Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico al Castello di Dublino
Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Questa mattina, lasciata la Residenza presidenziale, il Santo Padre Francesco si è trasferito al Castello di Dublino dove ha incontrato le Autorità, i Rappresentanti della Società Civile e i Membri del Corpo Diplomatico.
Al Suo arrivo il Papa è stato accolto dal Taoiseach (Primo Ministro), Leo Varadkar, che lo ha accompagnato nella sala antistante per la Firma del Libro d’Onore. Quindi, insieme, si sono diretti alla St. Patrick Hall, dove li attendevano oltre 250 persone tra Autorità politiche e religiose, Membri del Corpo Diplomatico e Rappresentanti della Società Civile.
Dopo il discorso introduttivo del Taoiseach, il Santo Padre ha pronunciato il Suo discorso.
Al termine il Taoiseach ha accompagnato il Santo Padre all’ingresso principale per il congedo.
Quindi il Papa si è trasferito in Nunziatura, dove all’esterno lo attendeva un gruppo di giovani, mentre nel cortile interno le note di un coro gli ha dato il benvenuto e, all’ingresso della residenza, lo ha ricevuto il personale religioso e laico della Rappresentanza Pontificia.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha pronunciato nel corso dell’Incontro con le Autorità, i Rappresentanti della Società Civile e con i Membri del Corpo Diplomatico:
Discorso del Santo Padre
Taoiseach (Primo Ministro),
Membri del Governo e del Corpo Diplomatico,
Signori e Signore,
all’inizio della mia visita in Irlanda, sono grato per l’invito a rivolgermi a questa distinta Assemblea, che rappresenta la vita civile, culturale e religiosa del Paese, insieme al Corpo Diplomatico e ai convitati. Ringrazio per l’accoglienza amichevole che ho ricevuto dal Presidente di Irlanda e che riflette la tradizione di cordiale ospitalità per la quale gli Irlandesi sono noti in tutto il mondo. Apprezzo altresì la presenza di una delegazione dell’Irlanda del Nord. Ringrazio il Signor Primo Ministro per le sue parole.
Come sapete, la ragione della mia visita è prendere parte all’Incontro Mondiale delle Famiglie, che si tiene quest’anno a Dublino. La Chiesa è, effettivamente, una famiglia di famiglie, e sente la necessità di sostenere le famiglie nei loro sforzi per rispondere fedelmente e gioiosamente alla vocazione data loro da Dio nella società. Per le famiglie, questo Incontro è un’opportunità non soltanto per riaffermare il loro impegno all’amorevole fedeltà, al mutuo aiuto e al sacro rispetto per il dono divino della vita in tutte le sue forme, ma anche per testimoniare il ruolo unico svolto dalla famiglia nell’educazione dei suoi membri e nello sviluppo di un sano e fiorente tessuto sociale.
Mi piace vedere l’Incontro Mondiale delle Famiglie come una testimonianza profetica del ricco patrimonio di valori etici e spirituali, che è compito di ogni generazione custodire e proteggere. Non occorre essere profeti per accorgersi delle difficoltà che le famiglie affrontano nella società odierna in rapida evoluzione o per preoccuparsi degli effetti che il dissesto del matrimonio e della vita familiare inevitabilmente comporteranno, ad ogni livello, per il futuro delle nostre comunità. La famiglia è il collante della società; il suo bene non può essere dato per scontato, ma va promosso e tutelato con ogni mezzo appropriato.
È nella famiglia che ciascuno di noi ha mosso i primi passi nella vita. Lì abbiamo imparato a convivere in armonia, a controllare i nostri istinti egoistici, a riconciliare le diversità e soprattutto a discernere e ricercare quei valori che danno autentico significato e pienezza alla vita. Se parliamo del mondo intero come di un’unica famiglia, è perché giustamente riconosciamo i legami della nostra comune umanità e intuiamo la chiamata all’unità e alla solidarietà, specialmente nei riguardi dei fratelli e delle sorelle più deboli. Troppo spesso, tuttavia, ci sentiamo impotenti di fronte ai mali persistenti dell’odio razziale ed etnico, a conflitti e violenze inestricabili, al disprezzo per la dignità umana e i diritti umani fondamentali ed al crescente divario tra ricchi e poveri. Quanto bisogno abbiamo di recuperare, in ogni ambito della vita politica e sociale, il senso di essere una vera famiglia di popoli! E di non perdere mai la speranza e il coraggio di perseverare nell’imperativo morale di essere operatori di pace, riconciliatori e custodi l’uno dell’altro.
Qui in Irlanda tale sfida ha una risonanza particolare, considerato il lungo conflitto che ha separato fratelli e sorelle di un’unica famiglia. Vent’anni fa, la Comunità internazionale seguì attentamente gli eventi in Irlanda del Nord, che portarono alla firma dell’Accordo del Venerdì Santo. Il Governo irlandese, in unione con i Capi politici, religiosi e civili dell’Irlanda del Nord e del Governo britannico e col sostegno di altri Leader mondiali, diede vita a un contesto dinamico volto alla pacifica composizione di un conflitto che aveva causato enormi sofferenze da ambo le parti. Possiamo rendere grazie per i due decenni di pace che sono seguiti a questo storico Accordo, mentre esprimiamo la ferma speranza che il processo di pace superi ogni rimanente ostacolo e favorisca la nascita di un futuro di concordia, riconciliazione e mutua fiducia.
Il Vangelo ci ricorda che la vera pace è in definitiva dono di Dio; sgorga da cuori risanati e riconciliati e si estende fino ad abbracciare il mondo intero. Ma richiede anche, da parte nostra, una costante conversione, fonte di quelle risorse spirituali necessarie a costruire una società veramente solidale, giusta e al servizio del bene comune. Senza questo fondamento spirituale, l’ideale di una famiglia globale di nazioni rischia di diventare nient’altro che un vuoto luogo comune. Possiamo dire che l’obiettivo di generare prosperità economica, o finanziaria, porta da sé a un ordine sociale più giusto ed equo? Non potrebbe invece essere che la crescita di una “cultura dello scarto” materialistica, ci ha di fatto resi sempre più indifferenti ai poveri e ai membri più indifesi della famiglia umana, compresi i non nati, privati dello stesso diritto alla vita? Forse la sfida che più provoca le nostre coscienze in questi tempi è la massiccia crisi migratoria, che non è destinata a scomparire e la cui soluzione esige saggezza, ampiezza di vedute e una preoccupazione umanitaria che vada ben al di là di decisioni politiche a breve termine.
Sono ben consapevole della condizione dei nostri fratelli e sorelle più vulnerabili – penso specialmente alle donne, e ai bambini, che nel passato hanno patito situazioni di particolare difficoltà; e agli orfani di allora. Considerando la realtà dei più vulnerabili, non posso che riconoscere il grave scandalo causato in Irlanda dagli abusi su minori da parte di membri della Chiesa incaricati di proteggerli ed educarli. Risuonano ancora nel mio cuore le parole dettemi all’aeroporto dalla Signora Ministro per l’Infanzia. Grazie. Ringrazio per quelle parole. Il fallimento delle autorità ecclesiastiche – vescovi, superiori religiosi, sacerdoti e altri – nell’affrontare adeguatamente questi crimini ripugnanti ha giustamente suscitato indignazione e rimane causa di sofferenza e di vergogna per la comunità cattolica. Io stesso condivido questi sentimenti. Il mio predecessore, Papa Benedetto, non risparmiò parole per riconoscere la gravità della situazione e domandare che fossero prese misure «veramente evangeliche, giuste ed efficaci» in risposta a questo tradimento di fiducia (cfr Lettera pastorale ai Cattolici dell’Irlanda, 10). Il suo intervento franco e deciso continua a servire da incentivo agli sforzi delle autorità ecclesiali per rimediare agli errori passati e adottare norme stringenti volte ad assicurare che non accadano di nuovo. Più recentemente, in una Lettera al Popolo di Dio, ho ribadito l’impegno, anzi, un maggiore impegno, per eliminare questo flagello nella Chiesa; a qualsiasi costo, morale, e di sofferenza.
Ogni bambino è infatti un dono prezioso di Dio da custodire, incoraggiare perché sviluppi i suoi doni e condurre alla maturità spirituale e alla pienezza umana. La Chiesa in Irlanda ha svolto, nel passato e nel presente, un ruolo di promozione del bene dei bambini che non può essere oscurato. È mio auspicio che la gravità degli scandali degli abusi, che hanno fatto emergere le mancanze di tanti, serva a sottolineare l’importanza della protezione di minori e adulti vulnerabili da parte dell’intera società. In questo senso, siamo tutti consapevoli dell’urgente necessità di offrire ai giovani un saggio accompagnamento e valori sani per il loro cammino di crescita.
Cari amici,
quasi novant’anni fa la Santa Sede fu tra le prime istituzioni internazionali a riconoscere il libero Stato d’Irlanda. Quella iniziativa segnò l’inizio di molti anni di armonia e collaborazione dinamica, con una sola nube passeggera all’orizzonte. Recentemente, sforzi intensi e buona volontà da entrambe le parti hanno contribuito in modo significativo a un promettente ripristino di quelle amichevoli relazioni a vantaggio reciproco di tutti.
I fili di quella storia riportano a più di millecinquecento anni fa, quando il messaggio cristiano, predicato da Palladio e Patrizio, trovò dimora in Irlanda e divenne parte integrante della vita e della cultura irlandese. Molti “santi e studiosi” si sentirono ispirati a lasciare questi lidi e portare la nuova fede in altre terre. Ancora oggi, i nomi di Columba, Colombano, Brigida, Gallo, Killian, Brendan e molti altri sono onorati in Europa e non solo. In quest’isola il monachesimo, fonte di civiltà e di creatività artistica, scrisse una splendida pagina nella storia d’Irlanda e del mondo.
Oggi come in passato, uomini e donne che abitano questo Paese si sforzano di arricchire la vita della nazione con la sapienza nata dalla fede. Anche nelle ore più buie dell’Irlanda, essi hanno trovato nella fede la sorgente di quel coraggio e di quell’impegno che sono indispensabili per forgiare un avvenire di libertà e dignità, giustizia e solidarietà. Il messaggio cristiano è stato parte integrante di tale esperienza e ha dato forma al linguaggio, al pensiero e alla cultura della gente di quest’isola.
Prego affinché l’Irlanda, mentre ascolta la polifonia della contemporanea discussione politico-sociale, non dimentichi le vibranti melodie del messaggio cristiano, che l’hanno sostenuta nel passato e possono continuare a farlo nel futuro.
Con questi pensieri, cordialmente invoco su di voi e su tutto l’amato popolo irlandese divine benedizioni di saggezza, gioia e pace. Grazie.
[01262-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Taoiseach (Monsieur le Premier Ministre),
Membres du Gouvernement et du Corps diplomatique,
Mesdames et Messieurs,
Au début de ma visite en Irlande, je suis reconnaissant pour l’invitation à m’adresser à cette éminente Assemblée, qui représente la vie civile, culturelle et religieuse du Pays, avec le Corps diplomatique et les invités. Je remercie pour l’accueil amical que j’ai reçu de la part du Président de l’Irlande et qui reflète la tradition d’hospitalité cordiale pour laquelle les Irlandais sont connus dans le monde entier. Je me réjouis également de la présence d’une délégation d’Irlande du Nord. Je remercie Monsieur le Premier Ministre pour ses paroles.
Comme vous le savez, la raison de ma visite est ma participation à la Rencontre Mondiale des Familles, qui a lieu cette année à Dublin. L’Église est, en effet, une famille de familles, et elle ressent la nécessité de soutenir les familles dans leurs efforts pour répondre fidèlement et joyeusement à la vocation que Dieu leur a donnée dans la société. Pour les familles, cette rencontre est une opportunité, non seulement pour réaffirmer leur engagement à la fidélité affectueuse, à l’aide mutuelle et au respect sacré du don divin de la vie sous toutes ses formes, mais aussi pour témoigner du rôle unique exercé par la famille dans l’éducation de ses membres et dans le développement d’un tissu social sain et florissant.
Il me plaît de voir la Rencontre Mondiale des Familles comme un témoignage prophétique du riche patrimoine des valeurs éthiques et spirituelles, qu’il appartient à chaque génération de garder et de protéger. Il ne faut pas être prophètes pour s’apercevoir des difficultés que les familles affrontent dans la société actuelle en rapide évolution ou pour se préoccuper des effets que l’instabilité du mariage et de la vie famille entraîneront inévitablement, à tous les niveaux, pour l’avenir de nos communautés. La famille est le ciment de la société; son bien ne peut pas être tenu pour acquis, mais doit être promu et protégé par tous les moyens appropriés.
C’est au sein de la famille que chacun de nous a fait les premiers pas dans la vie. Là nous avons appris à vivre ensemble de manière harmonieuse, à contrôler nos instincts égoïstes, à concilier les différences et surtout à discerner et à rechercher ces valeurs qui donnent un sens authentique et une plénitude à la vie. Si nous parlons du monde entier comme d’une famille unique, c’est parce que justement nous reconnaissons les liens de notre humanité commune et que nous percevons l’appel à l’unité et à la solidarité, spécialement à l’égard des frères et des sœurs les plus vulnérables. Trop souvent, cependant, nous nous sentons impuissants face aux maux persistants de la haine raciale et ethnique, aux conflits et aux violences inextricables, au mépris de la dignité humaine et des droits humains fondamentaux et au renforcement des disparités entre riches et pauvres. Comme nous avons besoin de retrouver, dans tous les milieux de la vie politique et sociale, le sens d’être une vraie famille de peuples! Et de ne jamais perdre l’espérance et le courage de persévérer dans l’impératif moral d’être des acteurs de paix, des réconciliateurs et des gardiens les uns des autres.
Ici en Irlande, ce défi a une résonance particulière, considérant le long conflit qui a séparé des frères et des sœurs d’une unique famille. Il y a vingt ans, la Communauté internationale a suivi attentivement les évènements en Irlande du Nord, qui conduisirent à la signature de l’Accord du Vendredi Saint. Le Gouvernement irlandais, en union avec les Responsables politiques, religieux et civils d’Irlande du Nord et du Gouvernement britannique et avec le soutien d’autres leaders mondiaux, a donné vie à un contexte dynamique visant au règlement pacifique d’un conflit qui avait causé d’énormes souffrances des deux côtés. Nous pouvons rendre grâce pour les deux décennies de paix qui ont suivi cet Accord historique, alors que nous exprimons la ferme espérance que le processus de paix dépasse tous les obstacles restant et favorise la naissance d’un avenir de concorde, de réconciliation et de confiance mutuelle.
L’Évangile nous rappelle que la véritable paix est en définitive un don de Dieu; elle jaillit de cœurs guéris et réconciliés et elle s’étend jusqu’à englober le monde entier. Mais elle demande aussi, de notre part, une constante conversion, origine de ces ressources spirituelles nécessaires pour construire une société vraiment solidaire, juste et au service du bien commun. Sans ce fondement spirituel, l’idéal d’une famille mondiale des nations risque de n’être rien d’autre qu’un lieu commun vide. Pouvons-nous dire que l’objectif de générer la prospérité économique ou financière conduit de soi à un ordre social plus juste et plus équitable? Ne se pourrait-il pas au contraire que la croissance d’une "culture du déchet" matérialiste, nous ait rendu de fait plus indifférents aux pauvres et aux membres plus vulnérables de la famille humaine, y compris les enfants non nés, privés du droit même à la vie? Peut-être que le défi qui provoque le plus nos consciences en ces temps est la crise migratoire massive, qui n’est pas destinée à disparaître et dont la solution exige sagesse, largeur d’esprit et une préoccupation humanitaire qui va bien au-delà de décisions politiques à court terme.
Je suis bien conscient de la condition de nos frères et sœurs plus vulnérables – je pense spécialement aux femmes et aux enfants qui dans le passé ont subi des situations particulièrement difficiles; et aux orphelins d’alors. Considérant la réalité des plus vulnérables, je ne peux que reconnaître le grave scandale causé en Irlande par les abus sur les mineurs de la part des membres de l’Église chargés de les protéger et de les éduquer. Les paroles que m’ont été dites à l’aéroport par Madame le Ministre de l’Enfance résonnent encore dans mon cœur. Merci. Je la remercie pour ces paroles. L’échec des autorités ecclésiastiques – évêques, supérieurs religieux, prêtres et autres – pour affronter de manière adéquate ces crimes ignobles a justement suscité l’indignation et reste une cause de souffrance et de honte pour la communauté catholique. Moi-même je partage ces sentiments. Mon prédécesseur, le Pape Benoît, n’a pas épargné les mots pour reconnaître la gravité de la situation et demander que soient prises des mesures «vraiment évangéliques, justes et efficaces» en réponse à cette trahison de la confiance (Cf. Lettre pastorale aux Catholiques d’Irlande, n. 10). Son intervention franche et résolue continue à servir d’encouragement aux efforts des autorités ecclésiales pour remédier aux erreurs passées et adopter des règles rigoureuses visant à assurer que cela ne se reproduise pas de nouveau. Plus récemment, dans une Lettre au Peuple de Dieu, j’ai rappelé l’engagement, mieux, un plus grand engagement pour éliminer ce fléau dans l’Eglise, quel qu’en soit le prix, moral et de souffrances.
Chaque enfant est en effet un don précieux de Dieu à préserver, à encourager pour qu’il développe ses dons et à conduire à la maturité spirituelle et à la plénitude humaine. L’Église en Irlande a joué, dans le passé et le présent, un rôle de promotion du bien des enfants qui ne peut pas être occulté. Je souhaite que la gravité des scandales des abus, qui ont fait émerger les défaillances de beaucoup, serve à souligner l’importance de la protection des mineurs et des adultes vulnérables de la part de toute la société. En ce sens, nous sommes tous conscients de l’urgente nécessité d’offrir aux jeunes un sage accompagnement et des valeurs saines pour leur parcours de croissance.
Chers amis,
Il y a presque quatre-vingt-dix ans, le Saint-Siège fut parmi les premières institutions internationales à reconnaître l’État libre d’Irlande. Cette initiative a marqué le début de plusieurs années de concorde et de collaboration dynamique, avec un seul nuage passager à l’horizon. Récemment, des efforts intenses et une bonne volonté des deux côtés ont contribué de manière significative à un rétablissement prometteur de ces relations amicales à l’avantage réciproque de tous.
Les fils de cette histoire remontent à plus de mille cinq cents, quand le message chrétien, prêché par Palladius et Patrick, a trouvé place en Irlande et est devenu partie intégrante de la vie et de la culture irlandaise. De nombreux "saints et érudits" se sont senti inspirés à quitter ces rivages et à porter la foi nouvelle sur d’autres terres. Encore aujourd’hui, les noms de Colomba, Colomban, Brigitte, Gaël, Killian, Brendan et beaucoup d’autres sont honorés en Europe et pas seulement en Europe. Sur cette île, le monachisme, source de civilisation et de création artistique, a écrit une belle page de l’histoire de l’Irlande et du monde.
Aujourd’hui comme par le passé, des hommes et des femmes qui habitent ce Pays s’efforcent d’enrichir la vie de la nation avec la sagesse née de la foi. Aussi dans les heures les plus sombres de l’Irlande, ils ont trouvé dans la foi la source de ce courage et de cet engagement qui sont indispensables pour forger un avenir de liberté et de dignité, de justice et de solidarité. Le message chrétien a fait partie intégrante de cette expérience et il a donné forme au langage, à la pensée et à la culture du peuple de cette île.
Je prie afin que l’Irlande, tandis qu’elle écoute la polyphonie du débat politico-social contemporain, n’oublie pas les vibrantes mélodies du message chrétien, qui l’ont soutenue dans le passé et peuvent continuer à le faire dans l’avenir.
Avec ces pensées, j’invoque cordialement sur vous et sur tout le cher peuple irlandais les bénédictions divines de sagesse, de joie et de paix. Merci.
[01262-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Taoiseach,
Members of Government and of the Diplomatic Corps,
Ladies and Gentlemen,
At the beginning of my visit to Ireland, I am grateful for the invitation to address this distinguished assembly representing the civil, cultural and religious life of the country, together with the members of the diplomatic corps and guests. I appreciate the friendly welcome I have received from the President of Ireland, which reflects the tradition of cordial hospitality for which the Irish are known throughout the world. I likewise appreciate the presence of a delegation from Northern Ireland. I thank the Taoiseach for his words.
As you know, the reason for my visit is to take part in the World Meeting of Families, held this year in Dublin. The Church is, in a real way, a family among families, and senses the need to support families in their efforts to respond faithfully and joyfully to their God-given vocation in society. The Meeting is not only an opportunity for families to reaffirm their commitment to loving fidelity, mutual assistance and reverence for God’s gift of life in all its forms, but also to testify to the unique role played by the family in the education of its members and the development of a sound and flourishing social fabric.
I would like to see the World Meeting of Families as a prophetic witness to the rich patrimony of ethical and spiritual values that it is the duty of every generation to cherish and protect. One need not be a prophet to perceive the difficulties faced by our families in today’s rapidly evolving society, or to be troubled by the effects that breakdown in marriage and family life will necessarily entail for the future of our communities at every level. Families are the glue of society; their welfare cannot be taken for granted, but must be promoted and protected by every appropriate means.
It was in the family that each of us took his or her first steps in life. There we learned to live together in harmony, to master our selfish instincts and reconcile our differences, and above all to discern and seek those values that give authentic meaning and fulfilment to our lives. If we speak of our entire world as a single family, it is because we rightly acknowledge the bonds of our common humanity and we sense our call to unity and solidarity, especially with the weakest of our brothers and sisters. Yet all too often, we feel impotent before the persistent evils of racial and ethnic hatred, intractable conflicts and violence, contempt for human dignity and for fundamental human rights, and the growing divide between rich and poor. How much we need to recover, in every instance of political and social life, the sense of being a true family of peoples! And never to lose hope or the courage to persevere in the moral imperative to be peacemakers, reconcilers and guardians of one another.
Here in Ireland, this challenge has a special resonance, in light of the long conflict that separated brothers and sisters of a single family. Twenty years ago, the international community followed attentively the events in Northern Ireland that led to the signing of the Good Friday Agreement. The Irish government, in union with the political, religious and civil leaders of Northern Ireland and the British government, and with the support of other world leaders, created a dynamic context for the peaceful settlement of a conflict that had caused untold pain on both sides. We can give thanks for the two decades of peace that followed this historic agreement, while expressing firm hope that the peace process will overcome every remaining obstacle and help give birth to a future of harmony, reconciliation and mutual trust.
The Gospel reminds us that true peace is ultimately God’s gift; it flows from a healed and reconciled heart and branches out to embrace the entire world. Yet it also requires constant conversion on our part, as the source of those spiritual resources needed to build a society of authentic solidarity, justice and service of the common good. Without that spiritual foundation, our ideal of a global family of nations risks becoming no more than another empty platitude. Can we say that the goal of creating economic or financial prosperity leads of itself to a more just and equitable social order? Or could it be that the growth of a materialistic “throwaway culture” has in fact made us increasingly indifferent to the poor and to the most defenceless members of our human family, including the unborn, deprived of the very right to life? Perhaps the most disturbing challenges to our consciences in these days is the massive refugee crisis, which will not go away, and whose solution calls for a wisdom, a breadth of vision and a humanitarian concern that go far beyond short-term political decisions.
I am very conscious of the circumstances of our most vulnerable brothers and sisters – I think especially of those women and children who in the past endured particularly difficult situations, and to the orphans of that time. With regard to the most vulnerable, I cannot fail to acknowledge the grave scandal caused in Ireland by the abuse of young people by members of the Church charged with responsibility for their protection and education. I was deeply moved by the words spoken to me by the Minister for Children and Youth Affairs; I thank her for those words. The failure of ecclesiastical authorities – bishops, religious superiors, priests and others – adequately to address these repellent crimes has rightly given rise to outrage, and remains a source of pain and shame for the Catholic community. I myself share those sentiments. My predecessor, Pope Benedict, spared no words in recognizing both the gravity of the situation and in demanding that “truly evangelical, just and effective” measures be taken in response to this betrayal of trust (cf. Pastoral Letter to the Catholics of Ireland, 10). His frank and decisive intervention continues to serve as an incentive for the efforts of the Church’s leadership both to remedy past mistakes and to adopt stringent norms meant to ensure that they do not happen again. More recently, in a Letter to the People of God, I reaffirmed the commitment, and the need for an even greater commitment, to eliminating this scourge in the Church, at any cost, moral and of suffering.
Each child is in fact a precious gift of God, to be cherished, encouraged to develop his or her gifts, and guided to spiritual maturity and human flourishing. The Church in Ireland, past and present, has played a role in promoting the welfare of children that cannot be obscured. It is my hope that the gravity of the abuse scandals, which have cast light on the failings of many, will serve to emphasize the importance of the protection of minors and vulnerable adults on the part of society as a whole. In this regard, all of us are aware of how urgent it is to provide our young people with wise guidance and sound values on their journey to maturity.
Dear friends,
Almost ninety years ago, the Holy See was among the first international institutions to recognize the Irish Free State. That initiative signalled the beginning of many years of dynamic cooperation and harmony, with only an occasional cloud on the horizon. Recently intensive endeavour and goodwill on both sides have contributed significantly to a promising renewal of those friendly relations for the mutual benefit of all.
The threads of that history reach back to over a millennium and a half ago, when the Christian message, preached by Palladius and Patrick, found a home in Ireland and became an integral part of Irish life and culture. Many “saints and scholars” were inspired to leave these shores and bring their newfound faith to other lands. To this day, the names of Columba, Columbanus, Brigid, Gall, Killian, Brendan and so many others are still revered throughout Europe and beyond. On this island monasticism, as a source of civilization and artistic creativity, wrote a splendid page in Irish and universal history.
Today as in the past, the men and women who live in this country strive to enrich the life of the nation with the wisdom born of their faith. Even in Ireland’s darkest hours, they found in that faith a source of the courage and commitment needed to forge a future of freedom and dignity, justice and solidarity. The Christian message has been an integral part of that experience, and has shaped the language, thought and culture of people on this island.
It is my prayer that Ireland, in listening to the polyphony of contemporary political and social discussion, will not be forgetful of the powerful strains of the Christian message that have sustained it in the past, and can continue to do so in the future.
With these thoughts, I cordially invoke upon you, and upon all the beloved Irish people, God’s blessings of wisdom, joy and peace. Thank you.
[01262-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Taoiseach (Herr Premierminister),
verehrte Mitglieder der Regierung und des Diplomatischen Corps,
sehr geehrte Damen und Herren,
zu Beginn meines Besuchs in Irland bin ich dankbar für die Einladung, vor diesem auserwählten Publikum, welches das öffentliche, das kulturelle und das religiöse Leben des Landes repräsentiert, sowie vor dem Diplomatischen Korps und den geladenen Gästen zu sprechen. Ich danke für den freundschaftlichen Empfang, den mir der Präsident Irlands bereitet hat und der die Tradition herzlicher Gastfreundschaft widerspiegelt, für die Irland in der ganzen Welt bekannt ist. Ebenso weiß ich auch die Anwesenheit einer Delegation aus Nordirland zu schätzen. Ich danke dem Herrn Premierminister für seine Worte.
Wie Sie wissen, ist der Grund für meinen Besuch die Teilnahme am Weltfamilientreffen, das dieses Jahr in Dublin stattfindet. Die Kirche ist in der Tat eine Familie von Familien, und sie empfindet das Bedürfnis, die Familien in ihren Bemühungen zu unterstützen, um treu und freudig auf die Berufung zu antworten, die ihnen von Gott in der Gesellschaft gegeben ist. Für die Familien ist dieses Treffen eine Gelegenheit, nicht nur ihre Verpflichtung zu liebender Treue, gegenseitiger Hilfe und heiliger Achtung vor dem göttlichen Geschenk des Lebens in all seinen Formen zu bekräftigen, sondern auch die einzigartige Rolle zu bezeugen, die die Familie bei der Erziehung ihrer Mitglieder und für die Entwicklung eines gesunden und blühenden sozialen Gefüges spielt.
Ich sehe das Weltfamilientreffen gerne als prophetisches Zeugnis des reichen Erbes an ethischen und geistlichen Werten, das zu bewahren und zu schützen jeder Generation aufgetragen ist. Man muss kein Prophet sein, um die Schwierigkeiten zu erkennen, mit denen die Familien in der sich schnell verändernden Gesellschaft von heute konfrontiert sind, oder um sich Sorgen über die Auswirkungen zu machen, die die Schwächung der Ehe und des Familienlebens unweigerlich auf allen Ebenen für die Zukunft unserer Gemeinschaften haben wird. Die Familie ist der „Klebstoff“ der Gesellschaft; ihr Wohl ist nicht selbstverständlich, sondern muss mit allen geeigneten Mitteln gefördert und geschützt werden.
Eben in der Familie hat jeder von uns seine ersten Schritte im Leben getan. Dort haben wir gelernt, in Harmonie zusammenzuleben, unsere egoistischen Triebe zu kontrollieren, Unterschiede zu versöhnen und vor allem jene Werte zu erkennen und zu ergründen, die dem Leben authentischen Sinn und Fülle verleihen. Wenn wir von der ganzen Welt als einer einzigen Familie sprechen, dann deshalb, weil wir zu Recht das Verbindende des uns gemeinsamen Menschseins erkennen und den Ruf zur Einheit und Solidarität spüren, besonders gegenüber unseren schwächsten Brüdern und Schwestern. Allzu oft fühlen wir uns jedoch machtlos angesichts der anhaltenden Übel des Rassenhasses und der Fremdenfeindlichkeit, der unlösbaren Konflikte und der Gewalt, der Missachtung der Menschenwürde und der grundlegenden Menschenrechte sowie der zunehmenden Kluft zwischen Arm und Reich. Wie notwendig wäre in allen Bereichen des politischen und gesellschaftlichen Lebens die Wiedererlangung des Bewusstseins dafür, dass wir eine wahre Völkerfamilie sind! Und wie wichtig ist es dabei, niemals die Hoffnung zu verlieren und mutig an dem moralischen Imperativ festzuhalten, füreinander Friedensstifter, Versöhner und Hüter zu sein.
Hier in Irland hat diese Herausforderung einen besonderen Klang angesichts des langen Konflikts, der die Brüder und Schwestern einer einzigen Familie voneinander getrennt hat. Vor zwanzig Jahren verfolgte die internationale Gemeinschaft aufmerksam die Ereignisse in Nordirland, die zur Unterzeichnung des Karfreitagsabkommens führten. Die irische Regierung hat zusammen mit den politischen, religiösen und zivilen Verantwortlichen Nordirlands und der britischen Regierung und mit der Unterstützung anderer Spitzenpolitiker in der Welt einen dynamischen Rahmen für die friedliche Lösung eines Konflikts geschaffen, der auf beiden Seiten enormes Leid verursacht hatte. Wir können für die zwei Jahrzehnte des Friedens nach diesem historischen Abkommen dankbar sein und bringen gleichzeitig unsere feste Hoffnung zum Ausdruck, dass der Friedensprozess alle noch bestehenden Hindernisse überwindet und die Entstehung einer Zukunft in Eintracht, Versöhnung und gegenseitigem Vertrauen fördert.
Das Evangelium erinnert uns daran, dass der wahre Friede letztlich ein Geschenk Gottes ist; er entspringt den geheilten und versöhnten Herzen und dehnt sich schließlich aus auf die ganze Welt. Aber das erfordert auch von unserer Seite eine ständige Umkehr, die Quelle jener geistigen Ressourcen ist, die notwendig sind, um eine Gesellschaft aufzubauen, die wirklich solidarisch und gerecht ist und im Dienste des Gemeinwohls steht. Ohne diese spirituelle Grundlage läuft das Ideal einer globalen Völkerfamilie Gefahr, nichts weiter als ein leerer Gemeinplatz zu werden. Können wir denn sagen, dass das Ziel, wirtschaftlichen oder finanziellen Wohlstand zu schaffen, von selbst zu einer gerechteren und ausgewogeneren Gesellschaftsordnung führt? Oder ist es nicht vielmehr so, dass das Wachsen einer materialistischen „Wegwerfkultur“ uns gegenüber den Armen und den wehrlosesten Mitgliedern der Menschheitsfamilie, einschließlich der Ungeborenen, denen das Lebensrecht selbst abgesprochen wird, zunehmend gleichgültig gemacht hat? Vielleicht ist die Herausforderung, die unser Gewissen in diesen Zeiten am meisten anficht, die massive Migrationskrise, die nicht einfach von alleine aufhören wird und deren Lösung weit über kurzfristige politische Entscheidungen hinausgehend Weisheit, Weitblick und humanitäre Fürsorge erfordert.
Ich weiß sehr wohl um die Lage unserer verwundbarsten Brüder und Schwestern – ich denke besonders an die Frauen und die Kinder, die in der Vergangenheit äußerst schwierige Situationen erleiden mussten; und an die damaligen Waisenkinder. Angesichts des Faktums dieser Verwundbarsten kann ich nicht umhin, den schweren Skandal anzuerkennen, der in Irland durch den Missbrauch von Minderjährigen durch Mitglieder der Kirche verursacht wurde, die beauftragt waren, sie zu schützen und zu erziehen. In meinem Herzen hallen immer noch die Worte wider, welche die Frau Ministerin für Kinder und Angelegenheiten der Jugend mir am Flughafen gesagt hat. Danke. Ich danke für diese Worte. Das Versäumnis der kirchlichen Autoritäten – Bischöfe, Ordensobere, Priester und andere –, mit diesen abscheulichen Verbrechen angemessen umzugehen, hat zu Recht Empörung hervorgerufen und bleibt eine Ursache von Leid und Scham für die katholische Gemeinschaft. Ich selbst teile diese Gefühle. Mein Vorgänger Papst Benedikt XVI. sparte nicht mit Worten, um den Ernst der Lage anzuerkennen und zu fordern, dass als Antwort auf diesen Vertrauensbruch Maßnahmen ergriffen werden, die »wirklich dem Evangelium gemäß, gerecht und effektiv« sind (vgl. Hirtenbrief an die Katholiken in Irland, 10). Sein freimütiges und entschlossenes Eingreifen dient weiterhin als Ansporn für die Bemühungen der kirchlichen Verantwortungsträger, die Fehler der Vergangenheit zu beheben und strenge Regeln zu erlassen, um sicherzustellen, dass sie sich nicht wiederholen. In jüngere Zeit habe ich in einem Brief an das Volk Gottes die Verpflichtung, mehr noch die größere Verpflichtung wiederholt, diese Geißel in der Kirche auszumerzen; um jeden Preis, moralisch und wenn es Leid mit sich bringt.
Jedes Kind ist in der Tat ein kostbares Geschenk Gottes, das behütet und dazu ermutigt werden muss, seine Begabungen zu entfalten, und das hingeführt werden soll zu geistiger Reife und zur Fülle des Menschseins. Die Kirche in Irland hat in der Vergangenheit und in der Gegenwart eine Rolle bei der Förderung des Wohlergehens von Kindern gespielt, die nicht verdunkelt werden darf. Ich hoffe, dass die Schwere der Missbrauchsskandale, die die Unzulänglichkeiten so vieler deutlich gemacht haben, dabei hilft, die Bedeutung des Schutzes verwundbarer Kinder und Erwachsener durch die Gesellschaft als Ganzer klar herauszustellen. In diesem Sinn sind wir uns der dringenden Notwendigkeit bewusst, den jungen Menschen besonnene Begleitung und gesunde Werte für ihren Wachstumsprozess anzubieten.
Liebe Freunde,
Vor fast neunzig Jahren gehörte der Heilige Stuhl zu den ersten internationalen Institutionen, die den freien Staat Irland anerkannten. Diese Initiative markierte den Beginn einer langjährigen harmonischen und dynamischen Zusammenarbeit mit einer einzigen vorübergehenden Wolke am Horizont. In letzter Zeit haben intensive Bemühungen und der gute Wille beider Seiten wesentlich zu einer vielversprechenden Wiederherstellung dieser freundschaftlichen Beziehungen zu beiderseitigem Nutzen beigetragen.
Die Fäden dieser Geschichte gehen auf mehr als 1500 Jahre zurück, als die von Palladius und Patrick verkündete christliche Botschaft in Irland Heimat fand und zu einem festen Bestandteil des irischen Lebens und der irischen Kultur wurde. Viele „Heilige und Gelehrte“ fühlten sich inspiriert, die hiesigen Gestade zu verlassen und den neuen Glauben in andere Länder zu bringen. Noch heute werden die Namen Columba [von Hy], Kolumban [von Luxeuil], Brigida [von Kildare], Gallus, Kilian, Brendan und viele andere in Europa und darüber hinaus in Ehren gehalten. Das Mönchtum auf dieser Insel, eine Quelle der Zivilisation und des künstlerischen Schaffens, schrieb eine großartige Seite im Geschichtsbuch Irlands und der Welt.
Heute wie in der Vergangenheit streben Männer und Frauen, die in diesem Land leben, danach, das Leben der Nation mit der Weisheit des Glaubens zu bereichern. Selbst in den dunkelsten Stunden Irlands fanden sie im Glauben die Quelle dieses Mutes und Engagements, die für die Gestaltung einer Zukunft in Freiheit und Würde, Gerechtigkeit und Solidarität unerlässlich sind. Die christliche Botschaft war ein wesentlicher Bestandteil dieser Erfahrung und prägte die Sprache, das Denken und die Kultur der Menschen auf dieser Insel.
Ich bete, dass Irland, während es die Vielstimmigkeit der gegenwärtigen sozialen und politischen Debatte hört, nicht die klangvollen Melodien der christlichen Botschaft vergisst, die es in der Vergangenheit getragen haben und dies auch in Zukunft leisten können.
Mit diesen Gedanken rufe ich auf euch und auf das ganze geliebte irische Volk den göttlichen Segen der Weisheit, der Freude und des Friedens herab. Ich danke Ihnen.
[01262-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Taoiseach (Primer Ministro),
Miembros del Gobierno y del Cuerpo Diplomático,
Señoras y señores:
Al comienzo de mi visita en Irlanda, agradezco la invitación para dirigirme a esta distinguida Asamblea, que representa la vida civil, cultural y religiosa del país, junto al Cuerpo diplomático y a los demás asistentes. Doy las gracias por la acogida amistosa que me ha dispensado el Presidente de Irlanda y que refleja la tradición de cordial hospitalidad por la que los irlandeses son conocidos en todo el mundo. Valoro además la presencia de una delegación de Irlanda del Norte. Agradezco al señor Primer Ministro sus palabras.
Como sabéis, la razón de mi visita es la participación en el Encuentro Mundial de las Familias, que se realiza este año en Dublín. La Iglesia es efectivamente una familia de familias, y siente la necesidad de ayudar a las familias en sus esfuerzos para responder fielmente y con alegría a la vocación que Dios les ha dado en la sociedad. Este Encuentro es una oportunidad para las familias, no solo para que reafirmen su compromiso de fidelidad amorosa, de ayuda mutua y de respeto sagrado por el don divino de la vida en todas sus formas, sino también para que testimonien el papel único que ha tenido la familia en la educación de sus miembros y en el desarrollo de un sano y próspero tejido social.
Me gusta considerar el Encuentro Mundial de las Familias como un testimonio profético del rico patrimonio de valores éticos y espirituales, que cada generación tiene la tarea de custodiar y proteger. No hace falta ser profetas para darse cuenta de las dificultades que las familias tienen que afrontar en la sociedad actual, que evoluciona rápidamente, o para preocuparse de los efectos que la quiebra del matrimonio y la vida familiar comportarán, inevitablemente y en todos los niveles, en el futuro de nuestras comunidades. La familia es el aglutinante de la sociedad; su bien no puede ser dado por supuesto, sino que debe ser promovido y custodiado con todos los medios oportunos.
Es en la familia donde cada uno de nosotros ha dado los primeros pasos en la vida. Allí hemos aprendido a convivir en armonía, a controlar nuestros instintos egoístas, a reconciliar las diferencias y sobre todo a discernir y buscar aquellos valores que dan un auténtico sentido y plenitud a la vida. Si hablamos del mundo entero como de una única familia, es porque justamente reconocemos los nexos de la humanidad que nos unen e intuimos la llamada a la unidad y a la solidaridad, especialmente con respecto a los hermanos y hermanas más débiles. Sin embargo, nos sentimos a menudo impotentes ante el mal persistente del odio racial y étnico, ante los conflictos y violencias intrincadas, ante el desprecio por la dignidad humana y los derechos humanos fundamentales y ante la diferencia cada vez mayor entre ricos y pobres. Cuánto necesitamos recobrar, en cada ámbito de la vida política y social, el sentido de ser una verdadera familia de pueblos. Y de no perder nunca la esperanza y el ánimo de perseverar en el imperativo moral de ser constructores de paz, reconciliadores y protectores los unos de los otros.
Aquí en Irlanda dicho desafío tiene una resonancia particular, cuando se considera el largo conflicto que ha separado a hermanos y hermanas que pertenecen a una única familia. Hace veinte años, la Comunidad internacional siguió con atención los acontecimientos de Irlanda del Norte, que llevaron a la firma del Acuerdo del Viernes Santo. El Gobierno irlandés, junto con los líderes políticos, religiosos y civiles de Irlanda del Norte y el Gobierno británico, y con el apoyo de otros líderes mundiales, dio vida a un contexto dinámico para la pacífica resolución de un conflicto que causó enormes sufrimientos en ambas partes. Podemos dar gracias por las dos décadas de paz que han seguido a ese Acuerdo histórico, mientras que manifestamos la firme esperanza de que el proceso de paz supere todos los obstáculos restantes y favorezca el nacimiento de un futuro de concordia, reconciliación y confianza mutua.
El Evangelio nos recuerda que la verdadera paz es en definitiva un don de Dios; brota de los corazones sanados y reconciliados y se extiende hasta abrazar al mundo entero. Pero también requiere de nuestra parte una conversión constante, fuente de esos recursos espirituales necesarios para construir una sociedad realmente solidaria, justa y al servicio del bien común. Sin este fundamento espiritual, el ideal de una familia global de naciones corre el riesgo de convertirse solo en un lugar común vacío. ¿Podemos decir que el objetivo de crear prosperidad económica o financieras conduce por sí mismo a un orden social más justo y ecuánime? ¿No podría ser en cambio que el crecimiento de una “cultura del descarte” materialista, nos ha hecho cada vez más indiferentes ante los pobres y los miembros más indefensos de la familia humana, incluso de los no nacidos, privados del derecho a la vida? Quizás el desafío que más golpea nuestras conciencias en estos tiempos es la enorme crisis migratoria, que no parece disminuir y cuya solución exige sabiduría, amplitud de miras y una preocupación humanitaria que vaya más allá de decisiones políticas a corto plazo.
Soy consciente de la condición de nuestros hermanos y hermanas más vulnerables. Pienso especialmente en las mujeres y en los niños, que en el pasado han sufrido situaciones de particular dificultad, y en los huérfanos de entonces. Considerando la realidad de los más vulnerables, no puedo dejar de reconocer el grave escándalo causado en Irlanda por los abusos a menores por parte de miembros de la Iglesia encargados de protegerlos y educarlos. Resuenan aún en mi corazón las palabras que me ha dicho la señora Ministro de la Infancia en el aeropuerto. El fracaso de las autoridades eclesiásticas —obispos, superiores religiosos, sacerdotes y otros— al afrontar adecuadamente estos crímenes repugnantes ha suscitado justamente indignación y permanece como causa de sufrimiento y vergüenza para la comunidad católica. Yo mismo comparto estos sentimientos. Mi predecesor, el Papa Benedicto, no escatimó palabras para reconocer la gravedad de la situación y solicitar que fueran tomadas medidas «verdaderamente evangélicas, justas y eficaces» en respuesta a esta traición de confianza (cf. Carta pastoral a los Católicos de Irlanda, 10). Su intervención franca y decidida sirve todavía hoy de incentivo a los esfuerzos de las autoridades eclesiales para remediar los errores pasados y adoptar normas severas, para asegurarse de que no vuelvan a suceder. Más recientemente en una Carta al Pueblo de Dios he renovado el compromiso, más aún, un mayor compromiso para eliminar este flagelo en la Iglesia; a toda costa, moral y de sufrimiento.
Cada niño es, en efecto, un regalo precioso de Dios que hay que custodiar, animar para que despliegue sus cualidades y llevar a la madurez espiritual y a la plenitud humana. La Iglesia en Irlanda ha tenido, en el pasado y en el presente, un papel de promoción del bien de los niños que no puede ser ocultado. Deseo que la gravedad de los escándalos de los abusos, que han hecho emerger las faltas de muchos, sirva para recalcar la importancia de la protección de los menores y de los adultos vulnerables por parte de toda la sociedad. En este sentido, todos somos conscientes de la urgente necesidad de ofrecer a los jóvenes un acompañamiento sabio y valores sanos para su camino de crecimiento.
Queridos amigos:
Hace casi noventa años, la Santa Sede estuvo entre las primeras instituciones internacionales que reconocieron el libre Estado de Irlanda. Aquella iniciativa señaló el principio de muchos años de armonía y colaboración solícita, con una única nube pasajera en el horizonte. Recientemente, gracias a un esfuerzo intenso y a la buena voluntad por ambas partes se ha llegado a un restablecimiento esperanzador de aquellas relaciones amistosas para el bien recíproco de todos.
Los hilos de aquella historia se remontan a más de mil quinientos años atrás, cuando el mensaje cristiano, predicado por Paladio y Patricio, echó sus raíces en Irlanda y se volvió parte integrante de la vida y la cultura irlandesa. Muchos “santos y estudiosos” se sintieron inspirados a dejar estas costas y llevar la nueva fe a otras tierras. Todavía hoy, los nombres de Columba, Columbano, Brígida, Galo, Killian, Brendan y muchos otros son honrados en Europa y en otros lugares. En esta isla el monacato, fuente de civilización y creatividad artística, escribió una espléndida página de la historia de Irlanda y del mundo.
Hoy, como en el pasado, hombres y mujeres que habitan este país se esfuerzan por enriquecer la vida de la nación con la sabiduría nacida de la fe. Incluso en las horas más oscuras de Irlanda, ellos han encontrado en la fe la fuente de aquella valentía y aquel compromiso que son indispensables para forjar un futuro de libertad y dignidad, justicia y solidaridad. El mensaje cristiano ha sido parte integrante de tal experiencia y ha dado forma al lenguaje, al pensamiento y a la cultura de la gente de esta isla.
Rezo para que Irlanda, mientras escucha la polifonía de la discusión político-social contemporánea, no olvide las vibrantes melodías del mensaje cristiano que la han sustentado en el pasado y pueden seguir haciéndolo en el futuro.
Con este pensamiento, invoco cordialmente sobre vosotros y sobre todo el querido pueblo irlandés bendiciones divinas de sabiduría, alegría y paz. Gracias.
[01262-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Taoiseach [Primeiro-Ministro],
Membros do Governo e do Corpo Diplomático,
Senhores e senhoras!
No princípio da minha visita à Irlanda, sinto-me agradecido pelo convite a falar a esta distinta Assembleia, que representa a vida civil, cultural e religiosa do país, e também ao Corpo Diplomático e aos convidados. Agradeço o acolhimento amigo por parte do Presidente da Irlanda, que reflete a tradição de cordial hospitalidade pela qual são conhecidos os irlandeses em todo o mundo. Congratulo-me igualmente com a presença duma delegação da Irlanda do Norte. Agradeço o Senhor Primeiro Ministro pelas suas palavras.
Como sabeis, o motivo da minha visita é participar no Encontro Mundial das Famílias, que este ano se realiza em Dublin. Na realidade, a Igreja é uma família de famílias e sente a necessidade de apoiar as famílias nos seus esforços por responder fiel e jubilosamente à vocação que Deus lhes deu na sociedade. Para as famílias, este Encontro é uma oportunidade não só para reafirmar o seu compromisso de fidelidade amorosa, ajuda mútua e respeito sagrado pelo dom divino da vida em todas as suas formas, mas também para testemunhar o papel único desempenhado pela família na educação dos seus membros e no desenvolvimento de um tecido social sadio e vigoroso.
Apraz-me ver o Encontro Mundial das Famílias como um testemunho profético do rico património de valores éticos e espirituais, que cada geração tem a tarefa de guardar e proteger. Não é preciso ser profeta para se dar conta das dificuldades que enfrentam as famílias na sociedade atual em rápida evolução ou para se preocupar com os efeitos que o transtorno do matrimónio e da vida familiar inevitavelmente implicará, a todos os níveis, para o futuro das nossas comunidades. A família é a coesão da sociedade; o seu bem não pode ser dado como garantido, mas deve ser promovido e tutelado com todos os meios apropriados.
É na família que cada um de nós deu os primeiros passos na vida. Lá aprendemos a conviver em harmonia, a controlar os nossos instintos egoístas, a conciliar as diversidades e sobretudo a discernir e procurar os valores que dão sentido autêntico e plenitude à vida. Se falamos do mundo inteiro como duma só família, é porque justamente reconhecemos os laços da nossa humanidade comum e intuímos a chamada à unidade e à solidariedade, especialmente em relação aos irmãos e irmãs mais vulneráveis. Todavia, muitas vezes, sentimo-nos impotentes face aos males persistentes do ódio racial e étnico, a conflitos e violências inextrincáveis, ao desprezo pela dignidade humana e os direitos humanos fundamentais e ao desnível crescente entre ricos e pobres. Quanta necessidade temos de recuperar, em cada área da vida política e social, o sentido de ser uma verdadeira família de povos! E de nunca perder a esperança e a coragem de perseverar no imperativo moral de sermos obreiros de paz, reconciliadores e guardiões uns dos outros.
Este desafio tem uma ressonância particular aqui, na Irlanda, visto o longo conflito que separou irmãos e irmãs duma única família. Vinte anos atrás, a comunidade internacional acompanhou atentamente os acontecimentos na Irlanda do Norte, que levaram à assinatura do Acordo de Sexta-feira Santa. O governo irlandês, juntamente com os líderes políticos, religiosos e civis da Irlanda do Norte e do governo britânico e com o apoio de outros líderes mundiais, deu vida a um contexto dinâmico tendente a resolver pacificamente um conflito que causara enormes sofrimentos em ambos os lados. Podemos dar graças pelas duas décadas de paz que se seguiram a este Acordo histórico, ao mesmo tempo que expressamos a firme esperança de que o processo de paz supere qualquer obstáculo que ainda reste e favoreça o nascimento dum futuro de concórdia, reconciliação e confiança mútua.
O Evangelho lembra-nos que a paz verdadeira, em última análise, é dom de Deus; brota de corações sanados e reconciliados e estende-se até abraçar o mundo inteiro. Mas requer também, da nossa parte, uma conversão constante, fonte dos recursos espirituais que são necessários para construir uma sociedade verdadeiramente solidária, justa e ao serviço do bem comum. Sem este fundamento espiritual, o ideal duma família global de nações corre o risco de não passar dum «lugar-comum» vazio. Poderemos afirmar que o objetivo de gerar prosperidade económica, ou financeira, levará, por si mesmo, a uma ordem social mais justa e equitativa? Não poderia, pelo contrário, acontecer que o aumento duma «cultura do descarte», materialista, nos tenha realmente tornado cada vez mais indiferentes aos pobres e aos membros mais indefesos da família humana, incluindo os nascituros privados do próprio direito à vida? O desafio, que talvez mais provoque as nossas consciências nestes tempos, é esta maciça crise migratória que não tende a desaparecer e cuja solução exige sabedoria, perspetivas amplas e uma preocupação humanitária que ultrapasse em muito decisões políticas de curto prazo.
Conheço bem a condição dos nossos irmãos e irmãs mais vulneráveis – penso de modo especial nas mulheres, e nas crianças, que no passado sofreram com situações de uma particular dificuldade; e aos órfãos de então. Considerando os mais vulneráveis, não posso deixar de reconhecer o grave escândalo causado na Irlanda pelos abusos sobre menores por parte de membros da Igreja encarregados de os proteger e educar. Ainda ressoam no meu coração as palavras que a Senhora Ministra para a infância me disse no aeroporto. Obrigado. Agradeço por aquelas palavras. O falimento das autoridades eclesiásticas - bispos, superiores religiosos, sacerdotes e outros - ao enfrentarem adequadamente estes crimes repugnantes suscitou, justamente, indignação e continua a ser causa de sofrimento e vergonha para a comunidade católica. Eu próprio partilho estes sentimentos. O meu predecessor, Papa Bento, não poupou palavras para reconhecer a gravidade da situação e pedir que fossem tomadas medidas «verdadeiramente evangélicas, justas e eficazes» em resposta a esta traição de confiança (cf. Carta pastoral aos Católicos da Irlanda, 10). A sua intervenção franca e decidida continua a servir de incentivo aos esforços das autoridades eclesiais por remediar os erros passados e adotar normas rigorosas tendentes a assegurar que os mesmos não voltem a acontecer. Mais recentemente, numa Carta ao Povo de Deus, reafirmei o compromisso, antes, o compromisso maior, de eliminar este flagelo na Igreja; a qualquer custo: moral e de sofrimento.
De facto, cada criança é um dom precioso de Deus que devemos guardar, encorajar no desenvolvimento dos seus dons e levar à maturidade espiritual e à plenitude humana. A Igreja na Irlanda desempenhou, no passado e no presente, um papel de promoção do bem das crianças que não pode ser ofuscado. A minha esperança é que a gravidade dos escândalos dos abusos, que fizeram emergir as culpas de muitos, sirva para evidenciar a importância da proteção de menores e adultos vulneráveis por parte da sociedade inteira. Neste sentido, todos temos consciência da necessidade urgente de oferecer aos jovens um acompanhamento sábio e valores sadios para o seu caminho de crescimento.
Queridos amigos!
Há quase noventa anos, a Santa Sé esteve entre as primeiras instituições internacionais a reconhecer o Estado livre da Irlanda. Aquela iniciativa marcou o início de muitos anos de harmonia e dinâmica colaboração, com uma única nuvem passageira no horizonte. Recentemente, esforços intensos e boa vontade de ambas as partes têm contribuído de forma significativa para um promissor restabelecimento daquelas relações amigas com vantagem recíproca de todos.
Os fios daquela história remontam a mais de mil e quinhentos anos atrás, quando a mensagem cristã, pregada por Paládio e Patrício, começou a habitar na Irlanda tornando-se parte integrante da vida e cultura irlandesas. Muitos «santos e letrados» se sentiram inspirados a deixar estas praias para levar a nova fé a outras terras. Ainda hoje os nomes de Colomba, Columbano, Brígida, Gallo, Killian, Brendan e muitos outros são honrados na Europa e não só. Nesta ilha, o monaquismo, fonte de civilização e criatividade artística, escreveu uma página esplendorosa na história da Irlanda e do mundo.
Hoje, como no passado, homens e mulheres que vivem neste país esforçam-se por enriquecer a vida da nação com a sabedoria nascida da fé. Mesmo nas horas mais sombrias da Irlanda, eles encontraram na fé a fonte daquela coragem e empenhamento que são indispensáveis para forjar um futuro de liberdade e dignidade, justiça e solidariedade. A mensagem cristã tem sido parte integrante de tal experiência e moldou a linguagem, o pensamento e a cultura da população desta ilha.
Rezo para que a Irlanda, enquanto escuta a polifonia da discussão político-social contemporânea, não esqueça as vibrantes melodias da mensagem cristã, que a sustentaram no passado e podem continuar a fazê-lo no futuro.
Com estes pensamentos, de coração invoco sobre vós e todo o amado povo irlandês as bênçãos divinas de sabedoria, alegria e paz. Obrigado.
[01262-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Panie Taoiseach (premierze),
Członkowie rządu i korpusu dyplomatycznego,
Panowie i Panie,
Na początku mojej wizyty w Irlandii wyrażam wdzięczność za zaproszenie, by zwrócić się do tego znamienitego zgromadzenia, reprezentującego życie obywatelskie, kulturowe i religijne kraju wraz z korpusem dyplomatycznym i gośćmi. Dziękuję za przyjazne przyjęcie, jakie zgotował mi prezydent Irlandii, odzwierciedlające tradycję serdecznej gościnności, z której Irlandczycy są znani na całym świecie. Z zadowoleniem przyjmuję również obecność delegacji z Irlandii Północnej. Dziękuję Panu Premierowi za jego słowa.
Jak wiecie, powodem mojej wizyty jest uczestnictwo w Światowym Spotkaniu Rodzin, które odbywa się w tym roku w Dublinie. Kościół jest w istocie rodziną rodzin i odczuwa potrzebę wspierania rodzin w ich wysiłkach, by wiernie i z radością odpowiadać na powołanie dane im przez Boga w społeczeństwie. Dla rodzin spotkanie to jest okazją nie tylko do potwierdzenia swego zaangażowania na rzecz miłującej wierności, wzajemnej pomocy i świętego szacunku dla Bożego daru życia we wszystkich jego formach, ale także świadectwa o wyjątkowej roli odgrywanej przez rodzinę w wychowaniu swoich członków oraz w rozwoju zdrowej i kwitnącej tkanki społecznej.
Chętnie postrzegam Światowe Spotkanie Rodzin jako prorockie świadectwo bogatego dziedzictwa wartości etycznych i duchowych, którego każde pokolenie winno strzec i chronić. Nie trzeba być prorokiem, aby zdawać sobie sprawę z trudności, jakie napotykają rodziny w dzisiejszym szybko zmieniającym się społeczeństwie, czy aby martwić się o skutki dla przyszłości naszych społeczeństw, jakie nieuchronnie i na każdym poziomie pociągnie za sobą upadek małżeństwa i życia rodzinnego. Rodzina jest spoiwem społeczeństwa. Jej dobro nie może być uważane za oczywiste, ale musi być promowane i chronione za pomocą wszelkich odpowiednich środków.
To w rodzinie każdy z nas stawiał pierwsze kroki w życiu. W niej nauczyliśmy się żyć w zgodzie, kontrolować nasze instynkty egoistyczne, godzić różnorodności, a przede wszystkim rozpoznawać i poszukiwać tych wartości, które nadają życiu autentyczny sens i pełnię. Jeśli mówimy o całym świecie jako jednej rodzinie, to dlatego, iż słusznie uznajemy więzy naszego wspólnego człowieczeństwa i wyczuwany wezwanie do jedności i solidarności, zwłaszcza wobec najsłabszych braci i sióstr. Jednakże nazbyt często czujemy się bezsilni w obliczu utrzymującego się zła nienawiści rasowej i etnicznej, nierozwiązywalnych konfliktów i przemocy, pogardy dla ludzkiej godności i podstawowych praw człowieka oraz rosnącej przepaści między bogatymi a ubogimi. Jak bardzo potrzebujemy odzyskania, w każdej dziedzinie życia politycznego i społecznego, poczucia bycia prawdziwą rodziną narodów! I nie tracenia nigdy nadziei i odwagi, by wytrwać w moralnym nakazie bycia budowniczymi pokoju, pojednania i stróżami jeden drugiego.
Tutaj, w Irlandii, wyzwanie to ma szczególny wydźwięk, biorąc pod uwagę długi konflikt między braćmi i siostrami należącymi do jednej rodziny. Przed dwudziestu laty wspólnota międzynarodowa uważnie śledziła wydarzenia w Irlandii Północnej, które doprowadziły do podpisania porozumienia wielkopiątkowego. Rząd irlandzki, wraz z przywódcami politycznymi, religijnymi i obywatelskimi Irlandii Północnej oraz rząd brytyjski, przy wsparciu innych przywódców światowych, stworzyli dynamiczne środowisko mające na celu pokojowe rozwiązanie konfliktu, który spowodował ogromne cierpienia dla obydwu stron. Możemy dziękować za dwie dekady pokoju, jakie nastąpiły po tym historycznym porozumieniu. Jednocześnie wyrażamy stanowczą nadzieję, że proces pokojowy przezwycięży wszelkie pozostałe przeszkody oraz będzie sprzyjał zrodzeniu przyszłości zgody, pojednania i wzajemnego zaufania.
Ewangelia przypomina nam, że prawdziwy pokój jest ostatecznie darem Boga. Wypływa z serc uzdrowionych i pojednanych, rozciągając się na cały świat. Wymaga on jednak z naszej strony stałego nawrócenia, będącego źródłem zasobów duchowych niezbędnych do budowania społeczeństwa prawdziwie solidarnego, sprawiedliwego i służącego dobru wspólnemu. Bez tego fundamentu duchowego ideał globalnej rodziny narodów może stać się niczym innym, jak pustym stereotypem. Czy możemy powiedzieć, że cel zrodzenia dobrobytu gospodarczego lub finansowego prowadzi sam z siebie do bardziej sprawiedliwego i godnego ładu społecznego? Czyż nie może natomiast być tak, że rozwój materialistycznej „kultury odrzucenia” uczynił nas coraz bardziej obojętnymi wobec ubogich i najbardziej bezbronnych członków rodziny ludzkiej, w tym nienarodzonych, pozbawionych wręcz prawa do życia? Być może wyzwaniem, które najbardziej prowokuje nasze sumienia w obecnych czasach, jest masowy kryzys migracyjny, który nie zaniknie, a którego rozwiązanie wymaga mądrości, szerokości poglądów i troski humanitarnej wykraczających daleko poza doraźne decyzje polityczne.
Jestem świadomy stanu naszych braci i sióstr najbardziej bezbronnych – mam na myśli zwłaszcza kobiety i dzieci, które w przeszłości zniosły sytuacje szczególnie trudne; wówczas osamotnieni. Rozważając rzeczywistość osób najbardziej bezbronnych muszę uznać poważne zgorszenie spowodowane w Irlandii przez wykorzystywanie małoletnich ze strony członków Kościoła odpowiedzialnych za ich ochronę i wychowanie. Rozbrzmiewają jeszcze w moim sercu słowa powiedziane mi na lotnisku przez Panią Minister ds. Dzieci. Dziękuję. Dziękuję za te słowa. Nieskuteczność władz kościelnych – biskupów, przełożonych zakonnych, kapłanów i innych – w odpowiednim zareagowaniu na te odrażające przestępstwa słusznie wzbudziła oburzenie i jest nadal przyczyną cierpienia oraz wstydu dla wspólnoty katolickiej. Podzielam te uczucia. Mój poprzednik, papież Benedykt XVI, nie szczędził słów, by uznać powagę sytuacji i zażądać, by podjęto środki „prawdziwie ewangeliczne, sprawiedliwe i skuteczne” w reakcji na tę zdradę zaufania (por. List pasterski do katolików Irlandii, 10). Jego szczera i stanowcza interwencja jest nadal pobudką dla wysiłków władz kościelnych, aby zaradzić błędom z przeszłości oraz przyjąć rygorystyczne normy, mające na celu zapewnienie, aby się one nie powtórzyły. W ostatnim czasie w Liście skierowanym do Ludu Bożego podkreśliłem zobowiązanie, przeciwnie, duże zobowiązanie, by wyeliminować z Kościoła za wszelką cenę, moralną, czy za cenę cierpienia, tę plagę.
Każde dziecko jest w istocie drogocennym darem Boga, którego należy strzec, zachęcać do rozwijania swych darów i prowadzić do dojrzałości duchowej oraz pełni człowieczeństwa. Kościół w Irlandii odgrywał i odgrywa obecnie rolę w promowaniu dobra dzieci, której nie można przysłaniać. Pragnę, aby powaga skandali nadużyć, które ujawniły słabości wielu osób, służyła do podkreślenia znaczenia ochrony dzieci i niepełnosprawnych osób dorosłych przez całe społeczeństwo. W tym sensie wszyscy bądźmy świadomi pilnej konieczności zaoferowania młodym mądrego towarzyszenia oraz zdrowych wartości na drodze ich wzrastania.
Drodzy przyjaciele,
przed niemal dziewięćdziesięciu laty Stolica Apostolska była jedną z pierwszych międzynarodowych instytucji uznających niepodległe państwo irlandzkie. Inicjatywa ta zapoczątkowała wiele lat dynamicznej i zgodnej współpracy, z jedną przelotną chmurą na horyzoncie. Niedawno intensywne wysiłki i dobra wola obu stron przyczyniły się w znacznym stopniu do obiecującej odbudowy tych przyjaznych stosunków dla wzajemnej korzyści wszystkich.
Wątki tej historii odsyłają do dziejów sprzed ponad tysiąca pięciuset lat, kiedy orędzie chrześcijańskie głoszone przez Palladiusza i Patryka dotarło do Irlandii i stało się integralną częścią życia i kultury irlandzkiej. Wielu „świętych i uczonych” poczuło natchnienie, by opuścić te wybrzeża i zanieść nową wiarę innym krajom. Po dziś dzień imiona Kolumba, Kolumbana, Brygidy, Galla, Kiliana, Brendana i wielu innych są czczone w Europie i poza nią. Na tej wyspie monastycyzm, będący źródłem kultury i twórczości artystycznej, zapisał wspaniałą kartę w dziejach Irlandii i świata.
Dzisiaj, podobnie jak w przeszłości, mężczyźni i kobiety mieszkający w tym kraju starają się ubogacić życie narodu mądrością zrodzoną z wiary. Nawet w najmroczniejszych czasach Irlandii znaleźli oni w wierze źródło tej odwagi i zaangażowania, które są niezbędne, aby ukształtować przyszłość wolności i godności, sprawiedliwości i solidarności. Orędzie chrześcijańskie było integralną częścią tego doświadczenia i ukształtowało język, myśl i kulturę mieszkańców tej wyspy.
Modlę się, aby Irlandia, wysłuchując się w polifonię współczesnej debaty polityczno-społecznej, nie zapomniała żywych melodii orędzia chrześcijańskiego, które wspierały ją w przeszłości i mogły to nadal czynić w przyszłości.
Z tymi myślami z całego serca modlę się dla was i dla całego umiłowanego narodu irlandzkiego o Boże błogosławieństwo mądrości, radości i pokoju. Dziękuję.
[01262-PL.02] [Testo originale: Italiano]
[B0586-XX.02]