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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Lituania, Lettonia ed Estonia (22 – 25 settembre 2018) – Cerimonia di benvenuto, Visita di cortesia alla Presidente della Repubblica di Lituania e Incontro con le Autorità, con la Società Civile e con il Corpo Diplomatico, 22.09.2018


Cerimonia di benvenuto all’Aeroporto Internazionale di Vilnius

Visita di cortesia alla Presidente della Repubblica di Lituania

Incontro con le Autorità, con la Società Civile e con il Corpo Diplomatico all’esterno del Palazzo Presidenziale di Vilnius

Cerimonia di benvenuto all’Aeroporto Internazionale di Vilnius

L’aereo con a bordo il Santo Padre Francesco, partito questa mattina da Roma alle ore 7.40, è atterrato alle ore 11.20 locali (10.20 ora di Roma) all’Aeroporto Internazionale di Vilnius.

Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto dalla Presidente della Repubblica di Lituania, la Sig.ra Dalia Grybauskaitė e da due bambini in abito tradizionale che hanno offerto dei fiori al Santo Padre. Erano presenti anche Autorità politiche e civili.

Dopo l’esecuzione degli inni, gli onori militari e la presentazione delle Delegazioni, il Santo Padre si è trasferito in auto al Palazzo Presidenziale di Vilnius.

[01427-IT.01]

Visita di cortesia alla Presidente della Repubblica di Lituania

Al Suo arrivo al Palazzo Presidenziale di Vilnius, Papa Francesco è stato accolto, all’ingresso laterale del Palazzo, dalla Presidente della Repubblica di Lituania, la Sig.ra Dalia Grybauskaitė, che lo ha accompagnato alla “Sala Bianca”, dove ha avuto luogo la Firma del libro d’onore e lo scambio dei doni.

Quindi, il Santo Padre e la Presidente si sono trasferiti nell’attigua “Sala Blu” per l’incontro privato. Al termine la Presidente ha accompagnato il Papa nel piazzale antistante al Palazzo Presidenziale per l’Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico.

[01429-IT.01]

Incontro con le Autorità, con la Società Civile e con il Corpo Diplomatico all’esterno del Palazzo Presidenziale di Vilnius

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Traduzione di lavoro in lingua lituana

Alle ore 12.30 locali (11.30 ora di Roma) ha avuto luogo l’Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico nel piazzale antistante al Palazzo Presidenziale di Vilnius.

Dopo l’indirizzo di saluto della Presidente, il Papa ha pronunciato il Suo discorso.

Infine, il Santo Padre - accompagnato dalla Presidente - si è congedato dal Palazzo Presidenziale per trasferirsi alla Nunziatura Apostolica di Vilnius dove ha avuto luogo il pranzo.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha pronuncia nel corso dell’Incontro con le Autorità, la Società Civile e con i Membri del Corpo Diplomatico:

Discorso del Santo Padre

Signora Presidente,
Membri del Governo e del Corpo Diplomatico,
Rappresentanti della società civile,
Distinte Autorità,
Signore e signori,

È motivo di gioia e di speranza iniziare questo pellegrinaggio nei Paesi Baltici in terra lituana, che, come amava dire san Giovanni Paolo II, è «testimone silenzioso di un amore appassionato per la libertà religiosa» (Discorso nella cerimonia di benvenuto, Vilnius, 4 settembre 1993).

La ringrazio, Signora Presidente, per le cordiali espressioni di benvenuto che mi ha rivolto a nome proprio e del Suo popolo. Nella Sua persona desidero salutare tutto il popolo lituano che oggi mi apre le porte della sua casa e della sua patria. A tutti voi va il mio affetto e il mio sincero ringraziamento.

Questa visita avviene in un momento particolarmente importante della vita della vostra Nazione che celebra i cento anni della dichiarazione d’indipendenza.

Un secolo segnato da molteplici prove e sofferenze che avete dovuto sopportare (detenzioni, deportazioni, persino il martirio). Celebrare i cento anni dell’indipendenza significa soffermarsi un poco nel tempo, recuperare la memoria del vissuto per prendere contatto con tutto quello che vi ha forgiati come Nazione e trovarvi le chiavi che vi permettano di guardare le sfide del presente e proiettarsi verso il futuro in un clima di dialogo e di unità tra tutti gli abitanti, in modo che nessuno rimanga escluso. Ogni generazione è chiamata a fare proprie le lotte e le realizzazioni del passato e onorare nel presente la memoria dei padri. Non sappiamo come sarà il domani; quello che sappiamo è che ad ogni epoca compete conservare “l’anima” che l’ha edificata e che l’ha aiutata a trasformare ogni situazione di dolore e di ingiustizia in opportunità, e conservare viva ed efficace la radice che ha prodotto i frutti di oggi. E questo popolo ha un’“anima” forte che gli ha permesso di resistere e di costruire! Così recita il vostro inno nazionale: «Possano i tuoi figli trarre forza dal passato», per guardare al presente con coraggio.

«Possano i tuoi figli trarre forza dal passato».

Nel corso della sua storia, la Lituania ha saputo ospitare, accogliere, ricevere popoli di diverse etnie e religioni. Tutti hanno trovato in queste terre un posto per vivere: lituani, tartari, polacchi, russi, bielorussi, ucraini, armeni, tedeschi...; cattolici, ortodossi, protestanti, vetero-cattolici, musulmani, ebrei...; sono vissuti insieme e in pace fino all’arrivo delle ideologie totalitarie che spezzarono la capacità di ospitare e armonizzare le differenze seminando violenza e diffidenza. Trarre forza dal passato significa recuperare la radice e mantenere sempre vivo quanto di più autentico e originale vive in voi e che vi ha permesso di crescere e di non soccombere come Nazione: la tolleranza, l’ospitalità, il rispetto e la solidarietà.

Guardando allo scenario mondiale in cui viviamo, dove crescono le voci che seminano divisione e contrapposizione – strumentalizzando molte volte l’insicurezza e i conflitti – o che proclamano che l’unico modo possibile di garantire la sicurezza e la sussistenza di una cultura sta nel cercare di eliminare, cancellare o espellere le altre, voi lituani avete una parola originale vostra da apportare: “ospitare le differenze”. Per mezzo del dialogo, dell’apertura e della comprensione esse possono trasformarsi in ponte di unione tra l’oriente e l’occidente europeo. Questo può essere il frutto di una storia matura, che come popolo voi offrite alla comunità internazionale e in particolare all’Unione Europea. Voi avete patito “sulla vostra pelle” i tentativi di imporre un modello unico, che annullasse il diverso con la pretesa di credere che i privilegi di pochi stiano al di sopra della dignità degli altri o del bene comune. Lo ha indicato bene Benedetto XVI: «Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e di carità […]. Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente anche ai suoi reali bisogni» (Lett. enc. Caritas in veritate, 7). Tutti i conflitti che si presentano trovano soluzioni durature a condizione che esse si radichino nell’attenzione concreta alle persone, specialmente alle più deboli, e nel sentirsi chiamati ad «allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 235).

In questo senso, trarre forza dal passato significa prestare attenzione ai più giovani, che sono non solo il futuro, ma il presente di questa Nazione, se rimangono uniti alle radici del popolo. Un popolo in cui i giovani trovano spazio per crescere e lavorare, li aiuterà a sentirsi protagonisti della costruzione del tessuto sociale e comunitario. Questo renderà possibile a tutti di alzare lo sguardo con speranza verso il domani. La Lituania che essi sognano si gioca nella costante ricerca di promuovere quelle politiche che incentivino la partecipazione attiva dei più giovani nella società. Senza dubbio, questo sarà seme di speranza, poiché porterà ad un dinamismo nel quale l’“anima” di questo popolo continuerà a generare ospitalità: ospitalità verso lo straniero, ospitalità verso i giovani, verso gli anziani, che sono la memoria viva, verso i poveri, in definitiva, ospitalità al futuro.

Le assicuro, Signora Presidente, che potete contare – come fino ad ora – sull’impegno e il lavoro corale della Chiesa Cattolica, affinché questa terra possa adempiere la sua vocazione di essere terra-ponte di comunione e di speranza.

[01430-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Madame la Présidente,
Membres du Gouvernement et du Corps Diplomatique,
Représentants de la société civile,
Distinguées Autorités,
Mesdames et Messieurs,

C’est un motif de joie et d’espérance de commencer en terre lituanienne ce pèlerinage dans les pays baltes qui, comme aimait le dire saint Jean-Paul II, est le «témoin silencieux d’un amour passionné de la liberté religieuse» (Discours lors de la cérémonie de bienvenue, Vilnius, 4 septembre 1993).

Je vous remercie, Madame la Présidente, pour les cordiales paroles de bienvenue que vous m’avez adressées en votre nom personnel et au nom de votre peuple. A travers vous, je voudrais saluer tout le peuple lituanien qui m’ouvre aujourd’hui les portes de sa maison et de sa patrie. A vous tous, j’exprime mon affection et mes sincères remerciements.

Cette visite a lieu à un moment particulièrement important de la vie de votre nation qui célèbre les 100 ans de la déclaration d’indépendance.

Un siècle marqué par de multiples épreuves et souffrances que vous avez dû supporter (détentions, déportations, voire le martyre). Célébrer les cent ans de l’indépendance signifie s’arrêter un peu dans le temps, recouvrer la mémoire de ce qui a été vécu pour entrer en contact avec tout ce qui vous a forgés en tant que nation, et y trouver les clefs qui vous permettront de regarder les défis présents et de vous projeter vers l’avenir dans un climat de dialogue et d’unité entre tous les habitants, de manière à ce que personne ne soit exclu. Chaque génération est appelée à faire siens les luttes et les acquis du passé et à honorer dans le présent la mémoire de ses anciens. Nous ne savons pas comment sera demain; ce que nous savons, c’est qu’il revient à chaque génération de préserver l’‘‘âme’’ qui l’a édifiée et qui l’a aidée à transformer toute situation de souffrance et d’injustice en opportunité, et de garder vivante et agissante la racine qui a donné les fruits d’aujourd’hui. Et ce peuple a une ‘‘âme’’ forte qui lui a permis de résister et de construire! Et votre hymne national dit ceci: «Que tes enfants puisent de la force dans le passé» pour regarder le présent avec courage.

«Que tes enfants puisent de la force dans le passé».

Au cours de son histoire, la Lituanie a su offrir l’hospitalité, accueillir, recevoir des peuples de diverses ethnies et religions. Tous ont trouvé en ces contrées un lieu pour vivre: Lituaniens, Tartares, Polonais, Russes, Biélorusses, Ukrainiens, Arméniens, Allemands; catholiques, orthodoxes, protestants, vieux-catholiques, musulmans, juifs…; ils ont vécu ensemble et en paix jusqu’à ce que surviennent les idéologies totalitaires qui ont rompu la capacité d’accueillir et d’harmoniser les différences, semant violence et méfiance. Puiser de la force dans le passé, c’est récupérer la racine et garder toujours vivant ce qu’il y a de plus authentique et de plus original en vous, ce qui vous a permis de grandir et de ne pas succomber en tant que nation: la tolérance, l’hospitalité, le respect et la solidarité.

En regardant la situation mondiale dans laquelle nous vivons, où les voix qui sèment la division et l’affrontement deviennent nombreuses – en instrumentalisant bien des fois l’insécurité ou les conflits –, ou bien qui proclament que l’unique manière possible de garantir la sécurité et la survie d’une culture réside dans l’effort pour éliminer, effacer ou expulser les autres, vous, Lituaniens, vous avez une parole originale à apporter: « accueillir les différences». Par le dialogue, par l’ouverture et la compréhension, celles-ci peuvent devenir un pont qui unit l’orient et l’occident de l’Europe. Cela peut être le fruit d’une histoire arrivée à maturité, qu’en tant que peuple vous offrez à la communauté internationale et en particulier à l’Union Européenne. Vous avez souffert ‘‘dans votre chair’’ les tentatives d’imposer un modèle unique qui annule ce qui est différent avec la prétention de croire que les privilèges de quelques-uns sont au-dessus de la dignité des autres ou du bien commun. Benoît XVI l’a bien signalé: «C’est une exigence de la justice et de la charité que de vouloir le bien commun et de le rechercher […] On aime d’autant plus efficacement le prochain que l’on travaille davantage en faveur du bien commun qui répond également à ses besoins réels.» (Lettre enc. Caritas in veritate, n. 7). Tous les conflits qui surviennent ont des solutions durables à condition qu’elles s’enracinent dans la reconnaissance concrète des personnes, surtout des plus faibles et dans le fait de se sentir appelés à «élargir le regard pour reconnaître un bien plus grand qui sera bénéfique à tous.» (Exhort. Ap. Evangelii gaudium, n. 235).

Dans ce sens, puiser de la force dans le passé, c’est prêter une attention aux plus jeunes, qui ne sont pas seulement l’avenir mais le présent de cette nation, à condition qu’ils restent attachés aux racines du peuple. Un peuple où les jeunes trouvent une place pour se développer et travailler, les aidera à se sentir protagonistes de la construction du tissu social et communautaire. Cela permettra à tous de lever le regard avec espérance vers l’avenir. La Lituanie dont vous rêvez se joue dans l’effort inlassable pour promouvoir ces politiques qui encouragent la participation active des plus jeunes dans la société. Sans aucun doute, ce sera une semence d’espérance, puisque cela conduira à un dynamisme où l’‘‘âme’’ de ce peuple continuera à générer l’hospitalité: hospitalité envers l’étranger, hospitalité envers les jeunes, envers les personnes âgées qui sont la mémoire vivante, envers le pauvre, en définitive, l’hospitalité envers l’avenir.

Je vous assure, Madame la Présidente, que vous pouvez compter – comme jusqu’à présent – sur l’engagement et le travail collectif de l’Église catholique pour que cette terre puisse répondre à sa vocation de terre-pont de communion et d’espérance.

[01430-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Madam President,
Members of Government and of the Diplomatic Corps,
Representatives of Civil Society,
Distinguished Authorities,
Ladies and Gentlemen,

It is a source of joy and hope to begin this pilgrimage to the Baltic countries in Lithuania, which is, in the words of Saint John Paul II, “a silent witness of a passionate love for religious freedom” (Welcome Ceremony, Vilnius, 4 September 1993).

I thank you, Madam President, for your cordial words of welcome in your own name and that of your people. In addressing you, I wish to greet in the first place the entire Lithuanian people, who today open to me the doors of their homes and of their homeland. To all of you I express my affection and sincere gratitude.

This visit takes place at a particularly important moment in your life as a nation, for you celebrate this year the centenary of your declaration of independence.

It has been a century marked by your bearing numerous trials and sufferings: detentions, deportations, even martyrdom. Celebrating the hundredth anniversary of independence means taking time to stop and revive the memory of all those experiences. In this way, you will be in touch with everything that forged you as a nation, and thus find the key to assessing present challenges and looking to the future in a spirit of dialogue and unity with all those who dwell here, careful to ensure that no one remains excluded. Each generation is challenged to make its own the struggles and achievements of the past, and to honour in the present the memory of all those who have gone before. We do not know what tomorrow bring, yet we do know that each age has the duty to cherish the “soul” that created it and helped it to turn every situation of sorrow and injustice into opportunity, preserving alive and healthy the roots that nurtured the fruits we enjoy today. Truly, this people has a strong “soul” that enables it to hold fast and to keep building! This is the prayer voiced in your national hymn: “May your sons draw strength and vigour from your past experience”, so as to face the present with courage.

“May your sons draw strength and vigour from your past experience”

Throughout its history, Lithuania was able to shelter, receive and accept peoples of various ethnic groups and religions. All found a place to live in this land – Lithuanians, Tartars, Poles, Russians, Belarusians, Ukrainians, Armenians, Germans … Catholics, Orthodox, Protestants, Old Catholics, Muslims, Jews – lived together in peace until the arrival of totalitarian ideologies that, by sowing violence and lack of trust, undermined its ability to accept and harmonize differences. To draw strength from the past is to recover those roots and keep alive all that continues to be most authentic and distinctive about you, everything that enabled you to grow and not succumb as a nation: tolerance, hospitality, respect and solidarity.

If we look at the world scene in our time, more and more voices are sowing division and confrontation – often by exploiting insecurity or situations of conflict – and proclaiming that the only way possible to guarantee security and the continued existence of a culture is to try to eliminate, cancel or expel others. Here you Lithuanians have a word of your own to contribute: “welcoming differences”. Through dialogue, openness and understanding, you can become a bridge between Eastern and Western Europe. This is the fruit of a mature history, which you as a people can offer to the international community and to the European Community in particular. You have suffered “in the flesh” those efforts to impose a single model that would annul differences under the pretence of believing that the privileges of a few are more important than the dignity of others or the common good. As Benedict XVI rightly pointed out: “to desire the common good and strive towards it is a requirement of justice and charity … The more we strive to secure a common good corresponding to the real needs of our neighbours, the more effectively we love them” (Caritas in Veritate, 7). All conflicts presently emerging will find lasting solutions only if those solutions are grounded in the concrete recognition of [the dignity of] persons, especially the most vulnerable, and in the realization that all of us are challenged “to broaden our horizons and see the greater good which will benefit us all” (Evangelii Gaudium, 235).

In this sense, to draw strength from the past is to pay attention to the young, who are not only the future but also the present of this nation, if they can remain attached to the roots of the people. A people in which young persons can find room for growth and for employment, will help them feel that they have a leading role to play in building up the social and communitarian fabric. This will make it possible for all to lift their gaze with hope to the future. The Lithuania of which they dream will depend on tireless efforts to promote policies that encourage the active participation of young people in society. Doubtless, this will prove a seed of hope, for it will lead to a dynamic process in which the “soul” of this people will continue to generate hospitality: hospitality towards the stranger, hospitality towards the young, towards the elderly, who are the living memory, towards the poor, and, ultimately, hospitality towards the future.

I assure you, Madam President, that you can continue to count on the efforts and the cooperation of the Catholic Church, so that this land can fulfil its vocation as land that serves as bridge of communion and hope.

[01430-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Verehrte Frau Präsidentin,
werte Mitglieder der Regierung und des Diplomatischen Korps,
sehr geehrte Vertreter der Zivilgesellschaft und Verantwortungs­träger,
meine Damen und Herren,

es ist ein Grund zur Freude und zur Hoffnung, diese Pilgerreise durch die baltischen Staaten auf litauischem Boden zu beginnen, der, wie Johannes Paul II. gerne sagte, „ein stiller Zeuge einer leidenschaftlichen Liebe zur Religionsfreiheit” ist (Ansprache bei der Begrüßungszeremonie, Vilnius, 4. September 1993).

Ich danke Ihnen, Frau Präsidentin, für Ihre herzlichen Willkommensworte im eigenen wie auch im Namen Ihres Volkes. In Ihrer Person möchte ich das ganze litauische Volk grüßen, das mir heute die Türen seiner Heimat und seines Vaterlandes öffnet. Ihnen allen gilt meine Zuneigung und mein aufrichtiger Dank.

Dieser Besuch erfolgt zu einem für das Leben Ihrer Nation besonders wichtigen Zeitpunkt, zur Hundertjahrfeier Ihrer Unabhängigkeitserklärung.

Sie mussten ein von zahlreichen Prüfungen und Leiden (Verhaftungen, Deportationen, sogar das Martyrium) geprägtes Jahrhundert ertragen. Hundert Jahre Unabhängigkeit zu feiern bedeutet, ein wenig im Zeitgeschehen innezuhalten und das Gedächtnis des Erlebten wiederzuerlangen, um all dem nachzuspüren, was Sie als Nation geformt hat. Es geht darum, den Schlüssel zu finden, um die Herausforderungen der Gegenwart zu sehen und sie in einem Klima des Dialogs und der Einheit unter allen, die hier leben, so auf die Zukunft hin auszurichten, dass niemand ausgeschlossen bleibt. Jede Generation ist aufgerufen, sich die Auseinandersetzungen und die Errungenschaften der Vergangenheit zu vergegenwärtigen und das Gedächtnis der Väter in der Gegenwart in Ehren zu halten. Wir wissen nicht, wie das Morgen aussieht, aber wir wissen, dass es jeder Epoche aufgegeben ist, die „Seele” zu bewahren, die sie aufgebaut und dazu beigetragen hat, Situationen von Schmerz und Ungerechtigkeit in eine Chance zu verwandeln und die Wurzel lebendig und aktiv zu erhalten, die die Früchte von heute hervorgebracht hat. Und dieses Volk hat eine starke „Seele”, die es ihm ermöglicht hat, Widerstand zu leisten und Neues aufzubauen! Und so heißt es in Ihrer Nationalhymne: „Mögen deine Söhne aus der Vergangenheit Kraft schöpfen“, um mutig in die Gegenwart zu blicken.

„Mögen deine Söhne Kraft aus der Vergangenheit schöpfen.“

Im Laufe seiner Geschichte war Litauen in der Lage, Menschen verschiedener Ethnien und Religionen Gastfreundschaft, Aufnahme und Annahme zu gewähren. Jeder hat in diesem Land einen Platz zum Leben gefunden: Litauer, Tataren, Polen, Russen, Weißrussen, Ukrainer, Armenier, Deutsche ...; Katholiken, Orthodoxe, Protestanten, Altkatholiken, Muslime, Juden ...; sie alle haben in Frieden zusammengelebt, bis die totalitären Ideologien aufkamen und diese Fähigkeit zur Gastfreundschaft und zur Vereinbarkeit von Unterschieden durch Verbreitung von Gewalt und Misstrauen zerstörten. Kraft aus der Vergangenheit zu schöpfen bedeutet, die Wurzeln wiederzuentdecken und das lebendig zu halten, was an Echtem und Ureigenem in Ihnen lebt und was Ihnen erlaubt hat, zu wachsen und als Nation nicht unterzugehen: Toleranz, Gastfreundschaft, Respekt und Solidarität.

Schauen wir auf die Welt, in der wir leben, in der die Stimmen, die Spaltung und Konfrontation säen, immer lauter werden – dabei werden die Unsicherheit und die Konflikte oft instrumentalisiert – oder die behaupten, dass die einzige Möglichkeit, die Sicherheit und den Fortbestand einer Kultur zu gewährleisten, darin besteht zu versuchen, andere Kulturen zu beseitigen, auszulöschen oder wegzudrängen. Ihr Litauer habt hier einen eigenen Ausdruck beizusteuern: „den Unterschieden Raum geben“. Durch Dialog, Offenheit und Verständnis können diese Differenzen zu einer Brücke der Einheit zwischen Ost- und Westeuropa werden. Dies kann die Frucht einer gereiften historischen Entwicklung sein, die Sie als Volk der internationalen Gemeinschaft und insbesondere der Europäischen Union anbieten. Sie haben am „eigenen Leib“ erfahren, wie versucht wurde, ein Einheitsmodell durchzusetzen, das alle Verschiedenartigkeit mit dem Anspruch beseitigen wollte, dass die Privilegien einiger weniger über der Würde anderer oder dem Gemeinwohl stehen. Das hat Benedikt XVI. zurecht deutlich gemacht: »Das Gemeinwohl wünschen und sich dafür verwenden ist ein Erfordernis von Gerechtigkeit und Liebe. [....] Man liebt den Nächsten umso wirkungsvoller, je mehr man sich für ein gemeinsames Gut einsetzt, das auch seinen realen Bedürfnissen entspricht« (Enzyklika Caritas in Veritate, 7). Alle auftretenden Konflikte finden nur unter der Bedingung dauerhafte Lösungen, dass diese in der konkreten Achtung gegenüber den Menschen, insbesondere den Schwächsten, wurzeln, und wenn man sich berufen fühlt, den Blick zu weiten, »um ein größeres Gut zu erkennen, das uns allen Nutzen bringt« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 235).

In diesem Sinne heißt Kraft aus der Vergangenheit schöpfen der Jugend Aufmerksamkeit zu schenken, die nicht nur die Zukunft, sondern auch die Gegenwart dieser Nation ist, solange sie mit den Wurzeln des Volkes verbunden bleibt. Ein Volk, in dem junge Menschen Raum für ihr Wachstum und ihre Arbeit finden, wird ihnen helfen, sich als Protagonisten beim Aufbau des sozialen und gemeinschaftlichen Gefüges zu fühlen. So können alle ihren Blick hoffnungsvoll in die Zukunft richten. Das Litauen, von dem sie träumen, steht und fällt mit der unermüdlichen Suche nach politischen Ansätzen aller Art, die die aktive Teilhabe der jungen Generation am Gesellschaftsleben fördern. Zweifellos wird dies ein Samen der Hoffnung sein, denn es wird zu einer Dynamik führen, in der die „Seele“ dieses Volkes weiterhin Gastfreundschaft hervorbringen wird: Gastfreundschaft gegenüber dem Fremden, gegenüber den Jungen, den Alten, die das lebendige Gedächtnis sind, gegenüber den Armen – Gastfreundschaft letztlich gegenüber der Zukunft.

Ich versichere Ihnen, Frau Präsidentin, dass Sie - wie bisher - auf den Einsatz und die Zusammenarbeit der katholischen Kirche zählen können, damit dieses Land seine Berufung als Brücke der Einheit und Hoffnung erfüllen kann.

[01430-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Señora Presidenta,
Miembros del Gobierno y del Cuerpo Diplomático,
Representantes de la sociedad civil,
Distinguidas autoridades,
Señoras y señores:

Es motivo de alegría y esperanza comenzar esta peregrinación por los Países Bálticos en tierra lituana que, como le gustaba llamar a san Juan Pablo II, es «testimonio silencioso de un amor apasionado por la libertad religiosa» (Discurso en la ceremonia de bienvenida, Vilna, 4 septiembre 1993).

Le agradezco, señora Presidenta, las cordiales palabras de bienvenida que me ha dirigido en nombre propio y de su pueblo. En usted quiero saludar en primer lugar a todo el pueblo lituano que hoy me abre las puertas de su hogar y de su patria. A todos vosotros mi afecto y sincero agradecimiento.

Esta visita se desarrolla en un momento particularmente importante de vuestra vida como nación al celebrarse los 100 años de la declaración de independencia.

Un siglo marcado por múltiples pruebas y sufrimientos que han tenido que sobrellevar (detenciones, deportaciones, incluso el martirio). Celebrar los cien años de independencia significa detenerse un poco en el tiempo, recuperar la memoria de lo vivido para tomar contacto con todo aquello que los ha forjado como nación y encontrar allí las claves que les permitan mirar los desafíos presentes, y proyectarse hacia el futuro, en un clima de diálogo y de unidad con todos sus habitantes, de manera que nadie quede excluido. Cada generación está llamada a hacer suyas las luchas y los logros pasados y honrar en su presente la memoria de sus mayores. No sabemos cómo será el mañana; lo que sí sabemos es que a cada época le corresponde conservar el “alma” que la construyó y ayudó a transformar toda situación de dolor e injusticia en oportunidad, además de conservar viva y eficaz la raíz que dio los frutos de hoy. Este pueblo tiene un “alma” fuerte que le permitió resistir y construir. Y así dice vuestro himno nacional: «Que tus hijos desde el pasado extraigan fortaleza» para mirar el presente con valentía.

«Que tus hijos extraigan fortaleza del pasado»

Durante su historia, Lituania supo hospedar, acoger y recibir pueblos de diversas etnias y religiones. Todos han encontrado en estas tierras un lugar para vivir: lituanos, tártaros, polacos, rusos, bielorrusos, ucranianos, armenios, alemanes…; católicos, ortodoxos, protestantes, viejos católicos, musulmanes, judíos…; han vivido juntos y en paz hasta que llegaron las ideologías totalitarias que quebraron la capacidad de albergar y armonizar las diferencias sembrando violencia y desconfianza. Extraer fuerzas del pasado es recuperar la raíz y mantener siempre vivo lo más auténtico y original que vive en vosotros y que os ha permitido crecer y no sucumbir como nación: la tolerancia, la hospitalidad, el respeto y la solidaridad.

Mirando el escenario mundial que nos toca vivir, en el que crecen las voces que siembran división y enfrentamiento —instrumentalizando muchas veces la inseguridad o los conflictos— o que pregonan que la única manera posible de garantizar la seguridad y la subsistencia de una cultura nace buscando eliminar, cancelar o expulsar a las otras, vosotros lituanos tenéis una palabra autóctona que aportar: “albergar las diferencias”. Por medio del diálogo, de la apertura y la comprensión estas pueden convertirse en puente de unión entre el oriente y el occidente europeo. Este puede ser el fruto de una historia madura, que como pueblo ofrecéis a la comunidad internacional y en particular a la Unión Europea. Vosotros habéis sufrido en “carne propia” los intentos de imponer un modelo único, que anulase lo diverso con la pretensión de creer que los privilegios de algunos pocos estén por encima de la dignidad de los otros o del bien común. Bien lo señaló Benedicto XVI: «Desear el bien común y esforzarse por él es exigencia de justicia y caridad. […] Se ama al prójimo tanto más eficazmente, cuanto más se trabaja por un bien común que responda también a sus necesidades reales» (Carta enc. Caritas in veritate, 7). Todos los conflictos que se presentan tienen soluciones duraderas siempre y cuando se sustenten en el reconocimiento concreto de las personas, especialmente de las más débiles y en el sentirse desafiados a «ampliar la mirada para reconocer un bien mayor que los beneficiará a todos» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 235).

En este sentido, extraer fortaleza del pasado es prestar atención a los más jóvenes, que no solo son el futuro, sino el presente de esta nación, siempre y cuando permanezcan unidos a las raíces del pueblo. Un pueblo donde los jóvenes encuentran espacios para desarrollarse y trabajar, les ayudará sentirse protagonistas de la construcción del entramado social y comunitario. Eso posibilitará a todos alzar la mirada con ilusión hacia el mañana. La Lituania que soñáis se juega en la búsqueda incansable por promover todo tipo de políticas que incentiven la participación activa de los más jóvenes en la sociedad. Sin duda, eso será semilla de esperanza, puesto que portará a un dinamismo en el que el “alma” de este pueblo seguirá gestando hospitalidad: hospitalidad hacia el extranjero, hospitalidad hacia los jóvenes, hacia los ancianos, que son memoria viva, hacia el pobre, en definitiva, hospitalidad al porvenir.

Le aseguro señora Presidenta que pueden contar —como hasta ahora— con el esfuerzo y el trabajo mancomunado de la Iglesia católica, para que esta tierra pueda cumplir su vocación de ser tierra puente de comunión y esperanza.

[01430-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Senhora Presidente,
Membros do Governo e do Corpo Diplomático,
Representantes da sociedade civil,
Ilustres Autoridades,
Senhoras e Senhores!

É motivo de alegria e esperança começar esta peregrinação aos países bálticos pela terra lituana, que – como gostava de dizer São João Paulo II – é «testemunha silenciosa de um amor apaixonado pela liberdade religiosa» (Discurso na cerimónia de boas-vindas, Vilna, 4/IX/1993, 1).

Agradeço-lhe, Senhora Presidente, as cordiais expressões de boas-vindas que me dirigiu, em nome pessoal e do seu povo. Na sua pessoa, desejo saudar todo o povo lituano que hoje me abre as portas da sua casa e da sua pátria. Para todos vós, vai o meu afeto e o meu sincero agradecimento.

Esta visita tem lugar num momento particularmente importante da vida da vossa nação, que celebra cem anos da declaração de independência.

Um século marcado por múltiplas provas e sofrimentos que tivestes de suportar: prisões, deportações e até o martírio. Celebrar o centenário da independência significa parar um pouco no tempo, recuperar a memória do que se viveu para tomar contacto com tudo aquilo que vos forjou como nação e aí encontrar as chaves que vos permitam encarar os desafios do presente e projetar-vos para o futuro, num clima de diálogo e unidade entre todos os habitantes, de modo que ninguém fique excluído. Cada geração é chamada a assumir as lutas e as realizações do passado e a honrar, no presente, a memória dos pais. Não sabemos como será o amanhã; o que sabemos é que cabe a cada época conservar a «alma» que a construiu e ajudou a transformar em oportunidade de bem cada situação de sofrimento e injustiça, e manter viva e eficaz a raiz que produziu os frutos de hoje. E este povo tem uma «alma» forte, que lhe permitiu resistir e construir! Assim reza o vosso Hino Nacional: «Possam os teus filhos tirar força do passado», para olhar o presente com coragem.

«Possam os teus filhos tirar força do passado».

Ao longo da sua história, a Lituânia soube hospedar, aceitar, receber povos de diferentes etnias e religiões. Todos encontraram, nestas terras, um lugar para viver: lituanos, tártaros, polacos, russos, bielorrussos, ucranianos, arménios, alemães…, católicos, ortodoxos, protestantes, veterocatólicos, muçulmanos, judeus… viveram juntos e em paz até à chegada das ideologias totalitárias que romperam a capacidade de acolher e harmonizar as diferenças, semeando violência e desconfiança. Tirar força do passado significa recuperar a raiz e manter sempre vivo tudo aquilo que de mais autêntico e original existe em vós e vos permitiu crescer sem sucumbir como nação: a tolerância, a hospitalidade, o respeito e a solidariedade.

Perante o cenário mundial em que vivemos, onde crescem as vozes que semeiam divisão e contraposição – instrumentalizando muitas vezes a insegurança e os conflitos – ou que proclamam que a única maneira possível de garantir a segurança e a subsistência duma cultura consiste em procurar eliminar, apagar ou expulsar as outras, vós, lituanos, tendes uma palavra original a oferecer: «hospedar as diferenças». Por meio do diálogo, abertura e compreensão, as culturas podem transformar-se em pontes de união entre o Oriente e o Ocidente Europeu. Tal pode ser o fruto duma história madura, que vós, como povo, ofereceis à comunidade internacional e, de modo particular, à União Europeia. Sofrestes «na vossa pele» as tentativas de impor um modelo único que anulasse o diferente com a pretensão de crer que os privilégios de poucos estejam acima da dignidade dos outros ou do bem comum. Como justamente apontou Bento XVI, «querer o bem comum e trabalhar por ele é exigência de justiça e caridade. (...) Ama-se tanto mais eficazmente o próximo, quanto mais se trabalha em prol de um bem comum que dê resposta também às suas necessidades reais» (Carta enc. Caritas in veritate, 7). Todos os conflitos que surgem encontram soluções duradouras, se estas se enraizarem na atenção concreta às pessoas, especialmente aos mais frágeis, e em sentir-se chamado a «alargar sempre o olhar para reconhecer um bem maior que trará benefícios a todos» (Exort. ap. Evangelii gaudium, 235).

Neste sentido, tirar força do passado significa prestar especial atenção aos mais novos, que são, não apenas o futuro, mas o presente desta nação, se permanecerem unidos às raízes do povo. Um povo, no qual os jovens encontram espaço para crescer e trabalhar ajudá-los-á a sentir-se protagonistas da construção do tecido social e comunitário. Isto possibilitará a todos erguer o olhar com esperança para o amanhã. A Lituânia, que eles sonham, joga-se na busca constante de promover as políticas que estimulem a participação ativa dos mais novos na sociedade. Isto será, sem dúvida, semente de esperança, pois levará a um dinamismo em que a «alma» deste povo continuará a gerar hospitalidade: hospitalidade para o estrangeiro, hospitalidade para os jovens, para os idosos – que são a memória viva –, para o pobre, enfim hospitalidade para o futuro.

Asseguro-lhe, Senhora Presidente, que pode contar – como até agora – com o empenho e o trabalho concorde da Igreja Católica, para que esta terra possa cumprir a sua vocação de ser terra-ponte de comunhão e esperança.

[01430-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Szanowna Pani Prezydent,
Członkowie rządu i korpusu dyplomatycznego,
Przedstawiciele społeczeństwa obywatelskiego,
Szanowani Przedstawiciele władz,
Panie i Panowie,

Powodem do radości i nadziei jest fakt, że rozpoczynam tę pielgrzymkę w krajach bałtyckich na ziemi litewskiej, która jak się wyraził św. Jan Paweł II, jest „milczącym świadkiem żarliwego umiłowania wolności religijnej” (Przemówienie podczas uroczystości powitalnej, Wilno, 4 września 1993).

Dziękuję, Pani Prezydent, za serdeczne słowa powitania, które skierowała do mnie w imieniu własnym i swojego narodu. Za jej pośrednictwem pragnę pozdrowić cały naród litewski, który otwiera mi dzisiaj drzwi swego domu i swojej ojczyzny. Do was wszystkich kieruję moją miłość i szczere podziękowania.

Ta wizyta odbywa się w szczególnie ważnym momencie narodu świętującego 100. rocznicę ogłoszenia niepodległości.

Był to wiek naznaczony licznymi doświadczeniami i cierpieniami, jakie musieliście znosić (więzienia, deportacje, łącznie z męczeństwem). Świętowanie 100 lat niepodległości to zatrzymanie się na chwilę, przypomnienie sobie minionych przeżyć, aby nawiązać kontakt z tym wszystkim, co was ukształtowało jako naród i odnalezienie w tym kluczy, pozwalających spojrzeć na wyzwania teraźniejszości i kroczyć ku przyszłości w klimacie dialogu i jedności ze wszystkimi mieszkańcami kraju tak, aby nikt nie był wykluczony. Każde pokolenie jest wezwane do uczynienia swoimi zmagań i osiągnięć przeszłości oraz do uczczenia w teraźniejszości pamięci pokoleń, które przeminęły. Nie wiemy, jaka będzie przyszłość. Wiemy natomiast z pewnością, że każda epoka musi zachować „duszę”, która ją zbudowała i pomogła jej przekształcić każdą sytuację bólu i niesprawiedliwości w szansę zachowania żywym i wydajnym korzeni, które dziś wydają swoje owoce. Jakże nie zauważyć, że ten lud ma silną „duszę”, która umożliwiła mu przetrwanie i budowanie! Tak też mówi wasz hymn narodowy: „Z przeszłości twoi synowie niech czerpią siły”, aby z odwagą patrzeć na teraźniejszość.

„Z przeszłości twoi synowie niech czerpią siły”

Na przestrzeni swoich dziejów Litwa potrafiła udzielać gościnności, zaakceptować, przyjmować ludy różnych grup etnicznych i religii. Wszyscy znaleźli na tych ziemiach miejsce do życia: Litwini, Tatarzy, Polacy, Rosjanie, Białorusini, Ukraińcy, Ormianie, Niemcy...; katolicy, prawosławni, protestanci, starowiercy, muzułmanie, żydzi... Mieszkali razem i w pokoju, aż do nadejścia ideologii totalitarnych, które skruszyły zdolność gościnności i zharmonizowania różnic, siejąc przemoc i nieufność. Czerpanie sił z przeszłości to odzyskanie korzeni i nieustanne podtrzymywanie tego, cow was najbardziej autentyczne i oryginalne, a co pozwoliło wam jako narodowi rozwijać się i nie zatracić: tolerancji, gościnności, szacunku i solidarności.

Patrząc na to, co dzieje się w świecie, w jakim dane jest nam żyć, a w którym coraz więcej jest głosów siejących podziały i sprzeczności - wielokrotnie wykorzystujących niepewność lub konflikty - lub głoszących, że jedynego możliwego sposobu na zagwarantowanie bezpieczeństwa i przetrwania kultury należy szukać w eliminowaniu, niszczeniu lub wydalaniu innych, wy, Litwini, macie własne oryginalne słowo: „ugościć różnice”. Poprzez dialog, otwartość i zrozumienie mogą one stać się pomostem między Europejskim Wschodem a Zachodem. Może to być owocem dojrzałej historii, którą jako naród ofiarowujecie wspólnocie międzynarodowej, a zwłaszcza Unii Europejskiej. Na „własnym ciele” znosiliście próby narzucenia jednolitego wzorca, który usiłował przekreślać to, co odmienne, sądząc, że przywileje nielicznych mogą być stawiane ponad godnością innych i dobrem wspólnym. Dobrze to ukazał Benedykt XVI: „Pragnienie dobra wspólnego i działanie na jego rzecz stanowi wymóg sprawiedliwości i miłości [...] Tym bardziej skutecznie kochamy bliźniego, im bardziej angażujemy się na rzecz dobra wspólnego, odpowiadającego również jego rzeczywistym potrzebom” (Enc. Caritas in veritate, 7). Wszystkie pojawiające się konflikty zawsze znajdują trwałe rozwiązania, gdy znajdują zakorzenienie w konkretnej trosce o osoby, zwłaszcza najsłabsze i gdy czujemy się wezwani, by „poszerzać spojrzenie, by rozpoznać większe dobro, przynoszące korzyści wszystkim” (Adhort. ap. Evangelii gaudium, 235).

W tym sensie czerpanie sił z przeszłości, to zwrócenie uwagi na młodszych, którzy są nie tylko przyszłością, ale teraźniejszością tego państwa, jeśli są zespoleni z korzeniami ludu. Naród, w którym ludzie młodzi znajdują przestrzeń do rozwoju i pracy, ułatwi im poczucie się czynnymi uczestnikami budowania struktury społecznej i wspólnotowej. Pozwoli to wszystkim spojrzeć z nadzieją w przyszłość. Litwa, o której marzą, może jedynie się spełnić w nieustannych staraniach o promowanie tych polityk, które pobudzają do czynnego udziału najmłodszych w życiu społeczeństwa. Będzie to niewątpliwie ziarnem nadziei, ponieważ doprowadzi do dynamizmu, w którym „dusza” tego narodu będzie stale rodzić gościnność: gościnność wobec cudzoziemca, gościnność dla młodych, dla osób starszych, które są żywą pamięcią, dla ubogich, ostatecznie gościnność dla przyszłości.

Zapewniam Panią, Pani Prezydent, żemożecie liczyć - jak do tej pory - na wysiłek i zgodną pracę Kościoła katolickiego, aby ta ziemia mogła wypełnić swoje powołanie bycia mostem komunii i nadziei.

[01430-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

فخامة رئيسة الجمهورية،

السادة أعضاء الحكومة والسلك الدبلوماسي،

ممثّلي المجتمع المدني،

السلطات الكريمة،

السيدات والسادة الأعزاء،

لمِن دواعي سروري ورجائي أن أستهلّ هذا الحجّ في دول البلطيق من أرض ليتوانيا، التي كان يحبّ أن يقول فيها القدّيس يوحنا بولس الثاني أنها "شاهدٌ صامتٌ على حبٍّ شغوف بالحرّية الدينية" (كلمة البابا أثناء حفل الاستقبال، فيلنيوس، 4 سبتمبر/أيلول 1993).

أشكركم، فخامة الرئيسة، على تعابير الترحيب الحارّة التي تفضّلتم ووجّهتموها إليّ باسمكم الشخصيّ وباسم شعبكم. أودّ أن أحيّي، من خلالكم، الشعب الليتواني الذي يفتح لي اليوم أبواب بيته وأبواب وطنه. أوجّه إليكم جميعًا محبّتي وشكري الخالص.

إن هذه الزيارة تتمّ في وقت مهمّ للغاية بالنسبة لوطنكم الذي يحتفل بالذكرى المئوية لإعلان استقلاله.

وقد كان قرنًا مطبوعًا بمِحنٍ عدّة ومعاناة كان عليكم تحملّها (اعتقالات، وإجلاء، بما في ذلك الاستشهاد). إن الاحتفال بمئوية الاستقلال يعني التوقّف قليلاً، واستعادة ذاكرة الأحداث كيما تلمسوا كلّ ما قد صاغكم كأمّة، وتجدوا فيه المفتاح الذي يسمح لكم بأن تنظروا إلى تحدّيات الحاضر وأن تتحضّروا للمستقبل بجوّ من الحوار والوحدة مع جميع سكّانه، بحيث لا يبقى أيّ شخص مُستثنى. كلّ جيل مدعوّ لتبنِّ صراعات الماضي وإنجازاته، وتكريم ذكرى الأجيال السابقة في الحاضر. لا نعلم كيف سيكون المستقبل، لكن ما نعلمه بالتأكيد أنه على كلّ زمن أن يحفظ "الروح" التي أنشأته والتي ساعدته على تحويل كلّ ظرف ألم وظلم إلى فرصة، وعلى الإبقاء على الجذور حيّة وفعّالة، الجذور التي أعطت اليوم ثمارها. وكيف لا نعترف أن لهذا الشعب "روح" قويّة سمحت له أن يقاوم ويبني! وهذا ما يقوله نشيدكم الوطني: "ليت أبناءَك يستمدّون القوّة من الماضي" كي ينظر إلى الحاضر بشجاعة.

"ليت أبناءَك يستمدّون القوّة من الماضي"

لقد عرفت ليتوانيا، طوال تاريخها، كيف تستضيف وتستقبل وتحتضن شعوبًا من مختلف الجماعات العرقيّة والدينيّة. وقد وجدوا جميعُهم في هذه الأرض مكانًا للعيش: ليتوانيين، وترتر، وبولونيين، وروس، بيلاروسيين، وأوكرانيين، وأرمن، وألمان...؛ كاثوليكيين وأرثوذكس، وبروتستانت، ومنتمين إلى الكنيسة الكاثوليكية القديمة، ومسلمين ويهود...؛ كانوا يعيشون معًا، وبسلام، إلى حين وصول الإيديولوجيات الشموليّة التي سحقت القدرة على احتضان الاختلافات ومواءمتها فزرعت العنف والريبة. فاستمداد القوّة من الماضي يعني استعادة الجذور والمحافظة على ما يزال يحيا فيكم من أصيل وأصليّ، والذي سمح لكم بأن تنموا وألّا تستسلموا كأمّة: التسامح، والضيافة، والاحترام والتضامن.

أما أنتم الليتوانيون فتملكون كلمة أصيلة، تقولونها إذ تنظرون إلى السيناريو العالمي الذي أعُطيَ لنا أن نحياه والذي تزداد فيه الأصوات التي تزرع الانقسامات والمعارضات –وغالبًا عبر استخدام عدم الأمان أو الصراعات-أو التي تعلن أن الطريقة الوحيدة لضمان أمان ثقافة ما واستمرارها هي بمحاولة التخلّص من الآخرين أو حذفهم أو طردهم، تملكون كلمة: "احتضان الاختلافات". بواسطة الحوار، والانفتاح والتفهم، يمكن لهذه الاختلافات أن تصبح جسر اتّحادٍ بين الشرق والغرب الأوروبّي. ويمكن لهذا أن يكون ثمر تاريخ ناضج يمكنم أن تقدّموه أنتم كشعب إلى المجتمع الدولي وعلى وجه الخصوص إلى الاتّحاد الأوروبي. لقد عانيتم "بجسدكم" من محاولات فرض نموذج واحد، يمحو ما هو مختلف تحت ذريعة الاعتقاد بأنه من الممكن وضع امتيازات الأقلية فوق كرامة الآخرين أو الخير العام. وقد أشار إليه بشكل جيّد بندكتس السادس عشر: "إن إرادةَ الخيرِ العام والعملَ لأجله لمَطلبُ عدلٍ ومحبّة [...] فإننا نحبّ القريب بشكل أكثر فعاليّة، كلّما عملنا من أجل خيرٍ عام يلبّي احتياجاته الحقيقية" (الرسالة العامة المحبّة في الحقّ، عدد 7). فجميع الصراعات التي تنشأ تجد على الدوام حلّا دائمًا عندما يترسّخ في الانتباه الملموس للأشخاص ولاسيما للضعفاء، وفي الشعور بضرورة "توسيع أفق النظر لرؤية خير أعظم يعود بالمنفعة على الجميع" (الإرشاد الرسولي فرح الإنجيل، عدد 235).

وفي هذا المعنى، إن استمداد القوّة من الماضي يعني إيلاء اهتمام خاص بالأصغر سنًّا، الذين ليسوا مستقبل هذه الأمّة وحسب، إنما هم حاضرها، إذا داموا متّحدين بجذور الشعب. فالشعب الذي يجد فيه الشبيبة مجالًا ينمون فيه ويعملون، يسهّل لهم الشعور بدورهم الرئيسيّ في بناء النسيج الاجتماعي والمجتمعي. وهذا يجعل من الممكن للجميع أن يرفعوا نظرهم برجاء نحو الغد. ليتوانيا التي يحلمون بها تقوم على البحث الدائم عن تعزيز تلك السياسات التي تشجّع المشاركة الناشطة للأصغر سنًّا في المجتمع. سوف يكون هذا، دون شكّ، بذور أمل لأنه سوف يقود إلى ديناميكية تستمرّ بها "روح" هذا الشعب في تقديم الضيافة للغريب، وللشبيبة، وللمسنين الذين هم الذاكرة الحية، وللفقير، وفي النهاية، ضيافة للمستقبل.

إني أؤكّد لكم، فخامة الرئيسة، أنه بإمكانكم الاعتماد –كما كان الأمر حتى الآن- على جهود الكنيسة الكاثوليكية وعملها كيما تتمّم هذه الأرض رسالتها بكونها أرض جسر شركة ورجاء.

[01430-EN.01] [Original text: Italian]

 

Traduzione di lavoro in lingua lituana

Gerbiamoji Prezidente,
Vyriausybės ir diplomatinio korpuso nariai,
Pilietinės visuomenės atstovai,
Gerbiami valdžios atstovai,
Ponios ir ponai,

tai, kad šią piligrimystę po Baltijos šalis pradedu Lietuvoje, kuri, kaip mėgdavo sakyti šventasis Jonas Paulius II, yra „tyli karštos meilės tikėjimo laisvei liudytoja“ (Kalba sutikimo ceremonijos metu, Vilnius 1993m. rugsėjo 4d.), mane be galo džiugina ir teikia vilties.

Dėkoju Jums, gerbiamoji Prezidente, už nuoširdžius sveikinimo žodžius, ištartus savo ir visos tautos vardu. Kreipdamasis į Jus, noriu pasveikinti visus Lietuvos žmones, kurie šiandien man atveria savo namų ir savo tėvynės duris. Visiems Jums reiškiu savo meilę ir nuoširdžią padėką.

Šio vizito atvykau ypatingu Jūsų Valstybei metu, nes šiemet švenčiate nepriklausomybės paskelbimo šimtmetį.

Šis šimtmetis Jums buvo paženklintas daugybe išbandymų ir kančių: kalinimų, trėmimų, net kankinystės. Nepriklausomybės šimtmečio minėjimas – tai proga stabtelti ir prisiminti visas šias patirtis, atgaivinti ryšį su tuo, kas ugdė Jūsų Valstybę, rasti sprendimų šiandienos iššūkiams ir žvelgti į ateitį dialogo ir vienybės su visais čia gyvenančiais dvasioje, stengiantis, kad nė vienas jų nesijaustų atstumtas. Kiekvienai kartai tenka įsisąmoninti praeities sunkumus bei pasiekimus ir dabartyje pagerbti savo protėvių atminimą. Nežinome, kas bus rytoj, tačiau žinome, kad kiekviena karta privalo puoselėti ją subrandinusią „sielą“, padėjusią kiekvieną akistatą su skausmu ar neteisybe paversti galimybe. Tik taip šaknys, padėjusios subrandinti vaisius, kuriais mėgaujamės šiandien, išliks gyvybingos ir sveikos. O ši tauta iš tiesų turi tvirtą „sielą“, kuri jai padėjo nepalūžti ir nuolat kurti! Štai Jūsų himno eilutė: „Iš praeities tavo sūnūs te stiprybę semia“, kad drąsiai žvelgtų į akis dabarčiai.

„Iš praeities tavo sūnūs te stiprybę semia.“

Per visą savo istoriją Lietuva sugebėjo priglausti, suburti ir priimti įvairiausių tautybių ir religijų žmones. Šiose žemėse visi rasdavo sau namus: lietuviai, totoriai, lenkai, rusai, baltarusiai, ukrainiečiai, armėnai ir vokiečiai, katalikai, stačiatikiai, protestantai, sentikiai, musulmonai ir žydai – visi taikiai gyveno drauge, kol įsigalėjo totalitarinės ideologijos, kurios, sėdamos smurtą ir nepasitikėjimą, pakirto gebėjimą priimti kitą ir nesureikšminti skirtumų. Semdamiesi stiprybės iš praeities, iš naujo atrandate tas šaknis ir atgaivinate tai, kuo esate išskirtiniai ir saviti, tai, kas Jūsų valstybei padėjo augti ir nepalūžti: toleranciją, svetingumą, pagarbą ir solidarumą.

Žvelgdami į šių dienų pasaulį, kai girdėti vis daugiau balsų, kurie, pasinaudodami nesaugumu ar kylančiais konfliktais, sėja susiskaldymą ir susipriešinimą ar tvirtina, kad saugumą užtikrinsime ir savo kultūrą išsaugosime tik bandydami atsikratyti kitais, juos sutrypti ar išguiti, Jūs, lietuviai, turite tarti savo žodį: „Priimti skirtumus.“ Megzdami dialogą, būdami atviri ir supratingi, galite tapti tiltu tarp Rytų ir Vakarų. Tai brandžios istorijos vaisius, kurį Jūsų tauta gali pasiūlyti pasaulio bendruomenei, o ypač Europos Sąjungai. Jūs savo kailiu patyrėte bandymus primesti vieną modelį visiems, pagal kurį visi buvo sulyginti siekiant įteigti, kad mažumos privilegijos yra svarbesnės nei kitų orumas ar bendras gėris. Kaip teisingai rašė BenediktasXVI: „Trokšti visuotinės gerovės ir dėl jos stengtis yra teisingumo ir meilės reikalavimas. […] Artimas mylimas juo veiksmingiau, juo labiau rūpinamasi bendrąja gerove, atitinkančia ir jo realius poreikius“ (Enciklika Caritas in veritate,7). Visiems šiandienos konfliktams bus rasti ilgalaikiai sprendimai, jei jie bus grindžiami konkrečiu dėmesiu asmeniui, ypač patiems pažeidžiamiausiems, ir suvokimu, kad esame kviečiami „praplėsti žvilgsnį, kad pažintume didesnį gėrį, atnešiantį naudos mums visiems“ (Apaštališkasis paraginimas Evangelii gaudium, 235).

Šia prasme semtis jėgų iš praeities reiškia skirti ypatingą dėmesį jaunimui, kuris yra ne tik Jūsų Valstybės ateitis, bet ir dabartis, jei tik sugebės neprarasti ryšio su tautos šaknimis. Tauta, kurioje jaunimui pakanka vietos augti ir dirbti, padės jauniems žmonėms jaustis svarbiems audžiant socialinį ir bendruomeninį audinį. Taip visi galės su viltimi žvelgti į ateitį. Lietuva, apie kurią jie svajoja, priklausys nuo nenuilstančių pastangų skatinti tokią politiką, kuri jaunus žmones ragintų aktyviai dalyvauti visuomeniniame gyvenime. Be jokios abejonės, tai taps vilties sėkla, nes suteiks pagreitį dinamiškam procesui, kuriame šios tautos „siela“ ir toliau spinduliuos svetingumu: svetingumu svetimšaliui, svetingumu jaunimui, vyresnio amžiaus žmonėms ir neturtingiesiems, galiausiai – svetingumu ateičiai.

Gerbiamoji Prezidente, galite būti tikra, kad Katalikų Bažnyčia, kaip ir iki šiol, negailės pastangų ir visokeriopai prisidės, kad ši šalis galėtų išpildyti savo pašaukimą – tapti bendrystės ir vilties tiltu.

[01430-AA.01] [Testo originale: Italiano – traduzione di lavoro]

[B0671-XX.02]