Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Lettera del Santo Padre Francesco al Presidente della Pontificia Accademia per la Vita in occasione del XXV anniversario dell’istituzione della Pontificia Accademia, 15.01.2019


Lettera del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua spagnola

Pubblichiamo di seguito la Lettera che il Santo Padre Francesco ha inviato al Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, S.E. Mons. Vincenzo Paglia, in occasione del XXV anniversario dell’istituzione della Pontificia Accademia, avvenuta l’11 febbraio 1994:

Lettera del Santo Padre

Humana communitas
[La comunità umana]

La comunità umana è il sogno di Dio fin da prima della creazione del mondo (cfr Ef 1,3-14). In essa il Figlio eterno generato da Dio ha preso carne e sangue, cuore e affetti. Nel mistero della generazione la grande famiglia dell’umanità può ritrovare sé stessa. Infatti, l’iniziazione famigliare alla fraternità tra le creature umane può essere considerata come un vero e proprio tesoro nascosto, in vista del riassetto comunitario delle politiche sociali e dei diritti umani, di cui oggi si sente forte necessità. Per questo occorre crescere nella consapevolezza della nostra comune discendenza dalla creazione e dall’amore di Dio. La fede cristiana confessa la generazione del Figlio come il mistero ineffabile dell’unità eterna di “far essere” e di “voler bene” che sta nell’intimità di Dio Uno e Trino. Il rinnovato annuncio di questa trascurata rivelazione può aprire un capitolo nuovo nella storia della comunità e della cultura umane, che oggi invocano – come “gemendo per dolori del parto” (cfr Rm 8,22) – una nuova nascita nello Spirito. Nel Figlio Unigenito si rivela la tenerezza di Dio e la sua volontà di riscatto di ogni umanità che si sente perduta, abbandonata, scartata, condannata senza remissione. Il mistero del Figlio eterno, fattosi uno di noi, sigilla una volta per tutte questa passione di Dio. Il mistero della sua Croce – «per noi e per la nostra salvezza» – e della sua Risurrezione – come «primogenito di molti fratelli» (Rm 8,29) – dice fino a che punto questa passione di Dio è rivolta alla redenzione e al compimento della creatura umana.

Dobbiamo restituire evidenza a questa passione di Dio per l’umana creatura e il suo mondo. Essa fu fatta da Dio a sua “immagine” – “maschio e femmina” la creò (cfr Gen 1,27) – come creatura spirituale e sensibile, consapevole e libera. La relazione tra l’uomo e la donna costituisce il luogo eminente in cui l’intera creazione diventa interlocutrice di Dio e testimone del suo amore. Questo nostro mondo è la dimora terrena della nostra iniziazione alla vita, il luogo e il tempo nel quale possiamo già iniziare a gustare la dimora celeste alla quale siamo destinati (cfr 2 Cor 5,1), ove vivremo in pienezza la comunione con Dio e con tutti. La famiglia umana è una comunità di origine e di destinazione, la cui riuscita «è nascosta, con Cristo, in Dio» (Col 3,1-4). In questo nostro tempo, la Chiesa è chiamata a rilanciare con forza l’umanesimo della vita che erompe da questa passione di Dio per la creatura umana. L’impegno a comprendere, promuovere e difendere la vita di ogni essere umano prende slancio da questo incondizionato amore di Dio. È la bellezza e l’attrattiva del Vangelo, che non riduce l’amore del prossimo all’applicazione di criteri di convenienza economica e politica né ad «alcuni accenti dottrinali o morali che procedono da determinate opzioni ideologiche» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 39).

Una storia appassionata e feconda

1. Questa passione ha animato l’attività della Pontificia Accademia per la Vita fin dal momento della sua istituzione venticinque anni fa, da parte di San Giovanni Paolo II, dietro suggerimento del Servo di Dio e grande scienziato Jérôme Lejeune. Questi, lucidamente convinto della profondità e della rapidità dei cambiamenti in atto nel campo biomedico, ritenne opportuno sostenere un impegno più strutturato e organico su questo fronte. L’Accademia ha potuto così sviluppare iniziative di studio, formazione e informazione con l’obiettivo di rendere «manifesto che scienza e tecnica, poste al servizio della persona umana e dei suoi diritti fondamentali, contribuiscono al bene integrale dell’uomo e all’attuazione del progetto divino di salvezza (cfr Gaudium et spes, 35)» (Giovanni Paolo II, Motu proprio Vitae mysterium, 11 febbraio 1994, 3). Rinnovato slancio ha impresso alle attività dell’Accademia l’elaborazione del nuovo Statuto (18 ottobre 2016). L’intento è di rendere la riflessione su questi temi sempre più attenta al contesto contemporaneo, in cui il ritmo crescente dell’innovazione tecnoscientifica e la globalizzazione moltiplicano le interazioni, da una parte, tra culture, religioni e saperi diversi, dall’altra, tra le molteplici dimensioni della famiglia umana e della casa comune che essa abita. «È urgente, perciò, intensificare lo studio e il confronto sugli effetti di tale evoluzione della società in senso tecnologico per articolare una sintesi antropologica che sia all’altezza di questa sfida epocale. L’area della vostra qualificata consulenza non può quindi essere limitata alla soluzione delle questioni poste da specifiche situazioni di conflitto etico, sociale o giuridico. L’ispirazione di condotte coerenti con la dignità della persona umana riguarda la teoria e la pratica della scienza e della tecnica nella loro impostazione complessiva in rapporto alla vita, al suo senso e al suo valore» (Discorso all’Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, 5 ottobre 2017).

Degrado dell’umano e paradosso del “progresso”

2. In questo momento della storia la passione per l’umano, per l’intera umanità, è in grave difficoltà. Le gioie delle relazioni familiari e della convivenza sociale appaiono profondamente logorate. La diffidenza reciproca dei singoli e dei popoli si nutre di una smodata ricerca del proprio interesse e di una competizione esasperata, che non rifugge dalla violenza. La distanza fra l’ossessione per il proprio benessere e la felicità dell’umanità condivisa sembra allargarsi: sino a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma. Nell’Enciclica Laudato si’ ho posto in luce lo stato di emergenza in cui si trova il nostro rapporto con la storia della terra e dei popoli. È un allarme provocato dalla poca attenzione accordata alla grande e decisiva questione dell’unità della famiglia umana e del suo futuro. L’erosione di questa sensibilità, ad opera delle potenze mondane della divisione e della guerra, è in crescita globale, con una velocità ben superiore a quella della produzione dei beni. Si tratta di una vera e propria cultura – anzi, sarebbe meglio dire di un’anti-cultura – dell’indifferenza per la comunità: ostile agli uomini e alle donne e alleata con la prepotenza del denaro.

3. Questa emergenza rivela un paradosso: come è potuto accadere che, proprio nel momento della storia del mondo in cui le risorse economiche e tecnologiche disponibili ci consentirebbero di prenderci sufficientemente cura della casa comune e della famiglia umana, onorando la consegna di Dio stesso, proprio da esse, dalle risorse economiche e tecnologiche, vengono le nostre divisioni più aggressive e i nostri incubi peggiori? I popoli avvertono acutamente e dolorosamente, per quanto spesso confusamente, l’avvilimento spirituale – potremmo dire il nichilismo – che subordina la vita a un mondo e a una società succubi di questo paradosso. La tendenza ad anestetizzare questo profondo disagio, attraverso una cieca rincorsa al godimento materiale, produce la malinconia di una vita che non trova destinazione all’altezza della sua qualità spirituale. Dobbiamo riconoscerlo: gli uomini e le donne del nostro tempo sono spesso demoralizzati e disorientati, senza visione. Siamo un po’ tutti ripiegati su noi stessi. Il sistema del denaro e l’ideologia del consumo selezionano i nostri bisogni e manipolano i nostri sogni, senza alcun riguardo per la bellezza della vita condivisa e per l’abitabilità della casa comune.

Un ascolto responsabile

4. Il popolo cristiano, raccogliendo il grido delle sofferenze dei popoli, deve reagire agli spiriti negativi che fomentano la divisione, l’indifferenza, l’ostilità. Deve farlo non soltanto per sé, ma per tutti. E deve farlo subito, prima che sia troppo tardi. La famiglia ecclesiale dei discepoli – e di tutti gli ospiti che cercano in essa le ragioni della speranza (cfr 1Pt 3,15) – è stata seminata sulla terra come «sacramento […] dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen gentium, 1). La riabilitazione della creatura di Dio alla lieta speranza della sua destinazione deve diventare la passione dominante del nostro annuncio. È urgente che gli anziani credano di più ai loro “sogni” migliori; e che i giovani abbiano “visioni” capaci di spingerli a impegnarsi coraggiosamente nella storia (cfr Gl 3,1). Una nuova prospettiva etica universale, attenta ai temi del creato e della vita umana, è l’obiettivo al quale dobbiamo puntare sul piano culturale. Non possiamo continuare sulla strada dell’errore perseguito in tanti decenni di decostruzione dell’umanesimo, confuso con una qualsiasi ideologia della volontà di potenza. Dobbiamo contrastare una simile ideologia, che si avvale dell’appoggio convinto del mercato e della tecnica, in favore dell’umanesimo. La differenza della vita umana è un bene assoluto, degno di essere eticamente presidiato, prezioso per la cura di tutta la creazione. Lo scandalo è il fatto che l’umanesimo contraddica sé stesso, invece di prendere ispirazione dall’atto dell’amore di Dio. La Chiesa per prima deve ritrovare la bellezza di questa ispirazione e fare la sua parte, con rinnovato entusiasmo.

Un compito difficile per la Chiesa

5. Siamo consapevoli di avere incontrato difficoltà, nella riapertura di questo orizzonte umanistico, anche in seno alla Chiesa. Per primi, dunque, ci interroghiamo sinceramente: le comunità ecclesiali, oggi, hanno una visione e danno una testimonianza all’altezza di questa emergenza dell’epoca presente? Sono seriamente concentrate sulla passione e sulla gioia di trasmettere l’amore di Dio per l’abitare dei suoi figli sulla Terra? O si perdono ancora troppo nei propri problemi e in timidi aggiustamenti che non superano la logica del compromesso mondano? Dobbiamo seriamente domandarci se abbiamo fatto abbastanza per offrire il nostro specifico contributo come cristiani a una visione dell’umano capace di sostenere l’unità della famiglia dei popoli nelle odierne condizioni politiche e culturali. O se addirittura ne abbiamo perso di vista la centralità, anteponendo le ambizioni della nostra egemonia spirituale sul governo della città secolare, chiusa su sé stessa e sui suoi beni, alla cura della comunità locale, aperta all’ospitalità evangelica per i poveri e i disperati.

Costruire una fraternità universale

6. È tempo di rilanciare una nuova visione per un umanesimo fraterno e solidale dei singoli e dei popoli. Noi sappiamo che la fede e l’amore necessari per questa alleanza attingono il loro slancio dal mistero della redenzione della storia in Gesù Cristo, nascosto in Dio fin da prima della creazione del mondo (cfr Ef 1,7-10; 3,9-11; Col 1,13-14). E sappiamo anche che la coscienza e gli affetti della creatura umana non sono affatto impermeabili, né insensibili alla fede e alle opere di questa fraternità universale, seminata dal Vangelo del Regno di Dio. Dobbiamo rimetterla in primo piano. Perché una cosa è sentirsi costretti a vivere insieme, altra cosa è apprezzare la ricchezza e la bellezza dei semi di vita comune che devono essere cercati e coltivati insieme. Una cosa è rassegnarsi a concepire la vita come lotta contro mai finiti antagonisti, altra cosa è riconoscere la famiglia umana come segno della vitalità di Dio Padre e promessa di una destinazione comune al riscatto di tutto l’amore che, già ora, la tiene in vita.

7. Tutte le vie della Chiesa conducono all’uomo, come ha solennemente proclamato il santo Papa Giovanni Paolo II nella sua Enciclica inaugurale (Redemptor hominis, 1979). Prima di lui San Paolo VI aveva ricordato, anch’egli nell’Enciclica programmatica e secondo la lezione del Concilio, che la familiarità della Chiesa si estende per cerchi concentrici ad ogni uomo: persino a chi si ritiene estraneo alla fede e all’adorazione di Dio (cfr Enc. Ecclesiam suam, 1964). La Chiesa ospita e custodisce i segni della benedizione e della misericordia che sono destinati da Dio per ogni essere umano che viene in questo mondo.

Riconoscere i segni di speranza

8. In questa missione ci sono di incoraggiamento i segni dell’operare di Dio nel tempo attuale. Essi vanno riconosciuti, evitando che l’orizzonte venga oscurato dagli aspetti negativi. In questa ottica San Giovanni Paolo II registrava i gesti di accoglienza e di difesa della vita umana, il diffondersi di una sensibilità contraria alla guerra e alla pena di morte, una crescente attenzione alla qualità della vita e all’ecologia. Egli indicava anche fra i segni di speranza la diffusione della bioetica, come «riflessione e dialogo – tra credenti e non credenti, come pure tra credenti di diverse religioni – su problemi etici, anche fondamentali, che interessano la vita dell’uomo» (Enc. Evangelium vitae, 25 marzo 1995, 27). La comunità scientifica della Pontificia Accademia per la Vita ha mostrato, nei suoi venticinque anni di storia, di inscriversi precisamente in questa prospettiva, offrendo il proprio apporto alto e qualificato. Ne sono testimonianza l’impegno per la promozione e la tutela della vita umana in tutto l’arco del suo svolgersi, la denuncia dell’aborto e della soppressione del malato come mali gravissimi, che contraddicono lo Spirito della vita e ci fanno sprofondare nell’anti-cultura della morte. Su questa linea occorre certamente continuare, con attenzione ad altre provocazioni che la congiuntura contemporanea offre per la maturazione della fede, per una sua più profonda comprensione e per più adeguata comunicazione agli uomini di oggi.

Il futuro dell’Accademia

9. Dobbiamo anzitutto abitare la lingua e le storie degli uomini e delle donne del nostro tempo, inserendo l’annuncio evangelico nell’esperienza concreta, come il Concilio Vaticano II ci ha indicato autorevolmente. Per cogliere il senso della vita umana, l’esperienza a cui riferirsi è quella che si può riconoscere nella dinamica della generazione. Si eviterà così di ridurre la vita o a un concetto solamente biologico o a un universale astratto dalle relazioni e dalla storia. L’appartenenza originaria alla carne precede e rende possibile ogni ulteriore consapevolezza e riflessione, scongiurando la pretesa del soggetto di essere origine a sé stesso. Possiamo solo diventare consapevoli di essere in vita una volta che già l’abbiamo ricevuta, prima di ogni nostra intenzione e decisione. Vivere significa necessariamente essere figli, accolti e curati, anche se talvolta in modo inadeguato. «Appare allora ragionevole gettare un ponte tra quella cura che si è ricevuta fin dall’inizio della vita, e che ha consentito ad essa di dispiegarsi in tutto l’arco del suo svolgersi, e la cura da prestare responsabilmente agli altri. […] Questo prezioso legame sta a presidio di una dignità, umana e teologale, che non cessa di vivere, neppure con la perdita della salute, del ruolo sociale e del controllo sul proprio corpo» (Lettera del Cardinale Segretario di Stato in occasione del Convegno sulle cure palliative, 28 febbraio 2018).

10. Noi sappiamo bene che la soglia del rispetto fondamentale della vita umana è violata oggi in modi brutali non solo da comportamenti individuali, ma anche dagli effetti di scelte e di assetti strutturali. L’organizzazione del profitto e il ritmo di sviluppo delle tecnologie offrono inedite possibilità di condizionare la ricerca biomedica, l’orientamento educativo, la selezione dei bisogni, la qualità umana dei legami. La possibilità di indirizzare lo sviluppo economico e il progresso scientifico all’alleanza dell’uomo e della donna, per la cura dell’umanità che ci è comune e per la dignità della persona umana, attinge certamente a un amore per la creazione che la fede ci aiuta ad approfondire e a illuminare. La prospettiva della bioetica globale, con la sua visione ampia e l’attenzione all’impatto dell’ambiente sulla vita e sulla salute, costituisce una notevole opportunità per approfondire la nuova alleanza del Vangelo e della creazione.

11. La comunanza nell’unico genere umano impone un approccio globale e chiede a noi tutti di affrontare le domande che si pongono nel dialogo tra le diverse culture e società che, nel mondo di oggi, sono sempre più strettamente a contatto. Possa l’Accademia per la Vita essere luogo coraggioso di questo confronto e dialogo a servizio del bene di tutti. Non abbiate paura di elaborare argomentazioni e linguaggi che siano spendibili in un dialogo interculturale e interreligioso, oltre che interdisciplinare. Partecipate alla riflessione sui diritti umani, che costituiscono uno snodo centrale nella ricerca di criteri universalmente condivisibili. È in gioco la comprensione e la pratica di una giustizia che mostri il ruolo irrinunciabile della responsabilità nel discorso sui diritti umani e la loro stretta correlazione con i doveri, a partire dalla solidarietà con chi è maggiormente ferito e sofferente. Papa Benedetto XVI ha molto insistito sull’importanza di «sollecitare una nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri senza i quali si trasformano in arbitrio. Si assiste oggi a una pesante contraddizione. Mentre, per un verso, si rivendicano presunti diritti, di carattere arbitrario e voluttuario, con la pretesa di vederli riconosciuti e promossi dalle strutture pubbliche, per l’altro verso, vi sono diritti elementari e fondamentali disconosciuti e violati nei confronti di tanta parte dell’umanità», fra i quali il Papa emerito menziona «la mancanza di cibo, di acqua potabile, di istruzione di base o di cure sanitarie elementari» (Enc. Caritas in veritate, 43).

12. Un ulteriore fronte su cui occorre sviluppare la riflessione è quello delle nuove tecnologie oggi definite “emergenti e convergenti”. Esse includono le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le biotecnologie, le nanotecnologie, la robotica. Avvalendosi dei risultati ottenuti dalla fisica, dalla genetica e dalle neuroscienze, come pure della capacità di calcolo di macchine sempre più potenti, è oggi possibile intervenire molto profondamente nella materia vivente. Anche il corpo umano è suscettibile di interventi tali che possono modificare non solo le sue funzioni e prestazioni, ma anche le sue modalità di relazione, sul piano personale e sociale, esponendolo sempre più alle logiche del mercato. Occorre quindi anzitutto comprendere le trasformazioni epocali che si annunciano su queste nuove frontiere, per individuare come orientarle al servizio della persona umana, rispettando e promuovendo la sua intrinseca dignità. Un compito assai esigente, data la complessità e l’incertezza sugli sviluppi possibili, che richiede un discernimento ancora più attento di quanto è abitualmente auspicabile. Un discernimento che possiamo definire come «il sincero lavoro della coscienza, nel proprio impegno di conoscere il bene possibile in base a cui decidersi responsabilmente nel corretto esercizio della ragione pratica» (Sinodo dei Vescovi dedicato ai giovani, Documento finale, 27 ottobre 2018, 109). Un percorso di ricerca e di valutazione che avviene quindi attraverso le dinamiche della coscienza morale e che per il credente si svolge all’interno e alla luce della relazione con il Signore Gesù, assumendo la sua intenzionalità nell’agire e i suoi criteri di scelta (cfr Fil 2,5).

13. La medicina e l’economia, la tecnologia e la politica che vengono elaborate al centro della moderna città dell’uomo, devono rimanere esposte anche e soprattutto al giudizio che viene pronunciato dalle periferie della terra. Di fatto, le molte e straordinarie risorse messe a disposizione della creatura umana dalla ricerca scientifica e tecnologica rischiano di oscurare la gioia della condivisione fraterna e la bellezza delle imprese comuni, dal cui servizio ricavano in realtà il loro autentico significato. Dobbiamo riconoscere che la fraternità rimane la promessa mancata della modernità. Il respiro universale della fraternità che cresce nel reciproco affidamento – all’interno della cittadinanza moderna, come fra i popoli e le nazioni – appare molto indebolito. La forza della fraternità, che l’adorazione di Dio in spirito e verità genera fra gli umani, è la nuova frontiera del cristianesimo. Ogni dettaglio della vita del corpo e dell’anima in cui lampeggiano l’amore e il riscatto della nuova creatura che si va formando in noi, sorprende come il vero e proprio miracolo di una risurrezione già in atto (cfr Col 3,1-2). Il Signore ci doni di moltiplicare questi miracoli! La testimonianza di San Francesco d’Assisi, con la sua capacità di riconoscersi fratello di tutte le creature terrestri e celesti, ci ispiri nella sua perenne attualità. Il Signore vi conceda di essere pronti per questa nuova fase della missione, con le lampade cariche di olio dello Spirito, per illuminare la strada e guidare i vostri passi. I piedi di coloro che portano il lieto annuncio dell’amore di Dio per la vita di ciascuno e di tutti coloro che abitano la terra, sono bellissimi (cfr Is 52,7; Rm 10,15).

Dal Vaticano, 6 gennaio 2019

FRANCESCO

[00065-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Humana communitas
[La communauté humaine]

La communauté humaine est le rêve de Dieu même avant la création du monde (cf. Ep 1,3-14). C’est en elle que le Fils éternel engendré de Dieu a pris sa chair et son sang, son cœur et ses relations affectives. Dans le mystère de l’engendrement la grande famille de l’humanité peut se retrouver. En effet, l’initiation familiale à la fraternité entre les créatures humaines peut être considérée comme un véritable trésor caché, en vue du réaménagement communautaire des politiques sociales et des droits de l’homme, dont on ressent aujourd’hui une forte nécessité. C’est pour cela que nous devons être de plus en plus conscients de notre commune origine de la création et de l’amour de Dieu. La foi chrétienne confesse l’engendrement du Fils en tant que mystère ineffable de l’unité éternelle de «faire être» et d’«aimer» qui réside dans l’intimité de Dieu Un et Trine. L’annonce renouvelée de cette révélation négligée peut ouvrir un nouveau chapitre dans l’histoire de la communauté et de la culture humaines, qui invoquent aujourd’hui – alors qu’elle «gémit et souffre les douleurs de l’enfantement» (cf. Rm 8,22) – une nouvelle naissance dans l’Esprit. Dans le Fils Unique se révèle la tendresse de Dieu et sa volonté de rédemption de chaque humanité qui se sent perdue, abandonnée, rejetée et condamnée sans rémission. Le mystère du Fils éternel, qui s’est fait un de nous, scelle une fois pour toute cette passion de Dieu. Le mystère de sa Croix – « pour nous et pour notre salut » – et de sa Résurrection – comme « le premier-né d’un grand nombre de frères » (Rm 8,29) – nous dit jusqu’à quel point cette passion de Dieu s’adresse à la rédemption et à l’accomplissement de la créature humaine.

Nous devons rendre évidente cette passion de Dieu pour la créature humaine et pour son monde. Elle a été faite par Dieu à son «image» – « homme et femme » il la créa (cf. Gn 1,27) – comme créature spirituelle et sensible, consciente et libre.La relation entre l'homme et la femme constitue le lieu éminent dans lequel la création entière devient interlocutrice de Dieu et témoin de son amour.Notre monde est la demeure terrestre de notre initiation à la vie, le lieu et le temps en lesquels nous pouvons déjà commencer à goûter la demeure céleste à laquelle nous sommes destinés (cf. 2 Co 5,1), où nous vivrons en plénitude la communion avec Dieu et avec tous.La famille humaine est une communauté d’origine et de destination, dont la réussite est «cachée avec le Christ en Dieu» (Col 3,1-4).

De nos jours, l’Église est appelée à relancer avec force l’humanisme de la vie qui surgit de cette passion de Dieu pour la créature humaine. L’engagement à comprendre, à promouvoir et à défendre la vie de tout être humain prend son élan de cet amour inconditionnel de Dieu. C’est la beauté et l’attrait de l’Évangile, qui ne réduit pas l’amour du prochain à l’application de critères de convenance économique et politique ni à « quelques accents doctrinaux ou moraux qui procèdent d’options idéologiques déterminées » (Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 39).

Une histoire passionnée et féconde

1. Cette passion a animé l’activité de l’Académie Pontificale pour la Vie depuis le moment de son institution, il y a vingt-cinq ans, de la part de Saint Jean-Paul II, sur proposition du Serviteur de Dieu et du grand scientifique Jérôme Lejeune. Mon prédécesseur, lucidement convaincu de la profondeur et de la rapidité des changements en acte dans le domaine biomédical, a jugé qu’il était opportun de soutenir un engagement plus structuré et organique sur ce front. L’Académie a ainsi pu développer des initiatives d’étude, de formation et d’information dans le but de rendre « manifeste que la science et la technique, mises au service de la personne humaine et de ses droits fondamentaux, contribuent au bien intégral de l’homme et à la mise en œuvre du projet divin de salut (cf. Gaudium et spes, n. 35) » (Jean-Paul II, Motu proprio Vitae mysterium, 11 Février 1994, n. 3).

L’élaboration du nouveau Statut a imprimé un nouvel élan aux activités de l’Académie (18 Octobre 2016). L’intention est celle de rendre la réflexion sur ces thèmes toujours plus attentive au contexte contemporain, dans lequel le rythme croissant de l’innovation technoscientifique et la mondialisation multiplient les interactions, d’une part, entre les cultures, les religions et les différents savoirs, et de l’autre, entre les nombreuses dimensions de la famille humaine et de la maison commune que cette dernière habite. « Il est donc urgent d’intensifier l’étude et la confrontation sur les effets de cette évolution de la société au sens technologique pour établir une synthèse anthropologique qui soit à la hauteur de ce défi historique. Le domaine de votre consultation qualifiée ne peut donc pas se limiter à la résolution des questions posées par des situations spécifiques de conflit éthique, social ou juridique. L’inspiration de conduites cohérentes avec la dignité de la personne humaine concerne la théorie et la pratique de la science et de la technique dans leur approche globale par rapport à la vie, à son sens et à sa valeur » (Discours à l’Assemblée générale de l’Académie Pontificale pour la Vie, 5 Octobre 2017).

Dégradation de l’humain et paradoxe du «progrès»

2. En cette période de l’histoire, la passion pour l’humain, pour l’humanité entière, rencontre de grandes difficultés. Les joies des relations familiales et de la cohabitation sociale apparaissent profondément minées. La méfiance réciproque entre les individus et les peuples se nourrit d’une recherche démesurée de leur propre intérêt ainsi que d’une compétition exaspérée qui, de plus, ne rejette pas la violence. La distance entre l’obsession envers notre propre bien-être et le bonheur partagé de l’humanité ne cesse de se creuser et nous conduit à considérer qu’un véritable schisme est désormais en cours entre l’individu et la communauté humaine. Dans l’Encyclique Laudato si’, j’ai mis en lumière l’état d’urgence dans lequel se trouve notre rapport avec l’histoire de la terre et des peuples. Il s’agit d’une alarme provoquée par le peu d’attention accordée à la question, pourtant si importante et si décisive, de l’unité de la famille humaine et de son avenir. L’érosion de cette sensibilité, qui provient des puissances mondaines de la division et de la guerre, augmente de façon globale, avec une vitesse qui est bien supérieure à celle de la production des biens. Il s’agit d’une véritable culture – ou plutôt, il vaudrait mieux dire d’une anti-culture – de l’indifférence envers la communauté : hostile aux hommes et aux femmes, et alliée à la tyrannie de l’argent.

3. Mais cette urgence révèle un paradoxe : comment se fait-il que, juste au moment de l’histoire du monde où les ressources économiques et technologiques disponibles nous permettraient de prendre suffisamment soin de notre maison commune ainsi que de la famille humaine, en honorant la tâche que Dieu lui-même nous a remise, c’est au contraire justement d’elles, de ces mêmes ressources économiques et technologiques que viennent nos divisions les plus agressives et nos pires cauchemars ? Les peuples perçoivent de façon perspicace et douloureuse, bien que souvent confusément, la détresse spirituelle – nous pourrions même dire le nihilisme – qui subordonne la vie à un monde et à une société soumis à ce paradoxe.La tendance à anesthésier cette gêne profonde, à travers un élan aveugle vers la jouissance matérielle, produit la mélancolie d’une vie qui ne trouve pas de destination à la hauteur de sa qualité spirituelle. Nous devons le reconnaître : les hommes et les femmes de notre temps sont souvent démoralisés et désorientés, sans vision aucune. Nous sommes tous un peu repliés sur nous-mêmes. Le système de l’argent et l’idéologie de la consommation sélectionnent nos besoins et manipulent nos rêves, sans égard aucun ni pour la beauté de la vie partagée ni pour l’habitabilité de la maison commune.

Une écoute responsable

4. Le peuple chrétien, en recueillant le cri des souffrances des peuples, doit réagir aux esprits négatifs qui fomentent la division, l’indifférence et l’hostilité. Il se doit de le faire, non seulement pour lui-même, mais pour tous. Et il doit le faire immédiatement, avant qu’il ne soit trop tard. La famille ecclésiale des disciples – et de tous les hôtes qui recherchent en elle les raisons de l’espérance (cf. 1P 3,15) – a été semée sur la terre comme « sacrement […] de l’union intime avec Dieu et de l’unité de tout le genre humain » (Lumen gentium, n. 1). La réhabilitation de la créature de Dieu à l’heureuse espérance de sa destination doit devenir la passion dominante de notre annonce. Il est urgent que les personnes âgées croient davantage à leurs meilleurs « songes » ; et que les jeunes aient des «visions» capables de les pousser à s’engager courageusement dans l’histoire (cf. Jl 3,1). Une nouvelle perspective éthique universelle, attentive aux thèmes de la création et de la vie humaine : tel est l’objectif que nous devons atteindre au niveau culturel. Nous ne pouvons pas continuer sur le chemin de l’erreur poursuivie au cours d’innombrables décennies de déconstruction de l’humanisme, confondu avec n’importe quelle idéologie de volonté de puissance. Nous devons contrer une telle idéologie, qui se sert de l’appui convaincu du marché et de la technique, en faveur de l’humanisme. La différence de la vie humaine est un bien absolu, qui est digne d’être éthiquement défendu et qui est précieux pour le soin de la création toute entière. Le scandale réside dans le fait que l’humanisme se contredit au lieu de prendre son inspiration de l’acte d’amour de Dieu. L’Église doit tout d’abord retrouver la beauté de cette inspiration et apporter sa contribution, avec un enthousiasme renouvelé.

Une tâche difficile pour l’Église

5. Nous sommes conscients d’avoir rencontré des difficultés en ouvrant à nouveau cet horizon humaniste, même en sein de l’Église. Ainsi, nous sommes donc les premiers à nous interroger sincèrement : les communautés ecclésiales ont-elles aujourd’hui une vision et donnent-elles un témoignage à la hauteur de cette urgence de l’époque présente ? Sont-elles sérieusement concentrées sur la passion et sur la joie de transmettre l’amour de Dieu envers la présence de ses enfants sur la Terre ?Ou bien se perdent-elles encore trop dans leurs propres problèmes et en de timides ajustements qui ne dépassent pas la logique du compromis mondain ? Nous devons sérieusement nous demander si nous avons suffisamment agi pour offrir notre contribution spécifique en tant que chrétiens à une vision de l’humain capable de soutenir l’unité de la famille des peuples dans les conditions politiques et culturelles d’aujourd’hui. Ou si, au contraire, nous en avons perdu de vue la centralité, en plaçant les ambitions de notre hégémonie spirituelle sur le gouvernement de la cité séculaire, repliée sur elle-même et sur ses biens, au-dessus du soin de la communauté locale, ouverte à l’hospitalité évangélique pour les pauvres et les désespérés.

Construire une fraternité universelle

6. Le temps est venu de stimuler une nouvelle vision pour un humanisme fraternel et solidaire des individus et des peuples. Nous savons que la foi et l’amour nécessaires pour cette alliance puisent leur élan du mystère de la rédemption de l’histoire en Jésus-Christ, caché en Dieu, même avant la création du monde (cf. Ep 1,7-10 ; 3,9-11 ; Col 1,13-14). Et nous savons également que la conscience et les sentiments de la créature humaine ne sont nullement imperméables ni insensibles à la foi et aux œuvres de cette fraternité universelle, semée par l’Évangile du Royaume de Dieu. Nous devons donc la remettre au premier plan. Parce que se sentir contraints à vivre ensemble est une chose, apprécier la richesse et la beauté des semences de vie commune qui doivent être recherchées et cultivées ensemble, en est une autre. Se résigner à concevoir la vie comme une lutte contre des antagonistes sans fin est une chose, mais reconnaître la famille humaine, comme signe de la vitalité de Dieu le Père et comme promesse d’une destination commune au rachat de tout l’amour qui la garde d’ores et déjà en vie, en est une autre.

7. Tous les chemins de l’Église mènent à l’homme, comme l’a solennellement proclamé le saint Pape Jean-Paul II dans son Encyclique inaugurale (Redemptor hominis,1979). Auparavant, saint Paul VI avait rappelé, lui aussi, dans l’encyclique programmatique et selon la leçon du Concile, que la familiarité de l’Église s’étend par cercles concentriques à chaque homme : même à celui qui se considère étranger à la foi et à l’adoration de Dieu (cf. Enc. Ecclesiam suam, 1964). L’Église reçoit et garde les signes de la bénédiction et de la miséricorde qui sont destinés par Dieu à chaque être humain qui vient dans ce monde.

Reconnaître les signes de l’espérance

8. Dans cette mission, les signes de l’œuvre de Dieu dans le temps actuel nous servent d’encouragement. Ils doivent être reconnus, en évitant que l’horizon soit obscurci par les aspects négatifs.C’est dans cette optique que Saint Jean-Paul II enregistrait les gestes d’accueil et de défense de la vie humaine, la diffusion d’une sensibilité contraire à la guerre et à la peine de mort, ainsi qu’une attention croissante à la qualité de la vie et à l’écologie. Il indiquait également parmi les signes d’espérance, la diffusion de la bioéthique comme « la réflexion et le dialogue — entre croyants et non-croyants, de même qu’entre croyants de religions différentes — sur les problèmes éthiques fondamentaux qui concernent la vie de l’homme » (Enc. Evangelium vitae, 25 Mars 1995, n. 27). La communauté scientifique de l’Académie Pontificale pour la Vie a montré, au cours de ses vingt-cinq années d’histoire, qu’elle s’inscrit précisément dans cette même perspective, en offrant son propre apport qualifié et de haut niveau. En sont ainsi témoins l’engagement envers la promotion et la protection de la vie humaine tout au long de son déroulement, la dénonciation de l’avortement et de la suppression du malade comme maux très graves qui contredisent l’Esprit de la vie, et nous font sombrer dans l’anti-culture de la mort. Il faut certainement continuer sur cette même voie, en prêtant attention aux autres provocations que la conjoncture contemporaine offre pour la maturation de la foi, afin de pouvoir la comprendre de façon plus profonde et également de la communiquer de façon plus adéquate aux hommes d’aujourd’hui.

L’avenir de l’Académie

9. Nous devons, avant tout, habiter la langue et les histoires des hommes et des femmes de notre temps, en insérant l’annonce évangélique au sein de l’expérience concrète, comme nous l’a indiqué le Concile Vatican II avec son autorité. Afin de saisir la signification de la vie humaine, nous pouvons nous rapporter à l’expérience qui peut se reconnaître dans la dynamique de la génération. L’on évitera ainsi de réduire la vie soit à une notion seulement biologique, soit à un universel abstrait des relations et de l’histoire. L’appartenance originaire à la chair précède et rend possible toute autre ultérieure conscience et réflexion, en écartant la prétention du sujet d’être l’origine de soi-même.Nous pouvons seulement devenir conscients d’être en vie une fois que nous l’avons déjà reçue, et cela avant toute intention et décision de notre part. Vivre signifie nécessairement être des enfants, accueillis et soignés, même si c’est parfois de façon inadéquate. « Il semble alors raisonnable de jeter un pont entre ces soins que l’on a reçus depuis le début de la vie et qui ont permis à celle-ci de se déployer tout au long de son déroulement, et les soins à offrir de manière responsable aux autres. […] Ce lien précieux défend une dignité, humaine et théologale, qui ne cesse de vivre, pas même avec la perte de la santé, du rôle social et du contrôle sur son propre corps » (Lettre du Cardinal Secrétaire d’État à l’occasion du Congrès sur les soins palliatifs, 28 Février 2018).

10. Nous savons bien que le seuil du respect fondamental de la vie humaine est aujourd’hui violé de façon brutale, non seulement par des comportements individuels, mais aussi par les effets des choix et des aménagements structuraux. L’organisation du profit et le rythme de développement des technologies offrent d’inédites possibilités de conditionner la recherche biomédicale, l’orientation éducative, la sélection des besoins et la qualité humaine des relations.La possibilité de diriger le développement économique et le progrès scientifique vers l’alliance de l’homme et de la femme, pour le soin de l’humanité qui nous est commune et pour la dignité de la personne humaine, puise certainement dans un amour envers la création que la foi nous aide à approfondir et à éclairer. La perspective de la bioéthique globale, avec son ample vision et l’attention à l’impact de l’environnement sur la vie ainsi que sur la santé, constitue une opportunité considérable pour approfondir la nouvelle alliance de l’Évangile et de la création.

11. La commune appartenance à l’unique genre humain impose une approche globale et elle nous demande à tous d’affronter les questions qui se posent dans le dialogue entre les différentes cultures et sociétés qui sont, dans le monde d’aujourd’hui, de plus en plus étroitement en contact. Que l’Académie pour la Vie puisse être le lieu courageux de cette rencontre et de ce dialogue au service du bien de tous.N’ayez pas peur d’élaborer des argumentations et des langages qui soient utiles en vue d’un dialogue interculturel et interreligieux, voire interdisciplinaire. Participez à la réflexion sur les droits humains qui constituent une question centrale dans la recherche de critères universellement partageables.Il en va de la compréhension et de la pratique d’une justice qui montre le rôle incontournable de la responsabilité dans le discours concernant les droits humains et leur étroite corrélation avec les devoirs, à partir de la solidarité avec ceux qui sont les plus blessés et les plus souffrants. Le Pape Benoît XVI a beaucoup insisté sur l’importance de « susciter une nouvelle réflexion sur le fait queles droits supposent des devoirs sans lesquels ils deviennent arbitraires. Aujourd’hui, nous sommes témoins d’une grave contradiction. Tandis que, d’un côté, sont revendiqués de soi-disant droits, de nature arbitraire et voluptuaire, avec la prétention de les voir reconnus et promus par les structures publiques, d’un autre côté, des droits élémentaires et fondamentaux d’une grande partie de l’humanité sont ignorés et violés », parmi lesquels le Pape émérite mentionne « le manque de nourriture, d’eau potable, d’instruction primaire ou de soins sanitaires élémentaires » (Enc. Caritas in veritate, n. 43).

12. Un autre front sur lequel il faut réfléchir est celui des nouvelles technologies définies aujourd’hui comme «émergentes et convergentes». Ces dernières comprennent les technologies de l’information et de la communication, les biotechnologies, les nanotechnologies et la robotique. En se servant des résultats obtenus par la physique, la génétique et les neurosciences, comme également de la capacité de calcul des machines toujours plus puissantes, il est aujourd’hui possible d’intervenir très profondément dans la matière vivante.Le corps humain est également susceptible de telles interventions qui peuvent modifier non seulement ses fonctions et ses performances, mais également ses modes de relation, aussi bien sur le plan personnel que social, en l’exposant de plus en plus aux logiques du marché.Il faut donc d’abord comprendre les transformations historiques, qui s’annoncent sur ces nouvelles frontières, afin de déterminer comment les orienter au service de la personne humaine, en respectant et en promouvant sa dignité intrinsèque. Il s’agit d’une tâche très exigeante, étant données la complexité et l’incertitude concernant les possibles développements, ce qui requiert un discernement encore bien plus attentif par rapport à celui qui est habituellement souhaitable. Un discernement que nous pouvons définir comme « le travail sincère de la conscience, dans son propre engagement de connaître le bien possible sur la base duquel se décider de façon responsable dans l’exercice correcte de la raison pratique » (SYNODE DES ÉVÊQUES SUR LES JEUNES, Document final, 27 Octobre 2018, n. 109). Un parcours de recherche et d’évaluation qui a donc lieu à travers les dynamiques de la conscience morale et qui, pour le croyant, se déroule à l’intérieur et à la lumière de la relation avec le Seigneur Jésus, en assumant son intentionnalité dans l’action ainsi que dans ses critères de choix (cf. Ph 2, 5).

13. La médecine et l’économie, la technologie et la politique, qui sont élaborées au centre même de la ville moderne de l’homme, doivent également et surtout rester exposées au jugement qui est prononcé par les périphéries de la terre.De fait, les nombreuses et extraordinaires ressources, mises à la disposition de la créature humaine par la recherche scientifique et technologique, risquent d’obscurcir la joie du partage fraternel, ainsi que la beauté des entreprises communes, alors que c’est grâce à leur service qu’elles obtiennent, en réalité, leur authentique signification.Nous devons reconnaître que la fraternité reste la promesse manquée de la modernité.Le souffle universel de la fraternité qui grandit dans la confiance réciproque – à l’intérieur de la citoyenneté moderne, comme entre les peuples et les nations – apparaît fortement affaibli.La force de la fraternité, que l’adoration de Dieu en esprit et en vérité engendre parmi les êtres humains, est la nouvelle frontière du christianisme. Chaque détail de la vie du corps et de l’âme, dans lequel étincellent l’amour et le rachat de la nouvelle créature qui se forme en nous, surprend comme le véritable miracle d’une résurrection qui est déjà en œuvre (cf. Col 3,1-2). Que le Seigneur nous donne de multiplier ces miracles ! Que le témoignage de Saint François d’Assise, avec sa capacité de se reconnaître comme frère de toutes les créatures terrestres et célestes, puisse nous inspirer dans son actualité perpétuelle.Que Seigneur vous accorde d’être prêts pour cette nouvelle phase de la mission, avec vos lampes chargées de l’huile de l’Esprit pour éclairer le chemin et guider vos pas. Comme ils sont beaux les pieds de ceux qui portent l’heureuse annonce de l’amour de Dieu pour la vie de chacun et de tous ceux qui habitent la terre (cf. Is 52,7 ; Rm 10,15).

Vatican, 6 Janvier 2019

FRANÇOIS

[00065-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Humana Communitas
[The Human Community]

The human community is God’s dream even from before the creation of the world (cf. Eph 1:3-14). In it, the eternal Son begotten of God the Father has taken flesh and blood, heart and emotions. Through the mystery of giving life, the great family of humanity is enabled to discover its true meaning. The ability of the family to initiate its members to human fraternity can be considered a hidden treasure that can aid that general rethinking of social policies and human rights whose need is so urgently felt today. All of us ought to grow in the awareness of our common origin in God’s love and creative act. Christian faith confesses the begetting of the Son as the ineffable mystery of the eternal unity between “bringing into being” and “benevolent love” within the life of the Triune God. A renewed proclamation of this often overlooked revelation can open a new chapter in the history of human community and culture, which today cries out — “groaning as if in labour pains” (cf. Rom 8:22) — for rebirth in the Spirit. God’s tenderness and his will to redeem all those who feel lost, abandoned, discarded, or hopelessly condemned, is revealed in the only-begotten Son. The mystery of the eternal Son who became one of us is the definitive witness to this “passion” of God. The mystery of Christ’s cross — “for us and for our salvation” — and resurrection — as “the firstborn of many brothers” (Rom 8:29) — tells us the extent to which God’s passion is directed to the redemption and full flourishing of human beings.

We need to renew a lively awareness of God’s passion for humanity and its world. Human beings were made by God “in his image” – “male and female” (Gen 1:27) – as spiritual and sentient, conscious and free. The relationship between man and woman is the primary place where all creation speaks with God and bears witness to his love. This world is the place where we are brought to life; it is the place and time in which we gain a foretaste of the heavenly home that is our destiny (cf. 2 Cor 5:1) and where we will live fully our communion with God and with all others. The human family is a community with a common origin and a common goal, whose attainment “is hidden, with Christ, in God” (Col 3:1-4). In our time, the Church is called once more to propose the humanism of the life that bursts forth from God’s passion for human beings. Our commitment to valuing, supporting and defending the life of every human being is ultimately motivated by God’s unconditional love. Such is the beauty and the allure of the Gospel, which does not reduce love of neighbour to criteria of economic or political convenience, or to “certain doctrinal or moral points based on specific ideological options” (Evangelii Gaudium, 39).

A passionate and productive history

1. That passion has inspired the work of the Pontifical Academy for Life from the time it was created twenty-five years ago by Saint John Paul II at the prompting of the eminent scientist and Servant of God Jérôme Lejeune. Recognizing the rapid and sweeping changes taking place in biomedicine, Pope John Paul saw the need for a more structured and organic approach and engagement in this area. The Academy was thus able to promote initiatives of research, education and communications aimed at demonstrating “that science and technology, at the service of the human person and his fundamental rights, contribute to the overall good of man and to the fulfilment of the divine plan of salvation.” (SAINT JOHN PAUL II, Motu Proprio Vitae Mysterium [11 February 1994], 3). The new statutes of the Academy, issued on 18 October 2016, have given renewed impetus to its activities. The goal of the statutes is to make the Academy’s reflection on human life issues ever more attuned to the contemporary scene. The ever-quickening pace of technological and scientific innovation, and the phenomenon of globalization have multiplied interactions between cultures, religions and different fields of study, and among the many dimensions of our human family and the earth, our common home. “There is an urgent need for greater study and discussion of the social effects of this technological development, for the sake of articulating an anthropological vision adequate to this epochal challenge. Yet your expert advice cannot be limited solely to offering solutions to the questions raised by specific ethical, social or legal conflict situations. The proposal of forms of conduct consistent with human dignity involves the theory and practice of science and technology in terms of their overall approach to life, its meaning and its value” (5 October 2017).

Loss of the human dimension and the paradox of “progress”

2. At this moment in time, passion for what is distinctively human, and for the whole human family, encounters serious obstacles. The joys of family relationships and social coexistence appear seriously diminished. Mutual distrust between individuals and peoples is being fed by an inordinate pursuit of self-interest and intense competition that can even turn violent. The gap between concern with one’s own well-being and the prosperity of the larger human family seems to be stretching to the point of complete division. In the Encyclical Laudato Sì, I pointed to the state of emergency existing in our relationship with the history of the earth and its peoples. This alarming situation is the result of the scarce attention paid to the decisive global issue of the unity of the human family and its future. The erosion of this sensitivity, due to worldly forces of conflict and war, is growing worldwide at a much higher rate than that of the production of goods. We are speaking of a real culture – indeed, it would be better to speak of anti-culture – of indifference to the community: hostile to men and women and in league with the arrogance of wealth.

3. This emergency reveals a paradox. How could it happen that, at the very moment of history when available economic and technological resources make it possible for us to care suitably for our common home and our human family, in obedience to God’s command, those same economic and technological resources are creating our most bitter divisions and our worst nightmares? People sense acutely and painfully, albeit often confusedly, the spiritual dejection, or even nihilism, that subordinates life itself to a world and a society dominated by this paradox. The attempt to dull this sense of deep distress by the blind pursuit of material pleasure produces the ennui of a life lacking in a purpose that can satisfy its spiritual yearning. Let us face the fact: men and women in our time are often demoralized and disoriented, bereft of vision. All of us are, to some extent, closed in on ourselves. The financial system and the ideology of consumerism regulate our needs and manipulate our desires, with little concern for beauty of a life in common and for the sustainability of our common home.

4. Christians, hearing the cry of suffering peoples, need to react against the negativity that foments division, indifference and hostility. They must do so not simply for their own sake, but for that of everyone. And they need to do so now, before it is too late. The ecclesial family of disciples – and of all others who seek in that family reasons for hope (cf. 1 Pet 3:15) – has been planted on earth as “a sacrament, a sign and instrument a communion with God and of the unity of the entire human race” (Lumen Gentium, 1). The restoration of each of God’s creatures to the joyful hope of his or her spiritual destiny must become the passionate theme of our preaching. It is urgent that the elderly have greater confidence in their best “dreams” and that the young have “visions” able to sustain them to act boldly in history (cf. Jl 3:1). At the level of culture, our goal must be a new and universal ethical perspective attentive to the themes of creation and human life. We cannot continue down the mistaken path followed in recent decades of allowing humanism to be deconstructed and considered simply as another ideology of the will to power. We must resist such ideologies, however strongly urged by the market and by technology, and choose humanism. The distinctiveness of human life is an absolute good, worthy of being ethically defended, precious for the care of creation as a whole. For humanism not to draw inspiration from the loving act of God would be a contradiction and a scandal. The Church must be the first to rediscover the beauty of this inspiration and make her contribution with renewed enthusiasm.

A difficult task for the Church

5. We acknowledge the difficulties involved in restoring this broader humanistic horizon, even within the Church. First, we can ask frankly if our ecclesial communities today realize and testify to the gravity of this contemporary emergency. Are they seriously focused on the passion and joy of proclaiming God’s love for the dwelling of his children on the earth? Or are they still overly focused on their own problems and on making timid accommodations to an essentially worldly outlook? We can question seriously whether we have done enough as Christians to offer our specific contribution to a vision of humanity capable of upholding the unity of the family of peoples in today’s political and cultural conditions. Or whether we have lost sight of its centrality, putting our ambition for spiritual hegemony over the governance of the secular city, concentrated as it is upon itself and its wealth, ahead of a concern for local communities inspired by the Gospel spirit of hospitality towards the poor and the hopeless.

Building universal fraternity

6. It is time for a new vision aimed at promoting a humanism of fraternity and solidarity between individuals and peoples. We know that the faith and love needed for this covenant draw their power from the mystery of history’s redemption in Jesus Christ, a mystery hidden in God even before the creation of the world (cf. Eph 1:7-10; 3:9-11; Col 1:13-14). We know too that human minds and hearts are not completely closed or insensible to the seeds of faith and the works of this universal fraternity sown by the Gospel of the kingdom of God. We must once again bring this fraternity to the fore. For it is one thing to feel forced to live together, but something entirely different to value the richness and beauty of the seeds of common life needing to be sought out and cultivated. It is one thing to resign oneself to seeing life as a battle against constant foes, but something entirely different to see our human family as a sign of the abundant life of God the Father and the promise of a common destiny redeemed by the infinite love that even now sustains it in being.

7. The ways of the Church all lead to man, as Saint John Paul II solemnly proclaimed in his first encyclical (Redemptor Hominis, 1979). Before him, Saint Paul VI, echoing the teaching of the Council, had stated in his own first encyclical that the Church family extends in concentric circles to all men and women, even to those who consider themselves extraneous to the faith and the worship of God (cf. Ecclesiam Suam, 1964). The Church shelters and protects the signs of grace and mercy that God offers to every human being who comes into this world.

Recognizing the signs of hope

8. In this mission, we are encouraged by signs that God is at work in our time. These signs need to be acknowledged and not overshadowed by certain negative factors. Along these lines, Saint John Paul II pointed to the many efforts to welcome and defend human life, the growing opposition to war and to the death penalty, and a greater concern for the quality of life and ecology. He also indicated as a sign of hope the development of bioethics as “reflection and dialogue – between believers and nonbelievers, as well as between believers of different religions – on ethical problems, even the most fundamental ones, that affect the life of man” (Evangelium Vitae, 27). The scientific community of the Pontifical Academy for Life has demonstrated, over the past twenty-five years, its ability to enter into this dialogue and to offer its own competent and respected contribution. A sign of this is its constant effort to promote and protect human life at every stage of its development, its condemnation of abortion and euthanasia as extremely grave evils that contradict the Spirit of life and plunge us into the anti-culture of death. These efforts must certainly continue, with an eye to emerging issues and challenges that can serve as an opportunity for us to grow in the faith, to understand it more deeply and to communicate it more effectively to the people of our time.

The future of the Academy

9. Before all else, we need to enter into the language and lives of men and women today, making the Gospel message incarnate in their concrete experiences, as the Council demanded. To appreciate the meaning of human life, we should begin with the experience of procreation; this will enable us to avoid reducing life merely to a biological concept or a universal abstraction divorced from relationships and from history. The primordial reality of our “flesh” precedes and makes possible all further consciousness and reflection, preventing us from thinking that we are the source of our own existence. Only after receiving the gift of life, and prior to any intention or decision of our own, can we become aware that we are in fact alive. Life necessarily entails being a child, welcomed and cared for, however inadequately in certain cases. “It thus seems reasonable to see a connection between the care we have received from the beginning of life, that enabled it to grow and develop, and the responsible care we in turn give to others... This precious connection preserves a human and God-given dignity that endures, even despite one’s loss of health, role in society and control over his or her body” (Letter of the Cardinal Secretary of State to the Conference on Palliative Care, 28 February 2018).

10. We know that the threshold of basic respect for human life is being crossed, and brutally at that, not only by instances of individual conduct but also by the effects of societal choices and structures. Business strategies and the pace of technological growth now, as never before, condition biomedical research, educational priorities, investment decisions and the quality of interpersonal relationships. The possibility of directing economic development and scientific progress towards the covenant between man and woman, towards caring for our common humanity and towards the dignity of the human person, surely arises from a love for creation that faith helps us to deepen and illuminate. The prospect of a global bioethics, with a broad vision and a concern for the impact of the environment on life and health, offers a significant opportunity for strengthening the new covenant between the Gospel and creation.

11. Our shared humanity demands a global approach to the questions raised by the dialogue between diverse cultures and societies that, in today’s world, are in increasingly close contact. May the Academy for Life be a place for courageous dialogue in the service of the common good. I encourage you not to be afraid to advance arguments and formulations that can serve as a basis for intercultural and interreligious, as well as interdisciplinary, exchanges. But also to take part in the discussion of human rights, which are central to the search for universally acceptable criteria for decisions. At stake is the understanding and exercise of a justice that demonstrates the essential role of responsibility in the discussion of human rights and about their close correlation with duties, beginning with solidarity with those in greatest need. Pope Benedict XVI has spoken of the importance of “a renewed reflection on howrights presuppose duties, if they are not to become mere licence. Nowadays we are witnessing a grave inconsistency. On the one hand, appeals are made to alleged rights, arbitrary and non-essential in nature, accompanied by the demand that they be recognized and promoted by public structures, while, on the other hand, elementary and basic rights remain unacknowledged and are violated in much of the world”. Among those rights, the Pope emeritus points to “lack of food, drinkable water, basic instruction and elementary health care” (Caritas in Veritate, 43).

12. Another area calling for study is that of the new technologies described as “emergent” and “convergent.” These include information and communication technologies, biotechnologies, nanotechnologies and robotics. Relying on results obtained from physics, genetics and neuroscience, as well as on increasingly powerful computing capabilities, profound interventions on living organisms are now possible. Even the human body is subject to interventions capable of modifying not only its functions and capabilities, but also its ways of relating on personal and societal levels, with the result that it is increasingly exposed to market forces. There is a pressing need, then, to understand these epochal changes and new frontiers in order to determine how to place them at the service of the human person, while respecting and promoting the intrinsic dignity of all. This task is extremely demanding, given its complexity and the unpredictability of future developments; consequently, it requires even greater discernment than usual. We can define this discernment as “a sincere work of conscience, in its effort to know the possible good on the basis of which to engage responsibly in the correct exercise of practical reason” (SYNOD OF BISHOPS ON YOUNG PEOPLE, Final Document [27 October 2018], 109). This process of research and evaluation thus entails the workings of the moral conscience and, for the believer, is part of his or her relationship with the Lord Jesus, in the desire to put on the mind of Christ in our actions and choices (cf. Phil 2:5).

13. The kind of medicine, economy, technology and politics that develop within the modern city of man must also, and above all, remain subject to the judgment rendered by the peripheries of the earth. Indeed, the many extraordinary resources made available to human beings by scientific and technological research could overshadow the joy of fraternal sharing and the beauty of common undertakings, unless they find their meaning in advancing that joy and beauty. We should keep in mind that fraternity remains the unkept promise of modernity. The universal spirit of fraternity that grows by mutual trust – within modern civil society and between peoples and nations – appears much weakened. The strengthening of fraternity, generated in the human family by the worship of God in spirit and truth, is the new frontier of Christianity. Every detail of the life of the body and of the soul, in which the love and redemptive power of the new creation shine forth within us, leads to amazement before the miracle of a resurrection in the very process of occurring (cf. Col 3:1-2). May the Lord grant that we multiply these miracles! May the witness of Saint Francis of Assisi, who saw himself as the brother of every creature on earth and in heaven, inspire us by its perennial relevance. May the Lord prepare you for this new phase of your mission, your lamps filled with the oil of the Spirit to light your path and to guide your steps. How beautiful indeed are the feet of those who bring the joyful proclamation of God’s love for the life of all those who dwell upon our land (cf. Is 52: 7; Rom 10:15).

From the Vatican, 6 January 2019

FRANCIS

[00065-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua spagnola

Humana communitas
[La comunidad humana]

La comunidad humana ha sido el sueño de Dios desde antes de la creación del mundo (cf. Ef 1,3-14). El Hijo eterno engendrado por Dios tomó en ella carne y sangre, corazón y afectos. La gran familia de la humanidad se reconoce a sí misma en el misterio de la generación. De hecho, entre las criaturas humanas la iniciación familiar en la fraternidad puede ser considerada como un verdadero tesoro escondido, con vistas a la reorganización comunitaria de las políticas sociales y a los derechos humanos, tan necesarios hoy en día. Para que esto pueda darse, necesitamos ser cada vez más conscientes de nuestro común origen en la creación y el amor de Dios. La fe cristiana confiesa la generación del Hijo como el misterio inefable de la unidad eterna entre el “llamar a la existencia” y la “benevolencia”, que reside en lo más profundo del Dios Uno y Trino. El anuncio renovado de esta revelación, que ha sido descuidada, puede abrir un nuevo capítulo en la historia de la comunidad y de la cultura humana, que hoy implora un nuevo nacimiento en el Espíritu —gimiendo y sufriendo los dolores del parto (cf. Rm 8,22)—. En el Hijo unigénito se revela la ternura de Dios, así como su voluntad de redimir a toda la humanidad que se siente perdida, abandonada, descartada y condenada sin remisión. El misterio del Hijo eterno, que se hizo uno de nosotros, sella de una vez para siempre esta pasión de Dios. El misterio de su Cruz —«por nosotros y por nuestra salvación»— y de su Resurrección —como «el primogénito entre muchos hermanos» (Rm 8,29)— dice hasta qué punto esta pasión de Dios está dirigida a la redención y realización de la criatura humana.

Hemos de restaurar la evidencia de esta pasión de Dios por la criatura humana y su mundo. Dios la hizo a su “imagen” —“varón y mujer”, los creó (cf. Gn 1,27)— como una criatura espiritual y sensible, consciente y libre. La relación entre el hombre y la mujer constituye el lugar por excelencia en el que toda la creación se convierte en interlocutora de Dios y testigo de su amor. Nuestro mundo es la morada terrena de nuestra iniciación a la vida, el lugar y el tiempo en los que ya podemos empezar a disfrutar de la morada celestial a la que estamos destinados (cf. 2 Co 5,1), donde viviremos en plenitud la comunión con Dios y con los demás. La familia humana es una comunidad de origen y de destino, cuyo cumplimiento está escondido, con Cristo, en Dios (cf. Col 3,1-4). En nuestro tiempo, la Iglesia está llamada a relanzar vigorosamente el humanismo de la vida que surge de esta pasión de Dios por la criatura humana. El compromiso para comprender, promover y defender la vida de todo ser humano toma su impulso de este amor incondicional de Dios. La belleza y el atractivo del Evangelio nos muestran que el amor al prójimo no se reduce a la aplicación de unos criterios de conveniencia económica y política o a «algunos acentos doctrinales o morales que proceden de determinadas opciones ideológicas» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 24 noviembre 2013, 39).

Una historia apasionada y fecunda

1. Esta pasión ha animado la actividad de la Pontificia Academia para la Vida desde su fundación hace veinticinco años, por san Juan Pablo II, siguiendo la recomendación del siervo de Dios y gran científico Jérôme Lejeune. Este último, claramente convencido de la profundidad y rapidez de los cambios que se producen en el ámbito biomédico, consideró oportuno sostener un compromiso más estructurado y orgánico en este frente. De este modo, la Academia ha podido desarrollar iniciativas de estudio, formación e información para que «quede de manifiesto que la ciencia y la técnica, puestas al servicio de la persona humana y de sus derechos fundamentales, contribuyen al bien integral del hombre y a la realización del proyecto divino de salvación (cf. Gaudium et spes, 35)» (Juan Pablo II, Motu proprio Vitae mysterium, 11 febrero 1994, 3). Las actividades de la Academia recibieron un renovado impulso con el nuevo Estatuto (18 octubre 2016). El propósito era el de hacer que la reflexión sobre estas cuestiones tuviera cada vez más en cuenta el contexto contemporáneo, en el que el ritmo creciente de la innovación tecnológica y científica, y la globalización, multiplican por una parte las interacciones entre las diferentes culturas, religiones y conocimientos y, por otra, entre las múltiples dimensiones de la familia humana y de la casa común en la que habita. «Por lo tanto, es urgente intensificar el estudio y la comparación de los efectos de esta evolución de la sociedad en un sentido tecnológico para articular una síntesis antropológica que esté a la altura de este desafío de época. El área de vuestra experiencia calificada no puede limitarse, pues, a resolver problemas planteados por situaciones específicas de conflicto ético, social o legal. La inspiración de una conducta consistente con la dignidad humana atañe a la teoría y a la práctica de la ciencia y la técnica en su enfoque general de la vida, de su significado y su valor» (Discurso a la Asamblea General de la Pontificia Academia para la Vida, 5 octubre 2017).

Degradación de lo humano y paradoja del “progreso”

2. La pasión por lo humano, por toda la humanidad encuentra en este momento de la historia serias dificultades. Las alegrías de las relaciones familiares y de la convivencia social se muestran profundamente desvaídas. La desconfianza recíproca entre los individuos y entre los pueblos se alimenta de una búsqueda desmesurada de los propios intereses y de una competencia exasperada, no exenta de violencia. La distancia entre la obsesión por el propio bienestar y la felicidad compartida de la humanidad se amplía hasta tal punto que da la impresión de que se está produciendo un verdadero cisma entre el individuo y la comunidad humana. En la Encíclica Laudato si’ he resaltado el estado de emergencia en el que se encuentra nuestra relación con la tierra y los pueblos. Es una alarma causada por la falta de atención a la gran y decisiva cuestión de la unidad de la familia humana y su futuro. La erosión de esta sensibilidad, por parte de las potencias mundanas de la división y la guerra, está creciendo globalmente a una velocidad muy superior a la de la producción de bienes. Es una verdadera y propia cultura —es más, sería mejor decir anti-cultura— de indiferencia hacia la comunidad: hostil a los hombres y mujeres, y aliada con la prepotencia del dinero.

3. Esta emergencia revela una paradoja: ¿Cómo es posible que, en el mismo momento de la historia del mundo en que los recursos económicos y tecnológicos disponibles nos permitirían cuidar suficientemente de la casa común y de la familia humana —honrando así a Dios que nos los ha confiado—, sean precisamente estos recursos económicos y tecnológicos los que provoquen nuestras divisiones más agresivas y nuestras peores pesadillas? Los pueblos sienten aguda y dolorosamente, aunque a menudo confusamente, la degradación espiritual —podríamos decir el nihilismo— que subordina la vida a un mundo y a una sociedad sometidos a esta paradoja. La tendencia a anestesiar este profundo malestar, a través de una búsqueda ciega del disfrute material, produce la melancolía de una vida que no encuentra un destino a la altura de su naturaleza espiritual. Debemos reconocerlo: los hombres y mujeres de nuestro tiempo están a menudo desmoralizados y desorientados, sin ver. Todos estamos un poco replegados sobre nosotros mismos. El sistema económico y la ideología del consumo seleccionan nuestras necesidades y manipulan nuestros sueños, sin tener en cuenta la belleza de la vida compartida y la habitabilidad de la casa común.

Una escucha responsable

4. El pueblo cristiano, haciendo suyo el grito de sufrimiento de los pueblos, debe reaccionar ante los espíritus negativos que fomentan la división, la indiferencia y la hostilidad. Tiene que hacerlo no solo por sí mismo, sino por todos. Y tiene que hacerlo de inmediato, antes de que sea demasiado tarde. La familia eclesial de los discípulos —y de todos los que buscan en la Iglesia las razones de la esperanza (cf. 1 P 3,15)— ha sido plantada en la tierra como «sacramento […] de la unión íntima con Dios y de la unidad de todo el género humano» (Conc. Ecum. Vat. II, Const. dogm. Lumen gentium, 1). La rehabilitación de la criatura de Dios en la feliz esperanza de su destino tiene que llegar a ser la pasión dominante de nuestro anuncio. Es urgente que los ancianos crean aún más en sus mejores “sueños” y que los jóvenes tengan “visiones” capaces de impulsarles a comprometerse con valentía en la historia (cf. Jl 3,1). Una nueva perspectiva ética universal, atenta a los temas de la creación y de la vida humana, es el objetivo que debemos perseguir a nivel cultural. No podemos continuar por el camino del error que se ha seguido en tantas décadas de deconstrucción del humanismo, identificado con toda ideología de voluntad de poder, que se sirve del firme apoyo del mercado y la tecnología, por ello hay que combatirla a favor del humanismo. La diversidad de la vida humana es un bien absoluto, digno de ser custodiado éticamente y muy valioso para la salvaguardia de toda la creación. El escándalo está en que el humanismo se contradiga a sí mismo, en lugar de inspirarse en el acto del amor de Dios. La Iglesia debe primero redescubrir la belleza de esta inspiración y empeñarse con renovado entusiasmo.

Una tarea difícil para la Iglesia

5. Somos conscientes de que tenemos dificultades para reabrir este horizonte humanístico, incluso dentro de la Iglesia. Ante todo, preguntémonos sinceramente: ¿Tienen las comunidades eclesiales hoy en día una visión y dan un testimonio que esté a la altura de esta emergencia de la época presente? ¿Están seriamente enfocadas en la pasión y la alegría de transmitir el amor de Dios por la vida de sus hijos en la Tierra? ¿O se pierden todavía demasiado en sus problemas y en ajustes tímidos que no van más allá de la lógica de un compromiso mundano? Debemos preguntarnos seriamente si hemos hecho lo suficiente para dar nuestra contribución específica como cristianos a una visión de lo humano que es capaz de sostener la unidad de la familia de los pueblos en las condiciones políticas y culturales actuales. O si, por el contrario, hemos perdido de vista su centralidad, anteponiendo las ambiciones de nuestra hegemonía espiritual en el gobierno de la ciudad secular, encerrada en sí misma y en sus bienes, frente al cuidado de la comunidad local abierta a la hospitalidad evangélica hacia los pobres y desesperados.

Construir una fraternidad universal

6. Es hora de relanzar una nueva visión de un humanismo fraterno y solidario de las personas y de los pueblos. Sabemos que la fe y el amor necesarios para esta alianza toman su impulso del misterio de la redención de la historia en Jesucristo, escondido en Dios desde antes de la creación del mundo (cf. Ef 1,7-10; 3,9-11; Col 1,13-14). Y sabemos también que la conciencia y los afectos de la criatura humana no son de ninguna manera impermeables ni insensibles a la fe y a las obras de esta fraternidad universal, plantada por el Evangelio del Reino de Dios. Tenemos que volver a ponerla en primer plano. Porque una cosa es sentirse obligados a vivir juntos, y otra muy diferente es apreciar la riqueza y la belleza de las semillas de la vida en común que hay que buscar y cultivar juntos. Una cosa es resignarse a concebir la vida como una lucha contra antagonismos interminables, y otra cosa muy distinta es reconocer la familia humana como signo de la vitalidad de Dios Padre y promesa de un destino común para la redención de todo el amor que, ya desde ahora, la mantiene viva.

7. Todos los caminos de la Iglesia conducen al hombre, como proclamó solemnemente el santo Papa Juan Pablo II en su Encíclica inaugural (Redemptor hominis, 4 marzo 1979). Antes que él, san Pablo VI también recordó en su Encíclica programática, y según la enseñanza del Concilio, que la familiaridad de la Iglesia se extiende por círculos concéntricos a todos los hombres, incluso a quienes se consideran ajenos a la fe y a la adoración de Dios (cf. Ecclesiam suam, 6 agosto 1964). La Iglesia acoge y custodia los signos de bendición y misericordia destinados por Dios a todo ser humano que viene a este mundo.

Reconocer los signos de esperanza

8. En esta misión nos son de consuelo los signos de la acción de Dios en el tiempo presente. Hay que reconocerlos, para que el horizonte no se vea ensombrecido por los aspectos negativos. Desde este punto de vista, san Juan Pablo II señaló los gestos de acogida y defensa de la vida humana, la difusión de una sensibilidad contraria a la guerra y a la pena de muerte, así como un interés creciente por la calidad de la vida y la ecología. Indicaba también la difusión de la bioética como uno de los signos de esperanza, es decir, como «la reflexión y el diálogo —entre creyentes y no creyentes, así como entre creyentes de diversas religiones— sobre problemas éticos, incluso fundamentales, que afectan a la vida del hombre» (Carta enc. Evangelium vitae, 25 marzo 1995, 27). La comunidad científica de la Pontificia Academia para la Vida ha demostrado, en sus veinticinco años de historia, cómo precisamente desde esta perspectiva puede ofrecer su alta y calificada contribución. Prueba de ello es el compromiso con la promoción y protección de la vida humana en todo su desarrollo, la denuncia del aborto y de la supresión de los enfermos como males gravísimos que contradicen el Espíritu de vida y nos hunden en la anti-cultura de la muerte. Ciertamente hay que continuar en esta línea, prestando atención a otros desafíos que la coyuntura contemporánea presenta para la maduración de la fe, para una comprensión más profunda de la misma y para una comunicación más adecuada a los hombres de hoy.

El futuro de la Academia

9. Debemos, ante todo, hacer nuestro el lenguaje y la historia de los hombres y mujeres de nuestro tiempo, incorporando el anuncio del Evangelio en la experiencia concreta, como el Concilio Vaticano II ya nos indicó con determinación. Para captar el sentido de la vida humana, la experiencia a la que se hace referencia es aquella que puede reconocerse en la dinámica de la generación. De esta manera, se evitará reducir la vida a un concepto puramente biológico o a una idea universal abstraída de las relaciones y de la historia. La pertenencia originaria a la carne precede y hace posible cualquier otro conocimiento y reflexión, evitando la pretensión del sujeto de ser origen de sí mismo. Solo podemos darnos cuenta de que estamos vivos cuando ya hemos recibido la vida, antes de cualquier intención y decisión nuestras. Vivir significa necesariamente ser hijos, acogidos y cuidados, aunque a veces de manera inadecuada.

«Parece, pues, razonable unir el cuidado que se ha recibido desde el comienzo de la vida y que le ha permitido desplegarse en todo el arco de su desarrollo, y el cuidado que se debe prestar responsablemente a los demás […]. Este precioso vínculo defiende una dignidad, humana y teologal, que no cesa de vivir, ni siquiera con la pérdida de la salud, del papel social y del control del propio cuerpo» (Carta del Cardenal Secretario de Estado con ocasión de la Conferencia sobre cuidados paliativos, 27 febrero 2018).

10. Somos plenamente conscientes de que el umbral del respeto fundamental de la vida humana está siendo transgredido hoy en día de manera brutal, no solo por el comportamiento individual, sino también por los efectos de las opciones y de los acuerdos estructurales. La organización de las ganancias económicas y el ritmo de desarrollo de las tecnologías ofrecen posibilidades nuevas para condicionar la investigación biomédica, la orientación educativa, la selección de necesidades y la calidad humana de los vínculos. La posibilidad de orientar el desarrollo económico y el progreso científico hacia la alianza del hombre y de la mujer, para el cuidado de la humanidad que nos es común, y hacia la dignidad de la persona humana, se basa ciertamente en un amor por la creación que la fe nos ayuda a profundizar e iluminar. La perspectiva de la bioética global, con su amplia visión y su atención a las repercusiones del medio ambiente en la vida y la salud, constituye una notable oportunidad para profundizar la nueva alianza del Evangelio y de la creación.

11. Ser miembros del único género humano exige un enfoque global y nos pide a todos que abordemos las cuestiones que surgen en el diálogo entre las diferentes culturas y sociedades, que están cada vez más estrechamente relacionadas en el mundo de hoy. Ojalá la Academia para la Vida sea un lugar lleno de valentía de esta interacción y este diálogo al servicio del bien de todos. No tengan miedo de elaborar argumentos y lenguajes que puedan ser utilizados en un diálogo intercultural e interreligioso, así como interdisciplinar. Participen en la reflexión sobre los derechos humanos, que son un punto central en la búsqueda de criterios universalmente compartidos. Está en juego la comprensión y la práctica de una justicia que muestre el rol irrenunciable de la responsabilidad en el tema de los derechos humanos y su estrecha correlación con los deberes, a partir de la solidaridad con quien está más herido y sufre. El Papa Benedicto XVI ha insistido mucho en la importancia de «urgir una nueva reflexión sobre los deberes que los derechos presuponen, y sin los cuales éstos se convierten en algo arbitrario. Hoy se da una profunda contradicción. Mientras, por un lado, se reivindican presuntos derechos, de carácter arbitrario y superfluo, con la pretensión de que las estructuras públicas los reconozcan y promuevan, por otro, hay derechos elementales y fundamentales que se ignoran y violan en gran parte de la humanidad», entre los que el Papa emérito menciona «la carencia de comida, agua potable, instrucción básica o cuidados sanitarios elementales» (Carta enc. Caritas in veritate, 29 junio 2009, 43).

12. Otro frente en el que hay que profundizar la reflexión es el de las nuevas tecnologías hoy definidas como “emergentes y convergentes”. Se trata de las tecnologías de la información y de la comunicación, las biotecnologías, las nanotecnologías y la robótica. Hoy es posible intervenir con mucha profundidad en la materia viva utilizando los resultados obtenidos por la física, la genética y la neurociencia, así como por la capacidad de cálculo de máquinas cada vez más potentes. También el cuerpo humano es susceptible de intervenciones tales que pueden modificar no solo sus funciones y prestaciones, sino también sus modos de relación, a nivel personal y social, exponiéndolo cada vez más a la lógica del mercado. Ante todo, es necesario comprender los cambios profundos que se anuncian en estas nuevas fronteras, con el fin de identificar cómo orientarlas hacia el servicio de la persona humana, respetando y promoviendo su dignidad intrínseca. Una tarea muy exigente, que requiere un discernimiento aún más atento de lo habitual, a causa de la complejidad e incertidumbre de los posibles desarrollos. Un discernimiento que podemos definir como «la labor sincera de la conciencia, en su empeño por conocer el bien posible, sobre el que decidir responsablemente el ejercicio correcto de la razón práctica» (Sínodo de los Obispos dedicado a los Jóvenes, Documento final, 27 octubre 2018, 109). Se trata de un proceso de investigación y evaluación que se lleva a cabo a través de la dinámica de la conciencia moral y que, para el creyente, tiene lugar dentro y a la luz de la relación con el Señor Jesús, asumiendo su intencionalidad y sus criterios de elección en la acción (cf. Flp 2,5).

13. La medicina y la economía, la tecnología y la política que se elaboran en el centro de la ciudad moderna del hombre, deben quedar expuestas también y, sobre todo, al juicio que se pronuncia desde las periferias de la tierra. De hecho, los numerosos y extraordinarios recursos puestos a disposición de la criatura humana por la investigación científica y tecnológica corren el riesgo de oscurecer la alegría que procede del compartir fraterno y de la belleza de las iniciativas comunes, que les dan realmente su auténtico significado. Debemos reconocer que la fraternidad sigue siendo la promesa incumplida de la modernidad. El aliento universal de la fraternidad que crece en la confianza recíproca parece muy debilitada —dentro de la ciudadanía moderna, como entre pueblos y naciones—. La fuerza de la fraternidad, que la adoración a Dios en espíritu y verdad genera entre los humanos, es la nueva frontera del cristianismo. Cada detalle de la vida del cuerpo y del alma en los que centellea el amor y la redención de la nueva criatura que se está formando en nosotros, nos sorprende como el verdadero y propio milagro de una resurrección ya en acto (cf. Col 3,1-2). ¡Que el Señor nos conceda multiplicar estos milagros!

Que el testimonio de san Francisco de Asís, con su capacidad de reconocerse como hermano de todas las criaturas terrenas y celestiales, nos inspire en su perenne actualidad. Que el Señor les conceda estar preparados para esta nueva fase de la misión, con las lámparas llenas del aceite del Espíritu, para iluminar el camino y guiar sus pasos. Son hermosos los pies de aquellos que llevan el anuncio gozoso del amor de Dios por la vida de cada uno y de todos los habitantes de la tierra (cf. Is 52,7; Rm 10,15).

Vaticano, 6 de enero de 2019

FRANCISCO

[00065-ES.01] [Texto original: Italiano]

[B0030-XX.02]