o se rechaza. Y con su humillación, Jesús quiso abrirnos el camino de la fe y precedernos en él.

Tras él, la primera que lo ha recorrido fue su madre, María, la primera discípula. La Virgen y los santos han tenido que sufrir para caminar en la fe y en la voluntad de Dios. Ante los duros y dolorosos acontecimientos de la vida, responder con fe cuesta «una particular fatiga del corazón» (cf. S. Juan Pablo II, Carta enc. Redemptoris Mater, 17). Es la noche de la fe. Pero solo de esta noche despunta el alba de la resurrección. Al pie de la cruz, María volvió a pensar en las palabras con las que el Ángel le anunció a su Hijo: «Será grande [...]; el Señor Dios le dará el trono de David, su padre; reinará sobre la casa de Jacob para siempre, y su reino no tendrá fin» (Lc 1,32-33). En el Gólgota, María se enfrenta a la negación total de esa promesa: su Hijo agoniza sobre una cruz como un criminal. Así, el triunfalismo, destruido por la humillación de Jesús, fue igualmente destruido en el corazón de la Madre; ambos supieron callar.

Precedidos por María, innumerables santos y santas han seguido a Jesús por el camino de la humildad y la obediencia. Hoy, Jornada Mundial de la Juventud, quiero recordar a tantos santos y santas jóvenes, especialmente a aquellos “de la puerta de al lado”, que solo Dios conoce, y que a veces a él le gusta revelarnos por sorpresa. Queridos jóvenes, no os avergoncéis de mostrar vuestro entusiasmo por Jesús, de gritar que él vive, que es vuestra vida. Pero al mismo tiempo, no tengáis miedo de seguirlo por el camino de la cruz. Y cuando sintáis que os pide que renunciéis a vosotros mismos, que os despojéis de vuestras seguridades, que os confiéis por completo al Padre que está en los cielos, entonces alegraos y regocijaos. Estáis en el camino del Reino de Dios.

Aclamaciones de fiesta y furia feroz; el silencio de Jesús en su Pasión es impresionante. Vence también a la tentación de responder, de ser “mediático”. En los momentos de oscuridad y de gran tribulación hay que callar, tener el valor de callar, siempre que sea un callar manso y no rencoroso. La mansedumbre del silencio hará que parezcamos aún más débiles, más humillados, y entonces el demonio, animándose, saldrá a la luz. Será necesario resistirlo en silencio, “manteniendo la posición”, pero con la misma actitud que Jesús. Él sabe que la guerra es entre Dios y el Príncipe de este mundo, y que no se trata de poner la mano en la espada, sino de mantener la calma, firmes en la fe. Es la hora de Dios. Y en la hora en que Dios baja a la batalla, hay que dejarlo hacer. Nuestro puesto seguro estará bajo el manto de la Santa Madre de Dios. Y mientras esperamos que el Señor venga y calme la tormenta (cf. Mc 4,37-41), con nuestro silencioso testimonio en oración, nos damos a nosotros mismos y a los demás razón de nuestra esperanza (cf. 1 P 3,15). Esto nos ayudará a vivir en la santa tensión entre la memoria de las promesas, la realidad del ensañamiento presente en la cruz y la esperanza de la resurrección.

[00640-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

As aclamações da entrada em Jerusalém e a humilhação de Jesus. Os gritos festosos e o encarniçamento feroz. Anualmente, este duplo mistério acompanha a entrada na Semana Santa com os dois momentos caraterísticos desta celebração: ao início, a procissão com os ramos de palmeira e de oliveira e, depois, a leitura solene da narração da Paixão.

Deixemo-nos envolver nesta ação animada pelo Espírito Santo, para obtermos o que se pede na oração: acompanhar com fé o caminho do nosso Salvador e ter sempre presente o grande ensinamento da sua Paixão como modelo de vida e de vitória contra o espírito do mal.

Jesus mostra-nos como enfrentar os momentos difíceis e as tentações mais insidiosas, guardando no coração uma paz que não é isolamento, não é ficar impassível nem fazer o super-homem, mas confiante abandono ao Pai e à sua vontade de salvação, de vida, de misericórdia; e Jesus, em toda a sua missão, viu-Se assaltado pela tentação de «fazer a sua obra», escolhendo Ele o modo e desligando-Se da obediência ao Pai. Desde o início, na luta dos quarenta dias no deserto, até ao fim, na Paixão, Jesus repele esta tentação com uma obediente confiança no Pai.

E hoje, na sua entrada em Jerusalém, também nos mostra o caminho. Pois, neste acontecimento, o maligno, o príncipe deste mundo, tinha uma carta para jogar: a carta do triunfalismo, e o Senhor respondeu permanecendo fiel ao seu caminho, o caminho da humildade.

O triunfalismo procura tornar a meta mais próxima por meio de atalhos, falsos comprometimentos. Aposta na subida para o carro do vencedor. O triunfalismo vive de gestos e palavras, que não passaram pelo cadinho da cruz; alimenta-se da comparação com os outros, julgando-os sempre piores, defeituosos, falhados... Uma forma subtil de triunfalismo é a mundanidade espiritual, que é o maior perigo, a mais pérfida tentação que ameaça a Igreja (Henri de Lubac). Jesus destruiu o triunfalismo com a sua Paixão.

Verdadeiramente o Senhor aceitou e alegrou-Se com a iniciativa do povo, com os jovens que gritavam o seu nome, aclamando-O Rei e Messias. O seu coração rejubilava ao ver o entusiasmo e a festa dos pobres de Israel, de tal maneira que, aos fariseus que Lhe pediam para censurar os discípulos pelas suas escandalosas aclamações, Jesus respondeu: «Se eles se calarem, gritarão as pedras» (Lc 19, 40). Humildade não significa negar a realidade, e Jesus é realmente o Messias, o Rei.

Mas, ao mesmo tempo o coração de Cristo encontra-se noutro caminho, no caminho santo que só Ele e o Pai conhecem: aquele que vai da «condição divina» à «condição de servo», o caminho da humilhação na obediência «até à morte e morte de cruz» (Flp 2, 6-8). Ele sabe que, para chegar ao verdadeiro triunfo, deve dar espaço a Deus; e, para dar espaço a Deus, só há um modo: o despojamento, o esvaziamento de si mesmo. Calar, rezar, humilhar-se. Com a cruz, não se pode negociar: abraça-se ou recusa-se. E, com a sua humilhação, Jesus quis abrir-nos o caminho da fé e preceder-nos nele.

Atrás d’Ele, a primeira que o percorreu foi a sua Mãe, Maria, a primeira discípula. A Virgem e os santos tiveram que padecer para caminhar na fé e na vontade de Deus. No meio dos acontecimentos duros e dolorosos da vida, responder com a fé custa «um particular aperto do coração» (cf. São João Paulo II, Enc. Redemptoris Mater, 17). É a noite da fé. Mas, só desta noite é que desponta a aurora da ressurreição. Ao pé da cruz, Maria repensou nas palavras com que o Anjo Lhe anunciara o seu Filho: «Será grande (…). O Senhor Deus vai dar-Lhe o trono de seu pai David, reinará eternamente sobre a casa de Jacob e o seu reinado não terá fim» (Lc 1, 32-33). No Gólgota, Maria depara-Se com o desmentido total daquela promessa: o seu Filho agoniza numa cruz como um malfeitor. Deste modo o triunfalismo, destruído pela humilhação de Jesus, foi igualmente destruído no coração da Mãe; ambos souberam calar.

Precedidos por Maria, incontáveis santos e santos seguiram a Jesus pelo caminho da humildade e da obediência. Hoje, Dia Mundial da Juventude, quero lembrar os inúmeros santos e santas jovens, especialmente os de «ao pé da porta», que só Deus conhece e que às vezes gosta de no-los revelar de surpresa. Queridos jovens, não vos envergonheis de manifestar o vosso entusiasmo por Jesus, gritar que Ele vive, que é a vossa vida. Mas, ao mesmo tempo não tenhais medo de O seguir pelo caminho da cruz. E, quando sentirdes que vos pede para renunciardes a vós mesmos, para vos despojardes das próprias seguranças confiando-vos completamente ao Pai que está nos céus, então alegrai-vos e exultai! Encontrais-vos no caminho do Reino de Deus.

Aclamações festosas e encarniçamento feroz; é impressionante o silêncio de Jesus na sua Paixão. Vence inclusivamente a tentação de responder, de ser «mediático». Nos momentos de escuridão e grande tribulação, é preciso ficar calado, ter a coragem de calar, contanto que seja um calar manso e não rancoroso. A mansidão do silêncio far-nos-á aparecer ainda mais frágeis, mais humilhados, e então o demónio ganha coragem e sai a descoberto. Será necessário resistir-lhe em silêncio, «conservando a posição», mas com a mesma atitude de Jesus. Ele sabe que a guerra é entre Deus e o príncipe deste mundo, e não se trata de empunhar a espada, mas de permanecer calmo, firme na fé. É a hora de Deus. E, na hora em que Deus entra na batalha, é preciso deixá-Lo agir. O nosso lugar seguro será sob o manto da Santa Mãe de Deus. E enquanto esperamos que o Senhor venha e acalme a tempestade (cf. Mc 4, 37-41), com o nosso testemunho silencioso e orante, demos a nós mesmos e aos outros a «razão da esperança que está em [nós]» (1 Ped 3, 15). Isto ajudar-nos-á a viver numa santa tensão entre a memória das promessas, a realidade do encarniçamento palpável na cruz e a esperança da ressurreição.

[00640-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Owacje podczas wjazdu do Jerozolimy i upokorzenie Jezusa. Świąteczne wołanie i okrutna zawziętość. Ta podwójna tajemnica towarzyszy co roku rozpoczęciu Wielkiego Tygodnia, w dwóch wydarzeniach charakterystycznych dla tej uroczystości: procesji z gałązkami palmowymi i oliwnymi na początku, a następnie w uroczystym odczytaniu opisu Męki Pańskiej.

Pozwólmy się zaangażować w tę akcję ożywioną przez Ducha Świętego, aby otrzymać to, o co prosiliśmy w modlitwie: towarzyszyć z wiarą naszemu Zbawicielowi na Jego drodze i zawsze pamiętać o wspaniałej nauce Jego męki jako wzoru życia i zwycięstwa nad złym duchem.

Jezus pokazuje nam, jak stawić czoło chwilom trudnym i najbardziej podstępnym pokusom, zachowując w sercu pokój, który nie jest oderwaniem, nie jest obojętnością czy czymś nadludzkim, ale ufnym powierzeniem się Ojcu i Jego woli zbawienia, życia, miłosierdzia. Podczas całej swej misji doznawał On pokusy „wypełniania swego dzieła”, na swój sposób i uwalniając się od posłuszeństwa Ojcu. Od samego początku, w zmaganiu czterdziestu dni na pustyni, aż do końca, w męce, Jezus odrzuca tę pokusę przez posłuszne zaufanie Ojcu.

Także dzisiaj, gdy wkracza do Jerozolimy, pokazuje nam drogę. Ponieważ w tym wydarzeniu zły, książę tego świata miał kartę przetargową: kartę triumfalizmu, a Pan odpowiedział, pozostając wierny swojej drodze, drodze pokory.

Triumfalizm próbuje przybliżyć cel za pomocą skrótów, fałszywych kompromisów. Dąży do wskoczenia na rydwan zwycięzcy. Triumfalizm żyje gestami i słowami, które nie przeszły jednak przez tygiel krzyża; karmi się konfrontacją z innymi, uznając ich zawsze za gorszych, błądzących, nieudaczników... Subtelną formą triumfalizmu jest światowość duchowa, która jest największym zagrożeniem, najbardziej przewrotną pokusą, zagrażającą Kościołowi (De Lubac). Jezus zniszczył triumfalizm swoją męką.

Pan naprawdę dzielił radość i cieszył z ludźmi, z młodymi, którzy wykrzykiwali Jego imię, obwołując Go Królem i Mesjaszem. Jego serce radowało się widząc entuzjazm i święto ubogich Izraela. Do tego stopnia, że faryzeuszom, którzy prosili Go, aby zganił swoich uczniów za ich skandaliczne owacje, odpowiedział: „Jeśli ci umilkną, kamienie wołać będą” (Łk 19, 40). Pokora nie oznacza zaprzeczania rzeczywistości, a Jezus jest naprawdę Mesjaszem, Królem.

Ale jednocześnie serce Chrystusa jest na innej drodze, na drodze świętej, którą znają tylko On i Ojciec: tej, która prowadzi od „natury Boga” do „natury sługi”, drodze upokorzenia w posłuszeństwie „aż do śmierci - i to śmierci krzyżowej” (Flp 2, 6-8). Wie, że aby osiągnąć prawdziwy triumf, musi uczynić miejsce dla Boga; i jest tylko jeden sposób, by uczynić miejsce dla Boga: odarcie, ogołocenie się. Milczenie, modlitwa, upokorzenie się. Z krzyżem nie można negocjować, albo się go przyjmuje, albo się go odrzuca. A ze swym upokorzeniem Jezus chciał otworzyć nam drogę wiary i nas na niej poprzedzić.

Za nim pierwszą, która podążała tą drogą, była Jego Matka, Maryja, pierwsza uczennica. Dziewica i święci musieli cierpieć, aby podążać w wierze i woli Bożej. W obliczu trudnych i bolesnych wydarzeń życiowych odpowiedź wiary kosztuje „swoisty trud serca” (por. Św. Jan Paweł II, Enc. Redemptoris Mater, 17). To noc wiary. Ale jedynie z tej nocy wschodzi świt zmartwychwstania. U stóp krzyża Maryja przemyślała na nowo słowa, którymi Anioł zapowiedział jej Syna: „Będzie On wielki [...]; Pan Bóg da Mu tron Jego praojca, Dawida. Będzie panował nad domem Jakuba na wieki, a Jego panowaniu nie będzie końca” (Łk 1, 32-33). Maryja na Golgocie stoi w obliczu całkowitego zaprzeczenia tej obietnicy: jej Syn umiera na krzyżu jak złoczyńca. W ten sposób triumfalizm, zniszczony upokorzeniem Jezusa, został również zniszczony w sercu Matki; obydwoje umieli milczeć.

Poprzedzeni przez Maryję niezliczeni święci i święte szli za Jezusem drogą pokory i posłuszeństwa. Dzisiaj, w Światowy Dzień Młodzieży, pragnę przypomnieć wielu młodych świętych, zwłaszcza tych „z sąsiedztwa”, których zna tylko Bóg, a których czasami lubi On nam ukazywać z zaskoczenia. Drodzy młodzi, nie wstydźcie się okazywać entuzjazmu dla Jezusa, głośno wołać, że On żyje, że jest waszym życiem. Ale jednocześnie nie lękajcie się iść za Nim drogą krzyża. A kiedy poczujecie, że prosi was o wyrzeczenie się siebie, pozbycie się waszych pewników, o całkowite powierzenie się Ojcu, który jest w niebie, cieszcie się i radujcie! Jesteście na drodze królestwa Bożego.

Świąteczne owacje i okrutna zawziętość. Niesamowite wrażenie budzi milczenie Jezusa w Jego męce. Przezwycięża też pokusę, by odpowiedzieć, by być „medialnym”. W chwilach ciemności i wielkiego ucisku trzeba milczeć, mieć odwagę milczenia, pod warunkiem, że będzie to milczenie łagodne, a nie milczenie urażone. Łagodność milczenia sprawi, że będziemy jawić się jeszcze słabszymi, bardziej upokorzonymi, a wtedy diabeł, nabierając odwagi, wyjdzie z ukrycia. Trzeba się jemu oprzeć w milczeniu, „zachowując swoje stanowisko”, ale z taką samą postawą, jak Jezus. On wie, że wojna toczy się między Bogiem a księciem tego świata i że nie chodzi o to, by przyłożyć rękę do miecza, ale o trwanie w spokoju, mocni w wierze. Jest to godzina Boga. A w godzinie, w której Bóg zstępuje do bitwy, musimy pozwolić Mu działać. Nasze bezpieczne miejsce będzie pod płaszczem Najświętszej Matki Boga. Czekając aż Pan przyjdzie i uspokoi burzę (por. Mk 4, 37-41), z naszym milczącym świadectwem na modlitwie dawajmy sobie oraz innym „uzasadnienie tej nadziei, która jest w nas”(1 P 3, 15). To nam pomoże żyć w świętym napięciu między pamięcią a obietnicami, rzeczywistością zaciekłości obecnej w krzyżu a nadzieją zmartwychwstania.

[00640-PL.01] [Testo originale: Italiano]

[B0314-XX.02]