Messaggio del Santo Padre
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Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2019 sul tema: «L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8,19):
Messaggio del Santo Padre
«L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8,19)
Cari fratelli e sorelle,
ogni anno, mediante la Madre Chiesa, Dio «dona ai suoi fedeli di prepararsi con gioia, purificati nello spirito, alla celebrazione della Pasqua, perché […] attingano ai misteri della redenzione la pienezza della vita nuova in Cristo» (Prefazio di Quaresima 1). In questo modo possiamo camminare, di Pasqua in Pasqua, verso il compimento di quella salvezza che già abbiamo ricevuto grazie al mistero pasquale di Cristo: «nella speranza infatti siamo stati salvati» (Rm 8,24). Questo mistero di salvezza, già operante in noi durante la vita terrena, è un processo dinamico che include anche la storia e tutto il creato. San Paolo arriva a dire: «L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8,19). In tale prospettiva vorrei offrire qualche spunto di riflessione, che accompagni il nostro cammino di conversione nella prossima Quaresima.
1. La redenzione del creato
La celebrazione del Triduo Pasquale della passione, morte e risurrezione di Cristo, culmine dell’anno liturgico, ci chiama ogni volta a vivere un itinerario di preparazione, consapevoli che il nostro diventare conformi a Cristo (cfr Rm 8,29) è un dono inestimabile della misericordia di Dio.
Se l’uomo vive da figlio di Dio, se vive da persona redenta, che si lascia guidare dallo Spirito Santo (cfr Rm 8,14) e sa riconoscere e mettere in pratica la legge di Dio, cominciando da quella inscritta nel suo cuore e nella natura, egli fa del bene anche al creato, cooperando alla sua redenzione. Per questo il creato – dice san Paolo – ha come un desiderio intensissimo che si manifestino i figli di Dio, che cioè quanti godono della grazia del mistero pasquale di Gesù ne vivano pienamente i frutti, destinati a raggiungere la loro compiuta maturazione nella redenzione dello stesso corpo umano. Quando la carità di Cristo trasfigura la vita dei santi – spirito, anima e corpo –, questi danno lode a Dio e, con la preghiera, la contemplazione, l’arte coinvolgono in questo anche le creature, come dimostra mirabilmente il “Cantico di frate sole” di San Francesco d’Assisi (cfr Enc. Laudato si’, 87). Ma in questo mondo l’armonia generata dalla redenzione è ancora e sempre minacciata dalla forza negativa del peccato e della morte.
2. La forza distruttiva del peccato
Infatti, quando non viviamo da figli di Dio, mettiamo spesso in atto comportamenti distruttivi verso il prossimo e le altre creature – ma anche verso noi stessi – ritenendo, più o meno consapevolmente, di poterne fare uso a nostro piacimento. L’intemperanza prende allora il sopravvento, conducendo a uno stile di vita che vìola i limiti che la nostra condizione umana e la natura ci chiedono di rispettare, seguendo quei desideri incontrollati che nel libro della Sapienza vengono attribuiti agli empi, ovvero a coloro che non hanno Dio come punto di riferimento delle loro azioni, né una speranza per il futuro (cfr 2,1-11). Se non siamo protesi continuamente verso la Pasqua, verso l’orizzonte della Risurrezione, è chiaro che la logica del tutto e subito, dell’avere sempre di più finisce per imporsi.
La causa di ogni male, lo sappiamo, è il peccato, che fin dal suo apparire in mezzo agli uomini ha interrotto la comunione con Dio, con gli altri e con il creato, al quale siamo legati anzitutto attraverso il nostro corpo. Rompendosi la comunione con Dio, si è venuto ad incrinare anche l’armonioso rapporto degli esseri umani con l’ambiente in cui sono chiamati a vivere, così che il giardino si è trasformato in un deserto (cfr Gen 3,17-18). Si tratta di quel peccato che porta l’uomo a ritenersi dio del creato, a sentirsene il padrone assoluto e a usarlo non per il fine voluto dal Creatore, ma per il proprio interesse, a scapito delle creature e degli altri.
Quando viene abbandonata la legge di Dio, la legge dell’amore, finisce per affermarsi la legge del più forte sul più debole. Il peccato che abita nel cuore dell’uomo (cfr Mc 7,20-23) – e si manifesta come avidità, brama per uno smodato benessere, disinteresse per il bene degli altri e spesso anche per il proprio – porta allo sfruttamento del creato, persone e ambiente, secondo quella cupidigia insaziabile che ritiene ogni desiderio un diritto e che prima o poi finirà per distruggere anche chi ne è dominato.
3. La forza risanatrice del pentimento e del perdono
Per questo, il creato ha la necessità impellente che si rivelino i figli di Dio, coloro che sono diventati “nuova creazione”: «Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2 Cor 5,17). Infatti, con la loro manifestazione anche il creato stesso può “fare pasqua”: aprirsi ai cieli nuovi e alla terra nuova (cfr Ap 21,1). E il cammino verso la Pasqua ci chiama proprio a restaurare il nostro volto e il nostro cuore di cristiani, tramite il pentimento, la conversione e il perdono, per poter vivere tutta la ricchezza della grazia del mistero pasquale.
Questa “impazienza”, questa attesa del creato troverà compimento quando si manifesteranno i figli di Dio, cioè quando i cristiani e tutti gli uomini entreranno decisamente in questo “travaglio” che è la conversione. Tutta la creazione è chiamata, insieme a noi, a uscire «dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). La Quaresima è segno sacramentale di questa conversione. Essa chiama i cristiani a incarnare più intensamente e concretamente il mistero pasquale nella loro vita personale, familiare e sociale, in particolare attraverso il digiuno, la preghiera e l’elemosina.
Digiunare, cioè imparare a cambiare il nostro atteggiamento verso gli altri e le creature: dalla tentazione di “divorare” tutto per saziare la nostra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può colmare il vuoto del nostro cuore. Pregare per saper rinunciare all’idolatria e all’autosufficienza del nostro io, e dichiararci bisognosi del Signore e della sua misericordia. Fare elemosina per uscire dalla stoltezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi, nell’illusione di assicurarci un futuro che non ci appartiene. E così ritrovare la gioia del progetto che Dio ha messo nella creazione e nel nostro cuore, quello di amare Lui, i nostri fratelli e il mondo intero, e trovare in questo amore la vera felicità.
Cari fratelli e sorelle, la “quaresima” del Figlio di Dio è stata un entrare nel deserto del creato per farlo tornare ad essere quel giardino della comunione con Dio che era prima del peccato delle origini (cfr Mc 1,12-13; Is 51,3). La nostra Quaresima sia un ripercorrere lo stesso cammino, per portare la speranza di Cristo anche alla creazione, che «sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). Non lasciamo trascorrere invano questo tempo favorevole! Chiediamo a Dio di aiutarci a mettere in atto un cammino di vera conversione. Abbandoniamo l’egoismo, lo sguardo fisso su noi stessi, e rivolgiamoci alla Pasqua di Gesù; facciamoci prossimi dei fratelli e delle sorelle in difficoltà, condividendo con loro i nostri beni spirituali e materiali. Così, accogliendo nel concreto della nostra vita la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, attireremo anche sul creato la sua forza trasformatrice.
Dal Vaticano, 4 ottobre 2018,
Festa di San Francesco d’Assisi
FRANCESCO
[00312-IT.01] [Testo: Italiano]
Testo in lingua francese
«La création attend avec impatience la révélation des fils de Dieu» (Rm 8,19)
Chers frères et sœurs,
Chaque année, Dieu, avec le secours de notre Mère l’Eglise, «accorde aux chrétiens de se préparer aux fêtes pascales dans la joie d’un cœur purifié» (Préface de Carême 1) pour qu’ils puissent puiser aux mystères de la rédemption, la plénitude offerte par la vie nouvelle dans le Christ. Ainsi nous pourrons cheminer de Pâques en Pâques jusqu’à la plénitude du salut que nous avons déjà reçue grâce au mystère pascal du Christ: «Car nous avons été sauvés, mais c’est en espérance»(Rm 8,24). Ce mystère de salut, déjà à l’œuvre en nous en cette vie terrestre, se présente comme un processus dynamique qui embrasse également l’Histoire et la création tout entière. Saint Paul le dit:«La création attend avec impatience la révélation des fils de Dieu» (Rm 8,19). C’est dans cette perspective que je souhaiterais offrir quelques points de réflexion pour accompagner notre chemin de conversion pendant le prochain carême.
1. La rédemption de la Création
La célébration du Triduum pascal de la passion, mort et résurrection du Christ, sommet de l’année liturgique, nous appelle, chaque fois, à nous engager sur un chemin de préparation, conscients que notre conformation au Christ (cf. Rm 8,29) est un don inestimable de la miséricorde de Dieu.
Si l’homme vit comme fils de Dieu, s’il vit comme une personne sauvée qui se laisse guider par l’Esprit Saint (cf. Rm 8,14) et sait reconnaître et mettre en œuvre la loi de Dieu, en commençant par celle qui est inscrite en son cœur et dans la nature, alors il fait également du bien à la Création, en coopérant à sa rédemption. C’est pourquoi la création, nous dit Saint Paul, a comme un désir ardent que les fils de Dieu se manifestent, à savoir que ceux qui jouissent de la grâce du mystère pascal de Jésus vivent pleinement de ses fruits, lesquels sont destinés à atteindre leur pleine maturation dans la rédemption du corps humain. Quand la charité du Christ transfigure la vie des saints – esprit, âme et corps –, ceux-ci deviennent une louange à Dieu et, par la prière, la contemplation et l’art, ils intègrent aussi toutes les autres créatures, comme le confesse admirablement le «Cantique des créatures» de saint François d’Assise (cf. Enc. Laudato Sì, n. 87). En ce monde, cependant, l’harmonie produite par la rédemption, est encore et toujours menacée par la force négative du péché et de la mort.
2. La force destructrice du péché
En effet, lorsque nous ne vivons pas en tant que fils de Dieu, nous mettons souvent en acte des comportements destructeurs envers le prochain et les autres créatures, mais également envers nous-mêmes, en considérant plus ou moins consciemment que nous pouvons les utiliser selon notre bon plaisir. L’intempérance prend alors le dessus et nous conduit à un style de vie qui viole les limites que notre condition humaine et la nature nous demandent de respecter. Nous suivons alors des désirs incontrôlés que le Livre de la Sagesse attribue aux impies, c’est-à-dire à ceux qui n’ont pas Dieu comme référence dans leur agir, et sont dépourvus d’espérance pour l’avenir (cf. 2,1-11). Si nous ne tendons pas continuellement vers la Pâque, vers l’horizon de la Résurrection, il devient clair que la logique du «tout et tout de suite», du «posséder toujours davantage» finit par s’imposer.
La cause de tous les maux, nous le savons, est le péché qui, depuis son apparition au milieu des hommes, a brisé la communion avec Dieu, avec les autres et avec la création à laquelle nous sommes liés avant tout à travers notre corps. La rupture de cette communion avec Dieu a également détérioré les rapports harmonieux entre les êtres humains et l’environnement où ils sont appelés à vivre, de sorte que le jardin s’est transformé en un désert (cf. Gn 3,17-18). Il s’agit là du péché qui pousse l’homme à se tenir pour le dieu de la création, à s’en considérer le chef absolu et à en user non pas pour la finalité voulue par le Créateur mais pour son propre intérêt, au détriment des créatures et des autres.
Quand on abandonne la loi de Dieu, la loi de l’amour, c’est la loi du plus fort sur le plus faible qui finit par s’imposer. Le péché qui habite dans le cœur de l’homme (cf. Mc 7, 20-23) – et se manifeste sous les traits de l’avidité, du désir véhément pour le bien-être excessif, du désintérêt pour le bien d’autrui, et même souvent pour le bien propre – conduit à l’exploitation de la création, des personnes et de l’environnement, sous la motion de cette cupidité insatiable qui considère tout désir comme un droit, et qui tôt ou tard, finira par détruire même celui qui se laisse dominer par elle.
3. La force de guérison du repentir et du pardon
C’est pourquoi la création a un urgent besoin que se révèlent les fils de Dieu, ceux qui sont devenus “une nouvelle création” : «Si donc quelqu’un est dans le Christ, il est une créature nouvelle. Le monde ancien s’en est allé, un monde nouveau est déjà né» (2 Co 5,17). En effet, grâce à leur manifestation, la création peut elle aussi «vivre» la Pâque: s’ouvrir aux cieux nouveaux et à la terre nouvelle (cf. Ap 21,1). Le chemin vers Pâques nous appelle justement à renouveler notre visage et notre cœur de chrétiens à travers le repentir, la conversion et le pardon afin de pouvoir vivre toute la richesse de la grâce du mystère pascal.
Cette“impatience”, cette attente de la création, s’achèvera lors de la manifestation des fils de Dieu, à savoir quand les chrétiens et tous les hommes entreront de façon décisive dans ce “labeur” qu’est la conversion. Toute la création est appelée, avec nous, à sortir «de l’esclavage de la dégradation, pour connaître la liberté de la gloire donnée aux enfants de Dieu» (Rm 8,21). Le carême est un signe sacramentel de cette conversion. Elle appelle les chrétiens à incarner de façon plus intense et concrète le mystère pascal dans leur vie personnelle, familiale et sociale en particulier en pratiquant le jeûne, la prière et l’aumône.
Jeûner, c’est-à-dire apprendre à changer d’attitude à l’égard des autres et des créatures: de la tentation de tout “dévorer” pour assouvir notre cupidité, à la capacité de souffrir par amour, laquelle est capable de combler le vide de notre cœur. Prier afin de savoir renoncer à l’idolâtrie et à l’autosuffisance de notre moi, et reconnaître qu’on a besoin du Seigneur et de sa miséricorde. Pratiquer l’aumône pour se libérer de la sottise de vivre en accumulant toute chose pour soi dans l’illusion de s’assurer un avenir qui ne nous appartient pas. Il s’agit ainsi de retrouver la joie du dessein de Dieu sur la création et sur notre cœur, celui de L’aimer, d’aimer nos frères et le monde entier, et de trouver dans cet amour le vrai bonheur.
Chers frères et sœurs, le «carême» du Fils de Dieu a consisté à entrer dans le désert de la création pour qu’il redevienne le jardin de la communion avec Dieu, celui qui existait avant le péché originel (cf. Mc 1,12-13; Is 51,3). Que notre Carême puisse reparcourir le même chemin pour porter aussi l’espérance du Christ à la création, afin qu’«elle aussi, libérée de l’esclavage de la dégradation, puisse connaître la liberté de la gloire donnée aux enfants de Dieu» (cf. Rm 8,21). Ne laissons pas passer en vain ce temps favorable! Demandons à Dieu de nous aider à mettre en œuvre un chemin de vraie conversion. Abandonnons l’égoïsme, le regard centré sur nous-mêmes et tournons-nous vers la Pâque de Jésus: faisons-nous proches de nos frères et sœurs en difficulté en partageant avec eux nos biens spirituels et matériels. Ainsi, en accueillant dans le concret de notre vie la victoire du Christ sur le péché et sur la mort, nous attirerons également sur la création sa force transformante.
Du Vatican, le 4 octobre 2018,
Fête de Saint François d’Assise.
FRANÇOIS
[00312-FR.01] [Texte original: Français]
Testo in lingua inglese
“For the creation waits with eager longing for the revealing of the children of God” (Rom 8:19)
Dear Brothers and Sisters
Each year, through Mother Church, God “gives us this joyful season when we prepare to celebrate the paschal mystery with mind and heart renewed… as we recall the great events that gave us new life in Christ” (Preface of Lent I). We can thus journey from Easter to Easter towards the fulfilment of the salvation we have already received as a result of Christ’s paschal mystery – “for in hope we were saved” (Rom 8:24). This mystery of salvation, already at work in us during our earthly lives, is a dynamic process that also embraces history and all of creation. As Saint Paul says, “the creation waits with eager longing for the revealing of the children of God” (Rom 8:19). In this perspective, I would like to offer a few reflections to accompany our journey of conversion this coming Lent.
1. The redemption of creation
The celebration of the Paschal Triduum of Christ’s passion, death and resurrection, the culmination of the liturgical year, calls us yearly to undertake a journey of preparation, in the knowledge that our being conformed to Christ (cf. Rom 8:29) is a priceless gift of God’s mercy.
When we live as children of God, redeemed, led by the Holy Spirit (cf. Rom 8:14) and capable of acknowledging and obeying God’s law, beginning with the law written on our hearts and in nature, we also benefit creation by cooperating in its redemption. That is why Saint Paul says that creation eagerly longs for the revelation of the children of God; in other words, that all those who enjoy the grace of Jesus’ paschal mystery may experience its fulfilment in the redemption of the human body itself. When the love of Christ transfigures the lives of the saints in spirit, body and soul, they give praise to God. Through prayer, contemplation and art, they also include other creatures in that praise, as we see admirably expressed in the “Canticle of the Creatures” by Saint Francis of Assisi (cf. Laudato Si’, 87). Yet in this world, the harmony generated by redemption is constantly threatened by the negative power of sin and death.
2. The destructive power of sin
Indeed, when we fail to live as children of God, we often behave in a destructive way towards our neighbours and other creatures – and ourselves as well – since we begin to think more or less consciously that we can use them as we will. Intemperance then takes the upper hand: we start to live a life that exceeds those limits imposed by our human condition and nature itself. We yield to those untrammelled desires that the Book of Wisdom sees as typical of the ungodly, those who act without thought for God or hope for the future (cf. 2:1-11). Unless we tend constantly towards Easter, towards the horizon of the Resurrection, the mentality expressed in the slogans “I want it all and I want it now!” and “Too much is never enough”, gains the upper hand.
The root of all evil, as we know, is sin, which from its first appearance has disrupted our communion with God, with others and with creation itself, to which we are linked in a particular way by our body. This rupture of communion with God likewise undermines our harmonious relationship with the environment in which we are called to live, so that the garden has become a wilderness (cf. Gen 3:17-18). Sin leads man to consider himself the god of creation, to see himself as its absolute master and to use it, not for the purpose willed by the Creator but for his own interests, to the detriment of other creatures.
Once God’s law, the law of love, is forsaken, then the law of the strong over the weak takes over. The sin that lurks in the human heart (cf. Mk 7:20-23) takes the shape of greed and unbridled pursuit of comfort, lack of concern for the good of others and even of oneself. It leads to the exploitation of creation, both persons and the environment, due to that insatiable covetousness which sees every desire as a right and sooner or later destroys all those in its grip.
3. The healing power of repentance and forgiveness
Creation urgently needs the revelation of the children of God, who have been made “a new creation”. For “if anyone is in Christ, he is a new creation; the old has passed away; behold, the new has come” (2 Cor 5:17). Indeed, by virtue of their being revealed, creation itself can celebrate a Pasch, opening itself to a new heaven and a new earth (cf. Rev 21:1). The path to Easter demands that we renew our faces and hearts as Christians through repentance, conversion and forgiveness, so as to live fully the abundant grace of the paschal mystery.
This “eager longing”, this expectation of all creation, will be fulfilled in the revelation of the children of God, that is, when Christians and all people enter decisively into the “travail” that conversion entails. All creation is called, with us, to go forth “from its bondage to decay and obtain the glorious liberty of the children of God” (Rom 8:21). Lent is a sacramental sign of this conversion. It invites Christians to embody the paschal mystery more deeply and concretely in their personal, family and social lives, above all by fasting, prayer and almsgiving.
Fasting, that is, learning to change our attitude towards others and all of creation, turning away from the temptation to “devour” everything to satisfy our voracity and being ready to suffer for love, which can fill the emptiness of our hearts. Prayer, which teaches us to abandon idolatry and the self-sufficiency of our ego, and to acknowledge our need of the Lord and his mercy. Almsgiving, whereby we escape from the insanity of hoarding everything for ourselves in the illusory belief that we can secure a future that does not belong to us. And thus to rediscover the joy of God’s plan for creation and for each of us, which is to love him, our brothers and sisters, and the entire world, and to find in this love our true happiness.
Dear brothers and sisters, the “lenten” period of forty days spent by the Son of God in the desert of creation had the goal of making it once more that garden of communion with God that it was before original sin (cf. Mk 1:12-13; Is 51:3). May our Lent this year be a journey along that same path, bringing the hope of Christ also to creation, so that it may be “set free from its bondage to decay and obtain the glorious liberty of the children of God” (Rom 8:21). Let us not allow this season of grace to pass in vain! Let us ask God to help us set out on a path of true conversion. Let us leave behind our selfishness and self-absorption, and turn to Jesus’ Pasch. Let us stand beside our brothers and sisters in need, sharing our spiritual and material goods with them. In this way, by concretely welcoming Christ’s victory over sin and death into our lives, we will also radiate its transforming power to all of creation.
From the Vatican, 4 October 2018,
Feast of Saint Francis of Assisi
FRANCIS
[00312-EN.01] [Original text: English]
Testo in lingua tedesca
Die Schöpfung wartet sehnsüchtig auf das Offenbarwerden der Söhne Gottes« (Röm 8,19)
Liebe Brüder und Schwestern,
jedes Jahr schenkt Gott durch die Mutter Kirche seinen »Gläubigen die Gnade, das Osterfest in der Freude des Heiligen Geistes zu erwarten«. Er ruft uns »zur Feier der Geheimnisse, die in uns die Gnade der Kindschaft erneuern«, und führt uns »mit geläutertem Herzen […] zur Fülle des Lebens durch unseren Herrn Jesus Christus« (Präfation für die Fastenzeit I). Auf diese Weise können wir von einem Osterfest zum nächsten der Vollendung der Erlösung entgegengehen, die wir bereits durch das Paschamysterium Christi empfangen haben: »Denn auf Hoffnung hin sind wir gerettet« (Röm 8,24). Dieses Heilsgeheimnis, das in uns schon im irdischen Leben am Werk ist, ist ein dynamischer Prozess, der auch die Geschichte und die gesamte Schöpfung umfasst. Der heilige Paulus sagt sogar: »Die Schöpfung wartet sehnsüchtig auf das Offenbarwerden der Söhne Gottes« (Röm 8,19). Vor diesem Hintergrund möchte ich ein paar Anstöße zum Nachdenken geben, die unseren Weg der Umkehr während der nächsten Fastenzeit begleiten sollen.
1. Die Erlösung der Schöpfung
Als Höhepunkt des Kirchenjahres ruft uns die Feier des Ostertriduums vom Leiden, vom Tod und von der Auferstehung Christi jedes Mal dazu auf, die Vorbereitung darauf in dem Bewusstsein zu leben, dass unsere Gleichgestaltung mit Christus (vgl. Röm 8,29) ein unermessliches Geschenk der Barmherzigkeit Gottes ist.
Wenn der Mensch als Kind Gottes, als erlöste Person lebt, die sich vom Heiligen Geist leiten lässt (vgl. Röm 8,14) und das Gesetz Gottes – angefangen bei dem Gesetz, das schon in sein Herz und in die Natur eingeschrieben ist – zu erkennen und in die Praxis umzusetzen weiß, dann wird er auch der Schöpfung Gutes tun und an ihrer Erlösung mitwirken. Darum ist es der sehnliche Wunsch der Schöpfung – so sagt Paulus –, dass Gottes Söhne und Töchter offenbar werden, das heißt, dass diejenigen, die bereits die Gnade des Paschamysteriums Jesu empfangen haben, dessen Früchte in ihrer Fülle leben. Sie sind nämlich dazu bestimmt, ihre vollkommene Reife in der Erlösung des menschlichen Leibes selbst zu erlangen. Wenn die Liebe Christi das Leben der Heiligen – Geist, Seele und Leib – verwandelt, dann lobpreisen sie Gott. In ihrem Gebet, in der Betrachtung und Kunst beziehen sie dabei auch die Geschöpfe mit ein, wie es der „Sonnengesang“ des Franz von Assisi (vgl. Enzyklika Laudato si’, 87) wunderbar zeigt. Doch in dieser Welt ist die durch die Erlösung geschaffene Harmonie noch immer und ständig von der negativen Kraft der Sünde und des Todes bedroht.
2. Die zerstörerische Kraft der Sünde
Wenn wir nicht als Söhne und Töchter Gottes leben, ist unser Verhalten unserem Nächsten und den anderen Geschöpfen – aber auch uns selbst – gegenüber oft zerstörerisch, da wir mehr oder weniger bewusst davon ausgehen, von allem nach unserem Belieben Gebrauch machen zu können. Dann gewinnt die Unmäßigkeit die Oberhand und führt zu einer Lebensweise, die jene Grenzen verletzt, die zu respektieren unser Menschsein und die Natur von uns verlangen. Wir geben den ungezügelten Wünschen nach, die im Buch der Weisheit den Ungläubigen zugeschrieben werden beziehungsweise denen, die weder Gott zum Bezugspunkt ihres Handelns nehmen noch eine Hoffnung für die Zukunft haben (vgl. 2,1-11). Wenn wir uns nicht ständig nach dem Osterfest ausrichten und die Auferstehung als Ziel vor Augen halten, dann ist klar, dass sich am Ende die Logik des Alles-und-sofort und des Immer-mehr-haben-Wollens durchsetzt.
Die Ursache von allem Bösen ist, wie wir wissen, die Sünde. Seit ihrem ersten Auftreten unter den Menschen hat sie die Gemeinschaft mit Gott, mit den anderen und mit der Schöpfung, der wir vor allem durch unseren Leib verbunden sind, unterbrochen. Durch den Bruch der Gemeinschaft mit Gott wurde auch die Harmonie des Menschen mit der ihm zugedachten Umwelt gestört, sodass der Garten zu einer Wüste wurde (vgl. Gen 3,17-18). Es handelt sich dabei um jene Sünde, die den Menschen dazu führt, sich für den Gott der Schöpfung zu halten, sich als ihr absoluter Herrscher zu fühlen und sie nicht zu dem von Gott bestimmten Zweck zu nutzen, sondern nur im eigenen Interesse und auf Kosten der Geschöpfe und der Mitmenschen.
Wenn das Gesetz Gottes, das Gesetz der Liebe, aufgegeben wird, setzt sich das Gesetz des Stärkeren gegen den Schwächeren durch. Die Sünde, die im Herzen des Menschen wohnt (vgl. Mk 7,20-23) – sie drückt sich in der Begierde, im Verlangen nach unmäßigem Wohlstand, in der Gleichgültigkeit gegenüber dem Wohl der anderen und häufig auch gegenüber dem eigenen Wohl aus –, führt zur Ausbeutung der Schöpfung, der Menschen und der Umwelt in einer unersättlichen Gier, für die jeder Wunsch zu einem Recht wird und die früher oder später auch den zerstören wird, der von ihr beherrscht wird.
3. Die heilende Kraft von Reue und Vergebung
Daher ist es für die Schöpfung so dringend notwendig, dass die Söhne und Töchter Gottes, all jene, die „neue Schöpfung“ geworden sind, offenbar werden: »Wenn also jemand in Christus ist, dann ist er eine neue Schöpfung: Das Alte ist vergangen, siehe, Neues ist geworden« (2Kor 5,17). Durch ihr Offenbarwerden kann nämlich auch die Schöpfung selbst „Ostern feiern“: sich dem neuen Himmel und der neuen Erde öffnen (vgl. Offb 21,1). Der Weg auf Ostern hin ruft uns eben dazu auf, unser christliches Angesicht und unser christliches Herz durch Reue, Umkehr und Vergebung zu erneuern, damit wir den ganzen Reichtum der Gnade des Paschamysteriums leben können.
Diese „Ungeduld“, diese Erwartung der Schöpfung wird erfüllt, wenn die Söhne und Töchter Gottes offenbar werden, das heißt, wenn die Christen und alle Menschen diese „Geburtswehen“ der Umkehr entschlossen auf sich nehmen. Die gesamte Schöpfung soll gemeinsam mit uns »von der Knechtschaft der Vergänglichkeit befreit werden zur Freiheit und Herrlichkeit der Kinder Gottes« (Röm 8,21). Die Fastenzeit ist sakramentales Zeichen dieser Umkehr. Sie ruft die Christen dazu auf, das Paschamysterium in ihrem persönlichen, familiären und gesellschaftlichen Leben stärker und konkreter Gestalt werden zu lassen, insbesondere durch das Fasten, Beten und Almosengeben.
Fasten bedeutet zu lernen, unsere Haltung gegenüber den anderen und den Geschöpfen zu ändern: von der Versuchung, alles zu „verschlingen“, um unsere Begierde zu befriedigen, hin zu der Fähigkeit, aus Liebe zu leiden, welche die Leere unseres Herzens füllen kann. Beten, damit wir auf die Idiolatrie und die Selbstgenügsamkeit unseres Ichs verzichten lernen und eingestehen, dass wir des Herrn und seiner Barmherzigkeit bedürfen. Almosen geben, damit wir die Torheit hinter uns lassen, nur für uns zu leben und alles für uns anzuhäufen in der Illusion, uns so eine Zukunft zu sichern, die uns nicht gehört. So finden wir die Freude an dem Plan wieder, den Gott der Schöpfung und unserem Herzen eingeprägt hat: ihn, unsere Brüder und Schwestern und die gesamte Welt zu lieben und in dieser Liebe das wahre Glück zu finden.
Liebe Brüder und Schwestern, die „Fastenzeit“ des Sohnes Gottes war ein Eintreten in die Wüste der Schöpfung, um sie wieder zu dem Garten der Gemeinschaft mit Gott werden zu lassen, der sie vor dem Sündenfall war (vgl. Mk 1,12-13; Jes 51,3). In unserer Fastenzeit wollen wir den gleichen Weg noch einmal gehen, um auch der Schöpfung die Hoffnung Christi zu bringen, dass sie »von der Knechtschaft der Vergänglichkeit befreit werden [soll] zur Freiheit und Herrlichkeit der Kinder Gottes« (Röm 8,21). Lassen wir diese günstige Zeit nicht nutzlos verstreichen! Bitten wir Gott um seine Hilfe, den Weg wahrer Umkehr einzuschlagen. Lassen wir den Egoismus, den auf uns selbst fixierten Blick hinter uns und wenden wir uns dem Ostern Jesu zu; unsere Brüder und Schwestern in Not sollen unsere Nächsten sein, mit denen wir unsere geistlichen und materiellen Güter teilen. So ziehen wir, wenn wir in unserem konkreten Leben den Sieg Christi über Sünde und Tod annehmen, seine verwandelnde Kraft auch auf die Schöpfung herab.
Aus dem Vatikan, am 4. Oktober 2018,
dem Fest des heiligen Franziskus von Assisi
FRANZISKUS
[00312-DE.01] [Originalsprache: Deutsch]
Testo in lingua spagnola
«La creación, expectante, está aguardando la manifestación de los hijos de Dios» (Rm 8,19)
Queridos hermanos y hermanas:
Cada año, a través de la Madre Iglesia, Dios «concede a sus hijos anhelar, con el gozo de habernos purificado, la solemnidad de la Pascua, para que […] por la celebración de los misterios que nos dieron nueva vida, lleguemos a ser con plenitud hijos de Dios» (Prefacio I de Cuaresma). De este modo podemos caminar, de Pascua en Pascua, hacia el cumplimiento de aquella salvación que ya hemos recibido gracias al misterio pascual de Cristo: «Pues hemos sido salvados en esperanza» (Rm 8,24). Este misterio de salvación, que ya obra en nosotros durante la vida terrena, es un proceso dinámico que incluye también a la historia y a toda la creación. San Pablo llega a decir: «La creación, expectante, está aguardando la manifestación de los hijos de Dios» (Rm 8,19). Desde esta perspectiva querría sugerir algunos puntos de reflexión, que acompañen nuestro camino de conversión en la próxima Cuaresma.
1. La redención de la creación
La celebración del Triduo Pascual de la pasión, muerte y resurrección de Cristo, culmen del año litúrgico, nos llama una y otra vez a vivir un itinerario de preparación, conscientes de que ser conformes a Cristo (cf. Rm 8,29) es un don inestimable de la misericordia de Dios.
Si el hombre vive como hijo de Dios, si vive como persona redimida, que se deja llevar por el Espíritu Santo (cf. Rm 8,14), y sabe reconocer y poner en práctica la ley de Dios, comenzando por la que está inscrita en su corazón y en la naturaleza, beneficia también a la creación, cooperando en su redención. Por esto, la creación —dice san Pablo— desea ardientemente que se manifiesten los hijos de Dios, es decir, que cuantos gozan de la gracia del misterio pascual de Jesús disfruten plenamente de sus frutos, destinados a alcanzar su maduración completa en la redención del mismo cuerpo humano. Cuando la caridad de Cristo transfigura la vida de los santos —espíritu, alma y cuerpo—, estos alaban a Dios y, con la oración, la contemplación y el arte hacen partícipes de ello también a las criaturas, como demuestra de forma admirable el “Cántico del hermano sol” de san Francisco de Asís (cf. Enc. Laudato si’, 87). Sin embargo, en este mundo la armonía generada por la redención está amenazada, hoy y siempre, por la fuerza negativa del pecado y de la muerte.
2. La fuerza destructiva del pecado
Efectivamente, cuando no vivimos como hijos de Dios, a menudo tenemos comportamientos destructivos hacia el prójimo y las demás criaturas —y también hacia nosotros mismos—, al considerar, más o menos conscientemente, que podemos usarlos como nos plazca. Entonces, domina la intemperancia y eso lleva a un estilo de vida que viola los límites que nuestra condición humana y la naturaleza nos piden respetar, y se siguen los deseos incontrolados que en el libro de la Sabiduría se atribuyen a los impíos, o sea a quienes no tienen a Dios como punto de referencia de sus acciones, ni una esperanza para el futuro (cf. 2,1-11). Si no anhelamos continuamente la Pascua, si no vivimos en el horizonte de la Resurrección, está claro que la lógica del todo y ya, del tener cada vez más acaba por imponerse.
Como sabemos, la causa de todo mal es el pecado, que desde su aparición entre los hombres interrumpió la comunión con Dios, con los demás y con la creación, a la cual estamos vinculados ante todo mediante nuestro cuerpo. El hecho de que se haya roto la comunión con Dios, también ha dañado la relación armoniosa de los seres humanos con el ambiente en el que están llamados a vivir, de manera que el jardín se ha transformado en un desierto (cf. Gn 3,17-18). Se trata del pecado que lleva al hombre a considerarse el dios de la creación, a sentirse su dueño absoluto y a no usarla para el fin deseado por el Creador, sino para su propio interés, en detrimento de las criaturas y de los demás.
Cuando se abandona la ley de Dios, la ley del amor, acaba triunfando la ley del más fuerte sobre el más débil. El pecado que anida en el corazón del hombre (cf. Mc 7,20-23) —y se manifiesta como avidez, afán por un bienestar desmedido, desinterés por el bien de los demás y a menudo también por el propio— lleva a la explotación de la creación, de las personas y del medio ambiente, según la codicia insaciable que considera todo deseo como un derecho y que antes o después acabará por destruir incluso a quien vive bajo su dominio.
3. La fuerza regeneradora del arrepentimiento y del perdón
Por esto, la creación tiene la irrefrenable necesidad de que se manifiesten los hijos de Dios, aquellos que se han convertido en una “nueva creación”: «Si alguno está en Cristo, es una criatura nueva. Lo viejo ha pasado, ha comenzado lo nuevo» (2 Co 5,17). En efecto, manifestándose, también la creación puede “celebrar la Pascua”: abrirse a los cielos nuevos y a la tierra nueva (cf. Ap 21,1). Y el camino hacia la Pascua nos llama precisamente a restaurar nuestro rostro y nuestro corazón de cristianos, mediante el arrepentimiento, la conversión y el perdón, para poder vivir toda la riqueza de la gracia del misterio pascual.
Esta “impaciencia”, esta expectación de la creación encontrará cumplimiento cuando se manifiesten los hijos de Dios, es decir cuando los cristianos y todos los hombres emprendan con decisión el “trabajo” que supone la conversión. Toda la creación está llamada a salir, junto con nosotros, «de la esclavitud de la corrupción para entrar en la gloriosa libertad de los hijos de Dios» (Rm 8,21). La Cuaresma es signo sacramental de esta conversión, es una llamada a los cristianos a encarnar más intensa y concretamente el misterio pascual en su vida personal, familiar y social, en particular, mediante el ayuno, la oración y la limosna.
Ayunar, o sea aprender a cambiar nuestra actitud con los demás y con las criaturas: de la tentación de “devorarlo” todo, para saciar nuestra avidez, a la capacidad de sufrir por amor, que puede colmar el vacío de nuestro corazón. Orar para saber renunciar a la idolatría y a la autosuficiencia de nuestro yo, y declararnos necesitados del Señor y de su misericordia. Dar limosna para salir de la necedad de vivir y acumularlo todo para nosotros mismos, creyendo que así nos aseguramos un futuro que no nos pertenece. Y volver a encontrar así la alegría del proyecto que Dios ha puesto en la creación y en nuestro corazón, es decir amarle, amar a nuestros hermanos y al mundo entero, y encontrar en este amor la verdadera felicidad.
Queridos hermanos y hermanas, la “Cuaresma” del Hijo de Dios fue un entrar en el desierto de la creación para hacer que volviese a ser aquel jardín de la comunión con Dios que era antes del pecado original (cf. Mc 1,12-13; Is 51,3). Que nuestra Cuaresma suponga recorrer ese mismo camino, para llevar también la esperanza de Cristo a la creación, que «será liberada de la esclavitud de la corrupción para entrar en la gloriosa libertad de los hijos de Dios» (Rm 8,21). No dejemos transcurrir en vano este tiempo favorable. Pidamos a Dios que nos ayude a emprender un camino de verdadera conversión. Abandonemos el egoísmo, la mirada fija en nosotros mismos, y dirijámonos a la Pascua de Jesús; hagámonos prójimos de nuestros hermanos y hermanas que pasan dificultades, compartiendo con ellos nuestros bienes espirituales y materiales. Así, acogiendo en lo concreto de nuestra vida la victoria de Cristo sobre el pecado y la muerte, atraeremos su fuerza transformadora también sobre la creación.
Vaticano, 4 de octubre de 2018,
Fiesta de san Francisco de Asís
FRANCISCO
[00312-ES.01] [Texto original: Español]
Testo in lingua portoghese
«A criação encontra-se em expetativa ansiosa, aguardando a revelação dos filhos de Deus»
(Rm 8, 19)
Queridos irmãos e irmãs!
Todos os anos, por meio da Mãe Igreja, Deus «concede aos seus fiéis a graça de se prepararem, na alegria do coração purificado, para celebrar as festas pascais, a fim de que (…), participando nos mistérios da renovação cristã, alcancem a plenitude da filiação divina» (Prefácio I da Quaresma). Assim, de Páscoa em Páscoa, podemos caminhar para a realização da salvação que já recebemos, graças ao mistério pascal de Cristo: «De facto, foi na esperança que fomos salvos» (Rm 8, 24). Este mistério de salvação, já operante em nós durante a vida terrena, é um processo dinâmico que abrange também a história e toda a criação. São Paulo chega a dizer: «Até a criação se encontra em expetativa ansiosa, aguardando a revelação dos filhos de Deus» (Rm 8, 19). Nesta perspetiva, gostaria de oferecer algumas propostas de reflexão, que acompanhem o nosso caminho de conversão na próxima Quaresma.
1. A redenção da criação
A celebração do Tríduo Pascal da paixão, morte e ressurreição de Cristo, ponto culminante do Ano Litúrgico, sempre nos chama a viver um itinerário de preparação, cientes de que tornar-nos semelhantes a Cristo (cf. Rm 8, 29) é um dom inestimável da misericórdia de Deus.
Se o homem vive como filho de Deus, se vive como pessoa redimida, que se deixa guiar pelo Espírito Santo (cf. Rm 8, 14), e sabe reconhecer e praticar a lei de Deus, a começar pela lei gravada no seu coração e na natureza, beneficia também a criação, cooperando para a sua redenção. Por isso, a criação – diz São Paulo – deseja de modo intensíssimo que se manifestem os filhos de Deus, isto é, que a vida daqueles que gozam da graça do mistério pascal de Jesus se cubra plenamente dos seus frutos, destinados a alcançar o seu completo amadurecimento na redenção do próprio corpo humano. Quando a caridade de Cristo transfigura a vida dos santos – espírito, alma e corpo –, estes rendem louvor a Deus e, com a oração, a contemplação e a arte, envolvem nisto também as criaturas, como demonstra admiravelmente o «Cântico do irmão sol», de São Francisco de Assis (cf. Encíclica Laudato si’, 87). Neste mundo, porém, a harmonia gerada pela redenção continua ainda – e sempre estará – ameaçada pela força negativa do pecado e da morte.
2. A força destruidora do pecado
Com efeito, quando não vivemos como filhos de Deus, muitas vezes adotamos comportamentos destruidores do próximo e das outras criaturas – mas também de nós próprios –, considerando, de forma mais ou menos consciente, que podemos usá-los como bem nos apraz. Então sobrepõe-se a intemperança, levando a um estilo de vida que viola os limites que a nossa condição humana e a natureza nos pedem para respeitar, seguindo aqueles desejos incontrolados que, no livro da Sabedoria, se atribuem aos ímpios, ou seja, a quantos não têm Deus como ponto de referência das suas ações, nem uma esperança para o futuro (cf. 2, 1-11). Se não estivermos voltados continuamente para a Páscoa, para o horizonte da Ressurreição, é claro que acaba por se impor a lógica do tudo e imediatamente, do possuir cada vez mais.
Como sabemos, a causa de todo o mal é o pecado, que, desde a sua aparição no meio dos homens, interrompeu a comunhão com Deus, com os outros e com a criação, à qual nos encontramos ligados antes de mais nada através do nosso corpo. Rompendo-se a comunhão com Deus, acabou por falir também a relação harmoniosa dos seres humanos com o meio ambiente, onde estão chamados a viver, a ponto de o jardim se transformar num deserto (cf. Gn 3, 17-18). Trata-se daquele pecado que leva o homem a considerar-se como deus da criação, a sentir-se o seu senhor absoluto e a usá-la, não para o fim querido pelo Criador, mas para interesse próprio em detrimento das criaturas e dos outros.
Quando se abandona a lei de Deus, a lei do amor, acaba por se afirmar a lei do mais forte sobre o mais fraco. O pecado – que habita no coração do homem (cf. Mc 7, 20-23), manifestando-se como avidez, ambição desmedida de bem-estar, desinteresse pelo bem dos outros e muitas vezes também do próprio – leva à exploração da criação (pessoas e meio ambiente), movidos por aquela ganância insaciável que considera todo o desejo um direito e que, mais cedo ou mais tarde, acabará por destruir inclusive quem está dominado por ela.
3. A força sanadora do arrependimento e do perdão
Por isso, a criação tem impelente necessidade que se revelem os filhos de Deus, aqueles que se tornaram «nova criação»: «Se alguém está em Cristo, é uma nova criação. O que era antigo passou; eis que surgiram coisas novas» (2 Cor 5, 17). Com efeito, com a sua manifestação, a própria criação pode também «fazer páscoa»: abrir-se para o novo céu e a nova terra (cf. Ap 21, 1). E o caminho rumo à Páscoa chama-nos precisamente a restaurar a nossa fisionomia e o nosso coração de cristãos, através do arrependimento, a conversão e o perdão, para podermos viver toda a riqueza da graça do mistério pascal.
Esta «impaciência», esta expetativa da criação ver-se-á satisfeita quando se manifestarem os filhos de Deus, isto é, quando os cristãos e todos os homens entrarem decididamente neste «parto» que é a conversão. Juntamente connosco, toda a criação é chamada a sair «da escravidão da corrupção, para alcançar a liberdade na glória dos filhos de Deus» (Rm 8, 21). A Quaresma é sinal sacramental desta conversão. Ela chama os cristãos a encarnarem, de forma mais intensa e concreta, o mistério pascal na sua vida pessoal, familiar e social, particularmente através do jejum, da oração e da esmola.
Jejuar, isto é, aprender a modificar a nossa atitude para com os outros e as criaturas: passar da tentação de «devorar» tudo para satisfazer a nossa voracidade, à capacidade de sofrer por amor, que pode preencher o vazio do nosso coração. Orar, para saber renunciar à idolatria e à autossuficiência do nosso eu, e nos declararmos necessitados do Senhor e da sua misericórdia. Dar esmola, para sair da insensatez de viver e acumular tudo para nós mesmos, com a ilusão de assegurarmos um futuro que não nos pertence. E, assim, reencontrar a alegria do projeto que Deus colocou na criação e no nosso coração: o projeto de amá-Lo a Ele, aos nossos irmãos e ao mundo inteiro, encontrando neste amor a verdadeira felicidade.
Queridos irmãos e irmãs, a «quaresma» do Filho de Deus consistiu em entrar no deserto da criação para fazê-la voltar a ser aquele jardim da comunhão com Deus que era antes do pecado das origens (cf. Mc 1,12-13; Is 51,3). Que a nossa Quaresma seja percorrer o mesmo caminho, para levar a esperança de Cristo também à criação, que «será libertada da escravidão da corrupção, para alcançar a liberdade na glória dos filhos de Deus» (Rm 8, 21). Não deixemos que passe em vão este tempo favorável! Peçamos a Deus que nos ajude a realizar um caminho de verdadeira conversão. Abandonemos o egoísmo, o olhar fixo em nós mesmos, e voltemo-nos para a Páscoa de Jesus; façamo-nos próximo dos irmãos e irmãs em dificuldade, partilhando com eles os nossos bens espirituais e materiais. Assim, acolhendo na nossa vida concreta a vitória de Cristo sobre o pecado e a morte, atrairemos também sobre a criação a sua força transformadora.
Vaticano, Festa de São Francisco de Assis,
4 de outubro de 2018.
FRANCISCO
[00312-PO.01] [Texto original: Português]
Testo in lingua polacca
«Stworzenie z upragnieniem oczekuje objawienia się synów Bożych» (Rm 8, 19)
Drodzy bracia i siostry!
Każdego roku, za pośrednictwem Kościoła, który jest naszą Matką, Bóg pozwala swoim wiernym «z oczyszczoną duszą radośnie oczekiwać świąt wielkanocnych, aby (…) przez uczestnictwo w sakramentach odrodzenia osiągnęli pełnię dziecięctwa Bożego» (1. Prefacja Wielkopostna). W ten sposób, od Wielkanocy do Wielkanocy możemy podążać do pełni tego zbawienia, które już otrzymaliśmy dzięki tajemnicy paschalnej Chrystusa: «W nadziei bowiem już jesteśmy zbawieni» (Rz 8, 24). Ta tajemnica zbawienia, działająca w nas już podczas ziemskiego życia, jest procesem dynamicznym, który obejmuje także historię i całe stworzenie. Św. Paweł dochodzi do stwierdzenia: «Bo stworzenie z upragnieniem oczekuje objawienia się synów Bożych» (Rz 8, 19). W takiej perspektywie chcę podzielić się z wami kilkoma refleksjami, które niech nam towarzyszą na drodze nawrócenia w nadchodzącym Wielkim Poście.
1. Odkupienie stworzenia
Celebracja Triduum Paschalnego męki, śmierci i zmartwychwstania Chrystusa, szczyt roku liturgicznego, za każdym razem zaprasza nas do przeżywania pewnego procesu przygotowania, ze świadomością, że nasze stawanie się na wzór obrazu Chrystusa (por. Rz 8, 29) jest bezcennym darem miłosierdzia Bożego.
Jeśli człowiek żyje jak dziecko Boga, jak osoba odkupiona, która pozwala się prowadzić Duchowi Świętemu (por. Rz 8, 14) i wie, jak rozpoznać i zastosować w praktyce prawo Boże, począwszy od tego zapisanego w jego sercu i naturze, czyni dobro także stworzeniu, współpracując w jego odkupieniu. Dlatego właśnie stworzenie – mówi św. Paweł – posiada usilne pragnienie objawienia się synów Bożych, to znaczy tych, którzy ciesząc się łaską paschalnej tajemnicy Jezusa w pełni żyją jej owocami, przeznaczonymi do osiągnięcia pełnej dojrzałości przy odkupieniu ciała ludzkiego. Kiedy miłość Chrystusa przemienia życie świętych - ducha, duszę i ciało - oddają oni chwałę Bogu, a przez modlitwę, kontemplację i sztukę angażują w to także stworzenia, jak pięknie wyraża to "Pieśń Słoneczna" św. Franciszka z Asyżu (por. Enc. Laudato si’, 87). Jednak w tym świecie harmonia płynąca z Odkupienia jest wciąż zagrożona przez negatywną moc grzechu i śmierci.
2. Destrukcyjna siła grzechu
Rzeczywiście, kiedy nie żyjemy jak dzieci Boże, często zachowujemy się destrukcyjnie nie tylko wobec nas samych, ale także w stosunku do bliźnich i do innych stworzeń, uważając, mniej lub bardziej świadomie, że możemy ich używać według własnej woli. Zaczyna wtedy dominować brak umiarkowania, prowadząc do stylu życia naruszającego te granice, które nasza ludzka kondycja i natura każą nam szanować, podążając za tymi niekontrolowanymi pragnieniami, które w Księdze Mądrości przypisuje się ludziom niegodziwym, lub tym, którzy nie uznają Boga jako punkt odniesienia dla swoich działań i nie mają nadziei na przyszłość (por. 2: 1-11). Jeśli nie jesteśmy stale ukierunkowani ku Wielkanocy, w stronę horyzontu Zmartwychwstania, to oczywiste jest, że zwycięża logika wszystkiego i natychmiast, oraz mieć coraz więcej.
Wiemy, że przyczyną każdego zła jest grzech, który od czasu jego pojawienia się wśród ludzi zerwał komunię z Bogiem, z innymi i ze stworzeniem, z którym jesteśmy połączeni przede wszystkim przez nasze ciało. Zerwanie komunii z Bogiem naruszyło także harmonijny związek ludzi ze środowiskiem, w którym zostali powołani do życia, zamieniając ogród w pustynię (cfr Gen 3,17-18). Chodzi tutaj o grzech, który sprawia, że człowiek uważa siebie za boga stworzenia, czuje się jego absolutnym panem i używa go nie tak, jak chciał tego Stwórca, ale w swoim własnym interesie, ze szkodą dla stworzeń i innych ludzi.
Kiedy zostaje odrzucone prawo Boże, prawo miłości, wtedy potwierdza się prawo panowania silniejszego nad słabszym. Grzech, który mieszka w sercu człowieka (por. Mk 7, 20-23) - i objawia się jako chciwość, pragnienie nadmiernego dobrobytu, brak zainteresowania dobrem innych, a często także własnym - prowadzi do wykorzystywania stworzenia, osób i środowiska, zgodnie z tą niezaspokojoną żądzą, która każde pragnienie uważa za prawo, a która prędzej czy później doprowadzi do zniszczenia nawet tych, którzy są przez nią zdominowani.
3. Uzdrawiająca moc skruchy i przebaczenia
Dlatego stworzenie pilnie potrzebuje objawienia się synów Bożych, tych, którzy stali się "nowym stworzeniem": «Jeżeli więc ktoś pozostaje w Chrystusie, jest nowym stworzeniem. To, co dawne, minęło, a oto stało się nowe» (2 Kor 5, 17). W rzeczywistości, wraz z ich objawieniem się, także stworzenie może "przeżyć Wielkanoc": otworzyć się na nowe niebo i na nową ziemię (por. Ap 21, 1). A droga do Wielkanocy wzywa nas właśnie do odnowienia naszego oblicza i naszego serca chrześcijan przez pokutę, nawrócenie i przebaczenie, aby móc żyć pełnią łask Tajemnicy Paschalnej.
Ta „niecierpliwość”, to oczekiwanie stworzenia spełni się, kiedy objawią się synowie Boga, to znaczy, gdy chrześcijanie i wszyscy ludzie podejmą zdecydowanie ten „ból rodzenia”, którym jest nawrócenie. Razem z nami całe stworzenie jest powołane do wyjścia «z niewoli zepsucia, by uczestniczyć w wolności i chwale dzieci Bożych» (Rz 8, 21). Wielki Post jest sakramentalnym znakiem tego nawrócenia. Wzywa on chrześcijan do intensywniejszego i konkretniejszego wcielania Tajemnicy Paschalnej w życie osobiste, rodzinne i społeczne, szczególnie poprzez post, modlitwę i jałmużnę.
Pościć, czyli uczyć się zmieniać nasz stosunek do innych i do stworzeń: przechodzić od pokusy "pożerania" wszystkiego, celem zaspokojenia naszej chciwości, do umiejętności cierpienia z miłości, która może wypełnić pustkę naszego serca. Modlić się, aby umieć wyrzec się bałwochwalstwa i samowystarczalności naszego ja i uznać, że potrzebujemy Boga i Jego miłosierdzia. Dawać jałmużnę, czyli porzucić nierozsądny styl życia i gromadzenie wszystkiego dla siebie w iluzji zabezpieczania przyszłości, która do nas nie należy. I w ten sposób na nowo odkryć radość z planu, którym Bóg objął stworzenie i nasze serca, planu miłości Boga, naszych braci i całego świata, i w tej miłości odnaleźć prawdziwe szczęście.
Drodzy bracia i siostry, "Wielki Post" Syna Bożego polegał na tym, że wyszedł On na pustynię stworzenia, aby wprowadzić je na nowo do tego ogrodu komunii z Bogiem, który był wcześniej niż grzech pierworodny (por. Mk 1, 12-13; Iz 51, 3). Niech nasz Wielki Post będzie kroczeniem po tej samej ścieżce, aby zanieść nadzieję Chrystusową także stworzeniu, które «zostanie wyzwolone z niewoli zepsucia, by uczestniczyć w wolności i chwale dzieci Bożych» (Rz 8, 21). Nie pozwólmy, aby ten błogosławiony czas upłynął bezowocnie! Prośmy Boga, aby pomógł nam wejść na drogę prawdziwego nawrócenia. Porzućmy egoizm i zapatrzenie się w siebie a wpatrujmy się w Paschę Jezusa; zbliżmy się do braci i sióstr znajdujących się w trudnej sytuacji, dzieląc się z nimi naszymi duchowymi i materialnymi dobrami. W ten sposób, przyjmując w konkretach naszego życia zwycięstwo Chrystusa nad grzechem i śmiercią, ukierunkujemy Jego przemieniającą moc także na całe stworzenie.
Watykan, 4 października 2018,
Święto św. Franciszka z Asyżu
FRANCISZEK
[00312-PL.01] [Testo originale: Polacco]
Testo in lingua araba
رسالة قداسة البابا فرنسيس
لزمن الصوم 2019
"الخَليقَة تَنتَظِرُ بفارِغِ الصَّبرِ تَجَلّيَ أبناءِ الله" (روم 8، 19)
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء،
كلّ عام، من خلال أمّنا الكنيسة، "يمنح الله مؤمنيه الفرصة للإستعداد لاحتفالات عيد الفصح بفرح ومتجدّدين بالروح، لكي [...] ينهلوا من سرّ الفداء ملء الحياة الجديدة في المسيح" (مقدّمة الصوم الكبير 1). وبهذه الطريقة يمكننا السير، من فصح الى آخر، نحو تحقيق الخلاص الذي تلقّيناه بالفعل من خلال سرّ المسيح الفصحيّ: "لأننا في الرَّجاءِ نِلْنا الخَلاص" (روم 8، 24). إن سرّ الخلاص هذا، الذي يعمل فينا منذ الآن طيلة حياتنا الأرضية، هو عملية ديناميكيّة تشمل التاريخ وكلّ الخليقة. يقول القدّيس بولس: "الخَليقَة تَنتَظِرُ بفارِغِ الصَّبر ِتَجَلّيَ أبناءِ الله" (روم 8، 19). من هذا المنطلق، أودّ أن أقترح بعض نقاط التفكير لمرافقة مسيرة توبتنا في زمن الصوم المقبل.
1. فداء الخليقة
إن الاحتفال بعيد الفصح، بآلام وموت وقيامة المسيح، والذي هو تتويج للسنة الليتورجية، يدعونا في كلّ مرّة الى عيش مسيرة تحضير، مدركين ان التزامنا كمسيحيّين (را. روم 8، 29) هو هبة من رحمة الله، لا تُقّدّر بثمن.
إذا عاش الإنسان كإبن لله، إذا عاش كمُخَلَّص، ينقاد للروح القدس (را. روم 8، 14) ويعرف كيف يدرك ويطبّق شريعة الله بدءاً من تلك المنحوتة في قلبه وفي الطبيعة، فإنه يصنع الخير أيضًا للخليقة، ويساهم في فدائها. لهذا السبب -كما يقول القدّيس بولس- إنّ الخليقة تتشوّق بشدّة إلى تجلّي أبناء الله، أي إلى أن يعيش أولئك الذين يستمتعون بنعمة سرّ يسوع الفصحيّ ثماره بالكامل، بهدف الوصول إلى تحقيق نضجهم الكامل عبر خلاص الجسد البشريّ نفسه. عندما تتجلّى محبّة المسيحفي حياة القدّيسين وتغيّرهم –على نطاق الروح والنفس والجسد- فإنهم يسبّحون الربّ؛ ومن خلال الصلاة، والتأمّل، والفنون، يشاركون المخلوقات في هذا أيضاً، كما يعبّر القدّيس فرنسيس الأسّيزي بشكل مثير للإعجاب في "نشيد المخلوقات" (را. الرسالة البابوية العامة كُنْ مُسَبَّحًا، 87). ولكن في هذا العالم، لا يزال الوئام الآتي من الخلاص مُهدَّدًا على الدوام بقوّة الخطيئة والموت السلبية.
2. القوة المدمّرة للخطيئة
في الواقع، عندما لا نعيش كأبناء لله، فإننا غالباً ما نقوم بسلوكيّات مدمّرة تجاه القريب والمخلوقات الأخرى -ولكن أيضًا تجاه أنفسنا- معتبرين، بشكل أو بآخر، أنه بإمكاننا استخدامها كما يحلو لنا. ومن ثم، تتغلّب علينا التجاوزات، مما يؤدّي إلى نمط حياة ينتهك الحدود التي تحتّم علينا ظروفنا البشرية والطبيعة احترامها، فننساق لتلك الشهوات غير المنضبطة والتي تُنسب إلى الأشرار في كتاب الحكمة، أو إلى أولئك الذين لا يعتبرون الله كنقطة مرجعيّة لأعمالهم، وليس لديهم أمل في المستقبل (را. 2، 1- 11). إذا لم نكن توّاقين باستمرار نحو الفصح ونحو أفق القيامة، فمن الواضح أن منطق "الحصول على كلّ شيء وعلى الفور ودائما طلب المزيد" سوف يفرض نفسهفي نهاية المطاف.
نحن نعلم أن سبب كلّ شرّ هو الخطيئة التي، منذ ظهورها بين البشر، قد أعاقت الشركة مع الله ومع الآخرين ومع الخليقة، الذين نرتبط بهم في المقام الأوّل من خلال جسدنا. وبفعل إعاقة الشركة مع الله، قد تدمّرت العلاقة المتناغمة بين الإنسان والبيئة التي دُعي للعيش فيها، بحيث تحوّلت الحديقة إلى صحراء (را. تك 3، 17- 18). إنها خطيئة تقود الإنسان إلى اعتبار نفسه إله الخليقة، والسيّد المطلق وبالتالي لا يستخدمها للغرض الذي يريده الخالق، بل لمصلحته، على حساب المخلوقات والآخرين.
عندما يتمّ التخلّي عن شريعة الله،شريعة المحبّة،ينتهي قانون هيمنة الأقوى على الأضعف بفرض نفسه.والخطيئة التي تسكن في قلب الإنسان (رامر7، 20- 23)-وتتجلّىمن خلال الجشع، والتوق إلى رفاهية مفرطة، وعدم الاهتمام بخير الآخرين، وفي كثير من الأحيان بالخير الخاص- تؤدّي إلى استغلال الخليقة، والأشخاص والبيئة، وفقاً للجشع الذي لا يشبع، والذي يعتبر كلَّ رغبةٍ حقًّا، والذي سيدمّر عاجلاً أم آجلاً أولئك الذين يهيمن عليهم.
3. القوة الشفائية للتوبة وللغفران
لهذا السبب، فإن الخلق بحاجة ماسّة إلى أن يظهر أبناء الله، أولئك الذين أصبحوا "الخليقة الجديدة": "إذاً إنْ كانَ أحَدٌ فِي المَسِيحِ، فَهُوَ الآنَ خَلِيقَةٌ جَدِيدَةٌ. النِّظامُ القَدِيمُ قَدِ انتَهَى، وَها كُلُّ شَيءٍ قَدْ صارَ جَدِيداً (2 قور 5، 17). بالواقع، فبفعل ظهورهم، يمكن للخليقة نفسها أن "تحيا" الفصح أيضًا: الانفتاح على سماء جديدة وأرض جديدة (را. رؤيا 21، 1). والطريق نحو عيد الفصح يدعونا إلى تجديد وجهنا وقلبنا كمسيحيّين من خلال التوبة والتحوّل والمغفرة كي نكون قادرين على أن نحيا كلّ غنى نعمة السرّ الفصحيّ.
إن "نفاذ الصبر" هذا، وانتظار الخليقة، سينتهي عند ظهور أبناء الله، أي عندما يبدأ بشكل حاسم المسيحيّون وجميع البشر في هذا "المجهود" الذي هو التوبة. فالخليقة بأسرها مدعوّة معنا للتحرّر "مِنْ العُبُودِيَّةِ لِلفَسادِ، وَالتَمَتّعَ بِالحُرِّيَّةِ المَجِيدَةِ الَّتيْ لِأبناءِ اللهِ" (روم 8، 21). الصوم الكبير هو علامة أسراريّة لهذا التحوّل؛ ويدعو المسيحيين أن يجسّدوا بشدّة وبطريقة ملموسة أكثر السرّ الفصحيّ في حياتهم الشخصيّة والعائليّة والاجتماعيّة، لا سيما من خلال الصوم والصلاة والصدقة.
الصوم، أي أن نتعلّم كيف نغيّر موقفنا تجاه الآخرين والمخلوقات: من تجربة "التهام" كلّ شيء لإشباع جشعنا، إلى القدرة على المعاناة محبّةً بالآخرين، القادرة على ملء فراغ قلوبنا. الصلاة كي نعرف كيف ننبذ عبادة الأنا والاكتفاء الذاتي، وكي نعترف بأننا بحاجة إلى الربّ وإلى رحمته. والصدقة كي نبتعد عن حماقة العيش وجمع كلّ شيء لأنفسنا، في وهمِ ضمانِ مستقبلٍ لا نملكه. وهكذا نعاود اكتشاف فرح التدبير الذي وضعه الله في الخليقة وفي قلوبنا، ألا وهو أن نحبّه، وأن نحبّ إخوتنا وأخواتنا والعالم كلّه، وأن نجد في هذا الحبّ السعادة الحقيقية.
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء،
إن "الصيام الأربعيني" لابن الله هو كناية عن دخوله صحراء الخليقة ليعيدها إلى ما كما كانت عليه قبل الخطيئة الأصليّة، أي إلى حديقة الشركة مع الله (را. مر 1، 12- 13؛ أش 51، 3). ليكن لنا الصوم الكبير بالتالي إعادةً للمسيرة نفسها، كيما نحمل رجاء المسيح أيضاً إلى الخليقة، التي سوف "تَتَحَرَّر مِنْ عُبُودِيَّتِها لِلفَسادِ، وَتَتَمَتَّعَ بِالحُرِّيَّةِ المَجِيدَةِ الَّتيْ لِأبناءِ اللهِ" (روم 8، 21). لا ندعنّ هذا الوقت المناسب يمرّ عبثا! بل لنسأل الله أن يساعدنا على القيام بمسيرة تحوّل حقيقيّ؛ ونتخلّى عن الأنانية، وننظر إلى أنفسنا، وننتقل إلى فصح يسوع. لنكن قريبين من الإخوة والأخوات الذين يمرّون بصعوبات، ونتشارك معهم بخيراتنا الروحيّة والمادّية. وهكذا، من خلال تقبّل انتصار المسيح على الخطيئة والموت في حياتنا العمليّة، سوف نجتذب أيضاً على خليقته قوّته المحوّلة.
من الفاتيكان، 4 أكتوبر / تشرين الأوّل 2018
عيد القدّيس فرنسيس الأسّيزي
فرنسيس
[00312-AR.01] [Testo originale: Arabo]
Testo in lingua cinese (Taiwan)
教宗方濟各
2019 四旬期文告
「凡受造物都熱切地等待
天主子女的顯揚。」(羅八 19)
親愛的弟兄姊妹們:
每一年,天主都會透過慈母教會「囑咐我們,每年要洗心革面,歡欣 地準備逾越節的慶典,使我們能切實奉行祈禱和仁愛的工作,領受重生的 聖事……」(四旬期頌謝詞一)。因此我們能從一個又一個的復活節走向 救恩的滿全,而那是我們早已領受的基督逾越奧蹟的結果──「因為我們 得救,是在於希望」(羅八24)。此一救恩奧蹟,已經在我們在世時的生 命中運作,是一個充滿動力的過程,同時也包括了歷史和所有受造物。正 如聖保祿所說,「凡受造之物都熱切地等待天主子女的顯揚」(羅八19)。 從這個觀點來看,我願就即將來臨的四旬期的悔改之旅,提出幾點反省。
1. 受造物的救贖
紀念基督受難、死亡、復活的逾越節三日慶典──禮儀年的最高峰, 每年都召叫我們走一趟預備之旅,而我們知道,與基督已經相似(參:羅 八 29)是天主仁慈的無價恩賜。
當我們像獲得救贖的天主子女一般地生活,被天主聖神引導(參:羅 八 14),而且又能承認和遵守天主的法律,從那銘刻在我們心中和在大自 然裡的定律先開始,我們就也能使受造物因獲得救贖而得到益處。所 以聖保祿才說,受造之物都熱切地等待天主子女的顯揚;換言之,凡是享 有耶穌逾越奧蹟恩寵的人,願他們都能結出這恩寵的果實,使之在人類的 救贖上日臻圓滿。當基督的愛改變諸聖的生命──身、心、靈時,他們就 讚美天主。他們也透過祈禱、默觀和藝術,讓其他受造物一同讚美天主, 我們看到亞西西的聖方濟在《造物讚》中就如此美妙地表達了(參:《願 你受讚頌》87)。然而,在這世界上,救恩所產生的和諧,卻不斷地受到 罪惡及死亡的負面力量所威脅。
2. 罪惡的毀滅力量
確實,當我們不像天主子女一般地生活時,我們對鄰人及其他受造 物,以及對我們自己的行為舉止,往往就具有破壞性,因為我們多多少少 會有意無意地以為自己可以隨心所欲地利用他們,於是就漫無節制:我們 的生活會超過人類條件和大自然所加諸我們的限度。我們的欲望變得無法 約束,《智慧篇》認為那是典型的邪惡,他們的行為沒有想到天主,也不 思及未來的希望(參:二 1~11)。除非我們常常期待復活節、期待復活 帶來的新天地,否則這樣的心態:「我全都要,而且現在就要!」以及 「越多越好!」就恣肆無忌。
我們都知道,一切邪惡的根源都在於罪惡,從它初次出現之時,就中 斷我們與天主、與他人及與天地萬物的相通――我們藉著身體以特殊的方 式與天地萬物之間的連繫。破壞了與天主的和諧,就會傷及我們與我們生 活於其中的環境的和諧關係,使這環境成為荒蕪之地(參:創三 17~18)。 罪惡使人自認為是天地萬物的神祇,認為自己是大地絕對的主人,有絕對 的使用權,不是為了造物主所願意的目的,而是為了自己的私利,以致傷 害其他的受造物。
天主的法律、愛的法律,一旦被拋諸腦後,就會被弱肉強食的定律取 而代之。潛藏在人心裡的罪惡,便取得貪婪、放蕩不羈地追求享受、不顧 他人的、甚至不顧自己的益處。這就導致剝削受造物――人和環境,而由 於這種慾壑難填的貪圖,把每一種欲望都視為自己的權利,遲早會把他所 掌握的一切給摧毀掉。
3. 悔改及寬恕的療癒能力
受造之物急待天主子女――「新的受造物」的顯揚。而「誰若在基督 內,他就是一個新受造物,舊的已成過去,看,一切都成了新的」(格後 五 17)。確實,由於他們的顯揚,受造物本身可以慶祝逾越節,讓自己 進入一個新天新地(參:默廿一 1)。走向復活節的途徑,要求我們身為 基督徒懺悔、皈依和寬恕,藉此洗心革面,好能充分活在逾越奧蹟的豐沛 恩寵內。
這種熱切的渴望、這所有受造物的期待,會在天主子女的顯揚時實 現,也就是在基督徒及所有人決然地進入悔改會帶來的「痛苦」中實現。 所有受造物都與我們一起「脫離敗壞的控制,得享天主子女的光榮自由」 (羅八 21)。四旬期是這悔改的聖事性標記。它邀請基督徒,在個人、家 庭和社會生活上,更深刻具體地體現出逾越奧蹟,尤其是透過齋戒、祈禱 和賙濟他人。
齋戒,就是學習改變我們對他人及所有受造物的態度,躲開想要貪得 一切,為滿足自己貪婪的誘惑,反而願為了愛而受苦――這愛能填滿我們 心中的空虛。祈禱,教導我們放棄盲目的偶像崇拜和對自我的自滿,承認 我們需要天主及祂的仁慈。賙濟,讓我們不再瘋狂地為自己囤積一切,幻 想會有一個其實不屬於我們的安穩的未來。從而再度喜悅地發現天主對受 造之物及對我們每一個人的計畫,那就是愛祂,愛我們的弟兄姊妹,愛整 個世界,在這愛中找到我們真正的幸福。
親愛的弟兄姊妹們,天主子在受造的荒野中度過「四旬期」的四十天, 就是要大地再度成為與天主相通的樂園,恢復它在原罪之前的模樣(參: 谷一 12~13;依五一 3)。願今年的四旬期是一趟同樣的旅程,也把基督 的希望帶給受造之物,使受造之物「脫離敗壞的控制,得享天主子女的光 榮自由」(羅八 21)。讓我們不要白白度過這恩寵的時機!讓我們求天主 幫助我們踏上真正的悔改之路。讓我們把自私、只顧自己的念頭拋諸腦後, 轉向耶穌的逾越。讓我們與在困境中的弟兄姊妹站在一起,與他們分享精 神和物質上的財物。我們以具體的方式迎接基督戰勝罪惡和死亡的勝利到 我們的生命中,我們也就能向所有受造之物散發其改變的力量。
教宗方濟各
發自梵蒂岡
2018 年 10 月 4 日
亞西西的聖方濟慶日
(臺灣明愛會 恭譯)
[00312-EN.01] [Original text: English]
Testo in lingua cinese (Cina)
教宗方济各
2019 四旬期文告
「凡受造物都热切地等待
天主子女的显扬。」(罗八 19)
亲爱的弟兄姊妹们:
每一年,天主都会透过慈母教会「嘱咐我们,每年要洗心革面,欢欣 地准备逾越节的庆典,使我们能切实奉行祈祷和仁爱的工作,领受重生的 圣事……」(四旬期颂谢词一)。因此我们能从一个又一个的复活节走向 救恩的满全,而那是我们早已领受的基督逾越奥迹的结果──「因为我们 得救,是在于希望」(罗八24)。此一救恩奥迹,已经在我们在世时的生 命中运作,是一个充满动力的过程,同时也包括了历史和所有受造物。正 如圣保禄所说,「凡受造之物都热切地等待天主子女的显扬」(罗八19)。 从这个观点来看,我愿就即将来临的四旬期的悔改之旅,提出几点反省。
1. 受造物的救赎
纪念基督受难、死亡、复活的逾越节三日庆典──礼仪年的最高峰, 每年都召叫我们走一趟预备之旅,而我们知道,与基督已经相似(参:罗 八 29)是天主仁慈的无价恩赐。
当我们像获得救赎的天主子女一般地生活,被天主圣神引导(参:罗 八 14),而且又能承认和遵守天主的法律,从那铭刻在我们心中和在大自 然里的定律先始,我们就也能使受造物因获得救赎而得到益处。所 以圣保禄才说,受造之物都热切地等待天主子女的显扬;换言之,凡是享 有耶稣逾越奥迹恩宠的人,愿他们都能结出这恩宠的果实,使之在人类的 救赎上日臻圆满。当基督的爱改变诸圣的生命──身、心、灵时,他们就 赞美天主。他们也透过祈祷、默观和艺术,让其它受造物一同赞美天主, 我们看到亚西西的圣方济在《造物赞》中就如此美妙地表达了(参:《愿 你受赞颂》87)。然而,在这世界上,救恩所产生的和谐,却不断地受到 罪恶及死亡的负面力量所威胁。
2. 罪恶的毁灭力量 确实,当我们不像天主子女一般地生活时,我们对邻人及其它受造物, 以及对我们自己的行为举止,往往就具有破坏性,因为我们多多少少会有 意无意地以为自己可以随心所欲地利用他们,于是就漫无节制:我们的生 活会超过人类条件和大自然所加诸我们的限度。我们的欲望变得无法约束, 《智慧篇》认为那是典型的邪恶,他们的行为没有想到天主,也不思及未 来的希望(参:二 1~11)。除非我们常常期待复活节、期待复活带来的 新天地,否则这样的心态:「我全都要,而且现在就要!」以及「越多 越好!」就恣肆无忌。
我们都知道,一切邪恶的根源都在于罪恶,从它初次出现之时,就中 断我们与天主、与他人及与天地万物的相通――我们借着身体以特殊的方 式与天地万物之间的连系。破坏了与天主的和谐,就会伤及我们与我们生 活于其中的环境的和谐关系,使这环境成为荒芜之地(参:创三 17~18)。 罪恶使人自认为是天地万物的神祇,认为自己是大地绝对的主人,有绝对 的使用权,不是为了造物主所愿意的目的,而是为了自己的私利,以致伤 害其它的受造物。
天主的法律、爱的法律,一旦被抛诸脑后,就会被弱肉强食的定律取 而代之。潜藏在人心里的罪恶,便取得贪婪、放荡不羁地追求享受、不顾 他人的、甚至不顾自己的益处。这就导致剥削受造物――人和环境,而由 于这种欲壑难填的贪图,把每一种欲望都视为自己的权利,迟早会把他所 掌握的一切给摧毁掉。
3. 悔改及宽恕的疗愈能力
受造之物急待天主子女――「新的受造物」的显扬。而「谁若在基督 内,他就是一个新受造物,旧的已成过去,看,一切都成了新的」(格后 五 17)。确实,由于他们的显扬,受造物本身可以庆祝逾越节,让自己 进入一个新天新地(参:默廿一 1)。走向复活节的途径,要求我们身为 基督徒忏悔、皈依和宽恕,藉此洗心革面,好能充分活在逾越奥迹的丰沛 恩宠内。
这种热切的渴望、这所有受造物的期待,会在天主子女的显扬时实现, 也就是在基督徒及所有人决然地进入悔改会带来的「痛苦」中实现。所有 受造物都与我们一起「脱离败坏的控制,得享天主子女的光荣自由」(罗 八 21)。四旬期是这悔改的圣事性标记。它邀请基督徒,在个人、家庭和 社会生活上,更深刻具体地体现出逾越奥迹,尤其是透过斋戒、祈祷和赒 济他人。
斋戒,就是学习改变我们对他人及所有受造物的态度,躲想要贪得 一切,为满足自己贪婪的诱惑,反而愿为了爱而受苦――这爱能填满我们 心中的空虚。祈祷,教导我们放弃盲目的偶像崇拜和对自我的自满,承认 我们需要天主及祂的仁慈。赒济,让我们不再疯狂地为自己囤积一切,幻 想会有一个其实不属于我们的安稳的未来。从而再度喜悦地发现天主对受 造之物及对我们每一个人的计划,那就是爱祂,爱我们的弟兄姊妹,爱整 个世界,在这爱中找到我们真正的幸福。
亲爱的弟兄姊妹们,天主子在受造的荒野中度过「四旬期」的四十天, 就是要大地再度成为与天主相通的乐园,恢复它在原罪之前的模样(参: 谷一 12~13;依五一 3)。愿今年的四旬期是一趟同样的旅程,也把基督 的希望带给受造之物,使受造之物「脱离败坏的控制,得享天主子女的光 荣自由」(罗八 21)。让我们不要白白度过这恩宠的时机!让我们求天主 帮助我们踏上真正的悔改之路。让我们把自私、只顾自己的念头抛诸脑后, 转向耶稣的逾越。让我们与在困境中的弟兄姊妹站在一起,与他们分享精 神和物质上的财物。我们以具体的方式迎接基督战胜罪恶和死亡的胜利到 我们的生命中,我们也就能向所有受造之物散发其改变的力量。
教宗方济各
发自梵蒂冈
2018 年 10 月 4 日
亚西西的圣方济庆日
(台湾明爱会 恭译)
[00312-EN.01] [Original text: English]
Testo in lingua albanese
MESAZHI I ATIT TË SHENJTË PAPA FRANÇESKU
PËR KREZHMET 2019
“Vetë krijesa me afsh e pret zbulimin e bijve të Hyjit”
Të dashur vëllezër e motra,
çdo vit, përmes Kishës Nënë, Zoti “u bën dhuratë besimtarëve të vet të përgatiten me gëzim, të pastruar në shpirt, për kremtimin e Pashkëve, që… të nxjerrin nga misteret e shëlbimit plotësinë e jetës së re në Krishtin” (Parathënie e Krezhmëve 1). Në këtë mënyrë, mund të ecim, nga njëra Pashkë në tjetrën, drejt përmbushjes së atij shpëtimi, që e kemi fituar tashmë, në sajë të misterit të Pashkëve të Krishtit: “Me të vërtetë, në shpresë jemi shëlbuar” (Rom 8,24). Ky mister shëlbimi, tashmë veprues brenda nesh gjatë jetës sonë tokësore, është një proces dinamik, që përfshin edhe historinë e gjithë krijimit. Shën Pali arrin të thotë: “Edhe vetë krijesa me afsh e pret dëftimin e bijve të Hyjit” (Rom 8,19). Në këtë perspektivë, dëshiroj të jap ndonjë sugjerim për reflektim, që ta shoqërojë udhën tonë të kthimit kah Zoti gjatë Krezhmëve të ardhshme.
1. Shëlbimi i gjithësisë
Kremtimi i Treditëshit të Pashkëve, të mundimeve, vdekjes dhe ringjalljes së Krishtit, kulm i vitit liturgjik, na fton çdo herë të përjetojmë një udhë përgatitjeje, të vetëdijshëm se të bëhemi të ngjashëm me Krishtin (shih Rom 8,29) është dhuratë e paçmuar e mëshirës së Zotit.
Nëse njeriu jeton si bir i Hyjit, nëse jeton si njeri i shëlbuar, që e lëshon veten në dorën e Shpirtit Shenjt (shih Rom 8,14) dhe di të njohë e të zbatojë ligjin e Zotit, duke filluar nga ai, që është gdhendur në zemrën e tij e në natyrë, i bën mirë edhe gjithë krijesave, duke bashkëpunuar në shëlbimin e tyre.
Prandaj, – thotë Shën Pali – gjithësia ka dëshirën e flaktë që të dëftohen bijtë e Zotit, domethënë ata që gëzojnë hirin e misterit të Pashkëve të Jezusit, t’i jetojnë plotësisht frytet e tij, të destinuara për t’u pjekur plotësisht në shëlbimin e krejt trupit njerëzor. Kur dashuria e Krishtit e shndërron jetën e shenjtërve – frymën, shpirtin dhe trupin – këta i thurin lavde Hyjit dhe, përmes lutjes, kundrimit, artit, përfshijnë edhe krijesat në këtë lëvdim, siç tregon mrekullisht mirë “Kënga e vëlla diellit” të Shën Françeskut të Asizit (shih Enc. Laudato si’, 87). Por, në këtë botë, harmonia e krijuar nga shëlbimi kërcënohet ende e gjithmonë nga forca negative e mëkatit dhe e vdekjes.
2. Forca shkatërruese e mëkatit
Në të vërtetë, kur nuk jetojmë si bij të Zotit, mbajmë shpesh qëndrime shkatërrimtare ndaj të afërmit dhe krijesave të tjera – por edhe ndaj vetes – duke kujtuar, pak a shumë me vetëdije, se mund t’i përdorim sipas dëshirës. Atëherë, mospërmbajtja fillon e mbizotëron, duke na çuar drejt një mënyre jetese, që cënon kufijtë, të cilat gjendja jonë njerëzore dhe natyra na kërkojnë t’i respektojmë, duke ndjekur kështu, ato dëshira të pakontrolluara që në Librin e Urtisë u atribuohen të pabesëve, pra, atyre që nuk e kanë Zotin si pikë referimi për veprimet e tyre, as kanë shpresë për të ardhmen (shih 2,1-11). Nëse nuk priremi vazhdimisht kah Pashkët, drejt horizontit të Ringjalljes, është e qartë se logjika e ‘dua gjithçka menjëherë’, e ‘të kem gjithnjë e më shumë’ arrin të imponohet.
E dimë se shkaku i çdo të keqeje është mëkati, i cili që nga dukja e tij në mes të njerëzve, e ndërpreu bashkimin me Zotin, me të tjerët dhe me gjithësinë, me të cilën jemi të lidhur, para së gjithash, përmes trupit. Me t’u prishur bashkimi me Hyjin, u keqësuan edhe marrëdhëniet harmonike ndërmjet qenieve njerëzore dhe mjedisit, në të cilin ata duhet të jetojnë, kështu që kopshti u shndërrua në shkretëtirë (Zan 3,17-18). Është fjala për atë mëkat, që e bën njeriun ta mbajë veten për zotin e gjithësisë, të ndiehet pronar absolut i saj dhe ta përdorë jo për qëllimin e dëshiruar nga Krijuesi, por për interesin e tij, në dëm të krijesave dhe të të tjerëve.
Kur braktiset ligji i Zotit, ligji i dashurisë, përfundojmë në afirmimin e ligjit të më të fortit mbi më të dobtin. Mëkati, që banon në zemrën e njeriut (shih Mk 7,20-23) – e shfaqet si lakmi, lakmi për një mirëqenie të tepruar, mosinteresim për të mirën e të tjerëve e shpesh, edhe të vetvetes – çon në shfrytëzimin e gjithësisë, të njerëzve dhe të ambientit, sipas asaj gobësie të pangopur, që e konsideron çdo dëshirë si të drejtë dhe, herët a vonë, do t’i shkatërrojë ata që dominohen prej saj.
3. Forca shëruese e pendesës dhe e faljes
Për këtë arsye, krijimi ka nevojë urgjente që të dalin në pah bijtë e Zotit, ata që janë bërë “krijesa të reja”: “Nëse ndokush është në Krishtin, është krijesë e re: e vjetra u zhduk, dhe, ja, u bë e reja!”(2 Kor 5,17). Më të vërtetë, me dëftimin e tyre, edhe vetë gjithësia mund të “festojë Pashkët”: t’u hapet qiejve të rinj dhe tokës së re (shih Vap 21,1). Udha drejt Pashkëve na fton pikërisht për ta restauruar fytyrën dhe zemrën tonë prej të krishteri, përmes pendimit, kthimit kah Zoti dhe faljes, në mënyrë që ta jetojmë gjithë pasurinë e hirit të misterit të Pashkëve.
Ky “padurim”, kjo pritje e gjithësisë do të përmbushet kur të dëftohen bijtë e Zotit, pra, kur të krishterët dhe të gjithë njerëzit të hyjnë vendosmërisht në këtë “mund”, që është kthimi kah Hyji. Krejt gjithësia është e thirrur, së bashku me ne, të dalë “nga skllavëria e korrupsionit për të hyrë në lirinë e lavdisë së bijve të Zotit” (Rom 8,21). Krezhmët janë shenjë sakramentore e këtij kthimi. Ato i ftojnë të krishterët ta mishërojnë më thellë dhe më konkretisht misterin e Pashkëve në jetën e tyre personale, familjare dhe shoqërore, veçanërisht, përmes agjërimit, lutjes dhe lëmoshës.
Të agjërojmë, pra, të mësojmë si ta ndryshojmë qëndrimin tonë ndaj të tjerëve dhe ndaj krijesave: nga tundimi që të “përpijmë” gjithçka për të ngopur lakminë tonë, në aftësinë e vuajtjes për dashurinë, e cila mund të na e mbushë boshllëkun e zemrës. Të lutemi që të dimë të heqim dorë nga idhujtaria dhe nga vetë-mjaftueshmëria, duke pohuar se kemi nevojë për Zotin dhe mëshirën e Tij. Të japim lëmoshë për t’u larguar nga marrëzia e jetës dhe e grumbullimit të gjithçkaje vetëm për vete, me iluzionin se po sigurojmë një të ardhme, që nuk na përket. E kështu, të rizbulojmë gëzimin e planit të Zotit për gjithë krijesat e për zemrën tonë, ta duam Atë, vëllezërit dhe gjithë botën dhe të gjejmë lumturinë e vërtetë në këtë dashuri.
Të dashur vëllezër e motra, “Krezhmët” e Birit të Zotit kanë qenë hyrje në shkretëtirën e gjithësisë për ta kthyer sërish në atë kopsht të bashkimit me Hyjin, që ishte para mëkatit të rrjedhshëm (shih Mk 1,12-13; Is 51,3). Krezhmët tona të jenë ripërshkim i së njëjtës rrugë, për ta çuar shpresën e Krishtit tek çdo krijesë, e cila “do të lirohet nga skllavëria e korrupsionit për të marrë pjesë në lirinë e lavdisë së bijve të Hyjit” (Rom 8,21). Mos e lemë të shkojë kot kjo kohë e favorshme! T’i lutemi Zotit të na ndihmojë të bëjmë një udhëtim kthimi të vërtetë. Të heqim dorë nga egoizmi, nga vështrimi i ngulur mbi vetveten dhe të kthehemi kah Pashkët e Jezusit; të bëhemi të afërt me vëllezërit dhe motrat në vështirësi, duke ndarë me ta të mirat shpirtërore dhe materiale. Kështu, duke e pranuar konkretisht në jetën tonë fitoren e Krishtit mbi mëkatin dhe mbi vdekjen, do ta tërheqim edhe mbi gjithësinë forcën e Tij shndërruese.
Papa Françesku
[00312-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0165-XX.02]