Messaggio Giornata Mondiale della Pesca 2018
Intervento di S.E. Mons. Paul R. Gallagher
Discorso conclusivo di Mons. Fernando Chica Arellano
In occasione della Giornata Mondiale della Pesca 2018 che si celebra oggi 21 novembre, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, la Missione dell’Osservatore permanente della Santa Sede e il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale-Sezione Apostolato del Mare hanno organizzato, presso la sede FAO di Roma, un incontro-evento sul tema I diritti del lavoro sono diritti umani - Lavorare insieme per i diritti dei pescatori e intensificare la lotta contro la tratta di esseri umani e il lavoro forzato nel settore della pesca.
Nel corso dell’incontro l’Em.mo Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha presentato il Messaggio della Santa Sede per la Giornata Mondiale della Pesca 2018. S.E. Mons. Paul R. Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati, ha pronunciato un intervento, mentre Mons. Fernando Chica Arellano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso la FAO, l’IFAD e il PAM, ha tenuto il discorso conclusivo.
Riportiamo di seguito il Messaggio e gli interventi pronunciati nel corso dell’incontro:
Messaggio per la Giornata della Pesca 2018
La Giornata Mondiale della Pesca fu istituita a Nuova Delhi, in India, il 21 novembre 1997, quando per la prima volta rappresentanti di pescatori artigianali e tradizionali e di lavoratori del settore ittico di 32 Paesi si riunirono per dare vita ad una loro organizzazione internazionale e si impegnarono a sostenere politiche e pratiche di pesca sostenibili a livello mondiale, e la giustizia sociale.
Per rendersi conto dell'importanza di celebrare la Giornata Mondiale della Pesca basti considerare i dati presentati dalla FAO nel 2016, che indicano che, a quella data, lavoravano (a tempo pieno, parziale o occasionale) nella pesca e nell’acquacoltura 59.6 milioni di persone, di cui quasi il 14% erano donne. La grande maggioranza della popolazione impegnata in questi settori proveniva da Asia (85%), seguita da Africa, America Latina e Caraibi, fornendo circa 171 milioni di tonnellate di pesce al mercato mondiale e generando un valore di prima vendita di produzione stimato in 320 miliardi di dollari. Le catene globali di valore del pesce, che includono la produzione, la lavorazione, la distribuzione e il commercio del prodotto, forniscono mezzi di sostentamento per circa 820 milioni di persone. Il consumo di pesce provvede all’incirca al 20% delle proteine animali di quasi 3,2 miliardi di persone.
Tuttavia, in queste cifre significative, che rivelano l'importanza e il contributo dei settori della pesca alla sicurezza alimentare, alla crescita economica e alla riduzione della povertà, si celano innumerevoli e persistenti problemi. Ai primi posti della lista, oltre agli abusi fisici e verbali, troviamo lo sfruttamento massiccio dei pescatori, che include numerosi casi di lavoro forzato, il traffico di esseri umani e la scomparsa in mare. Possiamo osservare un collegamento diretto tra tutti questi abusi e l'uso di bandiere di comodo, la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU), e il crimine transnazionale. Inoltre non dobbiamo dimenticare la sfida relativa alla sostenibilità degli stock marini, l'inquinamento e altri problemi ambientali.
In questa realtà inquietante e dolorosa, i lavoratori della pesca chiedono aiuto e noi, come Chiesa, non possiamo chiudere le orecchie, non possiamo restare in silenzio.
In occasione del 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (D.U.D.U.), desideriamo riaffermare l’Articolo 4 secondo cui “Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma” e ricordare l’Articolo 23:
1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
Questi diritti lavorativi fondamentali sono diritti umani e devono essere altresì i diritti dei pescatori!
Consci delle numerose problematiche presenti nel mondo della pesca, i Paesi membri delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite[1] hanno adottato e approvato diversi strumenti internazionali che, se ratificati e messi in atto da tutti gli Stati, potrebbero cambiare radicalmente la vita dei lavoratori della pesca e delle loro famiglie e lo stato ambientale delle risorse ittiche.
L'industria della pesca, considerata da molti come principale responsabile delle difficili condizioni di lavoro e di vita dei pescatori, è impegnata a trovare una soluzione a questi problemi attraverso la certificazione dei prodotti della pesca, mentre la società civile e i consumatori invitano i rivenditori ad esercitare una maggiore responsabilità nelle loro attività e ad esercitare la dovuta diligenza lungo l'intera catena di approvvigionamento.
Tuttavia, dalla lettura delle informazioni riportate dai mass media sulla questione e, soprattutto, dall’ascolto delle strazianti storie raccolte dai cappellani e dai volontari dell'Apostolato del Mare in tutto il mondo, sembra che questi sforzi non siano sufficienti in quanto il numero dei Governi che hanno ratificato gli strumenti internazionali è ancora piuttosto esiguo e in alcuni luoghi l’industria della pesca continua ancora a piegarsi alla politica della ricerca del profitto.
Come Chiesa, vogliamo ricordare l’esortazione di Papa Francesco a porre la persona prima del profitto: "... Dietro ogni attività c’è una persona. [...] L’attuale centralità dell’attività finanziaria rispetto all’economia reale non è casuale: dietro a ciò c’è la scelta di qualcuno che pensa, sbagliando, che i soldi si fanno con i soldi. I soldi, quelli veri, si fanno con il lavoro. È il lavoro che conferisce la dignità all’uomo non il denaro"[2].
Mentre celebriamo la Giornata Mondiale della Pesca, e ci auguriamo di sensibilizzare sempre più sulla situazione dei pescatori e creare cambiamenti fondamentali nelle loro vite, ci rivolgiamo alle agenzie internazionali affinché uniscano gli sforzi lasciando da parte le differenze, l'antagonismo e la rivalità al fine di sviluppare una tabella di marcia verso una diffusa ratifica e attuazione degli strumenti internazionali. Questa cooperazione dovrebbe essere perseguita a livello mondiale, regionale, nazionale e locale e garantire il coinvolgimento della società civile, dell'industria e dei venditori, delle ONG, dei sindacati e della Chiesa.
Lavorando assieme, possiamo arrestare il traffico di esseri umani e il lavoro forzato in mare, migliorare le condizioni di lavoro e sicurezza e combattere la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU), nella speranza di creare un settore della pesca sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale e commerciale.
Si tratta di una grande sfida, ma è anche l'unica speranza che abbiamo per riaffermare "il rispetto e l’osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali"[3] nell'industria della pesca globale.
Cardinale Peter K.A. Turkson
Prefetto
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[1] Organizzazione Internazionale Marittima (IMO), Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) e Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO).
[2]https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-09-07/intervista-papa-francesco-i-soldi-non-si-fanno-con-i-soldi-ma-con-il-lavoro-114036.shtml?uuid=AEf2V5lF
[3] Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, Preambolo.
[01884-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Intervento di S.E. Mons. Paul R. Gallagher
Mr. Director General,
Excellencies,
I am grateful for the invitation to participate in this Special event on the theme of Labour rights are human rights: working together to ensure the rights of fishers - fighting trafficking and forced labour in the fishing sector. Allow me to begin by expressing my gratitude to the FAO, the Dicastery for promoting Integral Human Development and the Permanent Mission of the Holy See to the FAO for providing us with the opportunity, on the occasion of World Fisheries Day, to focus our reflection on the importance of respect for fundamental human rights in this sector.
The legal framework of the Universal Declaration of Human Rights provides an important point of reference in efforts to promote social development and improve governance for fisheries in developing countries. While the fisheries sector in some countries lacks a systematic and sustained monitoring effort to track fundamental human rights concerns, which include, among other issues, forced evictions, detention without trial, child labour, forced labour and unsafe working conditions, as well as violence and personal security, these issues are by no means unique to fisheries. Fundamental human rights concerns affecting fishing communities are in many cases underappreciated and demand a more comprehensive monitoring and response.
The Holy See has always looked with particular attention to the reality of fishers, seafarers and their families. A clear indication of this involvement is the Apostolate of the Sea that has been active for more than a century, and in particular since 1957, when it was formally given its actual name. This initiative works for the pastoral, social, and material welfare of all seafarers and fishermen regardless of colour, race or creed.[1]
In line with this tradition, today I would like to speak about fisheries, sustainable development, the dignity of work, and how it is not possible to guarantee dignified work without also ensuring respect of fundamental human rights.
One year ago, as recalled by the ILO Deputy Director General Mr. Moussa Oumaru, the ILO Work in Fishing Convention came into force, 10 years after its adoption. This was good news for more than 58 million people that are engaged in the sector. As the ILO data reported, approximately 37 percent of them are engaged full time, 23 percent part time, and the remainder are either occasional fishers or of unspecified status. Over 15 million are working full-time on board fishing vessels.[2] In 2016, the total fish production reached an all-time high of 171 million tonnes, of which 88 percent was utilized for direct human consumption that resulted in a record-high per capita annual consumption of 20.3 kg.[3] Such data clearly indicate that this sector is of fundamental importance not only for its economical impact but, even more, in providing food for millions of people and the sustainability for thousands of coastal communities, in particular in the developing world. The goal of the Work in Fishing Convention is to prevent unacceptable forms of work for fishers all over the world, with a special focus on migrant fishers. While commending this important document, we are here today because a lot of work remains to be done to ensure that every employee in the fishing industry can enjoy the full respect of their human dignity.
In the last decades, globalisation has witnessed the onset of more competition, inadequate wages and often harsh conditions for workers in this sector. In many countries, labour protections often remain inadequate or unenforced, exploitation is common as well as child-labour and human trafficking. Unfortunately, fishery is one of the sectors in which we can see the most degrading and inhuman work conditions that are almost always followed by further negative repercussions, such as ongoing poverty and the absence of due respect for human dignity. We should not forget, furthermore, that the thousands of people involved in the commercial sea routes, which account for 90% of the merchandise transported globally, are often forced to spend weeks far from their families and communities in almost complete isolation. All of these situations that we are speaking about affect entire communities and, disproportionately, the most vulnerable and the poor, fostering marginalisation and exclusion.
Moreover, in the attempt to tackle these problems, we face cross-cutting issues that link together not only labour exploitation, child-labour and human trafficking, but even climate change and food security. In fact, the sustainability of the environment is at risk due to the excessive exploitation of maritime resources and illegal or unregulated fishing practices. If not properly addressed, these practices may jeopardize the food security of many countries, bringing economical damages and environmental problems, as well as harming the future of the next generations.
The Holy See, indeed, supports the approach presented in the most recent report of the FAO on “The State of World Fisheries and Aquaculture 2018” that affirms how “fisheries are not just seen as resources; they are also viewed as sources of livelihoods (e.g. income, food, employment), sites of expression of cultural values, and a buffer against shocks for poor communities.[4] Indeed, to tackle cross-cutting issues, the focus should be on sustainability and accountability, and international organizations should play a pivotal role in this regard. The international community should push for a more comprehensive and resolute approach, taking into account that, too often, small-scale fishers are left behind, because development policies have failed to address the structural uncertainties linked with their situation.
Since many of the problems of this sector are so firmly rooted, it is difficult to imagine how the action of any one international organisation, NGO or even government could solve them on their own. What is needed is the cooperation of all of these actors, so as to obtain effective and concrete results that will allow for change in the lives of millions of poor and marginalised fishermen. The Universal Declaration of Human Rights, which celebrates its seventieth anniversary on December 10th, represents that kind of “shared” approach, based upon the fundamental cornerstone of the entire human rights framework that we should try to preserve, implement and replicate.
The Universal Declaration on Human Rights is the first and most important document from which began the international juridical discussion on human freedom and dignity. Unfortunately, the consensus that allowed the ratification of that document has weakened and the human rights framework is now facing new challenges and a growing lack of legitimacy all over the world.
Recognizing the legal framework already in place, we may identify three possible areas of action for facilitating a human rights-based approach in reforming the fisheries sector: (a) strengthening the capacity of this framework, to raise awareness of it, and to respond to specific incidents of fundamental human rights abuse; (b) applying a human rights-based approach to address the roots of vulnerability and exclusion in fishing-dependent communities; and (c) supporting fundamental human rights advocacy as a driver in the reform of the fisheries sector. These priorities for action, if implemented together, may help reduce the incidence of rights violations in fishing communities and improve the recourse available when there are legitimate grievances. Pursuing these priorities necessarily means a shift in orientation—or an expansion of the realm of attention—for many initiatives aimed at reforming the fisheries sector. Fundamental human rights advocacy can help create the conditions for small-scale fishing communities to have a voice in decisions regarding the allocation of resource rights, as well as to argue for social justice more broadly. Only then can we reasonably expect local fishing communities to commitment themselves to building sustainable resource management over the long term. Regional economic and political groupings (such as the Association of Southeast Asian Nations, African Union, and the European Union), UN agencies, and other international institutions can exert different forms of pressure on States to act in accordance with international treaties on human rights. They can also incorporate fundamental human rights principles in global codes of conduct and regional agreements, as the European Union has done recently in its new fishing agreements with developing countries. Fishery sector organizations, from state agencies to producer and community organizations, can also play a critical role as proponents of reform, as monitors of progress, and as advocates of best practices to share with others. To remain grounded in local priorities, however, all such efforts need to recognize and reinforce the efforts of those whose rights are at risk.
In conclusion, we need to collaborate today more than ever before. We should propose a broader and more inclusive approach to the issues related to fisheries, aware of the suffering of so many brothers and sisters employed along the full length of the supply chain.
In this seventieth anniversary of the Universal Declaration of Human Rights, we should take the consensus that allowed the approval of this fundamental document as an example of overcoming a strictly economic approach, so as to emphasise the right to decent and safe work for everyone.
The Holy See strongly supports the efforts of the international community to put an end to the abuse and criminal practices still present in the fishery sector, it commends the work done by the FAO and assures its cooperation, as much as possible, through the involvement of Catholic institutions.
Thank you for your kind attention.
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[1] http://www.apostolatusmaris.org/about/
[2] https://www.ilo.org/global/industries-and-sectors/shipping-ports-fisheries-inland-waterways/fisheries/lang--en/index.htm
[3] http://www.fao.org/3/i9540en/I9540EN.pdf
[4] http://www.fao.org/3/i9540en/I9540EN.pdf
[01880-EN.01] [Original text: English]
Discorso conclusivo di Mons. Fernando Chica Arellano
Señor Director General de la FAO,
Señor Vicedirector General de la OIT,
Eminencia,
Excelencias,
Señoras y señores,
Amigos y amigas todos:
Deseo concluir este encuentro con algunas breves reflexiones. Esta mañana hemos centrado nuestra atención en la cuestión del tráfico de personas y del trabajo forzado en el sector de la pesca, y nos hemos detenido, en particular, en la dimensión jurídica de este problema, denunciando que estas prácticas constituyen una violación de los derechos humanos de los pescadores.
¿Permaneceremos nosotros indiferentes ante este drama, sobre todo este año en el que se celebra el 70° Aniversario de la Declaración Universal de los Derechos Humanos? No podemos contentarnos con constatar datos, aludir a estadísticas, enumerar deseos o señalar injusticias. Estoy seguro de que nuestro encuentro servirá de vehemente estímulo para promover acciones eficaces y emprender un esfuerzo conjunto que ponga fin a fenómenos tan dolorosos como los aquí referidos. Éstos no pueden quedar reducidos a meros y fugaces titulares de prensa. Son tragedias que viven personas desvalidas e indefensas. Ante ellas, nadie puede mirar para otro lado, evadirse insinuando que es un problema ajeno y distante. Nadie puede sentirse excluido de implicarse en la lucha contra una lacra que debería extirparse cuanto antes. Merece la pena sostener esta noble causa. Porque ciertamente existe el riesgo de circunscribirnos a recordar los principios, afirmar las intenciones, destacar los estridentes desafueros y formular denuncias. En cambio, para dar un peso real a las palabras que hemos pronunciado hoy, es esencial una toma de conciencia más viva de las desdichas que viven estas personas, hacer propio su dolor, ponerse en su penosa situación y, con responsabilidad y firme voluntad, dar paso a la acción, a medidas que sean vigorosas y saquen a quienes más padecen de su postración[1]. Todos, organismos públicos y privados, entes estatales y regionales, organizaciones intergubernamentales y no gubernamentales, sociedad civil y sector privado, todos hemos de sentirnos comprometidos y llamados a dejar la retórica y los lugares comunes a un lado para dar curso a programas y decisiones incisivas que devuelvan la dignidad a quien la ha perdido en el sector pesquero.
De hecho, el trabajo, que es una actividad a través de la cual se expresa y se acrecienta la dignidad de las personas humanas[2], no puede y no debe convertirse en aquello que, por el contrario, la quita. El trabajo no puede y no debe convertirse en una realidad que obliga a los seres humanos a vivir prisioneros en las “periferias existenciales” de las que se hace difícil salir. El trabajo no puede y no debe convertirse en expresión de esa cultura del “descarte”, de la que a menudo habla el Papa Francisco, y que transforma a las personas más excluidas y marginadas en “sobrantes”[3], es decir, en seres humanos que se dejan atrás, olvidados inmisericordemente, postergados y preteridos en infinidad de ocasiones.
He ahí por qué la Santa Sede, una y otra vez, alza su voz en defensa de los pescadores que son víctimas de la trata, tráfico de personas y trabajo forzado. Como apenas se ha evidenciado en el Mensaje para el Día mundial de la Pesca 2018, sirve sobre todo reafirmar los principios contenidos en la Declaración Universal de los Derechos Humanos, preciosa hoja de ruta que nos orienta en la salvaguarda y tutela de la dignidad humana en el mundo laboral, porque no puede existir ningún trabajo que plenifique realmente a la persona sin el respeto de los derechos humanos fundamentales.
Por esta razón es necesario no solo conocer o estudiar aquellos instrumentos internacionales que puedan defender a los trabajadores cuando ven lesionados sus derechos más básicos y fundamentales. No es una simple cuestión de erudición. Lo que realmente hoy se precisa es una esmerada aplicación de los mismos, y esto requiere la voluntad de las partes involucradas.
Es igualmente esencial robustecer el papel de todos los operadores que forman parte de las organizaciones gubernamentales y no gubernamentales y que actúan cotidianamente para ser valedores de los pescadores que son víctimas de crueles penalidades. Resulta perentorio apoyar a cuantos defienden a los trabajadores, para que sigan dando lo mejor de sí mismos y comprometiéndose con todos los medios a su alcance para que los derechos humanos de estos últimos sean reconocidos y tutelados.
Y también es importante subrayar otro aspecto. Tiene que ver con el crecimiento de la responsabilidad social de las empresas dedicadas al comercio de la pesca. Al respecto, se han dado pasos significativos, realmente positivos, pero puede avanzarse aún más. Es un desafío siempre presente, considerando asimismo que las situaciones que comportan violaciones de los derechos humanos de aquellos que trabajan en este sector se pueden verificar en todas las fases de la cadena de valores, especialmente en el curso de las actividades que tienen que ver con la captura, la cría y la elaboración de los productos pesqueros. En este sentido, es imprescindible promover una cultura empresarial y financiera que ponga en el centro a la persona humana y la calidad de las relaciones entre personas, «de modo que cada empresa practique una forma de responsabilidad social que no sea meramente marginal u ocasional, sino que anime desde dentro todas sus acciones, orientándola socialmente»[4]. En definitiva, como tantas veces han evidenciado los ilustres oradores que hemos escuchado esta mañana, nunca será tiempo perdido el empleado para mejorar las condiciones de quienes viven del sector pesquero, con toda la rica vitalidad de sus componentes. Ciertamente se perciben progresos, pero falta todavía camino por recorrer para que se cancele cualquier fenómeno que vulnere los derechos humanos de los pescadores. En este sentido, ayudará mucho tener en cuenta que, al ejercer la actividad pesquera, no podemos olvidar que los recursos naturales del planeta son limitados y que es fundamental preservar la biodiversidad acuática, pues lo que contiene la tierra y el mar no podemos esquilmarlo o agotarlo, arrastrados por una malsana avidez. Es una riqueza que no nos pertenece y que debemos restituirla a aquellos que nos la han prestado, que son las generaciones que vienen detrás de nosotros. A éstas, no podemos restituirle un conjunto de problemas, sino un mundo mejor, bello y armonioso. Y esto solo lo llevaremos a cabo si nos sentimos deudores de los pobres, de los niños y de los jóvenes.
Por este motivo, una pesca sostenible y respetuosa con el medio ambiente no es algo opcional. Es más bien un prerrequisito para preservar la vida y los derechos humanos de las generaciones venideras. Pero todo esto no se dará sin el concurso de todos. Será la sinergia de proyectos, ideas, medidas, esfuerzos, convenciones y compromisos la que alcance tan deseable y justa meta.
Señoras y señores, no puedo concluir sin agradecer de corazón al Prof. José Graziano da Silva, Director General de la FAO, su cortés hospitalidad y su valiosa colaboración en la celebración de esta Jornada. Gracias a todos los funcionarios de esta benemérita Organización, que con gran profesionalidad han trabajado duramente para que nosotros pudiéramos estar hoy aquí.
Vaya mi cordial agradecimiento también al Sr. Moussa Oumarou, que representa al Director General de la OIT y que ha tenido la gentileza de venir desde Ginebra. Con sus palabras ha testimoniado la importancia que este Organismo otorga a esta temática.
Agradezco especialmente al señor Cardenal Prefecto del Dicasterio para el Servicio del Desarrollo Humano Integral por la presentación del Mensaje de la Santa Sede para el Día mundial de la Pesca 2018, así como al Excelentísimo Monseñor Secretario para las Relaciones con los Estados de la Secretaría de Estado por la presencia en este evento y por las agudas y atinadas consideraciones con que nos ha ilustrado a todos los aquí presentes.
Mi agradecimiento, así como mi reconocimiento, va también a los demás relatores que han descrito la actividad que están llevando a cabo en sus respectivas Instituciones. En fin, deseo expresar mi más sincera gratitud a todos ustedes que han participado en este encuentro por la atención y el interés que han demostrado.
Muchas gracias.
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[1] Cf. San Pablo VI, Carta apostólica Octogesima Adveniens, n. 48.
[2] Cf. San Juan Pablo II, Laborem Exercens, n. 9.
[3] Cf. Francisco, Evangelii Gaudium, n. 53.
[4] Congregación para la Doctrina de la Fe y Dicasterio para el servicio del Desarrollo Humano Integral, Oeconomicae et pecuniariae quaestiones, n. 23.
[01881-ES.01] [Texto original: Español]
[B0865-XX.01]