Incontro con i giovani nella piazza della Cattedrale di Vilnius
Visita alla Cattedrale dei Santi Stanislao e Ladislao di Vilnius
Incontro con i giovani nella piazza della Cattedrale di Vilnius
Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua araba
Traduzione in lingua polacca
Alle ore 17.30 di questo pomeriggio (16.30 ora di Roma), il Santo Padre Francesco ha incontrato i giovani nella piazza della Cattedrale di Vilnius. Prima di arrivare, durante il tragitto il Papa si è fermato a salutare un gruppo di anziani ammalati, raccolti sotto una grande tenda.
Sulla piazza della Cattedrale, introdotto dalle testimonianze di una ragazza e di un ragazzo e dall’esecuzione di canti e danze, il Papa ha pronunciato il suo discorso ai giovani.
Dopo le parole di ringraziamento dell’Arcivescovo di Vilnius, S.E. Mons. Gintaras Grušas, la consegna di un dono all’Arcivescovo e la benedizione finale, il Santo Padre si è recato in visita alla Cattedrale dei Santi Stanislao e Ladislao di Vilnius.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha rivolto ai giovani:
Discorso del Santo Padre
Buonasera a tutti voi!
Grazie, Monica e Jonas, per la vostra testimonianza! L’ho accolta come un amico, come se fossimo seduti insieme, in qualche bar, a raccontarci le cose della vita, prendendo una birra o una gira, dopo essere stati al “Jaunimo teatras”.
La vostra vita, però, non è un’opera teatrale, è reale, concreta, come quella di ognuno di noi che siamo qui, in questa bella piazza situata tra questi due fiumi. E chissà che tutto questo ci serva per rileggere le vostre storie e scoprirvi il passaggio di Dio... Perché Dio passa sempre nella nostra vita. Passa sempre. E un grande filosofo diceva: “Io ho paura, quando Dio passa! Paura di non accorgermene!”.
Come questa chiesa cattedrale, voi avete sperimentato situazioni che vi facevano crollare, incendi dai quali sembrava che non avreste potuto riprendervi. Più volte questo tempio è stato divorato dalle fiamme, è crollato, e tuttavia ci sono sempre stati quelli che hanno deciso di edificarlo di nuovo, che non si sono fatti vincere dalle difficoltà, non si sono lasciati cadere le braccia. C’è un bel canto alpino che dice così: “Nell’arte di salire, il segreto non sta nel non cadere, ma nel non rimanere caduto”. Ricominciare di nuovo sempre, e così salire. Come questa cattedrale. Anche la libertà della vostra Patria è costruita sopra quelli che non si sono lasciati abbattere dal terrore e dalla sventura. La vita, la condizione e la morte di tuo papà, Monica; la tua malattia, Jonas, avrebbero potuto devastarvi... E tuttavia siete qui, a condividere la vostra esperienza con uno sguardo di fede, facendoci scoprire che Dio vi ha dato la grazia per sopportare, per rialzarvi, per continuare a camminare nella vita.
E io mi domando: come si è riversata in voi questa grazia di Dio? Non dall’aria, non magicamente, non c’è la bacchetta magica per la vita. Questo è accaduto mediante persone che hanno incrociato la vostra vita, gente buona che vi ha nutrito con la sua esperienza di fede. Sempre c’è gente, nella vita, che ci dà una mano per aiutarci ad alzarci. Monica, tua nonna e tua mamma, la parrocchia francescana, sono state per te come la confluenza di questi due fiumi: così come il Vilnia si unisce al Neris, tu ti sei aggregata, ti sei lasciata condurre da questa corrente di grazia. Perché il Signore ci salva rendendoci parte di un popolo. Il Signore ci salva rendendoci parte di un popolo. Ci inserisce in un popolo, e la nostra identità, alla fine, sarà l’appartenenza ad un popolo. Nessuno può dire: “io mi salvo da solo”, siamo tutti interconnessi, siamo tutti “in rete”. Dio ha voluto entrare in questa dinamica di relazioni e ci attrae a Sé in comunità, dando alla nostra vita un pieno senso d’identità e di appartenenza (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 6). Anche tu, Jonas, hai trovato negli altri, in tua moglie e nella promessa fatta il giorno del matrimonio il motivo per andare avanti, per lottare, per vivere. Non permettete che il mondo vi faccia credere che è meglio camminare da soli. Da soli non si arriva mai. Sì, potrai arrivare ad avere un successo nella vita, ma senza amore, senza compagni, senza appartenenza a un popolo, senza quell’esperienza tanto bella che è rischiare insieme. Non si può camminare da soli. Non cedete alla tentazione di concentrarvi su voi stessi, guardandovi la pancia, alla tentazione di diventare egoisti o superficiali davanti al dolore, alle difficoltà o al successo passeggero. Affermiamo ancora una volta che “quello che succede all’altro, succede a me”, andiamo controcorrente rispetto a questo individualismo che isola, che ci fa diventare egocentrici, che ci fa diventare vanitosi, preoccupati solamente dell’immagine e del proprio benessere. Preoccupati dell’immagine, di come apparire. È brutta la vita davanti allo specchio, è brutta. Invece è bella la vita con gli altri, in famiglia, con gli amici, con la lotta del mio popolo… Così la vita è bella!
Siamo cristiani e vogliamo puntare sulla santità. Puntate sulla santità a partire dall’incontro e dalla comunione con gli altri, attenti alle loro necessità (cfr ibid., 146). La nostra vera identità presuppone l’appartenenza a un popolo. Non esistono identità “di laboratorio”, non esistono, né identità “distillate”, identità “purosangue”: queste non esistono. Esiste l’identità del camminare insieme, del lottare insieme, amare insieme. Esiste l’identità appartenere a una famiglia, a un popolo. Esiste l’identità che ti dà l’amore, la tenerezza, preoccuparti per gli altri… Esiste l’identità che ti dà la forza per lottare e nello stesso tempo la tenerezza per accarezzare. Ognuno di noi conosce la bellezza e anche la stanchezza – è bello che i giovani si stanchino, è segno che lavorano – e molte volte il dolore di appartenere a un popolo, voi conoscete questo. Qui è radicata la nostra identità, non siamo persone senza radici. Non siamo persone senza radici!
Tutt’e due avete anche ricordato la presenza nel coro, la preghiera in famiglia, la Messa, la catechesi e l’aiuto ai più bisognosi; sono armi potenti che il Signore ci dà. La preghiera e il canto, per non chiudersi nell’immanenza di questo mondo: anelando a Dio siete usciti da voi stessi e avete potuto contemplare con gli occhi di Dio quello che accadeva nel vostro cuore (cfr ibid., 147); praticando la musica vi aprite all’ascolto e all’interiorità, vi lasciate in tal modo colpire nella sensibilità e questo è sempre una buona opportunità per il discernimento (cfr Sinodo dedicato ai giovani, Instrumentum laboris, 162). Certo, la preghiera può essere un’esperienza di “combattimento spirituale”, ma è lì che impariamo ad ascoltare lo Spirito, a discernere i segni dei tempi e a recuperare le forze per continuare ad annunciare il Vangelo oggi. In che altro modo potremmo combattere contro lo scoraggiamento di fronte alle difficoltà proprie e altrui, di fronte agli orrori del mondo? Come faremmo senza la preghiera per non credere che tutto dipende da noi, che siamo soli davanti al corpo a corpo con le avversità? “Gesù ed io, maggioranza assoluta!”. Non dimenticatelo, questo lo diceva un santo, sant’Alberto Hurtado. L’incontro con Lui, con la sua Parola, con l’Eucaristia ci ricorda che non importa la forza dell’avversario; non importa se è primo il “Žalgiris Kaunas” o il “Vilnius Rytas” [applausi, ridono]… A proposito, vi domando: qual è il primo? [ride, ridono] Non importa qual è il primo, non importa il risultato, ma che il Signore sia con noi.
Anche a voi è stata di sostegno nella vita l’esperienza di aiutare gli altri, scoprire che vicino a noi ci sono persone che stanno male, anche molto peggio di noi. Monica, ci hai raccontato del tuo impegno con i bambini disabili. Vedere la fragilità degli altri ci colloca nella realtà, ci impedisce di vivere leccandoci le nostre ferite. È brutto vivere nelle lamentele, è brutto. È brutto vivere leccandosi le ferite! Quanti giovani se ne vanno dal loro Paese per mancanza di opportunità! Quanti sono vittime della depressione, dell’alcol e delle droghe! Voi lo sapete bene. Quante persone anziane sole, senza qualcuno con cui condividere il presente e con la paura che ritorni il passato. Voi, giovani, potete rispondere a queste sfide con la vostra presenza e con l’incontro tra voi e gli altri. Gesù ci invita ad uscire da noi stessi, a rischiare nel “faccia a faccia” con gli altri. È vero che credere in Gesù implica molte volte fare un salto di fede nel vuoto, e questo fa paura. Altre volte ci porta a metterci in discussione, a uscire dai nostri schemi, e questo può farci soffrire e tentare dallo scoraggiamento. Però, siate coraggiosi! Seguire Gesù è un’avventura appassionante che riempie la nostra vita di significato, che ci fa sentire parte di una comunità che ci incoraggia, di una comunità che ci accompagna, che ci impegna nel servizio. Cari giovani, vale la pena seguire Cristo, vale la pena! Non abbiamo paura di partecipare alla rivoluzione a cui Lui ci invita: la rivoluzione della tenerezza (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 88).
Se la vita fosse un’opera di teatro o un videogioco sarebbe ristretta in un tempo preciso, un inizio e una fine, quando si abbassa il sipario o qualcuno vince la partita. Ma la vita si misura con altri tempi, non con i tempi del teatro o del videogioco; la vita si gioca in tempi rapportati al cuore di Dio; a volte si avanza, altre volte si retrocede, si provano e si tentano strade, si cambiano... L’indecisione sembra nascere dalla paura che cali il sipario, o che il cronometro ci lasci fuori dalla partita, dal salire di un livello nel gioco. Invece la vita è sempre un camminare, la vita è in cammino, non è ferma; la vita è sempre un camminare cercando la direzione giusta, senza paura di tornare indietro se ho sbagliato. La cosa più pericolosa è confondere il cammino con un labirinto: quel girare a vuoto attraverso la vita, su sé stessi, senza imboccare la strada che conduce avanti. Per favore, non siate giovani del labirinto, dal quale è difficile uscire, ma giovani in cammino. Niente labirinto: in cammino!
Non abbiate paura di decidervi per Gesù, di abbracciare la sua causa, quella del Vangelo, dell’umanità, degli esseri umani. Perché Egli non scenderà mai dalla barca della vostra vita, sarà sempre all’incrocio delle nostre strade, non smetterà mai di ricostruirci, anche se a volte noi ci impegniamo nel demolirci. Gesù ci regala tempi larghi e generosi, dove c’è spazio per i fallimenti, dove nessuno ha bisogno di emigrare, perché c’è posto per tutti. Molti vorranno occupare i vostri cuori, infestare i campi delle vostre aspirazioni con la zizzania, ma alla fine, se doniamo la vita al Signore, vince sempre il buon grano. La vostra testimonianza, Monica e Jonas, parlava della nonna, della mamma… Io vorrei dirvi – e con questo finisco, state tranquilli! –, vorrei dirvi di non dimenticare le radici del vostro popolo. Pensate al passato, parlate con i vecchi: non è noioso parlare con gli anziani. Andate a cercare i vecchi e fatevi raccontare le radici del vostro popolo, le gioie, le sofferenze, i valori. Così, attingendo dalle radici, voi porterete avanti il vostro popolo, la storia del vostro popolo per un frutto più grande. Cari giovani, se voi volete un popolo grande, libero, prendete dalle radici la memoria e portatelo avanti. Grazie tante!
[01432-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Merci Monique et Jonas, pour votre témoignage! Je l’ai accueilli comme un ami, comme si nous étions assis ensemble, dans un bar, à nous raconter les choses de la vie, en prenant une bière ou une ghira, après avoir été au ‘‘Jaunimo teatras”.
Votre vie, cependant, n’est pas une pièce de théâtre, elle est réelle, concrète, comme celle de chacun d’entre nous qui sommes ici, sur cette belle place située entre ces deux fleuves. Et peut-être que tout cela nous servira à relire vos histoires et à y découvrir le passage de Dieu… Car Dieu passe toujours dans notre vie. Il passe toujours. Et un grand philosophe a dit: “Moi, j’ai peur, quand Dieu passe! Peur de ne pas m’en apercevoir!”.
Comme cette église cathédrale, vous avez fait l’expérience de situations qui vous ont fait crouler, d’incendies dont il semblait que vous vous n’auriez pas pu vous relever. À maintes reprises, ce temple a été dévoré par les flammes, il a été démoli, et cependant il y a toujours eu des gens qui ont décidé de le reconstruire, qui ne se sont pas laissés vaincre par les difficultés, qui n’ont pas baissé les bras. Il y a un beau chant alpin qui dit ainsi: “ Dans l’art de monter, le secret n’est pas de ne pas tomber, mais de ne pas rester à terre ”. Recommencer toujours de nouveau, et ainsi monter. Comme cette cathédrale. Même la liberté de votre patrie est construite sur ceux qui ne se sont pas laissés abattre par la terreur et par le malheur. La vie, la condition et la mort de ton papa, Monique; ta maladie, Jonas, auraient pu vous abattre… Et cependant, vous êtes ici, pour partager votre expérience avec un regard de foi, en nous faisant découvrir que Dieu vous a donné la grâce de supporter, de vous relever, de continuer à marcher dans la vie.
Et je me demande: comment la grâce de Dieu s’est-elle répandue sur vous? Non à travers l’air, non d’une façon magique, il n’y a pas de baguette magique pour la vie. C’est arrivé par l’intermédiaire de personnes qui ont croisé votre vie, de bonnes gens qui vous ont nourris de leur expérience de foi. Il y a toujours des gens, dans la vie, qui nous donnent la main pour nous aider et nous relever. Monique, ta grand-mère et ta maman, la paroisse franciscaine, ont été pour toi comme la confluence de ces deux fleuves: tout comme le Vilnia s’unit au Neris, tu t’es jointe, tu t’es laissée conduire par ce courant de grâce. Car le Seigneur nous sauve en nous faisant membre d’un peuple. Le Seigneur nous sauve en nous faisant membre d’un peuple. Il nous insère dans un peuple, et notre identité, à la fin, sera l’appartenance à un peuple. Personne ne peut dire: ‘‘Je me sauve tout seul’’, nous sommes tous reliés, nous sommes tous ‘‘en réseaux’’. Dieu a voulu entrer dans cette dynamique de relations et nous attire à lui en communauté, en donnant à notre vie un sens plénier d’identité et d’appartenance (cf. Exhort. ap. Gaudete et exsultate, n. 6). Toi aussi, Jonas, tu as trouvé dans les autres, dans ton épouse et dans la promesse faite le jour du mariage, la raison d’aller de l’avant, de lutter, de vivre. Ne permettez pas que le monde vous fasse croire qu’il est mieux de marcher seuls. Seuls on n’arrive jamais. Oui, tu pourras avoir du succès dans la vie, mais sans amour, sans compagnie, sans faire partie d’un peuple, sans cette expérience si belle qui est de risquer ensemble. On ne peut marcher tout seuls. Ne cédez pas à la tentation de vous replier sur vous-mêmes, en vous regardant le nombril, à la tentation de devenir égoïstes ou superficiels devant la souffrance, devant les difficultés ou le succès passager. Affirmons encore une fois que ‘‘ce qui arrive à l’autre, m’arrive aussi’’, allons à contrecourant de cet individualisme qui isole, qui nous fait devenir égocentriques, qui nous fait devenir vaniteux, préoccupés uniquement par notre image et notre propre bien-être. Préoccupés de l’image, du paraître. Elle est triste la vie devant le miroir, elle est triste. Au contraire, elle est belle la vie avec les autres, en famille, avec les amis, avec la lutte de mon peuple… Ainsi la vie est belle!
Nous sommes chrétiens et nous voulons parier sur la sainteté. Pariez sur la sainteté à partir de la rencontre et de la communion avec les autres, attentifs à leurs besoins (cf. ibid, n. 146). Notre vraie identité présuppose l’appartenance à un peuple. Il n’y a pas d’identité ‘‘de laboratoire’’, il n’y en a pas, ni d’identité ‘‘distillée’’, d’identité “pur-sang”: elles n’existent pas. Il y a l’identité du marcher ensemble, du lutter ensemble, d’aimer ensemble. Il y a l’identité d’appartenir à une famille, à un peuple. Il y a l’identité qui te donne l’amour, la tendresse, qui te rend préoccupé des autres… Il y a l’identité qui te donne la force pour lutter et en même temps la tendresse pour caresser. Chacun de nous connaît la beauté et aussi la fatigue, - c’est beau que les jeunes se fatiguent, c’est le signe qu’ils travaillent - et souvent la souffrance d’appartenir à un peuple, vous connaissez cela. Ici s’enracine notre identité, nous ne sommes pas des personnes sans racines. Nous ne sommes pas des personnes sans racines!
Tous deux, vous avez aussi rappelé votre appartenance au chœur, la prière en famille, la Messe, la catéchèse et l’aide aux plus démunis; ce sont des armes que le Seigneur nous donne. La prière et le chant, pour ne pas s’enfermer dans l’immanence de cemonde: en désirant Dieu, vous êtes sortis de vous-mêmes et vous avez pu contempler avec les yeux de Dieu ce qui se passait dans votre cœur (cf. ibid, n. 147); en faisant de la musique, vous vous ouvrez à l’écoute et à l’intériorité, vous vous laissez ainsi toucher dans votre sensibilité et cela est toujours une bonne opportunité pour le discernement (cf. Synode consacré aux jeunes, Instrumentum laboris, n. 162). Certes, la prière peut être une expérience de ‘‘combat spirituel’’, mais c’est là que nous apprenons à écouter l’Esprit, à discerner les signes des temps et à retrouver des forces pour continuer à annoncer l’Evangile aujourd’hui. De quelle autre manière pourrions-nous combattre le découragement face aux difficultés personnelles et à celles des autres, face aux horreurs du monde? Que ferions-nous sans la prière pour ne pas croire que tout dépend de nous, que nous sommes seuls dans ce corps à corps avec les adversités? ‘‘Jésus et moi, majorité absolue’’. Ne l’oubliez pas, cela c’est un saint qui le disait, saint Alberto Hurtado. La rencontre avec lui, avec sa Parole, avec l’Eucharistie, nous rappelle que la force de l’adversaire n’importe pas ; il n’importe pas que le ‘‘Zalgiris Kaunas’’ soit premier ou que ce soit le ‘‘Vilius Rytas’’ [applaudissements, et rires]… A ce sujet, je vous demande: qui est le premier? [rires] Peu importe qui est le premier, le résultat n’importe pas, mais il importe que le Seigneur soit avec nous.
Vous aussi, l’expérience d’aider les autres a été pour vous dans la vie un soutien, découvrir qu’à côté de nous il y a des personnes qui vont mal, et même pire que nous. Monique, tu nous as raconté ton engagement auprès des enfants porteurs de handicap. Voir la fragilité des autres nous plonge dans la réalité, cela nous empêche de vivre en léchant nos blessures. Il est triste de vivre en nous lamentant, c’est triste, Il est triste de vivre en léchant nos blessures! Que de jeunes partent de leur pays par manque d’opportunités! Combien sont victimes de la dépression, de l’alcool et des drogues! Vous le savez bien. Que de personnes âgées sont seules, sans quelqu’un avec qui partager le présent et craignant que le passé ne revienne. Vous, les jeunes, vous pouvez répondre à ces défis par votre présence et par la rencontre entre vous et avec les autres. Jésus nous invite à sortir de nous-mêmes, à risquer le ‘‘face à face’’ avec les autres. Il est vrai que croire en Jésus implique bien des fois faire un saut de foi dans le vide, et cela fait peur. D’autres fois, cela nous conduit à nous remettre en cause, à sortir de nos schémas, et cela peut nous faire souffrir et nous soumettre à la tentation du découragement. Mais, soyez courageux! Suivre Jésus est une aventure passionnante qui remplit de sens notre vie, qui nous fait sentir que nous sommes membres d’une communauté qui nous encourage, d’une communauté qui nous accompagne, qui nous engage au service. Chers jeunes, cela vaut la peine de suivre le Christ, cela vaut la peine! N’ayons pas peur de participer à la révolution à laquelle il nous invite: la révolution de la tendresse (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 88).
Si la vie était une pièce de théâtre ou un jeu vidéo, elle serait limitée dans un temps précis, entre un début et une fin où tombe le rideau ou bien quelqu’un gagne la partie. Mais la vie se mesure avec d’autres temps, pas avec le temps du théâtre ou du jeu vidéo, la vie se joue dans des temps en relation avec le cœur de Dieu; parfois, on avance, d’autres fois on recule, on essaie et on cherche des routes, on les change. L’indécision semble naître de la peur que tombe le rideau, ou que le chronomètre nous laisse hors de la partie, dans l’impossibilité de monter d’un cran au jeu. Au contraire, la vie est toujours un parcours, la vie est un chemin, elle n’est pas arrêtée; la vie est toujours un parcours à la recherche de la direction juste, sans peur de retourner en arrière si je me suis trompé. La chose la plus dangereuse, c’est de confondre le chemin avec un labyrinthe: ce fait de tourner en rond dans la vie, sur soi-même, sans prendre la route qui conduit en avant. S’il vous plaît, ne soyez pas des jeunes du labyrinthe dont il est difficile de sortir, mais des jeunes en chemin. Aucun labyrinthe: en chemin!
N’ayez pas peur de vous décider pour Jésus, d’embrasser sa cause, celle de l’Évangile, de l’humanité, des êtres humains. En effet, il ne descendra jamais de la barque de votre vie, il sera toujours au carrefour de nos routes, il ne cessera jamais de nous reconstituer, même si parfois nous nous évertuons à nous démolir. Jésus nous fait don de temps longs et généreux, où il y a de la place pour les échecs, où personne n’a besoin d’émigrer, parce qu’il y a de la place pour tous. Beaucoup voudront occuper vos cœurs, infester les champs de vos aspirations par l’ivraie, mais à la fin, si nous offrons notre vie au Seigneur, le bon grain l’emporte toujours. Votre témoignage, Monique et Jonas, parlait de la grand-mère, de la maman… Je voudrais vous dire – et je finis par cela, soyez tranquilles! - je voudrais vous dire de ne pas oublier les racines de votre peuple. Pensez au passé, parlez avec les plus vieux: ce n’est pas ennuyeux de parler avec les personnes âgées. Allez chercher les personnes âgées et faites-vous raconter les racines de votre peuple, les joies, les souffrances, les valeurs. Ainsi, en puisant dans ses racines, vous ferez avancer votre peuple, l’histoire de votre peuple pour un fruit plus grand. Chers jeunes, si vous voulez un peuple grand, libre, prenez dans les racines sa mémoire et faites-le avancer. Merci beaucoup!
[01432-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Good evening to all of you!
Thank you, Monica and Jonas, for your witness. I listened to it as a friend, as if we were sitting close to one another in some bar, telling one another about our lives as we drink a beer or a girá after going to the jaunimo teatras.
But your lives are not a piece of theatre; they are real and concrete, like those of everyone else gathered here today in this beautiful square situated between two rivers. Perhaps all this helps us to think back on your stories and to find in them the footprint of God… for God is always passing through our lives. He is always passing by. A great philosopher said: “I am afraid when God passes by! Afraid that I do not notice him!”.
Like this Cathedral, you have times when you think you are falling apart, fires from which you think you can never rebuild. Think of all the times this Cathedral went up in flames and fell apart. Yet there were always people ready to start rebuilding; they refused to let themselves be overwhelmed by hardship: they never gave up. There is a lovely Alpine song that goes like this: “In the art of climbing, the secret lies not so much in not falling down, but in not staying fallen down”. Always start over again, always, and that’s how you will climb. Just like this Cathedral. The freedom of your nation, too, was won by men and women who did not flinch before terror and misfortune. Monica, your father’s life, his condition and his death, and your illness, Jonas, could have been devastating for you. Yet here you are, sharing your experience, seeing it with the eyes of faith, and helping us to see that God gave you the grace to be strong, to lift yourselves up and to keep moving forward in life.
I ask myself: how was it that God’s grace was poured out on you? Not from the air, not magically; there is no magic wand for life. This happened through persons whose paths crossed your lives, good people who nourished you by their experience of faith. There are always people in life who give us a hand to help us pick ourselves up. For you, Monica, your grandmother and your mother, and the Franciscan parish, were like the confluence of these two rivers; just as the Vilnia flows into the Neris, you let yourself be carried along by that current of grace. Because the Lord saves us by making us part of a people. The Lord saves us by making us part of a people. He places us within a people, and our identity in the end, will be through our belonging to a people. No one can say, “I am saved on my own”. We are all interconnected, we are all “networked”. God wanted to enter into this web of relationships and he draws us to himself in community; he gives to our lives the deepest sense of identity and belonging (cf. Gaudete et Exsultate, 6). Jonas, you too found in others, in your wife and in the promise that you made on your wedding day, the reason to keep going, to fight, to live.
So don’t let the world make you believe that it is better to do everything on your own. On your own, you never get there. Yes, you can manage to arrive at success in your life, but without love, without companions, without belonging to a people, without that beautiful experience of taking risks together. You can’t move forward on your own. Don’t yield to the temptation of getting caught up in yourself, only looking after yourself, being tempted to become selfish or superficial in the face of sorrow, difficulty or temporary success. Let us say once again, “Whatever happens to others happens to me”. Let us swim against the current of that individualism which isolates us, makes us egocentric and makes us become vain, concerned only for our image and our own well-being. Concerned with our image, with how we look. Life in front of the mirror is no good, it is no good. On the other hand, life is beautiful with others, in our families, with friends, with the struggles of my people… That’s how life is beautiful!
We are Christians and we want to aim for holiness. Aim for holiness through your encounters and your fellowship with other people; be attentive to their needs (ibid., 146). Who we really are has to do with our being part of a people. Identity is not the product of a laboratory; that does not exist; it is not concocted in a test tube; a “pure blood” identity: this does not exist. An identity does exist in walking together, of struggling together, of loving together. Identity does exist in belonging to a family, to a people. An identity does exist that gives you love, tenderness, concern for others… An identity does exist that gives you the strength to struggle and at the same time the tenderness to caress. Each one of us knows how beautiful it is to belong to a people, but also how tiring it is – it is great that young people get tired; it is a sign they are working – and even, at times, painful; you know this. But that is the basis of our identity; we are not rootless. We are not rootless people!
The two of you also spoke about your experience in a choir, praying in the family, Mass and catechism, and helping those in need. These are powerful weapons that the Lord gives us. Prayer and song keep us from getting caught up in this world alone: in your desire to know God you went out from yourselves and were able to see what was going on in your heart through God’s eyes (cf. ibid., 147). In embracing music, you became open to listening and the interior life; in this way, you developed sensitivity, and that always opens the way to discernment (cf. Instrumentum Laboris, Synod for Youth, 162). Prayer can certainly be an experience of “spiritual warfare”, but it is in prayer that we learn to listen to the Spirit, to discern the signs of the times and to find renewed strength for proclaiming the Gospel each day. How else could we fight the temptation to become discouraged by our frailties and our difficulties, and those of others, and by all the dreadful things that happen in our world? What would we do if prayer did not teach us to believe that everything depends on us, when we are alone and wrestling with adversity? As Saint Alberto Hurtado used to say, “Jesus and I are an absolute majority!” Don’t forget this; a saint used to say it! The encounter with Christ, with his word, with the Eucharist, reminds us that it makes no difference how strong the opponent is. It makes no difference whether Žalgiris Kaunas or Vilnius Rytas are in first place [laughter] … By the way, let me ask you: which one is in first place? It does not matter who is first, what matters is not the result, but the fact that the Lord is at our side.
Both of you also found support in life through the experience of helping others. You realized that all around us there are people experiencing troubles even worse than our own. Monica, you told us about working with children with disabilities. Seeing the frailty of others gives us perspective; it helps us not to go through life licking our wounds. It is no good living by complaining, it is just no good. It is no good living to lick our wounds. How many young people leave home for lack of opportunities, and how many are victims of depression, alcohol and drugs! You know all this, of course. How many of the elderly are lonely, without anyone to share the present, and fearful that the past will return! You, young people, can respond to these challenges by your presence, by your encounter with others. Jesus invites us to step out of ourselves and to risk a face-to-face encounter with others. It is true that believing in Jesus can often demand taking a leap of blind faith, and this can be frightening. At other times, it can make us question ourselves, and force us to abandon our preconceptions. That can involve anguish and we can be tempted to discouragement. But stand firm! Following Jesus is a passionate adventure that gives meaning to our lives and makes us feel part of a community that encourages us, a community that accompanies us, and commits us to the service of others. Dear young people, following Christ is something worthwhile, it is worthwhile! Do not be afraid to take part in the revolution to which he invites us: the revolution of tenderness (cf. Evangelii Gaudium, 88).
If life were a theatre piece or a video game, it would be limited to a precise time, and have a beginning and an end, when the curtain falls or one team wins the game. But life measures time differently, not with the time of a theatre piece or a video game; it follows God’s heartbeat. Sometimes it passes quickly, while at other times it goes slowly. We are challenged to take new paths; things change. We grow indecisive mostly out of fear that the curtain will fall, or that the stopwatch will eliminate us from the game or prevent us from advancing. But life always involves moving forward, life moves forward, it does not stand still; life always involves moving forward, seeking the right way without being afraid to retrace our steps if we make a mistake. The most dangerous thing is to confuse the path with a maze that keeps us wandering in circles without ever making real progress. Please, as young people, don’t let yourselves get trapped in a maze, but follow a path that leads to the future. No mazes; only move forward!
Don’t ever be afraid to put your trust in Jesus, to embrace his cause, the cause of the Gospel, the cause of humanity, of human beings. Because he never jumps off the ship of our life; he is always there at life’s crossroads. Even when our lives go up in flame, he is always there to rebuild them. Jesus gives us plenty of time, lots of room for failure. Nobody has to emigrate from him; he has a place for everyone. There are many people out there who want to capture your hearts. They want to sow weeds in your field, but if, in the end, we entrust our lives to the Lord, the good grain will always prevail. In your testimony, Monica and Jonas, you spoke of your grandmother, your mother… I would like to say to you – and here I will stop, don’t worry! – I would like to say to you: don’t forget the roots of your people. Think of the past, speak with the elderly: it is not boring to speak with the elderly. Go and find the elderly and let them tell you about the roots of your people, their joys, their sufferings, their values. In this way, by drawing on your roots, you will carry your people forward, the history of your people, for greater fruitfulness. Dear young people, if you want a people who are great and free, take their memory from the roots of the past and carry your people forward. Thank you very much!
[01432-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Vielen Dank, Monika und Jonas, für euer Zeugnis! Ich habe es wie ein Freund aufgenommen, so als ob wir uns nach einer Vorstellung im „Jaunimo teatras“ in einer der Bars zusammengesetzt und uns bei einem Bier oder einer Gira über die Dinge des Lebens ausgetauscht hätten.
Aber euer Leben ist kein Theaterstück, es ist real, konkret, wie das eines jeden von uns, der hier ist, auf diesem wunderschönen Platz zwischen diesen beiden Flüssen. Und vielleicht hilft uns das alles, eure Lebensgeschichten noch einmal anzuschauen und in ihnen die Gegenwart Gottes zu entdecken... denn Gott tritt immer in unserem Leben auf. Er tritt immer auf. Ein großer Philosoph hat einmal gesagt: „Ich habe Angst, wenn Gott auftritt. Ich habe Angst, es nicht zu merken!“.
Wie diese Kathedrale habt ihr Situationen erlebt, die euch haben zusammenbrechen lassen, Feuersbrünste, nach denen es so aussah, als könntet ihr euch nicht wieder davon erholen. Mehrmals wurde dieses Gotteshaus ein Fraß der Flammen, es brach zusammen, und dennoch gab es da immer wieder diejenigen, die beschlossen, es wiederaufzurichten; sie ließen sich nicht von Schwierigkeiten unterkriegen, sie ließen ihre Arme nicht sinken. Es gibt ein schönes Lied bei den Alpinisten, das geht so: „In der Kunst des Aufstiegs liegt das Geheimnis nicht darin, nicht zu fallen, sondern darin, nicht liegen zu bleiben.“ Immer von Neuem beginnen und so aufsteigen. Wie diese Kathedrale. Auch die Freiheit eures Vaterlandes ist ein Verdienst derer, die sich von Terror und Unglück nicht entmutigen ließen. Das Leben, die gesundheitliche Verfassung und der Tod deines Vaters, Monika; deine Krankheit, Jonas, hätten euch völlig aus der Bahn werfen können... Und dennoch seid ihr hier, teilt im Glauben eure Erfahrungen mit uns und lasst uns erkennen, dass Gott euch die Gnade gegeben hat, all das zu ertragen, wieder aufzustehen und im Leben weiterzugehen.
Und ich frage mich: Wie wurde diese Gnade Gottes über euch ausgegossen? Nicht aus der Luft; sie wurde nicht hergezaubert. Es gibt keinen Zauberstab für das Leben. Es ist durch Menschen geschehen, die euch auf eurem Lebensweg begegnet sind, gute Menschen, die euch mit ihrer Glaubenserfahrung genährt haben. Es gibt im Leben immer Menschen, die uns an der Hand nehmen, um uns zu helfen und aufzurichten. Monika, deine Großmutter und deine Mutter, die Franziskaner-Pfarrei, waren für dich wie der Zusammenfluss dieser beiden Ströme: so wie die Vilnia in die Neris einmündet, hast du dich von diesem Gnadenstrom mitziehen lassen, bist ein Teil davon geworden. Denn der Herr rettet uns, indem er uns zum Teil eines Volkes macht. Der Herr rettet uns, indem er uns Teil eines Volkes werden lässt. Er fügt uns in ein Volk ein, und schließlich wird unsere Identität die Zugehörigkeit zu einem Volk sein. Niemand kann sagen: „Ich rette mich selbst“, wir sind alle miteinander verbunden, wir sind alle „in einem Netzwerk“. Gott wollte in diese Dynamik der Beziehungen eintreten, er zieht uns innerhalb einer Gemeinschaft an sich und verleiht unserem Leben so den eigentlichen Sinn wirklicher Identität und Zugehörigkeit (vgl. Apostolisches Schreiben Gaudete et exsultate, 6). Auch für dich, Jonas, wurden andere, deine Frau und das Versprechen, das du am Tag der Hochzeit gegeben hast, zu einem Grund, weiterzumachen, zu kämpfen, zu leben. Lasst nicht zu, dass die Welt euch weismacht, es sei besser, allein durchs Leben zu gehen. Allein kommt man nie an. Ja, du kannst es erreichen, einen Erfolg im Leben zu haben – aber ohne Liebe, ohne Freunde, ohne Zugehörigkeit zu einem Volk, ohne jene so schöne Erfahrung, etwas gemeinsam zu wagen. Man kann nicht alleine vorangehen. Gebt nicht der Versuchung nach, um euch selbst zu kreisen und euren Bauch zu betrachten. Gebt der Versuchung nicht nach, angesichts von Schmerzen, Schwierigkeiten oder vorübergehendem Erfolg egoistisch oder oberflächlich zu werden. Lasst uns noch einmal bekräftigen, „was Anderen geschieht, geschieht mir“; lasst uns gegen den Strom jenes Individualismus schwimmen, der uns isoliert, der uns egozentrisch macht, der uns eitel macht und der nur um Selbstdarstellung und eigenes Wohlbefinden besorgt ist. Stets besorgt um sein Image, um sein Aussehen. Das Leben vor dem Spiegel ist hässlich, wirklich hässlich. Dagegen ist das Leben mit den anderen schön, in der Familie, mit den Freunden, im Ringen meines Volkes … So ist das Leben schön!
Wir sind Christen und wollen nach Heiligkeit streben. Strebt nach Heiligkeit, indem ihr von der Begegnung und Gemeinschaft mit anderen ausgeht, und achtet auf ihre Bedürfnisse (vgl. ebd., 146). Unsere wahre Identität setzt die Zugehörigkeit zu einem Volk voraus. Es gibt keine Identität aus dem „Labor“. Es gibt weder „destillierte“, noch „reinrassige“ Identitäten. Die gibt es nicht. Es gibt die Identität des Voranschreitens miteinander, des gemeinsamen Ringens, des Sich-einander-Liebens. Es gibt die Identität, zu einer Familie zu gehören, zu einem Volk. Es gibt die Identität, die dir Liebe schenkt, Zartheit, eine Sorge für die anderen … Es gibt eine Identität, die dir die Kraft zu kämpfen gibt und zugleich die Zartheit zu liebkosen. Jeder von uns kennt die Schönheit und auch die Ermüdung – es ist schön, dass die jungen Menschen ermüden, das ist ein Zeichen, dass sie arbeiten – und jeder kennt oft auch den Schmerz, zu einem Volk zu gehören, ihr kennt das. Hier liegt unsere Identität; wir sind keine Menschen ohne Wurzeln. Nein, wir sind keine Menschen ohne Wurzeln!
Ihr beide habt auch von eurer Zugehörigkeit zu einem Chor, vom Gebet in der Familie, von der Hl. Messe, der Katechese und der Hilfe für die Bedürftigen gesprochen; das sind mächtige Waffen, die der Herr uns gibt. Gebet und Gesang, um sich nicht in der Immanenz dieser Welt zu verschließen: durch eure Sehnsucht nach Gott seid ihr aus euch selbst herausgegangen und konntet mit den Augen Gottes erkennen, was in eurem Herzen geschah (vgl. ebd., 147); durch die Musik öffnet ihr euch dem Zuhören und der Innerlichkeit, ihr werdet dadurch in eurer Empfindsamkeit berührt, und das ist immer eine gute Voraussetzung für den Weg der Unterscheidung (vgl. Jugendsynode, Instrumentum laboris, 162). Es ist wahr, dass das Gebet eine Erfahrung „geistlichen Kampfes“ sein kann, aber dort lernen wir, auf den Geist zu hören, die Zeichen der Zeit zu verstehen und neue Kraft zu tanken, um das Evangelium auch heute weiter zu verkünden. Wie sonst könnten wir angesichts unserer eigenen und fremder Probleme, angesichts der Schrecken der Welt gegen die Entmutigung kämpfen? Wie könnten wir ohne Gebet glauben, dass eben nicht alles von uns abhängt, dass wir angesichts der allgegenwärtigen Nöte nicht auf uns allein gestellt sind? „Jesus und ich, absolute Mehrheit!“ Vergesst das nicht, das hat ein Heiliger gesagt, der heilige Alberto Hurtado. Die Begegnung mit dem Herrn, mit seinem Wort, mit der Eucharistie erinnert uns daran, dass es nicht auf die Stärke des Gegners ankommt; es spielt keine Rolle, ob „Žalgiris Kaunas“ oder „Vilnius Rytas“ auf dem ersten Platz ist [Applaus, Lachen] … Übrigens, ich frage euch: Wer ist der Erste? [Lachen]. Es spielt keine Rolle, wer der Erste ist; es kommt nicht auf das Ergebnis an, sondern entscheidend ist, dass der Herr mit uns ist.
Die Erfahrung, anderen zu helfen, hat auch euch geholfen. Ihr habt entdeckt, dass es in unserer Nähe Menschen gibt, denen es schlecht geht, manchmal noch viel schlechter als uns. Monika, du hast uns von deiner Arbeit mit behinderten Kindern erzählt. Wenn wir die Zerbrechlichkeit anderer sehen, werden wir mit der Realität konfrontiert und davon abgehalten, ständig unsere eigenen Wunden zu lecken. Es ist hässlich, ständig zu jammern. Es ist hässlich, das Leben damit zu verbringen, seine Wunden zu lecken! Wie viele junge Menschen verlassen ihr Land aus Mangel an Möglichkeiten! Wie viele sind Opfer von Depressionen, Alkohol und Drogen! Ihr versteht das gut. Es gibt so viele einsame ältere Menschen, die niemand haben, mit dem sie die Gegenwart teilen können, und die Angst davor haben, dass die Vergangenheit zurückkehrt. Ihr jungen Menschen könnt auf diese Herausforderungen mit eurem Dasein und mit der Begegnung zwischen euch und anderen antworten. Jesus lädt uns ein, aus uns selbst herauszugehen und das Risiko der Begegnung mit anderen – „von Angesicht zu Angesicht“ – einzugehen. Es ist wahr, dass der Glaube an Jesus oft bedeutet, einen Sprung ins Ungewisse zu wagen, und das macht Angst. Andere Male führt der Glaube dazu, dass wir uns selbst hinterfragen, unsere gewohnten Vorstellungen aufgeben, und das kann für uns leidvoll sein, und wir können dabei versucht sein, mutlos zu werden. Seid dennoch mutig! Die Nachfolge Jesu ist ein spannendes Abenteuer, das unser Leben mit Sinn erfüllt, das uns erlaubt, uns als Teil einer Gemeinschaft zu erfahren, die uns ermutigt, einer Gemeinschaft, die uns begleitet und uns dazu bringt, uns für etwas zu engagieren. Liebe Jugendliche, es lohnt sich Christus zu folgen, es lohnt sich! Fürchten wir uns nicht, an der Revolution teilzunehmen, zu der er uns einlädt: der Revolution der Zärtlichkeit (vgl. Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 88).
Wenn es sich beim Leben um ein Theaterstück oder ein Videospiel handeln würde, wäre es auf eine bestimmte Zeit, auf einen Anfang und ein Ende festgelegt, wo der Vorhang fällt oder jemand das Spiel gewinnt. Aber das Leben kennt eine andere Art von Zeit. Es bemisst sich nicht nach den Zeiten des Theaters oder des Videospiels. Das Leben folgt einem eigenen Rhythmus, der mit dem Herzen Gottes in Beziehung steht; manchmal kommt man voran, manchmal weicht man zurück, man probiert und sucht Wege, man ändert etwas. Die Unentschlossenheit scheint von der Angst zu kommen, dass der Vorhang fallen könnte oder dass uns die Stoppuhr aus dem Spiel wirft und daran hindert, im Spiel eine Runde weiterzukommen. Das Leben jedoch ist immer ein Unterwegssein, das Leben ist auf dem Weg sein; es ruht nicht. Das Leben ist immer ein Unterwegssein auf der Suche nach der richtigen Richtung, ohne Angst vor einer Umkehr, wenn ich einen Fehler gemacht habe. Das Gefährlichste ist, den Weg mit einem Labyrinth zu verwechseln: mit einem planlosen Umherlaufen im Leben, einem Kreisen um sich selbst, ohne den Weg einzuschlagen, der einen weiterbringt. Bitte seid nicht junge Leute in einem Labyrinth, aus dem man nur schwer wieder herausfindet, sondern seid junge Menschen, die auf dem Weg zu einem Ziel sind. Nicht im Labyrinth, sondern vorwärts schreitend!
Habt keine Angst, euch für Jesus zu entscheiden und für seine Sache, die Sache des Evangeliums, die Sache der Menschheit, der menschlichen Person einzutreten. Denn er wird nie aus dem Boot eures Lebens aussteigen, er wird immer an den Kreuzungen unseres Lebensweges stehen, er wird nie aufhören, uns wiederaufzubauen, auch wenn wir manchmal geneigt sind, uns selbst zu zerstören. Jesus gibt uns reichlich und großzügig Zeit, wo auch Raum für unser Versagen ist, wo niemand auswandern muss, weil dort Platz ist für alle. Viele werden eure Herzen in Beschlag nehmen wollen, die Felder eurer Sehnsüchte mit Unkraut übersäen, aber am Ende, wenn wir unser Leben dem Herrn übereignen, gewinnt immer der gute Weizen. In Eurem Zeugnis, Monika und Jonas, spracht Ihr von der Großmutter und der Mutter … Ich möchte euch sagen – damit schließe ich, keine Sorge! –, ich möchte euch sagen, vergesst nicht die Wurzeln eures Volkes. Denkt über die Vergangenheit nach, sprecht mit den älteren Menschen. Es ist nicht langweilig, mit den Älteren zu sprechen. Geht zu den älteren Menschen und lasst euch etwas von den Wurzeln eures Volkes erzählen, die Freuden, die Leiden, die Werte. Indem ihr so von den Wurzeln schöpft, bringt ihr euer Volk weiter, bringt ihr die Geschichte eures Volkes zu einer größeren Frucht. Liebe junge Freunde, wenn ihr ein großes, freies Volk wollt, nehmt von den Wurzeln das Gedächtnis und führt so das Volk weiter. Vielen Dank!
[01432-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Buenas tardes a todos.
Muchas gracias Mónica y Jonás por vuestro testimonio. Lo he recibido como un amigo, como si hubiéramos estado sentados juntos, en algún bar, contándonos cosas de la vida, mientras tomamos una cerveza o un “gira” después de haber ido al “Jaunimo teatras”.
Pero vuestras vidas no son una obra de teatro, son reales, concretas, como las de cada uno de los que estamos acá, en esta hermosa plaza situada entre estos dos ríos. Y quizá todo esto nos sirva para releer vuestras historias y descubrir en ellas el paso de Dios... porque Dios pasa siempre por nuestras vidas. Pasa siempre. Un filósofo importante decía: «Tengo miedo de que el Señor pase y yo no lo reconozca».
Como esta iglesia catedral, vosotros habéis experimentado situaciones que os derrumbaban, incendios de los que parecía que no hubierais podido reponeros. Tantas veces este templo fue devorado por las llamas, se derrumbó y, sin embargo, siempre hubo quienes decidieron volver a levantarlo, no se dejaron vencer por las dificultades, no bajaron los brazos. Hay un canto alpino que dice así: “En el arte de subir, lo que importa no es no caer, sino no quedarse caído”. Comenzar de nuevo siempre, y así subir. Como esta catedral. También la libertad de vuestra patria está construida sobre aquellos que no se dejaron intimidar por el terror y la desventura. La vida, el modo de ser y la muerte de tu papá, Mónica; tu enfermedad, Jonás, os podría haber devastado... Y, sin embargo, estáis aquí, compartiendo vuestra experiencia con una mirada de fe, haciéndonos descubrir que Dios os dio la gracia para aguantar, para levantaros, para seguir caminando en la vida.
Y yo me pregunto: ¿Cómo se derramó en vosotros esta gracia de Dios? No por el aire, no por arte de magia, no hay una varita mágica para la vida. Esto ha sucedido a través de personas que se cruzaron en vuestras vidas, gente buena que os nutrió de su experiencia de fe. Siempre hay gente en la vida que nos da una mano para ayudarnos a levantarnos. Mónica: tu abuela y tu mamá, la parroquia franciscana, fueron para ti como la confluencia de estos dos ríos: así como el Vilna se une al Neris, tú te sumaste, te dejaste llevar por esa corriente de gracia. Porque el Señor nos salva haciéndonos parte de un pueblo. El Señor nos salva haciéndonos parte de un pueblo. Nos introduce en un pueblo, y nuestra identidad, en última instancia, está en pertenecer a un pueblo. Nadie puede decir “yo me salvo solo”, estamos todos interconectados, estamos todos “en red”. Dios quiso entrar en esta dinámica de relaciones y nos atrae hacia sí en comunidad, dando pleno sentido de identidad y pertenencia a nuestra vida (cf. Exhort. ap. Gaudete et exsultate, 6). También tú, Jonás, encontraste en otros ―en tu esposa y en la promesa hecha el día del matrimonio― la razón para seguir, para luchar, para vivir. No permitáis que el mundo os haga creer que es mejor caminar solos. Solos no se llega a ninguna parte. Sí, podrás tener éxito en la vida, pero sin amor, sin amigos, sin pertenecer a un pueblo, sin una experiencia tan hermosa que es arriesgar junto con otros. No se puede caminar solos. No cedáis a la tentación de ensimismaros, mirándoos el ombligo, a la tentación de volveros egoístas o superficiales ante el dolor, la dificultad o el éxito pasajero. Volvamos a afirmar que “lo que le pasa al otro, me pasa a mí”, vayamos contra la corriente de ese individualismo que aísla, que nos vuelve egocéntricos, que nos hacer ser vanidosos, preocupados solamente por la imagen y el propio bienestar. Preocupado por la imagen, de cómo me verán. Es fea la vida mirándose al espejo, es feo. En cambio, la vida es hermosa con los demás, en familia, con amigos, con la lucha de mi gente... Así, la vida es hermosa.
Somos cristianos y queremos lograr la santidad. Apostad por la santidad desde el encuentro y la comunión con los demás, atentos a sus necesidades (cf. ibíd., 146). Nuestra verdadera identidad supone la pertenencia a un pueblo. No existen identidades “de laboratorio”, no existen, ni identidades “destiladas”, identidades “purasangre”: estas no existen. Existe la identidad de caminar juntos, de luchar juntos, de amar juntos. La identidad de pertenecer a una familia, a un pueblo. Existe la identidad que te da amor, ternura, de preocuparte por los demás... Existe la identidad que te da la fuerza para luchar y al mismo tiempo la ternura para acariciar. Cada uno de nosotros conoce la belleza y también el cansancio —es hermoso que los jóvenes se cansen, es signo de que trabajan—, y muchas veces el dolor de pertenecer a un pueblo, vosotros conocéis esto. Aquí radica nuestra identidad, no somos personas sin raíces. No somos personas sin raíces.
También los dos recordáis la presencia en el coro, la oración familiar, la misa, la catequesis y la ayuda a los más necesitados; son armas poderosas que el Señor nos da. La oración y el canto, para no encerrarse en la inmanencia de este mundo: al suspirar por Dios habéis salido de vosotros mismos y habéis podido contemplar con los ojos de Dios lo que os pasaba en el corazón (cf. ibíd., 147); practicando la música os abrís a la escucha y a la interioridad, os dejáis impactar de tal modo en la sensibilidad y eso es siempre una buena oportunidad para el discernimiento (cf. Sínodo dedicado a los Jóvenes, Instrumentum laboris, 162). Es cierto que la oración puede ser una experiencia de “batalla espiritual”, pero es allí donde aprendemos a escuchar al Espíritu, a discernir los signos de los tiempos y a recuperar las fuerzas para seguir anunciando el Evangelio hoy. ¿De qué otro modo batallaríamos contra el desaliento ante las enfermedades y dificultades propias y ajenas, ante los horrores del mundo? ¿Cómo haríamos sin la oración para no creer que todo depende de nosotros, que estamos solos ante el cuerpo a cuerpo con la adversidad? “¡Jesús y yo, mayoría completa!”. No lo olvidéis; esto lo decía un santo, san Alberto Hurtado. El encuentro con él, con su palabra, con la eucaristía nos recuerda que no importa la fuerza del oponente; no importa que esté primero el “Žalgiris Kaunas” o el “Vilnius Rytas”… A propósito, os pregunto: ¿Cuál es el primero?... No importa cuál es el primero, no importa el resultado, sino que el Señor está con nosotros.
También a vosotros os ha sostenido en la vida la experiencia de ayudar a otros, descubrir que cerca nuestro hay gente que lo pasa mal, incluso mucho peor que nosotros. Mónica: nos has contado de tu tarea con niños discapacitados. Ver la fragilidad de otros nos ubica, nos evita vivir lamiéndonos las propias heridas. Es feo vivir quejándose, es feo. Es feo vivir lamiéndose las heridas. Cuántos jóvenes se van del país por falta de oportunidades, cuántos son víctimas de la depresión, el alcohol y las drogas. Vosotros lo sabéis bien. Cuántas personas mayores solas, sin nadie con quien compartir el presente y miedosas de que vuelva el pasado. Vosotros, jóvenes, podéis responder a esos desafíos con vuestra presencia y con el encuentro entre vosotros y los demás. Jesús nos invita a salir de nosotros mismos, a arriesgar en el “cara a cara” con los otros. Es verdad que creer en Jesús implica muchas veces dar saltos de fe en el vacío, y eso da miedo. Otras veces nos lleva a cuestionarnos, a salir de nuestros esquemas, y eso puede hacernos sufrir y dejarnos tentar por el desánimo. Pero, sed valientes. Seguir a Jesús es una aventura apasionante, que llena nuestra vida de sentido, que nos hace sentir parte de una comunidad que nos anima, de una comunidad que nos acompaña, que nos compromete a servir. Queridos jóvenes, vale la pena seguir a Cristo, ¡vale la pena! No tengamos miedo a formar parte de la revolución a la que él nos invita: la revolución de la ternura (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, 88).
Si la vida fuera una obra de teatro o un videojuego estaría acotada por un tiempo preciso, un comienzo y un final donde se baja el telón o alguien gana la partida. Pero la vida mide otros tiempos, no con los tiempos del teatro o del videojuego; la vida se juega en tiempos parecidos al corazón de Dios; a veces se avanza, otras se retrocede, se ensayan e intentan caminos, se cambian. La indecisión pareciera que nace del miedo a que caiga el telón, a que el cronómetro me deje fuera de la partida, o a que no pueda pasar de nivel en el juego. En cambio, la vida es siempre caminar, la vida se hace en camino, no está parada; la vida es siempre un caminar buscando la dirección correcta, sin miedo a volver si me equivoqué. Lo más peligroso es confundir el camino con un laberinto: ese andar dando vueltas por la vida, sobre sí mismos, sin atinar por el camino que conduce hacia adelante. Por favor, no seáis jóvenes de laberinto, del cual es difícil salir, sino jóvenes en camino. ¡Nada de laberinto, sino en camino!
No tengáis miedo a decidiros por Jesús, a abrazar su causa, la del Evangelio, de la humanidad, de los seres humanos. Porque él nunca se va a bajar de la barca de nuestra vida, siempre va a estar en el cruce de nuestros caminos, jamás va a dejar de reconstruirnos, aunque a veces nos empeñemos en incendiarnos. Jesús nos regala tiempos amplios y generosos, donde hay espacios para los fracasos, donde nadie tiene que emigrar, pues hay lugar para todos. Muchos querrán ocupar vuestros corazones, inundar los campos de vuestras aspiraciones con cizaña, pero al final, si le entregamos la vida al Señor, siempre vence el buen trigo. Vuestro testimonio, Mónica y Jonás, hablaba de la abuela, la madre... Me gustaría deciros —y con esto termino, no os preocupéis—, me gustaría deciros que no olvides las raíces de vuestro pueblo. Pensad en el pasado, hablad con la gente mayor: no es algo aburrido hablar con los mayores. Id a visitar a los ancianos y haced que os cuenten las raíces de vuestro pueblo, las alegrías, los sufrimientos, los valores. De este modo, valiéndose de las raíces, sacaréis adelante vuestro pueblo, la historia de vuestro pueblo para obtener un fruto mayor. Queridos jóvenes: Si queréis un pueblo grande y libre, tomad la memoria de las raíces, y llevadlo adelante. Muchas gracias.
[01432-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Boa tarde a todos vós!
Obrigado, Mónica e Jonas, pelo vosso testemunho! Recebi-o como vindo dum amigo, como se estivéssemos juntos sentados nalgum bar, contando as coisas da vida, tomando uma cerveja ou uma ghira, depois de ter estado no Jaunimo Teatras.
Mas a vossa vida não é uma ópera teatral; é real, concreta, como a de cada um de nós que estamos aqui, nesta bela praça situada entre estes dois rios. E tudo isto talvez nos possa servir para reler as vossas histórias e, nelas, descobrir a passagem de Deus... Porque Deus passa sempre na nossa vida. Passa sempre. E um grande filósofo dizia: «Quando Deus passa, tenho medo… medo de não me dar conta!»
Como esta catedral, atravessastes situações que vos levavam ao colapso, incêndios dos quais parecia não poderdes mais recuperar. Várias vezes este templo foi devorado pelas chamas, ruiu, mas sempre houve aqueles que decidiram reconstruí-lo, não se deixaram vencer pelas dificuldades, não deixaram cair os braços. Há uma linda canção alpina que diz assim: «Na arte de subir, o segredo não está em não cair, mas em não ficar caído». Recomeçar sempre de novo, e assim subir. Como esta catedral. A própria liberdade da vossa pátria está construída sobre aqueles que não se deixaram abater pelo terror e a desgraça. A vida, a condição e a morte do teu pai, Mónica, e a tua doença, Jonas, poderiam ter-vos destroçado; e todavia estais aqui a partilhar a vossa experiência com um olhar de fé, fazendo-nos descobrir que Deus vos deu a graça para suportar, levantar-vos, continuar a caminhar na vida.
E eu interrogo-me: como se derramou em vós esta graça de Deus? Não do ar, nem magicamente: não há a varinha mágica para a vida. Isso aconteceu através de pessoas que cruzaram a vossa vida, pessoas boas que vos nutriram com a sua experiência de fé. Na vida, há sempre pessoas que dão uma mão para nos ajudar a levantar. Mónica, a tua avó e a tua mãe, a paróquia franciscana foram para ti como a confluência destes dois rios: tal como o rio Vilna se junta ao Neris, assim tu te uniste, deixaste conduzir por esta corrente de graça. Porque o Senhor salva, fazendo-nos parte dum povo. O Senhor salva-nos, fazendo-nos parte dum povo. Insere-nos num povo e, em última análise, a nossa identidade será a pertença a um povo. Ninguém pode dizer: «Eu salvo-me sozinho»; mas estamos todos interligados, estamos todos «em rede». Deus quis entrar nesta dinâmica de relações e atrai-nos a Si em comunidade, dando à nossa vida um sentido pleno de identidade e pertença (cf. Exort. ap. Gaudete et exsultate, 6). Também tu, Jonas, encontraste nos outros, na tua esposa e na promessa feita no dia do Matrimónio, motivo para prosseguir, lutar, viver. Não permitais que o mundo vos faça crer que é melhor caminhar sozinho. Sozinho, nunca se consegue. Poderás, sim, conseguir um êxito na vida, mas sem amor, sem companheiros, sem pertença a um povo, sem aquela experiência tão bela que é arriscarmos juntos. Não se pode caminhar sozinho. Não cedais à tentação de vos concentrar em vós próprios, olhando o próprio umbigo, à tentação de vos tornardes egoístas ou superficiais face à dor, às dificuldades ou a um sucesso passageiro. Reafirmemos que, «aquilo que acontece ao outro, acontece a mim»; andemos contracorrente relativamente a este individualismo que isola, que nos torna egocêntricos, que nos torna vaidosos, preocupados apenas com a imagem e o bem-estar próprio. Preocupados com a imagem, com o modo de aparecer. É feia uma vida diante do espelho, é feia. Pelo contrário, é bela a vida com os outros, a vida em família, com os amigos, compartilhando a luta do meu povo… Assim, a vida é bela!
Somos cristãos e queremos apostar na santidade. Apostai na santidade a partir do encontro e da comunhão com os outros, atentos às suas necessidades (cf. ibid., 146). A nossa verdadeira identidade pressupõe a pertença a um povo. Não existem identidades «de laboratório», não existem! Nem identidades «destiladas», identidades «puro-sangue»: estas não existem. Existe a identidade feita do caminhar juntos, de lutar juntos, amar juntos. Existe a identidade feita de pertencer a uma família, a um povo. Existe a identidade que te dá o amor, a ternura, a tua preocupação pelos outros… Existe a identidade que te dá a força para lutar e, ao mesmo tempo, a ternura para acariciar. Cada um de nós conhece a beleza e também o cansaço – é bom que os jovens se cansem; é sinal que trabalham – e, muitas vezes, o tormento de pertencer a um povo… Vós conheceis isto. Aqui está enraizada a nossa identidade; não somos pessoas sem raízes. Não somos pessoas sem raízes!
Ambos lembrastes também a vossa presença no coro, a oração em família, a Missa, a catequese e a ajuda aos mais necessitados; são armas poderosas que o Senhor nos dá. A oração e o canto, para não nos fecharmos na imanência deste mundo: anelando por Deus, saístes de vós mesmos e pudestes contemplar com os olhos de Deus aquilo que acontecia no vosso coração (cf. ibid., 147); praticando a música, abristes-vos à escuta e à interioridade, deixastes-vos assim tocar na sensibilidade e isto é sempre uma boa oportunidade para o discernimento (cf. Sínodo dedicado aos jovens, Instrumentum laboris, 162). Certamente a oração pode ser uma experiência de «luta espiritual», mas é nela que aprendemos a escutar o Espírito, discernir os sinais dos tempos e recuperar as forças para continuar a anunciar hoje o Evangelho. De que outra forma poderíamos lutar contra o desânimo à vista das dificuldades próprias e alheias, face aos horrores do mundo? Sem a oração, como faríamos para não pensar que tudo depende de nós, que estamos sozinhos numa luta corpo a corpo com a adversidade? «Jesus e eu, maioria absoluta»: não o esqueçais! Isto dizia-o um santo, Santo Alberto Hurtado. O encontro com Jesus, com a sua palavra, com a Eucaristia lembra-nos que não importa a força do adversário; não importa se está em primeiro lugar o Žalgiris Kaunas ou o Vilnius Rytas [palmas, riem]… A propósito, pergunto eu: Qual é o primeiro? [ri, riem]. Não importa qual é o primeiro, não é o resultado que importa, mas que esteja connosco o Senhor.
Serviu-vos de apoio na vida também a experiência de ajudar os outros, descobrir que há pessoas ao nosso redor que estão mal, até muito pior do que nós. Mónica, falaste-nos do teu compromisso com as crianças deficientes. Ver a fragilidade dos outros situa-nos na realidade, impede-nos de viver debruçados sobre as nossas feridas. É feio viver sempre a lamentar-se; é feio. É feio viver debruçados sobre as feridas! Quantos jovens deixam o próprio país por falta de oportunidades! Quantos são vítimas da depressão, do álcool e das drogas! Vós bem o sabeis. Quantos idosos sozinhos, sem alguém para partilhar o presente e com medo que retorne o passado. Vós, jovens, podeis responder a estes desafios com a vossa presença e com o encontro entre vós e os outros. Jesus convida-nos a sair de nós mesmos, a arriscar «cara a cara» com os outros. É verdade que acreditar em Jesus implica muitas vezes dar um salto de fé no vazio, e isto causa medo. Outras vezes, leva-nos a questionar-nos a nós mesmos, a sair dos nossos esquemas, e isto pode fazer-nos sofrer e deixar-nos tentar pelo desânimo. Porém, sede corajosos! Seguir Jesus é uma aventura apaixonante que enche de significado a nossa vida, faz-nos sentir parte duma comunidade que nos encoraja, duma comunidade que nos acompanha, compromete-nos no serviço. Queridos jovens, vale a pena seguir Cristo, vale a pena! Não tenhamos medo de participar na revolução a que Ele nos convida: a revolução da ternura (cf. Exort. ap. Evangelii gaudium, 88).
Se a vida fosse uma ópera de teatro ou um videojogo, estaria circunscrita num tempo preciso, com um começo e um fim quando se corre a cortina do teatro ou alguém ganha o jogo. Mas a vida mede-se com outros tempos, não com os tempos do teatro ou do videojogo; a vida joga-se em tempos referidos ao coração de Deus; umas vezes avança-se, outras recua-se, provam-se e tentam-se novas estradas, alteram-se. A indecisão parece nascer do medo que feche a cortina do teatro, ou que o cronómetro nos deixe fora do jogo, impedindo-nos de subir uma fase no mesmo. Pelo contrário, a vida é sempre um caminhar, a vida é feita em caminho, não pára; a vida é sempre um caminhar procurando a direção certa, sem medo de voltar para trás se se tiver errado. O perigo maior é confundir o caminho com um labirinto: girar sem sentido pela vida, girar sobre si mesmo, sem tomar a estrada que faz avançar. Por favor, não sejais jovens do labirinto, donde é difícil sair, mas jovens a caminho. Não labirinto, mas caminho!
Não tenhais medo de optar por Jesus, abraçar a sua causa, a causa do Evangelho, da humanidade, dos seres humanos. Porque Ele nunca descerá do barco da vossa vida, estará sempre na encruzilhada das nossas estradas, não cessará jamais de nos reconstruir, mesmo que às vezes nos empenhemos a demolir-nos. Jesus presenteia-nos com tempos longos e generosos, onde há espaço para os fracassos, onde ninguém precisa de emigrar, porque há lugar para todos. Muitos quererão ocupar os vossos corações, infestar os campos das vossas aspirações com as ervas daninhas, mas no final, se dermos a vida ao Senhor, vencerá sempre o trigo bom. O vosso testemunho, Mónica e Jonas, falava da avó, da mãe... Eu gostaria de vos dizer – e, com isto, termino; não vos preocupeis – gostaria de vos dizer que não esquecêsseis as raízes do vosso povo. Pensai no passado, falai com os idosos: não é chato falar com os idosos. Ide procurar os idosos e pedi-lhes que vos contem as raízes do vosso povo, as alegrias, os sofrimentos, os valores. Assim, bebendo das raízes, fareis avançar o vosso povo, a história do vosso povo para um futuro maior. Queridos jovens, se quiserdes um povo grande, livre, tomai das raízes a memória e levai-o para diante. Muito obrigado!
[01432-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua araba
مساء الخير لكم جميعا!
شكرًا، مونيكا ويوناس، على شهادتكم! لقد قبلتها كصديق، كما لو كنّا جالسين معًا، في مقهى ما، نتشارك بأمور الحياة، حول كأس من البيرة أو الجيرا، بعد ذهابنا إلى "مسرح الشباب".
لكن حياتكم ليست عملًا مسرحيًّا، إنها حقيقة، ملموسة، مثل كلّ واحد منّا الموجودين هنا، في هذه الساحة الجميلة التي تقع بين هذين النهرين. ومَن يدري إن كنّا نحتاج إلى كلّ هذا لنقرأ قصصكم ونكتشف فيها مرور الله... لأن الله يمرّ دومًا في حياتنا. يمرّ دومًا. كان يقول أحد الفلاسفة الكبار: "أنا أخاف، عندما يمرّ! الله! أخاف أن أغفل عنه!"
على غرار هذه الكاتدرائية، لقد اختبرتم أوضاعًا جعلتكم تنهاروا، حرائق، كان يبدو لكم أنكم لن تستطيعوا الوقوف مجدّدًا بعدها. لقد التهمت النيران هذا المعبد عدّة مرّات، فانهار، ولكن كان هناك دومًا أشخاصٌ قرّروا أن يعيدوا بناءه، ولم يدعوا المصاعب تتغلّب عليهم، ولم يستسلموا. هناك أغنية رائعة يغنّيها متسلّقو الجبال أثناء تسلّقهم، تقول الأغنية: "في فنّ التسلّق، الشيء المهمّ ليس هو عدم السقوط، إنما هو عدم البقاء في وضع السقوط". البدء من جديد دومًا، والصعود بهذه الطريقة. مثل هذه الكاتدرائية. وحرّية وطنكم قد بُنِيَت أيضًا على أساس الذين لم يسمحوا للرعب والمصاعب أن تطيح بهم. كان باستطاعة حياة أبيك، ووضعه وموته مونيكا؛ ومرضك يوناس؛ أن يدمّروكما... ولكنكما هنا، تشاركاننا باختباركما، مع نظرة إيمان، وتجعلانا نكتشف أن الله قد أعطاكما النعمة كي تتحملّا، وكي تقفا مجدّدا، وكي تكمّلا مسيرة الحياة.
وأنا أتساءل: كيف انسكبت عليكما نعمة الله هذه؟ لا من الهواء ولا بطريقة سحريّة، ليس هناك من عصًا سحريّة للحياة. لقد حدث هذا بواسطة أشخاص عبروا حياتكما، أشخاص صالحين غذّوكما بخبرات إيمانهم. هناك دومًا أشخاص، في الحياة، يمدّون لنا يد العون كي يساعدونا على الوقوف. مونيكا لقد كانت لك أمّك وجدّتك والرعيّة الفرنسيسكانيّة مثل التقاء هذين النهرين: مثلما يتّحد نهر الفيلنيا بنهر النيريس، لقد انضممتِ، وسمحتِ لتيار النعمة هذا بأن يقودك. لأن الربّ يخلّصنا إذ يجعلنا ننتمي إلى شعب ما. الربّ يخلّصنا إذ يجعلنا ننتمي إلى شعب ما. يدخلنا في شعب، وهويّتنا في النهاية سوف تكون انتماءنا إلى شعب. لا أحد يستطيع القول: "أنا أخلص بمفردي"، فنحن جميعًا مترابطون، نحن جميعًا "في شبكة". لقد أراد الله الدخول في ديناميكيّة العلاقات هذه ويجذبنا إليه في الجماعة، فيعطي حياتنا شعورًا كاملًا بالهويّة وبالانتماء (را. الإرشاد الرسولي افرحوا وابتهجوا، عدد 6). أنت أيضًا يوناس، لقد وجدت في الآخرين، في زوجتك، وفي الوعد الذي قطعته يوم زواجك، الدافع للمضيّ قدمًا، وللكفاح، وللعيش. لا تسمحوا إذًا للعالم بأن يجعلكم تظنّون أنّه من الأفضل أن تسيروا بمفردكم. فبمفردنا لا نصل أبدًا. أجل يمكنك أن تتوصّل للنجاح في الحياة، لكن دون محبّة، ودون رفاق، ودون انتماء إلى شعب، ودون تلك الخبرة الجميلة للغاية التي هي المخاطرة معًا. لا يمكننا السير بمفردنا. لا تقعوا في تجربة التركيز على ذواتكم، فتنظروا إلى أنفسكم، ولا تجربة أن تصبحوا أنانيّين أو سطحيّين، إزاء الألم والمصاعب أو إزاء النجاح العابر. لنؤكّد مرّة جديدة أن "ما يحدث للآخر، يحدث لي"، ولنذهب عكس التيّار بالنسبة لهذه الفرديّة التي تعزل، والتي تجعلنا نصبح أنانيّين، وتجعلنا نصبح مغرورين، نهتمّ فقط لصورتنا الخاصّة ورفاهيّتنا. نهتمّ لصورتنا، لمظهرنا. قبيحة هي الحياة أمام المرآة، قبيحة. أما الحياة مع الآخرين فجميلة، مع العائلة، مع الأصدقاء، مع كفاح شعبي... الحياة هي جميلة هكذا!
إننا مسيحيون ونريد أن نركّز على القداسة. ركّزوا على القداسة بدءًا من اللقاء والتواصل مع الآخرين، والتنبّه لاحتياجاتهم (را. نفس المرجع، عدد 146). هويّتنا الحقيقيّة تفترض انتماءً لشعب ما. ليس هناك من هويّة "مختبر"، ليست موجودة، ولا من هويّة "مقطّرة"، هوية "دم صافٍ": ليست موجودة. توجد هوية السير معًا، الكفاح معًا، المحبّة معًا. توجد هويّة الانتماء إلى عائلة، إلى شعب. توجد هويّة تعطيك المحبّة، والحنان، والاهتمام بالآخرين... توجد الهويّة التي تعطيك القوّة كي تكافح، وفي الوقت نفسه تعطيك الحنان كي تعانق الآخرين. كلّ منّا يعرف جمال الانتماء إلى شعب، وأيضًا مصاعبه –من الجميل أن يتعب الشبيبة، فهي علامة على أنهم يعملون-، وفي الكثير من الأحيان، ألم الانتماء إليه، وأنتم تعرفون هذا. هنا تترسّخ هويّتنا، لسنا أشخاصًا دون جذور. لسنا أشخاصًا دون جذور.
لقد ذكر كلاكما الانتماء إلى الجوقة، والصلاة في الأسرة، والقدّاس الإلهيّ، والتعليم المسيحيّ، ومساعدة الفقراء؛ إنها أسلحة قويّة يعطينا إياها الله. الصلاة والترتيل، كي لا ننغلق في حضوريّة هذا العالم: عبر توقكما لله خرجتما من ذواتكما واستطعتما التأمّل بما يحدث في قلبكما بأعين الله (را. نفس المرجع، عدد 147)؛ وعبر العزف انفتحتما على الاصغاء وعلى الجوهر الداخلي، وسمحتما لإحساسكما بأن يتأثّر وهذه تشكّل دومًا فرصة جيّدة للتمييز (را. السينودس المكرّس للشبيبة، أدوات العمل، عدد 162). ويمكن للصلاة بالتأكيد أن تكون خبرة "جهاد روحي"، ولكن هكذا نتعلّم الإصغاء للروح، وتمييز علامات الأزمنة، واستعادة القوى من أجل الاستمرار بالبشارة بالإنجيل اليوم. وإلّا فكيف يمكن أن نكافح الإحباط إزاء الصعوبات التي نواجهها ويواجهها الآخرون، إزاء أهوال العالم؟ وكيف كنّا لنتصرّف دون صلاة، كيلا نظنّ أن كلّ شيء يعتمد علينا، وأننا وحدنا إزاء المواجهة المباشرة للشدائد؟ "أنا ويسوع، أغلبيّة مطلقة!". لا تنسوا هذا، هذا ما كان يقوله قدّيس، القدّيس ألبيرتو هورتادو. فاللقاء به، وبكلمته، بالافخارستيا، يذكّرنا أن قوّة العدوّ لا تهمّ؛ لا يهمّ إن كان فريق الـ زالجيريز كاوناس الأوّل أم فريق الـ فيلنيوس ريتاس [تصفيق، يضحكون]... بالمناسبة، أسالكم: من هو الأوّل؟ [يضحك، يضحكون]، لا يهمّ من هو الأوّل، لا تهمّ النتيجة، إنما المهمّ هو أن يكون الربّ معنا.
لقد ساندتكما أنتم أيضًا خبرة مساعدة الآخرين، واكتشاف أن هناك أشخاص بالقرب منّا يمرّون بصعوبات، وأسوأ منّا. مونيكا، لقد أخبرتنا عن التزامك مع الأطفال المعاقين. إن رؤية هشاشة الآخرين يضعنا في الواقع، ويمنعنا من العيش ونحن نضمّد جراحنا. من القبيح أن نحيا في الشكاوى، قبيح. من القبيح أن نحيا ونحن نضمّد جراحنا! كم من الشبّان يغادرون بلادهم بسبب نقص الفرص! كم من ضحايا الاكتئاب والكحول والمخدّرات! أنتم تعرفون ذلك جيّدًا. كم من كبار السنّ يعانون من الوحدة، دون أن يكون هناك من يشاركهم الحاضر ومع الخوف من أن يعود الماضي. باستطاعتكم أنتم الشبيبة الإجابة على هذه التحدّيات عبر حضوركم وعبر اللقاء بينكم وبين الآخرين. إن يسوع يدعونا للخروج من ذواتنا، والمخاطرة "وجهًا لوجه" مع الآخرين. صحيح أن الإيمان بيسوع غالبًا ما يعني القيام بقفزة إيمانٍ في الفراغ، وهذا أمر مخيف. وفي أحيان أخرى يقودنا إلى أن نتساءل، إلى الخروج من أنماطنا، وهذا قد يجعلنا نعاني، ونميل للإحباط. ولكن كونوا شجعان! إن اتّباع يسوع هي مغامرة مثيرة، تملأ حياتنا بالمعنى، وتجعلنا نشعر بانتمائنا إلى جماعة تشجّعنا، إلى جماعة ترافقنا، وتلزمنا في الخدمة. أيّها الشبيبة الأعزّاء، إن اتّباع المسيح جدير بالمجازفة، جدير بالمجازفة! لا نخافنّ من المشاركة في الثورة التي يدعونا إليها: ثورة الرقة (را. الإرشاد الرسولي فرح الإنجيل، عدد 88).
لو كانت الحياة عمل مسرحيّ أو لعبة فيديو، لكانت محدودة الوقت، لها بداية ونهاية، عند إنزال الستارة أو عندما يفوز أحدهم في اللعبة. لكن الحياة تُقاس بأوقات مختلفة، لا بأوقات المسرح أو لعبة الفيديو؛ الحياة "تُلعب" في أوقاتٍ تتعلّق بقلب الله؛ أحيانًا نتقدّم، وأخرى نتراجع، نختبر ونجرّب طرق، نغيّر... يبدو أن التردّد يأتي من الخوف من سقوط الستارة، أو من أن تضعنا "ساعة التوقيف" خارج اللعبة، خارج الصعود إلى مستوى أعلى في اللعبة. لكن الحياة هي دومًا مسيرة، الحياة هي مسيرة، لا تتوقّف؛ الحياة هي دومًا مسيرة بحثٍ عن الاتّجاه الصحيح، دون الخوف من العودة للوراء عند الخطأ. الأمر الأخطر هو الخلط بين المسيرة والمتاهة: ذاك الدوران في الفراغ عبر الحياة، حول ذواتنا، دون أن نأخذ الطريق الذي يؤدّي إلى الأمام. من فضلكم لا تكونوا شبيبة المتاهة، التي يصعب الخروج منها، إنما شبيبة في مسيرة. لا متاهة: في مسيرة!
لا تخافوا من أن تتّبعوا يسوع، وأن تعانقوا قضيّته، قضيّة الإنجيل، قضية الأنسانية، قضية البشر. لأنّه لن ينزل من قارب حياتنا، سيكون دومًا على تقاطع طرقنا، لن يتوقّف أبدًا عن إعادة بنائنا، حتى وإن عملنا أحيانًا على هدم أنفسنا. إن يسوع يعطينا أوقاتاً واسعة وسخيّة، حيث هناك مجال للفشل، وحيث لا يحتاج أحد إلى الهجرة، لأن هناك مكان للجميع. سوف يريد الكثيرون أن يشغلوا قلوبكم، ويغمروا حقول طموحاتكم بالزؤان، ولكن في النهاية، إذا أعطينا حياتنا للربّ، فسوف تنتصر دائمًا البذور الجيّدة. إن شهادتكما، مونيكا وجوناس، تحدثتا عن الجدّة، وعن الأم ... أودّ أن أقول لكما-ومع هذا انتهي، لا تقلقوا!- أودّ أن أقول لكما ألّا تنسيا جذور شعبكما. فكّرا بالماضي، وتحدّثا إلى كبار السنّ: ليس من المملّ الحديث مع كبار السنّ. اذهبا وابحثا عن كبار السنّ واجعلاهم يتكلّمون عن جذور شعبكما، وعن الأفراح، والمعاناة، والقيم. وهكذا، انطلاقا من الجذور، وسوف تحملان شعبكما وتاريخه للتقدّم من أجل ثمرٍ أكبر. أيها الشباب الأعزاء، إذا كنتم تريدون شعباً كبيراً، حراً، فعليكم أن تأخذوا الذاكرة من الجذور وأن تحملوها للتقدّم. شكرًا جزيلًا!
[01432-AR.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua polacca
Dobry wieczór wam wszystkim!
Dziękuję, Moniko i Jonasie, za wasze świadectwo! Przyjąłem je jak przyjaciel, jak gdybyśmy siedzieli razem w jakimś barze, opowiadając o swoim życiu, pijąc piwo lub kwas chlebowy po wizycie w „Teatrze młodzieżowym”.
Jednak wasze życie nie jest sztuką teatralną, jest prawdziwe, konkretne, tak jak życie każdego z nas tutaj, na tym pięknym placu, położonym między dwoma rzekami. A kto wie, może to wszystko pomoże nam odczytać na nowo wasze dzieje i odkryć w nich przejście Boga... Ponieważ Bóg zawsze przechodzi przez nasze życie. Przechodzi zawsze. Pewien wielki filozof mawiał: „Boję się, gdy bóg przechodzi! Boję się, że tego nie zauważę!”
Podobnie jak ten kościół katedralny, doświadczyliście sytuacji, które was załamały, pożarów, z których wydawało się, że nie można się podnieść. Kilka razy ta świątynia została strawiona przez ogień, zawaliła się, a jednak zawsze byli tacy, którzy postanawiali zbudować ją na nowo, którzy nie dali się zwyciężyć trudnościom, nie pozwolili, by ich "ręce opadły". Jest piękna pieśń alpejska, która mówi tak: „W sztuce wspinaczki, rzecz nie polega na tym, żeby nie upaść, ale by nie pozostać w upadku”. Wciąż rozpoczynać na nowo i tak wznosić się. Jak ta katedra. Także wolność waszej ojczyzny zbudowana jest na tych, którzy nie dali się powalić terrorem i tragedią. Życie, sytuacja i śmierć twojego ojca, Moniko; twoja choroba Jonasie mogły was zniszczyć... A jednak jesteście tutaj, aby podzielić się waszymi doświadczeniami ze spojrzeniem wiary, pozwalając nam odkryć, że Bóg dał wam łaskę, aby wytrwać, aby się podnieść i dalej iść przez życie.
I pytam się: w jaki sposób została w was wlana ta łaska Boża? Nie z powietrza, nie w sposób magiczny – nie ma magicznej różdżki na życie. Stało się to przez ludzi, którzy przeszli przez wasze życie, dobrych ludzi, którzy wzmacniali was swoim doświadczeniem wiary. Zawsze w życiu są ludzie, którzy podają rękę, aby pomóc nam powstać. Moniko, twoja babcia i mama, parafia franciszkańska, były dla Ciebie jak zbieg tych dwóch rzek: jak Wilejka wpada do Wilii, tak ty dołączyłaś, dałaś się nieść temu nurtowi łaski. Pan bowiem zbawia nas, czyniąc nas częścią ludu. Nikt nie może powiedzieć: „zbawiam się sam”, wszyscy jesteśmy ze sobą połączeni, „w sieci”. Bóg zechciał wejść w tę dynamikę relacji i pociąga nas do siebie we wspólnocie, nadając naszemu życiu pełen sens tożsamości i przynależności (por. Adhort. ap. Gaudete et exsultate, 6). Ty też, Jonasie, znalazłeś w innych, w swojej żonie i w ślubowaniu złożonym w dniu zawarcia małżeństwa, motyw, by iść naprzód, zmagać się, aby żyć. Nie pozwólcie, aby świat przekonał was, że lepiej iść samotnie. Nie ulegajcie pokusie koncentrowania się na sobie, stawaniu się samolubnymi lub powierzchownymi w obliczu cierpienia, trudności lub przelotnego sukcesu. Po raz kolejny potwierdźmy, że „to, co dzieje się drugiemu, dzieje się także i mnie”, idźmy pod prąd tego nurtu indywidualizmu, który izoluje, który czyni nas egocentrycznymi i zarozumiałymi, troszczącymi się jedynie o to jak nas widzą i o swój dobrobyt.
Dążcie do świętości, wychodząc od spotkania i komunii z innymi, zwracając uwagę na ich potrzeby (por. tamże, 146). Nasza prawdziwa tożsamość zakłada przynależność do ludu. Nie ma tożsamości „laboratoryjnych” ani „przedestylowanych”. Każdy z nas zna piękno, a także trud, i niejednokrotnie ból przynależności do narodu. Tutaj jest zakorzeniona nasza tożsamość, nie jesteśmy ludźmi bez korzeni.
Obydwoje przypomnieliście także udział w chórze, rodzinną modlitwę, Mszę św., katechezę i pomoc dla najbardziej potrzebujących. Są one potężną bronią, którą daje nam Pan. Modlitwa i śpiew, aby nie zamknąć się w immanencji tego świata: pragnąc Boga, wyszliście z własnego "ja" i potrafiliście kontemplować oczami Boga to, co działo się w waszym sercu (por. tamże, 147); poprzez muzykę, otwieracie się na słuchanie i na życie wewnętrzne. W ten sposób pozwalacie, by poruszona została wasza wrażliwość, a jest to zawsze dobra okazja do rozeznawania (por. Synod poświęcony młodzieży, Instrumentum laboris, 162). Oczywiście modlitwa może być doświadczeniem „walki duchowej”, ale właśnie w niej uczymy się słuchać Ducha Świętego, rozpoznawać znaki czasu i regenerować siły, aby głosić dziś Ewangelię. Jakże inaczej moglibyśmy walczyć ze zniechęceniem w obliczu trudności własnych i innych osób, w obliczu okrucieństw świata? Jak bez modlitwy uwierzylibyśmy, że nie wszystko zależy od nas, że nie jesteśmy sami w obliczu przeciwności? „Jezus i ja, to większość absolutna!”, mawiał św. Albert Hurtado. A spotkanie z Nim, z Jego Słowem, z Eucharystią przypomina nam, że nie ma znaczenia siła przeciwnika; nie ma znaczenia, czy pierwsza jest drużyna „Žalgiris Kowno” czy też „Vilnius Rytas”, wynik nie ma znaczenia, ale fakt, że Pan jest z nami.
Także dla was wsparciem w życiu było doświadczenie pomagania innym, odkrycie, że blisko nas są ludzie, którym jest ciężko, nawet bardziej niż nam. Moniko, powiedziałaś nam o twoim zaangażowaniu w pomoc dla dzieci niepełnosprawnych. Dostrzeganie słabości innych osób ustawia nas w rzeczywistości, zapobiega temu, abyśmy żyli, liżąc swoje rany. Iluż młodych ludzi opuszcza swą ojczyznę z powodu braku szans! Iluż pada ofiarą depresji, alkoholu i narkotyków! Ileż osób starszych żyje w samotności, bez kogoś, z kim można by dzielić się teraźniejszością i obawą, żeby nie wróciła przeszłość. Możecie odpowiedzieć na te wyzwania swoją obecnością i spotkaniem między wami a innymi. Jezus zachęca nas, abyśmy wyszli ze swoich ograniczeń, abyśmy podjęli ryzyko stawania „twarzą w twarz" z innymi. To prawda, że wiara w Jezusa często pociąga za sobą dokonanie skoku wiary w pustkę, a to jest przerażające. Innym razem prowadzi nas, do zadawania sobie pytań, do wychodzenia z naszych schematów, a to może sprawić, że będziemy cierpieli i będziemy kuszeni zniechęceniem. Jednakże bądźcie odważni! Podążanie za Jezusem jest ekscytującą przygodą, która napełnia nasze życie znaczeniem, które sprawia, że czujemy się częścią wspólnoty, która dodaje nam otuchy i nam towarzyszy, która angażuje nas w posługę. Drodzy młodzi, warto iść za Chrystusem, nie bójmy się udziału w rewolucji, na którą On nas zaprasza: rewolucji czułości (por. Adhort. ap. Evangelii gaudium, 88).
Gdyby życie było sztuką teatralną lub grą wideo, byłoby ograniczone do określonego czasu, początku i końca, w którym opada kurtyna lub ktoś wygrywa. Ale życie mierzy się innymi czasami, życie rozgrywa się w czasach związanych z sercem Boga. Niekiedy idziemy do przodu, nieraz się cofamy, próbujemy i usiłujemy wybrać drogi, niekiedy je zmieniamy. Niezdecydowanie zdaje się rodzić z obaw, że kurtyna opadnie lub że sekundomierz usunie nas z rozgrywki, z przejścia na kolejny poziom gry. Tymczasem życie jest zawsze drogą, na której poszukuje się właściwego kierunku, nie obawiając się zawrócenia, jeśli zbłądziłem. Niebezpieczną rzeczą jest mylenie drogi z labiryntem: tym pustym kręceniem się w życiu w kółko, wokół siebie, bez podjęcia drogi, która prowadzi naprzód. Nie bądźcie młodymi labiryntu, z którego trudno wyjść, ale młodymi w drodze.
Nie bójcie się postawić na Jezusa, przyjąć Jego sprawę, Ewangelię. On bowiem nigdy nie zejdzie z łodzi waszego życia, zawsze będzie na rozstaju naszych dróg, nigdy nie przestanie nas odbudowywać, nawet jeśli czasami staramy się siebie zniszczyć. Jezus obdarza nas czasami obfitymi i szczodrymi, gdzie jest miejsce na porażki, gdzie nikt nie musi emigrować, ponieważ jest miejsce dla wszystkich. Wielu będzie chciało zająć wasze serca, nękać pola waszych dążeń chwastami, ale ostatecznie, jeśli oddamy życie Panu, zawsze zwycięża dobra pszenica.
[01432-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Visita alla Cattedrale dei Santi Stanislao e Ladislao di Vilnius
Alle ore 18.30 (17.30 ora di Roma) il Santo Padre Francesco si è recato in visita alla Cattedrale dei Santi Stanislao e Ladislao di Vilnius.
Al Suo arrivo è stato accolto dal Parroco. Quindi ha sostato in preghiera silenziosa nella Cappella di San Casimiro dove erano riuniti circa 60 Sacerdoti e Suore anziane.
Al termine una Suora e un Sacerdote hanno offerto al Papa un omaggio floreale che Egli ha deposto davanti all’immagine della Madonna di Siberia. Infine il Papa ha salutato alcuni sacerdoti anziani. Quindi il Santo Padre è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica di Vilnius.
[01448-IT.02]
[B0678-XX.02]