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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Marocco (30-31 marzo 2019) – Incontro con i Migranti presso la Caritas Diocesana di Rabat, 30.03.2019


Incontro con i Migranti presso la Caritas Diocesana di Rabat

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 18.20 di oggi il Santo Padre Francesco si è recato alla sede della Caritas Diocesana di Rabat per l’Incontro con i Migranti.

Al Suo arrivo è stato accolto all’ingresso principale della Caritas dall’Arcivescovo di Tangeri, S.E. Mons. Santiago Agrelo Martínez, O.F.M., e dal Direttore della sede della Caritas a cui il Papa ha consegnato in dono una Madonna su marmo.

Introdotto dall’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Tangeri, dalla breve testimonianza di un migrante e da una rappresentazione artistica, il Santo Padre ha pronunciato il Suo discorso.

Al termine dell’incontro, il Papa si è trasferito alla Nunziatura Apostolica di Rabat.

Al Suo arrivo in Nunziatura, il Santo Padre ha salutato numerosi fedeli che lo attendevano. Presenti tanti bambini, alcuni scout e un numeroso gruppo di studentesse delle scuole cattoliche della città.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha pronunciato nel corso dell’Incontro con i Migranti:

Discorso del Santo Padre

Cari amici,

sono lieto di avere questa possibilità di incontrarvi durante la mia visita al Regno del Marocco. Si tratta per me di una rinnovata occasione per esprimere la mia vicinanza a tutti voi, e con voi affrontare una ferita grande e grave che continua a lacerare gli inizi di questo XXI secolo. Ferita che grida al cielo. E pertanto non vogliamo che l’indifferenza e il silenzio siano la nostra parola (cfr Es 3,7). Ancor più quando si riscontra che sono molti milioni i rifugiati e gli altri migranti forzati che chiedono la protezione internazionale, senza contare le vittime della tratta e delle nuove forme di schiavitù in mano ad organizzazioni criminali. Nessuno può essere indifferente davanti a questo dolore.

Ringrazio Mons. Santiago per le sue parole di accoglienza e per l’impegno della Chiesa al servizio dei migranti. Grazie anche a Jackson per la sua testimonianza; grazie a tutti voi, migranti e membri delle associazioni che sono al loro servizio, venuti qui oggi pomeriggio per trovarci insieme, per rafforzare i legami tra noi e continuare a impegnarci per garantire condizioni di vita degna per tutti. E grazie ai bambini! Questi sono la speranza. Per questi dobbiamo lottare, per questi. Loro hanno diritto, diritto alla vita, diritto alla dignità. Lottiamo per loro. Tutti siamo chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee, con generosità, prontezza, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie possibilità (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018).

Qualche mese fa si è svolta, qui in Marocco, la Conferenza Intergovernativa di Marrakech che ha ratificato l’adozione del Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare. «Il Patto sulle migrazioni costituisce un importante passo avanti per la comunità internazionale che, nell’ambito delle Nazioni Unite, affronta per la prima volta a livello multilaterale il tema in un documento di rilievo» (Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 7 gennaio 2019).

Questo Patto permette di riconoscere e di prendere coscienza che «non si tratta solo di migranti» (cfr Tema della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2019), come se le loro vite fossero una realtà estranea o marginale, che non abbia nulla a che fare col resto della società. Come se la loro qualità di persone con diritti restasse “sospesa” a causa della loro situazione attuale; «effettivamente un migrante non è più umano o meno umano in funzione della sua ubicazione da una parte o dall’altra di una frontiera».[1]

Ciò che è in gioco è il volto che vogliamo darci come società e il valore di ogni vita. Si sono fatti molti e positivi passi avanti in diversi ambiti, specialmente nelle società sviluppate, ma non possiamo dimenticare che il progresso dei nostri popoli non si può misurare solo dallo sviluppo tecnologico o economico. Esso dipende soprattutto dalla capacità di lasciarsi smuovere e commuovere da chi bussa alla porta e col suo sguardo scredita ed esautora tutti i falsi idoli che ipotecano e schiavizzano la vita; idoli che promettono una felicità illusoria ed effimera, costruita al margine della realtà e della sofferenza degli altri. Come diventa deserta e inospitale una città quando perde la capacità della compassione! Una società senza cuore… una madre sterile. Voi non siete emarginati, siete al centro del cuore della Chiesa.

Ho voluto offrire quattro verbi – accogliere, proteggere, promuovere e integrare – affinché coloro che vogliono aiutare a rendere più concreta e reale questa alleanza possano con saggezza coinvolgersi piuttosto che tacere, soccorrere piuttosto che isolare, edificare piuttosto che abbandonare.

Cari amici, vorrei ribadire qui l’importanza che rivestono questi quattro verbi. Essi formano come un quadro di riferimento per tutti. Infatti, in questo impegno siamo tutti coinvolti – in modi diversi, ma tutti coinvolti – e tutti siamo necessari per garantire una vita più degna, sicura e solidale. Mi piace pensare che il primo volontario, assistente, soccorritore, amico di un migrante è un altro migrante che conosce in prima persona la sofferenza del cammino. Non si possono pensare strategie di grande portata, capaci di dare dignità, limitandosi ad azioni assistenzialistiche verso il migrante. Cosa imprescindibile, ma insufficiente. È necessario che voi migranti vi sentiate i primi protagonisti e gestori in tutto questo processo.

Questi quattro verbi possono aiutare a realizzare alleanze capaci di riscattare spazi in cui accogliere, proteggere, promuovere e integrare. In definitiva, spazi in cui dare dignità.

«Considerando lo scenario attuale, accogliere significa innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione» (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018). L’ampliamento dei canali migratori regolari è di fatto uno degli obiettivi principali del Patto mondiale. Questo impegno comune è necessario per non accordare nuovi spazi ai “mercanti di carne umana” che speculano sui sogni e sui bisogni dei migranti. Finché questo impegno non sarà pienamente realizzato, si dovrà affrontare la pressante realtà dei flussi irregolari con giustizia, solidarietà e misericordia. Le forme di espulsione collettiva, che non permettono una corretta gestione dei casi particolari, non devono essere accettate. D’altra parte, i percorsi di regolarizzazione straordinari, soprattutto nei casi di famiglie e di minori, devono essere incoraggiati e semplificati.

Proteggere vuol dire assicurare la difesa «dei diritti e della dignità dei migranti e dei rifugiati, indipendentemente dal loro status migratorio» (ibid.). Guardando la realtà di questa regione, la protezione va assicurata anzitutto lungo le vie migratorie, che sono spesso, purtroppo, teatri di violenza, sfruttamento e abusi di ogni genere. Qui sembra anche necessario rivolgere una particolare attenzione ai migranti in situazione di grande vulnerabilità, ai numerosi minori non accompagnati e alle donne. È essenziale poter garantire a tutti un’assistenza medica, psicologica e sociale adeguata per ridare dignità a chi l’ha perduta lungo il cammino, come fanno con dedizione gli operatori di questa struttura. E tra voi, ce ne sono alcuni che possono testimoniare quanto sono importanti questi servizi di protezione, per dare speranza, per il tempo in cui sono ospitati nei Paesi che li hanno accolti.

Promuovere significa assicurare a tutti, migranti e locali, la possibilità di trovare un ambiente sicuro dove realizzarsi integralmente. Tale promozione comincia col riconoscimento che nessuno è uno scarto umano, ma è portatore di una ricchezza personale, culturale e professionale che può recare molto valore là dove si trova. Le società di accoglienza ne saranno arricchite se sanno valorizzare al meglio il contributo dei migranti, prevenendo ogni tipo di discriminazione e ogni sentimento xenofobo. L’apprendimento della lingua locale, come veicolo essenziale di comunicazione interculturale, sarà vivamente incoraggiato, così come ogni forma positiva di responsabilizzazione dei migranti verso la società che li accoglie, imparando a rispettarne le persone e i legami sociali, le leggi e la cultura, per offrire così un contributo rafforzato allo sviluppo umano integrale di tutti.

Ma non dimentichiamo che la promozione umana dei migranti e delle loro famiglie inizia anche dalle comunità di origine, là dove dev’essere garantito, insieme al diritto di emigrare, anche quello di non essere costretti a emigrare, cioè il diritto di trovare in patria condizioni che permettano una vita degna. Apprezzo e incoraggio gli sforzi dei programmi di cooperazione internazionale e di sviluppo transnazionale svincolati da interessi di parte, in cui i migranti sono coinvolti come i principali protagonisti (cfr Discorso ai partecipanti al foro internazionale su “migrazione e pace”, 21 febbraio 2017).

Integrare vuol dire impegnarsi in un processo che valorizzi al tempo stesso il patrimonio culturale della comunità che accoglie e quello dei migranti, costruendo così una società interculturale e aperta. Sappiamo che non è per nulla facile entrare in una cultura che ci è estranea – tanto per chi arriva, quanto per chi accoglie –, metterci nei panni di persone tanto diverse da noi, comprendere i loro pensieri e le loro esperienze. Così, spesso, rinunciamo all’incontro con l’altro e innalziamo barriere per difenderci (cfr Omelia nella Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 14 gennaio 2018). Integrare richiede dunque di non lasciarsi condizionare dalle paure e dall’ignoranza.

Qui c’è un cammino da fare insieme, come veri compagni di viaggio, un viaggio che impegna tutti, migranti e locali, nell’edificazione di città accoglienti, plurali e attente ai processi interculturali, città capaci di valorizzare la ricchezza delle differenze nell’incontro con l’altro. E anche in questo caso molti di voi possono testimoniare personalmente quanto un simile impegno sia essenziale.

Cari amici migranti, la Chiesa riconosce le sofferenze che segnano il vostro cammino e ne soffre con voi. Raggiungendovi nelle vostre situazioni così diverse, essa tiene a ricordare che Dio vuole fare di tutti noi dei viventi. Essa desidera stare al vostro fianco per costruire con voi ciò che è il meglio per la vostra vita. Perché ogni uomo ha diritto alla vita, ogni uomo ha il diritto di avere dei sogni e di poter trovare il suo giusto posto nella nostra “casa comune”! Ogni persona ha diritto al futuro.

Vorrei esprimere ancora la mia gratitudine a tutte le persone che si sono poste al servizio dei migranti e dei rifugiati nel mondo intero, e oggi particolarmente a voi, operatori della Caritas, che avete l’onore di manifestare l’amore misericordioso di Dio a tanti nostri fratelli e sorelle a nome di tutta la Chiesa, come pure a tutte le associazioni partner. Voi sapete bene e sperimentate che per il cristiano “non si tratta solo di migranti”, ma è Cristo stesso che bussa alle nostre porte.

Il Signore, che durante la sua esistenza terrena visse nella propria carne la sofferenza dell’esilio, benedica ciascuno di voi, vi dia la forza necessaria per non scoraggiarvi e per essere gli uni per gli altri “porto sicuro” di accoglienza.

Grazie!

____________________

[1] Discorso di S.M. il Re del Marocco alla Conferenza Intergovernativa sulle migrazioni, Marrakech, 10 dicembre 2018.

[00534-IT.02] [Testo originale: Italiano]

 

Traduzione in lingua francese

Chers amis,

Je suis heureux d’avoir cette possibilité de vous rencontrer au cours de ma visite au Royaume du Maroc. Il s’agit pour moi d’une nouvelle occasion de vous exprimer à tous ma proximité, et avec vous affronter une grande et grave blessure qui continue à déchirer le début de ce XXIème siècle. Blessure qui crie vers le ciel. Et c’est pourquoi nous ne voulons pas que l’indifférence et le silence soient notre parole (cf. Is 3, 7). Encore plus quand on relève qu’il y a de nombreux millions de réfugiés et d’autres migrants forcés qui demandent la protection internationale, sans compter les victimes de la traite et des nouvelles formes d’esclavage aux mains d’organisations criminelles. Personne ne peut être indifférent devant cette souffrance.

Je remercie Mgr Santiago pour ses mots d’accueil et pour l’engagement de l’Eglise au service des migrants. Merci aussi à Jackson pour son témoignage; merci à vous tous, migrants et membres des associations qui sont à leur service, venus ici cet après-midi pour nous trouver ensemble, pour renforcer les liens entre nous et continuer à nous engager pour garantir des conditions de vie digne pour tous. Et merci aux enfants! Eux sont l’espérance. Pour eux, nous devons lutter, pour eux. Ils ont droit, droit à la vie, droit à la dignité. Luttons pour eux. Tous nous sommes appelés à répondre aux nombreux défis posés par les migrations contemporaines, avec générosité, rapidité, sagesse et clairvoyance, chacun selon ses propres possibilités (cf. Message pour la Journée mondiale du Migrant et du Réfugié, 2018).

Il y a quelques mois s’est déroulée, ici au Maroc, la Conférence Intergouvernementale de Marrakech qui a entériné l’adoption du Pacte mondial pour une migration sûre, ordonnée et régulière. «Le Pacte sur les migrations constitue un important pas en avant pour la communauté internationale qui, dans le cadre des Nations Unies, affronte pour la première fois au niveau multilatéral le thème dans un document d’importance » (Discours aux membres du Corps diplomatique accrédité près le Saint-Siège, 7 janvier 2019).

Ce Pacte permet de reconnaître et de prendre conscience qu’il «ne s’agit pas seulement de migrants» (cf. le Thème de la Journée mondiale du Migrant et du Réfugié 2019), comme si leurs vies étaient une réalité étrangère ou marginale, qui n’aurait rien à voir avec le reste de la société. Comme si leur qualité de personne avec des droits restait «en suspens » à cause de leur situation actuelle; «effectivement un migrant n’est pas plus humain ou moins humain en fonction de sa situation d’un côté ou de l’autre d’une frontière»[1].

Ce qui est en jeu, c’est le visage que nous voulons nous donner comme société et la valeur de toute vie. Des pas en avant nombreux et positifs ont été faits dans différents domaines, spécialement dans les sociétés développées, mais nous ne pouvons pas oublier que le progrès de nos peuples ne peut pas se mesurer seulement par le développement technologique ou économique. Il dépend surtout de la capacité de se laisser remuer et toucher par celui qui frappe à la porte et qui avec son regard discrédite et prive d’autorité toutes les fausses idoles qui hypothèquent la vieet la réduisent en esclavage; idoles qui promettent un bonheur illusoire et éphémère, construit aux marges de la réalité et de la souffrance des autres. Comme devient déserte et inhospitalière une ville quand elle perd la capacité de la compassion! une société sans cœur… une mère stérile. Vous n’êtes pas des marginaux, vous êtes au centre du cœur de l’Eglise.

J’ai voulu offrir quatre verbes– accueillir, protéger, promouvoir et intégrer – afin que ceux qui veulent aider à rendre plus concrète et réelle cette alliance puissent avec sagesse s’impliquer plutôt que se taire, secourir plutôt qu’isoler, édifier plutôt qu’abandonner.

Chers amis, je voudrais redire ici l’importance que revêtent ces quatre verbes. Ils sont comme un cadre de référence pour tous. En effet, nous sommes tous impliqués dans cet engagement – de façons diverses, mais tous impliqués – et nous sommes tous nécessaires pour garantir une vie plus digne, sûre et solidaire. J’aime penser que le premier volontaire, assistant, sauveteur, ami d’un migrant est un autre migrant qui connaît personnellement la souffrance du chemin. On ne peut pas penser des stratégies de grande portée, capables de donner la dignité, en se limitant à des actions d’assistance envers le migrant. C’est quelque chose d’incontournable, mais d’insuffisant. Il est nécessaire que vous, migrants, vous vous sentiez les premiers protagonistes et gérants dans tout ce processus.

Ces quatre verbes peuvent aider à réaliser des alliances capables de dégager des espaces où accueillir, protéger, promouvoir et intégrer. En définitive, des espaces où donner de la dignité.

«En considérant la situation actuelle, accueillir signifie avant tout offrir aux migrants et aux réfugiés de plus grandes possibilités d’entrée sûre et légale dans les pays de destination» (Message Journée mondiale du Migrant 2018). L’élargissement des canaux migratoires réguliers est de fait un des objectifs principaux du Pacte mondial. Cet engagement commun est nécessaire pour ne pas accorder de nouveaux espaces aux ‘marchands de chair humaine’ qui spéculent sur les rêves et sur les besoins des migrants. Tant que cet engagement ne sera pas pleinement réalisé, on devra affronter la pressante réalité des flux irréguliers avec justice, solidarité et miséricorde. Les formes d’expulsion collective, qui ne permettent pas une gestion correcte des cas particuliers, ne doivent pas être acceptées. Par contre les parcours de régularisation extraordinaires, surtout dans le cas de familles et de mineurs, doivent être encouragés et simplifiés.

Protéger veut dire assurer la défense «des droits et de la dignité des migrants ainsi que des réfugiés, indépendamment de leur statut migratoire» (ibid.). En regardant la réalité de cette région, la protection doit être assurée avant tout le long des routes migratoires, qui sont souvent, hélas, des théâtres de violence, d’exploitation et d’abus en tous genres. Ici aussi il apparaît nécessaire de porter une attention particulière aux migrants en situation de grande vulnérabilité, aux nombreux mineurs non accompagnés et aux femmes. Il est essentiel de pouvoir garantir à tous une assistance médicale, psychologique et sociale adéquate pour redonner dignité à qui l’a perdue au cours du chemin, comme s’y consacrent avec dévouement les opérateurs de cette structure. Et parmi vous, il y en a qui peuvent témoigner combien sont importants ces services de protection, pour donner une nouvelle espérance aux migrants, aussi longtemps qu’ils séjournent dans les pays qui les ont accueillis.

Promouvoir, signifie assurer à tous, migrants et autochtones, la possibilité de trouver un milieu sûr où se réaliser intégralement. Cette promotion commence avec la reconnaissance que personne n’est un déchet humain, mais que chacun est porteur d’une richesse personnelle, culturelle et professionnelle qui peut apporter beaucoup de valeur là où il se trouve. Les sociétés d’accueil en seront enrichies si elles savent valoriser au mieux la contribution des migrants, en prévenant tout type de discrimination et tout sentiment xénophobe. L’apprentissage de la langue locale, comme véhicule essentiel de communication interculturelle, sera vivement encouragé, de même que toute forme positive de responsabilisation des migrants envers la société qui les accueille, apprenant à y respecter les personnes et les liens sociaux, les lois et la culture, pour offrir ainsi une contribution renforcée au développement humain intégral de tous.

Mais n’oublions pas que la promotion humaine des migrants et de leurs familles commence aussi par les communautés d’origine, là où doit être aussi garanti, avec le droit d’émigrer, celui de ne pas être contraints à émigrer, c’est-à-dire le droit de trouver dans sa patrie des conditions qui permettent une vie digne. J’apprécie et j’encourage les efforts des programmes de coopération internationale et de développement transnational dégagés d’intérêts partisans, où les migrants sont impliqués comme les principaux protagonistes (cf. Discours aux participants au forum international sur «migration et paix», 21 février 2017).

Intégrer veut dire s’engager dans un processus qui valorise à la fois le patrimoine culturel de la communauté qui accueille et celui des migrants, construisant ainsi une société interculturelle et ouverte. Nous savons qu’il n’est pas du tout facile d’entrer dans une culture qui nous est étrangère – aussi bien pour qui arrive que pour qui accueille –, de nous mettre à la place de personnes très différentes de nous, de comprendre leurs pensées et leurs expériences. Ainsi, souvent, nous renonçons à la rencontre avec l’autre et nous élevons des barrières pour nous défendre (cf. Homélie pour la Journée mondiale du migrant et du réfugié, 14 janvier 2018). Intégrer demande donc de ne pas se laisser conditionner par les peurs et par l’ignorance.

Ici il y a un chemin à faire ensemble, comme de vrais compagnons de voyage, un voyage qui nous engage tous, migrants et autochtones, dans l’édification de villes accueillantes, plurielles et attentives aux processus interculturels, des villes capables de valoriser la richesse des différences dans la rencontre de l’autre. Et dans ce cas aussi, beaucoup parmi vous peuvent témoigner personnellement combien un tel engagement est essentiel.

Chers amis migrants, l’Eglise reconnaît les souffrances qui jalonnent votre chemin et elle en souffre avec vous. En vous rejoignant dans vos situations si diverses, elle tient à rappeler que Dieu veut faire de nous tous des vivants. Elle désire se tenir à vos côtés pour construire avec vous ce qui est le meilleur pour votre vie. Car tout homme a droit à la vie, tout homme a le droit d’avoir des rêves et de pouvoir trouver sa juste place dans notre ‘maison commune’! Toute personne a droit à un avenir.

Je voudrais encore exprimer mes remerciements à toutes les personnes qui se sont mises au service des migrants et des réfugiés dans le monde entier, et aujourd’hui particulièrement à vous, opérateurs de la Caritas, qui avez l’honneur de manifester l’amour miséricordieux de Dieu à tant de nos frères et sœurs au nom de toute l’Eglise, ainsi qu’à toutes les associations partenaires. Vous savez bien et vous faites l’expérience que pour le chrétien «il ne s’agit pas seulement de migrants», mais c’est le Christ lui-même qui frappe à nos portes.

Que le Seigneur, qui durant son existence terrestre a vécu dans sa propre chair la souffrance de l’exil, bénisse chacun de vous, vous donne la force nécessaire pour ne pas vous décourager et pour être les uns pour les autres «un port sûr» d’accueil.

Merci.

____________________

[1] Discours de S.M. le Roi du Maroc à la Conférence Intergouvernementale sur les migrations, Marrakech, 10 décembre 2018.

[00534-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear Friends,

I am happy to have this opportunity to meet with you during my visit to the Kingdom of Morocco. It gives me a chance once more to express my closeness to all of you and, together with you, to discuss a great and deep wound that continues to afflict our world at the beginning of this twenty-first century. A wound that cries out to heaven. We do not want our response to be one of indifference and silence (cf. Ex 3:7). This is all the more the case today, when we witness many millions of refugees and other forced migrants seeking international protection, to say nothing of the victims of human trafficking and the new forms of enslavement being perpetrated by criminal organizations. No one can be indifferent to this painful situation.

I thank Archbishop Santiago [Agrelo Martínez] for his words of welcome and for the Church’s work in assisting migrants. I also thank Jackson for his testimony, and all of you, both migrants and members of associations dedicated to their care. We have met this afternoon to strengthen our ties and to continue our efforts to ensure worthy living conditions for all. And thank you to the children! They are our hope. We need to fight for them. They have the right to life, the right to dignity. Let us fight for them. All of us are called to respond to the many challenges posed by contemporary movements of migration with generosity, enthusiasm, wisdom and farsightedness, each to the best of his or her ability (cf. Message for the 2018 World Day of Migrants and Refugees).

A few months ago, here in Marrakech, the Intergovernmental Conference approved the adoption of the Global Compact for safe, orderly and regular migration. “The migration Compact represents an important step forward for the international community, which now, in the context of the United Nations, has for the first time dealt on a multilateral level with this theme in a document of such importance” (Address to Members of the Diplomatic Corps accredited to the Holy See, 7 January 2019).

This Compact helps us to see that “it is not just about migrants” (cf. Theme of the 2019 World Day of Migrants and Refugees), as if their lives and experiences were completely unrelated to the rest of society, or their status as persons with rights was somehow “on hold” because of their current situation. “The side of the border on which a migrant stands does not make him or her more or less human”.[1]

It is also about the face we want to give to our society and about the value of each human life. Many positive steps have been taken in different areas, especially in the developed countries, yet we cannot forget that the progress of our peoples cannot be measured by technological or economic advances alone. It depends above all on our openness to being touched and moved by those who knock at our door. Their faces shatter and debunk all those false idols that can take over and enslave our lives; idols that promise an illusory and momentary happiness blind to the lives and sufferings of others. How arid and inhospitable a city becomes, once it loses the capacity for compassion! A heartless society... a barren mother. You are not the marginalized; you are at the centre of the Church’s heart.

I wanted to suggest four verbs – accept, protect, promote and integrate – that can help those who want to help make this covenant more concrete and real, to act prudently rather than remain silent, to assist rather than isolate, to build up rather than abandon.

Dear friends, I would like to reiterate the importance of these four verbs. They form a frame of reference for us all. For we are all involved in this effort – involved in different ways, but all involved – and all of us are needed in the work of building a more dignified, safe and fraternal life. I like to think that the very first volunteer, assistant, rescuer or friend of a migrant is another migrant who knows at first hand the sufferings of the journey. We cannot develop large-scale strategies capable of restoring dignity by adopting a welfare approach alone. That kind of assistance is essential, but insufficient. You who yourselves are migrants should feel called to take the lead and assist in organizing this whole process.

The four verbs that I mentioned can help us find shared strategies to create space for welcoming, protecting, promoting and integrating. Spaces, ultimately, for conferring dignity.

“In view of the current situation, welcoming means, above all, offering broader options for migrants and refugees to enter destination countries safely and legally” (Message for the 2018 World Day of Migrants and Refugees). Indeed, expanding regular migration channels is one of the main objectives of the Global Compact. This shared commitment is needed in order to avoid presenting new opportunities to those “merchants of human flesh” who exploit the dreams and needs of migrants. Until this commitment is fully implemented, the emergency of irregular migration has to be met with justice, solidarity and mercy. Forms of collective expulsion, which do not allow for the suitable treatment of individual cases, are unacceptable. On the other hand, special legalization strategies, especially in the case of families and minors, should be encouraged and simplified.

Protecting means defending “the rights and dignity of migrants and refugees, independent of their legal status” (ibid.). In the context of this entire region, protection must first and foremost be ensured along migration routes, which, sadly, are often theatres of violence, exploitation and abuse of all kinds. Here too, it seems necessary to pay particular attention to migrants in situations of great vulnerability: to the many unaccompanied minors and to women. It is essential that everyone be guaranteed the right to the medical, psychological and social assistance needed to restore dignity to those who have lost it along the way, as you who work in this agency are doing with great dedication. Among those present, some can testify personally to the importance of these protection services for providing hope during the time of a stay in host countries.

Promoting means ensuring that everyone, migrants and local residents alike, can enjoy a safe environment in which they can develop all their gifts. This promotion begins with the recognition that no human being is worthy of being discarded, but rather should be seen as a potential source of personal, cultural and professional enrichment in whatever place they find themselves. Host communities will be enriched if they learn how best to appreciate and utilize the contribution made by migrants, while working to forestall all forms of discrimination and xenophobia. Migrants should be encouraged to learn the local language as an essential vehicle of intercultural communication, and helped in positive ways to develop a sense of responsibility towards the society that accepts them, learning to respect individuals and social bonds, laws and culture. This will contribute to the integral human development of all.

But let us not forget that the human promotion of migrants and their families begins also with their communities of origin, where the right to migrate must be guaranteed, but also the right not to be forced to emigrate, that is, the right to enjoy in their native land suitable conditions for a dignified life. I appreciate and encourage programmes of international cooperation and transnational development free of partisan interests, which involve migrants as active protagonists (cf. Address to the Participants in the International Forum on Migration and Peace, 21 February 2017).

Integrating means engaging in a process that enhances both the cultural heritage of the welcoming community and that of migrants, thus building an open and intercultural society. We know that it is not easy – for those who arrive and for those who receive them – to encounter a foreign culture, to put ourselves in the shoes of people quite different from ourselves, to understand their thoughts and their experiences. As a result, we often refuse to encounter the other and raise barriers to defend ourselves (cf. Homily at the Mass for the World Day of Migrants and Refugees, 14 January 2018). Integrating requires us not to be conditioned by fear and ignorance.

Ahead of us, then, is a journey we must make together, as true travelling companions. It is a journey that engages everyone, migrants and locals, in building cities that are welcoming, respectful of differences and attentive to intercultural processes. Cities that are capable of valuing the richness of the diversity born of our encounter with others. Here too, many of you can personally testify to how essential that commitment is.

Dear migrant friends, the Church is aware of the sufferings that accompany your journey and she suffers with you. In reaching out to you in your very different situations, she is concerned to remind you that God wants us all to live our lives to the full. The Church wants to be at your side to help you achieve the very best for your life. For every human being has the right to life, every person has the right to dream and to find his or her rightful place in our “common home”! Every person has a right to the future.

Once again, I renew my gratitude to all engaged in assisting migrants and refugees throughout the world, and particularly to you, the personnel of Caritas, and to your partner agencies, who have the honour of showing God’s merciful love to so many of our brothers and sisters in the name of the whole Church. You know well from experience that for Christians, “it is not just about migrants”, for it is Christ himself who knocks on our doors.

May the Lord, who during his earthly life experienced in his own flesh the suffering of exile, bless each one of you. May he give you the strength needed never to lose heart and always be for one another a “safe haven” of welcome and acceptance.

Thank you!

_____________________

 

[1] Message of His Majesty King Mohammed VI at the Intergovernmental Conference on the Global Compact for Migration, Marrakech, 10 December 2018.

[00534-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Freunde,

ich freue mich über diese Möglichkeit, euch während meines Besuchs im Königreich Marokko zu begegnen. Es ist eine erneute Gelegenheit für mich, meine Nähe zu euch allen zum Ausdruck zu bringen, und mit euch einer großen und schweren Wunde entgegenzutreten, die den Beginn dieses 21. Jahrhunderts weiterhin stark belastet. Es ist eine Wunde, die zum Himmel schreit. Deshalb wollen wir nicht, dass die Gleichgültigkeit und das Schweigen unsere Antwort darauf seien (vgl. Ex 3,7). Besonders angesichts der vielen Millionen Flüchtlinge und anderer zur Migration Gezwungener, die internationalen Schutz suchen, ganz zu schweigen von den Opfern des Menschenhandels und neuer Formen der Sklaverei durch kriminelle Organisationen. Niemand kann diesem Leid gleichgültig gegenüberstehen.

Ich danke Erzbischof Santiago Agrelo Martínez für seine Willkommensworte und für das Engagement der Kirche im Dienste der Migranten. Ich danke auch Jackson für sein Zeugnis; ich danke euch allen, den Migranten und den Mitgliedern der Vereinigungen, die ihnen zur Seite stehen und heute Nachmittag zu diesem Treffen gekommen sind, auf dem wir unsere Verbundenheit stärken und weiter daran arbeiten wollen, menschenwürdige Lebensbedingungen für alle zu gewährleisten. Danke auch den Kindern! Sie sind die Hoffnung. Für sie müssen wir kämpfen, für diese hier. Sie haben Rechte: das Recht auf Leben, das Recht auf Würde. Lasst uns für sie kämpfen! Wir alle sind aufgerufen, auf die zahlreichen Herausforderungen der gegenwärtigen Migrationsbewegungen mit Großzügigkeit, Bereitschaft, Weisheit und Weitsicht zu reagieren, jeder nach seinen jeweiligen Möglichkeiten (vgl. Botschaft zum Welttag des Migranten und Flüchtlings 2018).

Vor einigen Monaten fand hier in Marokko die zwischenstaatliche Konferenz von Marrakesch statt, auf der die Annahme des Globalen Pakts für eine sichere, geordnete und geregelte Migration beschlossen wurde. »Der Migrationspakt stellt für die internationale Gemeinschaft einen wichtigen Schritt nach vorne dar, denn er geht im Rahmen der Vereinten Nationen zum ersten Mal auf multilateraler Ebene dieses Thema in einem Dokument von gewichtiger Bedeutung an.« (Ansprache an das beim Heiligen Stuhl akkreditierte Diplomatische Corps, 7. Januar 2019).

Diese Vereinbarung erlaubt es uns, zu erkennen und uns bewusst zu werden, dass »es nicht nur um Migranten geht« (vgl. Thema des Welttages der Migranten und Flüchtlinge 2019), so als ob ihr Leben eine fremde Realität oder eine Randerscheinung wäre, die nichts mit dem Rest der Gesellschaft zu tun hätte, so als ob ihr Status als Personen mit Rechten aufgrund ihrer momentanen Situation „ausgesetzt“ wäre; »das Menschsein eines Migranten hängt eben nicht davon ab, ob er sich diesseits oder jenseits einer Grenze aufhält«1.

Hier geht es um das Bild, das wir als Gesellschaft abgeben wollen, und um den Wert eines jeden Lebens. Es gab viele positive Schritte nach vorn in verschiedenen Bereichen, insbesondere in den entwickelten Gesellschaften, aber wir dürfen nicht vergessen, dass der Fortschritt unserer Völker nicht allein an der technologischen oder wirtschaftlichen Entwicklung gemessen werden kann. Er bemisst sich vor allem an der Fähigkeit, sich von den Schicksalen derer berühren und bewegen zu lassen, die an die Tür klopfen und mit ihren Blicken alle falschen Götzen, die das Leben mit Hypotheken belasten und versklaven, diskreditieren und entmachten; Götzen, die ein illusorisches und flüchtiges Glück versprechen, welches das wirkliche Leben und das Leiden der anderen außer Acht lässt. Wie verlassen und unwirtlich eine Stadt wird, wenn sie die Fähigkeit zum Mitgefühl verliert! Eine herzlose Gesellschaft... eine sterile Mutter. Ihr seid keine Außenseiter, ihr seid in der Herzmitte der Kirche.

Aufnehmen, schützen, fördern und integrieren – diese vier Verben möchte ich denjenigen an die Hand geben, die dazu beitragen wollen, diese Vereinbarung konkreter und realer zu gestalten, auf dass sie sich weise einbringen können, anstatt zu schweigen; dass sie helfen können, anstatt zu isolieren; dass sie aufbauen können anstatt aufzugeben.

Liebe Freunde, ich möchte hier noch einmal auf die Bedeutung dieser vier Verben hinweisen. Sie bilden einen Orientierungsrahmen für alle. In der Tat sind wir alle an dieser Aufgabe beteiligt – zwar auf unterschiedliche Weise, aber doch haben wir alle damit zu tun –, und wir alle sind notwendig, um ein würdigeres, sichereres und solidarischeres Leben zu gewährleisten. Gerne stelle ich mir vor, dass der erste freiwillige Helfer, Beistand, Retter und Freund eines Migranten ein anderer Migrant ist, der die Qual eines solchen Weges aus eigener Erfahrung kennt. Eine groß angelegte Strategie, die in der Lage ist, Würde zu verleihen, ist kaum denkbar, wenn man sich nur auf Hilfsaktionen für Migranten beschränkt. Das ist wichtig, aber nicht genug. Es ist notwendig, dass ihr Migranten euch selbst als erste Protagonisten und Verantwortliche in diesem ganzen Prozess wahrnehmt.

Diese vier Verben können helfen, Allianzen zu bilden, die in der Lage sind, Räume der Aufnahme, des Schutzes, der Förderung und Integration zu eröffnen, Räume also, in denen Würde möglich ist.

 »Wenn wir das gegenwärtige Szenario betrachten, so bedeutet aufnehmen vor allem, den Migranten und Flüchtlingen breitere Möglichkeiten für eine sichere und legale Einreise in die Zielländer anzubieten.« (Botschaft zum Welttag der Migranten und Flüchtlinge 2018). Die Erweiterung der regulären Migrationswege ist in der Tat eines der Hauptziele des weltweiten Abkommens. Diese gemeinsame Anstrengung ist notwendig, um den „Menschenfleisch-Händlern“, die mit den Träumen und mit den Nöten der Migranten Geschäfte machen, keine neuen Räume zu geben. Bis diese Verpflichtung vollständig erfüllt ist, muss die drängende Realität der ungeregelten Migrationsbewegungen mit Gerechtigkeit, Solidarität und Barmherzigkeit angegangen werden. Kollektivausweisungen, die keine ordnungsgemäße Behandlung von Einzelfällen ermöglichen, dürfen nicht akzeptiert werden. Andererseits sollten außerordentliche geregelte Verfahren, insbesondere für Familien und Kinder, gefördert und vereinfacht werden.

Schützen bedeutet, die Verteidigung »der Rechte und der Würde der Migranten und der Flüchtlinge unabhängig von ihrem Migrationsstatus« zu gewährleisten (ebd.). In Anbetracht der hiesigen Wirklichkeit muss der Schutz in erster Linie auf den Migrationsrouten gewährleistet werden, die leider oft Schauplatz von Gewalt, Ausbeutung und Missbrauch aller Art sind. Hier scheint es auch notwendig zu sein, den Migranten in einer Situation großer Verwundbarkeit, den zahlreichen unbegleiteten Minderjährigen und den Frauen besondere Aufmerksamkeit zu schenken. Es ist wichtig, jedem eine angemessene medizinische, psychologische und soziale Unterstützung garantieren zu können, um denjenigen ihre Würde wiederzugeben, die sie entlang ihres Weges verloren haben, so wie es die Mitarbeiter dieser Einrichtung mit Engagement tun. Unter euch gibt es einige, die bezeugen können, wie wichtig diese Schutzdienste sind, um ihnen Hoffnung zu geben für die Zeit, in der sie in den Aufnahmeländern zu Gast sind.

Fördern bedeutet, dafür zu sorgen, dass alle, sowohl Migranten als auch Einheimische, ein sicheres Umfeld finden, in dem sie sich ganzheitlich entfalten können. Diese Förderung beginnt mit der Anerkennung der Tatsache, dass niemand menschlicher Abfall ist, sondern Träger eines persönlichen, kulturellen und professionellen Reichtums, der dort, wo er gesehen wird, sehr wertvoll sein kann. Die Aufnahmegesellschaften werden bereichert, wenn sie in der Lage sind, den Beitrag der Migranten so viel wie möglich zur Geltung zu bringen und jede Art von Diskriminierung und jedes fremdenfeindliche Gefühl zu verhindern. Das Erlernen der Landessprache als wesentliches Instrument der interkulturellen Kommunikation sollte auf jeden Fall stark gefördert werden, ebenso wie alle positiven Formen zur Vermittlung eines Verantwortungsbewusstseins der Migranten gegenüber der Gesellschaft ihres Gastlandes, indem sie lernen, deren Menschen und soziale Strukturen, Gesetze und Kulturen zu respektieren, und so einen verstärkten Beitrag zur ganzheitlichen menschlichen Entwicklung aller zu leisten.

Dabei sollten wir nicht vergessen, dass die humanitäre Förderung von Migranten und ihren Familien bereits in den Herkunftsgemeinschaften beginnt, wo neben dem Recht auf Auswanderung auch das Recht, nicht zur Auswanderung gezwungen zu sein, garantiert werden muss, d.h. das Recht, in der Heimat Bedingungen vorzufinden, die ein menschenwürdiges Leben ermöglichen. Ich schätze und unterstütze die Projekte internationaler Zusammenarbeit und die transnationalen Entwicklungsprogramme, die keine eigenen Interessen verfolgen und bei denen Migranten als Hauptakteure miteinbezogen werden (vgl. Rede vor Teilnehmern des Internationalen Forums „Migration und Frieden“, 21. Februar 2017).

Integrieren bedeutet, sich in einen Prozess einzubringen, der sowohl das kulturelle Erbe der Gemeinschaft des Aufnahmelandes als auch das der Migranten zur Geltung bringt und so eine interkulturelle und offene Gesellschaft entstehen lässt. Wir wissen, dass es keineswegs einfach ist, in eine fremde Kultur einzutreten – sowohl für die Ankommenden als auch für die Ansässigen –, sich in die Lage von so verschiedenen Menschen hineinzuversetzen sowie ihre Gedanken und Erfahrungen zu verstehen. So verzichten wir oft auf die Begegnung mit anderen und errichten Barrieren zur Verteidigung (vgl. Predigt zum Welttag der Migranten und Flüchtlinge, 14. Januar 2018). Integration erfordert also, dass man sich nicht von Angst und Unwissenheit leiten lässt.

Hier sprechen wir von einem Weg, den wir als wahre Reisegefährten gemeinsam gehen müssen und der alle, Migranten und Einheimische, in den Aufbau vielgestaltiger und für kulturelle Prozesse offene Städte einbezieht, Städte, die in der Lage sind, den Reichtum der Unterschiede in der Begegnung der Menschen zur Geltung zu bringen. Und auch hier können viele von euch persönlich bezeugen, wie wichtig ein solches Engagement ist.

Liebe Migranten, liebe Freunde, die Kirche versteht die Leiden, die euren Weg markieren, und sie leidet mit euch. In den so unterschiedlichen Situationen, in denen sie euch begegnet, möchte sie euch daran erinnern, dass Gott uns allen Leben schenken will. Sie will an eurer Seite sein, um mit euch das Beste für euer Leben zu erreichen. Denn jeder Mensch hat das Recht auf Leben, jeder Mensch hat das Recht, Träume zu haben und in unserem „gemeinsamen Haus“ seinen je eigenen Platz finden zu können! Jeder hat ein Recht auf Zukunft.

Ich möchte noch einmal allen danken, die sich überall auf der Welt in den Dienst der Migranten und Flüchtlinge gestellt haben, und heute vor allem euch, den Caritasmitarbeitern, die ihr die Ehre habt, so vielen unserer Brüder und Schwestern sowie allen Partnerorganisationen gegenüber im Namen der ganzen Kirche die barmherzige Liebe Gottes zu zeigen. Ihr wisst gut und erlebt das auch, dass es für den Christen „nicht nur um Migranten geht“, sondern dass es Christus selbst ist, der an unsere Türen klopft.

Möge der Herr, der während seines irdischen Lebens die Not der Verbannung am eigenen Leib erfahren hat, jeden von euch segnen und euch die Kraft geben, die ihr braucht, um nicht den Mut zu verlieren und füreinander ein „sicherer Aufnahme-Hafen“ zu sein.

Ich danke euch.

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[1] Ansprache S.M. des Königs von Marokko auf der internationalen Regierungskonferenz über Migration, Marrakesch, 10. Dezember 2018.

[00534-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos amigos:

Me complace tener esta oportunidad de encontraros durante mi visita al Reino de Marruecos. Es una ocasión que me permite expresaros nuevamente mi cercanía y hacer frente con vosotros a esta herida grande y dolorosa que continúa desgarrando los inicios de este siglo XXI. Herida que clama al cielo, y por eso no queremos que nuestra palabra sea la indiferencia y el silencio (cf. Ex 3,7). Mucho más cuando se constata que son muchos millones los refugiados y los demás migrantes forzados que piden la protección internacional, sin contar a las víctimas de la trata y de las nuevas formas de esclavitud en manos de organizaciones criminales. Nadie puede ser indiferente ante este dolor.

Agradezco a Mons. Santiago sus palabras de bienvenida y el compromiso de la Iglesia en favor de los migrantes. También agradezco a Jackson por su testimonio, y a todos vosotros, migrantes y miembros de las asociaciones que están a su servicio, que habéis venido aquí esta tarde para estar juntos, para fortalecer los lazos entre nosotros y que sigamos comprometiéndonos en asegurar condiciones de vida dignas para todos. Y gracias a los niños. Ellos son la esperanza. Por ellos tenemos que luchar, por ellos. Ellos tienen derecho, derecho a la vida, derecho a la dignidad. Luchemos por ellos. Todos estamos llamados a responder a los numerosos desafíos planteados por las migraciones contemporáneas, con generosidad, diligencia, sabiduría y amplitud de miras, cada uno según sus propias posibilidades (cf. Mensaje para la Jornada Mundial del Migrante y del Refugiado 2018).

Hace algunos meses tuvo lugar aquí en Marruecos la Conferencia Intergubernamental de Marrakech, que ratificó la adopción del Pacto Mundial para una migración segura, ordenada y regular. «El Pacto sobre migración representa un importante paso adelante para la comunidad internacional que, por primera vez a nivel multilateral y en el ámbito de las Naciones Unidas, aborda el tema en un documento relevante» (Discurso a los miembros del Cuerpo Diplomático acreditado ante la Santa Sede, 7 enero 2019).

Este Pacto nos permite reconocer y tomar conciencia de que «no se trata solo de migrantes» (cf. Tema de la Jornada Mundial del Migrante y del Refugiado 2019), como si sus vidas fueran una realidad extraña o marginal que no tuviera nada que ver con el resto de la sociedad. Como si su condición de personas con derechos permaneciera “suspendida” debido a su situación actual; «en efecto, un migrante no es más humano o menos humano, en función de su ubicación a un lado o a otro de una frontera».[1]

Lo que está en juego es el rostro que queremos darnos como sociedad y el valor de cada vida. Se han dado muchos pasos positivos en diferentes ámbitos, especialmente en las sociedades desarrolladas, pero no podemos olvidar que el progreso de nuestros pueblos no puede medirse solo por el desarrollo tecnológico o económico. Este depende sobre todo de la capacidad de dejarse conmover por quien llama a la puerta y que con su mirada estigmatiza y depone a todos los falsos ídolos que hipotecan y esclavizan la vida, ídolos que prometen una aparente y fugaz felicidad, construida al margen de la realidad y del sufrimiento de los demás. ¡Qué desierta e inhóspita se vuelve una ciudad cuando pierde la capacidad de compasión! Una sociedad sin corazón... una madre estéril. Vosotros no estáis marginados, estáis en el centro del corazón de la Iglesia.

He querido ofrecer cuatro verbos —acoger, proteger, promover e integrar— para que quien quiera ayudar a hacer esta alianza más concreta y real pueda involucrarse con sabiduría en vez de permanecer en silencio, ayudar en lugar de aislar, construir en vez de abandonar.

Queridos amigos, me gustaría insistir sobre la importancia de estos cuatro verbos. Forman como un marco de referencia para todos. De hecho, en este compromiso estamos todos implicados —de diferentes maneras, pero todos implicados—, y todos somos necesarios para garantizar una vida más digna, segura y solidaria. Me gusta pensar que el primer voluntario, asistente, socorrista y amigo de un migrante es otro migrante que conoce en primera persona el sufrimiento del camino. No se puede pensar en estrategias a gran escala, capaces de dar dignidad, limitándose solo a acciones de asistencia al migrante. Son indispensables, pero insuficientes. Es necesario que vosotros, migrantes, os sintáis como los primeros protagonistas y ejecutores en todo este proceso.

Estos cuatro verbos pueden ayudar a crear alianzas capaces de recuperar espacios donde acoger, proteger, promover e integrar. En definitiva, espacios para dar dignidad.

«Considerando el escenario actual, acoger significa, ante todo, ampliar las posibilidades para que los emigrantes y refugiados puedan entrar de modo seguro y legal en los países de destino» (Mensaje para la Jornada Mundial del Migrante y del Refugiado 2018). De hecho, la ampliación de los canales migratorios regulares es uno de los principales objetivos del Pacto Mundial. Este compromiso común es necesario para no otorgar nuevos espacios a los “mercaderes de carne humana” que especulan con los sueños y las necesidades de los migrantes. Y hasta que este compromiso no se realice plenamente, habrá que afrontar la realidad apremiante de los flujos irregulares con justicia, solidaridad y misericordia. Las formas de expulsión colectiva, que no permiten un manejo correcto de los casos particulares, no pueden ser aceptadas. Por otro lado, los caminos extraordinarios de regularización, especialmente en el caso de las familias y de los menores, han de ser alentados y simplificados.

Proteger quiere decir que se garantice la defensa «de los derechos y de la dignidad de los emigrantes y refugiados, independientemente de su estatus migratorio» (ibíd.). En lo que concierne a la realidad de esta región, la protección se debe asegurar ante todo a lo largo de las rutas migratorias que, lamentablemente, son a menudo escenarios de violencia, explotación y abusos de todo tipo. Aquí también es necesario prestar especial atención a los migrantes en situación de gran vulnerabilidad, a los numerosos menores no acompañados y a las mujeres. Es esencial poder garantizar a todos una asistencia médica, psicológica y social adecuada con el propósito de devolver la dignidad a quienes la han perdido en el camino, como hacen con dedicación los trabajadores de esta estructura. Y hay algunos entre vosotros que pueden testimoniar lo importante que son estos servicios de protección, para dar esperanza durante el tiempo de permanencia en los países que los han acogido.

Promover significa garantizar a todos, migrantes y locales, la posibilidad de encontrar un ambiente seguro que les permita realizarse integralmente. Esta promoción comienza reconociendo que ninguno es un desecho humano, sino que es portador de una riqueza personal, cultural y profesional que puede aportar mucho ahí donde se encuentra. Las sociedades de acogida se enriquecerán si saben valorizar adecuadamente la aportación de los migrantes, evitando todo tipo de discriminación y cualquier sentimiento xenófobo. Debe fomentarse vivamente el aprendizaje de la lengua local como vehículo esencial de comunicación intercultural, así como toda forma positiva de responsabilizar a los migrantes respecto a la sociedad que los acoge, aprendiendo a respetar las personas y las relaciones sociales, las leyes y la cultura, para que así ofrezcan una mejor aportación al desarrollo humano integral de todos.

Pero no nos olvidemos que la promoción humana de los migrantes y sus familias empieza ya desde sus comunidades de origen, donde se debe garantizar, junto al derecho a emigrar, también el de no estar obligados a emigrar, es decir, el derecho a encontrar en la propia patria las condiciones que permitan una vida digna. Aprecio y aliento los esfuerzos de los programas de cooperación internacional y de desarrollo transnacional desvinculados de intereses parciales, que tienen a los migrantes como protagonistas principales (cf. Discurso a los participantes en el foro internacional sobre "migración y paz", 21 febrero 2017).

Integrar quiere decir comprometerse en un proceso que valorice tanto el patrimonio cultural de la comunidad receptora como el de los migrantes, construyendo así una sociedad intercultural y abierta. Sabemos que no es nada fácil entrar en una cultura que nos es ajena —ya sea para quienes llegan como para quien acoge—, ponernos en el lugar de personas tan diferentes a nosotros, comprender sus pensamientos y experiencias. Así, a menudo renunciamos al encuentro con el otro y levantamos barreras para defendernos (cf. Homilía en la Jornada Mundial del Migrante y del Refugiado, 14 enero 2018). Integrar requiere, por consiguiente, no dejarse condicionar por los miedos y la ignorancia.

Este es un camino que hemos de recorrer juntos, como verdaderos compañeros de viaje, que involucra a todos, migrantes y locales, en la construcción de ciudades acogedoras, plurales y atentas a los procesos interculturales, ciudades capaces de valorizar la riqueza de las diferencias en el encuentro con el otro. Y también en este caso, muchos de vosotros podéis manifestar personalmente la necesidad de un compromiso como este.

Queridos amigos migrantes: la Iglesia reconoce los sufrimientos que afligen vuestro camino y padece con vosotros. Ella desea recordar, acercándose a vuestra situación particular, que Dios quiere que todos tengamos vida. También quiere estar a vuestro lado para construir con vosotros lo que sea mejor para vuestra vida. Porque todo hombre tiene derecho a la vida, todo hombre tiene derecho a soñar y a poder encontrar el lugar que le corresponde en nuestra “casa común”. Toda persona tiene derecho al futuro.

Asimismo, quisiera expresar mi gratitud a todas las personas que se han puesto al servicio de los migrantes y refugiados en todo el mundo, y hoy de manera especial a vosotros, miembros de Caritas que, en nombre de toda la Iglesia, tenéis el honor de manifestar el amor misericordioso de Dios a tantas hermanas y hermanos nuestros, así como también a todos los miembros de las demás asociaciones vinculadas. Vosotros bien sabéis y experimentáis que para el cristiano “no se trata solo de migrantes”, sino de Cristo mismo que llama a nuestra puerta.

Que el Señor, que durante su vida terrenal vivió en carne propia el sufrimiento del exilio, bendiga a cada uno de vosotros, os dé la fuerza necesaria para no desanimaros y para ser unos con otros “puerto seguro” de acogida.

Muchas gracias.

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[1] Discurso de S.M. el Rey de Marruecos a la Conferencia Intergubernamental sobre las migraciones, Marrakech, 10 diciembre 2018.

[00534-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Queridos amigos!

Sinto-me feliz por esta possibilidade de vos encontrar durante a minha visita ao Reino de Marrocos, que me proporciona renovada ocasião para expressar a minha proximidade a todos vós e, juntamente convosco, debruçar-me sobre uma ferida, grande e grave, que continua a afligir os inícios deste século XXI. Uma ferida que brada ao céu; não queremos que a indiferença e o silêncio sejam a nossa resposta (cf. Ex 3, 7). E, mais ainda, quando se constata que são muitos milhões os refugiados e outros migrantes forçados que pedem a proteção internacional, sem contar as vítimas do tráfico e das novas formas de escravidão nas mãos de organizações criminosas. Ninguém pode ficar indiferente perante este sofrimento.

Agradeço ao bispo D. Santiago as suas palavras de boas-vindas e o empenho da Igreja ao serviço dos migrantes. Obrigado também a Jackson pelo seu testemunho; obrigado a todos vós – migrantes e membros das associações que estão ao seu serviço – por terdes vindo aqui, nesta tarde, para estarmos juntos, fortalecermos os laços entre nós e continuarmos a trabalhar para garantir condições de vida digna para todos. E obrigado às crianças! Estas são a esperança. Por elas devemos lutar. Por elas. Elas têm direito, direito à vida, direito à dignidade. Lutemos por elas. Todos somos chamados a responder aos numerosos desafios colocados pelas migrações contemporâneas, com generosidade, prontidão, sabedoria e clarividência, cada qual segundo as próprias possibilidades (cf. Mensagem para o Dia Mundial do Migrante e do Refugiado, de 2018).

Há alguns meses, realizou-se aqui, em Marrocos, a Conferência Intergovernamental de Marraquexe que ratificou a adoção do Pacto Mundial para uma Migração Segura, Ordenada e Regular. «O Pacto sobre as migrações constitui um importante passo em frente na comunidade internacional, que nas Nações Unidas, pela primeira vez a nível multilateral, aborda o tema num documento relevante» (Discurso aos Membros do Corpo Diplomático acreditado junto da Santa Sé, 7 de janeiro de 2019).

Este Pacto permite reconhecer e tomar consciência de que «não se trata apenas de migrantes» (cf. Tema do Dia Mundial do Migrante e do Refugiado em 2019), como se as suas vidas fossem uma realidade alheia ou marginal que nada tivesse a ver com o resto da sociedade; como se o seu estatuto de pessoa com direitos ficasse «suspenso» por causa da sua situação atual; «efetivamente, um migrante não é mais ou menos humano segundo a sua localização dum lado ou do outro da fronteira».[1]

Em jogo está a fisionomia que queremos assumir como sociedade e o valor de cada vida. Muitos passos positivos foram dados em diferentes áreas, especialmente nas sociedades desenvolvidas, mas não podemos esquecer que o progresso dos nossos povos não se pode medir apenas pelo desenvolvimento tecnológico ou económico. Aquele depende sobretudo da capacidade de se deixar mover e comover por quem bate à porta e, com o seu olhar, desabona e exautora todos os falsos ídolos que hipotecam e escravizam a vida; ídolos que prometem uma felicidade ilusória e efémera, construída à margem da realidade e do sofrimento dos outros. Como se torna deserta e inóspita uma cidade, quando perde a capacidade da compaixão! Uma sociedade sem coração... uma mãe estéril. Não estais marginalizados, mas no centro do coração da Igreja.

Quis propor quatro verbos – acolher, proteger, promover e integrar – a quantos desejam tornar mais concreta e real esta aliança, para que sabiamente prefiram envolver-se a emudecer, socorrer a isolar, construir a abandonar.

Queridos amigos, gostaria de reafirmar aqui a importância destes quatro verbos. De certo modo, formam um quadro de referência para todos. Com efeito, neste serviço estamos todos envolvidos – de formas diferentes, mas todos envolvidos – e todos somos necessários para garantir uma vida mais digna, segura e solidária. Apraz-me pensar que o primeiro voluntário, assistente, socorrista, amigo dum migrante é outro migrante que conhece pessoalmente o sofrimento do caminho. Não é possível pensar em estratégias de grande alcance, capazes de dar dignidade, limitando-se a ações de assistência ao migrante. Isto é essencial, mas insuficiente. É preciso que vós, migrantes, vos sintais os primeiros protagonistas e gestores em todo este processo.

Estes quatro verbos podem ajudar a criar alianças capazes de resgatar espaços onde acolher, proteger, promover e integrar. Em suma, espaços onde dar dignidade.

«Considerando o cenário atual, acolher significa, antes de tudo, oferecer a migrantes e refugiados possibilidades mais amplas de entrada segura e legal nos países de destino» (Mensagem para o Dia Mundial do Migrante e do Refugiado, de 2018). De facto, a ampliação dos canais regulares de migração é um dos principais objetivos do Pacto Mundial. Este esforço comum é necessário para não conceder novos espaços aos «mercadores de carne humana» que se aproveitam dos sonhos e carências dos migrantes. Enquanto este serviço não for plenamente implementado, dever-se-á enfrentar a premente realidade dos fluxos irregulares com justiça, solidariedade e misericórdia. As formas de expulsão coletiva, que não permitem uma gestão correta dos casos particulares, não devem ser aceites; ao passo que os percursos extraordinários de regularização, sobretudo nos casos de famílias e menores, se devem incentivar e simplificar.

Proteger significa assegurar a «defesa dos direitos e da dignidade dos migrantes e refugiados, independentemente da sua situação migratória» (Ibidem). Cingindo-nos à realidade desta região, a proteção deve ser assegurada, antes de tudo, ao longo das rotas migratórias, que infelizmente são muitas vezes palco de violência, exploração e abusos de todo o género. Aqui, julgo necessário também prestar uma atenção particular aos migrantes em situação de grande vulnerabilidade, aos numerosos menores não acompanhados e às mulheres. Essencial é poder garantir a todos uma assistência médica, psicológica e social capaz de devolver dignidade a quem a perdeu ao longo do caminho, como fazem dedicadamente os operadores desta estrutura onde nos encontramos. Entre vós, há alguns que podem testemunhar como estes serviços de proteção são importantes para dar esperança durante o tempo em que estão hospedados nos países que os acolheram.

Promover significa assegurar a todos, migrantes e residentes, a possibilidade de encontrar um ambiente seguro onde se possam realizar integralmente. Esta promoção começa pelo reconhecimento de que ninguém é um descarte humano, mas é portador duma riqueza pessoal, cultural e profissional que pode trazer muito valor ao local onde está. As sociedades de acolhimento serão enriquecidas se souberem valorizar da melhor forma a contribuição dos migrantes, evitando todo o tipo de discriminação e qualquer sentimento xenófobo. A aprendizagem da língua local, enquanto veículo essencial de comunicação intercultural, há de ser vivamente encorajada, bem como toda a forma positiva de responsabilização dos migrantes face à sociedade que os acolhe, aprendendo a respeitar as pessoas e os laços sociais, as leis e a cultura, prestando assim uma contribuição mais intensa para o desenvolvimento humano integral de todos.

Mas não esqueçamos que a promoção humana dos migrantes e suas famílias começa também pelas comunidades de origem, onde, juntamente com o direito de emigrar, se deve garantir também o de não ser forçado a emigrar, isto é, o direito de encontrar na pátria condições que permitam uma vida digna. Aprecio e encorajo os esforços dos programas de cooperação internacional e de desenvolvimento transnacional, livres de interesses particulares, nos quais os migrantes estão envolvidos como os principais protagonistas (cf. Discurso aos participantes no fórum internacional sobre «migração e paz», 21 de fevereiro de 2017).

Integrar significa empenhar-se num processo que valorize, simultaneamente, o património cultural da comunidade que acolhe e o património dos migrantes, construindo assim uma sociedade intercultural e aberta. Sabemos que não é nada fácil entrar numa cultura que nos é estranha – tanto para quem chega como para quem acolhe –, colocar-nos no lugar de pessoas tão diferentes de nós, entender os seus pensamentos e as suas experiências. Por isso, muitas vezes renunciamos ao encontro com o outro e erguemos barreiras para nos defender (cf. Homilia no Dia Mundial do Migrante e do Refugiado, 14 de janeiro de 2018). Assim, o ato de integrar requer não se deixar condicionar pelo medo e pela ignorância.

Aqui há um caminho que se deve percorrer juntos, como autênticos companheiros de viagem; uma viagem que empenha a todos, migrantes e residentes, na construção de cidades acolhedoras, plurais e solícitas pelos processos interculturais, cidades capazes de valorizar a riqueza das diferenças no encontro com o outro. E, também neste caso, muitos de vós podem testemunhar, pessoalmente, como é essencial um tal compromisso.

Queridos amigos migrantes, a Igreja é sabedora das angústias que marcam o vosso caminho e sofre convosco. Ao encontrar-vos nas vossas situações tão diferenciadas, ela pretende lembrar que Deus quer vivificar a todos nós. Ela deseja estar ao vosso lado para construir convosco o que for melhor para a vossa vida. Com efeito, todo o ser humano tem direito à vida, todo o ser humano tem o direito de ter sonhos e poder encontrar o seu justo lugar na nossa «casa comum»! Toda a pessoa tem direito ao futuro.

Quero ainda expressar a minha gratidão a todas as pessoas que estão ao serviço dos migrantes e refugiados em todo o mundo, e hoje particularmente a vós, operadores da Cáritas, que tendes a honra de manifestar o amor misericordioso de Deus a tantos nossos irmãos e irmãs em nome de toda a Igreja, bem como a todas as associações parceiras. Bem sabeis e tendes experiência de que, para o cristão, «não se trata apenas de migrantes», mas é o próprio Cristo que bate à nossa porta.

O Senhor, que durante a sua vida terrena viveu na própria carne a angústia do exílio, abençoe a cada um de vós, vos dê a força necessária para não desanimardes e para serdes uns para os outros «porto seguro» de acolhimento. Obrigado.

_________________

1 Mohammed VI, Rei de Marrocos, Discurso na Conferência Intergovernamental sobre as Migrações (Marraquexe 10 de dezembro de 2018).

[00534-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drodzy przyjaciele,

Cieszę się, że mogę spotkać się z wami podczas mojej wizyty w Królestwie Maroka. Jest to dla mnie ponowna okazja, by wyrazić mą bliskość wobec was wszystkich, a wraz z wami omówienia poważnej rany, która stale rozdziera początki obecnego, dwudziestego pierwszego wieku. Jest to rana wołająca do nieba. Dlatego też nie chcemy, aby naszym słowem były obojętność i milczenie (por. Wj 3, 7). Tym bardziej, gdy około 22,5 miliona migrantów żyje jako uchodźcy (por. Orędzie na Światowy Dzień Pokoju 2018), nie licząc ofiar handlu ludźmi i nowych form niewolnictwa znajdujących się w rękach organizacji przestępczych. Nikt nie może być obojętny na to cierpienie.

Dziękuję arcybiskupowi Santiago za słowa powitania i za zaangażowanie Kościoła w służbę imigrantom. Dziękuję również Jacksonowi za jego świadectwo. Dziękuję wam wszystkim, imigrantom i członkom stowarzyszeń, które im służą, przybyłym  tutaj dziś po południu, aby się spotkać, by umocnić więzi między nami i kontynuować działania na rzecz zapewnienia wszystkim godnych warunków życia. I dziękuję dzieciom! One są nadzieją. O nie musimy walczyć, o nie. One mają prawo, prawo do życia, prawo do godności. Walczmy o nie. Wszyscy jesteśmy wezwani, aby odpowiedzieć na liczne wyzwania, jakie stawia współczesna migracja, z wielkodusznością, skwapliwie, mądrze i dalekowzrocznie, każdy według swoich możliwości (por.  Orędzie na Światowy Dzień Migrantów i Uchodźców 2018).

Kilka miesięcy temu, tutaj w Maroku, w Marrakeszu odbyła się Międzyrządowa Konferencja, która ratyfikowała przyjęcie Globalnego Porozumienia w sprawie bezpiecznej, uporządkowanej i regularnej migracji. „Pakt Migracyjny stanowi ważny krok naprzód dla społeczności międzynarodowej, która po raz pierwszy w ramach Organizacji Narodów Zjednoczonych zajmuje się tą kwestią w dokumencie o istotnym znaczeniu na poziomie wielostronnym” (Przemówienie do członków korpusu dyplomatycznego akredytowanego przy Stolicy Apostolskiej, 7 stycznia 2019 r.).

Pakt ten pozwala nam uznać i uświadomić sobie, że „chodzi nie tylko o migrantów” (por. temat Światowego Dnia Migranta i Uchodźcy 2019), jak gdyby ich życie było czymś obcym lub marginalnym, nie mającym nic wspólnego z resztą społeczeństwa. Jakby ich status osób posiadających prawa pozostał „zawieszony” z powodu ich obecnej sytuacji. „To po której stronie granicy stoi migrant, nie czyni go mniej lub bardziej ludzkim”1.

Gra toczy się o to, jakie oblicze pragniemy sobie nadać jako społeczeństwo, a także o wartość każdego życia. Uczyniono wiele pozytywnych kroków w różnych dziedzinach, zwłaszcza w społeczeństwach rozwiniętych, ale nie możemy zapominać, że postęp naszych narodów nie może być mierzony jedynie rozwojem technologicznym lub gospodarczym. Zależy on przede wszystkim od zdolności do tego, by dać się poruszyć i wzruszyć tym ludziom, którzy pukają do drzwi i swoim spojrzeniem dyskredytują i pozbawiają władzy wszystkie fałszywe bożki obciążające i zniewalające życie. Są to bożki, które obiecują złudne i ulotne szczęście, budowane na obrzeżach rzeczywistości i na cierpieniu innych. Jakże puste i niegościnne staje się miasto, gdy traci zdolność współczucia! Społeczeństwo bez serca... bezpłodna matka. Nie jesteście na marginesie, lecz jesteście w centrum serca Kościoła.

Pakt Globalny został oparty na czterech czasownikach: przyjmować, chronić, promować i integrować. Czasowniki te chcą nam pomóc w uczynieniu tego przymierza bardziej konkretnym i realnym, aby nasze narody potrafiły rozsądnie się angażować, zamiast milczeć, pomagać, zamiast izolować, budować, zamiast porzucać.

Drodzy przyjaciele, chciałbym podkreślić znaczenie tych czterech czasowników. Stanowią one bowiem dla wszystkich punkt odniesienia. W te starania jesteśmy bowiem zaangażowani wszyscy – na różne sposoby, ale wszyscy zaangażowani – i wszyscy jesteśmy potrzebni, by zapewnić życie bardziej godne, bezpieczne i solidarne. Lubię myśleć, że pierwszym wolontariuszem, asystentem, ratownikiem, przyjacielem migranta jest inny migrant, który osobiście zna cierpienia tej drogi. Nie można myśleć o strategiach na dużą skalę, zdolnych do obdarzania godnością, ograniczając się do działań opiekuńczych wobec migranta. Są one niezbędne, ale niewystarczające. Trzeba, abyście czuli się pierwszymi protagonistami i zarządzającymi w tym całym procesie.

Te cztery czasowniki pomagają tworzyć przymierza zdolne do zyskania przestrzeni, w których można przyjąć, chronić, promować i integrować. W ostatecznym rachunku są to przestrzenie do obdarzania godnością.

            „Biorąc bowiem pod uwagę obecny scenariusz, przyjęcie oznacza przede wszystkim zapewnienie imigrantom i uchodźcom szerszych możliwości bezpiecznego i legalnego wjazdu do krajów przeznaczenia” (Orędzie na Światowy Dzień Migranta i Uchodźcy 2018). Jednym z głównych celów Paktu Globalnego jest istotnie poszerzenie legalnych kanałów migracyjnych. Ten wspólny wysiłek jest konieczny, aby nie przyznawać nowych przestrzeni „handlarzom ciała ludzkiego”, spekulującym na marzeniach i potrzebach migrantów. Dopóki ten wysiłek nie zostanie zrealizowany w pełni, trzeba będzie ze sprawiedliwością, solidarnością i miłosierdziem stawić czoło naglącej rzeczywistości nielegalnych przepływów. Nie można się godzić na formy deportacji zbiorowej, które nie pozwalają na właściwe zarządzanie poszczególnymi przypadkami. Z drugiej strony trzeba wspierać i upraszczać nadzwyczajne procedury legalizacji, zwłaszcza w przypadku rodzin i małoletnich.

Ochrona oznacza zapewnienie poszanowania „praw i godności imigrantów i uchodźców, niezależnie od ich statusu migracyjnego” (tamże). Patrząc na rzeczywistość tego regionu, trzeba przede wszystkim zapewnić ochronę wzdłuż szlaków migracyjnych, które niestety są często miejscem przemocy, wyzysku i wszelkiego rodzaju nadużyć. Konieczne wydaje się tutaj zwrócenie szczególnej uwagi na migrantów w sytuacjach wielkiej słabości, na licznych małoletnich bez opieki i na kobiety. Konieczne jest zagwarantowanie wszystkim odpowiedniej pomocy medycznej, psychologicznej i społecznej, aby przywrócić godność tym, którzy ją utracili po drodze, jak to czynią z poświęceniem pracownicy tej struktury. A są wśród was tacy, którzy mogą zaświadczyć jak bardzo ważne są te posługi ochrony, by dawać nadzieję, w okresie kiedy są goszczeni w krajach, które ich przyjęły.

Promowanie oznacza zapewnienie, aby wszyscy, migranci i ludność lokalna mogli znaleźć bezpieczne środowisko, w którym mogliby całkowicie się spełniać. Ta promocja zaczyna się od uznania, że nikt nie jest ludzkim odpadem, ale niesie bogactwo osobiste, kulturowe i zawodowe, które może przynieść wiele korzyści tam, gdzie się znajduje. Społeczeństwa przyjmujące zostaną nim ubogacone, jeśli będą umiały jak najlepiej docenić wkład imigrantów, zapobiegając wszelkiej dyskryminacji i wszelkim uczuciom ksenofobicznym. Wszelkimi środkami będzie wspierana nauka języka lokalnego, jako istotnego narzędzia komunikacji międzykulturowej, a także wszelkie pozytywne formy upodmiotowienia imigrantów w celu zwiększenia ich wkładu w integralny rozwój ludzki wszystkich.

Ale nie zapominajmy, że ludzka promocja migrantów i ich rodzin zaczyna się również od wspólnot, z których pochodzą, w których należy zagwarantować prawo do emigracji, a także prawo, by nie emigrować, czyli prawo do znalezienia w ojczyźnie warunków, pozwalających na godne życie. Doceniam i wspieram wysiłki programów współpracy międzynarodowej, wolnych od interesów stronniczych, oraz programów rozwoju ponadnarodowego, w które migranci są włączeni jako główne podmioty (por. Przemówienie do uczestników VI Międzynarodowego Forum „Migracje i pokój”, 21 lutego 2017 r.).

Integracja oznacza angażowanie się w proces, który docenia zarówno dziedzictwo kulturowe wspólnoty przyjmującej, jak i migrantów, budując w ten sposób społeczeństwo międzykulturowe i otwarte. Wiemy, że wcale nie jest łatwo wejść do kultury, która jest nam obca – zarówno tym, którzy przybywają, jak i tym, którzy ich przyjmują – postawić się w sytuacji ludzi tak od nas różnych, aby zrozumieć ich myśli i doświadczenia. Dlatego często rezygnujemy ze spotkania z drugim i stawiamy bariery, aby się bronić (por. Homilia podczas Mszy św. w Światowym Dniu Migranta i Uchodźcy, 14 stycznia 2018 r.). Integracja wymaga zatem, aby nie dać się uzależnić od lęków i nieznajomości.

Jest to droga, którą trzeba przebywać razem, jako prawdziwi towarzysze podróży, podróży angażującej wszystkich, migrantów i ludność lokalną, w budowanie miast gościnnych, wieloaspektowych i zwracających uwagę na procesy międzykulturowe, miast zdolnych do docenienia bogactwa różnic w spotkaniu z drugim. I także w tym przypadku wielu z was może osobiście zaświadczyć, jak istotne jest takie zaangażowanie.

Drodzy przyjaciele imigranci, Kościół dostrzega cierpienia, które znaczą waszą drogę i cierpi z tego powodu wraz z wami. Docierając do was, znajdujących się w tak różnych sytuacjach, stara się pamiętać, że Bóg chce uczynić z nas wszystkich istoty żywe. Pragnie On być u waszego boku, aby budować wraz z wami to, co jest najlepsze dla waszego życia. Ponieważ każdy człowiek ma prawo do życia, każdy człowiek ma prawo do marzeń i możliwości znalezienia należnego mu miejsca w naszym „wspólnym domu”! Każda osoba ma prawo do przyszłości.

Chciałbym także wyrazić wdzięczność wszystkim ludziom, którzy oddali się służbie imigrantom i uchodźcom na całym świecie, a dziś szczególnie wam, pracownikom Caritas, którzy macie zaszczyt okazywać miłosierną miłość Boga wielu naszym braciom i siostrom w imieniu całego Kościoła, a także wszystkich stowarzyszeń partnerskich. Dobrze wiecie i doświadczacie, że dla chrześcijanina „to nie tylko migranci”, ale to sam Chrystus puka do naszych drzwi.

Niech Pan, który podczas swego ziemskiego życia sam przeżył cierpienie wygnania, błogosławi każdego z was, obdarzy was niezbędną siłą, by się nie zniechęcać i być dla siebie nawzajem „bezpieczną przystanią” gościnności.

Dziękuję!

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[1] Message of HM the King to Intergovernmental Conference on Global Pact for Migration, 10 December 2018.

[00534-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسولية إلى مملكة المغرب

كلمة قداسة البابا فرنسيس

أثناء اللقاء مع المهاجرين

رباط، 30 مارس/آذار 2019

أيها الأصدقاء الأعزاء،

أنا سعيد لإمكانية لقائكم خلال زيارتي للمملكة المغربية. إنها مناسبة متجدّدة للتعبير عن قربي لكم جميعًا ولأواجه معكم جرحًا كبيرًا وخطيرًا لا زال يمزّق بدايات هذا القرن الحادي والعشرين. جرح يصرخ إلى السماء. وبالتالي لا نريد أن يكون الصمت واللامبالاة كلمتنا (را. خر ٣، ٧). لاسيما عندما نلاحظ أن ملايين اللاجئين والمهاجرين القسريين يطلبون الحماية الدولية، بدون أن نحسب ضحايا الاتّجار بالبشر والأنواع الجديدة للعبودية في أيدي منظّمات إجراميّة. لا يمكن لأحد أن يقف غير مبال إزاء هذا الألم.

أشكر المطران سانتياغو على كلمات الترحيب وعلى التزام الكنيسة في خدمة المهاجرين. أشكر أيضًا جاكسون على شهادته؛ أشكركم جميعًا أيها المهاجرون ويا أعضاء المنظّمات التي تخدمهم، والذين أتيتم إلى هنا عصر اليوم لنلتقي ونعزّز الروابط بيننا ونستمرّ في الالتزام لضمان شروط حياة كريمة للجميع. وشكرا للأطفال! هؤلاء هم الرجاء. من أجل هؤلاء يجب أن نناضل، من أجل هؤلاء. لديهم الحقّ، الحقّ في الحياة، والحقّ في الكرامة. نحن نناضل من أجلهم. نحن جميعا مدعوّون للإجابة بسخاء وجهوزيّة وحكمة وتبصّر على التحدّيات العديدة التي تضعها الهجرات المعاصرة، كلّ بحسب إمكانيّاته (را. رسالة اليوم العالمي للمهاجرين واللاجئين لعام ٢٠١٨).

لقد عُقد هنا في المغرب، قبل بضعة أشهر، المؤتمر الحكومي الدولي في مراكش والذي وافق على تبنّي الميثاق العالمي للهجرة الآمنة والمنظّمة والنظامية. "يمثّل ميثاق الهجرة، على وجه الخصوص، خطوة هامّة إلى الأمام بالنسبة للمجتمع الدولي الذي، ولأوّل مرّة، يواجه المسألة على مستوى متعدّد الأطراف، في وثيقة مهمّة" (كلمة البابا إلى الدبلوماسيّين المُعتَمدين لدى الكرسي الرسولي، ٧ يناير/كانون الثاني ٢٠١٩).

يسمح هذا الميثاق بالاعتراف وبالإدراك أنها "ليست مسألة مهاجرين وحسب" (را. موضوع اليوم العالمي للمهاجرين واللاجئين ٢٠١٩) كما لو كانت حياتهم مجرّد واقع غريب أو هامشي لا يمتُّ بِصلةٍ لباقي المجتمع. كما لو كانت صفتهم كأشخاص ذوي حقوق قد "عُلِّقت" بسبب وضعهم الحالي؛ "ذلك أن تواجد أيّ مهاجر في هذا الجانب أو ذاك من الحدود، لا ينقّص من إنسانيته وكرامته، ولا يزيد منها"[1].

إن الوجه الذي نريد أن نعطيه كمجتمع، هو الذي وُضِعَ على المحكّ، كما وقيمة كلّ حياة. فقد تمّ القيام بخطوات عديدة وإيجابية نحو الأمام في مجالات عديدة ولاسيما في المجتمعات النامية، ولكن لا نقدر أن ننسى أنّ تقدّم شعوبنا لا يُقاس فقط من خلال التطوّر التكنولوجي أو الاقتصادي. هو يتوقّف قبل كلّ شيء، على قدرتنا بالانفعال وبالتأثّر بفعل مَن يقرع على الباب ويفضح بنظره جميع الآلهة الزائفة التي ترهن الحياة وتستعبدها؛ آلهة تعِد بسعادة وهميّة وزائلة مبنيّة على هامش الواقع وألم الآخرين. كم أن المدينة تصبح صحراوية وغير مضيافة عندما تفقد القدرة على التعاطف! مجتمع بلا قلب... أمّ عقيمة. أنتم لستم مهمّشون، أنتم في محور قلب الكنيسة.

لقد أردت أن أقدّم أربعة أفعال –الضيافة والحماية والتعزيز والإدماج– لكي يتمكّن الذين يريدون المساعدة في جعل هذا العهد ملموسًا وحقيقيًا في أن يلتزموا بحكمة بدلًا من أن يصمتوا، وأن ينقذوا بدلًا من أن يعزلوا، وأن يبنوا بدلًا من أن يهجروا.

أيّها الأصدقاء الأعزّاء، أريد أن أذكِّر هنا بالأهميّة التي تأخذها هذه الأفعال الأربعة. وهي تشكّل إطار مرجعيّة للجميع. إنَّ هذا الالتزام في الواقع يطالنا جميعًا – بأساليب متعدّدة ولكنه يطالنا جميعًا – وجميعنا ضروريّون لضمان حياة أكثر كرامة وأمانًا وتضامنًا. يطيب لي أن أفكّر أن أوّل متطوّع ومساعد ومنقذ وصديق للمهاجر هو مهاجر آخر يعرف شخصيًّا آلام المسيرة. لا يمكننا أن نفكّر باستراتيجيات واسعة النطاق، قادرة على منح الكرامة، وهي تقتصر على أعمال رعاية اجتماعية تجاه المهاجر. هذا أمر جوهري ولكنّه غير كافٍ. من الضروري أن تشعروا أنتم المهاجرون بأنّكم الروّاد الأوائل والقيّمين على هذه العمليّة بأسرها.

يمكن لهذه الأفعال الأربعة أن تساعد على تحقيق عهود قادرة على تحرير فسحات يمكن فيها أن نستضيف ونحمي ونعزز وندمج. وبالتالي فسحاتٌ نُمنَحُ فيها الكرامة.

"أن نستضيف -آخذين في عين الاعتبار الوضع الحالي- يعني قبل كلّ شيء أن نقدّم للمهاجرين واللاجئين فرصًا أوسع لدخولٍ آمنٍ وشرعيّ في الدول المختارة" (رسالة قداسة البابا فرنسيس بمناسبة اليوم العالمي للمهاجرين واللاجئين لعام ٢٠١٨). إن توسيع قنوات الهجرة النظاميّة هو في الواقع أحد الأهداف الرئيسيّة للميثاق العالمي. وهذا الالتزام المشترك هو ضروري حتّى لا يسمح بفسحات جديدة "لتجّار الأجساد البشريّة" الذين يستغلّون أحلام المهاجرين واحتياجاتهم. وإلى أن يتحقّق هذا الالتزام بالكامل، علينا أن نواجه بعدالةٍ وتضامنٍ ورحمةٍ، الواقعَ الملحّ للتدفّق غير الشرعي. أمّا أشكال الترحيل الجماعية التي لا تسمح بإدارة صحيحة للحالات الخاصة، فلا يجب قبولها. وينبغي من جهة أخرى، أن تُشجّع وتُبسَّط مسارات تسوية الأوضاع الاستثنائية ولاسيما في حالات العائلات والقاصرين.

إنَّ الحماية تعني تأمين الدفاع "عن حقوق المهاجرين واللاجئين، وكرامتهم، بمعزل عن وضعهم كمهجّرين" (نفس المرجع). بالنظر إلى واقع هذه المنطقة، ينبغي تأمين الحماية أوّلًا خلال مراحل الهجرة التي غالبًا ما تكون وللأسف مسرحًا للعنف والاستغلال وجميع أنواع الانتهاكات. ويبدو من الضروري هنا أيضًا أن نولي اهتمامًا خاصًا للمهاجرين الذين يعيشون أوضاع هشاشة كبيرة وللعديد من القاصرين غير المصحوبين ومن النساء. من الجوهري أن نضمن للجميع مساعدة طبّية ونفسيّة واجتماعيّة ملائمة لإعادة الكرامة لمَن فقدها خلال المسيرة، تمامًا كما يفعل بتفانٍ عاملو هذه الهيكلية. وفي وسطكم، هناك مَن يمكنهم أن يشهدوا لمدى أهميّة خدمات الحماية هذه، التي تمنح الرجاء، طيلة فترة استقبالهم في البلدان التي استضافتهم.

التعزيز يعني أن نؤمِّن للجميع، مهاجرون ومحليّون، إمكانية إيجاد بيئة آمنة حيث يمكنهم أن يحقّقوا ذواتهم بشكل كامل. ويبدأ هذا التعزيز بالاعتراف بأنَّ لا أحد هو "فضلة بشريّة" بل هو حامل لغنى شخصيّ وثقافيّ ومهنيّ يمكنه أن يُغنيَ بشكل كبير مكانَ وجوده. إن مجتمعات الضيافة ستغتني إن عرفت كيف تقيّم بشكل أفضل إسهام المهاجرين، متجنّبة جميع أشكال التمييز وجميع مشاعر الخوف من الأجانب. ينبغي تشجيع تعلّم اللغة المحليّة كأداة أساسيّة للتواصل بين الثقافات، كما وجميع الأشكال الإيجابيّة من مشاركة المهاجرين بالمسؤولية إزاء المجتمع الذي يستضيفهم، فيتعلّموا احترام الأشخاص والروابط الاجتماعية، والقوانين والثقافة، كي يقدّموا هكذا إسهامًا متينًا في التنمية البشرية الشاملة للجميع.

لا ننسينَّ أن التعزيز البشري للمهاجرين وعائلاتهم يبدأ أيضًا من جماعات المنشأ، حيث ينبغي أن يُضمن لهم، بالإضافة إلى الحقّ بالهجرة، الحقّ بألّا يُجبروا على الهجرة، أي الحقّ بأن يجدوا في وطنهم الشروط التي تسمح لهم بحياة كريمة. أقدِّر وأشجّع جهود برامج التعاون الدولي والتنمية الدوليّة، التي لا تأسرها مصالح الأطراف والتي يشارك فيها المهاجرون كروّاد أساسيّين (را. كلمة البابا للمشاركين في المنتدى الدولي حول "الهجرة والسلام"، ٢١ فبراير/شباط ٢٠١٧).

الإدماج يعني الالتزام في عمليّة تقيِّم الإرث الثقافي للجماعة التي تستضيف والإرث الثقافي للمهاجرين في الوقت عينه، فنبني هكذا مجتمعًا متعدّد الثقافات ومنفتح. نعرف أنّه ليس من السهل أبدًا أن ندخل في ثقافة غريبة عنّا –سواء بالنسبة لمَن يصل أم بالنسبة لمن يستقبل– وأن نضع أنفسنا مكان أشخاص مختلفين عنّا ونفهم أفكارهم وخبراتهم. وغالبًا ما نتخلّى هكذا عن اللقاء مع الآخر ونبني الحواجز للدفاع عن أنفسنا (را. عظة البابا في اليوم العالمي للمهاجرين واللاجئين، ١٤ كانون الثاني ٢٠١٨). إن الإدماج يتطلّب إذًا ألّا نسمح للخوف والجهل بأن يؤثِّرا علينا.

هنا نجد مسيرة نقوم بها معًا، كرفاق سفر حقيقيّين، سفر يُلزم الجميعَ، مهاجرين ومحليّين في بناء مدن مضيافة، تعدُّديّة ومتنبِّهة لعمليّات تجمع الثقافات، مدن قادرة على تقييم غنى الاختلافات في اللقاء مع الآخر. وفي هذه الحالة أيضًا يمكن لكثيرين منكم أن يشهدوا شخصيًا لمدى أهميّة التزام كهذا.

أيّها الأصدقاء المهاجرون الأعزاء، إن الكنيسة تعترف بالآلام التي تطبع مسيرتكم وتتألّم معكم. وتريد أن تذكّر، فيما تنضمّ إليكم في أوضاعكم المتعدّدة، أنَّ الله يريد أن يجعل منّا جميعًا أشخاصًا أحياء. هي ترغب في أن تقف إلى جانبكم لتبني معكم ما هو أفضل لحياتكم. لأن كلَّ إنسان له الحقُّ بالحياة وله الحقّ بأن يحلم وبأن يجد مكانه الصحيح في "بيتنا المشترك"! كلُّ شخص له الحقّ بالمستقبل.

أريد أن أعبِّر أيضًا عن امتناني لجميع الأشخاص الذين وضعوا أنفسهم في خدمة المهاجرين واللاجئين في العالم بأسره، ولكم اليوم بشكل خاص أنتم يا عاملي كاريتاس الذين تتشرّفون بإظهار محبّة الله الرحيمة لجميع إخوتنا وأخواتنا باسم الكنيسة كلّها، كما وباسم جميع المنظّمات الشريكة. أنتم تعرفون جيّدًا وتختبرون أنَّها بالنسبة للمسيحي، "ليست مسألة مهاجرين وحسب" ولكن المسيح نفسه هو الذي يقرع على أبوابنا.

الربّ الذي خلال حياته الأرضيّة عاش في جسده ألم المنفى، هو يبارككم جميعًا ويمنحكم القوّة الضرورية حتى لا تيأسوا وكي تكونوا لبعضكم البعض مرفأ الضيافة الأمين.

شكرًا!

[00534-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0269-XX.02]

[1] رسالة جلالة الملك عاهل المغرب إلى المؤتمر الحكومي الدولي حول الهجرة، مراكش، 10 ديسمبر/كانون الأول 2018.