Visita alla Cattedrale di San Giacomo a Riga
Saluto del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione di lavoro in lingua lettone
Alle ore 11.30 locali (10.30 ora di Roma), il Santo Padre Francesco è giunto alla Cattedrale di San Giacomo a Riga. Al suo arrivo il Papa è stato accolto dal Parroco, che gli ha porto il crocifisso e l’acqua benedetta per l’aspersione. Quindi una coppia di anziani hanno donato al Papa dei fiori che Egli ha deposto davanti all’immagine della Vergine.
Introdotto dall’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Riga, S.E. Mons. Zbigņevs Stankevičs, il Santo Padre ha rivolto il Suo saluto ai presenti.
Dopo la recita del Padre Nostro e la benedizione finale, ha avuto luogo lo scambio dei doni.
Successivamente, il Papa si è recato a piedi alla Casa della Santa Famiglia a Riga dove ha pranzato con i Vescovi della Conferenza Episcopale di Lettonia. Prima di congedarsi, il Santo Padre ha consegnato un dono alla Casa Arcidiocesana e salutato alcuni benefattori e collaboratori.
Quindi si è recato in auto al Riga Harbour Helipad da dove, alle ore 14.30 locali (13.30 ora di Roma), è partito in elicottero per il Santuario Internazionale della Madre di Dio di Aglona.
Pubblichiamo di seguito il saluto che il Papa ha rivolto ai fedeli nel corso della visita alla Cattedrale di San Giacomo:
Saluto del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle!
Ringrazio l’Arcivescovo per le sue parole e la sua attenta analisi della realtà. La vostra presenza, fratelli anziani, mi ricorda due espressioni della Lettera dell’apostolo Giacomo, al quale è intitolata questa Cattedrale. All’inizio e alla fine della lettera egli ci invita alla costanza, usando però due termini diversi. Sono certo che possiamo sentire la voce del “fratello del Signore” che oggi vuole rivolgersi a noi.
Voi qui presenti siete stati sottoposti ad ogni sorta di prove: l’orrore della guerra, e poi la repressione politica, la persecuzione e l’esilio, come ha ben descritto il vostro Arcivescovo. E siete stati costanti, avete perseverato nella fede. Né il regime nazista né quello sovietico hanno spento la fede nei vostri cuori e, per alcuni di voi, non vi hanno fatto desistere neppure dal dedicarvi alla vita sacerdotale, religiosa, a essere catechisti, e a diversi servizi ecclesiali che mettevano a rischio la vita; avete combattuto la buona battaglia, state per concludere la corsa, e avete conservato la fede (cfr 2 Tm 4,7).
Ma l’apostolo Giacomo insiste sul fatto che questa pazienza supera la prova della fede facendo emergere opere perfette (cfr 1,2-4). Il vostro operare sarà stato perfetto allora, e dovrà tendere ancora alla perfezione nelle nuove circostanze. Voi, che vi siete spesi corpo e anima, che avete dato la vita inseguendo la libertà della vostra patria, tante volte vi sentite dimenticati. Benché suoni paradossale, oggi, in nome della libertà, gli uomini liberi assoggettano gli anziani alla solitudine, all’ostracismo, alla mancanza di risorse e all’esclusione, e perfino alla miseria. Se è così, il cosiddetto treno della libertà e del progresso finisce per avere, in coloro che hanno lottato per conquistare diritti, la sua carrozza di coda, gli spettatori di una festa altrui, onorati e omaggiati, ma dimenticati nella vita quotidiana (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 234).
L’apostolo Giacomo ci invita a essere costanti, a non abbassare la guardia. «In questo cammino, lo sviluppo del bene, la maturazione spirituale e la crescita dell’amore sono il miglior contrappeso nei confronti del male» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 163). Non cedete allo sconforto, alla tristezza, non perdete la dolcezza e, meno ancora, la speranza!
Concludendo la sua epistola, san Giacomo torna ad invitare alla costanza (5,7), ma utilizza una parola che unisce due significati: sopportare pazientemente e sperare pazientemente. Vi incoraggio ad essere anche voi, in seno alle vostre famiglie e alla vostra patria, esempio di entrambi questi atteggiamenti: sopportazione e speranza, tutt’e due impregnate di pazienza. Così continuerete a costruire il vostro popolo. Voi, che avete attraversato molte stagioni, siete testimonianza viva di costanza nelle avversità, ma anche del dono della profezia, che ricorda alle giovani generazioni che la cura e la protezione di quelli che ci hanno preceduto sono gradite e apprezzate da Dio, e che gridano a Dio quando sono disattese. Voi che avete attraversato molte stagioni, non dimenticatevi che siete radici di un popolo, radici di giovani germogli che devono fiorire e portare frutto; difendete queste radici, mantenetele vive perché i bambini e i giovani si innestino lì, e capiscano che «tutto ciò che sull’albero è fiorito / vive di ciò che giace sotterrato» (F. L. Bernárdez, sonetto Si para recobrar lo recobrado).
Come dice l’iscrizione sul pulpito di questo tempio: «Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore» (Sal 95,7-8). Il cuore duro è quello sclerotizzato, quello che perde la gioia della novità di Dio, che rinuncia alla giovinezza di spirito, a gustare e vedere che sempre, in ogni tempo e fino alla fine, è buono il Signore (cfr Sal 34,9).
[01440-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Chers frères et sœurs,
Je remercie l’archevêque pour ses paroles et son analyse attentive de la réalité. Votre présence, chers frères âgés, me rappelle deux expressions de la Lettre de l’apôtre Jacques, le titulaire de cette cathédrale. Au début et à la fin de la lettre, il nous invite à la constance, mais en utilisant deux mots différents. Je suis sûr que nous pouvons entendre la voix du «frère du Seigneur» qui veut s’adresser à nous aujourd’hui.
Vous qui êtes ici présents, vous avez été soumis à toutes sortes d’épreuves: l’horreur de la guerre, ensuite la répression politique, la persécution et l’exil, comme l’a bien décrit votre archevêque. Et vous avez été constants, vous avez persévéré dans la foi. Ni le régime nazi, ni le régime soviétique n’ont éteint la foi dans vos cœurs et, pour certains d’entre vous, ne vous ont pas fait non plus renoncer à la vie sacerdotale, religieuse, à être catéchiste et à divers services ecclésiaux qui mettaient en danger votre vie. Vous avez combattu le bon combat, vous êtes sur le point de terminer la course et vous avez gardé la foi (cf. 2Tm 4, 7).
Mais l’Apôtre Jacques insiste sur le fait que cette patience vainc l’épreuve de la foi en faisant apparaître les œuvres parfaites (cf. 1, 2-4). Votre agir aura alors été parfait et devra tendre encore à la perfection dans les circonstances nouvelles. Vous qui vous êtes dépensés corps et âme, qui avez donné votre vie pour la liberté de votre patrie, vous vous sentez souvent oubliés. Même si cela semble paradoxal, aujourd’hui, au nom de la liberté, les hommes libres soumettent les personnes âgées à la solitude, à l’ostracisme, au manque de ressources et à l’exclusion, voire à la misère. S’il en est ainsi, le soi-disant train de la liberté et du progrès finit par avoir, comme wagon de queue, ceux qui ont lutté pour conquérir des droits, spectateurs d’une fête pour les autres, honorés et remerciés, mais oubliés dans la vie quotidienne (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 234).
L’apôtre Jacques nous invite à être constants, à ne pas baisser la garde. «Sur ce chemin, le progrès du bien, la maturation spirituelle et la croissance de l’amour sont les meilleurs contrepoids au mal » (Exhort. ap. Gaudete et exsultate, n. 163). Ne cédez pas au découragement ni à la tristesse, ne perdez pas la douceur et, moins encore, l’espérance!
En terminant sa lettre, saint Jacques invite de nouveau à la constance (5, 7), mais il utilise un mot qui a deux significations: supporter patiemment et espérer patiemment. Je vous encourage à être vous aussi, au sein de vos familles et de votre patrie, un exemple de ces deux attitudes: endurance et espérance, toutes deux imprégnées de patience. Vous continuerez ainsi à construire votre peuple. Vous qui avez traversé beaucoup de saisons, vous êtes un témoignage vivant de constance dans l’adversité, mais aussi du don de la prophétie, qui rappelle aux jeunes générations que le soin et la protection de ceux qui nous ont précédés sont appréciés par Dieu, et que le fait de les écarter crie vers lui. Vous qui avez traversé beaucoup de périodes, n’oubliez pas que vous êtes les racines d’un peuple, les racines des jeunes bourgeons qui doivent fleurir et porter du fruit; défendez ces racines, gardez-les vivantes pour que les enfants et les jeunes s’y greffent et comprennent que «tout ce qui, sur l’arbre, a fleuri, vit de ce qui se trouve sous terre (F.L. Bernardez, sonnet Si para recobrar lo recobrado). Comme le dit l’inscription sur le pupitre de ce temple: «Si vous écoutez aujourd’hui sa voix, n’endurcissez pas votre cœur» (Ps 95, 7-8). Le cœur dur, c’est le cœur sclérosé, celui qui perd la joie de la nouveauté de Dieu, qui renonce à la jeunesse d’esprit, à savourer et voir que toujours, en tout temps et jusqu’à la fin, le Seigneur est bon (cf. Ps 33, 9).
[01440-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Dear Brothers and Sisters,
I thank the Archbishop for his kind words and his clear analysis of how things stand. Being in your presence, dear elderly brothers and sisters, reminds me of two phrases in the Letter of the Apostle Saint James, to whom this Cathedral is dedicated. At the beginning and at the end of his Letter, albeit using two different words, he encourages us to remain steadfast. I am certain that we can appreciate the message that James, the brother of the Lord, wants us to hear.
Those of you who are present were subjected to any number of trials: the horror of war, then political repression, persecution and exile, as your Archbishop has described. Yet you remained steadfast; you persevered in faith. Neither the Nazi regime, nor the Soviet regime could extinguish the faith in your hearts. Neither could they stop some of you from becoming priests, religious sisters, catechists, or from serving the Church in other ways that put your lives at risk. You fought the good fight; you ran the race, you kept the faith (cf. 2 Tm 4:7).
Saint James stresses that this constancy in faith overcomes trials and produces perfect works (cf. 1:2-4). Your work, however perfect in those days, must also tend to perfection in today’s new situations. You, who devoted body and soul, who have given your life to winning freedom for your native land, now often find yourselves cast aside. Paradoxical as it may seem, nowadays, in the name of freedom, free men and women subject the elderly to solitude, abandonment, lack of assistance, social exclusion and even poverty. If that is the case, then the so-called train of freedom and progress has ended up with the very people who fought to gain those rights as its last car, onlookers at other people’s party, honoured in words but forgotten in daily life (cf. Evangelii Gaudium, 234).
Saint James tells you nonetheless to persevere, not to give up. “Along this journey, the cultivation of all that is good, progress in the spiritual life and growth in love are the best counterbalance to evil” (Gaudete et Exsultate, 163). Do not yield to disappointment or grief. Do not lose your gentleness, much less your hope.
At the end of his Letter, Saint James once more exhorts us to be patient (5:7). There, he uses a word that implies both patient endurance and patient expectation. In your families and your homeland, I encourage you to be also an example of both these attitudes: patient endurance and patient expectation, both marked by patience. In this way you will continue to build your people. Because of your length of years, you are living witnesses of perseverance in the face of adversity, but also a prophetic gift to remind younger generations that the care and protection of those who have gone before us is loved and valued by God, and cries out to God when it is disregarded. Because of your length of years, do not forget that you are the roots of a people, the roots of young shoots that need to flourish and bear fruit. Protect those roots; keep them alive, so that children and young people can be grafted onto them and come to understand that “all the blossoms on the tree draw life from lies buried beneath” (F. L. BERNÁRDEZ, Sonnet Si para recobrar lo recobrado).
The words inscribed on the pulpit of this Cathedral say: “O that today you might hear his voice! Harden not your hearts” (cf. Ps 95:7-8). A hardened heart is one that has become sclerotic and lost the joy of God’s constant newness. May we never cease to be young of heart, to taste and see the goodness of the Lord, always, to the very end of our days (cf. Ps 34:9).
[01440-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Liebe Schwestern und Brüder,
ich danke dem Erzbischof für seine Worte und für seine sorgfältige Analyse der Situation. Eure Anwesenheit, ältere Brüder und Schwestern, erinnert mich an zwei Aussagen aus dem Brief des Apostels Jakobus, dem diese Kathedrale geweiht ist. Am Anfang und am Ende des Briefes lädt er uns ein, beständig zu sein, aber mit zwei verschiedenen Ausdrücken. Ich bin sicher, dass wir die Stimme des „Herrenbruders“ hören können, der heute zu uns sprechen will.
Ihr, die ihr hier anwesend seid, wurdet allen möglichen Prüfungen unterzogen: dem Schrecken des Krieges und dann der politischen Unterdrückung, der Verfolgung und dem Exil, wie es euer Erzbischof gut beschrieben hat. Und ihr wart beständig, ihr habt im Glauben ausgeharrt. Weder das NS-Regime noch jenes sowjetische haben den Glauben in euren Herzen ausgelöscht. Einige von euch konnte man trotz Lebensgefahr nicht davon abbringen, als Priester- und Ordensleute, als Katecheten und in vielen anderen kirchlichen Diensten zu wirken; ihr habt den guten Kampf gekämpft, ihr seid dabei, den Lauf zu vollenden, und ihr habt die Treue bewahrt (vgl. 2 Tim 4,7).
Aber der Apostel Jakobus besteht darauf, dass diese Geduld die Prüfung des Glaubens übertrifft und vollkommene Werke hervorbringt (vgl. 1,2-4). Euer Wirken wird damals vollkommen gewesen sein, und es sollte auch unter den neuen Umständen nach Perfektion streben. Ihr, die ihr Leib und Seele aufgerieben und euer Leben eingesetzt habt für die Erlangung der Freiheit eures Landes, fühlt euch oft vergessen. So paradox es klingen mag, heute überlassen freie Menschen die Älteren im Namen der Freiheit der Einsamkeit, der Verlassenheit, der Hilflosigkeit und der Ausgrenzung, ja sogar der Armut. Wenn das so ist, dann hat der sogenannte „Zug der Freiheit und des Fortschritts“ diejenigen, die für diese Rechte gekämpft haben, in den letzten Wagen abgeschoben, wo sie zu Zuschauern eines Festes wurden, das andere feiern. Sie werden zwar geehrt und ausgezeichnet, aber im täglichen Leben vergessen (vgl. Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 234).
Der Apostel Jakobus lädt uns ein, beständig zu sein und nicht aufzugeben. »Auf diesem Weg ist das Wachstum im Guten, in der geistlichen Reife und der Liebe das beste Gegengewicht zum Bösen« (Apostolisches Schreiben Gaudete et exsultate, 163). Gebt nicht der Enttäuschung und der Traurigkeit nach, verliert nicht die Milde und noch weniger die Hoffnung.
Am Ende seines Briefes lädt der heilige Jakobus noch einmal zur Geduld ein (5,7), aber er benutzt ein Wort, das zwei Bedeutungen hat: geduldig ertragen und geduldig erhoffen. Ich ermutige euch, dass auch ihr inmitten eurer Familien und eurer Heimat ein Beispiel für diese beiden Haltungen seid: das Ertragen und das Hoffen, beides durchtränkt von Geduld. So könnt ihr weiterhin zum Aufbau eures Volkes beitragen. Ihr, die ihr schon viele Zeiten durchlaufen habt, seid ein lebendiges Zeugnis für Beständigkeit unter widrigen Umständen, aber auch für die Gabe der Prophetie, welche die jungen Generationen daran erinnert, dass die Fürsorge und der Schutz derer, die vor uns kamen, Gott wohlgefällig ist, und dass es zum Himmel schreit, wenn solches verwehrt wird. Ihr, die ihr viele Zeiten durchlaufen habt, vergesst nicht, dass ihr Wurzeln eines Volkes seid, Wurzeln junger Triebe, die blühen und Früchte tragen sollen; bewahrt diese Wurzeln, haltet sie am Leben, damit die Kinder und jungen Menschen sich daran veredeln können und damit sie verstehen: »Was der Baum an Blüten trägt / lebt von dem, was er unter der Erde hat« (F. L. Bernárdez, Sonett Si para recobrar lo recobrado).
Die Inschrift auf der Kanzel dieses Gotteshauses lautet: »Würdet ihr doch heute auf seine Stimme hören! Verhärtet euer Herz nicht« (Ps 95,7-8). Das verhärtete Herz ist jenes verkrustete, welches die Freude an der Neuheit Gottes verloren hat, sich der Jugendlichkeit des Geistes verschließt und es ablehnt zu kosten und zu sehen, wie gut der Herr ist, immer, zu aller Zeit und bis zum Ende (vgl. Ps 34,9).
[01440-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Queridos hermanas y hermanos:
Agradezco las palabras del arzobispo y su preciso análisis de la realidad. Vuestra presencia, hermanos más mayores, me hace recordar dos expresiones de la carta del apóstol Santiago, a quien está dedicada esta catedral. Al comienzo y al final de la carta nos invita a la constancia, pero usando dos términos diversos. Estoy seguro de que podemos sentir la voz del hermano del Señor que hoy quiere dirigirse a nosotros.
Vosotros aquí presentes habéis sido sometidos a toda clase de pruebas: el horror de la guerra, y después la represión política, la persecución y el exilio, como bien ha descrito vuestro arzobispo. Y habéis sido constantes, habéis perseverado en la fe. Ni el régimen nazi, ni el soviético apagó la fe en vuestros corazones y, en algunos de vosotros, incluso, no os hizo desistir de entregaros a la vida sacerdotal o religiosa, a ser catequistas, y a múltiples servicios eclesiales que ponían en riesgo la vida; habéis combatido el buen combate, estáis por concluir la carrera, y habéis conservado la fe (cf. 2 Tm 4,7).
Pero el apóstol Santiago insiste en que esta paciencia supera la prueba de la fe haciendo emerger obras perfectas (cf. 1,2-4). Vuestro obrar habrá sido perfecto en aquel entonces y deberá tender, en las nuevas circunstancias, también a la perfección. Vosotros, que habéis ofrecido cuerpo y alma, que habéis dado la vida en pos de la libertad de vuestra patria, muchas veces os veis relegados. Aunque suene paradójico, hoy, en nombre de la libertad, los hombres libres someten a los ancianos a la soledad, al ostracismo, a la falta de recursos, a la exclusión, y hasta a la miseria. Si es así, el supuesto tren de la libertad y el progreso acaba teniendo, en quienes lucharon por conquistar derechos, su furgón de cola, los espectadores de una fiesta que es de otros, los honrados en homenajes, pero olvidados en la vida cotidiana (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, 234).
El apóstol Santiago nos invita a ser constantes, a no bajar los brazos. «En este camino, el desarrollo de lo bueno, la maduración espiritual y el crecimiento del amor son el mejor contrapeso ante el mal» (Exhort. ap. Gaudete et exsultate, 163). No cedáis a la decepción, a la tristeza, no perdáis la dulzura y, menos aún, la esperanza.
Terminando su epístola, Santiago vuelve a invitar a la paciencia (5,7), pero utiliza una palabra que reúne dos significados: soportar pacientemente y esperar pacientemente. Os animo a que seáis también vosotros, en medio de vuestras familias y de vuestra patria, ejemplo de estas actitudes: soportar y esperar, las dos llenas de paciencia. Así continuaréis a construir vuestro pueblo. Vosotros, que habéis transitado muchos tiempos, sed testimonio vivo de tesón en la adversidad, pero también del don de profecía, que recuerda a las jóvenes generaciones que el cuidado y protección de los que nos antecedieron es querido y valorado por Dios, y que clama a Dios cuando es desoído. Vosotros, que habéis transitado muchas épocas, no os olvidéis de que sois raíces de un pueblo, raíces de retoños jóvenes que deben florecer y dar frutos; defended esas raíces, mantenedlas vivas para que los niños y jóvenes se injerten allí, que ellos entiendan que «lo que el árbol tiene de florido/ vive de lo que tiene sepultado» (F. L. Bernárdez, soneto Si para recobrar lo recobrado).
Como dice la frase inscrita en el púlpito de este templo: «Ojalá escuchéis hoy la voz del Señor, no endurezcáis el corazón» (Sal 95,7-8). El corazón duro y esclerotizado es aquel que pierde la alegría de la novedad de Dios, el que renuncia a la juventud de ánimo, a gustar y ver qué bueno es siempre, en todo tiempo y hasta el final, el Señor (cf. Sal 34,9).
[01440-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Amados irmãos e irmãs!
Agradeço ao Arcebispo as suas palavras e a sua solícita análise da realidade. A vossa presença, irmãos idosos, lembra-me duas expressões da Carta do apóstolo Tiago, a quem está dedicada esta catedral. No início e no fim da carta, ele convida-nos à constância, mas usando dois termos diferentes. Estou certo de que podemos ouvir a voz do «irmão do Senhor», que hoje quer dirigir-se a nós.
Vós, que aqui vos encontrais, estivestes sujeitos a toda a espécie de provações: o horror da guerra e, depois, a repressão política, a perseguição e o exílio, como bem descreveu o vosso Arcebispo. E mantivestes-vos constantes, perseverastes na fé. Nem o regime nazista nem o soviético apagaram a fé nos vossos corações e, a alguns de vós, não vos fizeram sequer desistir de vos dedicardes à vida sacerdotal, religiosa, à catequese e a vários outros serviços eclesiais que punham em risco a vida; combatestes o bom combate, estais para terminar a corrida e conservastes a fé (cf. 2 Tm 4, 7).
Mas o apóstolo Tiago insiste no facto de que esta paciência vence a prova a que está sujeita a fé, quando gera obras perfeitas (cf. Tg 1, 2-4). Então a vossa atividade foi perfeita, mas terá ainda de tender para a perfeição nas novas circunstâncias. Vós, que vos devotastes de corpo e alma, que destes a vida buscando a liberdade da vossa pátria, muitas vezes tendes a sensação de ficar esquecidos. Embora pareça paradoxal, hoje, em nome da liberdade, os homens livres abandonam os idosos à solidão, ao ostracismo, à falta de recursos, à exclusão e até mesmo à miséria. Se assim for, o chamado comboio da liberdade e do progresso acaba por ter, naqueles que lutaram para conquistar direitos, a sua carruagem de cauda, os espetadores duma festa alheia, honrados e homenageados, mas esquecidos na vida diária (cf. Exort. ap. Evangelii gaudium, 234).
O apóstolo Tiago convida-nos a ser constantes, não deixando diminuir a vigilância. «Neste caminho, o progresso do bem, o amadurecimento espiritual e o crescimento do amor são o melhor contrapeso ao mal» (Exort. ap. Gaudete et exsultate, 163). Não cedais ao desânimo, à tristeza, nem percais a doçura e, menos ainda, a esperança!
Na conclusão da sua epístola, São Tiago volta a convidar à constância (5, 7), mas emprega uma palavra que combina dois significados: suportar pacientemente e esperar pacientemente. Encorajo-vos a serdes também vós, dentro das vossas famílias e da vossa pátria, exemplo de ambas as atitudes: suportação e esperança, e as duas impregnadas de paciência. Assim continuareis a progredir na construção do vosso povo. Vós, que já atravessastes muitas estações, sede testemunho vivo não apenas de constância nas adversidades, mas também do dom da profecia, que lembra às gerações jovens que o cuidado e a proteção daqueles que nos precederam são agradáveis e prezados por Deus, e que o facto de os negligenciar brada por Ele. Vós, que já atravessastes muitas estações, não vos esqueçais que sois raízes dum povo, raízes de rebentos jovens que devem florescer e dar fruto; defendei estas raízes, mantende-as vivas, para que as crianças e os jovens sejam enxertados nelas e compreendam que «tudo o que na árvore está florido / vive daquilo que jaz enterrado» (F. L. Bernárdez, Soneto «Si para recobrar lo recobrado»).
Como recita a inscrição no púlpito deste templo, «se hoje ouvirdes a voz do Senhor, não endureçais os vossos corações» (Sal 95/94, 7-8). O coração duro é o coração esclerosado, aquele que perde a alegria da novidade de Deus, que renuncia à juventude do espírito, renuncia a saborear e ver que sempre, em todo o tempo e até ao fim, o Senhor é bom (cf. Sal 34/33, 9).
[01440-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Drodzy Bracia i Siostry!
Dziękuję Księdzu Arcybiskupowi za jego słowa i uważną analizę rzeczywistości. Wasza obecność, starsi bracia, przypomina mi dwa wyrażenia Listu św. Jakuba Apostoła, pod którego wezwaniem jest ta katedra. Znajdują się one na początku i na końcu listu, w którym zachęca nas do stałości, używając jednakże dwóch różnych terminów. Jestem pewien, że możemy usłyszeć głos „brata Pańskiego”, który dzisiaj chce się do nas zwrócić.
Wy, tu obecni, zostaliście poddani różnego rodzaju próbom: okropnościom wojny, a następnie represjom politycznym, prześladowaniom i wygnaniu, jak to dobrze opisał wasz arcybiskup. I byliście nieustępliwi, wytrwaliście w wierze. Ani reżim nazistowski, ani sowiecki nie zgasiły w waszych sercach wiary, a w przypadku niektórych z was, nie odwiodły od poświęcenia się życiu kapłańskiemu, zakonnemu, bycia katechetami, podejmowania różnych posług kościelnych, wiążących się z narażeniem życia; w dobrym zmaganiu wzięliście udział, zbliżacie się do końca biegu i ustrzegliście wiarę (por. 2 Tm 4, 5).
Ale apostoł Jakub podkreśla, że ta cierpliwość pokonuje próby wiary poprzez wydawanie dzieł doskonałych (1, 2-4). Wasze działanie musiało być wówczas doskonałe i nadal, w nowych okolicznościach, musi dążyć do doskonałości. Wy, którzy poświęciliście swe ciało, oddaliście duszę i życie, dążąc do wolności waszej ojczyzny, tak często czujecie się zapomniani. Choć brzmi to paradoksalnie, dzisiaj, w imię wolności, wolni ludzie poddają osoby starsze samotności, ostracyzmowi, ubóstwu i wykluczeniu, a nawet nędzy. Jeśli tak się dzieje, to tak zwany pociąg wolności i postępu ciągnie za sobą, jako ostatni wagon, tych, którzy walczyli o zdobycie praw, a którzy stali się obserwatorami świętowania innych ludzi, zaszczycanymi i wyróżnianymi, ale zapomnianymi w życiu codziennym (por. Adhort ap. Evangelii gaudium, 234).
Apostoł Jakub zachęca nas, abyśmy byli wytrwali, abyśmy nie osłabiali czujności. „Na tej drodze rozwój dobra, duchowe dojrzewanie i wzrost miłości są najlepszą przeciwwagą dla zła” (Adhort. ap. Gaudete et exsultate, 163). Nie poddawajcie się zniechęceniu, smutkowi, nie traćcie słodyczy, a tym bardziej nadziei!
Kończąc swój list św. Jakub ponownie zachęca do wytrwałości (5.7), ale używa słowa, które łączy dwa znaczenia: cierpliwie trwajcie i cierpliwie ufajcie. Bądźcie w waszych rodzinach i w waszej ojczyźnie wzorem obydwu postaw: wytrwałości i nadziei, zanurzonych w cierpliwości. W ten sposób będziecie nadal budowniczymi waszego narodu. Wy, którzy przeżyliście wiele, jesteście żywym świadectwem stałości w przeciwnościach, a także daru proroctwa, przypominającego młodym pokoleniom, że ochrona i troska o tych, którzy nas poprzedzili podoba się Bogu, a woła o pomstę do nieba, gdy się tego nie czyni. Wy, którzy przeżyliście wiele, nie zapominajcie, że jesteście korzeniami ludu, korzeniami młodych pędów, które muszą rozkwitać i przynosić owoce. Brońcie tych korzeni, utrzymujcie je przy życiu, aby dzieci i młodzież wszczepiły się w nie oraz zrozumiały, że „wszystkie kwiaty na drzewie pochodzą z tego, co jest pod ziemią” (F. L. Bernárdez, sonet Si para recobrar lo recobrado).
Jak mówi inskrypcja na kazalnicy tej świątyni: „Obyście usłyszeli dzisiaj głos Jego: Nie zatwardzajcie serc waszych” (Ps 95,7-8). Serce zatwardziałe to serce skostniałe, które traci radość nowości Boga, które wyrzeka się ducha młodości, zasmakowania i zobaczenia, że zawsze, w każdym czasie i aż do końca dobry jest Pan (por. Ps 34, 9).
[01440-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione di lavoro in lingua lettone
Dārgie brāļi un māsas!
Paldies arhibīskapam par viņa vārdiem un uzmanīgo realitātes analīzi. Gados vecie brāļi un māsas, jūsu klātbūtne man atgādina divus fragmentus no šīs katedrāles aizbildņa — apustuļa Jēkaba vēstules. Tās sākumā un beigās viņš, lietojot divus atšķirīgus jēdzienus, aicina būt izturīgiem. Esmu drošs, ka varam dzirdēt «Kunga brāļa» balsi, kurš šodien vēlas mūs uzrunāt.
Jūs, šeit klātesošie, esat bijuši pakļauti visa veida pārbaudījumiem: kara šausmām, tām sekojošajām politiskajām represijām, vajāšanām un izsūtījumiem, kā to ir raksturojis jūsu arhibīskaps. Jūs esat bijuši izturīgi, esat izturējuši ticībā. Nedz nacistu, nedz padomju režīms nav apdzēsis ticību jūsu sirdīs. Dažus no jums tas nav spējis atraut no priesterības un klosterdzīves. Daži ir bijuši katehēti, dažādos veidos kalpoja draudzē, pat riskējot ar dzīvību; jūs esat izcīnījuši labo cīņu, esat ceļa nobeigumā, un esat saglabājuši ticību (sal. 2 Tim 4,7).
Tomēr apustulis Jēkabs uzstāj, ka šī pacietība iztur ticības pārbaudījumus, ļaujot atklāties pilnīgiem darbiem (sal. 1,2-4). Jūsu rīcība toreiz ir izrādījusies pilnīga un tai arvien ir jātiecas pēc pilnības jaunos apstākļos. Jūs, kas esat veltījuši dvēseli un miesu, kas esat veltījuši dzīvi, lai atgūtu jūsu tēvzemes brīvību, bieži vien jūtaties aizmirsti. Lai arī tas skan paradoksāli, šodien — brīvības vārdā — brīvie cilvēki gados vecos nolemj vientulībai, izraidīšanai, līdzekļu trūkumam, izstumšanai un pat postam. Ja tas tā ir, tad tie, kas ir cīnījušies par tiesību iegūšanu, ir kļuvuši par tā saucamā brīvības un progresa vilciena pēdējā vagona pasažieriem, kas noraugās uz svešām svinībām, lai gan godināti un cildināti, tomēr aizmirsti ikdienas dzīvē (sal. Apust. pamudinājums Evangelii gaudium, 234).
Apustulis Jēkabs aicina būt izturīgiem, nepadoties. «Šajā ceļā rūpes par visu labo, garīgā nobriešana un izaugsme mīlestībā ir labākais pretsvars pret ļaunumu» (Apust. pamudinājums Gaudete et exultate, 163). Nepadodieties mazdūšībai un skumjām, nezaudējiet lēnprātību un vēl jo mazāk — cerību!
Savas vēstules noslēgumā svētais Jēkabs vēlreiz aicina būt pacietīgiem (5,7), lietojot vārdu, kas sevī apvieno divas nozīmes: panest pacietīgi un cerēt pacietīgi. Es iedrošinu arī jūs jūsu ģimenēs un jūsu tēvzemē būt par šo divu attieksmju — pacietībā piesātinātu izturības un cerības — priekšzīmi. Šādi jūs turpināsiet veidot savu tautu. Jūs, kam aiz muguras jau daudzas vasaras, esat dzīva liecība izturībai nelaimēs, kā arī pravietojuma dāvanai, kas jaunajām paaudzēm atgādina, ka aizsardzība un rūpes par iepriekšējām paaudzēm ir Dievam tīkamas un vērtīgas, un sauc uz Dievu, ja paliek neievērotas. Jums, kam aiz muguras jau daudzas vasaras, nav jāaizmirst, ka esat tautas saknes, ka esat saknes jauniem dzinumiem, kuriem vēl jāuzzied un jānes augļi; aizstāviet šīs saknes, uzturiet tās dzīvas, lai bērni un jaunieši varētu tajās nostiprināties un saprast, ka «viss, kas kokā ir uzziedējis, / dzīvo no tā, kas dus zem zemes» (F. L. Bernárdez, sonets Si para recobrar lo recobrado).
Virs šī dievnama ambonas ir rakstīts: «Ja jūs šodien dzirdēsiet viņa balsi, nenocietiniet savas sirdis» (Ps 95,7-8). Nocietināta sirds ir pārakmeņojusies, tā zaudē prieku par Dieva jaunumu, atsakās no gara jaunības, atsakās baudīt un redzēt, ka vienmēr, katrā laikā līdz pat beigām Kungs ir labs (sal. Ps 34,9).
[01440-AA.01] [Testo originale: Italiano - Traduzione di lavoro]
[B0685-XX.02]