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Introduzione
I. La vocazione e la testimonianza dell’Ordo virginum
II. La configurazione dell’Ordo virginum nelle Chiese particolari e nella Chiesa universale
III. Il discernimento vocazionale e la formazione per l’Ordo virginum
Conclusione
Introduzione
1. L’immagine della Chiesa Sposa di Cristo si presenta nel Nuovo Testamento come efficace icona rivelatrice dell’intima natura del rapporto che il Signore Gesù ha voluto stabilire con la comunità di coloro che credono in Lui (Ef 5, 23-32; Ap 19, 7-9; 21, 2-3.9).
Sin dai tempi apostolici questa espressione del mistero della Chiesa ha trovato una manifestazione del tutto peculiare nella vita di quelle donne che, corrispondendo al carisma suscitato in loro dallo Spirito santo, con amore sponsale si sono dedicate al Signore Gesù nella verginità, per sperimentare la fecondità spirituale dell’intimo rapporto con Lui e offrirne i frutti alla Chiesa e al mondo.
2. Come indicano alcuni passi del Nuovo Testamento e gli scritti dei primi secoli cristiani, questa forma di vita evangelica è comparsa in modo spontaneo nelle diverse regioni in cui si sviluppavano le comunità ecclesiali[1], collocandosi tra le altre forme di vita ascetica che, nel contesto della società pagana, costituivano un segno evidente della novità del cristianesimo e della sua capacità di rispondere alle più profonde domande circa il senso dell’esistenza umana[2]. Con un processo analogo a quello che interessò la vedovanza di donne che sceglievano la continenza «in onore della carne del Signore »[3], la verginità consacrata femminile assunse progressivamente le caratteristiche di uno stato di vita riconosciuto pubblicamente dalla Chiesa[4].
Nei primi tre secoli numerosissime furono le vergini consacrate che per restare fedeli al Signore subirono il martirio. Tra queste Agata di Catania, Lucia di Siracusa, Agnese e Cecilia di Roma, Tecla di Iconio, Apollonia di Alessandria, Restituta di Cartagine, Justa e Rufina di Siviglia. In seguito e fino ad oggi, la memoria delle vergini martiri è rimasta come vivo richiamo al dono totale di sé che la consacrazione verginale esige.
Nelle donne che accoglievano questa vocazione e vi corrispondevano con la decisione di perseverare nella verginità per tutta la vita, i Padri della Chiesa vedevano riflessa l’immagine della Chiesa Sposa totalmente dedita al suo Sposo: per questo si riferivano a loro come sponsae Christi, Christo dicatae, Christo maritatae, Deo nuptae[5]. Nel corpo vivo della Chiesa, esse costituivano un coetus istituzionalizzato, indicato con il nome di Ordo virginum[6].
3. A partire dal IV secolo l’ingresso nell’Ordo virginum avveniva mediante un solenne rito liturgico presieduto dal Vescovo diocesano. In seno alla comunità riunita per la celebrazione eucaristica, la donna manifestava il sanctum propositum di permanere per tutta la vita nella verginità per amore di Cristo e il Vescovo pronunciava la preghiera consacratoria. Come attestato già dagli scritti di Ambrogio di Milano e successivamente dalle più antiche fonti liturgiche, il simbolismo nuziale del rito era reso particolarmente evidente dall’imposizione del velo alla vergine da parte del Vescovo, gesto che corrispondeva alla velatio compiuta nella celebrazione del matrimonio[7].
4. La stima e la sollecitudine pastorale che accompagnavano il cammino delle vergini consacrate sono ampiamente testimoniate dalla letteratura patristica. I Padri non si limitavano a censurare i comportamenti delle consacrate non confacenti al loro impegno di condurre una vita casta nell’umile sequela di Cristo, ma affrontavano e contrastavano con vigore sia gli argomenti di coloro che negavano il valore della verginità consacrata, sia le deviazioni ereticali che propugnavano l’ideale della verginità e della continenza sulla base di una concezione negativa del matrimonio e della sessualità. Riflettendo sui fondamenti teologici della consacrazione verginale, ne mettevano in luce l’origine carismatica, la motivazione evangelica, il rilievo ecclesiale e sociale, il riferimento esemplare alla Vergine Maria, il valore profetico di anticipazione e vigilante attesa della piena comunione col Signore che si realizzerà soltanto al suo ritorno glorioso, alla fine dei tempi. Rivolgendosi alle vergini consacrate « più con l’affetto che con l’autorità »[8] del loro ministero, le esortavano ad alimentare ed esprimere l’amore verso Cristo Sposo nell’assidua meditazione della Scrittura e nella perseverante preghiera personale e liturgica; nel praticare l’ascesi, le virtù e le opere di misericordia; nel coltivare un atteggiamento di docile ascolto del magistero del Vescovo e nell’impegno a custodire la comunione ecclesiale, così da offrire una limpida e persuasiva testimonianza evangelica all’interno delle comunità cristiane e dell’ambiente sociale nel quale restavano inserite, vivendo generalmente nelle proprie famiglie di origine e talvolta anche in forma comunitaria.
Nello stesso periodo, attraverso le decretali dei Papi e le costituzioni dei Concili Provinciali, prese avvio la definizione della disciplina degli aspetti essenziali di questa forma di vita.
5. Mentre nei primi secoli le vergini consacrate vivevano generalmente nell’ambito delle proprie famiglie, con lo sviluppo del monachesimo cenobita la Chiesa associò la consacrazione verginale alla vita comunitaria, e quindi all’osservanza di una regola comune e all’obbedienza ad una superiora.
Nel corso dei secoli progressivamente scomparve la forma di vita originaria dell’Ordo virginum, con il suo caratteristico radicamento nella comunità ecclesiale locale sotto la guida del Vescovo diocesano.
I riti di ingresso nella vita monastica si affiancarono e, nella maggior parte dei monasteri, si sostituirono alla celebrazione della consecratio virginum. Soltanto alcune famiglie monastiche nelle quali si emettevano voti solenni mantennero l’uso di questo rito che, pur conservando gli elementi essenziali della sua struttura originaria, venne arricchito con l’apporto della sensibilità delle popolazioni tra cui si diffuse, mediante successive revisioni che portarono ad introdurre nuove formule eucologiche e gesti simbolici.
6. L’impulso di rinnovamento ecclesiale che ispirò il Concilio Vaticano II suscitò interesse anche nei confronti del rito liturgico della consecratio virginum e dell’Ordo virginum. Dopo molti secoli dalla sua scomparsa e in un contesto storico radicalmente mutato, in cui erano in atto processi di profondo cambiamento della condizione femminile nella Chiesa e nella società, quell’antica forma di vita consacrata rivelava una sorprendente forza di attrazione e appariva capace di corrispondere non solo al desiderio di molte donne di dedicarsi totalmente al Signore e ai fratelli, ma anche alla contestuale riscoperta dell’identità propria della Chiesa particolare nella comunione dell’unico Corpo di Cristo.
Secondo la disposizione della Costituzione sulla liturgia Sacrosanctum Concilium n. 80, nel periodo postconciliare il rito della consecratio virginum presente nel Pontificale Romano fu sottoposto a revisione in base ai principi generali che il Concilio aveva stabilito per la riforma liturgica. Il nuovo Ordo consecrationis virginum, promulgato il 31 maggio 1970 dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino su speciale mandato di Papa Paolo VI, entrò in vigore il 6 gennaio 1971[9]. Riprendendo la più antica tradizione ecclesiale, e tenendo conto anche della successiva evoluzione storica, erano state elaborate ed approvate due forme celebrative. La prima è destinata alle donne che, rimanendo in saeculo, cioè nelle loro ordinarie condizioni di vita, vengono ammesse alla consacrazione dal Vescovo diocesano. La seconda è destinata alle monache di comunità in cui il rito è in uso, professe perpetue o che nella medesima celebrazione emettono la professione perpetua e ricevono la consecratio virginum.
7. In questo modo ha ritrovato esplicito riconoscimento ecclesiale la consacrazione verginale di donne che restano nel proprio ordinario contesto di vita, radicate nella comunità diocesana radunata attorno al Vescovo, nelle modalità dell’antico Ordo virginum, senza essere ascritte ad un Istituto di vita consacrata. Lo stesso testo liturgico e le norme in esso stabilite delineano negli elementi essenziali la fisionomia e la disciplina di tale forma di vita consacrata, il cui carattere istituzionale – proprio e distinto da quello degli Istituti di vita consacrata – è stato successivamente confermato dal Codice di Diritto Canonico (can. 604). In modo analogo, anche il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali ha esplicitato la possibilità che nelle Chiese Orientali il diritto particolare costituisca vergini consacrate che professano pubblicamente nel secolo la castità «per proprio conto», cioè senza vincoli di appartenenza ad un Istituto di vita consacrata (can. 570).
In conseguenza di ciò, nella riorganizzazione della Curia Romana attuata mediante la Costituzione Apostolica Pastor bonus, l’Ordo virginum è stato posto nell’ambito di competenza della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica[10].
Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica[11], la riflessione svolta in occasione del Sinodo dei Vescovi dedicato al tema « La vita consacrata e la sua missione nella Chiesa e nel mondo » e l’esortazione apostolica postsinodale Vita consecrata[12] (in particolare nel n. 7 e nel n. 42), hanno contribuito a chiarire la collocazione ecclesiale dell’Ordo virginum tra le altre forme di vita consacrata, dando rilievo al peculiare legame che si stabilisce tra le vergini consacrate e la Chiesa particolare e universale.
L’Istruzione Ripartire da Cristo: un rinnovato impegno della vita consacrata nel terzo millennio[13], ha quindi sottolineato l’esigenza che il Vescovo diocesano e il suo presbiterio rivolgano una particolare attenzione alle vergini consacrate.
Successivamente il Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi Apostolorum Successores[14], in continuità con l’antica tradizione ecclesiale, ha riaffermato che il Vescovo diocesano deve avere una particolare sollecitudine per l’Ordo virginum, in quanto le vergini sono consacrate a Dio attraverso le sue mani e sono affidate alla sua cura pastorale.
8. Da quando si è riproposta nella Chiesa questa forma di vita consacrata, si è assistito ad una vera e propria rifioritura dell’Ordo virginum, la cui vitalità si manifesta nella pluriforme ricchezza di carismi personali messi a servizio dell’edificazione della Chiesa e del rinnovamento della società secondo lo spirito del Vangelo. Il fenomeno appare di grande rilevanza, non soltanto per il numero delle donne coinvolte, ma anche per la sua diffusione in tutti i continenti, in moltissimi Paesi e Diocesi, in aree geografiche e contesti culturali tanto diversificati.
A ciò indubbiamente ha contribuito la traduzione dell’edizione tipica latina dell’Ordo consecrationis virginum nella maggior parte delle lingue correnti, a cura delle rispettive Conferenze Episcopali.
Numerosissimi Vescovi con il proprio magistero e l’azione pastorale hanno promosso e sostenuto l’Ordo virginum nelle loro Diocesi, valorizzando anche il contributo delle stesse vergini consacrate, che si sono sentite chiamate a riflettere sulla propria esperienza, sull’attualità di questa vocazione nella Chiesa e nel mondo di oggi e sulle attenzioni necessarie per permetterle di esprimersi secondo la propria originalità. Con gli stessi intendimenti, alcune Conferenze Episcopali hanno elaborato per i loro territori criteri e orientamenti comuni per la cura pastorale dell’Ordo virginum.
In sinergia con il magistero e l’azione dei Vescovi diocesani, la Sede Apostolica ha mantenuto un’attenzione costante nei confronti dell’Ordo virginum, ponendosi a servizio delle Chiese particolari, in modo da favorire la rinascita e lo sviluppo di questa forma di vita secondo le sue caratteristiche peculiari.
9. Il servizio alla comunione che il Successore di Pietro svolge anche riguardo all’Ordo virginum ha assunto particolare visibilità in occasione dei primi due incontri internazionali che hanno visto riunirsi a Roma vergini consacrate provenienti da numerosi Paesi. Da San Giovanni Paolo II nel 1995[15], e da Benedetto XVI nel 2008[16] le vergini consacrate hanno ricevuto preziosi insegnamenti per orientarsi nel loro cammino.
Un terzo incontro internazionale ha avuto luogo nel 2016, quando le vergini consacrate di tutto il mondo sono state invitate a Roma per partecipare alle giornate conclusive dell’Anno della vita consacrata indetto da Papa Francesco. Sotto la guida del Successore di Pietro, che ha sollecitato le persone consacrate in tutte le forme di vita a riscoprire i fondamenti comuni della vita consacrata, si è reso evidente come il caratteristico radicamento dell’Ordo virginum nelle Chiese particolari si armonizza con l’esperienza della comunione che le vergini consacrate sperimentano nell’orizzonte della Chiesa universale, rendendosi partecipi dell’unica missione ecclesiale.
10. Negli ultimi anni, da più parti sono giunte a questo Dicastero richieste di offrire indicazioni che orientino l’azione dei Vescovi diocesani nell’applicazione delle norme contenute nel Pontificale Romano e implicitamente richiamate dal can. 604 del Codice di Diritto Canonico, come pure nella definizione di una disciplina più completa e organica che, sulla base dei principi comuni al diritto della vita consacrata nelle sue varie forme, si precisi in riferimento alle peculiarità dell’Ordo virginum.
La rinnovata presenza di questa forma di vita consacrata nella Chiesa, la cui ricomparsa è così strettamente legata all’evento del Concilio Vaticano II, e la rapidità della sua crescita in tante Chiese particolari, rendono opportuno corrispondere a tali richieste, affinché nel necessario adeguamento ai diversi contesti culturali sia custodita l’identità specifica dell’Ordo virginum.
La presente Istruzione stabilisce i principi normativi e i criteri orientativi che i Pastori di ogni Diocesi e Chiesa particolare assimilata alla Diocesi dovranno applicare nella cura pastorale dell’Ordo virginum.
Dopo aver delineato il fondamento biblico e gli elementi tipici della vocazione e della testimonianza delle vergini consacrate (Prima Parte), l’Istruzione tratta della specifica configurazione dell’Ordo virginum nell’ambito della Chiesa particolare e della Chiesa universale (Seconda Parte), per poi soffermarsi sul discernimento vocazionale e gli itinerari per la formazione previa alla consacrazione e la formazione permanente (Terza Parte).
I.
La vocazione
e la testimonianza
dell’Ordo virginum
Il fondamento biblico della verginità consacrata
11. Siate fecondi e moltiplicatevi è il comando, rivolto dal Creatore alla prima coppia (Gen 1, 28) e ribadito a Noè e ai suoi figli (Gen 9, 1.7). Esso impregna profondamente la mentalità ebraica e tutto il tessuto dell’Antico Testamento e viene collegato alla promessa di una posterità numerosa e al compimento dei tempi messianici. Il matrimonio, possibilmente ricco di figli, appare quindi come il profilo ideale di ogni pio israelita ed uno stile di vita diverso risulta estraneo alla mentalità biblica.
Nel Pentateuco e nei Libri storici l’astensione sessuale è richiesta solo come condizione temporanea di distacco da ciò che è profano, in vista dell’accesso alla sfera di ciò che è raggiunto dalla santità di Dio: ad esempio per prepararsi all’incontro col Signore al Sinai (Es 19, 15) o alla guerra contro i nemici del Signore (1 Sam 21, 2-7), o durante il servizio cultuale da parte dei leviti (Lv 22, 1-9) o per poter partecipare ad un pasto sacro (1 Sam 21, 5). La verginità viene stimata come una qualità positiva solo in relazione al futuro matrimonio e con esplicito riferimento alla condizione della donna (Dt 22, 13-21), in quanto rappresenta l’intimità che è riservata allo sposo. In particolare, al sommo sacerdote è imposto di sposare una vergine per ragioni di purità rituale (Lv 21, 10-14). La verginità perpetua invece viene considerata una grande umiliazione (vedi la figlia di Iefte in Gdc 11, 37), mentre la sterilità fisica è sopportata con grande sofferenza morale (vedi Rachele in Gen 30, 23; Anna in 1 Sam 1, 11; Elisabetta in Lc 1, 25).
12. L’esaltazione dell’amore sponsale – che raggiunge il suo vertice poetico nel Cantico dei Cantici – negli Scritti sapienziali si radica nell’ideale di vita familiare ereditato dalla tradizione, contemplato nella sua bellezza (ad esempio: Sal 127, 3-5; 128, 1-3; Sir 25, 1) e riproposto in prospettiva morale e pedagogica (ad esempio: Pr 5, 15-19; Sir 7, 23-28; 9, 1.9). La verginità è apprezzata come virtù della donna da custodire e da rispettare in vista del matrimonio, in quanto prova della sua rettitudine e dell’onore della sua famiglia (Gb 31, 1; Sir 9, 5; 42, 10), al punto che, personificando la Sapienza divina, il libro del Siracide la raffigura come vergine sposa che si dona a chi teme il Signore (Sir 15, 2). E poiché la virtù è gradita a Dio, appare anche l’intuizione che nelle buone opere vi è una fecondità spirituale che riscatta dalla mortalità persino la donna sterile, chi è impossibilitato a costituirsi una famiglia o è privo di discendenza (Sap 3, 13-14; 4, 1).
13. A partire dalla predicazione di Osea – strettamente collegata alla sua sofferta esperienza personale – la metafora sponsale compare nei Libri profetici per dare risalto alla totale gratuità dell’elezione e la instancabile fedeltà di Dio all’alleanza (Os 1-2; Ez 16; 23), mentre il popolo cede alla seduzione di altre divinità e dei loro culti.
In questo quadro simbolico, più volte l’intero popolo di Dio viene paragonato o personificato con la figura di una vergine: ora per denunciarne l’idolatria che lo espone al rischio di scomparire, come una vergine che muore senza discendenza (Am 5, 2); ora per dar voce al lamento per la sua rovina (Lam 2, 13); ora per invitarlo al pentimento (Ger 31, 21). Ma talvolta anche per far risuonare la promessa della redenzione con cui Dio riscatterà Israele dalla devastazione e dall’abbandono, affinché ritrovi la gioia di riconoscersi amato con amore eterno (Ger 31, 4.13; Is 62, 5).
Anche il celibato di Geremia – l’unico a cui Dio ordina esplicitamente di non prendere moglie – costituisce un annuncio profetico del castigo che sta per abbattersi sul popolo (Ger 16, 2). Esso è uno strumento espressivo della parola di Dio, un simbolo di morte o meglio una personificazione dolorosa del suo messaggio di giudizio che annuncia la distruzione imminente come punizione per l’infedeltà del popolo nei confronti di Dio.
14. Nel pensiero rabbinico il celibe viene ritenuto un uomo senza aiuto, senza gioia, senza benedizione (Bereshit Rabba 17, 2) assimilato a uno che sparge sangue o che diminuisce l’immagine divina (Trattato Yevamot del Talmud di Babilonia 63b). Tuttavia tra i rabbini e alcuni gruppi religiosi, come esseni e terapeuti, e nella nota comunità di Qumran, appaiono delle eccezioni.
Alle soglie del Nuovo Testamento ci è presentata poi la figura di Giovanni Battista che si definisce amico dello Sposo (Gv 3, 29) e che con la sua vita di ascesi e la predicazione prepara la venuta del Messia e l’irruzione del Regno di Dio.
15. Nel Nuovo Testamento il celibato entra in scena e si presenta come profezia incarnata del già e non ancora del Regno di Dio che trae la sua origine e ragion d’essere proprio dalla novità dell’irruzione del Regno nella storia. Dal momento che il Regno di Dio nei Vangeli si identifica con la predicazione, le opere e la persona stessa di Gesù, la motivazione del celibato assume un carattere fortemente cristocentrico. I Vangeli dell’infanzia di Matteo (1, 18-25) e soprattutto di Luca (1, 26-38) presentano la novità della verginità (carnis et cordis) della madre di Gesù, segno visibile dell’incarnazione invisibile del Figlio di Dio ed espressione sponsale dell’alleanza con Dio, cui è chiamato tutto il popolo dei credenti. I Vangeli inoltre ci presentano Gesù come un predicatore itinerante che, libero da ogni legame (Mt 8, 19-20), manifesta l’urgenza del Regno ormai presente e chiama alla fede e alla conversione. Lo stile itinerante di Gesù comporta, infatti, un costante allontanamento da luoghi e persone e non si adatta alle necessità di una vita familiare, dove l’interesse di un membro è fortemente connesso all’interesse di tutti gli altri membri, tanto da dare origine a una solidarietà forte e alla politica delle parentele.
Pur essendoci vari riferimenti ai familiari di Gesù, non si riscontra mai nei Vangeli un’allusione ad una moglie o a dei figli (Mc 3, 31-32; 6, 3; Gv 6, 42; At 1, 14). Gesù infatti chiama figli o figlioli i suoi discepoli (tékna, Mc 10, 24; teknía, Gv 13, 33; paidía, Gv 21, 5), lasciando cogliere la realtà di una filiazione di tipo spirituale. In occasione della visita dei suoi familiari venuti a vederlo (Mt 12, 47; Mc 3, 31; Lc 8, 20) o addirittura a prenderlo per ricondurlo a casa (Mc 3, 21), egli annuncia il costituirsi della sua nuova famiglia, che non si fonda su vincoli di sangue, ma su una realtà spirituale espressa mediante il desiderio di compiere la volontà di Dio (Mt 12, 50; Mc 3, 31-35) o di ascoltare la parola del Signore e metterla in pratica (Lc 8, 21). Questa ulteriore nascita o rinascita nello Spirito, che va al di là della carne e del sangue, è attestata anche nel Prologo di Giovanni (Gv 1, 12-13) e in occasione del dialogo tra Gesù e Nicodemo (Gv 3, 3-8).
Gesù abbraccia liberamente una vita senza legami e obblighi familiari, per potersi dedicare totalmente all’annuncio del Regno e alla realizzazione del disegno d’amore del Padre nei confronti dell’umanità. La libertà radicale dai legami che Gesù incarna, la richiede anche a chi lo segue: egli chiede di lasciare (afíemi, in tutti e tre i sinottici) tutto (panta: Mt 19, 27; Mc 10, 28) o i beni (ta idia: le cose intime, la propria area di intimità, Lc 18, 28) e questo comporta anche lasciare oltre a genitori, fratelli, sorelle, anche moglie (gyne-´: Lc 18, 29) o figli (tékna: Mt 19, 29; Mc 10, 29; Lc 18, 29). Ai suoi discepoli parla di eunuchia come di una condizione assolutamente nuova, da comprendere non come mortificazione o atteggiamento di disprezzo nei confronti della donna, ma come un dono particolare concesso da Dio a coloro che vi sono chiamati.
Si ricordi il famoso logion: Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso (Mt 19, 11). Da un punto di vista grammaticale l’espressione ai quali è stato concesso (dédotai) corrisponde ad un passivo divino e significa: coloro ai quali Dio lo ha concesso. Solo coloro che entrano nella comprensione del mistero del Regno inaugurato dal Cristo sono in grado di capire questo dono che richiede una scelta volontaria, libera, e che ha una motivazione di ordine teologico ed escatologico, essendo per il Regno dei cieli (Mt 19, 12).
Il celibato si presenta così come una scelta libera, che accade anche in quello spazio relazionale che è il corpo, e con la quale si risponde al Dio dell’amore che chiama e si rivela nel volto del Cristo[17]. Esso non è fuga dalla relazione, né frutto di uno sforzo disumano, ma dono che appartiene al dinamismo della trasfigurazione della relazionalità che contraddistingue lo stile inaugurato da Gesù: la fraternità evangelica, base di un’umanità riconciliata e fondamento della koino-nía su cui poggia la vita della Chiesa[18].
L’annuncio del Regno dischiude così ai discepoli una situazione escatologica nuova, dinanzi alla quale tutto passa in secondo piano (Mt 10, 37; Lc 14, 26; Mt 19, 27-29; Mc 10, 28-30; Lc 18, 29). In Mt 22, 23-33; Mc 12, 18-27 e Lc 20, 27-40, dove si parla della condizione escatologica dei risorti, si mostra infatti come la scelta del celibato e della verginità a motivo di Cristo e del Vangelo collochino già i discepoli – con una funzione simbolica e anticipatrice – nella realtà del Regno[19].
16. Scrivendo ai Corinzi, Paolo affianca al matrimonio la verginità presentandola non attraverso il registro del comando, ma come un consiglio (1 Cor 7, 25), una chiamata personale di Dio, un carisma (1 Cor 7, 7). La caratterizza come quello stato di vita che consente una maggiore dedizione al Signore (1 Cor 7, 32-35), testimonianza della non appartenenza dei cristiani a questo mondo, segno della tensione della Chiesa verso la meta finale e anticipazione dello stato di risurrezione (1 Cor 7, 29.31). L’accento non è messo sullo stato fisico, ma sulla dedizione totale della persona a Cristo e sul servizio per il Regno. In tal senso la comunità stessa è, agli occhi di Paolo, la vergine che egli, in qualità di padre, ha fidanzato a Cristo perché, custodendo integra la fede suscitata dalla predicazione apostolica, indirizzi a Lui tutte le sue energie e la sua dedizione (2 Cor 11, 2-4).
Nella Gerusalemme celeste tutti gli eletti sono chiamati vergini (Ap 14, 4), a esprimere la loro fedeltà all’alleanza, il loro non essersi contaminati con gli idoli. Nel libro dell’Apocalisse la verginità appare come il segno di riconoscimento dell’appartenenza alla città celeste, alla sposa dell’Agnello (Ap 21, 2.9).
Se Gesù, il consacrato per eccellenza, vive la sua consacrazione non in termini di separazione dal profano o dall’impuro in adempimento alle prescrizioni legali, ma di accoglienza del corpo che il Padre gli ha dato e di dono di sé sulla croce, il suo corpo è il luogo concreto e il segno realizzativo della sua consacrazione al disegno del Padre (Eb 10, 5-10). Così accade anche per chiunque imbocchi la strada del celibato o della verginità: il corpo diventa parola, annuncio di appartenenza totale al Signore e di servizio gioioso ai fratelli e alle sorelle.
17. La verginità cristiana si pone così nel mondo come segno manifesto del Regno futuro perché la sua presenza rivela la relatività dei beni materiali e la transitorietà del mondo stesso. In questo senso, come il celibato del profeta Geremia, essa è profezia della fine imminente, ma al tempo stesso, in forza del legame sponsale con Cristo, annuncia anche l’inizio della vita del mondo futuro, il mondo nuovo secondo lo Spirito. Il segno, così, come accade nella visione biblica, non è un riferimento puramente convenzionale o la pallida immagine di una realtà lontana, ma la realtà stessa nella sua manifestazione incipiente. Nel segno è contenuta, anche se ancora nascosta, la realtà futura.
La verginità consacrata si colloca perciò nell’orizzonte di una sponsalità, che non è teogamica (vale a dire di matrimonio con la divinità) ma teologale, cioè battesimale, perché riguarda l’amore sponsale di Cristo per la Chiesa (cf. Ef 5, 25-26). Si tratta di una realtà salvifica soprannaturale e non solo umana, che non può essere spiegata con la logica della ragione ma con la fede, perché – come ricorda la Scrittura – Tuo sposo è il tuo creatore (Is 54, 5). Essa è una delle grandi opere dell’ordine nuovo inaugurato con la Pasqua di Cristo e l’effusione dello Spirito, esperienza difficile da comprendere per l’uomo carnale e comprensibile solo a chi si lascia istruire dallo Spirito di Dio (cf. 1 Cor 2, 12-13).
Il carisma e la vocazione
18. Le donne in cui lo Spirito suscita il carisma della verginità (Mt 19, 11-12) ricevono la grazia di una particolare vocazione, con cui Dio Padre le attrae al cuore dell’alleanza nuziale (Ap 19, 7-9) che nel suo eterno disegno di amore ha voluto stabilire con l’umanità e che si è compiuta nell’Incarnazione e nella Pasqua del Figlio.
È questo il mistero grande (Ef 5, 32) che si attualizza nella Chiesa, la Sposa per cui Cristo ha dato se stesso, al fine di renderla santa e immacolata (Ef 5, 25-27), sacramento della comunione di Dio con gli uomini[20].
Da tale mistero nuziale, in cui sono immersi tutti i battezzati, gli sposi cristiani attingono la grazia del sacramento che li fortifica nella loro unione (Ef 5, 28-29).
Ad esso, per la loro particolare vocazione, attingono anche le donne che nella Chiesa ricevono la consacrazione verginale: per amore di Cristo, sommamente amato, rinunciano all’esperienza del matrimonio umano per essere a Lui congiunte con un legame sponsale, sperimentare e testimoniare nella condizione verginale (1 Cor 7, 34) la fecondità di tale unione, anticipare la realtà della comunione definitiva con Dio cui tutta l’umanità è chiamata (Lc 20, 34-36).
Il propositum, la consacrazione e lo stato di vita
19. Questa realtà spirituale è significata e resa operante nella celebrazione liturgica della consecratio virginum, con cui la Chiesa implora sulle vergini la grazia di Dio e l’effusione dello Spirito Santo[21].
In tale rito le consacrande esprimono il sanctum propositum, cioè la ferma e definitiva volontà di perseverare per tutta la vita nella castità perfetta e nel servizio di Dio e della Chiesa, seguendo Cristo come propone il Vangelo per rendere al mondo una viva testimonianza di amore ed essere segno manifesto del Regno futuro[22].
Il propositum delle consacrande viene accolto e confermato dalla Chiesa attraverso la solenne preghiera del Vescovo, il quale invoca ed ottiene per loro l’unzione spirituale che stabilisce il vincolo sponsale con Cristo e a nuovo titolo le consacra a Dio[23].
In questo modo, le vergini sono costituite persone consacrate, segno sublime dell’amore della Chiesa verso Cristo, immagine escatologica della Sposa celeste e della vita futura[24]. L’appartenenza esclusiva a Cristo, sancita col vincolo nuziale, mentre alimenta in loro la vigile attesa del ritorno dello Sposo glorioso (Mt 25, 1-13), le associa in modo peculiare al suo sacrificio redentore e le dedica alla edificazione e alla missione della Chiesa nel mondo (Col 1, 24).
20. Nella esistenza delle vergini consacrate si riflette la natura della Chiesa, animata dalla carità tanto nella contemplazione quanto nell’azione; discepola e missionaria; protesa verso il compimento escatologico e allo stesso tempo partecipe delle gioie, delle speranze, delle tristezze e delle angosce degli uomini del proprio tempo[25], soprattutto dei più fragili e poveri; immersa nel mistero della trascendenza divina e incarnata nella storia dei popoli.
Per questo motivo, la consacrazione stabilisce uno speciale rapporto di comunione con la Chiesa particolare e universale[26], definito da un peculiare vincolo, che determina l’acquisizione di un nuovo stato di vita e le introduce nell’Ordo virginum[27].
La configurazione istituzionale e la cura pastorale di questa forma di vita hanno quindi come mediazione necessaria il ministero del Vescovo diocesano o, in una Chiesa particolare assimilata alla Diocesi[28], il ministero del Pastore che la presiede, in comunione con il Successore di Pietro.
La fisionomia spirituale
21. Come ogni vocazione cristiana, la vocazione delle vergini consacrate nell’Ordo virginum è esperienza del dialogo tra la grazia divina e la libertà umana. La dedizione di sé da parte della vergine infatti è preceduta, sostenuta e portata a compimento dalla iniziativa libera e gratuita di Dio, sul fondamento della vocazione battesimale e nella trama generativa e fraterna delle relazioni ecclesiali[29]. Essa può essere compresa, perciò, soltanto a partire dall’unità radicale del popolo di Dio, derivata dall’unico Spirito e fondata sugli apostoli, che risplende nella varietà dei carismi e dei ministeri, tutti complementari tra loro e tutti capaci di contribuire all’unica missione della Chiesa (Rm 12, 4-5).
22. Come nella più antica tradizione ecclesiale, la fisionomia spirituale delle consacrate appartenenti all’Ordo virginum si qualifica per il radicamento nella Chiesa particolare radunata attorno al Vescovo suo pastore, ed è delineata, specialmente nel rito di consacrazione, avendo quale riferimento primario il modello della Chiesa vergine per l’integrità della fede, sposa per l’indissolubile unione con Cristo, madre per la moltitudine di figli generati alla vita di grazia[30].
Verginità, sponsalità e maternità[31] sono tre prospettive che permettono di descrivere l’esperienza spirituale delle vergini consacrate: non si riferiscono a caratteristiche giustapposte o assommate tra loro, ma a dinamiche spirituali che si inverano l’una nell’altra, e che si iscrivono nelle coordinate fondamentali della vita battesimale, per cui le consacrate sono figlie della Chiesa e sorelle legate a tutti gli uomini e le donne da vincoli di fraternità.
23. La verginità delle consacrate trova fondamento e significato nella fede della Chiesa: è infatti vissuta alla luce di Cristo e per amor suo e rimanda all’accoglienza integrale, senza limitazioni e senza compromessi, della rivelazione trinitaria che in Lui si è compiuta in modo definitivo[32]. In essa si esprime l’affidamento totale al Signore Gesù, che raggiunge la persona al cuore della sua umanità, nella sua solitudine originaria, proprio là dove è indelebilmente impressa l’immagine e la somiglianza con Dio e dove, nonostante ogni caduta e ferita del peccato, si può rinnovare la vita secondo lo Spirito. Il carisma della verginità, accolto dalla donna e confermato dalla Chiesa mediante la consacrazione, è dono che proviene dal Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito: esso custodisce, purifica, sana ed eleva la capacità di amare della persona, riconducendo ad unità ogni frammento della sua storia e le diverse dimensioni della sua umanità – spirito, anima e corpo –, perché possa corrispondere alla grazia con la dedizione integrale, libera e gioiosa della propria esistenza.
24. Per questo la verginità cristiana è esperienza dell’unione sponsale intima, esclusiva, indissolubile, con lo Sposo divino che si è donato all’umanità senza riserve e per sempre, e in questo modo si è acquistato un popolo santo, la Chiesa. Iscritta nella creatura umana come capacità di vivere la comunione nella differenza tra uomo e donna, per le vergini consacrate la sponsalità è esperienza della trascendenza e della sorprendente condiscendenza di Dio; la consacrazione si compie attraverso il patto di alleanza e di fedeltà che unisce la vergine al Signore in mistiche nozze, per rendere sempre più profonda e piena la partecipazione ai suoi sentimenti e la conformazione alla sua volontà di amare.
25. L’unione sponsale rivela così la sua capacità generativa, in cui si manifesta l’eccedenza della grazia divina[33]. Ad imitazione della Chiesa, di cui sono figlie, le vergini consacrate si aprono al dono della maternità spirituale rendendosi cooperatrici dello Spirito. La maternità spirituale è il dono di un’interiorità feconda e ospitale, che nei rapporti con gli altri si fa premurosa e coraggiosa custode della dignità umana; è sapienza educativa che cerca di offrire le condizioni favorevoli per l’incontro con Dio, introduce e accompagna il cammino lungo le vie dello Spirito.
26. La più splendida e armonica integrazione di verginità, sponsalità e maternità, si è realizzata nella persona della Vergine Maria[34], primizia dell’umanità rinnovata in Cristo, icona perfetta della Chiesa mistero di comunione, donna in cui si è già compiuto il destino di gloria a cui tutta l’umanità è chiamata, « madre del Vangelo vivente »[35]. Nella Kecharitoméne – colei che è stata colmata di grazia (Lc 1, 28) – la Chiesa ha sempre riconosciuto la Virgo virginum, il prototipo insuperabile della verginità consacrata[36]. Maria è per questo madre, sorella e maestra delle vergini consacrate. In lei le consacrate trovano il modello degli atteggiamenti del cuore: nell’ascolto e nell’accoglienza della Parola di Dio (Lc 8, 21); nella ricerca attiva della sua volontà; nell’avanzare nella peregrinazione della fede (Gv 2, 1-5)[37] « verso un destino di servizio e fecondità »[38]; nella sua disponibilità totale e gratuita a compiere il progetto di Dio, « contemplativa del mistero di Dio nel mondo, nella storia e nella vita quotidiana di ciascuno e di tutti »[39]; nella sua maternità verginale (Lc 1, 38); nella sua capacità di essere « donna orante e lavoratrice a Nazaret […] nostra Signora della prontezza, colei che parte dal suo villaggio per aiutare gli altri “senza indugio” (Lc 1, 39) »[40]; nel suo stare ai piedi della croce sperando contro ogni speranza (Gv 19, 25), nel suo prendersi cura della Chiesa nascente (At 1, 14).
La forma di vita
Sequela evangelica e carismi personali
27. Le consacrate trovano nel Vangelo la fonte inesauribile della gioia che dà senso alla vita, l’orientamento del loro cammino e la sua regola fondamentale[41]. Mettendosi alla sequela di Cristo abbracciano il suo stile di vita casto, povero e obbediente[42], e si dedicano alla preghiera, alla penitenza, alle opere di misericordia e all’apostolato, ciascuna secondo i propri carismi[43].
Poiché nell’Ordo virginum la vocazione alla verginità si armonizza con i carismi che danno forma concreta alla testimonianza e al servizio ecclesiale di ciascuna consacrata[44], al suo interno vengono portati a maturazione, cioè alla espressione di una totale e piena dedizione al Signore, differenti sensibilità, intuizioni spirituali, progetti e stili di vita[45].
28. Perché i carismi personali possano essere riconosciuti, accolti e vissuti nella loro autenticità, le consacrate si lasciano accompagnare e sostenere dalla Chiesa nell’esercizio costante di un umile discernimento, volto a comprendere quale sia la volontà di Dio per la loro vita (Rm 12, 2). Si tratta di interpretare con intelligenza e sapienza evangelica l’esperienza spirituale di ciascuna consacrata, tenendo conto della sua vicenda biografica e collocandola nel concreto contesto ecclesiale e sociale in cui vive.
Tra gli aiuti che la Chiesa raccomanda per il discernimento, le consacrate non trascurano l’accompagnamento spirituale[46]. Il dialogo sincero, docile e adulto con una persona prudente e sperimentata che eserciti questo ministero offre a ciascuna preziose occasioni di approfondimento, di verifica, di conferma e propone strumenti qualificati per crescere nella risposta al Signore che chiama alla santità e nell’armonia della persona.
In continuità con il percorso del discernimento vocazionale che ha portato all’ammissione alla consacrazione, per gli orientamenti che riguardano gli aspetti più importanti del loro progetto di vita le consacrate si confrontano con il Vescovo diocesano in atteggiamento di filiale obbedienza e verificano con lui le scelte compiute[47].
Preghiera e cammino di ascesi
29. La preghiera è per le consacrate una esigenza di amore per «rimirare la bellezza di Colui che le ama»[48], e di comunione con l’Amato e con il mondo in cui sono radicate.
Per questo amano il silenzio contemplativo[49], che crea le condizioni favorevoli per ascoltare la Parola di Dio e conversare con lo Sposo cuore a cuore. Desiderose di approfondire la conoscenza di Lui e il dialogo della preghiera, acquisiscono familiarità con la rivelazione biblica, soprattutto attraverso la lectio divina e lo studio approfondito delle Scritture[50].
30. Riconoscono nella liturgia il luogo sorgivo della vita teologale, della comunione e della missione ecclesiale, e lasciano che la loro spiritualità prenda forma a partire dalla celebrazione dei Sacramenti e della Liturgia delle Ore in obbedienza al ritmo proprio dell’anno liturgico, in modo che trovino unità e orientamento anche le altre pratiche di preghiera, il cammino di ascesi e l’intera loro esistenza.
31. Per le vergini consacrate l’anno liturgico è la via maestra da percorrere insieme ai fratelli per camminare incontro a Cristo Sposo. Si affidano perciò alla pedagogia della Chiesa che le guida nella comprensione, celebrazione e assimilazione sempre più profonda dei misteri di Cristo.
32. Al centro della loro esistenza pongono l’Eucaristia, sacramento dell’Alleanza sponsale da cui sgorga la grazia della loro consacrazione[51]. Chiamate a vivere l’intimità con il Signore, l’immedesimazione con Lui e la conformazione a Lui, nella partecipazione possibilmente quotidiana alla celebrazione eucaristica ricevono il Pane di vita dalla mensa della Parola di Dio e del Corpo di Cristo[52].
Manifestano l’amore della Chiesa Sposa per l’Eucaristia anche nella preghiera di adorazione del Corpo eucaristico del Signore, e da Lui attingono la carità operosa verso le membra del suo Corpo mistico.
33. La celebrazione frequente del sacramento della Riconciliazione «permette loro di toccare con mano la grandezza della misericordia », è « fonte di vera pace interiore »[53], e le riconduce all’unico Amore della loro vita. Ricorrendo con fiducia al ministero della Chiesa, celebrano e lodano l’amore preveniente e risanante di Dio, riconoscono le proprie colpe, rinnovano la professione di fede nella sua misericordia e gustano la gioia del perdono, che dà loro nuovo vigore nel cammino di conversione e di fedeltà al Signore[54].
34. Con la fedeltà quotidiana all’Ufficio divino, che hanno ricevuto come dono e hanno assunto come impegno nel rito di consacrazione, prolungano nel tempo la memoria della salvezza e lasciano che rifluisca e si distenda in ogni ora della loro vita la straordinaria ricchezza del mistero pasquale. Nella celebrazione della Liturgia delle Ore, in particolare delle Lodi e dei Vespri[55], fanno risuonare in sé e assimilano i sentimenti di Cristo, uniscono la loro voce a quelladi tutta la Chiesa e presentano al Padre il grido di gioia e di dolore, spesso inconsapevole, che si eleva dall’umanità e dalla creazione intera.
35. Per approfondire e ravvivare il rapporto con il Signore Gesù riservano tempi adeguati ai ritiri e agli esercizi spirituali. Valorizzano anche forme e metodi di preghiera che appartengono alla tradizione della Chiesa, compresi i pii esercizi e altre espressioni della pietà popolare.
Coltivano una devozione colma di affetto e di confidenza filiale nei confronti della Vergine Maria, «maestra della verginità»[56], modello e patrona di ogni vita consacrata[57], da cui ogni giorno imparano a magnificare il Signore.
36. Mosse dal desiderio di corrispondere all’amore dello Sposo con un amore sempre più puro e generoso, attingono dalla preghiera ispirazione per le loro scelte; esercitano una costante vigilanza sui propri comportamenti e atteggiamenti; accettano con serenità i sacrifici che la vita quotidiana impone loro; lottano contro le tentazioni, i pensieri, le suggestioni e le vie che portano al male; imparano a ricevere con umiltà l’aiuto della correzione fraterna.
Accolgono le pratiche penitenziali proposte dalla Chiesa, e, in accordo con l’accompagnatore spirituale, ciascuna individua le forme o pratiche ascetiche[58] che la aiutano a crescere nella libertà e nelle virtù evangeliche, in un atteggiamento di discernimento e conversione[59] che dura tutta la vita[60].
Condizioni di vita e stile di prossimità e servizio
37. Caratteristico di questa forma di vita è il radicamento delle consacrate nella Chiesa particolare e quindi in un determinato contesto culturale e sociale: la consacrazione le riserva a Dio senza estraniarle dall’ambiente nel quale vivono e nel quale sono chiamate a rendere la propria testimonianza[61].
Possono vivere da sole, in famiglia, insieme con altre consacrate o in altre situazioni favorevoli alla espressione della loro vocazione e all’attuazione del loro concreto progetto di vita. Provvedono al proprio sostentamento con i frutti del proprio lavoro e le risorse personali.
38. Desiderose di irradiare la dignità e la bellezza della loro vocazione secondo uno stile di prossimità alla gente del proprio tempo, nel modo di vestire mantengono le consuetudini dell’ambiente in cui vivono, coniugando secondo le esigenze della loro condizione sociale il decoro e l’espressione della propria personalità con il valore della sobrietà[62].
Salvo motivate eccezioni, portano l’anello che viene loro consegnato durante il rito di consacrazione come segno dell’alleanza sponsale con Cristo Signore.
Nei luoghi in cui le donne cristiane sposate non sono solite coprire il capo con un velo, di norma non indossano come elemento ordinario del proprio abbigliamento il velo che possono aver ricevuto durante il rito di consacrazione e si attengono alle indicazioni del Vescovo diocesano o delle Conferenze Episcopali, che, tenendo conto dei diversi contesti e delle evoluzione delle condizioni socio-culturali, possono ammetterne l’uso nelle celebrazioni liturgiche o in altre situazioni in cui risulti appropriato l’uso di questo segno visibile della loro totale dedizione al servizio di Cristo e della Chiesa.
39. La loro dedicazione alla Chiesa si manifesta nella «missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare »[63], nella passione per l’annuncio del Vangelo, per l’edificazione della comunità cristiana e per la sua testimonianza profetica di comunione fraterna, di amicizia offerta a tutti, di prossimità premurosa verso i bisogni spirituali e materiali degli uomini del proprio tempo, di impegno nel perseguire il bene comune della società[64].
Questo le porta a discernere le forme concrete del loro servizio ecclesiale, che può esprimersi anche nella disponibilità ad assumere ministeri e incarichi pastorali.
In questa linea, poiché l’intelligenza del mistero di Cristo agevola la comprensione dei ministeri della Chiesa, è importante che in loro giunga a maturazione nella preghiera e nella meditazione, come pure nella concreta sperimentazione, una profonda e corretta consapevolezza ministeriale, rispettosa della misteriosa saggezza evangelica ed ecclesiale, che si esplicita anche nelle disposizioni dei Vescovi diocesani e delle Conferenze Episcopali. Educandosi alla scuola di questa saggezza, impareranno ad accogliere, anche attraverso l’esperienza, sia i suggerimenti che emergono dalla vita della Chiesa, che è mistero e comunione, sia «tutte le possibilità evangeliche nascoste, ma già presenti e operanti nelle realtà del mondo»[65], così da riconoscere le nuove opportunità che formano una nuova coscienza ministeriale, corrispondente all’effettiva capacità del loro generoso donarsi.
Attente a cogliere gli appelli che vengono dal contesto in cui vivono e sollecite nel mettere a disposizione del Signore i doni da Lui ricevuti, sono chiamate a dare il proprio contributo per rinnovare la società secondo lo spirito del Vangelo, accettando senza ingenuità o riduzionismi l’impegno della elaborazione culturale della fede e assumendo come propria la predilezione della Chiesa per i poveri, i sofferenti, gli emarginati[66].
40. Consapevoli di tali responsabilità, scelgono l’attività lavorativa in base alle proprie attitudini, inclinazioni ed effettive possibilità, riconoscendovi una modalità concreta con cui testimoniare che Dio chiama l’umanità a collaborare alla sua opera creatrice e redentrice, per renderla intimamente partecipe dell’amore con cui attira a sé il mondo e l’intera sua storia.
Nelle gratificazioni e nelle fatiche che il lavoro comporta, le consacrate affinano la capacità di contemplare e promuovere il senso più originario e profondo dell’attività umana: contribuire a rendere il mondo una casa ospitale per tutti, aperta ad accogliere la manifestazione del Regno di Dio. Per questo si impegnano affinché nell’ambito lavorativo si realizzi quel «multiforme sviluppo personale » che coinvolge « la creatività, la proiezione nel futuro, lo sviluppo delle capacità, l’esercizio dei valori, la comunicazione con gli altri, un atteggiamento di adorazione »[67], curando di acquisire una professionalità competente, aggiornata e responsabile, e contrastando tutto ciò che degrada ed offusca la dignità dell’operosità umana.
41. Si lasciano educare al senso della gratitudine per l’opera di Dio[68], alla contemplazione colma di lode, al gusto della bellezza, al senso della festa e del riposo[69], alla cura di tutte le dimensioni della persona.
Imparano dallo Sposo, mite e umile di cuore (Mt 11,29), a vivere nella speranza e nell’abbandono a Dio anche il progredire nell’età attraverso le successive fasi della vita, la malattia, la sofferenza morale, e le altre situazioni in cui sperimentano la drammaticità, la fragilità e la precarietà dell’esistenza[70].
Accogliendo sino alla fine l’amore sponsale del Crocifisso Risorto, a Lui si affidano per vivere anche nella morte il senso pasquale dell’esistenza.
A tutti richiamano, con la propria consacrazione, che l’origine, il senso e la destinazione della storia umana si trovano nel mistero santo di Dio, nella sua bontà infinita, preveniente e misericordiosa, nell’amore di cui vuole fare partecipi tutte le creature.
II.
La configurazione
dell’Ordo virginum
nelle Chiese particolari
e nella Chiesa universale
Radicamento nella Diocesi
42. Chiamate a far risplendere nella loro esistenza la carità che è principio dell’unità e della santità dell’intero corpo della Chiesa, le donne che ricevono questa consacrazione restano radicate nella porzione del popolo di Dio in cui già vivono e in seno alla quale si è compiuto il discernimento vocazionale e la preparazione alla consacrazione. A questa Chiesa particolare sono infatti legate da uno speciale vincolo di amore e di appartenenza reciproca.
La Chiesa particolare, nelle sue diverse componenti, è chiamata ad accogliere la vocazione delle consacrate, accompagnare e sostenere il loro cammino, riconoscendo che la consacrazione verginale e i carismi personali di ciascuna consacrata sono doni per l’edificazione della comunità e la missione ecclesiale.
43. Le consacrate coltivano il senso di riconoscenza per tutti i doni che, nella comunione dei santi, hanno ricevuto e che continuano a ricevere attraverso la vita della Chiesa particolare in cui vivono: la fede nel Signore Gesù, la consacrazione verginale, la condivisione di una storia di santità incarnata in una tradizione spirituale, sviluppatasi in rapporto alla cultura e alle istituzioni di una concreta comunità umana, che abita un determinato territorio.
Prestano costante attenzione al magistero del Vescovo diocesano e si lasciano interpellare dalle sue scelte pastorali, per accoglierle responsabilmente, con intelligenza e creatività.
Portano nella loro preghiera le necessità della Diocesi, e in particolare le intenzioni del Vescovo.
Riconoscono come dono dello Spirito la testimonianza delle altre vocazioni che arricchiscono la vita della comunità cristiana e valorizzano le occasioni di reciproca edificazione e di cooperazione pastorale, missionaria e caritativa[71].
Con la propria sensibilità femminile[72] offrono un prezioso contributo di esperienza e riflessione al discernimento evangelico che in ogni tempo la comunità cristiana è chiamata ad operare circa il modo di essere presente e agire nel concreto contesto sociale.
Comunione e corresponsabilità nell’Ordo virginum diocesano
44. L’appartenenza all’Ordo virginum implica un forte vincolo di comunione tra tutte le consacrate presenti in Diocesi. Esse si riconoscono reciprocamente come le sorelle più prossime, con cui condividono la medesima consacrazione e un’ardente passione per il cammino della Chiesa. Per questo accolgono come un dono lo spirito di comunione e si impegnano a farlo crescere coltivando la stima vicendevole, valorizzando i doni di ciascuna, promuovendo l’amicizia e rendendosi attente a particolari situazioni di bisogno (Rm 12, 10.13.15-16). Mantengono vivo il legame con le sorelle defunte attraverso la preghiera e custodiscono la memoria della loro testimonianza di amore e fedeltà al Signore.
45. Le consacrate partecipano in modo attivo alle iniziative formative concordate con il Vescovo e collaborano, per quanto possibile, alla formazione delle aspiranti e delle candidate alla consacrazione.
Tenendo conto del numero delle consacrate e delle concrete circostanze, individuano con il Vescovo diocesano le modalità con cui porre in essere un servizio di comunione, che favorisca la conoscenza reciproca e il collegamento stabile tra loro, promuova l’esercizio della corresponsabilità con stile sinodale[73] e dia continuità e organicità alle iniziative comuni, senza stabilire vincoli di subordinazione gerarchica tra le consacrate.
Come articolazioni del servizio di comunione, si potranno istituire anche un servizio o équipe per il discernimento vocazionale e la formazione previa alla consacrazione e un servizio o équipe per la formazione permanente.
Responsabilità del Vescovo diocesano
46. È compito del Vescovo diocesano accogliere come dono dello Spirito le vocazioni alla consacrazione nell’Ordo virginum, promuovendo le condizioni affinché il radicamento delle consacrate nella Chiesa a lui affidata contribuisca al cammino di santità del popolo di Dio e alla sua missione.
In continuità con l’antica tradizione ecclesiale, l’Ordo consecrationis virginum tratteggia la figura del Vescovo diocesano non soltanto nel suo compito di sacerdote dispensatore della grazia divina[74], ma anche come maestro che indica e conferma il cammino della fede[75], e come pastore che si prende cura amorevolmente delle persone lui affidate[76].
La sollecitudine pastorale nei confronti dell’Ordo virginum è infatti parte del ministero ordinario di santificazione, di insegnamento e di governo del Vescovo diocesano, e lo impegna sia nei confronti delle singole consacrate e delle donne che aspirano a ricevere la consacrazione, sia nei confronti dell’Ordo virginum della sua Diocesi, come coetus di persone.
47. In quanto responsabile dell’ammissione alla consacrazione, il Vescovo diocesano presiede alla raccolta degli elementi di conoscenza di ciascuna candidata, stabilisce le modalità con cui svolgere un adeguato percorso di formazione e porta a compimento il discernimento vocazionale.
Con la celebrazione della consacrazione il Vescovo presenta le consacrate alla comunità ecclesiale come segno della Chiesa Sposa di Cristo. Poiché ministro ordinario della consacrazione è il Vescovo diocesano[77], non sarà possibile celebrarla nel periodo di sede vacante e soltanto in caso di vera necessità il Vescovo diocesano ricorrerà alla delega della facoltà di celebrarla. Mediante la celebrazione del rito, anche se viene compiuto per una sola persona, l’Ordo virginum è reso presente nella Chiesa particolare, senza la necessità di un altro atto di istituzione da parte del Vescovo.
48. Nei confronti delle consacrate il Vescovo diocesano esercita la cura pastorale incoraggiandole a vivere in gioiosa fedeltà alla propria vocazione, rendendosi attento alle esigenze del cammino di ciascuna e assicurandosi che abbiano a disposizione idonei strumenti per la formazione permanente.
Sostiene la comunione tra le consacrate e il senso di corresponsabilità per la vitalità della loro testimonianza ecclesiale, promuovendo occasioni di incontro, iniziative e percorsi di formazione comune e concordando con le consacrate le modalità con cui, tenendo conto delle concrete circostanze, a livello diocesano può configurarsi il servizio di comunione. Incoraggia inoltre i contatti e la collaborazione con le consacrate di altre Diocesi.
49. Condivide con le consacrate l’attenzione verso le consacrate che per l’età avanzata, per ragioni di salute o per altre situazioni di difficoltà, attraversano momenti di grave sofferenza o tribolazione.
Tenendo conto delle consuetudini e delle concrete situazioni locali, dà indicazioni affinché le consacrate assicurino la preghiera di suffragio per le defunte, custodiscano la memoria della loro testimonianza di fede e di amore al Signore e, per quanto possibile, si rendano disponibili a partecipare alla celebrazione delle esequie cristiane delle sorelle e a condividerne la preparazione con i familiari e le altre persone ad esse più vicine.
50. Anche se abbia nominato un Delegato o una Delegata per la cura pastorale dell’Ordo virginum, resta di competenza del Vescovo diocesano la decisione finale in merito agli atti di maggiore importanza, come: l’ammissione alla consacrazione; l’ascrizione all’Ordo virginum diocesano di una consacrata proveniente da un’altra Diocesi; la dispensa dagli obblighi della consacrazione; la dimissione dall’Ordo virginum; la definizione delle direttive per la formazione previa alla consacrazione e per la formazione permanente; la approvazione delle modalità di funzionamento del servizio di comunione per l’Ordo virginum diocesano; l’istituzione di fondazioni canoniche con lo scopo di provvedere al sostegno e alla gestione economica delle attività dell’Ordo virginum e l’eventuale autorizzazione a chiederne il riconoscimento civile; il riconoscimento e l’approvazione degli statuti delle associazioni diocesane di vergini consacrate, nonché l’eventuale autorizzazione a richiederne il riconoscimento civile.
51. Il Vescovo darà le necessarie disposizioni affinché le avvenute consacrazioni siano annotate in un apposito libro da custodire presso la curia diocesana e sia diligentemente raccolta la documentazione che riguarda l’Ordo virginum. In particolare, dovranno essere registrati i decessi delle consacrate, l’ascrizione o l’accoglienza temporanea nell’Ordo virginum diocesano di consacrate provenienti da altre Diocesi, i trasferimenti temporanei o definitivi di consacrate ad altre Diocesi, i passaggi ad Istituti di vita consacrata, la concessione di dispense dagli obblighi della consacrazione, le dimissioni dall’Ordo virginum. Si terrà anche documentazione relativa ai percorsi formativi delle singole aspiranti e candidate alla consacrazione.
Collaborazioni nella cura pastorale dell’Ordo virginum
52. Tenendo conto delle concrete circostanze, il Vescovo diocesano valuterà di quali collaborazioni servirsi affinché sia assicurata all’Ordo virginum un’adeguata cura pastorale[78], che sia coerente con le peculiarità di questa forma di vita.
Potrà nominare un proprio Delegato, scelto preferibilmente nel presbiterio diocesano, o una propria Delegata, scelta preferibilmente tra le vergini consacrate della Diocesi, per la cura pastorale dell’Ordo virginum, definendo gli ambiti del suo incarico e i suoi specifici compiti, e precisando in che modo debba rapportarsi con il Vicario episcopale per la vita consacrata, laddove presente.
Qualora sia istituito un servizio di comunione, il Vescovo stabilirà in che modo l’attività del Delegato o della Delegata dovrà integrarsi con esso e le sue eventuali articolazioni, in particolare con le équipes per la formazione previa alla consacrazione e per la formazione permanente.
53. Secondo le indicazioni date dal Vescovo, la collaborazione pastorale potrà concernere la conoscenza di ciascuna aspirante e candidata in vista della raccolta degli elementi necessari al discernimento per l’ammissione alla consacrazione, nonché la promozione della formazione previa alla consacrazione e della formazione permanente, sia attraverso l’aiuto ad elaborare i cammini formativi personali, sia attraverso la proposta di momenti formativi condivisi.
Trattandosi di una collaborazione pastorale in foro esterno, coloro cui saranno affidati questi compiti non istituiranno con le aspiranti, le candidate e le consacrate un rapporto di accompagnamento spirituale. Sapranno però valorizzare il dialogo personale con ciascuna come specifico ambito di ascolto, di confronto e di verifica del suo cammino, come pure invitare la persona a riferirsi al Vescovo diocesano quando ap-paia utile un orientamento o una verifica sugli aspetti più importanti del suo progetto di vita.
54. Nella cura pastorale dell’Ordo virginum si mirerà ad aiutare ciascuna aspirante, candidata e consacrata a sviluppare i doni ricevuti dal Signore; a promuovere la comunione tra tutte e il senso di corresponsabilità nell’accoglienza delle legittime differenze; a favorire l’accoglienza intelligente e responsabile del magistero e delle scelte pastorali del Vescovo diocesano; a promuovere la conoscenza dell’Ordo virginum nel popolo di Dio.
Comunione e corresponsabilità tra consacrate di diverse Diocesi
55. Le consacrate accolgono e coltivano il dono della comunione e l’impegno della missione che deriva dall’aver ricevuto la stessa consacrazione, anche nei rapporti con le consacrate di altre Diocesi.
Il radicamento diocesano, infatti, si armonizza con il senso di appartenenza ad un ordo fidelium che ha le medesime caratteristiche costitutive in tutta la Chiesa cattolica.
Mediante la preghiera le une per le altre, la conoscenza reciproca, la condivisione di esperienze e di iniziative formative, le consacrate esprimono in vario modo la corresponsabilità riguardo alla testimonianza che sono chiamate a rendere nella Chiesa e nel mondo.
Iniziative condivise, servizio di comunione e Vescovo referente
56. Nei raggruppamenti di Chiese particolari, in organica intesa coi Vescovi delle rispettive Conferenze Episcopali, le consacrate possono dar vita a iniziative condivise e, se le circostanze lo permettono, ad un servizio di comunione stabile, che faciliti lo scambio delle esperienze vissute nelle Diocesi di appartenenza, l’approfondimento di tematiche di interesse comune, la proposta di contenuti e metodi sempre più adeguati in ordine ai percorsi formativi in tutte le loro fasi, la presentazione ai Vescovi di suggerimenti e indicazioni utili per qualificare la presenza dell’Ordo virginum nei rispettivi contesti ecclesiali e socio-culturali, la promozione della conoscenza dell’Ordo virginum nel popolo di Dio.
Le iniziative condivise e il servizio di comunione debbono sempre rispettare e valorizzare il radicamento diocesano di questa forma di vita e coinvolgere le consacrate delle Diocesi interessate secondo uno stile di partecipazione sinodale.
57. I Vescovi riuniti in una Conferenza Episcopale possono elaborare per le loro Diocesi orientamenti comuni per la cura pastorale dell’Ordo virginum. Possono anche affidare a un Vescovo il compito di referente per l’Ordo virginum.
Nel rispetto del ruolo insostituibile dei Vescovi diocesani nella cura pastorale delle vergini consacrate delle proprie Diocesi, il Vescovo referente si fa interprete dell’interesse, della sollecitudine e della vicinanza dei suoi confratelli Vescovi verso questa forma di vita consacrata.
Avendo a cuore che l’identità specifica dell’Ordo virginum si esprima adeguatamente nel contesto ecclesiale e socio-culturale delle Diocesi interessate, il Vescovo referente svolge il suo incarico come servizio all’effettivo esercizio della corresponsabilità da parte delle consacrate delle diverse Diocesi. Segue con attenzione le iniziative condivise dalle consacrate delle Diocesi interessate e, laddove sia stato istituito, presta l’assistenza del suo ministero al servizio di comunione stabile tra le consacrate.
Riferimento alla Sede Apostolica e Segretariato per l’Ordo virginum
58. Le consacrate riconoscono nel ministero del Successore di Pietro il riferimento verso cui convergere per vivere anche negli orizzonti della Chiesa universale il dono della comunione e la corresponsabilità di appartenere al medesimo ordo fidelium.
In sinergia con il magistero e l’azione dei Vescovi diocesani e secondo le proprie competenze, la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica si pone a servizio della crescita dell’Ordo virginum, affinché questa forma di vita consacrata sia riconosciuta, valorizzata e promossa nella sua specifica identità e configurazione ecclesiale.
59. Presso il Dicastero è costituito un Segretariato per l’Ordo virginum. Secondo le indicazioni date dal Prefetto, il Segretariato cura la raccolta di dati per la conoscenza della situazione dell’Ordo virginum nei diversi Paesi, anche tenendo conto di quanto riferito dai Vescovi nelle relazioni presentate in occasione delle visitae ad limina.
È inoltre punto di riferimento per le iniziative riguardanti l’Ordo virginum promosse o sostenute dal Dicastero stesso.
Per la sua attività il Segretariato può avvalersi della collaborazione di consacrate di diverse provenienze, delle Conferenze Episcopali e, laddove siano stati designati, dei Vescovi referenti per l’Ordo virginum.
Permanenza in altra Diocesi e trasferimento
60. Pur costituendo un peculiare radicamento nella Chiesa particolare in cui viene celebrata, la consacrazione non impedisce alla consacrata di trasferirsi temporaneamente o stabilmente in un’altra Chiesa particolare, nel caso ciò si renda necessario, ad esempio per motivi di tipo lavorativo, familiare, pastorale, o vi siano altre ragionevoli e proporzionate motivazioni.
61. Quando una consacrata intende permanere per un lungo periodo in una Diocesi diversa da quella di appartenenza, d’accordo con il proprio Vescovo può chiedere al Vescovo della Diocesi ad quem di partecipare alle iniziative di carattere formativo dell’Ordo virginum locale. Il Vescovo della Diocesi ad quem, ricevuta una presentazione dell’interessata da parte del suo Vescovo diocesano, concorderà con lei le modalità di tale partecipazione.
62. Qualora una consacrata intenda trasferirsi stabilmente in un’altra Diocesi, ne esporrà le motivazioni al proprio Vescovo, il quale le manifesterà il proprio parere. Potrà poi chiedere al Vescovo della Diocesi ad quem di essere accolta nell’Ordo virginum locale. Quest’ultimo, dopo aver ricevuto dal Vescovo della Diocesi a quo una presentazione della consacrata in cui siano esposte anche le ragioni del trasferimento e il suo parere, deciderà in merito e comunicherà la risposta all’interessata e, per conoscenza, anche al Vescovo della Diocesi a quo. In caso di risposta positiva, il Vescovo della Diocesi ad quem accoglierà la consacrata, la introdurrà nella sua Chiesa particolare e la inserirà, se ve ne sono, tra le consacrate della sua Diocesi, concordando con lei quanto è necessario e utile nella sua personale condizione. In base alla valutazione compiuta, il Vescovo della Diocesi ad quem potrà anche negare l’ascrizione o, d’accordo con il Vescovo a quo, stabilire un tempo di prova: in tal caso, pur mantenendo il vincolo con la Diocesi a quo, la consacrata potrà comunque trasferire il proprio domicilio canonico nella Diocesi ad quem, attenendosi alle indicazioni concordate dai Vescovi interessati per quanto riguarda la sua personale condizione.
63. Personalmente o tramite il Delegato o la Delegata, il Vescovo avrà cura di informare in modo appropriato le consacrate circa il trasferimento temporaneo o definitivo di una consacrata in un’altra Diocesi, come pure circa l’accoglienza di una consacrata da un’altra Diocesi.
Fondazioni, associazioni e scelte di vita comune
64. Anche tenendo conto della normativa civile, per il sostegno e la gestione economica delle iniziative dell’Ordo virginum il Vescovo diocesano può istituire una fondazione canonica, non autonoma o autonoma[79], ed eventualmente autorizzare la richiesta del riconoscimento civile di quest’ultima.
65. Per osservare più fedelmente il loro proposito e aiutarsi reciprocamente nello svolgere quel servizio alla Chiesa che è confacente al loro stato, le consacrate possono riunirsi in associazioni e chiedere all’autorità ecclesiale competente il riconoscimento canonico dello statuto ed eventualmente la sua approvazione[80].
La costituzione di un’associazione, come pure l’adesione ad un’associazione già esistente, è esclusivamente frutto di una scelta libera e volontaria di ciascuna delle consacrate che decidono di aderire alle sue finalità e al suo statuto. L’uscita di una consacrata dall’associazione non comporta il
venir meno della sua appartenenza all’Ordo virginum.
66. Le vergini consacrate che lo desiderano possono liberamente decidere di vivere in una stessa casa. Tale possibilità – responsabilmente scelta per l’aiuto reciproco, per una condivisione di vita a livello spirituale, pastorale o anche economico – attua una libera decisione delle singole vergini consacrate e non deriva direttamente dalla consacrazione, né dall’adesione ad un’associazione, a meno che quest’ultima non preveda nel suo statuto la vita comune come costitutiva dell’associazione stessa.
Appartenenza all’ Ordo virginum e riferimento ad altre aggregazioni ecclesiali
67. La forma di vita propria dell’Ordo virginum costituisce una peculiare via di santificazione alla quale corrisponde una identità spirituale caratteristica, che unifica ed orienta l’intera esistenza della persona. Compito di ciascuna consacrata è offrire una serena e gioiosa testimonianza della propria consacrazione, in modo da diventare stimolo e ricchezza per tutte le componenti della comunità cristiana.
Ciò non impedisce ad una vergine consacrata di attingere alla varietà dei carismi e delle spiritualità con cui lo Spirito arricchisce la Chiesa ed eventualmente di trovare nel riferimento ad una determinata aggregazione ecclesiale (Terz’Ordine, Associazione, Movimento), al suo carisma e alla sua spiritualità, un aiuto a esprimere il proprio carisma verginale[81].
68. L’autenticità di una simile esperienza spirituale sarà oggetto di discernimento nell’ambito dell’accompagnamento spirituale, come pure nel dialogo con il Vescovo diocesano e, se presente, con il Delegato o la Delegata per la cura pastorale dell’Ordo virginum, affinché l’interesse e il coinvolgimento nelle iniziative dell’aggregazione non offuschi il valore del radicamento diocesano, che è costitutivo della consacrazione vissuta nell’Ordo virginum.
La consacrata sarà attenta a mantenere viva l’esperienza della comunione con la Chiesa particolare cui appartiene, attraverso la mediazione necessaria del Vescovo diocesano, nella filiale accoglienza del suo insegnamento e della sua cura pastorale. Avrà anche a cuore di coltivare il rapporto di comunione con e altre vergini consacrate e darà priorità alle proposte formative specifiche per l’Ordo virginum rispetto ad eventuali iniziative della aggregazione cui faccia riferimento.
Separazione dall’Ordo virginum
Passaggio ad Istituto di vita consacrata o Società di vita apostolica
69. Qualora una consacrata, dopo attenta valutazione compiuta nella preghiera, nell’ambito della direzione spirituale e nel dialogo con il Vescovo, intenda entrare a far parte di un Istituto di vita consacrata o Società di vita apostolica, comunicherà per iscritto al Vescovo diocesano tale sua intenzione, accompagnata da un’attestazione della Moderatrice Suprema dell’Istituto relativa ai contatti che la consacrata ha avuto con l’Istituto o la Società[82].
Il Vescovo si farà carico di trasmettere la domanda alla Santa Sede e le proprie eventuali osservazioni in merito. Il passaggio all’Istituto avverrà secondo le disposizioni che saranno date per il caso particolare dalla Santa Sede.
Uscita dall’ Ordo virginum
70. Qualora una consacrata, per cause molto gravi valutate davanti a Dio con attento discernimento, intenda essere dispensata dagli impegni derivanti dalla consacrazione, si rivolgerà al proprio Vescovo diocesano presentando una richiesta scritta. Il Vescovo non trascurerà di proporle gli aiuti appropriati e un tempo adeguato per il discernimento e accederà alla concessione della dispensa soltanto dopo aver vagliato a fondo le motivazioni della richiesta.
Dimissioni dall’ Ordo virginum
71. Qualora una consacrata abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica o abbia contratto matrimonio, anche solo civilmente, il Vescovo raccoglierà gli elementi di prova e dichiarerà la dimissione dall’Ordo virginum, in modo che consti giuridicamente.
72. Qualora una consacrata sia accusata di gravissimi delitti[83] o mancanze gravissime, esterne e imputabili contro gli obblighi derivanti dalla consacrazione, tali da suscitare scandalo nel popolo di Dio, il Vescovo avvierà la procedura di dimissione. Renderà quindi note all’interessata le accuse e le prove raccolte, dandole la facoltà di difendersi.
Se il Vescovo riterrà insufficiente la difesa, e non vi sia altro modo per provvedere alla correzione della consacrata, alla reintegrazione della giustizia e alla riparazione dello scandalo, la dimetterà dall’Ordo virginum.
Il decreto di dimissione dovrà esporre almeno sommariamente i motivi della decisione e non avrà efficacia se non dopo essere stato confermato dalla Santa Sede, alla quale dovranno essere trasmessi tutti gli atti. Esso inoltre non avrà valore se non indica il diritto, di cui gode la consacrata, di ricorrere all’autorità competente entro dieci giorni dalla notifica del decreto; tale ricorso ha effetto sospensivo.
Annotazione e comunicazioni della separazione
73. In tutti i casi in cui sia avvenuta la separazione di una consacrata dall’Ordo virginum, il Vescovo diocesano ne disporrà l’annotazione nel libro delle consacrazioni e, personalmente o tramite il Delegato o la Delegata, avrà cura di informarne le altre consacrate, e il parroco competente affinché lo annoti nel registro dei battesimi.
III.
Il discernimento
Vocazionale
e la formazione
per l’Ordo virginum
L’impegno del discernimento e della formazione
Cammino di fede, discernimento vocazionale e percorsi formativi
74. In virtù della fede, della grazia battesimale, del carisma verginale e dei propri carismi personali, la donna chiamata alla consacrazione nell’Ordo virginum è coinvolta in un cammino di vita cristiana, di sequela del Signore Gesù, il cui dinamismo è suscitato dallo Spirito santo e che richiede la sua risposta attiva e la sua docile cooperazione.
La sequela del Signore consiste in una continua conversione, in una progressiva adesione a Lui[84]: è un processo che interessa tutte le dimensioni dell’esistenza – corporea e affettiva, intellettiva, volitiva e spirituale e si estende per tutta la durata della vita, giacchè nessun consacrato « potrà mai ritenere di aver completato la gestazione di quell’uomo nuovo che sperimenta dentro di sé, in ogni circostanza della vita, gli stessi sentimenti di Cristo »[85].
75. La grazia della consacrazione nell’Ordo virginum definisce e configura in modo stabile la fisionomia spirituale della persona, la orienta nel cammino dell’esistenza, la sostiene e la rafforza in una risposta sempre più generosa alla chiamata.
La consacrazione esige perciò non soltanto una maturazione umana e cristiana valutata tramite un attento discernimento vocazionale e una specifica formazione previa, ma anche una convinta e costante cura della formazione permanente che, approfondendo e rinnovando le motivazioni della scelta compiuta, permetta alla consacrata di consolidarsi nella vocazione proprio mentre vive il dinamismo ad essa intrinseco[86].
76. Dato il radicamento di questa forma di vita consacrata nella Chiesa particolare, il discernimento vocazionale, la formazione previa alla consacrazione e la cura della formazione permanente si realizzano mediante percorsi ecclesiali che, oltre alla responsabilità delle stesse donne interessate, richiedono l’attenzione e l’accompagnamento della comunità cristiana, e in modo particolare interpellano la responsabilità pastorale del Vescovo diocesano.
Per la raccolta degli elementi necessari per il discernimento vocazionale, come pure per orientare e accompagnare i percorsi di formazione delle aspiranti, delle candidate e delle consacrate, il Vescovo potrà farsi assistere dal Delegato o dalla Delegata per l’Ordo virginum e valorizzerà il contributo che le consacrate sono in grado di offrire.
A questo scopo, tenendo conto del numero di consacrate presenti in Diocesi e del loro parere in merito, nonché delle altre concrete circostanze, come articolazioni del servizio di comunione per l’Ordo virginum il Vescovo potrà attivare anche un servizio o équipe per il discernimento vocazionale e la formazione previa alla consacrazione e un servizio o équipe per la formazione permanente. Tali servizi o équipes saranno composti dal Delegato o dalla Delegata, se il Vescovo ne abbia istituito la figura, e da consacrate dotate delle necessarie attitudini, designate dal Vescovo o dal Delegato o dalla Delegata, previa consultazione delle consacrate.
77. La proposta formativa mirerà anzitutto a far emergere e consolidare nella persona la attitudine fondamentale della docibilità, cioè la libertà, il desiderio e la capacità di apprendere da qualsiasi condizione di vita, coinvolgendosi attivamente e responsabilmente nel processo di crescita personale in tutto il corso della propria esistenza[87].
Per questo motivo, nell’impostare i percorsi formativi, si farà attenzione a non ridurli a proposte uniformanti o generiche, che non tengano sufficientemente conto delle esigenze specifiche e dei carismi di ciascuna. Allo stesso tempo, si vigilerà sul rischio di tendenze individualistiche[88], che ostacolino l’acquisizione e lo sviluppo di un vero senso di appartenenza ecclesiale e dello spirito di comunione all’interno dell’Ordo virginum.
78. Poiché si tratta di favorire lo sviluppo della capacità di interpretare la realtà secondo criteri evangelici, i percorsi formativi devono prevedere come elementi irrinunciabili: la formazione teologica, culturale e pastorale, adeguata al tipo di testimonianza cui le consacrate sono chiamate, conseguita attraverso lo studio personale e gli incontri formativi anche con esperti, costantemente ampliata e approfondita; le esperienze spirituali, come la preghiera personale e liturgica, il cammino penitenziale, i ritiri e gli esercizi spirituali, che mantengono la persona in un orizzonte di ascolto attento e di ricerca costante della volontà di Dio; l’inserimento in una trama di relazioni ecclesiali che favorisca la crescita integrale della persona e che in particolare valorizzi le potenzialità dello scambio di esperienze tra le consacrate, come pure delle relazioni tra le aspiranti e le consacrate, specialmente quelle che collaborano nel servizio di formazione.
Si avrà cura di proporre percorsi organicamente strutturati, che prevedano uno sviluppo temporale chiaramente articolato e periodicamente verificato, nel quale la cura per la formazione di ciascuna aspirante, candidata e consacrata si accompagni e si integri con le proposte rivolte unitariamente all’insieme delle aspiranti, delle candidate e delle consacrate.
La pratica dell’accompagnamento spirituale
79. In ogni fase dei percorsi di discernimento e formazione, è richiesta la pratica dell’accompagnamento spirituale: il rapporto costante e fiducioso con una persona dotata di profondo spirito di fede e di sapienza cristiana, che ciascuna aspirante, candidata e consacrata può scegliere liberamente, rappresenta un valido aiuto non soltanto per il discernimento vocazionale, ma anche per le decisioni che maggiormente impegnano la sua vita.
Per garantire la libertà della persona nell’ambito della manifestazione della coscienza, il Delegato o la Delegata per la cura pastorale dell’Ordo virginum e le consacrate che collaborano nel servizio di formazione eserciteranno il proprio servizio nell’ambito del foro esterno e non instaureranno rapporti di accompagnamento spirituale con le aspiranti, le candidate e le consacrate. Si asterranno inoltre dal chiedere informazioni o pareri sulle aspiranti, sulle candidate e sulle consacrate ai rispettivi direttori o accompagnatori spirituali e confessori.
Discernimento vocazionale e percorso formativo previo alla consacrazione
La dinamica del discernimento vocazionale e della formazione previa alla consacrazione
80. Il discernimento vocazionale consiste nello scrutare i segni attraverso i quali si esprime il carisma dell’Ordo virginum, con il suo peculiare radicamento nella Chiesa particolare e il suo modo caratteristico di essere presente nel contesto sociale e culturale. Per il bene delle persone interessate e della Chiesa, occorre favorire le condizioni che permettano di operare un discernimento sereno e libero, in cui verificare, alla luce della fede e delle possibili controindicazioni, la veridicità della vocazione e la rettitudine delle intenzioni[89].
Il percorso formativo previo alla consacrazione deve offrire occasioni di verifica dell’intuizione vocazionale iniziale e allo stesso tempo deve accendere nelle aspiranti e nelle candidate il desiderio di un’unione più profonda con il Signore Gesù, di una risposta più libera e generosa alla chiamata del Padre, di una corrispondenza sempre più attenta, intelligente e docile all’azione dello Spirito santo. Si può parlare di un cammino realmente formativo soltanto se si realizza una vera e propria esperienza di conversione, cioè di illuminazione, di purificazione e di più profondo e convinto coinvolgimento nella sequela del Signore.
81. Ordinariamente il discernimento vocazionale si attua mediante un processo che comprende un’iniziale verifica relativa alla ammissione al percorso di formazione verso la consacrazione, prosegue durante tale percorso, e viene portato a compimento quando il Vescovo diocesano decide in merito all’ammissione alla consacrazione. Per opportunità esplicative e pedagogiche, si possono distinguere tre momenti o fasi: un periodo di approccio o propedeutico; un periodo di formazione opportunamente articolato in più tappe con propri obiettivi e verifiche; il discernimento o scrutinio finale.
82. In nessun caso si potrà iniziare il periodo propedeutico prima del compimento del diciottesimo anno di età; per l’ammissione alla consacrazione si dovrà tenere conto dell’età in cui nella regione si è soliti celebrare le nozze[90] e ordinariamente non si celebrerà la consacrazione prima che la candidata abbia compiuto il venticinquesimo anno di età.
83. Spetta al Vescovo diocesano individuare, anche nel dialogo con le persone interessate e tenendo conto della situazione e delle esigenze di ciascuna, le concrete modalità di svolgimento dei percorsi formativi, in modo da offrire a ciascuna la possibilità di approfondire la conoscenza di questa forma di vita nei suoi elementi essenziali e di confrontare con essi in modo sincero e realistico la propria esperienza spirituale e concreta modalità di vivere.
Si avrà cura di mantenere una stretta interconnessione tra discernimento vocazionale e percorso formativo previo alla consacrazione, perché l’ammissione al percorso formativo non implica l’obbligo della candidata di chiedere l’ammissione alla consacrazione, né l’obbligo del Vescovo di ammetterla alla consacrazione.
Requisiti e criteri di discernimento
84. L’ammissione alla consacrazione richiede che per l’età, la maturità umana e spirituale, e per la stima che gode nella comunità cristiana in cui è inserita, la candidata dia prova di essere in grado di assumere responsabilmente gli impegni che derivano dalla consacrazione[91].
Richiede anche che la persona non abbia mai celebrato le nozze e non abbia mai vissuto pubblicamente, cioè in modo manifesto, in uno stato contrario alla castità[92].
85. Nel discernimento vocazionale si porrà attenzione ai segni che evidenziano nella aspirante e nella candidata la presenza di una intensa e vivace esperienza spirituale, l’autenticità delle motivazioni che la orientano verso la consacrazione nell’Ordo virginum, e la presenza delle attitudini che sono necessarie per perseverare nella vita di consacrazione dando una testimonianza positiva della propria vocazione.
Con sapienza pedagogica e secondo un principio di gradualità, si verificherà la presenza di tali segni sin dal periodo propedeutico, per la valutazione circa l’ammissione al percorso formativo. Per la formazione previa alla consacrazione e il discernimento conclusivo circa l’ammissione alla consacrazione essi costituiranno punti di riferimento qualificanti.
86. In ordine alla verifica della esperienza spirituale, rivestono particolare importanza:
a) il rapporto personale con Cristo e il desiderio di configurare l’intera propria esistenza « al Signore Gesù e alla sua totale oblazione »[93] come risposta d’amore al suo amore infinito[94];
b) il senso di appartenenza alla Chiesa, concretamente sperimentato nella partecipazione alla vita della comunità cristiana, sostenuto da un profondo amore per la comunione ecclesiale, dalla celebrazione dei sacramenti e da un atteggiamento di filiale obbedienza al Vescovo diocesano;
c) la cura della dimensione contemplativa della vita e la fedeltà alla disciplina spirituale, ai tempi di preghiera, ai suoi ritmi e alle sue varie forme;
d) l’assiduità nel cammino penitenziale, ascetico e di accompagnamento spirituale;
e) l’interesse ad approfondire la conoscenza della Scrittura, dei contenuti della fede, della liturgia, della storia e del magistero della Chiesa;
f) la passione per il Regno di Dio, che dispone a interpretare la realtà del proprio tempo secondo criteri evangelici, ad agire in essa con senso di responsabilità e amore preferenziale per i poveri;
g) la presenza di una intuizione sintetica e globale della propria vocazione, che dimostri una conoscenza realistica della propria storia, delle proprie caratteristiche – risorse, limiti, desideri, aspirazioni, motivazioni – e che sia congruente con la forma di vita propria dell’Ordo virginum.
87. In ordine alla verifica della maturità umana, si terranno presenti questi segni:
a) una realistica conoscenza di se stessa e una serena, obiettiva consapevolezza dei propri talenti e dei propri limiti, unite a una chiara capacità di autodeterminazione e ad una adeguata sufficiente attitudine all’assunzione di responsabilità;
b) la capacità di instaurare relazioni sane, serene e oblative, con uomini e donne, unita ad una retta comprensione del valore del matrimonio e della maternità;
c) la capacità di integrare la sessualità nell’identità personale e di orientare le energie affettive in modo da esprimere la propria femminilità in una vita casta che si apra ad una più ampia fecondità spirituale[95];
d) la capacità lavorativa e professionale con cui provvedere al proprio sostentamento in modo dignitoso;
e) una provata attitudine a rielaborare sofferenze e frustrazioni, come anche a dare e ricevere il perdono, come passi possibili verso una pienezza di umanità;
f) la fedeltà alla parola data e agli impegni presi;
g) un uso responsabile dei beni, dei mezzi di comunicazione sociale e del tempo libero.
88. Nell’orientamento vocazionale e quando occorra delineare le caratteristiche di questa vocazione e dei requisiti di ammissione alla consacrazione, la condizione verginale sarà presentata a partire dalla densità simbolica del suo fondamento biblico nel quadro di una visione antropologica ben fondata sulla rivelazione cristiana, nella quale siano integrate le diverse dimensioni – corporea, psicologica, spirituale – considerate anche nella loro connessione dinamica nella storia vissuta dalla persona e nell’apertura all’azione incessante della grazia divina che la orienta, la guida e la corrobora nel cammino di santificazione.
Quale tesoro di inestimabile valore che Dio riversa in vasi di argilla (cf. 2 Cor 4, 7), la vocazione è infatti dono immeritato che raggiunge la persona nella sua umanità concreta, sempre bisognosa di redenzione e desiderosa di una pienezza di senso per la propria esistenza. Essa trova la sua origine e il suo centro dinamico nella grazia di Dio che, con la tenerezza e la forza del suo amore misericordioso, incessantemente agisce nelle vicende umane, non di rado complesse e a volte anche contraddittorie, per aiutare la persona a cogliere l’unicità e l’unità della sua esistenza e abilitarla a fare un dono totale di sé. In questo contesto si terrà presente che la chiamata a rendere testimonianza all’amore verginale, sponsale e fecondo della Chiesa verso Cristo non è riducibile al segno della integrità fisica, e che l’aver custodito il proprio corpo nella perfetta continenza o l’aver vissuto in modo esemplare la virtù della castità, pur rivestendo grande importanza in ordine al discernimento, non costituiscono requisiti determinanti in assenza dei quali non sia possibile ammettere alla consacrazione.
Il discernimento esige perciò molta discrezione e avvedutezza e deve essere compiuto individualmente. Ciascuna aspirante e candidata è chiamata a esaminare la propria vocazione con riguardo alla propria storia personale, con veridicità e autenticità davanti a Dio, e con l’aiuto di un accompagnamento spirituale.
Il ricorso a esperti con competenze psicologiche
89. Nel discernimento vocazionale e nel percorso formativo previo alla consacrazione, in alcuni casi può risultare utile il ricorso ad esperti nelle scienze psicologiche[96]. Se, infatti, la vocazione alla verginità consacrata, in quanto frutto di un particolare dono di Dio, e il suo discernimento finale eccedono le competenze specifiche della psicologia, queste ultime possono essere integrate nel quadro globale del discernimento e della formazione, sia per una valutazione più sicura della situazione psichica della aspirante o della candidata e delle sue attitudini a rispondere alla vocazione, sia per un ulteriore aiuto nella sua crescita umana.
Una valutazione della personalità può essere prudentemente richiesta qualora sia sorto il dubbio circa la presenza di un disturbo psichico.
90. In ogni caso, per poter ricorrere ad un esperto in scienze psicologiche, è necessario da parte della persona interessata un consenso previo, dato per iscritto, informato e libero; la sua onorabilità e il diritto a difendere la propria intimità dovranno essere sempre tutelati[97].
Nella scelta degli esperti cui rivolgersi, ci si assicuri non soltanto della loro competenza professionale, ma anche del fatto che si ispirino ad una antropologia che condivida apertamente la concezione cristiana circa la persona umana e la vocazione alla vita consacrata[98]. Inoltre, dovrà essere sempre rispettato il segreto professionale dell’esperto.
91. Qualora la valutazione eseguita abbia evidenziato la presenza di un disturbo psichico o di una grave difficoltà, nel discernimento vocazionale il Vescovo terrà conto della tipologia, della gravità e del modo in cui influisce sullo psichismo della persona e quindi sulle sue attitudini alla consacrazione.
Il periodo propedeutico
92. Il periodo propedeutico ha come meta la verifica dei requisiti e dei presupposti necessari per un fruttuoso cammino di formazione in vista della consacrazione.
La sua durata e le concrete modalità di svolgimento devono essere tali da permettere una effettiva conoscenza della aspirante da parte del Vescovo, del Delegato o della Delegata e delle consacrate che collaborano nel servizio di formazione, e allo stesso tempo consentire alla aspirante di conseguire una conoscenza degli aspetti essenziali della consacrazione e della forma di vita propria dell’Ordo virginum, in modo che possa confrontarli con la propria intuizione vocazionale. Per questo, ordinariamente si dovrà prevedere la durata di uno o due anni.
93. Nel dialogo con il Vescovo, con il Delegato o la Delegata, o con qualcuna delle consacrate che collaborano nel servizio di formazione, l’aspirante sarà invitata a presentare la propria storia, il proprio modo di vivere nell’attualità, e le motivazioni che la inducono a orientarsi a questa forma di vita.
Sin dall’inizio è bene verificare che l’aspirante abbia ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana e non abbia mai contratto matrimonio, come pure accertare che non abbia vissuto pubblicamente in uno stato contrario alla castità, cioè in una stabile condizione di manifesto concubinato o analoghe situazioni che abbiano avuto pubblica conoscenza[99].
Tenendo conto del precedente cammino di fede, e quindi della concreta situazione e preparazione di ciascuna aspirante, si potranno proporre itinerari catechetici, di studio e di riflessione, sulla vita consacrata in generale e su aspetti fondamentali della vita cristiana.
94. Negli incontri che avrà periodicamente con il Vescovo, con il Delegato o la Delegata, o con qualcuna delle consacrate che collaborano nel servizio di formazione, l’aspirante sarà invitata a verificare la propria esperienza di fede e la propria intuizione vocazionale a partire dalle tematiche proposte.
Nell’ambito dell’accompagnamento spirituale troverà ulteriori possibilità di manifestare il proprio vissuto, di rileggere anche gli aspetti più dolorosi e oscuri della propria vicenda alla luce della Parola di Dio, di avviare o consolidare processi di guarigione interiore che le permettano di predisporsi ad accogliere in modo più libero e pieno la grazia della vocazione.
Laddove possibile e tenendo conto delle concrete circostanze, si favorirà la conoscenza tra l’aspirante e alcune consacrate dell’Ordo virginum, le quali, anche attraverso la propria testimonianza, potranno aiutare il processo di discernimento vocazionale.
Nel caso vi siano più aspiranti, si consideri l’utilità e l’opportunità di proporre momenti di incontro, di conoscenza reciproca, e di riflessione comune, mantenendo comunque adeguati spazi di dialogo personale e riservato di ciascuna aspirante con il Vescovo, con il Delegato o la Delegata, o con qualcuna delle consacrate che collaborano nel servizio di formazione.
95. Una specifica attenzione sarà rivolta a verificare le modalità in cui l’aspirante partecipa alla vita della comunità cristiana. In modi opportuni, gli elementi di conoscenza offerti dalla stessa interessata saranno quindi integrati anche assumendo informazioni presso sacerdoti o altre persone che la conoscono bene.
Si potrà inoltre chiedere all’interessata di presentare documentazione relativa al suo percorso di studi e lavorativo.
Qualora si tratti di una persona che proviene da un’altra forma di vita consacrata, per acquisire i necessari elementi di valutazione, il Vescovo si premurerà di raccogliere le opportune informazioni anche presso l’Istituto o la Società di provenienza, al fine di compiere un saggio discernimento. Inoltre chiederà all’interessata un congruo tempo di elaborazione del distacco e verificherà con attenzione in che modo si è inserita nel contesto ecclesiale e sociale.
96. Se, al termine del periodo propedeutico, l’aspirante lo chiede e la conoscenza di lei acquisita induce a ritenere che possa positivamente proseguire nella formazione previa alla consacrazione, il Vescovo la ammetterà al percorso formativo previo alla consacrazione.
Il percorso di formazione previa alla consacrazione
97. Il percorso della formazione previa alla consacrazione ha il duplice obiettivo di consolidare la formazione cristiana della candidata e di offrirle gli strumenti necessari per approfondire la comprensione vitale degli elementi tipici e delle responsabilità che derivano dalla consacrazione nell’Ordo virginum.
La sua durata e le concrete modalità di svolgimento devono essere tali da permettere a ciascuna candidata un’effettiva elaborazione personale dei diversi apporti formativi, in modo che possa maturare con adeguata consapevolezza e libertà la decisione circa la richiesta di ammissione alla consacrazione. Ordinariamente, si può prevedere la durata di due o tre anni.
Il percorso formativo sarà fruttuoso se la candidata, mentre si confronta con la fisionomia vocazionale propria di questa forma di vita consacrata, progressivamente acquisisce la libertà necessaria per lasciarsi educare e formare ogni giorno dall’esperienza, approfondendo la conoscenza delle proprie risorse e dei propri limiti, di ciò che in lei oppone resistenza o favorisce la corrispondenza all’azione dello Spirito, e imparando a cogliere in ogni situazione esistenziale i frammenti di verità, di bellezza e di bontà in cui si fa presente e operante la grazia di Dio. Questa fondamentale attitudine a porsi nei confronti della realtà con attenzione, intelligenza e senso di responsabilità, suscitata e motivata dal desiderio di crescere nell’amore di Cristo, la condurrà quindi a maturare la convinta disponibilità a proseguire con un impegno formativo costante dopo aver ricevuto la consacrazione.
98. L’impegno del Vescovo, del Delegato o della Delegata e delle consacrate che collaborano nel servizio di formazione consisterà perciò nel curare che la candidata riceva una presentazione organica del carisma e della fisionomia di questa forma di vita, nell’accompagnarla mentre intensifica e approfondisce la vita spirituale, nell’osservare come si armonizza e configura la sua vita concreta in docilità all’azione dello Spirito. In tal modo, si raccoglieranno gli elementi necessari per il discernimento conclusivo circa l’ammissione alla consacrazione.
Gli incontri frequenti e regolari con l’accompagnatore spirituale saranno per la candidata un prezioso aiuto a crescere nella capacità di discernere il disegno di Dio, integrare in una sintesi sapiente gli apporti formativi, e interpretare con uno sguardo di fede le diverse esperienze della sua vita: preghiera, lavoro, relazioni e servizio ecclesiali, relazioni coi familiari, relazioni di amicizia, studio e approfondimento culturale, impegno caritativo e sociale, esperienza del proprio limite e della propria fragilità, impegno ascetico, ecc.
99. È importante che la candidata sia accompagnata nel dare al cammino della preghiera una forma regolare e costante, con la partecipazione, possibilmente quotidiana, all’Eucaristia, la celebrazione della Liturgia delle Ore, almeno Lodi e Vespri, la meditazione della Sacra Scrittura e la devozione mariana. Si cerchi, soprattutto, di aiutarla a consolidare l’amore per la preghiera e a sviluppare la capacità di gestire i ritmi della giornata, della settimana e dell’anno, in modo da custodire la centralità dell’esperienza del dialogo con il Signore[100].
100. Poiché questa forma di vita consacrata è radicata nella Chiesa particolare, la candidata coltiverà il legame con la comunità ecclesiale, sia valorizzando quella trama di relazioni fraterne che costituisce il tessuto ordinario e quotidiano dell’esperienza ecclesiale, sia, per quanto possibile, con la partecipazione agli eventi diocesani più significativi.
Per dare consistenza al legame con la Chiesa particolare, è opportuno che la candidata acquisisca un’adeguata conoscenza della sua storia, delle istituzioni, delle tradizioni spirituali, delle scelte pastorali e delle esperienze profetiche in essa presenti, come pure delle difficoltà che deve affrontare e delle ferite che sono motivo di sofferenza.
Secondo le attitudini, le effettive possibilità e i carismi di ciascuna, l’impegno di edificazione della comunità potrà concretizzarsi in un servizio pastorale o in altra forma di testimonianza che nel contesto sociale e culturale in cui vive esprima la condivisione della missione evangelizzatrice e di promozione umana della Chiesa.
101. Per una corretta comprensione dell’Ordo virginum, saranno proposti allo studio e alla meditazione della candidata la storia della vita consacrata e il suo valore di segno profetico nella Chiesa e nel mondo, a partire dai testi fondamentali: la Sacra Scrittura, la tradizione patristica, la riflessione teologica, con particolare riferimento al Concilio Vaticano II e agli interventi più recenti del Magistero ecclesiale.
Con particolare attenzione si presenteranno i fondamenti teologici, storici, liturgici, ecclesiologici, giuridici della forma di vita propria dell’Ordo virginum, introducendo le candidate ad una conoscenza approfondita del rito di consacrazione delle vergini, nella sua struttura dinamica e nel suo significato ecclesiale.
102. Si dovrà curare anche un’adeguata conoscenza e assimilazione dei fondamenti dell’antropologia cristiana, in modo che la maturazione della scelta di consacrazione avvenga sulla base di una equilibrata comprensione della sessualità e della affettività umana, della relazionalità e della libertà, della donazione di sé, del sacrificio, della sofferenza. In questo quadro, nel percorso formativo potrà essere valorizzato anche il contributo delle scienze umane, in particolare della psicologia e della pedagogia, per porre le candidate nelle condizioni di comprendere meglio alcune dinamiche relazionali e dello sviluppo umano, e quindi anche della propria storia personale e del proprio modo di relazionarsi con gli altri.
Quando le concrete condizioni di vita e le attitudini della persona lo permettono, si incoraggerà la candidata a frequentare corsi di studio presso Facoltà Teologiche, Istituti di Scienze Religiose o altre analoghe istituzioni. Non si trascuri, in nessun caso, un’adeguata preparazione teologica nel campo biblico, liturgico, spirituale, ecclesiologico, morale.
103. Saranno promosse occasioni di conoscenza, di formazione e di scambio esperienziale con le altre candidate e con le consacrate presenti in Diocesi. Nel caso non ve ne siano, si valuterà la possibilità di stabilire dei rapporti di conoscenza e scambio fraterno con consacrate o candidate di Diocesi vicine.
L’ammissione alla consacrazione e la cura della sua celebrazione
104. A conclusione del percorso formativo concordato con il Vescovo, dopo un attento discernimento personale e con l’accompagnatore spirituale, la candidata presenterà al Vescovo la domanda di ammissione. È opportuno che tale domanda sia espressa in uno scritto autografo e che riferisca il parere dell’accompagnatore spirituale.
Quindi il Vescovo si farà carico del discernimento definitivo. A tale scopo raccoglierà le informazioni opportune da tutti coloro che hanno accompagnato il cammino della candidata, tranne che dall’accompagnatore spirituale. In particolare, dovrà chiedere al Delegato o alla Delegata, se abbia istituito tale figura, un parere motivato in merito all’ammissione. All’elaborazione di tale parere concorreranno anche le consacrate coinvolte nel servizio di formazione, ove presente.
105. L’ammissione alla consacrazione esige la certezza morale circa l’autenticità della vocazione della candidata, la reale esistenza di un carisma verginale e la sussistenza delle condizioni e dei presupposti perché l’interessata accolga e corrisponda alla grazia della consacrazione, e sia in grado di dare testimonianza eloquente della propria vocazione perseverando in essa e crescendo nel dono generoso di sé al Signore, ai fratelli e alle sorelle.
106. Se la valutazione porterà ad ammetterla alla consacrazione, il Vescovo definirà con la consacranda la data e il luogo della celebrazione, tenendo conto, a questo proposito, delle indicazioni contenute nel Pontificale.
È opportuno che si disponga la comunità a una fruttuosa partecipazione alla liturgia della consacrazione, con l’invito ad accompagnare nella preghiera la consacranda e con una specifica catechesi sulle caratteristiche di questa vocazione. Nella preparazione e nello svolgimento del rito, si abbia cura di introdurre l’assemblea al mistero nuziale di Cristo e della Chiesa che viene celebrato, attraverso la nobile sobrietà dei gesti, dei canti, dei segni proposti.
107. L’avvenuta consacrazione sarà documentata mediante l’iscrizione in un registro dell’Ordo virginum, su cui apporranno la propria firma il ministro celebrante, l’interessata e due testimoni, e che verrà ordinariamente custodito presso la Curia diocesana. Di essa verrà rilasciata certificazione all’interessata. Inoltre è opportuno che il Vescovo dia disposizioni affinché l’avvenuta consacrazione sia comunicata al parroco competente perché venga annotata nel registro dei battesimi.
Formazione permanente
La cura della formazione permanente
108. La cura della formazione permanente trova il suo fondamento nell’esigenza di corrispondere in modo sempre più pieno alla vocazione ricevuta[101].
Essa richiede la disponibilità costante a imparare dall’esperienza, cioè la disposizione a lasciarsi condurre dallo Spirito nel dinamismo della fede, elaborando alla luce del Vangelo il significato delle diverse fasi della propria esistenza e il proprio modo di rendere ragione della speranza cristiana di fronte alle sollecitazioni della cultura contemporanea.
Il progredire dell’età, che si accompagna al mutare degli impegni, dei contesti relazionali, delle condizioni di salute, sollecita le consacrate a riscoprire in ogni fase della vita la bellezza e la fecondità della propria consacrazione, adeguando opportunamente i contenuti e le modalità della formazione.
Devono essere coinvolte tutte le dimensioni dell’esistenza della consacrata: il suo essere donna in un determinato contesto culturale e sociale, discepola del Signore nella Chiesa pellegrina nella storia, chiamata ad essere segno peculiare dell’amore sponsale di Cristo e della Chiesa come consacrata nella forma di vita propria dell’Ordo virginum.
109. La formazione permanente esige perciò da parte di ciascuna consacrata umiltà, attenzione, intelligenza, responsabilità e creatività.
In questo quadro, le iniziative specifiche per la formazione permanente sono strumenti che intendono accompagnare nella comprensione personale sempre più approfondita del carisma verginale, favorire l’integrazione del vissuto nella dedizione totale al Signore e sostenere le consacrate nell’impegno di vivere le responsabilità che derivano dalla consacrazione.
Impegno personale e dimensione comunionale
110. L’impostazione di fruttuosi percorsi di formazione permanente richiede di armonizzare l’impegno personale della formazione con la dimensione comunionale che caratterizza l’Ordo virginum.
Si tratta infatti di individuare le priorità e gli strumenti più idonei per una formazione solida, che sia attenta alle esigenze e ai carismi di ciascuna. Allo stesso tempo, occorre che i percorsi di formazione esprimano e sostengano l’esperienza della comunione che unisce le consacrate dell’Ordo virginum.
Ciò comporta un duplice esercizio di corresponsabilità: di ciascuna consacrata nel rapporto con il Vescovo o il Delegato o la Delegata, per delineare e verificare come viene da lei vissuto l’impegno della formazione; e dell’insieme delle consacrate della Diocesi con il Vescovo o con il Delegato o la Delegata, per delineare, realizzare e verificare un programma di formazione condiviso e specifico per le consacrate dell’Ordo virginum.
111. Per questo secondo aspetto, tenendo conto delle circostanze concrete, il Vescovo o il Delegato o la Delegata promuoveranno incontri e iniziative formative per tutte le consacrate, valorizzando il contributo che ciascuna è in grado di dare per la programmazione, l’organizzazione, la concreta attuazione e le necessarie verifiche. Per dare a questo esercizio di corresponsabilità una espressione continuativa e organica, il Vescovo potrà concordare con le consacrate le modalità per realizzare un servizio o équipe per la formazione permanente, come articolazione del servizio di comunione.
Si presterà attenzione a creare le condizioni per coinvolgere anche le consacrate che per l’età avanzata, per ragioni di salute o per altri seri motivi non sono in grado o hanno difficoltà a partecipare agli incontri formativi.
Nel caso in cui in una Diocesi ci sia una sola consacrata, o il numero delle consacrate sia molto esiguo, con l’accordo dei rispettivi Vescovi si possono prevedere iniziative di formazione condivise con le consacrate di Diocesi vicine.
Le consacrate sapranno inoltre tener conto per la propria formazione anche delle altre iniziative e attività proposte nella comunità cristiana, come pure valorizzare quanto, nell’ambito del proprio contesto sociale e lavorativo, offre loro valide occasioni formative.
Indicazioni contenutistiche e metodologiche
112. Occorre che le proposte formative specifiche per le consacrate dell’Ordo virginum compongano con sapienza pedagogica sia l’approfondimento di tematiche fondamentali della vita cristiana, e in particolare quelle più centrali per questa forma di vita consacrata, sia la riflessione sulle questioni poste dall’attualità sulle quali sia necessario l’esercizio di un serio discernimento evangelico.
Non mancherà l’approfondimento della conoscenza della Sacra Scrittura, del sapere teologico e delle dinamiche del cammino spirituale, come pure l’attenzione al magistero e alle proposte pastorali del Vescovo diocesano e del Papa.
È importante che la dimensione intellettuale della formazione non sia isolata, ma bene integrata nella crescita della vita secondo lo Spirito e continuamente stimolata e verificata in relazione alla capacità di stabilire e custodire rapporti di tipo fraterno.
Si avrà cura, perciò, che gli incontri e le iniziative formative diventino per le consacrate reali occasioni di comunicazione nella fede ed edificazione reciproca. Il percorso formativo sarà sostenuto anche dalla preghiera comune; non si trascurerà l’attenzione pedagogica alle dinamiche relazionali vissute all’interno dell’Ordo virginum, promuovendo l’accoglienza e la stima reciproca, la benevolenza e l’intelligente gestione delle tensioni e delle conflittualità che si presentano, affinché anche queste si trasformino in occasioni di crescita.
113. Gli incontri e le iniziative formative potranno concretamente consistere in lezioni e conferenze, scambio di esperienze, ascolto di testimonianze, condivisione di percorsi di lettura, seminari, ritiri o esercizi spirituali, settimane bibliche, pellegrinaggi, approfondimenti di tipo culturale, ecc.
Potranno svolgere una funzione di integrazione dei percorsi formativi diocesani anche incontri e varie iniziative formative interdiocesane, in particolare quelli organizzati – laddove siano stati istituiti – dai servizi di comunione stabile presenti in un determinato raggruppamento di Chiese particolari, in organica intesa con le Conferenze episcopali interessate e il relativo Vescovo referente per l’Ordo virginum, se nominato. Nella programmazione, realizzazione e verifica di tali eventi dovrà essere promossa la corresponsabilità di tutte le consacrate delle Diocesi interessate.
Conclusione
114. Il Signore Gesù da tutte le genti trasse un’unica Chiesa e a lei misticamente si unì con amore sponsale. Questo mistero mirabile, che si avvera efficacemente nella celebrazione eucaristica, è il principio dell’unità e della santità della Chiesa, della sua missione universale e della sua capacità di vivificare con l’annuncio del Vangelo ogni esperienza umana e ogni cultura. Contemplando questo mistero, la Chiesa riconosce come dono dello Spirito il rifiorire dell’Ordo virginum e lo accoglie con gratitudine.
Precedute e sostenute dalla grazia di Dio, le donne che ricevono questa consacrazione sono chiamate a vivere la docilità allo Spirito santo, a sperimentare il dinamismo trasformante della Parola di Dio che fa di tante donne diverse una comunione di sorelle, e ad annunciare con la parola e con la vita il Vangelo di salvezza per diventare immagine della Chiesa Sposa che, vivendo unicamente per Cristo Sposo, lo rende presente al mondo.
A Maria, icona perfetta della Chiesa, esse rivolgono lo sguardo, come alla stella che orienta il loro cammino. Alla sua materna protezione la Chiesa le affida.
115. Noi ti lodiamo,
Vergine Madre di Dio,
donna dell’Alleanza,
dell’attesa e del compimento.
Sii madre e maestra
delle vergini consacrate,
perché imitandoti
accolgano con gioia il Vangelo
e in esso riscoprano ogni giorno
con umiltà e stupore l’origine santa
della loro vocazione sponsale.
Vergine delle vergini,
fontana sigillata, porta del cielo,
ispira e accompagna
queste nostre sorelle,
perché abbiano il dono
del discernimento spirituale
e, pellegrine nella storia,
vivano il dinamismo della profezia
con libertà e coraggio,
con determinazione e tenerezza.
Donna colmata dalla grazia
e sovrabbondante di carità,
Vergine fatta Chiesa,
benedici il loro cammino,
perché la speranza
ossigeni le loro menti e dilati i loro cuori
orientando ogni loro passo e la fede
renda operose e creative le loro mani,
così che sia feconda la loro vita e,
anticipando qui e ora le realtà del Regno,
generino ed edifichino il popolo di Dio,
partecipando alla sua missione
regale, profetica e sacerdotale.
Noi ti proclamiamo beata,
donna del Magnificat,
Madre del Vangelo vivente,
e per queste sorelle ti preghiamo:
associale al tuo canto,
coinvolgile nella tua danza,
perché seguendo l’Agnello ovunque vada,
con le lampade accese,
possano condurre anche noi
al banchetto delle nozze eterne,
all’abbraccio definitivo con l’Amore
che non avrà mai fine.
(Approvato dal Santo Padre nell’Udienza dell’8 giugno 2018)
Città del Vaticano, 8 giugno 2018
Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù
João Braz Card. de Aviz
Prefetto
+ José Rodríguez Carballo, O.F.M.
Arcivescovo Segretario
_________________________________________
[1] Tra le testimonianze più antiche, quelle di Clemente Romano (Clemens Romanus, Ep. Ad Corinthios 38, 2: SCh 167,162) e di Ignazio di Antiochia (Ignatius Antiochensis, Ep. Ad Smyrnenses XIII: PG 5, 717-718; Ep. Ad Polycarpum V, 2: PG 5, 723-724).
[2] Verso l’anno 150, Giustino così si esprimeva: «Sono molti gli uomini e le donne, fatti discepoli di Cristo da bambini, che rimangono puri fino a sessanta, settanta anni. E mi vanto di essere in grado di citare esempi provenienti da tutte le classi sociali»; Iustinus, Apol. pro christ., c. 15: PG 6, 349. Atenagora di Atene nell’anno 177 scriveva a Marco Aurelio: «Potresti trovare molti dei nostri, uomini e donne, che sono invecchiati senza sposarsi, per la speranza di unirsi più strettamente con Dio!»: Athenagoras Atheniense, Legatio pro christianis XXXII: OTAC VII, 172.
[3] Ignatius Antiochensis, Ep. Ad Polycarpum V, 2: PG 5, 723-724.
[4] Inizialmente la vicinanza di questa forma di vita a quella delle vedove consacrate comportava anche la mancanza di una netta distinzione, come si coglie dagli scritti di Ignazio di Antiochia, il quale all’inizio del II secolo salutava «le vergini chiamate vedove» della comunità di Smirne: Ignatius Antiochensis, Ep. ad Smyrn. XIII: PG 5, 717-718. Nelle Costituzioni Apostoliche della seconda metà del IV secolo le vergini compaiono, accanto alle vedove e alle diaconesse, come una componente istituzionale della comunità cristiana.
[5] Cf. ad esempio Athanasius, Apol. ad Constant. 33: PG 25, 640; Ambrosius, De virginibus, lib. I, c. 8, n. 52: PL 16, 202.
[6] Espressione che si trova in Basilius, Ep. 199 Ad Amphilochium: PG 32, 717.
[7] Cf. Ambrosius, De virginibus, lib. III, cc. 1-3, nn. 1-14: PL 16, 219-224; De institutione virginis, c. 17, nn. 104-114: PL 16, 333-336. Cf. Sacramentarium Leonianum XXX: PL 55, 129.
[8] Cyprianus, De habitu virginum III: PL 4, 443.
[9] Pontificale Romanum ex Decreto Sacrosancti Concilii Œcumenici Vaticani II instauratum auctoritate Pauli PP. VI promulgatum, Ordo Consecrations Virginum, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis, Civitas Vaticana 1970.
[10] Giovanni Paolo II, Cost. Ap. Pastor bonus (28 giugno 1988), 105.
[11] Catechismo della Chiesa Cattolica, 922-924.
[12] Giovanni Paolo II, Es. Ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996).
[13] Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, Istruzione Ripartire da Cristo. Un rinnovato impegno della vita consacrata nel terzo millennio (19 maggio 2002), 19.
[14] Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il Ministero Pastorale dei Vescovi Apostolorum Successores (22 febbraio 2004), 104.
[15] Giovanni Paolo II, Discorso alle partecipanti al Convegno internazionale dell’ Ordo virginum, nel 25º anniversario della promulgazione del rito, Roma (2 giugno 1995).
[16] Benedetto XVI, Discorso alle partecipanti al Congresso dell’ Ordo virginum sul tema « Verginità consacrata nel mondo: un dono per la Chiesa e nella Chiesa », Roma (15 maggio 2008).
[17] « Le parole di Cristo (Mt 19, 11-12) partono da tutto il realismo della situazione dell’uomo e con lo stesso realismo lo conducono fuori, verso la chiamata in cui, in modo nuovo, pur rimanendo per sua natura essere “duplice” (cioè diretto come uomo verso la donna, e come donna, verso l’uomo), egli è capace di scoprire in questa sua solitudine, che non cessa di essere una dimensione personale della duplicità di ciascuno, una nuova e perfino ancor più piena forma di comunione intersoggettiva con gli altri. Questo orientamento della chiamata spiega in modo esplicito l’espressione: “Per il Regno dei cieli”; infatti, la realizzazione di questo Regno deve trovarsi sulla linea dell’autentico sviluppo dell’immagine e della somiglianza di Dio, nel suo significato trinitario, cioè proprio “di comunione”. Scegliendo la continenza per il Regno dei cieli, l’uomo ha la consapevolezza di potere, in tal modo, realizzare se stesso “diversamente” e, in certo senso, “di più” che non nel matrimonio, divenendo “dono sincero per gli altri”»: Giovanni Paolo II, Udienza (7 aprile 1982).
[18] «La continenza “per il Regno dei cieli”, la scelta della verginità o del celibato per tutta la vita, è divenuta nell’esperienza dei discepoli e dei seguaci di Cristo un atto di risposta particolare all’amore dello Sposo Divino e perciò ha acquisito il significato di un atto di amore sponsale, cioè di una donazione sponsale di sé, al fine di ricambiare in modo speciale l’amore sponsale del Redentore; una donazione di sé, intesa come rinuncia, ma fatta soprattutto per amore»: Giovanni Paolo II, Udienza (28 aprile 1982).
[19] « L’essere uomo vivente, maschio e femmina, […] sceglie con libera volontà la continenza “per il regno dei cieli” […] addita […] la “verginità” escatologica dell’uomo risorto, in cui si rivelerà l’assoluto ed eterno significato sponsale del corpo glorificato nell’unione con Dio stesso, mediante la visione di lui “a faccia a faccia”; e glorificato, anche, mediante l’unione di una perfetta intersoggettività, che unirà tutti i “partecipi dell’altro mondo”, uomini e donne, nel mistero della comunione dei santi. La continenza terrena “per il regno dei cieli” è indubbiamente un segno che indica questa verità e questa realtà. È segno che il corpo, il cui fine non è la morte, tende alla glorificazione ed è già per ciò stesso, direi, tra gli uomini una testimonianza che anticipa la futura risurrezione. Tuttavia, questo segno carismatico dell’altro mondo esprime la forza e la dinamica più autentica del mistero della “redenzione del corpo”: un mistero, che da Cristo è stato iscritto nella storia terrena dell’uomo e in questa storia da lui profondamente radicato. Così, dunque, la continenza “per il regno dei cieli” porta soprattutto l’impronta della somiglianza a Cristo, che, nell’opera della redenzione, ha fatto egli stesso questa scelta “per il regno dei cieli”»: Giovanni Paolo II, Udienza (24 marzo 1982).
[20] Cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, 1.
[21] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1667-1672; Codice di Diritto Canonico, cann. 1166-1169.
[22] Cf. Ordo consecrationis virginum, 17 e 22-23.
[23] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1; Ordo consecrationis virginum, 16, 24.
[24] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1.
[25] Cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 1.
[26] Cf. Giovanni Paolo II, Es. Ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 7 e 42.
[27] Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 604.
[28] Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 368 e can. 381 § 2.
[29] Cf. Giovanni Paolo II, Es. Ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 14.
[30] Cf. Ordo consecrationis virginum, 16.
[31] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 17-20.
[32] «La castità dei celibi e delle vergini, in quanto manifestazione della dedizione a Dio con cuore indiviso (cf. 1 Cor 7, 32-34), costituisce un riflesso dell’amore infinito che lega le tre Persone divine nella profondità misteriosa della vita trinitaria»: Giovanni Paolo II, Es. Ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 21. «L’integrità della fede è stata legata anche all’immagine della Chiesa vergine, alla sua fedeltà nell’amore sponsale per Cristo: danneggiare la fede significa danneggiare la comunione con il Signore»: Francesco, Lett. Enc. Lumen fidei (29 giugno 2013), 48.
[33] «L’amore sponsale comporta sempre una singolare disponibilità ad essere riversato su quanti si trovano nel raggio della sua azione Nel matrimonio questa disponibilità, pur essendo aperta a tutti, consiste in particolare nell’amore che i genitori donano ai figli. Nella verginità questa disponibilità è aperta a tutti gli uomini, abbracciati dall’amore di Cristo sposo»: Giovanni Paolo II, Lett. Ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 21.
[34] Cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, VIII.
[35] Francesco, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 287.
[36] Cf. Ambrosius, De virginibus, lib. II, c. 3, n. 19: PL 16, 211.
[37] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris Mater (25 marzo 1987), 6.
[38] Francesco, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 287.
[39] Ivi, 288.
[40] Ivi.
[41] Cf. Francesco, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 1.
[42] Cf. Benedetto XVI, Discorso alle partecipanti al Congresso dell’ Ordo virginum sul tema « Verginità consacrata nel mondo: un dono per la Chiesa e nella Chiesa », Roma (15 maggio 2008), 5; Giovanni Paolo II, Es. Ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 18.
[43] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 2.
[44] «I doni carismatici […] sono distribuiti liberamente dallo Spirito Santo affinché la grazia sacramentale porti frutto nella vita cristiana in modo diversificato e a tutti i suoi livelli. Essendo questi carismi “soprattutto adatti alle necessità della Chiesa e destinati a rispondervi” attraverso la loro multiforme ricchezza il Popolo di Dio può vivere in pienezza la missione evangelizzatrice, scrutando i segni dei tempi ed interpretandoli alla luce del Vangelo. I doni carismatici, infatti, muovono i fedeli a rispondere, in piena libertà e in modo adeguato ai tempi, al dono della salvezza, facendo di se stessi un dono d’amore per gli altri e una testimonianza autentica del Vangelo di fronte a tutti gli uomini»: Congregazione per la Dottrina della Fede, Lett. Iuvenescit Ecclesia (15 maggio 2016), 15.
[45] «Tra voi ci sono stili e modalità diverse di vivere il dono della verginità consacrata […]. Vi esorto ad andare oltre il modo di apparire, cogliendo il mistero della tenerezza di Dio che ciascuna porta in sé e riconoscendovi sorelle, pur nella vostra diversità»: Benedetto XVI, Discorso alle partecipanti al Congresso dell’ Ordo virginum sul tema « Verginità consacrata nel mondo: un dono per la Chiesa e nella Chiesa », Roma (15 maggio 2008), 5.
[46] «È di grande sostegno per progredire nel cammino evangelico, specialmente nel periodo di formazione e in certi momenti della vita, il ricorso fiducioso e umile alla direzione spirituale, grazie alla quale la persona è aiutata a rispondere alle mozioni dello Spirito con generosità e ad orientarsi decisamente verso la santità»: Giovanni Paolo II, Es. Ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 95.
[47] Cf. Benedetto XVI, Discorso alle partecipanti al Congresso dell’ Ordo virginum sul tema: « Verginità consacrata nel mondo: un dono per la Chiesa e nella Chiesa », Roma (15 maggio 2008), 4-5.
[48] Augustinus, De sancta virginitate, c. 54: PL 40, 428.
[49] «La grande tradizione patristica ci insegna che i misteri di Cristo sono legati al silenzio e solo in esso la Parola può trovare dimora in noi, come è accaduto in Maria»: Benedetto XVI, Es. Ap. Post-sinodale Verbum Domini (30 settembre 2010), 66.
[50] L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo »: Hieronymus, Commentarii in Isaiam, Prologus; CCL 73, 1: PL 24, 17.
[51] «L’Eucaristia è il sacramento dello Sposo, della Sposa. L’Eucaristia rende presente e in modo sacramentale realizza di nuovo l’atto redentore di Cristo, che “crea” la Chiesa suo corpo. Con questo “corpo” Cristo è unito come lo sposo con la sposa»: Giovanni Paolo II, Lett. Ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 26.
[52] «Qui si può attuare in pienezza l’intimità con Cristo, la immedesimazione con Lui, la totale conformazione a Lui a cui i consacrati sono chiamati per vocazione»: Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, Istruzione Ripartire da Cristo. Un rinnovato impegno della vita consacrata nel terzo millennio (19 maggio 2002), 26.
[53] Francesco, Bolla Misericordiae vultus (11 aprile 2015), 17.
[54] «Celebrare il Sacramento della Riconciliazione significa essere avvolti in un abbraccio caloroso: è l’abbraccio dell’infinita misericordia del Padre»: Francesco, Udienza (19 febbraio 2014).
[55] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 2.
[56] Ambrosius, De institutione virginis, c. 6, n. 46: PL 16, 320.
[57] Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 663 § 4.
[58] «L’ascesi, aiutando a dominare e correggere le tendenze della natura umana ferita dal peccato, è veramente indispensabile alla persona consacrata per restare fedele alla propria vocazione e seguire Gesù sulla via della Croce»: Giovanni Paolo II, Es. Ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 38.
[59] «La vocazione delle persone consacrate a cercare innanzitutto il Regno di Dio è, prima di ogni altra cosa, una chiamata alla conversione piena, nella rinuncia a se stessi per vivere totalmente del Signore, affinché Dio sia tutto in tutti. Chiamati a contemplare e testimoniare il volto trasfigurato di Cristo, i consacrati sono anche chiamati a un’esistenza trasfigurata»: Giovanni Paolo II, Es. Ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 35.
[60] «Questa è quindi la regola della conversione: allontanarsi dal male e imparare a fare il bene. Convertirsi è un cammino. È un cammino che richiede coraggio, per allontanarsi dal male, e umiltà per imparare a fare il bene
E che, soprattutto, ha bisogno di cose concrete»: Francesco, Meditazione mattutina nella Cappella della Domus Sanctae Marthae, Imparare a fare il bene (14 marzo 2017).
[61] Cf. Benedetto XVI, Discorso alle partecipanti al Congresso dell’ Ordo virginum sul tema « Verginità consacrata nel mondo: un dono per la Chiesa e nella Chiesa », Roma (15 maggio 2008), 4-5.
[62] Cf. Francesco, Lett. Enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 222-227.
[63] Francesco, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 273.
[64] «Per essere evangelizzatori autentici occorre anche sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente, fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di una gioia spirituale. La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo. […] Lui vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato. Ci prende in mezzo al popolo e ci invia al popolo, in modo che la nosta identità non si comprende senza questa appartenenza»: Francesco, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 268.
[65] Paolo VI, Es. Ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 70.
[66] Cf. Ordo consecrationis virginum, 16; Giovanni Paolo II, Discorso alle partecipanti al Convegno internazionale dell’ Ordo virginum, nel 25º anniversario della promulgazione del rito, Roma (2 giugno 1995), n. 6; Francesco, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 197-216. «Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica»: Francesco, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 198.
[67] Francesco, Lett. Enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 127.
[68] Ivi, 220.
[69] Ivi, 237.
[70] Cf. Giovanni Paolo II, Discorso alle partecipanti al Convegno internazionale dell’ Ordo virginum, nel 25º anniversario della promulgazione del rito, Roma (2 giugno 1995), 4.
[71] Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 680.
[72] Cf. Francesco, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 103-104.
[73] «Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio »: Francesco, Discorso in occasione della Commemorazione del 50º Anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, Roma (17 ottobre 2015).
[74] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 6.
[75] Cf. Ordo consecrationis virginum, 14 e 16.
[76] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5; Ordo consecrationis virginum, 2 e 16.
[77] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 6.
[78] Cf. Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il Ministero Pastorale dei Vescovi Apostolorum Successores (22 febbraio 2004), 104.
[79] Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1303 § 1.
[80] Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 604 § 2.
[81] Cf. Congregazione per la Dottrina della fede, Lett. Iuvenescit Ecclesia (15 maggio 2016), 16.
[82] Cf. Codice di Diritto Canonico, cann. 684 e 685.
[83] Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 695.
[84] Cf. Giovanni Paolo II, Es. Ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 19.
[85] Ivi, 69.
[86] Ivi, 65 e 69-70.
[87] «Sarà importante che ogni persona consacrata sia formata alla libertà d’imparare per tutta la vita, in ogni età e stagione, in ogni ambiente e contesto umano, da ogni persona e da ogni cultura, per lasciarsi istruire da qualsiasi frammento di verità e bellezza che trova attorno a sé. Ma soprattutto dovrà imparare a farsi formare dalla vita di ogni giorno, dalla sua propria comunità e dai suoi fratelli e sorelle, dalle cose di sempre, ordinarie e straordinarie, dalla preghiera come dalla fatica apostolica, nella gioia e nella sofferenza, fino al momento della morte»: Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, Istruzione Ripartire da Cristo. Un rinnovato impegno della vita consacrata nel terzo millennio (19 maggio 2002), 15.
[88] «La tentazione dell’individualismo. È la tentazione degli egoisti che, strada facendo, perdono la mèta e invece di pensare agli altri pensano a sé stessi, non provandone alcuna vergogna, anzi, giustificandosi. La Chiesa è la comunità dei fedeli, il corpo di Cristo, dove la salvezza di un membro è legata alla santità di tutti. L’individualista invece è motivo di scandalo e di conflittualità»: Francesco, Discorso in occasione dell’Incontro di preghiera con il Clero, i Religiosi, le Religiose e i Seminaristi, Il Cairo (29 aprile 2017).
[89] Cf. Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, Istruzione Ripartire da Cristo. Un rinnovato impegno della vita consacrata nel terzo millennio (19 maggio 2002), 18.
[90] Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1072.
[91] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 b).
[92] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 a) e 5 b).
[93] Giovanni Paolo II, Es. Ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 65
[94] Cf. Giovanni Paolo II, Discorso alle partecipanti al Convegno internazionale dell’ Ordo virginum, nel 25º anniversario della promulgazione del rito, Roma (2 giugno 1995), 4.
[95] «Affermava Benedetto XVI che esiste una “ecologia dell’uomo” perché “anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere” [Discorso al Deutscher Bundestag, Berlino (22 settembre 2011)]. In questa linea, bisogna riconoscere che il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio del proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua mascolinità o femminilità è necessario per poter riconoscere se stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente»: Francesco, Lett. Enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 155.
[96] Cf. Congregazione per l’Educazione cattolica, Orientamenti per l’utilizzo delle competenze psicologiche nell’ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio (29 giugno 2008); Congregazione per il Clero, Il dono della vocazione presbiterale. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 dicembre 2016), 146-147 e 191-196.
[97] Cf. Congregazione per il Clero, Il dono della vocazione presbiterale. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 dicembre 2016), 194.
[98] «Nella selezione degli specialisti, oltre alle loro qualità umane e alla loro competenza specifica, si deve tener conto del loro profilo di credenti»: Congregazione per il Clero, Il dono della vocazione presbiterale. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 dicembre 2016), 146.
[99] Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 a).
[100] Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, Istruzione Ripartire da Cristo. Un rinnovato impegno della vita consacrata nel terzo millennio (19 maggio 2002), 25.
[101] Cf. Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, Istruzione Ripartire da Cristo. Un rinnovato impegno della vita consacrata nel terzo millennio (19 maggio 2002), 15.
[01125-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Introduction
I. La vocation et le témoignage de l’Ordo virginum
II. La configuration de l’Ordo virginum dans les Églises particulières et dans l’Église universelle
III. Le discernement de la vocation et la formation pour l’Ordo virginum
Conclusion
Introduction
1. L’image de l’Église Epouse du Christ est présentée dans le Nouveau Testament comme une icône efficace révélatrice de la nature intime des rapports que le Seigneur Jésus a voulu établir avec la communauté de ceux qui croient en Lui (Eph 5, 23-32 ; Ap 19, 7-9 ; 21, 2-3.9).
A partir des temps apostoliques, cette expression du mystère de l’Église a trouvé une manifestation tout à fait particulière dans la vie de certaines femmes qui, en correspondant au charisme suscité en elles par l’Esprit Saint, se sont dédiées au Seigneur Jésus par amour sponsal dans la virginité, pour exprimer la fécondité spirituelle de la relation intime avec Lui et en offrir les fruits à l’Église et au monde.
2. Comme certains passages du Nouveau Testament et les écrits des premiers siècles chrétiens l’indiquent, cette forme de vie évangélique est apparue de façon spontanée dans les diverses régions où les communautés ecclésiales[1] se développaient, en se plaçant parmi les autres formes de vie ascétique. Dans le contexte de la société païenne, ces formes de vie constituaient un signe évident de la nouveauté du christianisme et de sa capacité à répondre aux questions les plus profondes sur le sens de l’existence humaine[2]. Selon un processus analogue à celui qui concernait le veuvage des femmes qui choisissaient la continence « en honneur de la chair du Seigneur »[3], la virginité consacrée féminine acquit progressivement les caractéristiques d’un état de vie reconnu publiquement par l’Église[4].
Pendant les trois premiers siècles, les vierges consacrées qui ont subi le martyre pour rester fidèles au Seigneur ont été très nombreuses. Parmi celles-ci, Agathe de Catagne, Lucie de Syracuse, Agnès et Cécile de Rome, Thècle d’Iconium, Apollonie d’Alexandrie, Restituta de Carthagène, Juste et Rufine de Séville. Par la suite et jusqu’à nos jours, la mémoire des vierges martyres est restée comme un vif rappel du don total de soi que la consécration virginale exige.
Les Pères de l’Église voyaient le reflet de l’image de l’Église, Epouse totalement dévouée à son Epoux, dans les femmes qui accueillaient cette vocation et y répondaient par la décision de persévérer dans la virginité tout au long de la vie. Pour cette raison, ils parlaient d’elles comme sponsae Christi, Christo dicatae, Christo maritatae, Deo nuptae[5]. Dans le corps vivant de l’Église, elles constituaient un coetus institutionnalisé, indiqué par nom d’Ordo virginum[6].
3. À partir du IVème siècle, l’entrée dans l’Ordo virginum se réalisait par un rite liturgique solennel présidé par l’Evêque diocésain. Au sein de la communauté réunie pour la célébration eucharistique, la femme exprimait le Sanctum propositum de demeurer dans la virginité tout au long de sa vie pour l’amour du Christ et l’Evêque prononçait la prière consécratoire. Comme l’attestent les écrits d’Ambroise de Milan et les sources liturgiques les plus anciennes, le symbolisme nuptial du rite était rendu particulièrement évident par l’imposition du voile à la vierge par l’Evêque, geste qui correspondait à la velatio accomplie lors de la célébration du mariage[7].
4. L’estime et la sollicitude pastorale accompagnant le chemin des vierges consacrées sont amplement attestées par la littérature patristique. Les Pères ne se limitent pas à censurer les comportements des consacrées non conformes à leur engagement de mener une vie chaste dans l’humble sequela du Christ, mais ils combattent avec vigueur tant les arguments de ceux qui nient la valeur de la virginité consacrée que les déviances hérétiques qui prônent un idéal de la virginité et de la continence fondé sur une conception négative du mariage et de la sexualité. Réfléchissant sur les fondements théologiques de la consécration virginale, ils en ont mis en lumière l’origine charismatique, sa motivation évangélique et son importance ecclésiale et sociale. Ils ont également souligné la référence exemplaire à la Vierge Marie, ainsi que la valeur prophétique d’anticipation et d’attente vigilante de la pleine communion avec le Seigneur, qui se réalisera seulement à son retour glorieux à la fin des temps. En s’adressant aux vierges consacrées « plus par l’affection que par l’autorité »[8] de leur ministère, ils exhortent les vierges consacrées à nourrir et exprimer leur amour envers le Christ Epoux par la méditation assidue de l’Ecriture et la prière persévérante, personnelle et liturgique. Ils les exhortent à pratiquer l’ascèse, les vertus et les œuvres de miséricorde et à cultiver une attitude d’écoute docile du magistère de l’Evêque. Ils leur demandent aussi de s’engager à garder la communion ecclésiale, pour offrir un témoignage évangélique limpide et convainquant à l’intérieur des communautés chrétiennes et du milieu social où elles restaient insérées, vivant généralement dans leurs familles d’origine et parfois aussi dans des formes de vie communautaire.
À la même période, la discipline des aspects essentiels de cette forme de vie commença à être précisée par les décrétales des Papes et les constitutions des Conciles provinciaux.
5. Si, durant les premiers siècles, les vierges consacrées vivaient généralement dans leurs propres familles, avec le développement du monachisme cénobite, l’Église a associé la consécration virginale à la vie communautaire et donc à l’observance d’une règle commune et à l’obéissance à une supérieure. Au cours des siècles, on assiste progressivement à la disparition de la forme de vie originelle de l’Ordo virginum avec son enracinement caractéristique au sein de la communauté ecclésiale locale, sous la conduite de l’Evêque diocésain.
Les rites d’entrée dans la vie monastique ont accompagné et, dans la plus grande partie des monastères, se sont substitués à la célébration de la consecratio virginum. Seules certaines familles monastiques où l’on émettait les vœux solennels en conservèrent le rite. Tout en préservant les éléments essentiels de sa structure originelle, celui-ci fut enrichi par l’apport de la sensibilité des populations où il s’était répandu. Cela fut possible grâce à des révisions successives qui introduisirent de nouvelles formules eucologiques et de nouveaux gestes symboliques.
6. L’impulsion du renouveau ecclésial qui inspira le Concile Vatican II suscita aussi l’intérêt pour le rite liturgique de la consecratio virginum et l’Ordo virginum. Plusieurs siècles après sa disparition et dans un contexte historique radicalement modifié, où étaient en cours de profonds changements de la condition féminine dans l’Église et dans la société, cette ancienne forme de vie consacrée révélait une surprenante force d’attraction. Elle semblait capable de correspondre non seulement au désir de nombreuses femmes de se donner entièrement au Seigneur et aux frères, mais aussi à la redécouverte contextuelle de l’identité propre de l’Église particulière dans la communion de l’unique Corps du Christ.
Selon ce qu’avait prévu la Constitution sur la liturgie Sacrosanctum Concilium en son numéro 80, le rite de la consecratio virginum du Pontifical Romain fut, dans la période postconciliaire, soumis à révision sur la base des principes généraux établis par le Concile pour la réforme liturgique. Le nouvel Ordo consecrationis virginum, promulgé le 31 mai 1970 par la Sacrée Congrégation pour le Culte Divin sur mandat spécial du Pape Paul VI, est entré en vigueur le 6 janvier 1971[9]. Reprenant la plus antique tradition ecclésiale et tenant compte également des évolutions historiques, deux formes de célébration ont été élaborées et approuvées. La première est destinée aux femmes qui demeurent in saeculo, c’est à dire dans leur condition de vie ordinaire, et qui sont admises à la consécration par l’Evêque diocésain. La deuxième est destinée aux moniales des communautés dans lesquelles le rite est en usage, aux professes perpétuelles ou à celles qui, durant la même célébration, font profession perpétuelle et reçoivent la consecratio virginum.
7. De cette manière, la consécration virginale des femmes qui restent dans leur contexte ordinaire de vie, enracinées dans la communauté diocésaine rassemblée autour de l’Evêque, selon les modalités de l’antique Ordo virginum, a retrouvé une reconnaissance ecclésiale explicite, sans affiliation à un institut de vie consacrée. Le texte liturgique et les règles qui y sont contenues dessinent, dans leurs éléments essentiels, la physionomie et la discipline de cette forme de vie consacrée, dont le caractère institutionnel – propre et distinct de celui des Instituts de vie consacrée – a été ensuite confirmé par le Code de Droit Canonique (can. 604). De la même façon, le Code des Canons des Églises Orientales a explicité la possibilité que, dans les Églises Orientales, le droit particulier institue des vierges consacrées qui professent publiquement « à part » dans le monde la chasteté, c’est-à-dire sans lien d’appartenance à un Institut de vie consacrée (can. 570).
En conséquence, dans la réorganisation de la Curie romaine mise en œuvre par la Constitution Apostolique Pastor Bonus, l’Ordo virginum a été placé dans le domaine de compétence de la Congrégation pour les Instituts de vie consacrée et les Sociétés de vie apostolique[10].
Le Catéchisme de l’Église Catholique[11], la réflexion tenue à l’occasion du Synode des Evêques dédié au thème de « La vie consacrée et sa mission dans l’Église et dans le monde » et l’Exhortation apostolique post-synodale Vita consecrata[12] (en particulier le n. 7 et le n. 42) ont aussi contribué à clarifier la place ecclésiale de l’Ordo virginum parmi les autres formes de vie consacrée, en mettant en relief le lien spécifique qui s’établit entre les vierges consacrées et l’Église, particulière et universelle.
L’Instruction Repartir du Christ : un engagement renouvelé de la vie consacrée au troisième millénaire[13] a ensuite souligné l’exigence pour l’Evêque diocésain et son presbyterium de porter une attention particulière aux vierges consacrées.
Par la suite, le Directoire pour le ministère pastoral des Evêques, Apostolorum Successores[14], a réaffirmé, en continuité avec l’antique tradition ecclésiale, que l’Evêque diocésain doit avoir une sollicitude particulière pour l’Ordo virginum, en ce que les vierges sont consacrées à Dieu par ses mains et confiées à son soin pastoral.
8. Depuis que cette forme de vie consacrée a été proposée à nouveau au sein de l’Église, on assiste à une véritable floraison nouvelle de l’Ordo virginum, dont la vitalité se manifeste dans la richesse multiforme des charismes personnels mis au service de l’édification de l’Église et du renouveau de la société selon l’esprit de l’Evangile. Ce phénomène est de grande importance, non seulement par le nombre de femmes qui y sont engagées mais aussi par sa diffusion sur tous les continents, dans de très nombreux pays et Diocèses, dans des zones géographiques et des contextes culturels très divers.
Indubitablement, la traduction par les Conférences épiscopales de l’édition typique latine de l’Ordo consecrationis virginum dans la plupart des langues courantes a contribué à cette évolution.
De très nombreux Evêques ont promu et soutenu l’Ordo virginum dans leurs Diocèses par leur magistère et leur action pastorale, en valorisant également la contribution des vierges consacrées elles-mêmes, qui se sont senties appelées à réfléchir à leur propre expérience, à l’actualité de cette vocation dans l’Église et le monde d’aujourd’hui et aux attentions nécessaires pour leur permettre de s’exprimer selon leur propre originalité. Avec les mêmes intentions, certaines Conférences épiscopales ont élaboré, pour leurs territoires respectifs, des critères et des orientations communes pour le soin pastoral de l’Ordo virginum.
En synergie avec le magistère et l’action des Evêques diocésains, le Siège Apostolique a maintenu une attention constante à l’Ordo virginum, en se mettant au service des Églises particulières de manière à favoriser la renaissance et le développement de cette forme de vie selon ses caractéristiques spécifiques.
9. Le service à la communion que le Successeur de Pierre rend également à l’Ordo virginum a acquis une visibilité particulière à l’occasion des deux premières rencontres internationales qui ont vu se réunir à Rome des vierges consacrées provenant de nombreux pays. Les vierges consacrées ont reçu de précieux enseignements de la part de Saint Jean-Paul II en 1995[15] et de la part de Benoît XVI en 2008[16], qui les ont aidées à s’orienter sur leur chemin.
Une troisième rencontre internationale a eu lieu en 2016, au moment où les vierges consacrées du monde entier ont été invitées à Rome à participer aux journées de clôture de l’Année de la vie consacrée proclamée par le Pape François. Sous la conduite du Successeur de Pierre qui a invité les personnes consacrées de toutes les formes de vie à redécouvrir les fondements communs de la vie consacrée, il est devenu évident que l’enracinement caractéristique de l’Ordo virginum dans les Églises particulières s’harmonise avec l’expérience de la communion que les vierges consacrées expérimentent dans l’Église universelle, en se rendant participantes de l’unique mission ecclésiale.
10. Ces dernières années, ce Dicastère a reçu, de plusieurs endroits du monde, des demandes pour qu’il donne des indications pour orienter l’action des Evêques diocésains dans l’application des règles contenues dans le Pontifical Romain et implicitement rappelées par le can. 604 du Code de Droit Canonique, ainsi que pour définir une discipline plus complète et organique qui soit ainsi précisée selon les spécificités de l’Ordo virginum, sur la base des principes communs au droit de la vie consacrée dans ses différentes formes.
La présence renouvelée de cette forme de vie consacrée dans l’Église, dont la réapparition est étroitement liée à l’évènement du Concile Vatican II, et la rapidité de sa croissance dans de nombreuses Églises particulières rendent opportun de répondre à ces demandes afin que l’identité spécifique de l’Ordo virginum soit préservée, dans sa nécessaire adaptation aux différents contextes culturels.
La présente Instruction établit les principes normatifs et les critères d’orientation que les Pasteurs de chaque Diocèse et Église particulière assimilée au Diocèse devront appliquer pour le soin pastoral de l’Ordo virginum.
Après avoir tracé le fondement biblique et les éléments typiques de la vocation et du témoignage des vierges consacrées (première partie), l’Instruction traite de la configuration spécifique de l’Ordo virginum dans le domaine de l’Église particulière et de l’Église universelle (deuxième partie). L’Instruction s’arrête ensuite sur le discernement vocationnel et les itinéraires de la formation préalable à la consécration et de la formation permanente (troisième partie).
I
La vocation
et le témoignage
de l’Ordo virginum
Le fondement biblique de la virginité consacrée
11. Soyez féconds et multipliez vous (Gn 1, 28) est le commandement adressé par le Créateur au premier couple et répété à Noé et à ses fils (Gn 9, 1.7). Il imprègne profondément la mentalité hébraïque et tout le tissu de l’Ancien Testament et est lié à la promesse d’une génération nombreuse et à l’accomplissement des temps messianiques. Le mariage, si possible enrichi de nombreux enfants, apparaît donc comme le profil idéal de chaque pieux israélite. Un style de vie différent est étranger à la mentalité biblique.
Dans le Pentateuque et les Livres historiques, l’abstinence sexuelle est exigée seulement comme condition temporaire de détachement de ce qui est profane, en vue d’accéder à la sphère de ce qui est rejoint par la sainteté de Dieu : par exemple pour se préparer à la rencontre avec le Seigneur au Sinaï (Ex 19, 15) ou à la guerre contre les ennemis du Seigneur (1 Sam 21, 2-7) ou pendant le service culturel de la part des Lévites (Lv 22, 1-9) ou pour pouvoir participer à un repas sacré (1 Sam 21, 5). La virginité est appreciée comme une qualité positive seulement en relation avec le mariage futur et avec une référence explicite à la condition de la femme (Dt 22, 13-21) car elle représente l’intimité qui est réservée à l’époux. En particulier, il est imposé au Grand Prêtre d’épouser une vierge pour des raisons de pureté rituelle (Lv 21, 10-14). Par contre, la virginité perpétuelle est considérée comme une grande humiliation (voir la fille de Jephté dans Jg 11, 37), tandis que la stérilité physique est supportée avec une grande souffrance morale (voir Rachel dans Gn 30, 23 ; Anne dans 1 Sam 1, 11 ; Elisabeth dans Luc 1, 25).
12. L’exaltation de l’amour sponsal dans les Ecrits sapientiaux – qui atteint son sommet poétique dans le Cantique des Cantiques – s’enracine dans l’idéal de vie familiale hérité de la tradition, contemplé dans sa beauté (par exemple : Ps 127, 3-5 ; 128, 1-3 ; Sir 25, 1) et reproposé en perspective morale et pédagogique (par exemple : Pr 5, 15-19 ; Sir 7, 23-28 ; 9, 1.9). La virginité est appréciée comme vertu de la femme, à garder et à respecter en vue du mariage en ce qu’elle prouve sa rectitude et l’honneur de sa famille (Jb 31, 1 ; Sir 9, 5 ; 42, 10), au point que, en personnifiant la Sagesse divine, le livre du Siracide la représente comme vierge épouse qui se donne à celui qui craint le Seigneur (Sir 15, 2). Et, parce que la vertu est appréciée par Dieu, on voit également apparaître l’intuition selon laquelle il existe dans les bonnes œuvres une fécondité spirituelle qui rachète de la mortalité, même pour la femme stérile, pour celui qui est dans l’impossibilité de construire une famille ou qui est privé de descendance (Sg 3, 13-14 ; 4, 1).
13. À partir de la prédication d’Osée – strictement liée à sa douloureuse expérience personnelle –, la métaphore sponsale apparaît dans les Livres prophétiques pour mettre en relief la gratuité totale de l’élection et l’inlassable fidélité à l’alliance de la part de Dieu (Os 1-2 ; Ez 16 ; 23), alors que le peuple cède à la séduction d’autres divinités et de leurs cultes. Dans ce cadre symbolique, tout le peuple de Dieu est, à plusieurs reprises, comparé à une vierge ou personnifié comme telle : quelque fois pour en dénoncer l’idolâtrie qui l’expose au risque de disparition, comme une vierge qui meurt sans descendance (Am 5, 2), quelque fois pour donner voix à la lamentation de sa propre ruine (Lam 2, 13), quelque fois pour l’inviter au repentir (Jr 31, 21). Mais parfois aussi pour faire résonner la promesse de la rédemption par laquelle Dieu rachètera Israël de la dévastation et de l’abandon, afin que le Peuple de Dieu retrouve la joie de se reconnaître aimé d’un amour éternel (Jr 31, 4.13 ; Is 62, 5).
Même le célibat de Jérémie – le seul auquel Dieu ordonne explicitement de ne pas prendre une femme – constitue une annonce prophétique du châtiment qui va s’abattre sur le peuple (Jr 16, 2). Il est un instrument expressif de la parole de Dieu, un symbole de mort ou, plus précisément, une personnification douloureuse de son message de jugement qui annonce la destruction imminente comme punition pour l’infidélité du peuple envers Dieu.
14. Dans la pensée rabbinique, le célibataire est considéré comme un homme sans aide, sans joie, sans bénédiction (Bereshit Rabba 17, 2) assimilé à celui qui répand le sang ou qui diminue l’image divine (Traité Yevamot du Talmud de Babylone 63b). Toutefois, des exceptions apparaissent parmi les rabbins et quelques groupes religieux, comme les esséniens et les thérapeutes, ainsi que dans la fameuse communauté de Qumran.
Au début du Nouveau Testament nous est présentée la figure de Jean-Baptiste qui se définit ami de l’époux (Jn 3, 29) et qui prépare la venue du Messie et l’irruption du règne de Dieu par sa vie d’ascèse et sa prédication.
15. Dans le Nouveau Testament, le célibat entre en scène et se présente comme prophétie incarnée du déjà et du pas encore du Royaume de Dieu, qui prend son origine et sa raison d’être de la nouveauté de l’irruption du Royaume dans l’histoire. A partir du moment où, dans les évangiles, le Royaume de Dieu s’identifie à la prédication, aux œuvres et à la personne-même de Jésus, la motivation du célibat revêt un caractère fortement christocentrique. Les évangiles de l’enfance de Matthieu (1, 18-25) et surtout de Luc (1, 26-38) présentent la nouveauté de la virginité (carnis et cordis) de la mère de Jésus, signe visible de l’incarnation invisible du Fils de Dieu et expression sponsale de l’alliance avec Dieu, à laquelle est appelé tout le peuple des croyants. En outre, les Evangiles nous présentent Jésus comme un prédicateur itinérant qui, libre de tout lien (Mt 8, 19-20), manifeste l’urgence du Royaume désormais présent et qui appelle à la foi et à la conversion. Le style itinérant de Jésus comporte, en fait, un constant éloignement des lieux et des personnes et ne s’adapte pas aux nécessités d’une vie de famille, où l’intérêt d’un membre est fortement lié à l’intérêt de tous les autres membres, au point qu’il donne origine à une solidarité forte et à la politique des parentés.
Bien qu’il existe plusieurs références aux membres de la famille de Jésus, on ne rencontre jamais dans les évangiles une allusion à une épouse ou à des enfants (Mc 3, 31-32 ; 6, 3 ; Jn 6, 42 ; Ac 1, 14). En réalité, Jésus appelle enfants ou petits-enfants ses disciples (tékna, Mc 10, 24 ; teknía, Jn 13, 33 ; paidía, Jn 21, 5), laissant ainsi comprendre la réalité d’une filiation de type spirituel. A l’occasion de la visite de sa famille venue le voir (Mt 12, 47 ; Mc 3, 31 ; Lc 8, 20) ou même le reconduire à la maison (Mc 3, 21), il annonce la constitution de sa nouvelle famille qui ne se fonde pas sur des liens de sang, mais sur une réalité spirituelle exprimée par le désir d’accomplir la volonté de Dieu (Mt 12, 50 ; Mc 3, 31-35) ou d’écouter la parole de Dieu et de la mettre en pratique (Lc 8, 21).
Cette naissance ultérieure, ou renaissance dans l’Esprit, qui va au-delà de la chair et du sang, est attestée aussi dans le prologue de Jean (Jn 1, 12-13) et à l’occasion du dialogue entre Jésus et Nicodème (Jn 3, 3-8).
Jésus embrasse librement une vie sans liens et obligations familiales pour pouvoir se dédier totalement à l’annonce du Royaume et à la réalisation du dessein d’amour du Père pour l’humanité. Jésus incarne une radicale liberté des liens qu’il demande aussi à ceux qui le suivent : il demande de laisser (afíemi, mot grec qui se trouve dans les trois synoptiques) tout (panta : Mt 19, 27 ; Mc 10, 28) ou les biens (ta idia : les choses intimes, sa propre sphère d’intimité, Lc 18, 28) et cela implique aussi de laisser non seulement les parents, les frères, les sœurs, mais aussi la femme (gyne´ : Lc 18, 29) ou les enfants (tékna : Mt 19, 29 ; Mc 10, 29 ; Lc 18, 29). Il parle à ses disciples d’eunuchia comme d’une condition tout à fait neuve, à comprendre non pas comme mortification ou attitude de mépris envers la femme, mais comme un don particulier accordé par Dieu à ceux qui y sont appelés.
Qu’on se rappelle le fameux logion : Tous ne comprennent pas cette parole, mais seulement ceux à qui cela est donné (Mt 19, 11). Du point de vue grammatical, l’expression à qui cela a été donné (dédotai) correspond à un passif divin et signifie : ceux à qui Dieu l’a donné. Seuls ceux qui entrent dans la compréhension du mystère du Royaume inauguré par le Christ sont capables de comprendre ce don qui exige un choix volontaire, libre et qui a une motivation d’ordre théologique et eschatologique, car il est pour le Royaume des cieux (Mt 19, 12).
Le célibat se présente ainsi comme un choix libre, qui advient même dans cet espace relationnel qu’est le corps, et par lequel on répond au Dieu de l’amour qui appelle et se révèle dans le visage du Christ[17]. Ce choix n’est pas la fuite de la relation, ni le fruit d’un effort inhumain, mais don qui appartient au dynamisme de la transfiguration de la relationalité qui distingue le style inauguré par Jésus : la fraternité évangélique, base d’une humanité réconciliée et fondement de la koino-nía sur laquelle s’appuie la vie de l’Église[18].
L’annonce du Royaume introduit ainsi les disciples dans une situation eschatologique nouvelle, face à laquelle tout passe au second plan (Mt 10, 37 ; Lc 14, 26 ; Mt 19, 27-29 ; Mc 10, 28-30 ; Lc 18, 29). Dans Mt 22, 23-33, Mc 12, 18-27 et Lc 20, 27-40, où l’on parle de la condition eschatologique des ressuscités, on montre en effet comment le choix du célibat et de la virginité pour le Christ et l’Evangile place déjà les disciples, avec une fonction symbolique et anticipative, dans la réalité du Royaume[19].
16. En écrivant aux Corinthiens, Paul place la virginité à côté du mariage, en la présentant non sous le registre du commandement mais comme un conseil (1 Co 7, 25), un appel personnel de Dieu, un charisme (1 Co 7, 7). Il la caractérise comme un état de vie qui permet un dévouement plus grand au Seigneur (1 Co 7, 32-35), témoignage de la non appartenance des chrétiens à ce monde, signe de la tension de l’Église vers le but final et l’anticipation de l’état de résurrection (1 Co 7, 29.31). L’accent n’est pas mis sur l’état physique mais sur le dévouement total de la personne au Christ et sur le service pour le Royaume. En ce sens, aux yeux de Paul, la communauté est la vierge qu’en qualité de père, il a donnée en fiançailles au Christ pour qu’elle lui offre toute son énergie et son dévouement en gardant intègre la foi suscitée par la prédication apostolique (2 Co 11, 2-4).
Dans la Jérusalem céleste, tous les élus sont appelés vierges (Ap 14, 4), ils expriment leur fidélité à l’alliance, le fait de ne pas être contaminés par les idoles. Dans le livre de l’Apocalypse, la virginité apparaît comme un signe de reconnaissance de l’appartenance à la Cité céleste, à l’épouse de l’Agneau (Ap 21, 2.9).
Si Jésus, le consacré par excellence, vit sa consécration non en termes de séparation du profane ou de l’impur en accomplissement des prescriptions légales, mais en terme d’accueil du corps que le Père lui a donné et du don de soi sur la croix, son corps est le lieu concret et le signe qui réalise sa consécration au dessein du Père (He 10, 5-10). C’est également ce qui se passe pour quiconque emprunte le chemin du célibat ou de la virginité : le corps devient parole, annonce d’appartenance totale au Seigneur et de service joyeux aux frères et aux sœurs.
17. La virginité chrétienne se pose ainsi dans le monde comme signe manifeste du Royaume futur car sa présence révèle la relativité des biens matériels et le caractère transitoire du monde-même. En ce sens, comme le célibat du prophète Jérémie, elle est prophétie de la fin imminente, mais, en même temps, en vertu du lien sponsal avec le Christ, elle annonce aussi le début de la vie du monde futur, le nouveau monde selon l’Esprit. Ainsi, comme dans la vision biblique, le signe n’est pas une référence purement conventionnelle ou la pâle image d’une réalité lointaine, mais la réalité-même, dans sa manifestation débutante. Dans le signe est contenu la réalité future, même si elle est encore cachée.
La virginité consacrée se situe donc dans l’horizon d’une sponsalité qui n’est pas théogamique (c’est-à-dire de mariage avec la divinité) mais théologale, c’est-à-dire baptismale, parce qu’elle concerne l’amour sponsal du Christ pour l’Église (cf. Ep 5, 25-26). Il s’agit d’une réalité salvifique, surnaturelle et pas seulement humaine, qui ne peut être expliquée par la logique de la raison mais par la foi, car – comme le rappelle l’Ecriture – Ton époux est ton créateur (Is 54, 5). Elle est une des grandes œuvres du nouvel ordre inauguré par la Pâque du Christ et l’effusion de l’Esprit, expérience difficile à comprendre pour l’homme charnel et compréhensible seulement pour ceux qui se laissent instruire par l’Esprit de Dieu (cf. 1 Co 2, 12-13).
Le charisme et la vocation
18. Les femmes en qui l’Esprit suscite le charisme de la virginité (Mt 19, 11-12) reçoivent la grâce d’une vocation particulière par laquelle Dieu le Père les attire au cœur de l’alliance nuptiale (Ap 19, 7-9) que, dans son dessein éternel d’amour, il a voulu établir avec l’humanité et qui s’est accomplie dans l’Incarnation et la Pâque du Fils.
Tel est le grand mystère (Ep 5, 32) qui s’actualise dans l’Église, l’Epouse pour qui le Christ s’est donné lui-même afin de la rendre sainte et immaculée (Ep 5, 25-27), sacrement de la communion de Dieu avec les hommes[20]. De ce mystère nuptial, dans lequel sont immergés tous les baptisés, les époux chrétiens puisent la grâce du sacrement qui les fortifie dans leur union (Ep 5, 28-29).
Par leur vocation particulière, les femmes qui reçoivent la consécration virginale dans l’Église puisent aussi à ce mystère : pour l’amour du Christ aimé au-dessus de tout, elles renoncent à l’expérience du mariage humain pour lui être unies par un lien sponsal, pour expérimenter et témoigner dans la condition virginale (1 Co 7, 34) de la fécondité d’une telle union, et pour anticiper la réalité de la communion définitive avec Dieu à laquelle l’humanité entière est appelée (Lc 20, 34-36).
Le propositum, la consécration et l’état de vie
19. Cette réalité spirituelle est signifiée et rendue opérante lors de la célébration liturgique de la consecratio virginum, par laquelle l’Église implore la grâce de Dieu et l’effusion de l’Esprit Saint[21] sur les vierges.
Dans ce rite, les futures consacrées expriment le sanctum propositum, c’est-à-dire la ferme et définitive volonté de persévérer pour toute la vie dans la chasteté parfaite et dans le service de Dieu et de l’Église, en suivant le Christ comme l’Evangile le propose, afin de rendre au monde un témoignage vivant d’amour et d’être signe manifeste du Royaume futur[22].
Le propositum des futures consacrées est accueilli et confirmé par l’Église grâce à la prière solennelle de l’Evêque qui invoque et obtient pour elles l’onction spirituelle qui établit le lien sponsal avec le Christ et les consacre à Dieu à un nouveau titre[23].
De cette manière, les vierges sont constituées personnes consacrées, signe sublime de l’amour de l’Église pour le Christ, image eschatologique de l’Epouse céleste et de la vie future[24]. L’appartenance exclusive au Christ, scellée par le lien nuptial, alimente en elles l’attente vigilante du retour de l’Epoux glorieux (Mt 25, 1-13), les associe de façon particulière à son sacrifice rédempteur et les dédie à l’édification et à la mission de l’Église dans le monde (Co 1, 24).
20. Dans l’existence des vierges consacrées se reflète la nature de l’Église : animée par la charité tant dans la contemplation que dans l’action ; disciple et missionnaire ; tendue vers l’accomplissement eschatologique et, en même temps, participante des joies, des espérances, des tristesses, des angoisses des hommes de son temps[25], surtout des plus fragiles et pauvres ; immergée dans le mystère de la transcendance divine et incarnée dans l’histoire des peuples.
Pour cette raison, la consécration établit une relation spéciale de communion avec l’Église particulière et universelle[26], définie par un lien caractéristique qui détermine l’acquisition d’un nouvel état de vie et les introduit dans l’Ordo virginum[27].
La configuration institutionnelle et le soin pastoral de cette forme de vie ont donc comme médiation nécessaire le ministère de l’Evêque diocésain ou, dans une Église particulière assimilée au Diocèse[28], le ministère du Pasteur qui la préside, en communion avec le Successeur de Pierre.
La physionomie spirituelle
21. Comme toute vocation chrétienne, la vocation des vierges consacrées dans l’Ordo virginum est expérience du dialogue entre la grâce divine et la liberté humaine. La donation d’elle-même par la vierge consacrée est en effet précédée, soutenue et portée à son accomplissement par l’initiative libre et gratuite de Dieu, sur le fondement de la vocation baptismale et dans la trame générative et fraternelle des relations ecclésiales[29]. Elle ne peut être par conséquent comprise qu’à partir de l’unité radicale du peuple de Dieu, unité qui découle de l’unique Esprit, est fondée sur les Apôtres et resplendit dans la variété des charismes et des ministères, tous complémentaires entre eux et tous capables de contribuer à la mission unique de l’Église (Rm 12, 4-5).
22. Comme dans la tradition ecclésiale la plus antique, la physionomie spirituelle des consacrées appartenant à l’Ordo virginum se qualifie par l’enracinement dans l’Église particulière rassemblée autour de l’Evêque, son pasteur. Ses contours sont dessinés, spécialement dans le rite de consécration, avec pour référence première le modèle de l’Église vierge par l’intégrité de la foi, épouse par l’indissoluble union avec le Christ, mère par la multitude d’enfants engendrés à la vie de grâce[30].
Virginité, sponsalité et maternité[31] sont les trois perspectives qui permettent de décrire l’expérience spirituelle des vierges consacrées. Ces trois perspectives ne se réfèrent pas à des caractéristiques juxtaposées ou additionnées entre elles, mais à des dynamiques spirituelles qui se vérifient l’une dans l’autre et s’inscrivent dans les éléments fondamentaux de la vie baptismale. C’est pourquoi les consacrées sont filles de l’Église et sœurs reliées à tous les hommes et les femmes par des liens de fraternité.
23. La virginité des consacrées trouve son fondement et sa signification dans la foi de l’Église. En effet, elle est vécue à la lumière du Christ et pour son amour, et elle renvoie à l’accueil intégral, sans limites et sans compromis, de la révélation trinitaire qui s’est accomplie en Lui de façon définitive[32]. En elle s’exprime la confiance totale dans le Seigneur Jésus, qui rejoint la personne au cœur de son humanité, dans sa solitude originaire, précisément là où l’image et la ressemblance avec Dieu est imprimée de façon indélébile et où, malgré toute chute et blessure du péché, la vie peut se renouveler selon l’Esprit. Le charisme de la virginité, accueilli par la femme et confirmé par l’Église par la consécration, est un don qui provient du Père, par le Fils, dans l’Esprit qui conserve, purifie, assainit et élève la capacité d’aimer de la personne, en reconduisant vers l’unité tous les fragments de son histoire et les diverses dimensions de son humanité – esprit, âme et corps –, pour qu’elle puisse correspondre à la grâce par la donation intégrale, libre et joyeuse de sa propre existence.
24. Pour cela, la virginité chrétienne est expérience de l’union sponsale, intime, exclusive, indissoluble, avec l’Epoux divin qui s’est donné à l’humanité sans réserve et pour toujours et qui s’est acquis de cette manière un peuple saint, l’Église. Inscrite dans la créature humaine comme capacité de vivre la communion dans la différence entre homme et femme, la sponsalité, pour les vierges consacrées, est une expérience de la transcendance et de la surprenante condescendance de Dieu ; la consécration s’accomplit par le pacte d’alliance et de fidélité qui unit la vierge au Seigneur dans des noces mystiques, pour rendre plus profonde et pleine la participation à ses sentiments et la conformation à sa volonté d’aimer.
25. L’union sponsale révèle ainsi sa capacité générative, dans laquelle la surabondance de la grâce divine se manifeste[33]. En imitant l’Église, dont elles sont filles, les vierges s’ouvrent au don de la maternité spirituelle en se rendant coopératrices de l’Esprit. La maternité spirituelle est le don d’une intériorité féconde et accueillante qui, dans les relations avec les autres, se fait attentionnée et courageuse gardienne de la dignité humaine. Cette maternité est sagesse éducative qui cherche à offrir les conditions favorables pour la rencontre avec Dieu et qui introduit et accompagne le chemin tout au long des voies de l’Esprit.
26. L’intégration la plus splendide et la plus harmonieuse de virginité, sponsalité et maternité s’est réalisée en la personne de la Vierge Marie[34], prémice de l’humanité renouvelée en Christ, icône parfaite de l’Église mystère de communion, femme en qui s’est déjà accompli le destin de gloire auquel toute l’humanité est appelée, « mère de l’Evangile vivant »[35]. Dans la Kecharitoméné – celle qui a été comblée de grâce (Lc 1, 28) – l’Église a toujours reconnu la Virgo virginum, le prototype indépassable de la virginité consacrée[36]. Pour cela, Marie est mère, sœur et maîtresse des vierges consacrées. En elle, les consacrées trouvent le modèle des attitudes du cœur : dans l’écoute et l’accueil de la Parole de Dieu (Lc 8, 21) ; dans la recherche active de sa volonté ; dans la progression du pèlerinage de foi (Jn 2, 1-5)[37] « vers un destin de service et fécondité »[38] ; dans sa disponibilité totale et gratuite à accomplir le projet de Dieu, « contemplative du mystère de Dieu dans le monde, dans l’histoire et dans la vie quotidienne de chacun et de tous »[39] ; dans sa maternité virginale (Lc 1, 38) ; dans sa capacité d’être « femme orante et travailleuse à Nazareth […] notre Dame de la promptitude, celle qui part de son village pour aider les autres “sans hésitation” (Lc 1, 39) »[40] ; en restant au pied de la croix espérant contre toute espérance (Jn 19, 25), en prenant soin de l’Église naissante (Ac 1, 14).
La forme de vie
Sequela évangelique et charismes personnels
27. Les consacrées trouvent dans l’Evangile la source inépuisable de la joie qui donne sens à la vie, l’orientation de leur chemin et sa règle fondamentale[41]. En se mettant à la suite du Christ, elles embrassent son style de vie chaste, pauvre et obéissant[42], et se dédient à la prière, à la pénitence, aux œuvres de miséricorde et à l’apostolat, chacune selon ses propres charismes[43].
Puisque, dans l’Ordo virginum, la vocation à la virginité s’harmonise avec les charismes qui donnent une forme concrète au témoignage et au service ecclésial de chaque consacrée[44], en lui, différentes sensibilités, intuitions spirituelles, projets et styles de vie sont portés à maturation – c’est-à-dire à l’expression d’une donation totale et pleine au Seigneur[45].
28. Afin que les charismes personnels puissent être reconnus, accueillis et vécus dans leur authenticité, les consacrées se font accompagner et soutenir par l’Église dans l’exercice constant d’un humble discernement, visant à comprendre la volonté de Dieu pour leur vie (Rm 12, 2). Il s’agit d’interpréter, avec intelligence et sagesse évangélique, l’expérience spirituelle de chaque consacrée, en tenant compte de son propre parcours et en l’intégrant dans le contexte concret, ecclésial et social dans lequel elle vit.
Parmi les aides que l’Église recommande pour le discernement, les consacrées ne négligent pas l’accompagnement spirituel[46]. Le dialogue sincère, docile et adulte avec une personne prudente et expérimentée qui exerce ce ministère, offre à chacune d’elles de précieuses occasions d’approfondissement, de vérification, de confirmation et propose des instruments appropriés pour croître dans la réponse au Seigneur qui appelle à la sainteté dans l’harmonie de la personne.
En continuité avec le parcours de discernement vocationnel qui a conduit à l’admission à la consécration, les consacrées dialoguent avec l’Evêque diocésain dans une attitude de filiale obéissance pour les orientations qui concernent les aspects les plus importants de leur projet de vie[47] et vérifient avec lui les choix qu’elles ont faits.
Prière et chemin d’ascèse
29. Pour les consacrées, la prière est une exigence d’amour pour « contempler la beauté » de Celui qui les aime[48], et de communion avec l’Aimé et avec le monde où elles sont enracinées.
Pour cela, elles aiment le silence contemplatif[49] qui crée les conditions favorables pour écouter la Parole de Dieu et converser avec l’Epoux cœur à cœur. Désireuses d’approfondir la connaissance de l’Epoux et le dialogue de la prière, elles acquièrent une familiarité avec la révélation biblique, surtout par la lectio divina et l’étude approfondie des Ecritures[50].
30. Elles reconnaissent dans la liturgie le lieu source de la vie théologale, de la communion et de la mission ecclésiale. Elles laissent leur spiritualité prendre forme à partir de la célébration des Sacrements et de la Liturgie des Heures en obéissance au rythme propre de l’année liturgique, de façon à ce que les autres pratiques de prière, le chemin d’ascèse et toute leur existence trouvent également unité et orientation.
31. Pour les vierges consacrées, l’année liturgique est la « voie royale » à parcourir avec les frères pour cheminer à la rencontre du Christ Epoux. Elles se confient donc à la pédagogie de l’Église qui les guide dans la compréhension, la célébration et l’assimilation toujours plus profonde des mystères du Christ.
32. Au centre de leur existence, elles mettent l’Eucharistie, sacrement de l’Alliance sponsale d’où jaillit la grâce de leur consécration[51]. Appelées à vivre l’intimité avec le Seigneur, l’identification et la conformation à Lui, elles reçoivent le Pain de vie de la table de la Parole de Dieu et du Corps du Christ[52], dans la participation, si possible quotidienne, à la célébration eucharistique.
Elles manifestent l’amour de l’Église Epouse pour l’Eucharistie également dans la prière d’adoration du Corps eucharistique du Seigneur et y puisent la charité active envers les membres de son Corps mystique.
33. La célébration fréquente du sacrement de la Réconciliation « leur permet de toucher du doigt la grandeur de la miséricorde » ; elle est « source de vraie paix intérieure »[53] et les reconduit à l’unique Amour de leur vie. Recourant avec confiance au ministère de l’Église, elles célèbrent et louent l’amour prévenant et guérissant de Dieu, elles reconnaissent leurs propres fautes, elles renouvellent leur profession de foi en sa miséricorde et goûtent la joie du pardon qui leur donne une vigueur nouvelle dans le chemin de conversion et de fidélité au Seigneur[54].
34. Par la fidélité quotidienne à l’Office divin qu’elles ont reçu comme don et qu’elles ont assumé comme engagement dans le rite de consécration, elles prolongent dans le temps la mémoire du salut et laissent l’extraordinaire richesse du mystère pascal affluer et s’étendre en chaque heure de leur vie. Dans la célébration de la Liturgie des Heures, en particulier des Laudes et des
Vêpres[55], elles font résonner en elles les sentiments du Christ et les assimilent, elles unissent leur voix à celle de toute l’Église et présentent au Père le cri de joie et de douleur, souvent inconscient, qui s’élève de l’humanité et de la création entière.
35. Pour approfondir et raviver leur relation avec le Seigneur Jésus, elles réservent le temps adéquat pour les retraites et les exercices spirituels. Elles valorisent également les formes et méthodes de prière qui appartiennent à la tradition de l’Église, y compris les pieux exercices et autres expressions de la piété populaire.
Elles cultivent une dévotion pleine d’affection et une confiance filiale envers la Vierge Marie « maîtresse de la virginité »[56], modèle et patronne de toute vie consacrée[57], de qui elles apprennent chaque jour à magnifier le Seigneur.
36. Poussées par le désir de correspondre à l’amour de l’Epoux par un amour toujours plus pur et généreux, elles puisent dans la prière l’inspiration de leurs choix. Elles exercent une constante vigilance à leurs comportements et attitudes. Elles acceptent avec sérénité les sacrifices que la vie quotidienne leur impose. Elles luttent contre les tentations, les pensées, les suggestions et les chemins qui mènent au mal. Elles apprennent à recevoir avec humilité l’aide de la correction fraternelle.
Elles accueillent les pratiques pénitentielles proposées par l’Église et, en accord avec l’accompagnateur spirituel, chacune d’elles identifie les formes et pratiques ascétiques[58] qui les aident à grandir dans la liberté et les vertus évangéliques, dans une attitude de discernement et de conversion[59] qui dure toute la vie[60].
Conditions de vie et style de proximité et de service
37. Cette forme de vie se caractérise par l’enracinement des consacrées dans l’Église particulière et donc dans un contexte culturel et social déterminé : la consécration les réserve à Dieu sans les éloigner du milieu où elles vivent et où elles sont appelées à rendre témoignage[61].
Elles peuvent vivre seules, en famille, avec d’autres consacrées ou dans d’autres situations favorables à l’expression de leur vocation et à la mise en œuvre de leur projet concret de vie. Elles subviennent à leurs propres besoins par le fruit de leur travail et leurs ressources personnelles.
38. Désireuses de rayonner la dignité et la beauté de leur vocation selon un style de proximité avec les gens de leur temps, elles maintiennent, dans la manière de se vêtir, les habitudes du milieu dans lequel elles vivent, en conjuguant la convenance et l’expression de leur propre personnalité avec la valeur de la sobriété, selon les exigences de leur condition sociale[62].
Sauf exceptions motivées, elles portent l’anneau qui leur a été donné durant le rite de consécration comme signe de l’alliance sponsale avec le Christ Seigneur.
Dans les endroits où les femmes chrétiennes mariées n’ont pas l’habitude de se couvrir la tête avec un voile, elles ne portent normalement comme élément ordinaire de leur habillement le voile qu’elles peuvent avoir reçu pendant le rite de consécration. Elles se conforment aux indications de l’Evêque diocésain ou des ConférencesEpiscopales, qui, en tenant compte des différents contextes et évolutions des conditions socio-culturelles, peuvent en admettre l’usage lors de célébrations liturgiques ou dans d’autres situations où il est approprié d’utiliser de ce signe visible de leur donation totale au service du Christ et de l’Église.
39. La donation à l’Église se manifeste dans la « mission d’illuminer, d’éclairer, de bénir, de vivifier, de soulager, de guérir, de libérer »[63], dans la passion d’annoncer l’Evangile, d’édifier la communauté chrétienne et de témoigner prophétiquement de la communion fraternelle, de l’amitié offerte à tous, de la proximité attentionnée envers les besoins spirituels et matériels des hommes de leur temps, de l’engagement dans la poursuite du bien commun de la société[64].
Cela les conduit à discerner les formes concrètes de leur service ecclésial, qui peut aussi s’exprimer dans la disponibilité à assumer des ministères et charges pastorales.
En ce sens, puisque l’intelligence du mystère du Christ aide à comprendre les ministères de l’Église, il est important que mûrisse en elles, dans la prière et la méditation ainsi que dans l’expérience concrète, une conscience ministérielle profonde et correcte, respectueuse de la mystérieuse sagesse évangélique et ecclésiale, qui s’explicite également dans les dispositions des Evêques diocésains et des Conférences épiscopales. En se formant à l’école de cette sagesse, elles apprendront à accueillir, également à travers l’expérience, tant les suggestions qui émergent de la vie de l’Église, qui est mystère et communion, que « toutes les possibilités chrétiennes et évangéliques cachées, mais déjà présentes et actives dans les choses du monde »[65], de façon à reconnaître les nouvelles opportunités qui forment une nouvelle conscience ministérielle, correspondant à leur capacité effective de leur généreux don de soi.
Attentives à saisir les appels qui viennent du contexte où elles vivent, et promptes à mettre à la disposition du Seigneur les dons qu’elles ont reçus de lui, elles sont appelées à donner leur propre contribution pour renouveler la société selon l’esprit de l’Evangile en acceptant, sans ingénuité ni réductionnisme, de s’engager dans l’élaboration culturelle de la foi, et en faisant leur la prédilection de l’Église pour les pauvres, les souffrants et les marginaux[66].
40. Conscientes de ces responsabilités, elles choisissent leur activité professionnelle sur la base de leurs propres aptitudes, inclinations et possibilités effectives, en y reconnaissant une modalité concrète de témoignager que Dieu appelle l’humanité à collaborer à son œuvre créatrice et rédemptrice, pour la faire participer intimement à l’amour par lequel il attire à lui le monde et son histoire entière.
Dans les gratifications et les fatigues que le travail comporte, les consacrées affinent leur capacité à contempler et à promouvoir le sens le plus originaire et profond de l’activité humaine : contribuer à faire du monde une maison accueillante pour tous, ouverte pour accueillir la manifestation du Royaume de Dieu. Pour cela, elles s’engagent afin que dans le domaine professionnel se réalise ce « développement personnel multiforme » qui implique « la créativité, la projection dans l’avenir, le développement des capacités, l’exercice des valeurs, la communication avec les autres, une attitude d’adoration »[67]. Elles sont attentives à acquérir un professionalisme compétent, à jour et responsable, et elles s’opposent à tout ce qui dégrade et obscurcit la dignité de l’activité humaine.
41. Elles se laissent éduquer au sens de la gratitude pour l’œuvre de Dieu[68], à la contemplation pleine de louange, au goût de la beauté, au sens de la fête et du repos[69], au soin de toutes les dimensions de la personne.
Elles apprennent de l’Epoux, doux et humble de cœur (Mt 11, 29), à vivre dans l’espérance et l’abandon à Dieu, à avancer en âge à travers les phases successives de la vie, la maladie, la souffrance morale et les autres situations dans lesquelles elles expérimentent le drame, la fragilité et la précarité de l’existence[70].
Accueillant jusqu’au bout l’amour sponsal du Crucifié Ressuscité, elles se confient à Lui pour vivre le sens pascal de l’existence, même dans la mort.
Par leur propre consécration, elles rappellent à tous que l’origine, le sens et la destination de l’histoire humaine se trouvent dans le mystère saint de Dieu, dans sa bonté infinie, prévenante et miséricordieuse, dans l’amour auquel il veut faire participer toutes les créatures.
II.
La configuration de
l’Ordo virginum dans les
Églises particulières et
dans l’Église universelle
L’enracinement dans le Diocèse
42. Appelées à faire resplendir dans leur existence la charité qui est principe de l’unité et de la sainteté du corps entier de l’Église, les femmes qui reçoivent cette consécration restent enracinées dans la portion du peuple de Dieu où elles vivent déjà et où se sont accomplis le discernement de la vocation et la préparation à la consécration. En effet, elles sont liées à cette Église particulière par un spécial lien d’amour et d’appartenance réciproque.
L’Église particulière, dans ses différentes composantes, est appelée à accueillir la vocation des consacrées, accompagner et soutenir leur chemin, en reconnaissant que la consécration virginale et les charismes personnels de chaque consacrée sont des dons pour l’édification de la communauté et pour la mission ecclésiale.
43. Les consacrées cultivent le sens de la reconnaissance pour tous les dons qu’elles ont reçus dans la communion des saints et qu’elles continuent à recevoir par la vie de l’Église particulière où elles vivent : la foi dans le Seigneur Jésus, la consécration virginale, le partage d’une histoire de sainteté incarnée dans une tradition spirituelle, développée en relation avec la culture et les institutions d’une communauté humaine concrète qui habite un territoire déterminé.
Elles prêtent une attention constante au magistère de l’Evêque diocésain et se laissent interpeller par ses choix pastoraux pour les accueillir de façon responsable, avec intelligence et créativité.
Elles portent dans leur prière les nécessités du Diocèse et en particulier les intentions de l’Evêque.
Elles reconnaissent comme don de l’Esprit le témoignage des autres vocations qui enrichissent la vie de la communauté chrétienne et valorisent les occasions d’édification réciproque et de coopération pastorale, missionnaire et caritative[71].
Par leur sensibilité féminine,[72] elles offrent une précieuse contribution d’expérience et de réflexion au discernement évangélique que la communauté chrétienne est, de tout temps, appelée à opérer, en ce qui concerne leur façon d’être présentes et d’agir dans un contexte social concret.
Communion et coresponsabilité dans l’Ordo virginum diocésain.
44. L’appartenance à l’Ordo virginum implique un fort lien de communion entre toutes les consacrées présentes dans le Diocèse. Elles se reconnaissent réciproquement comme les sœurs les plus proches avec qui elles partagent la même consécration et une passion ardente pour le chemin de l’Église. Pour cela, elles accueillent l’esprit de communion comme un don et s’engagent à le faire grandir en cultivant l’estime réciproque, en valorisant les dons de chacune, en favorisant l’amitié et en étant attentives à des situations particulières de besoin (Rm 12, 10.13.15-16). Elles conservent un lien vivant avec les sœurs défuntes par la prière et gardent mémoire de leur témoignage d’amour et de fidélité au Seigneur.
45. Les consacrées participent activement aux initiatives de formation prises en accord avec l’Evêque et collaborent, dans la mesure du possible, à la formation des aspirantes et des candidates à la consécration.
En tenant compte du nombre de consacrées et des circonstances concrètes, elles identifient avec l’Evêque diocésain les modalités selon lesquelles un service de communion sera créé. Ce service a pour but de favoriser la connaissance réciproque et le lien stable entre elles, de promouvoir l’exercice de la coresponsabilité avec un style synodal[73] et de donner continuité et caractère organique aux initiatives communes, sans établir de liens de subordination hiérarchique entres les consacrées.
Un service ou une équipe pour le discernement de la vocation et la formation préalable à la consécration et un service ou une équipe pour la formation permanente pourront être institués comme articulations du service de communion.
Responsabilité de l’Evêque diocésain
46. Il revient à l’Evêque diocésain d’accueillir comme don de l’Esprit les vocations à la consécration dans l’Ordo virginum, en promouvant les conditions pour que l’enracinement des consacrées dans l’Église qui lui est confiée contribue au chemin de sainteté du peuple de Dieu et à sa mission.
En continuité avec l’antique tradition ecclésiale, l’Ordo consecrationis virginum décrit la figure de l’Evêque diocésain non seulement dans sa tâche sacerdotale de dispensateur de la grâce divine[74], mais aussi comme maître qui indique et confirme le chemin de la foi[75] et comme pasteur qui prend soin avec amour des personnes qui lui ont été confiées[76].
La sollicitude pastorale envers l’Ordo virginum fait en effet partie du ministère ordinaire de sanctification, d’enseignement et de gouvernement de l’Evêque diocésain. Elle l’engage tant envers chacune des consacrées et des femmes qui aspirent à recevoir la consécration qu’envers l’Ordo virginum de son Diocèse, comme coetus de personnes.
47. En tant que responsable de l’admission à la consécration, l’Evêque diocésain préside à la récolte des éléments de connaissance de chaque candidate. Il établit les modalités pour établir un parcours de formation approprié et accomplit le discernement de la vocation.
Par la célébration de la consécration, l’Evêque présente les consacrées à la communauté ecclésiale comme signe de l’Église Epouse du Christ. Puisque l’Evêque diocésain[77] est le ministre ordinaire de la consécration, il ne sera pas possible de la célébrer dans la période de sede vacante et ce n’est qu’en cas de véritable nécessité qu’il aura recours à la délégation de la faculté de la célébrer. Par la célébration du rite, même accompli pour une seule personne, l’Ordo virginum est rendu présent dans l’Église particulière, sans avoir la nécessité d’un autre acte d’institution de la part de l’Evêque.
48. L’Evêque diocésain exerce le soin pastoral envers les consacrées en les encourageant à vivre une joyeuse fidélité à leur propre vocation, en étant attentif aux exigences du chemin de chacune d’entre elles et en s’assurant qu’elles aient à disposition les instruments idoines pour la formation permanente.
Il soutient la communion entre les consacrées et le sens de coresponsabilité pour la vitalité de leur témoignage ecclésial, en promouvant des occasions de rencontre, des initiatives et des parcours de formation commune et en s’accordant avec les consacrées sur la façon d’organiser le service de communion au niveau diocésain en tenant compte des circonstances concrètes. Il encourage en outre les contacts et la collaboration avec les consacrées d’autres Diocèses.
49. Il partage avec les consacrées l’attention envers les consacrées qui traversent des moments de grave souffrance ou de tribulation à cause de leur grand âge, de problèmes de santé ou d’autres situations de difficulté.
En tenant compte des usages et des situations concrètes locales, il donne des indications afin que les consacrées assurent la prière de suffrage pour les défuntes, qu’elles gardent la mémoire de leur témoignage de foi et d’amour pour le Seigneur et, dans la mesure du possible, qu’elles se rendent disponibles à participer à la célébration des funérailles chrétiennes des sœurs et à en partager la préparation avec les famille et les autres personnes qui leur étaient plus proches.
50. Même s’il a nommé un Délégué ou une Déléguée pour le soin pastoral de l’Ordo virginum, la décision finale pour les actes d’importance majeure restent de la compétence de l’Evêque diocésain : ainsi, l’admission à la consécration ; l’inscription à l’Ordo virginum diocésain d’une consacrée provenant d’un autre Diocèse ; la dispense des obligations de la consécration ; le renvoi de l’Ordo virginum ; la définition des directives pour la formation préalable à la consécration et pour la formation permanente ; l’approbation des modalités de fonctionnement du service de communion pour l’Ordo virginum diocésain ; l’institution de fondations canoniques dans le but de s’occuper du soutien et de la gestion économique des activités de l’Ordo virginum et l’éventuelle autorisation d’en demander la reconnaissance civile ; la reconnaissance et l’approbation des statuts des associations diocésaines de vierges consacrées, ainsi que l’éventuelle autorisation d’en demander la reconnaissance civile.
51. L’Evêque donnera les dispositions nécessaires pour que les consécrations réalisées soient notées dans un livre spécifique à conserver auprès de la curie diocésaine et pour que la documentation sur l’Ordo virginum soit collectée avec diligence. En particulier, il faudra enregistrer les décès des consacrées, l’inscription ou l’accueil temporaire dans l’Ordo virginum diocésain de consacrées provenant d’autres Diocèses, les transferts temporaires ou définitifs de consacrées auprès d’autres Diocèses, les passages aux Instituts de vie consacrée, la concession de dispense des obligations de la consécration, les renvois de l’Ordo virginum. Une documentation relative aux parcours formatifs de chaque aspirante et candidate à la consécration sera également tenue.
Collaborations dans le soin pastoral de l’Ordo virginum
52. En tenant compte des circonstances concrètes, l’Evêque diocésain évaluera de quelles collaborations se servir pour assurer à l’Ordo virginum un soin pastoral[78] adéquat qui soit cohérent avec les spécificités de cette forme de vie.
Il pourra nommer un Délégué, choisi de préférence dans le presbyterium diocésain, ou une Déléguée, choisie de préférence parmi les vierges consacrées du Diocèse, pour le soin pastoral de l’Ordo virginum, en définissant les domaines de sa charge et ses tâches spécifiques et en précisant comment il devra se rapporter avec le Vicaire épiscopal pour la vie consacrée, là où il est présent.
Quand un service de communion sera institué, l’Evêque établira de quelle façon l’activité du Délégué ou de la Déléguée devra s’intégrer avec ce service et ses éventuelles articulations, en particulier avec les équipes pour la formation préalable à la consécration et la formation permanente.
53. Selon les indications données par l’Evêque, la collaboration pastorale pourra porter sur la connaissance de chaque aspirante et candidate en vue de la collecte des éléments nécessaires au discernement pour l’admission à la consécration, ainsi que sur la promotion de la formation préalable à la consécration et de la formation permanente, tant par l’aide à l’élaboration des chemins formatifs personnels que par la proposition de moments formatifs partagés.
Comme il s’agit d’une collaboration pastorale dans le for externe, ceux auxquels ces tâches seront confiées n’institueront pas de rapport d’accompagnement spirituel avec les aspirantes, les candidates et les consacrées. Ils sauront toutefois valoriser le dialogue personnel avec chacune d’entre elles comme domaine spécifique d’écoute, de comparaison et de vérification du chemin de l’aspirante ou de la candidate ainsi que l’inviter à se référer à l’Evêque diocésain quand une orientation ou une vérification des aspects les plus importants de son projet de vie apparaît utile.
54. Dans le soin pastoral de l’Ordo virginum, on visera à aider chaque aspirante, candidate et consacrée à développer les dons reçus par le Seigneur ; à promouvoir la communion parmi toutes et le sens de corresponsabilité dans l’accueil des légitimes différences ; à favoriser l’accueil intelligent et responsable du magistère et des choix pastoraux de l’Evêque diocésain ; à promouvoir la connaissance de l’Ordo virginum dans le peuple de Dieu.
Communion et coresponsabilité entre les consacrées des différents Diocèses
55. Les consacrées accueillent et cultivent le don de la communion et l’engagement de la mission qui découle d’avoir reçu la même consécration, également dans les relations avec les consacrées d’autres Diocèses.
L’enracinement diocésain, en effet, s’harmonise avec le sens d’appartenance à un ordo fidelium qui a les mêmes caractéristiques constitutives dans toute l’Église catholique.
Par la prière des unes pour les autres, la connaissance réciproque, le partage d’expériences et d’initiatives formatives, les consacrées expriment de manière variée la coresponsabilité qui concerne le témoignage qu’elles sont appelées à rendre dans l’Église et le monde.
Initiatives partagées, service de communion et Evêque référent
56. Dans les regroupements d’Églises particulières, en entente organique avec les Evêques des Conférences épiscopales respectives, les consacrées peuvent donner vie à des initiatives partagées et, si les circonstances le permettent, à un service de communion stable qui facilite l’échange d’expériences vécues dans les Diocèses d’appartenance, l’approfondissement des thématiques d’intérêt commun, la proposition de contenus et méthodes toujours plus adéquats aux parcours de formation dans toutes leurs phases, la présentation aux Evêques de suggestions et indications utiles pour qualifier la présence de l’Ordo virginum dans leurs contextes ecclésiaux et socio-culturels respectifs, la promotion de la connaissance de l’Ordo virginum dans le peuple de Dieu.
Les initiatives partagées et le service de communion doivent toujours respecter et valoriser l’enracinement diocésain de cette forme de vie et impliquer les consacrées des Diocèses concernés selon un style de participation synodal.
57. Les Evêques réunis dans une Conférence épiscopale peuvent élaborer pour leurs Diocèses des orientations communes pour le soin pastoral de l’Ordo virginum. Ils peuvent également confier à un Evêque le rôle de référent pour l’Ordo virginum.
Dans le respect du rôle irremplaçable des Evêques diocésains dans le soin pastoral des vierges consacrées de leurs propres Diocèses, l’Evêque référent se fait interprète de l’intérêt, de la sollicitude et de la proximité de ses confrères Evêques envers cette forme de vie consacrée.
Comme l’Evêque référent a à cœur que l’identité spécifique de l’Ordo virginum s’exprime de façon adéquate dans le contexte ecclésial et socio-culturel des Diocèses concernés, il accomplit sa mission comme service à l’exercice effectif de la coresponsabilité de la part des consacrées des différents Diocèses. Il suit avec attention les initiatives partagées par les consacrées des Diocèses concernés et il prête l’assistance de son ministère au service de communion stable parmi les consacrées là où il a été institué.
Référence au Siège Apostolique et au Secrétariat pour l’ Ordo virginum
58. Les consacrées reconnaissent dans le ministère du Successeur de Pierre la référence vers qui converger pour vivre le don de la communion et de la coresponsabilité d’appartenance au même ordo fidelium au niveau de l’Église universelle.
En synergie avec le magistère et l’action des Evêques diocésains et selon ses propres compétences, la Congrégation pour les Instituts de vie consacrée et les Sociétés de vie apostolique se met au service de la croissance de l’Ordo virginum afin que cette forme de vie consacrée soit reconnue, valorisée et promue dans son identité spécifique et sa configuration ecclésiale.
59. Un Secrétariat pour l’Ordo virginum est constitué auprès du Dicastère. Selon les indications données par le Préfet, le Secrétariat s’occupe de la collecte des données pour la connaissance de la situation de l’Ordo virginum dans les différents pays, en tenant compte aussi des informations présentées par les Evêques à l’occasion des visitae ad limina.
En outre, le Secrétariat est le point de repère pour les initiatives concernant l’Ordo virginum promues et soutenues par ce Dicastère.
Pour son activité, le Secrétariat peut disposer de la collaboration des consacrées de diverses provenances, des Conférences épiscopales et, là où ils ont été désignés, des Evêques référents pour l’Ordo virginum.
Permanence dans un autre Diocèse et transfert
60. Bien qu’elle constitue un enracinement spécifique dans l’Église particulière au sein de laquelle elle est célébrée, la consécration n’empêche pas la consacrée de déménager temporairement ou de façon stable dans une autre Église particulière, si cela est nécessaire, par exemple pour des raisons d’ordre professionnel, familial, pastoral ou pour d’autres motivations raisonnables et proportionnées.
61. Quand une consacrée a l’intention de rester pendant une longue période dans un Diocèse différent de celui de son appartenance, en accord avec son Evêque, elle peut demander à l’Evêque du Diocèse ad quem de participer aux initiatives de caractère formatif de l’Ordo virginum local. L’Evêque du Diocèse ad quem, après avoir reçu une présentation de l’intéressée de la part de son Evêque diocésain, conviendra avec elle des modalités d’une telle participation.
62. Lorsqu’une consacrée a l’intention de déménager de façon stable dans un autre Diocèse, elle en exposera les motivations à son propre Evêque, qui lui manifestera son avis. Puis elle pourra demander à l’Evêque du Diocèse ad quem d’être accueillie dans l’Ordo virginum local. Ce dernier, après avoir reçu de l’Evêque du Diocèse a quo une présentation de la consacrée exposant les raisons du déménagement et son avis, décidera à ce sujet et communiquera la réponse à l’intéressée ainsi qu’à l’Evêque du Diocèse a quo, pour information. En cas de réponse positive, l’Evêque du Diocèse ad quem accueillera la consacrée, l’introduira dans son Église particulière et l’intègrera parmi les consacrées de son Diocèse, s’il y en a, en convenant avec elle de tout ce qui est nécessaire et utile dans sa condition personnelle. Sur la base de l’évaluation accomplie, l’Evêque du Diocèse ad quem pourra également refuser l’inscription ou, en accord avec l’Evêque a quo, établir une période d’essai : dans ce cas, tout en gardant le lien avec le Diocèse a quo, la consacrée pourra dans tous les cas transférer son propre domicile canonique dans le Diocèse ad quem, dans le respect des indications convenues par les Evêques intéressés en ce qui concerne sa condition personnelle.
63. L’Evêque lui-même ou par son Délégué ou sa Déléguée prendra soin d’informer de façon appropriée les consacrées sur le déménagement temporaire ou définitif d’une consacrée dans un autre Diocèse, ainsi que sur l’accueil d’une consacrée d’un autreDiocèse.
Fondations, associations et choix de vie commune
64. En tenant aussi compte de la législation civile, l’Evêque diocésain peut, pour le soutien et la gestion économique des initiatives de l’Ordo virginum, instituer une fondation canonique autonome ou non[79], et éventuellement autoriser la demande de reconnaissance civile de cette dernière.
65. Pour remplir plus fidèlement leur résolution et s’aider réciproquement dans l’accomplissement de ce service à l’Église approprié à leur état, les consacrées peuvent se réunir en association et demander à l’autorité ecclésiale compétente la reconnaissance canonique du statut et éventuellement son approbation [80].
La constitution d’une association ainsi que l’adhésion à une association déjà existante sont exclusivement le fruit d’un choix libre et volontaire de chacune des consacrées, qui décident d’adhérer à ses finalités et à son statut. La sortie d’une consacrée de l’association ne remet pas en question son appartenance à l’Ordo virginum.
66. Les vierges consacrées qui le souhaitent peuvent librement décider de vivre dans la même maison. Cette possibilité – choisie de façon responsable pour l’aide réciproque, pour un partage de vie au niveau spirituel, pastoral ou économique – est un choix libre de chaque vierge consacrée et ne découle pas directement de la consécration, ni de l’adhésion à une association, sauf si cette dernière prévoit, dans ses statuts, la vie commune comme constitutive de l’association-même.
Appartenance à l’Ordo virginum et référence à d’autres agrégations ecclésiales
67. La forme de vie propre à l’Ordo virginum constitue une voie particulière de sanctification à laquelle correspond une identité spirituelle caractéristique, qui unifie et oriente l’existence entière de la personne. La tâche de chaque consacrée est d’offrir un témoignage serein et joyeux de sa propre consécration, de manière à devenir stimulation et richesse pour toutes les composantes de la communauté chrétienne.
Cela n’empêche pas une vierge consacrée de puiser dans la variété des charismes et des spiritualités par lesquels l’Esprit enrichit l’Église, ni de trouver éventuellement une aide dans l’expression de son charisme virginal[81] dans la référence à une certaine agrégation ecclésiale (Tiers-Ordre, Association, Mouvement), à son charisme et à sa spiritualité.
68. L’authenticité d’une telle expérience spirituelle sera objet de discernement dans le domaine de l’accompagnement spirituel, ainsi que dans le dialogue avec l’Evêque diocésain et, s’il est présent, avec le Délégué ou la Déléguée pour le soin pastoral de l’Ordo virginum, afin que l’intérêt et l’engagement dans les initiatives de l’agrégation ne porte pas atteinte à la valeur de l’enracinement diocésain, constitutif de la consécration vécue dans l’Ordo virginum.
La consacrée sera attentive à maintenir vive l’expérience de la communion avec l’Église particulière à laquelle elle appartient, par la médiation nécessaire de l’Evêque diocésain, dans l’accueil filial de son enseignement et de son soin pastoral. La consacrée aura également à cœur de cultiver le rapport de communion avec les autres vierges consacrées et donnera priorité aux propositions de formation spécifiques pour l’Ordo virginum par rapport à d’éventuelles initiatives de l’agrégation à laquelle elle se réfère.
Séparation de l’Ordo virginum
Passage à un Institut de vie consacrée ou à une Société de vie apostolique
69. Lorsqu’après une attentive évaluation accomplie dans la prière, la direction spirituelle et le dialogue avec l’Evêque, une consacrée a l’intention d’entrer dans un Institut de vie consacrée ou dans une Société de vie apostolique, elle communiquera par écrit à l’Evêque diocésain son intention, accompagnée d’une attestation de la Modératrice suprême de l’Institut, à propos des contacts que la consacrée a eus avec l’Institut ou la Société[82].
L’Evêque se chargera de transmettre la demande au Saint-Siège, avec ses propres observations à ce propos. Le passage à l’Institut aura lieu selon les dispositions que le Saint-Siège donnera pour le cas particulier.
Sortie de l’ Ordo virginum
70. Lorsque, pour des causes très graves évaluées devant Dieu avec un sérieux discernement, une consacrée souhaite être dispensée des engagements dérivant de la consécration, elle s’adressera à l’Evêque diocésain propre en présentant une demande écrite. L’Evêque ne manquera pas de lui proposer des aides appropriées et un temps adéquat pour le discernement. Il ne concèdera la dispense qu’après avoir examiné à fond des motivations de la demande.
Renvoi de l’ Ordo virginum
71. Lorsqu’une consacrée a abandonné de façon notoire la foi catholique ou a contracté un mariage même seulement civil, l’Evêque collectera les éléments de preuve et déclarera le renvoi de l’Ordo virginum, afin que le renvoi soit juridiquement établi.
72. Lorsqu’une consacrée est accusée de très graves délits[83] ou de très graves manquements, extérieurs et imputables contre les obligations dérivant de la consécration, de nature à susciter du scandale dans le peuple de Dieu, l’Evêque déclenchera la procédure de renvoi. Il fera donc connaître à l’intéressée les accusations et preuves collectées, en lui donnant la faculté de se défendre. Si l’Evêque estime la défense insuffisante et s’il n’y a pas d’autre manière pour pourvoir à l’amendement de la consacrée, au rétablissement de la justice et à la réparation du scandale, il la renverra de l’Ordo virginum. Le décret de renvoi devra exposer au moins sommairement les motivations de la décision et il n’aura pas d’effet tant qu’il n’aura pas été confirmé par le Saint-Siège, auquel tous les actes devront être transmis. En outre, il n’aura pas de valeur s’il n’indique pas le droit dont la consacrée bénéficie de recourir à l’autorité compétente dans les dix jours à compter de la notification du décret. Ce recours a effet suspensif.
Inscriptions et communications de la séparation
73. Dans tous les cas de séparation d’une consacrée de l’Ordo virginum, l’Evêque diocésain veillera à ce que cela soit inscrit dans le livre des consécrations et il prendra soin, personnellement ou par le biais du Délégué ou de la Déléguée, d’en informer les autres consacrées, ainsi que le curé compétent afin qu’il l’inscrive dans le registre des baptêmes.
III.
Le discernement
de la vocation et la formation
pour l’Ordo virginum
L’engagement du discernement et de la formation
Chemin de foi, discernement de la vocation et parcours formatifs
74. En vertu de la foi, de la grâce baptismale, du charisme virginal et de ses propres charismes personnels, la femme appelée à la consécration dans l’Ordo virginum est impliquée dans un chemin de vie chrétienne, de sequela du Seigneur Jésus, dont le dynamisme est suscité par l’Esprit Saint et qui requiert sa réponse active et sa coopération docile.
La sequela du Seigneur consiste en une continuelle conversion, une adhésion progressive à Lui[84] : ce processus concerne toutes les dimensions de l’existence corporelle et affective, intellectuelle, spirituelle et de la volonté. Il s’étend sur toute la durée de la vie car « la personne consacrée ne pourra jamais considérer avoir achevé la gestation de cet être nouveau qui éprouve en lui-même, dans toutes les circonstances de la vie, les sentiments mêmes du Christ »[85].
75. La grâce de la consécration dans l’Ordo virginum définit et configure de façon stable la physionomie spirituelle de la personne, l’oriente dans le chemin de l’existence, la soutient et la renforce dans une réponse toujours plus généreuse à l’appel.
La consécration exige pour cela non seulement une maturation humaine et chrétienne évaluée par un discernement attentif de la vocation et par une formation spécifique préalable, mais aussi par un soin convaincu et constant de la formation permanente qui, en approfondissant et renouvelant les motivations du choix accompli, permette à la consacrée de se consolider dans sa vocation au moment même où elle vit le dynamisme intrinsèque à sa vocation[86].
76. Etant donné l’enracinement de cette forme de vie consacrée dans l’Église particulière, le discernement de la vocation, la formation préalable à la consécration et le soin pour la formation permanente se réalisent par des parcours ecclésiaux qui, outre la responsabilité des femmes concernées elles-mêmes, requièrent l’attention et l’accompagnement de la communauté chrétienne et interpellent la responsabilité pastorale de l’Evêque diocésain de façon particulière.
Pour recueillir les éléments nécessaires au discernement de la vocation ainsi que pour orienter et accompagner les parcours de formation des aspirantes, candidates et consacrées, l’Evêque pourra se faire assister par le Délégué ou la Déléguée pour l’Ordo virginum et valorisera la contribution que les consacrées sont capables d’offrir.
Dans ce but, en tenant compte du nombre de consacrées présentes dans le Diocèse et de leur opinion en la matière, ainsi que des autres circonstances concrètes, l’Evêque pourra mettre en place aussi un service ou une équipe pour le discernement de la vocation et la formation préalable à la consécration ainsi qu’un service ou une équipe pour la formation permanente comme articulations du service de communion pour l’Ordo virginum. Ces services ou équipes seront composés du Délégué ou de la Déléguée, si l’Evêque les a institués, et des consacrées ayant les aptitudes nécessaires, désignées par l’Evêque ou par le Délégué ou la Déléguée, avec une consultation préalable des consacrées.
77. La proposition formative visera avant tout à faire émerger et à consolider dans la personne l’aptitude fondamentale à apprendre, c’est-à-dire la liberté, le désir et la capacité d’apprendre, dans toutes les conditions de vie, en s’engageant activement et avec responsabilité dans le processus de développement personnel tout au long de sa propre existence[87].
Pour cette raison, dans la préparation des parcours formatifs, on sera attentif à ne pas les réduire à des propositions uniformisantes ou génériques qui ne tiennent pas suffisamment compte des exigences spécifiques et des charismes de chacune d’entre elles. En même temps, on veillera au risque des tendances individualistes[88], qui font obstacle à l’acquisition et au développement d’un vrai sens d’appartenance ecclésial et au développement de l’esprit de communion au sein de l’Ordo virginum.
78. Puisqu’il s’agit de favoriser le développement de la capacité d’interpréter la réalité selon les critères évangéliques, les parcours formatifs doivent prévoir comme éléments incontournables : la formation, constamment élargie et approfondie, théologique, culturelle et pastorale, adaptée au type de témoignage auquel les consacrées sont appelées, poursuivie par l’étude personnelle et les rencontres formatives, également avec des experts ; les expériences spirituelles, comme la prière personnelle et liturgique, le chemin pénitentiel, les retraites et les exercices spirituels qui maintiennent la personne dans un horizon d’écoute attentif et de recherche constante de la volonté de Dieu ; l’insertion dans un réseau de relations ecclésiales qui favorise le développement intégral de la personne et qui, en particulier, valorise les potentialités des échanges d’expérience entre les consacrées, ainsi que celles des relations entre les aspirantes et les consacrées, spécialement celles qui collaborent au service de la formation.
On prendra soin de proposer des parcours structurés organiquement qui prévoient un développement temporel clairement articulé et périodiquement contrôlé, dans lequel le soin à la formation de chaque aspirante, candidate et consacrée est accompagné et intégré aux propositions adressées de façon unitaire à l’ensemble des aspirantes, des candidates et des consacrées.
La pratique de l’accompagnement spirituel
79. La pratique de l’accompagnement spirituel est demandée en chaque phase des parcours de discernement et de formation : le rapport constant et fidèle avec une personne douée d’un profond esprit de foi et de sagesse chrétienne, que chaque aspirante, candidate et consacrée peut choisir librement, représente une aide utile non seulement pour le discernement de la vocation, mais aussi pour les décisions qui engagent grandement sa vie.
Pour garantir la liberté de la personne dans le domaine de la manifestation de la conscience, le Délégué ou la Déléguée pour le soin pastoral de l’Ordo virginum et les consacrées qui collaborent au service de formation exerceront leur propre service dans le domaine du for externe et n’instaureront pas de relations d’accompagnement spirituel avec les aspirantes, les candidates et les consacrées. En outre, ils s’abstiendront de demander des informations ou des avis sur les aspirantes, les candidates et les consacrées aux directeurs, accompagnateurs spirituels et confesseurs respectifs.
Discernement de la vocation et parcours formatifs préalables à la consécration
La dynamique du discernement de la vocation et de la formation préalable à la consécration
80. Le discernement de la vocation consiste à scruter les signes par lesquels le charisme de l’Ordo virginum s’exprime, avec son enracinement spécifique dans l’Église particulière et sa façon caractéristique d’être présent dans le contexte social et culturel. Pour le bien des personnes intéressées et de l’Église, il faut favoriser les conditions permettant d’opérer un discernement serein et libre, dans lequel vérifier, à la lumière de la foi et des possibles indications contraires, la véridicité de la vocation et la rectitude des intentions[89].
Le parcours formatif préalable à la consécration doit offrir des occasions de vérification de l’intuition initiale de la vocation et, en même temps, allumer, dans les aspirantes et les candidates, le désir d’une union plus profonde avec le Seigneur Jésus, d’une réponse plus libre et généreuse à l’appel du Père, d’une correspondance toujours plus attentive, intelligente et docile à l’action de l’Esprit Saint. On ne peut parler d’un chemin réellement formatif que si se réalise une vraie et propre expérience de conversion, c’est-à-dire d’illumination, de purification et d’implication plus profonde et convaincue dans la sequela du Seigneur.
81. Normalement le discernement de la vocation prend forme par un processus qui comprend une vérification initiale relative à l’admission au parcours de formation vers la consécration, il continue pendant ce parcours et prend fin quand l’Evêque diocésain statue sur l’admission à la consécration. Pour des opportunités explicatives et pédagogiques, on peut distinguer trois moments ou phases : une période d’approche ou propédeutique ; une période de formation opportunément articulée en plusieurs étapes avec des objectifs et des vérifications spécifiques ; le discernement ou scrutin final.
82. En aucun cas, on ne pourra commencer la période propédeutique avant d’avoir atteint sa dix-huitième année ; pour l’admission à la consécration, on devra tenir compte de l’âge auquel il est usuel de célébrer le mariage dans la région[90], et, ordinairement, on ne célèbrera pas la consécration avant que la candidate ait vingt-cinq ans accomplis.
83. Il revient à l’Evêque d’identifier, aussi dans le dialogue avec les personnes intéressées et en tenant compte de la situation et des exigences de chacune, les modalités concrètes de mise en place des parcours formatifs, de manière à donner à chacune la possibilité d’approfondir la connaissance de cette forme de vie dans ses éléments essentiels et de les comparer, de façon sincère et réaliste, avec sa propre expérience spirituelle et modalité concrète de vie.
On prendra soin de maintenir une étroite interconnexion entre le discernement de la vocation et le parcours formatif préalable à la consécration, car l’admission au parcours formatif n’implique pas l’obligation de la candidate de demander l’admission à la consécration, ni l’obligation de l’Evêque de l’admettre à la consécration.
Qualités requises et critères de discernement
84. L’admission à la consécration requiert que la candidate fasse preuve de sa capacité à assumer de façon responsable les engagements qui découlent de la consécration[91] par l’âge, la maturité humaine et spirituelle, et par l’estime dont elle jouit dans la communauté chrétienne où elle est intégrée.
Il est également nécessaire que la personne ne se soit jamais mariée et n’ait jamais vécu publiquement, c’est-à-dire de façon manifeste, dans un état contraire à la chasteté[92].
85. Dans le discernement de la vocation, on fera attention aux signes qui mettent en évidence, en l’aspirante et en la candidate, la présence d’une expérience spirituelle intense et vivace, l’authenticité des motivations qui l’orientent vers la consécration dans l’Ordo virginum et la présence des aptitudes nécessaires pour persévérer dans la vie de consécration, en donnant un témoignage positif de sa propre vocation.
Avec sagesse pédagogique et selon un principe de gradualité, on vérifiera la présence de ces signes dès la période de propédeutique, pour l’évaluation de l’admission au parcours formatif. Pour la formation préalable à la consécration et le discernement conclusif concernant l’admission à la consécration, ces signes constitueront des points de repères déterminants.
86. En ce qui concerne la vérification de l’expérience spirituelle, les points suivants revêtent une importance toute particulière :
a) le rapport personnel avec le Christ et le désir de configurer toute son existence « au Seigneur Jésus dans son oblation totale de lui-même »[93] comme réponse d’amour à son amour infini[94] ;
b) le sens d’appartenance à l’Église, concrètement expérimenté dans la participation à la vie de la communauté chrétienne, soutenu par un amour profond pour la communion ecclésiale, la célébration des sacrements et une attitude d’obéissance filiale à l’Evêque diocésain ;
c) le soin de la dimension contemplative de la vie et la fidélité à la discipline spirituelle, aux temps de prière, à ses rythmes et à ses formes variées ;
d) l’assiduité dans le chemin pénitentiel, ascétique et d’accompagnement spirituel ;
e) l’intérêt pour la connaissance de l’Ecriture, des contenus de la foi, de la liturgie, de l’histoire et du magistère de l’Église ;
f ) la passion pour le Royaume de Dieu, qui dispose à interpréter la réalité de son temps selon les critères évangéliques, à agir dans cette réalité avec responsabilité et un amour préférentiel pour les pauvres ;
g) la présence d’une intuition synthétique et globale de sa propre vocation, qui démontre une connaissance réaliste de son histoire, de ses caractéristiques – ressources, limites, désirs, aspirations, motivations – et qui convienne à la forme de vie propre à l’Ordo virginum.
87. En ce qui concerne la vérification de la maturité humaine, on tiendra compte des signes suivants :
a) une connaissance réaliste de soi et une conscience, objective et sereine, de ses propres talents et limites, unies à une capacité claire d’autodétermination et une aptitude suffisante et adéquate à la prise de responsabilité ;
b) la capacité d’instaurer des relations saines, sereines et oblatives, avec les hommes et les femmes, unie à la compréhension droite du mariage et de la maternité ;
c) la capacité d’intégrer la sexualité dans l’identité personnelle et d’orienter les énergies affectives de manière à exprimer sa propre féminité dans une vie chaste, qui s’ouvre à une plus ample fécondité spirituelle[95] ;
d) la capacité de travail et professionnelle avec laquelle elle subvient dignement à ses propres besoins ;
e) une aptitude éprouvée à réélaborer les souffrances et les frustrations, ainsi qu’à donner et recevoir le pardon, comme étapes possibles vers une plénitude d’humanité ;
f) la fidélité à la parole donnée et aux engagements pris ;
g) une utilisation responsable de ses biens, des moyens de communication sociale et du temps libre.
88. Dans l’orientation de la vocation et quand il faudra définir les caractéristiques de cette vocation et des éléments requis d’admission à la consécration, la condition virginale sera présentée à partir de la densité symbolique de son fondement biblique dans le cadre d’une vision anthropologique bien fondée sur la révélation chrétienne, dans laquelle sont intégrées les différentes dimensions de la personne – corporelle, psychologique, spirituelle – considérées aussi dans leur connexion dynamique dans l’histoire vécue par la personne et dans l’ouverture à l’action incessante de la grâce divine qui l’oriente, la guide et la fortifie dans le chemin de sanctification.
Comme un trésor d’inestimable valeur que Dieu verse dans des vases d’argile (cf. 2 Co 4, 7), la vocation est en effet un don immérité qui touche la personne dans son humanité concrète, toujours nécessiteuse de rédemption et désireuse d’une plénitude de sens pour sa propre existence. Elle trouve son origine et son centre dynamique dans la grâce de Dieu qui, avec la tendresse et la force de son amour miséricordieux, agit sans cesse dans les événements humains souvent complexes et parfois même contradictoires, pour aider la personne à saisir l’unicité et l’unité de son existence et la rendre capable du don total d’elle-même. Dans ce contexte, on tiendra compte du fait que l’appel à rendre témoignage de l’amour virginal, sponsal et fécond de l’Église envers le Christ n’est pas réductible au signe de l’intégrité physique et que le fait d’avoir gardé son corps dans la parfaite continence ou d’avoir vécu d’une manière exemplaire la vertu de la chasteté, même en revêtant une grande importance par rapport au discernement, ne constitue pas un prérequis déterminant en l’absence duquel il ne serait pas possible d’admettre à la consécration.
Le discernement exige donc beaucoup de discrétion et de prudence et doit être accompli individuellement. Chaque aspirante et candidate est appelée à examiner sa propre vocation par rapport à sa propre histoire personnelle, avec véridicité et authenticité devant Dieu, et avec l’aide de l’accompagnement spirituel.
Le recours aux experts compétents en matière psychologique
89. Dans le discernement de la vocation et le parcours formatif préalable à la consécration, dans certains cas, il peut être utile d’avoir recours aux experts des sciences psychologiques[96]. En effet, si la vocation à la virginité consacrée en tant que fruit d’un don particulier de Dieu et son discernement final dépassent les compétences spécifiques de la psychologie, ces dernières peuvent être intégrées dans le cadre global du discernement et de la formation, tant pour une évaluation plus sûre de la situation psychique de l’aspirante ou de la candidate et de ses aptitudes à répondre à la vocation, que pour une aide ultérieure dans la croissance humaine.
Une évaluation de la personnalité peut être demandée de façon prudente s’il existe un doute sur la présence d’un trouble psychique.
90. Dans tous les cas, pour recourir à un expert des sciences psychologiques, il est nécessaire d’avoir au préalable un consentement libre et formulé par écrit par la personne concernée ; son honorabilité et le droit à défendre son intimité devront toujours être protégés[97].
Dans le choix des experts auxquels l’on s’adresse, on s’assure non seulement de leurs compétences professionnelles mais aussi du fait qu’ils s’inspirent d’une anthropologie qui partage ouvertement la conception chrétienne de la personne humaine et de la vocation à la vie consacrée[98]. En outre, le secret professionnel de l’expert devra toujours être respecté.
91. Lorsque l’évaluation effectuée met en évidence la présence d’un trouble psychique ou d’une difficulté grave, l’Evêque, dans le discernement de la vocation, tiendra compte de la typologie, de la gravité et de la façon par laquelle le trouble affecte le psychisme de la personne et donc les aptitudes à la consécration.
La période propédeutique
92. La période propédeutique a pour but la vérification des prérequis et des conditions nécessaires pour un chemin fructueux de formation en vue de la consécration.
Sa durée et les modalités concrètes de son déroulement doivent être telles qu’elles permettent une connaissance effective de l’aspirante de la part de l’Evêque, du Délégué ou de la Déléguée et des consacrées qui collaborent au service de formation. En même temps, elles doivent permettre à l’aspirante d’acquérir une connaissance des aspects essentiels de la consécration et de la forme de vie propre de l’Ordo virginum, de manière à ce qu’elle puisse les comparer à sa propre intuition vocationnelle. Pour cela, on devra prévoir ordinairement une durée d’une ou deux années.
93. Dans le dialogue avec l’Evêque, le Délégué ou la Déléguée, ou des consacrées qui collaborent au service de formation, l’aspirante sera invitée à présenter sa propre histoire, sa propre façon de vivre dans le monde actuel, ainsi que les motivations qui la conduisent à s’orienter vers cette forme de vie.
Dès le début, il est bon de bien vérifier que l’aspirante ait reçu les sacrements de l’initiation chrétienne et n’ait jamais contracté de mariage, comme il est également bon de vérifier qu’elle n’ait jamais vécu publiquement dans un état contraire à la chasteté, c’est-à-dire dans une condition stable de concubinage manifeste ou des situations analogues connues publiquement[99].
En tenant compte du chemin de foi précédent, et donc de la situation concrète et de la préparation de chaque aspirante, on pourra proposer des itinéraires catéchétiques, d’étude et de réflexion, sur la vie consacrée en général et sur les aspects fondamentaux de la vie chrétienne.
94. A l’occasion des rencontres périodiques qu’elle aura avec l’Evêque, avec le Délégué ou la Déléguée, ou avec les consacrées qui collaborent au service de formation, l’aspirante sera invitée à vérifier sa propre expérience de foi et sa propre intuition vocationnelle à partir des thématiques proposées.
Dans le domaine de l’accompagnement spirituel, elle trouvera des possibilités ultérieures de manifester son propre vécu, de relire aussi les aspects les plus douloureux et obscurs de sa propre vie à la lumière de la Parole de Dieu, de commencer ou consolider des processus de guérison intérieure qui lui permettent de se prédisposer à l’accueil de la grâce de la vocation d’une manière plus libre et pleine.
Là où c’est possible, et en tenant compte des circonstances concrètes, on favorisera la connaissance entre l’aspirante et quelques consacrées de l’Ordo virginum qui, par leur propre témoignage, pourront aider le processus de discernement de la vocation.
Au cas où il y a plusieurs aspirantes, on pourra considérer l’utilité et l’opportunité de proposer des moments de rencontre, de connaissance réciproque et de réflexion commune, en gardant, par ailleurs, des espaces adéquats de dialogues personnels et réservés de chaque aspirante avec l’Evêque, le Délégué ou la Déléguée ou avec les consacrées qui collaborent au service de formation.
95. Une attention particulière sera portée à la vérification des modalités par lesquelles l’aspirante participe à la vie de la communauté chrétienne. De façon opportune, les éléments de connaissance offerts par l’intéressée seront donc intégrés, en y intégrant également les informations de prêtres ou d’autres personnes qui la connaissent bien.
On pourra en outre demander à l’intéressée de présenter la documentation relative à son parcours d’étude et de travail.
Lorsqu’il s’agit d’une personne provenant d’une autre forme de vie consacrée, pour acquérir les éléments nécessaires d’évaluation, l’Evêque aura le souci de recueillir les informations opportunes auprès de l’Institut ou de la Société de provenance, afin d’accomplir un sage discernement. En outre, l’Evêque demandera à l’intéressée un temps convenable d’élaboration du détachement et vérifiera avec attention de quelle manière la personne s’est insérée dans le contexte ecclésial et social.
96. Si, à la fin de la période propédeutique, l’aspirante le demande et la connaissance acquise sur celle-ci conduit à estimer qu’elle puisse continuer positivement dans la formation préalable à la consécration, l’Evêque l’admettra au parcours formatif préalable à la consécration.
Le parcours de formation préalable à la consécration
97. Le parcours de formation préalable à la consécration a le double objectif de consolider la formation chrétienne de la candidate et de lui offrir les instruments nécessaires à approfondir la compréhension vitale des éléments typiques et des responsabilités qui dérivent de la consécration dans l’Ordo virginum.
Sa durée et les modalités concrètes de son déroulement doivent être telles qu’elles permettent à chaque candidate une élaboration personnelle effective des divers apports formatifs, de manière à ce qu’elle puisse mûrir la décision relative à la demande d’admission à la consécration avec une conscience adéquate et avec liberté. Ordinairement, on peut prévoir une durée de deux ou trois ans.
Le parcours formatif sera fructueux si la candidate, lorsqu’elle confronte la physionomie de sa propre vocation à cette forme de vie consacrée, acquiert progressivement la liberté nécessaire pour se laisser éduquer et former tous les jours par l’expérience, en approfondissant la connaissance de ses ressources et limites, de ce qui résiste ou favorise la correspondance avec l’action de l’Esprit et en apprenant à saisir dans chaque situation de l’existence les fragments de vérité, beauté et bonté dans lesquels réside et opère la grâce de Dieu. Cette aptitude fondamentale à se confronter à la réalité avec attention, intelligence et sens de responsabilité, suscitée et motivée par le désir de grandir dans l’amour du Christ, la conduira donc à mûrir la ferme disponibilité à continuer dans un engagement formatif constant après la réception de la consécration.
98. L’engagement de l’Evêque, du Délégué ou de la Déléguée et des consacrées qui collaborent au service de formation consistera donc à veiller à ce que la candidate reçoive une présentation organique du charisme et de la physionomie de cette forme de vie, de l’accompagner pendant que la vie spirituelle s’intensifie et s’approfondit, de faire attention à la manière dont sa vie concrète s’harmonise et se configure en docilité à l’action de l’Esprit. De cette manière, seront rassemblés les éléments nécessaires au discernement conclusif concernant l’admission à la consécration.
Les rencontres fréquentes et régulières avec l’accompagnateur spirituel seront pour la candidate une aide précieuse à grandir dans la capacité de discerner le dessein de Dieu, d’intégrer dans une sage synthèse les apports formatifs et d’interpréter avec un regard de foi les diverses expériences de sa vie : prière, travail, relations et services ecclésiaux, relations avec la famille, relations d’amitié, étude et approfondissement culturel, engagement caritatif et social, expérience de ses limites et de sa fragilité, engagement ascétique, etc.
99. Il est important que la candidate soit accompagnée pour donner une forme régulière et constante au chemin de la prière, avec la participation, si possible quotidienne, à l’Eucharistie, la célébration de la Liturgie des Heures, au moins les Laudes et les Vêpres, la méditation de la Sainte Ecriture et la dévotion mariale. On essayera surtout de l’aider à consolider l’amour pour la prière et à développer la capacité de gérer les rythmes de la journée, de la semaine et de l’année, de manière à garder la centralité de l’expérience du dialogue avec le Seigneur[100].
100. Puisque cette forme de vie est enracinée dans l’Église particulière, la candidate cultivera le lien avec la communauté ecclésiale, tant en valorisant cette trame de relations fraternelles qui constitue le tissu ordinaire et quotidien de l’expérience ecclésiale, qu’en participant, autant que possible, aux évènements diocésains les plus significatifs.
Pour donner consistance au lien avec l’Église particulière, il est opportun que la candidate acquière une connaissance adéquate de son histoire, des institutions, des traditions spirituelles, des choix pastoraux et des expériences prophétiques présentes en elle, ainsi que de la connaissance des difficultés auxquelles elle doit faire face et des blessures qui sont motifs de souffrance.
Selon les aptitudes, possibilités effectives et charismes de chacune, l’engagement d’édification de la communauté pourra se concrétiser dans un service pastoral ou une autre forme de témoignage qui exprime le partage de la mission évangélisatrice et de la promotion humaine de l’Église dans le contexte social et culturel où elle vit.
101. Pour une compréhension correcte de l’Ordo virginum, on proposera à l’étude et à la méditation de la candidate l’histoire de la vie consacrée et sa valeur de signe prophétique dans l’Église et dans le monde, à partir des textes fondamentaux : la Sainte Ecriture, la tradition patristique, la réflexion théologique, avec une référence particulière au Concile Vatican II et aux interventions les plus récentes du Magistère ecclésial.
On présentera avec une attention particulière les fondements théologiques, historiques, liturgiques, ecclésiologiques et juridiques de la forme de vie propre à l’Ordo virginum, introduisant les candidates à une connaissance approfondie du rite de consécration des vierges, dans sa structure dynamique et sa signification ecclésiale.
102. On devra aussi soigner une adéquate connaissance et assimilation des fondements de l’anthropologie chrétienne de façon à ce que la maturation du choix de consécration se fasse sur la base d’une compréhension équilibrée de la sexualité et de l’affectivité humaine, de l’aptitude à la relation et de la liberté, du don de soi, du sacrifice et de la souffrance. Dans ce cadre, dans le parcours formatif, la contribution des sciences humaines, en particulier de la psychologie et de la pédagogie, pourra être valorisée pour mettre les candidates dans la condition d’une meilleure compréhension de certaines dynamiques relationnelles et du développement humain et, par conséquent, de sa propre histoire personnelle et de sa manière d’établir des relations avec les autres.
Quand les conditions de vie concrètes et les aptitudes de la personne le permettent, on encouragera la candidate à suivre des cours auprès des Facultés de Théologie, des Instituts de Sciences Religieuses ou d’autres institutions analogues. On ne négligera en aucun cas une préparation théologique adéquate dans le domaine biblique, liturgique, spirituel, ecclésiologique et moral.
103. On favorisera des occasions de connaissance, de formation et d’échange d’expérience avec les autres candidates et les consacrées présentes dans le Diocèse. Au cas où il n’y en ait pas, on évaluera la possibilité d’établir des relations de connaissance et d’échange fraternel avec les consacrées ou candidates de Diocèses proches.
L’admission à la consécration et le soin de sa célébration
104. À l’issue du parcours formatif fait en accord avec l’Evêque, après un discernement attentif, personnel et avec l’accompagnateur spirituel, la candidate présentera à l’Evêque la demande d’admission. Il est opportun qu’une telle demande soit exprimée par un écrit manuscrit et qu’elle fasse référence de l’avis de l’accompagnateur spirituel. L’Evêque prendra donc en charge le discernement définitif.
Dans ce but, il recueille les informations nécessaires de tous ceux qui ont accompagné le chemin de la candidate à l’exception de l’accompagnateur spirituel. Il demandera en particulier au Délégué ou à la Déléguée, s’il en existe, un avis motivé relatif à l’admission. Les autres consacrées impliquées dans le service de formation, s’il existe, contribueront à l’élaboration de cet avis.
105. L’admission à la consécration exige la certitude morale relative à l’authenticité de la vocation de la candidate, la réelle existence d’un charisme virginal et l’existence des conditions et des présupposés, afin que la candidate accueille et corresponde à la grâce de la consécration et soit capable de rendre un témoignage éloquent de sa propre vocation en y persévérant et grandissant dans le don généreux de soi au Seigneur, aux frères et aux sœurs.
106. Si l’évaluation conduit à l’admettre à la consécration, l’Evêque définira avec celle qui va être consacrée la date et le lieu de la célébration en tenant compte en la matière des indications contenues dans le Pontifical.
Il est opportun de préparer la communauté à une fructueuse participation à la liturgie de la consécration, avec l’invitation à accompagner dans la prière celle qui va être consacrée, ainsi que par une catéchèse spécifique sur les caractéristiques de cette vocation. Dans la préparation et le déroulement du rite, on prendra soin d’introduire l’assemblée au mystère nuptial du Christ et de l’Église qui est célébré, par une sobriété noble des gestes, des chants et des signes proposés.
107. La consécration qui a eu lieu sera documentée par l’inscription dans un registre de l’Ordo virginum, où le ministre célébrant, l’intéressée et deux témoins apposeront leur signature. Le registre sera ordinairement conservé auprès de la curie diocésaine. Un certificat de cette consécration sera donné à l’intéressée. En outre, il est opportun que l’Evêque donne des dispositions afin que la consécration qui a eu lieu soit communiquée au curé compétent pour qu’il la note au registre des baptêmes.
La formation permanente
Le soin de la formation permanente
108. Le soin de la formation permanente trouve son fondement dans l’exigence de correspondre de façon toujours plus entière à la vocation reçue[101].
Elle requiert une disponibilité constante à apprendre de l’expérience, c’est-à-dire la disposition à se laisser conduire par l’Esprit dans le dynamisme de la foi, élaborant à la lumière de l’Evangile la signification des diverses phases de sa propre existence et sa propre manière de rendre raison de l’espérance chrétienne face aux sollicitations de la culture contemporaine.
L’avancée de l’âge, qui s’accompagne du changement des engagements, des contextes relationnels, des conditions de santé, invite les consacrées à redécouvrir, dans toutes les phases de la vie, la beauté et la fécondité de leur consécration, en adaptant de façon opportune les contenus et les modalités de la formation.
Toutes les dimensions de l’existence de la consacrée doivent être impliquées : le fait d’être femme dans un certain contexte culturel et social, disciple du Seigneur dans l’Église pèlerine dans l’histoire, appelée à être signe spécifique de l’amour sponsal du Christ et de l’Église comme consacrée dans la forme de vie propre à l’Ordo virginum.
109. La formation permanente exige donc humilité, attention, intelligence, responsabilité et créativité de la part de chaque consacrée.
Dans ce cadre, les initiatives spécifiques pour la formation permanente sont des instruments qui ont pour but d’accompagner dans la compréhension personnelle toujours plus approfondie du charisme virginal, de favoriser l’intégration du vécu dans la donation totale au Seigneur et de soutenir les consacrées dans l’engagement à vivre les responsabilités qui dérivent de la consécration.
Engagement personnel et dimension de communion
110. L’organisation de parcours de formation permanente fructueux requiert d’harmoniser l’engagement personnel de la formation avec la dimension de communion qui caractérise l’Ordo virginum.
En effet, il s’agit d’identifier les priorités et les instruments les plus appropriés à une formation solide, qui soit attentive aux exigences et aux charismes de chacune. En même temps, il est nécessaire que les parcours de formation expriment et soutiennent l’expérience de la communion qui unit les consacrées de l’Ordo virginum.
Cela comporte un double exercice de coresponsabilité : de chaque consacrée, dans son rapport avec l’Evêque ou le Délégué ou la Déléguée, pour décrire et vérifier de quelle manière elle vit l’engagement de la formation ; et de l’ensemble des consacrées du Diocèse avec l’Evêque ou avec le Délégué ou la Déléguée, pour décrire, réaliser et vérifier un programme de formation partagé et spécifique pour les consacrées de l’Ordo virginum.
111. Pour ce deuxième aspect, en tenant compte des circonstances concrètes, l’Evêque, le Délégué ou la Déléguée organiseront des rencontres et des initiatives formatives pour toutes les consacrées, en valorisant la contribution que chacune est capable de donner à la programmation, l’organisation, la mise en application concrète et les vérifications nécessaires. Pour donner à cet exercice de coresponsabilité une expression continue et organique, l’Evêque pourra convenir avec les consacrées des modalités pour réaliser un service ou une équipe pour la formation permanente, comme articulation du service de communion.
On fera attention à créer des conditions permettant d’impliquer également les consacrées qui, en raison de leur grand âge, de leur santé ou d’autres motifs sérieux, sont dans l’incapacité de ou ont des difficultés à participer aux rencontres formatives.
Dans le cas où un Diocèse ne compte qu’une seule consacrée ou qu’un petit nombre de consacrées, avec l’accord des Evêques respectifs, il est possible de prévoir des initiatives de formation partagées avec les consacrées des Diocèses voisins.
En outre, les consacrées sauront également tenir compte, pour leur propre formation, des autres initiatives et activités proposées dans la communauté chrétienne, et valoriser tout ce qui, dans le domaine de leur contexte social et de travail propre, leur donne des occasions formatives valides.
Indications de contenu et de méthode
112. Il est nécessaire que les propositions formatives spécifiques pour les consacrées de l’Ordo virginum unissent avec sagesse pédagogique tant l’approfondissement thématique fondamental de la vie chrétienne, et en particulier les plus centrales pour cette forme de vie consacrée, que la réflexion sur les questions posées par l’actualité sur lesquelles il est nécessaire d’exercer un discernement évangélique sérieux.
On ne manquera pas d’approfondir la connaissance de la Sainte Ecriture, du savoir théologique et des dynamiques du chemin spirituel, ainsi que l’attention au magistère et aux propositions pastorales de l’Evêque diocésain et du Pape.
Il est important que la dimension intellectuelle de la formation ne soit pas isolée mais bien intégrée dans la croissance de la vie selon l’Esprit et stimulée et vérifiée continuellement en relation à la capacité d’établir et de garder des relations de type fraternel.
On aura donc soin de faire en sorte que les rencontres et les initiatives formatives deviennent pour les consacrées de réelles occasions de communication dans la foi et d’édification réciproque. Le parcours formatif sera aussi soutenu par la prière commune ; on ne négligera pas l’attention pédagogique aux dynamiques relationnelles vécues dans l’Ordo virginum, en favorisant l’accueil et l’estime réciproque, la bienveillance et la gestion intelligente des tensions et conflits qui se présentent, afin que ceux-ci se transforment également en occasions de croissance.
113. Les rencontres et les initiatives formatives pourront consister concrètement en des leçons et conférences, échanges d’expériences, écoute de témoignages, de partages de parcours de lecture, séminaires, retraites ou exercices spirituels, semaines bibliques, pèlerinages, approfondissements de type culturel, etc.
Les différentes rencontres et initiatives formatives interdiocésaines pourront elles aussi avoir une fonction d’intégration des parcours formatifs diocésains, en particulier ceux qui sont organisés par les services de communion stables – là où ils existent –, institués dans un regroupement déterminé d’Églises particulières, en entente organique avec les Conférences épiscopales concernées, et les Evêques référents pour l’Ordo virginum respectifs, s’ils sont nommés. Dans la programmation, réalisation et vérification de ces évènements, la coresponsabilité de toutes les consacrées des Diocèses intéressés devra être favorisée.
Conclusion
114. Le Seigneur Jésus tira de toutes les nations une unique Église et s’unit mystiquement à elle par un amour sponsal. Ce mystère merveilleux qui se réalise efficacement dans la célébration eucharistique est le principe de l’unité et de la sainteté de l’Église, de sa mission universelle et de sa capacité de vivifier par l’annonce de l’Evangile chaque expérience humaine et chaque culture. En contemplant ce mystère, l’Église reconnaît comme don de l’Esprit la nouvelle floraison de l’Ordo virginum et l’accueille avec reconnaissance.
Précédées et soutenues par la grâce de Dieu, les femmes qui reçoivent cette consécration sont appelées à vivre la docilité à l’Esprit Saint, à expérimenter le dynamisme transformant de la Parole de Dieu qui fait de tant de femmes différentes une communion de sœurs. Elles sont aussi appelées à annoncer l’Evangile du salut par la parole et la vie pour devenir image de l’Église Epouse qui, en vivant uniquement pour le Christ Epoux, le rend présent dans le monde.
Vers Marie, icône parfaite de l’Église, elles tournent leur regard, comme vers l’étoile qui oriente leur chemin. L’Église les confie à sa maternelle protection.
115. Nous te louons,
Vierge Mère de Dieu,
femme de l’Alliance,
de l’attente et de l’accomplissement.
Sois mère et maîtresse
des vierges consacrées,
pour qu’en t’imitant,
elles accueillent avec joie l’Evangile
et qu’en lui,
elles découvrent chaque jour,
avec humilité et étonnement,
l’origine sainte
de leur vocation sponsale.
Vierge des vierges,
fontaine scellée, porte du ciel,
inspire et accompagne
nos sœurs,
afin qu’elles aient
le don de discernement spirituel
et que, pèlerines dans l’histoire,
elles vivent le dynamisme
de la prophétie
avec liberté et courage,
avec détermination et tendresse.
Femme comblée de grâce
et surabondante de charité,
Vierge faite Église,
bénis leur chemin,
pour que l’espérance
inspire leurs esprits
et dilate leurs cœurs
en orientant chacun de leur pas,
et que la foi
rende leurs mains opérantes
et créatives,
de façon à ce que leur vie
soit féconde
et que, en anticipant ici
et maintenant
la réalité du Royaume,
elles génèrent et édifient
le peuple de Dieu,
en participant à sa mission
royale, prophétique et sacerdotale.
Nous te proclamons bienheureuse,
femme du Magnificat,
Mère de l’Evangile vivant,
et, pour ces sœurs, nous te prions :
associe-les à ton chant,
implique-les dans ta danse,
pour que,
suivant l’Agneau partout où il va,
elles puissent nous conduire aussi,
avec les lampes allumées,
au banquet des noces éternelles,
à l’étreinte définitive avec l’Amour
qui n’aura jamais de fin.
(Approuvée par le Saint-Père en l’Audience du 8 juin 2018)
Cité du Vatican, le 8 juin 2018,
Solennité du Sacré-Cæur de Jésus
João Braz Card. de Aviz
Préfet
+ José Rodríguez Carballo, O.F.M.
Archevêque Secrétaire
______________________
[1] Parmi les témoignages les plus anciens, ceux de Clément de Rome (Clemens Romanus, Ep. Ad Corinthios 38, 2 : SCh 167,162) et d’Ignace d’Antioche (Ignatius Antiochensis, Ep. Ad Smyrnenses XIII : PG 5, 717-718 ; Ep. Ad Polycarpum V, 2 : PG 5, 723-724).
[2] Vers l’an 150, Justin disait ainsi : « Nombreux sont les hommes et les femmes qui sont devenus disciples du Christ quand ils étaient enfants, et qui restent purs jusqu’à soixante, soixante-dix ans. Je me vante de pouvoir citer des exemples provenant de toutes les classes sociales » (Iustinus, Apol. Pro Christ, c. 15 : PG 6, 349). Dès 177, Athénagoras d’Athènes écrivait à Marc-Aurèle : « Tu pourrais trouver beaucoup des nôtres, hommes et femmes, qui ont vieilli sans se marier, dans l’espérance de s’unir plus étroitement avec Dieu ! » (Athenagoras Atheniense, Legatio pro christianis XXXII : OTAC VII, 172).
[3] Ignatius Antiochensis, Ep. Ad Polycarpum V, 2 : PG 5, 723-724.
[4] Initialement, la proximité de cette forme de vie à celle des veuves consacrées comportait également le manque de distinction nette, comme on le comprend des écrits d’Ignace d’Antioche qui, au début du deuxième siècle, saluait « les vierges appelées veuves » de la communauté de Smyrne (Ignatius Antiochensis, Ep. Ad Smyrn. XIII : PG 5, 717-718). Dans les Constitutions Apostoliques de la deuxième moitié du quatrième siècle, les vierges apparaissent, à côté des veuves et des diaconesses, comme une composante institutionnelle de la communauté chrétienne.
[5] Cf. par exemple Athanasius, Apol. Ad Constant. 33 : PG 25, 640 ; Ambrosius, De virginibus, lib. I, c. 8, n. 52 : PL 16, 202.
[6] Expression que l’on retrouve dans Basilius, Ep. 1999 Ad Amphilochium : PG 32, 717.
[7] Cf. Ambrosius, De virginibus, liv. III, cc. 1-3, nn. 1-14 : PL 16, 219-224 ; De institutione virginis, c. 17, nn. 104-114 : PL 16, 333-336. Cf. Sacramentarium Leonianum XXX : PL 55, 129.
[8] Cyprianus, De habitu virginum III : PL 4, 443.
[9] Pontificale Romanum ex Decreto Sacrosancti Concilii Œcumenici Vaticani II instauratum auctoritate Pauli PP. VI promulgatum, Ordo Consecrations Virginum, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis, Civitas Vaticana 1970.
[10] Jean-Paul II, Cons. Ap. Pastor bonus (28 juin 1988), 105.
[11] Catéchisme de l’Église Catholique, 922-924.
[12] Jean-Paul II, Ex. Ap. post-synodale Vita consecrata (25 mars 1996).
[13] Congregation pour les Instituts de vie consacree et les Societes de vie apostolique, Instruction Repartir du Christ. Un engagement renouvelé de la vie consacrée au troisième millénaire (19 mai 2002), 19.
[14] Congregation pour les Eveques, Directoire pour le ministère pastoral des Evêques Apostolorum Successores (22 février 2004), 104.
[15] Jean-Paul II, Discours aux participantes au Congrès International de l’ Ordo virginum à l’occasion du 25ème anniversaire de la promulgation du rite, Rome (2 juin 1995).
[16] Benoit XVI, Discours aux participantes au Congrès de l’ Ordo virginum sur le thème « Virginité consacrée pour l’Église et dans le monde : un don pour l’Église et dans l’Église », Rome (15 mai 2008).
[17] « Les paroles du Christ (Mt 19, 11-12) partent de tout le réalisme de la situation de l’homme et avec le même réalisme le font sortir dehors, vers l’appel dans lequel, d’une nouvelle manière, bien qu’il demeure par sa nature être “double” (c’est à dire adressé comme homme à la femme et comme femme à l’homme), il est capable de découvrir dans sa solitude, qui ne cesse pas d’être une dimension personnelle de la dualité de chacun, une nouvelle et encore plus pleine forme de communion intersubjective avec les autres. Cette orientation de l’appel explique explicitement l’expression : “Pour le Royaume des cieux” ; en effet, la réalisation de ce Royaume doit se trouver sur la ligne du développement authentique de l’image et de la ressemblance de Dieu, dans ce sens trinitaire, c’est à dire “de communion”. Choisissant la continence pour le Royaume des cieux, l’homme a pris conscience de pouvoir, de cette façon, se réaliser soi-même “différemment” et, dans un certain sens, “de plus” qu’il n’est dans le mariage, devenant ainsi “un don sincère pour les autres” » : Jean-Paul II, Audience (7 avril 1982).
[18] « La continence “pour le Royaume des cieux”, le choix de la virginité ou du célibat pour toute la vie, est devenue dans l’expérience des disciples et des suiveurs du Christ un acte de réponse particulière à l’amour de l’Epoux divin et a donc revêtu le sens d’un acte d’amour nuptial, c’est-à-dire d’une donation nuptiale de soi, aux fins de changer de manière spéciale l’amour sponsal du Rédempteur ; une donation de soi entendue comme renonciation mais faite surtout par amour » : Jean-Paul II, Audience (28 avril 1982).
[19] « L’être homme vivant, masculin et féminin, […] choisit avec une libre volonté la continence “pour le Royaume des cieux” […] il pointe […] la “virginité” eschatologique de l’homme ressuscité, dans laquelle se révèlera l’absolu et l’éternel sens nuptial du corps glorifié dans l’union avec Dieu, à travers la vision “face à face” avec lui ; il est glorifié, également, à travers l’union d’une parfaite intersubjectivité, qui unira tout ceux qui “font partie de l’autre monde”, hommes et femmes, dans le mystère de la communion des Saints. La continence terrestre “pour le Royaume des cieux” est sans aucun doute un signe qui indique cette vérité et cette réalité. Elle est un signe que le corps, dont le but n’est pas la mort, vise à la glorification et pour cela, il est déjà, je dirais, parmi les hommes un témoignage qui anticipe la future résurrection. Toutefois ce signe charismatique de l’autre monde exprime la force et la dynamique la plus authentique du mystère de la “rédemption du corps” : un mystère, qui a été inscrit par le Christ dans l’histoire terrestre de l’homme et ancré profondément par lui dans cette histoire. Ainsi, donc, la continence “pour le Royaume des cieux” porte surtout l’empreinte de la ressemblance au Christ, qui, dans l’œuvre de la rédemption a fait lui-même ce choix “pour le règne des cieux” » : Jean-Paul II, Audience (24 mars 1982).
[20] Cf. Concile Œcuménique Vatican II, Constitution dogmatique sur l’Église Lumen gentium, 1.
[21] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1 ; Catéchisme de l’Église Catholique, 1667-1672 ; Code de Droit Canonique, cann. 1166-1169.
[22] Cf. Ordo consecrationis virginum, 17 et 22-23.
[23] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1 ; Ordo consecrationis virginum, 16, 24.
[24] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1.
[25] Cf. Concile Œcuménique Vatican II, Constitution pastorale sur l’Église dans le monde contemporain Gaudium et spes, 1.
[26] Cf. Jean-Paul II, Ex. Ap. post-synodale Vita consecrata (25 mars 1996), 7 et 42.
[27] Cf. Code de Droit Canonique, can. 604.
[28] Cf. Code de Droit Canonique, can. 368 et can. 381 § 2.
[29] Cf. Jean-Paul II, Ex. Ap. post-synodale Vita consecrata (25 mars 1996), 14.
[30] Cf. Ordo consecrationis virginum, 16.
[31] Cf. Jean-Paul II, Lettre apostolique Mulieris dignitatem (15 août 1988), 17-20.
[32] « La chasteté des célibataires et des vierges, dans la mesure où elle manifeste le don à Dieu d’un cœur sans partage (cf. 1 Co 7, 32-34), constitue le reflet de l’amour infini qui relie les trois Personnes divines dans la profondeur mystérieuse de la vie trinitaire » : Jean-Paul II, Ex. Ap. Post-synodale Vita consecrata (25 mars 1996), 21. « L’intégrité de la foi a été aussi liée à l’image de l’Église vierge, à sa fidélité dans l’amour sponsal pour le Christ : porter atteinte à la foi revient à porter atteinte à la communion avec le Seigneur » : François, Lettre Encyclique Lumen fidei (29 juin 2013), 48.
[33] « L’amour sponsal comporte toujours une disposition unique à être reporté sur ceux qui se trouvent dans le champ de son action. Dans le mariage, cette disposition, tout en étant ouverte à tous, consiste particulièrement dans l’amour que les parents donnent à leurs enfants. Dans la virginité, cette aptitude ouvre à tous les hommes, objets de l’amour du Christ-Epoux » : Jean-Paul II, Lettre apostolique Mulieris dignitatem (15 août 1988), 21.
[34] Cf. Concile Œcuménique Vatican II, Constitution dogmatique sur l’Église Lumen Gentium, VIII.
[35] François, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 287.
[36] Cf. Ambrosius, De virginibus, liv. II, c. 3, n. 19 : PL 16, 211.
[37] Cf. Jean-Paul II, Lettre Encyclique Redemptoris Mater (25 mars 1987), 6.
[38] François, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 287.
[39] Ivi, 288.
[40] Ivi.
[41] Cf. François, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 1.
[42] Cf. Benoit XVI, Discours aux participantes au congrès de l’Ordo virginum sur le thème « Virginité consacrée dans le monde : un don pour l’Église et dans l’Église », Rome (15 mai 2008), 5 ; Jean-Paul II, Ex. Ap. Post-synodale Vita consecrata (25 mars 1996), 18.
[43] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 2.
[44] « […] les dons charismatiques sont distribués librement par l’Esprit Saint, afin que la grâce sacramentelle porte du fruit dans la vie chrétienne de façon diversifiée et à tout les niveaux. Ces charismes “étant avant tout ajustés aux nécessités de l’Église et destinés à y répondre”, par leur richesses multiforme, le Peuple de Dieu peut vivre en plénitude la mission évangélisatrice, scrutant les signes des temps et les interprétant à la lumière de l’Evangile. En effet, les dons charismatiques incitent les fidèles, en pleine liberté et de manière adaptée aux temps, à répondre au don du salut, en faisant d’eux même un don d’amour pour les autres et en rendant un témoignage authentique à l’Evangile devant tous les hommes » : Congregation pour la Doctrine de la Foi, Lettre Iuvenescit Ecclesia (15 mai 2016), 15.
[45] « Parmi vous, il existe des styles et modalités différentes de vivre le don de la virginité consacrée […]. Je vous exhorte à aller au-delà de l’apparence, en saisissant le mystère de la tendresse de Dieu que chacune porte chez elle et en vous reconnaissant sœurs, même dans votre diversité » : Benoit XVI, Discours aux participantes au congrès de l’ Ordo virginum sur le thème « Virginité consacrée dans le monde : un don pour l’Église et dans l’Église », Rome (15 mai 2008), 5.
[46] « Pour progresser sur la voie évangélique, en particulier dans la période de formation ou à d’autres moments de la vie, on trouve un soutien important dans le recours confiant et humble à la direction spirituelle, grâce à laquelle la personne est aidée à répondre généreusement aux motions de l’Esprit et à s’orienter avec détermination vers la sainteté » : Jean-Paul II, Ex. Ap. post-synodale Vita consecrata (25 mars 1996), 95.
[47] Cf. Benoit XVI, Discours aux participantes au Congrès de l’ Ordo virginum sur le thème « Virginité consacrée dans le monde : un don pour l’Église te dans l’Église », Rome (15 mai 2008), 4-5.
[48] Augustinus, De sancta virginitate, c. 54 : PL 40, 428.
[49] « La grande tradition patristique nous apprend que les mystères du Christ sont liés au silence ; par lui seul, la Parole peut faire en nous sa demeure, comme chez Marie » : Benoit XVI, Ex. Ap. post-synodale Verbum Domini (30 septembre 2010), 66.
[50] « L’ignorance des écritures est l’ignorance du Christ » : Hieronymus, Commentarii in Isaiam, Prologus ; CCL 73, 1 : PL 24, 17.
[51] « L’eucharistie est le sacrement de l’Epoux, de l’Epouse. L’Eucharistie rend présent et réalise à nouveau sacramentellement l’acte rédempteur du Christ, qui “crée” l’Église, son corps. A ce “corps”, le Christ est uni comme l’époux à l’épouse » : Jean-Paul II, Lettre apostolique Mulieris dignitatem (15 août 1988), 26.
[52] « C’est là que peut pleinement se réaliser l’intimité avec le Christ, l’identification à lui, le désir d’être totalement configurés à lui, auxquels les personnes consacrées sont appelées par vocation » : Congregation pour les Instituts de vie consacree et les Societes de vie apostolique, Instruction Repartir du Christ. Un engagement renouvelé de la vie consacrée au troisième millénaire (19 mai 2002), 26.
[53] François, Bulle Misericordiae vultus (11 avril 2015), 17.
[54] « Célébrer le sacrement de la réconciliation signifie être enveloppé par une étreinte chaleureuse : c’est l’étreinte de la miséricorde infinie du Père » : François, Audience (19 février 2014).
[55] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 2.
[56] Ambrosius, De institutione virginis, c. 6, n. 46 : PL 16, 320.
[57] Cf. Code de Droit Canonique, can. 663 § 4.
[58] « L’ascèse, aidant à dominer et à corriger les tendances de la nature humaine blessée par le péché, est vraiment indispensable pour que la personne consacrée reste fidèle à sa vocation et suive Jésus sur le chemin de la Croix » : Jean-Paul II, Ex. Ap. post-synodale Vita consecrata (25 mars 1996), 38.
[59] « La vocation des personnes consacrées à chercher avant tout le Royaume de Dieu est, en priorité, un appel à la pleine conversion, par le renoncement à soi-même pour vivre entièrement du Seigneur, afin que Dieu soit tout en tous. Appelés à contempler le visage transfiguré du Christ et à en être les témoins, les consacrés sont aussi appelés à une existence transfigurée » : Jean-Paul II, Ex. Ap. postsynodale Vita consecrata (25 mars 1996), 35.
[60] « Cela est donc la règle de la conversion : s’éloigner du mal et apprendre à faire le bien. Se convertir est un chemin. Il est un chemin qui requiert courage, pour s’éloigner du mal et humilité pour apprendre à faire le bien. Et qui, surtout, nécessite des choses concrètes » : François, Méditation matinale dans la Chapelle de la Domus Sanctae Marthae, Apprendre à faire le bien (14 mars 2017).
[61] Cf. Benoit XVI, Discours aux participantes au Congrès de l’ Ordo virginum sur le thème « Virginité consacrée dans le monde : un don pour l’Église et dans l’Église », Rome (15 mai 2008), 4-5.
[62] Cf. François, Lettre encyclique Laudato si’ (24 mai 2015), 222-227.
[63] François, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 273.
[64] « Pour être d’authentiques évangélisateurs, il convient aussi de développer le goût spirituel d’être proche de la vie des gens, jusqu’à découvrir que c’est une source de joie supérieure. La mission est une passion pour Jésus mais, en même temps, une passion pour son peuple. Quand nous nous arrêtons devons Jésus crucifié, nous reconnaissons tout son amour qui nous rend digne et nous soutient, mais, en même temps, si nous ne sommes pas aveugles, nous commençons à percevoir que ce regard de Jésus s’élargit et se dirige, plein d’affection et d’ardeur, vers tout son peuple. […] Ainsi, nous redécouvrons qu’il veut se servir de nous pour devenir toujours plus proche de son peuple aimé. Il nous prend du milieu du peuple et nous envoie à son peuple, de sorte que notre identité ne se comprend pas sans cette appartenance » : François, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 268.
[65] Paul VI, Ex. apost. Evangelii nuntiandi (8 décembre 1975), 70.
[66] Cf. Ordo consecrationis virginum, 16 ; Jean-Paul II, Discours aux participantes au congrès international de l’ Ordo virginum, à l’occasion du 25ème anniversaire de la promulgation du rite, Rome (2 juin 1995), n. 6 ; François, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 197-216. « Pour l’Église, l’option pour les pauvres est une catégorie théologique avant d’être culturelle, sociologique, politique ou philosophique » : François, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 198.
[67] François, Lettre encyclique Laudato si’ (24 mai 2015), 127.
[68] Ivi, 220.
[69] Ivi, 237.
[70] Cf. Jean-Paul II, Discours aux participantes au congrès international de l’ Ordo virginum, à l’occasion du 25ème anniversaire de la promulgation du rite, Rome (2 juin 1995), 4.
[71] Cf. Code de Droit Canonique, can. 680.
[72] Cf. François, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 103-104.
[73] « Le chemin vers un état synodal est le chemin que Dieu attend de l’Église du troisième millénaire » : François, Discours à l’occasion de la commémoration du 50 ème anniversaire de l’institution du synode des Evêques, Rome (17 octobre 2015).
[74] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 6.
[75] Cf. Ordo consecrationis virginum, 14 et 16.
[76] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 ; Ordo consecrationis virginum, 2 et 16.
[77] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 6.
[78] Cf. Congregation pour les Eveques, Direction pour le ministère pastoral des Evêques Apostolorum Successores (22 février 2004), 104.
[79] Cf. Code de Droit Canonique, can. 1303 § 1.
[80] Cf. Code de Droit Canonique, can. 604 § 2.
[81] Cf. Congregation pour la Doctrine de la Foi, Lettre Iuvenescit Ecclesia (15 mai 2016), 16.
[82] Cf. Code de Droit Canonique, cann. 684 et 685.
[83] Cf. Code de Droit Canonique, can. 695.
[84] Cf. Jean-Paul II, Ex. Ap. post-synodale Vita consecrata (25 mars 1996), 19.
[85] Ivi, 69.
[86] Ivi, 65 et 69-70.
[87] « Il sera alors important que toute personne consacrée soit formée à la liberté d’apprendre pendant toute son existence, à tout âge et toute saison de la vie, dans tout milieu et tout contexte humain, de toute personne et de toute culture, afin de pouvoir s’instruire à partir de tout fragment de vérité et de beauté qui se trouve autour d’elle. Mais elle devra surtout apprendre à se laisser former par la vie quotidienne, par sa communauté et par ses frères et sœurs, par les choses de tous les jours, ordinaires et extraordinaires, par la prière et le travail apostolique, dans la joie et dans la souffrance, jusqu’au moment de sa mort » : Congregation pour les Instituts de vie consacree et lesSocietes de vie apostolique, Instruction Repartir du Christ. Un engagement renouvelé de la vie consacrée au troisième millénaire (19 mai 2002), 15.
[88] « La tentation de l’individualisme. Elle est la tentation des égoïstes qui sur le chemin perdent la direction et au lieu de penser aux autres pensent à eux-mêmes, n’ayant pas honte, mais, au contraire se justifiant. L’Église est la communauté des fidèles, le corps du Christ ou le salut d’un membre est lié à la sainteté de tous. L’individualiste en revanche est source de scandale et de conflictualité » : François, Discours à l’occasion de la Rencontre de prière avec le Clergé, les Religieux, les Religieuses et les Séminaristes, Le Caire (29 avril 2017).
[89] Cf. Congregation pour les Instituts de vie consacree et les Societes de vie apostolique, Instruction Repartir du Christ. Un engagement renouvelé de la vie consacrée au troisième millénaire (19 mai 2002), 18.
[90] Cf. Code de Droit Canonique, can. 1072.
[91] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 b).
[92] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 a) et 5 b).
[93] Jean-Paul II, Ex. Ap. post-synodale Vita consecrata (25 mars 1996), 65.
[94] Cf. Jean-Paul II, Discours aux participantes au Congrès International de l’ Ordo virginum à l’occasion du 25ème anniversaire de la promulgation du rite, Rome (2 juin 1995), 4.
[95] « Benoît XVI affirmait qu’il existe une “écologie de l’homme” parce que “l’homme aussi possède une nature qu’il doit respecter et qu’il ne peut manipuler à volonté” [Discours devant le Deutscher Bundestag, Berlin (22 septembre 2011)]. Dans ce sens, il faut reconnaître que notre propre corps nous met en relation directe avec l’environnement et avec les autres êtres vivants. L’acceptation de son propre corps comme don de Dieu est nécessaire pour accueillir et pour accepter le monde tout entier comme don du Père et maison commune ; tandis qu’une logique de domination sur son propre corps devient une logique, parfois subtile, de domination sur la création. Apprendre à recevoir son propre corps, à en prendre soin et à en respecter les significations, est essentiel pour une vraie écologie humaine.
La valorisation de son propre corps dans sa féminité ou dans sa masculinité est aussi nécessaire pour pouvoir se reconnaître soi-même dans la rencontre avec celui qui est différent. De cette manière, il est possible d’accepter joyeusement le don spécifique de l’autre, homme ou femme, œuvre du Dieu créateur, et de s’enrichir réciproquement » : Francois, Lettre encyclique Laudato si’ (24 mai 2015), 155.
[96] Cf. Congrégation pour l’Education catholique, Orientations pour l’utilisation des compétences psychologiques dans l’admission et dans la formation des candidats au sacerdoce (29 juin 2008) ; Congrégation pour le Clergé, Le don de la vocation presbytérale. Ratio fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 décembre 2016), 146-147 et 191-196.
[97] Cf. Congrégation pour le Clergé, Le don de la vocation presbytérale. Ratio fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 décembre 2016), 194.
[98] « Dans la sélection des spécialistes, en plus de leurs qualités humaines et de leur compétence spécifique, il faut tenir compte de leur profil de croyants » : Congrégation pour le Clergé, Le don de la vocation presbytérale. Ratio fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 décembre 2016), 146.
[99] Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 a).
[100] Congregation pour les Instituts de vie consacree et les Societes de vie apostolique, Instruction Repartir du Christ. Un engagement renouvelé de la vie consacrée au troisième millénaire (19 mai 2002), 25.
[101] Cf. Congregation pour les Instituts de vie consacree et les Societes de vie apostolique, Instruction Repartir du Christ. Un engagement renouvelé dans la vie consacrée au troisième millénaire (19 mai 2002), 15.
[01125-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Introduction
I. The vocation and witness of the Ordo virginum
II. The configuration of the Ordo virginumin the particular Churchesand in the universal Church
III. Vocational discernment and formation for the Ordo virginum
Conclusion
Introduction
1. The image of the Church as the Bride of Christ is presented in the New Testament as an effective icon, revealing the intimate nature of the relationship that the Lord Jesus wanted to establish with the community of those who believed in him (Ep 5:23-32; Rev 19:7-9; 21:2-3,9)
Since apostolic times this expression of the mystery of the Church has been demonstrated in a unique way in the lives of those women who with spousal love are dedicated to the Lord Jesus in virginity. Responding to a charism kindled in them by the Holy Spirit, they experience the spiritual fertility of an intimate relationship with him and offer the fruits of this relationship to the Church and to the world.
2. Some passages in the New Testament and in the writings of the first Christian centuries show that this form of evangelical life appeared in a spontaneous way in the different regions where ecclesial communities developed[1]. In the context of pagan society, it took its place among other forms of the ascetic life which were clear signs of the novelty of Christianity and of its capacity to respond to the deepest questions about the meaning of human existence[2]. In a process similar to that which concerned the status of widows who chose continence « in honour of the flesh of the Lord »[3], consecrated female virginity gradually assumed the characteristics of a state of life publicly recognised by the Church[4].
In the first three centuries, large numbers of consecrated virgins underwent martyrdom in order to remain faithful to the Lord. Among these were Agatha of Catania, Lucy of Syracuse, Agnes and Cecilia of Rome, Thecla of Iconium, Apollonia of Alexandria, Restituta of Carthage, and Justa and Rufina of Seville. From that time, right up to today the memory of the virgin martyrs has remained as a striking reminder of the total gift of self that virginal consecration demands.
In the women who embraced this vocation and responded to it with a decision to persevere in life-long virginity, the Fathers of the Church saw a reflection of the image of the Church as the Bride, totally dedicated to her Bridegroom: thus they refer to them as sponsae Christi (brides of Christ), Christo dicatae (dedicated to Christ), Christo maritatae (married to Christ), Deo nuptae (brides of God)[5]. In the living body of the Church, they comprised an institutionalized coetus (group), identified by the name of the Ordo virginum (Order of virgins)[6].
3. From the IV century, entry into the Ordo virginum took place through a solemn liturgical rite presided over by the diocesan bishop. In the heart of the community gathered for the Eucharistic celebration, the woman expressed her sanctum propositum (holy resolution) to remain in virginity for her whole life, for the love of Christ. The Bishop then pronounced the consecratory prayer. As affirmed already in the writings of Ambrose of Milan and subsequently, starting from the most ancient liturgical sources, the nuptial symbolism of the rite was displayed particularly by the bestowal of the veil on the virgin by the Bishop, a gesture that corresponded to the velatio (placing of the marriage veil) that took place during the marriage celebration[7].
4. The respect and pastoral concern that accompanied the evolution of the consecrated virgins are amply demonstrated in patristic literature. The Fathers did not limit themselves to criticizing the behaviour of consecrated women that was not in accord with their commitment to lead a chaste life in humble discipleship of Christ. They also challenged and vigorously opposed the arguments of those who denied the value of consecrated virginity as well as heretical deviations that supported the ideal of virginity and continence on the basis of a negative conception of matrimony and sexuality. Reflecting on the theological foundations of virginal consecration, they highlighted its charismatic origins, evangelical motivation, ecclesial and social significance, reference to the Virgin Mary as exemplar, and the prophetic value of anticipation and vigilant expectation of full communion with the Lord that will be brought about only at his glorious return at the end of time. Addressing the consecrated virgins « more with affection than with the authority »[8] of their office, they exhorted consecrated virgins to nourish and express their love for Christ the Bridegroom through attentive meditation on the Scriptures and in persevering personal and liturgical prayer; by practising asceticism, the virtues and the works of mercy; by cultivating an attitude of obedient attention to the magisterium of the Bishop and in the obligation to safeguard ecclesial communion. Thus, they would offer a transparent and persuasive evangelical witness within the Christian community and in the social setting within which they remained inserted, generally living with their family of origin and at times in community.
In the same period, by means of papal decrees and the constitutions of provincial councils, the regulation of essential aspects of this form of life began to be defined.
5. While consecrated virgins in the first centuries usually lived with their own families, as cenobitic monasticism developed the Church associated virginal consecration with community life, and therefore with the observance of a common rule and obedience to a superior. Over the course of centuries, the original way of life of the Ordo virginum, with its characteristic foundations in the local ecclesial community under the guidance of the diocesan bishop, gradually disappeared.
The rituals of entrance into monastic life accompanied, and in the majority of monasteries, replaced the celebration of the rite for the consecratio virginum (consecration of virgins). Only some monastic families in which solemn vows were made maintained the use of this rite. While preserving the essential elements of the original structure, the rite became enriched with contributions from the culture of the populations among which it spread, through successive revisions that led to the introduction of new prayer formulae and symbolic gestures.
6. The stimulus for ecclesial renewal that inspired the Second Vatican Council also created interest in the liturgical rite for the consecratio virginum and in the Ordo virginum. Many centuries after its disappearance, and in a radically transformed historical context, in which profound changes in the condition of women in the Church and in society were taking place, this ancient form of consecrated life displayed a surprising force of attraction. It seemed capable of responding not only to the desires of many women to dedicate themselves totally to the Lord and to their neighbours, but also to the concurrent rediscovery by the particular Church of its own identity in communion with the one Body of Christ.
In accordance with the provisions of the Constitution on the Liturgy, Sacrosanctum concilium n. 80, in the post-conciliar period the rite for the consecratio virginum then in the Roman Pontifical underwent revision, based on the general principles for the liturgical reform established by the Council. The new Ordo consecrationis virginum, promulgated on 31 May 1970 by the Sacred Congregation for Divine Worship on the special mandate of Pope Paul VI, came into force on 6 January 1971[9]. Recovering the most ancient ecclesial tradition, and taking into account its subsequent historical evolution, two forms of celebration were composed and approved. The first is intended for women living in saeculo (in the world), that is, in their ordinary circumstances of life, who are admitted to consecration by the diocesan Bishop. The second form is for nuns living in communities in which the rite is used, who are already perpetually professed or who make perpetual profession in the same celebration in which they receive the consecration virginum.
7. In this way, virginal consecration has again found explicit ecclesial recognition for women who remain in their ordinary context of life, rooted in the diocesan community, gathered around the Bishop in the manner of the ancient Ordo virginum, without being ascribed to an Institute of consecrated life. The same liturgical text and the norms established in them outline in their essential elements the structure and discipline of this form of consecrated life. Its institutional character – distinctive and different from that of Institutes of consecrated life – has been successively confirmed in the Code of Canon Law (can. 604). Similarly, the Code of Canons of the Oriental Churches has explained the possibility that in the Eastern Churches, their own law constitutes consecrated virgins who publicly profess chastity in the world « on their own account », that is, without bonds of belonging to an Institute of consecrated life (can. 570).
As a consequence, in the reorganisation of the Roman Curia that took place according to the Apostolic Constitution Pastor Bonus, the Ordo virginum was situated within the competence of the Congregation for Institutes of consecrated life and Societies of apostolic life[10].
The Catechism of the Catholic Church[11], the reflections that took place on the occasion of the Synod of Bishops on the theme « Consecrated Life and its Mission in the Church and in the World » and the post-synodal apostolic exhortation Vita consecrata[12] (in particular n. 7 and n. 42), have contributed to a clarification of the ecclesial position of the Ordo virginumamong the other forms of consecrated life, emphasizing the special link that has been established between consecrated virgins and the particular and universal Church.
The Instruction Starting Afresh from Christ: A renewed commitment to consecrated life in the third millennium[13], has therefore underlined the need for the diocesan Bishop and his presbyterate to pay special attention to consecrated virgins.
Subsequently the Directory for the pastoral ministry of Bishops, Apostolorum Successores[14], in continuity with the ancient ecclesial tradition, reaffirmed that the diocesan Bishop must take particular interest in the Ordo virginum, because these virgins are consecrated to God at his hands and are entrusted to his pastoral care.
8. Since this form of consecrated life was re-introduced in the Church, there has been a real revival of the Ordo virginum, whose vitality is evident in the rich variety of personal charisms placed at the service of the Church’s development and of the renewal of society in the spirit of the Gospel. The phenomenon appears to be very significant, not only for the number of women involved, but also for its diffusion throughout all continents, in many countries and Dioceses and in very diverse geographic areas and cultural contexts.
Without doubt, the translation of the Latin text of the Ordo consecrationis virginum in the majority of modern languages, under the supervision of the respective episcopal conferences, has contributed to this revival.
Large numbers of Bishops have promoted and supported the Ordo virginum in their Dioceses through their own teaching and pastoral activity. They encourage the contribution of the consecrated virgins themselves, who hear the call to reflect on their own experience, on the relevance of this vocation in the Church and in today’s world and on the attention necessary to enable them to express themselves according to its particular character. With the same purpose, some episcopal conferences have drawn up common criteria and guidelines for the pastoral care of the Ordo virginum.
In synergy with the magisterium and the action of the diocesan bishops, the Apostolic See has continued to pay attention to the Ordo virginum, putting itself at the service of the particular Churches, to promote the rebirth and development of this way of life in accordance with its special characteristics.
9. The service of communion that the successor of Peter carries out with respect to the Ordo virginum was particularly evident on the occasion of the first two international meetings in Rome, which were attended by consecrated virgins from numerous countries. From St. John Paul II in 1995[15] and Benedict XVI in 2008[16], consecrated virgins received valuable instruction to guide them on their way.
A third international meeting took place in 2016, when consecrated virgins from the entire world were invited to Rome to take part in the final day of the Year of Consecrated Life announced by Pope Francis. Under the leadership of the successor of Peter, who has urged consecrated persons in every form of life to rediscover the common foundations of consecrated life, it became evident how the characteristic insertion of the Order of virgins in the particular Churches is harmonized with the experience of communion that consecrated virgins encounter within the sphere of the universal Church, enabling them to participate in the one ecclesial mission.
10. In recent years, requests have reached this Dicastery from many places to provide instructions to guide the action of diocesan Bishops in applying the norms in the Roman Pontifical which are implicitly referenced in can. 604 of the Code of Canon Law, as well as to draw up more comprehensive, structured regulations, with specific reference to the particularities of the Ordo virginum, based on principles common to the law of consecrated life in all its different forms.
The renewed presence of this form of consecrated life in the Church, whose reappearance is so closely linked to the event of the Second Vatican Council, and the rapidity of its growth in so many particular Churches, makes it appropriate to respond to these requests, so that in the necessary adaptations to different cultural contexts, the specific identity of the Ordo virginummight be safeguarded.
This Instruction establishes the normative principles and directive criteria that the Pastors of every Diocese and individual Churches assimilated to the Dioceses must apply in the pastoral care of the Ordo virginum.
After outlining the biblical foundations and typical elements of the vocation and witness of consecrated virgins (First Part), the Instruction deals with the specific structure of the Ordo virginum within the particular Church and the universal Church (Second Part). It then focuses on vocational discernment, formation programs prior to consecration and permanent formation (Third Part).
I.
The vocation and witness
of the Ordo virginum
The biblical foundations of consecrated virginity
11. Be fruitful and multiply is the command addressed by the Creator to the first couple (Gen 1:28) and reaffirmed to Noah and his sons (Gen 9:1,7). This command deeply permeated the Hebraic mentality and the whole fabric of the Old Testament. It is connected to the promise of numerous descendants and the fulfilment of the messianic times. Marriage, possibly enriched by children, therefore emerges as the ideal profile of every pious Israelite and a different lifestyle is foreign to the biblical mentality.
In the Pentateuch and the historical books, sexual abstention is required only as a temporary condition of detachment from the profane, in order to enter the sphere of what is associated with God’s sanctity: for example, in preparation for meeting the Lord at Sinai (Ex 19:15) or for war against the Lord’s enemies (1 Sam 21:2-7), for the Levites during their cultic service (Lev 22:1-9) or to be able to share in a sacred meal (1 Sm 21:5). Virginity is valued as a positive quality only in relation to future marriage, and with explicit reference to the condition of the woman (Deut. 22:13-21), because it represents the intimacy reserved to the spouses. In particular, the high priest is required to marry a virgin for reasons of ritual purity (Lev 21:10-14). Perpetual virginity on the other hand was considered a severe humiliation (see the daughter of Jephthah in Judg.11:37), while physical sterility is endured with much anguish (see Rachel in Gn 30:23, Anna in 1 Sm 1:11 and Elizabeth in Lk 1:25).
12. In the wisdom literature, the exaltation of married love (that reached its poetic summit in the Song of Songs) is based on the ideal of family life inherited from tradition. Its beauty is admired (e.g. in Ps 127:3-5; 128:1-3; Sir 25:1) and it is viewed from a moral and pedagogical perspective (e.g. Prov. 5:15-19, Sir 7:23-28; 9:1,9). Virginity is valued as a virtue in a woman, to be guarded and respected in view of marriage, because it is a proof of her rectitude and of the honour of her family (Job 31:1; Sir 9:5; 42:10) to the point that, personifying divine Wisdom, the book of Sirach portrays it as a virgin bride who gives herself to one who fears the Lord (Sir 15:2). And since virtue is pleasing to God, the insight emerges that there is a spiritual fertility in good works that liberates from mortality even the sterile woman who is unable to establish a family and who has no descendants (Wis 3:13-14; 4:1).
13. Beginning with the preaching of Hosea – closely linked to his personal experience of suffering – the spousal metaphor appears in the prophetic books to emphasise the total gratuity of election and God’s untiring fidelity to the covenant (Hos 1-2; Ezr 16; 23), while the people yield to the seduction of other divinities and their rituals. In this symbolic context, the entire people of God are frequently compared to or personified by the image of a virgin, now to denounce the idolatry that exposes them to the risk of perishing, like a virgin who dies without descendants (Am 5:2); now to give voice to a lament over their ruin (Lam 2:13); now to invite them to repentance (Jer 31:21). But sometimes the image is used to proclaim the promise of redemption, with which God will rescue Israel from devastation and abandonment, to rediscover the joy of knowing that he is loved with eternal love (Jer 31:4,13; Is 62:5).
Even the celibacy of Jeremiah – the only one whom God explicitly ordered not to take a wife – represents a prophetic sign of the punishment that is about to destroy his people (Jer 16:2). He is an eloquent instrument of the word of God, a symbol of death, or rather a sorrowful personification of his message of judgement, announcing imminent destruction as a punishment for the people’s infidelity to God.
14. In rabbinic thought, the celibate is considered a man without help, without joy, without blessing (Bereshit Rabba 17:2), likened to one who sheds blood or who diminishes the divine image (Treatise Yevamoth of the Babylonian Talmud 63b). Nevertheless, some exceptions appear among the rabbis and some religious groups such as the Essenes and Healers and in the famous Qumran community.
On the threshold of the New Testament, the figure of John the Baptist is introduced, defining himself as the friend of the Bridegroom (Jn 3:29). With his ascetic life and preaching he prepared for the coming of the Messiah and the sudden appearance of the Kingdom of God.
15. In the New Testament, the celibate enters onto the scene and is presented as the incarnate prophecy of the already and the not yet of the Kingdom of God that draws its origin and its own essential purpose from the novelty of the coming of the Kingdom into history. From the time that the Kingdom of God in the Gospels is identified with the preaching, works and the actual person of Jesus, the motivation of celibacy takes on a strongly Christocentric character. The infancy Gospels of Matthew (1:18-25) and above all of Luke (1:26-38) present the newness of the virginity (carnis et cordis) of the mother of Jesus, a visible sign of the invisible incarnation of the Son of God and a spousal expression of the covenant with God, to which all believers are called. In addition, the Gospels show Jesus as an itinerant preacher, free of all ties (Mt 8:19-20), who displays the imminence of the Kingdom already present and calls for faith and conversion. In fact, the itinerant style of Jesus entails a constant distancing from places and persons. It is not adapted to the needs of family life, where the concerns of one member are closely connected to the concerns of all the other members, giving rise to a strong solidarity and to family politics.
While there are various references to relatives of Jesus, there is never any hint of a wife or children in the Gospels (Mk 3:31-32; 6:3; Jn 6:42; Acts 1:14). Jesus, in fact called his disciples sons or boys (tékna, Mk 10:24; teknía, Jn 13:33; paidía, Jn21:5), touching the reality of a spiritual type of sonship. On the occasion when his family came to him to see him (Mt 12:47; Mk 3:31; Lk 8:20) or rather, to take hold of him to bring him back home (Mk 3:21), he announced the establishment of his new family, one not based on blood ties, but on a spiritual reality expressed through the desire to carry out the will of God (Mt 12:50; Mk 3:31-35) or to hear the word of the Lord and put it into practice (Lk 8:21). This further birth or rebirth in the Spirit, which goes beyond flesh and blood, is asserted also in John’s Prologue (Jn 1:12-13) and on the occasion of the dialogue between Jesus and Nicodemus (Jn 3:3-8).
Jesus freely embraced a life without family ties and obligations, so that he could dedicate himself totally to the proclamation of the Kingdom and to the fulfilment of the Father’s plan of love for humanity. The radical freedom from attachments that Jesus incarnated, he also required of those who followed him, He asked them to leave (afíemi, in all three synoptics) everything (panta: Mt 19:27; Mk 10:28) or possessions (ta idia: intimate things, one’s own area of intimacy, Lk 18:28). This also included leaving behind parents, brothers and sisters, as well as wife (gyne-´: Lk 18:29) or children (tékna: Mt 19:29; Mk 10:29; Lk 18:29). To his disciples he spoke of eunuchia as an absolutely new condition, understood not as mortification or a contemptuous attitude towards women, but as a particular gift given by God to those who are called to it.
This recalls the famous logion: Not everyone can accept this teaching, but only those to whom it is given (Mt 19:11). From the grammatical point of view, the expression to whom it is given (dédotai) is equivalent to a divine passive, and means: those to whom God has granted it. Only those who enter into comprehension of the mystery of the Kingdom inaugurated by Christ are capable of understanding this gift. It requires a voluntary, free choice and motivation of a theological and eschatological order, being for the Kingdom of heaven (Mt 19:12).
Celibacy is thus presented as a free choice that takes place in the relational space that is the body. With this choice the person responds to the God of love who calls and reveals himself in the face of Christ[17]. This is not a flight from relationship, nor is it the fruit of superhuman force, but a gift that belongs to the dynamism of the transfiguration of relationality that distinguishes the style begun by Jesus: evangelical fraternity, the basis of reconciled humanity and the foundation of koino-nía on which the life of the Church is based[18].
The proclamation of the Kingdom opens up to the disciples a new eschatological situation, to which everything else takes second place (Mt 10:37; Lk 14:26; Mt 19:27-29; Mk 10:28-30; Lk 18:29). In Mt22:23-33, Mk 12:18-27 and Lk 20:27-40, reference to the eschatological condition of those who have been raised from the dead shows how the choice of celibacy and virginity for the sake of Christ and the Gospel already places the disciples – with a symbolic anticipatory function – in the reality of the Kingdom[19].
16. Writing to the Corinthians, Paul placed marriage side by side with virginity, presenting it not in the tone of a command, but as a recommendation (1 Cor 7:25), a personal call from God, or a charism (1 Cor 7:7). He characterizes it as a state of life that permits greater dedication to the Lord (1 Cor 7:32-35), a witness that Christians do not belong to this world, a sign of the Church straining towards its final goal, and an anticipation of the resurrected state (1 Cor 7:29,31). The accent is not on the physical state, but on the total dedication of the person to Christ and to service for the Kingdom. In this sense, in the eyes of Paul, the community itself is the virgin that he, as the father, has betrothed to Christ, so that, keeping intact the faith aroused by the apostolic preaching, it might direct all its energies and dedication to him (2 Cor 11:2-4).
In the heavenly Jerusalem all the elect are called virgins (Rev 14:4), to express their fidelity to the covenant and their being uncontaminated by idols. In the book of Revelation virginity appears as a sign of recognition of belonging to the heavenly city, to the bride of the Lamb (Rev 21:2,9).
If Jesus, the consecrated one par excellence, lives his consecration not in terms of separation from the profane or impure, in fulfilment of legal prescriptions, but by accepting the body that the Father had given him and by giving himself on the cross, his body is the actual place and the effective sign of his consecration to his Father’s plan (Heb 10:5-10). So it will be also for all who set foot on the path of celibacy or virginity: the body becomes a word, announcing their total belonging to the Lord and their joyful service of their brothers and sisters.
17. Christian virginity thus exists in the world as a clear sign of the future Kingdom because its presence exposes the relativity of material goods and the transitory nature of the world itself. In this sense, like the celibacy of the prophet Jeremiah, it foretells the imminent end. But at the same time, because of the spousal bond with Christ, it also proclaims the beginning of the life of the world to come, the new world according to the Spirit. This sign, as occurs in the biblical vision, is not a simply conventional reference or the pale image of a distant reality, but the reality itself in its nascent expression. In the sign is contained, even if still hidden, the future reality.
Consecrated virginity is therefore placed in a spousal framework, which is not theogamic (meaning: of marriage with the divinity), but theologal, that is, baptismal, because it concerns the spousal love of Christ for the Church (cf. Eph 5:25-26). It concerns a supernatural salvific reality, not just a human one, that cannot be explained with the logic of reason but with faith, because, as the scriptures call to mind, Your husband is your creator (Is 54:5). This is one of the great works of the new order inaugurated with Christ’s Passover and the outpouring of the Spirit, an experience difficult for carnal humanity to understand and comprehensible only by those who let themselves be taught by the Spirit of God (cf. 1 Cor 2:12-13).
Charism and Vocation
18. Women in whom the Spirit inspires the charism of virginity (Mt 19:11-12) receive the grace of a special vocation, with which God the Father draws them to the heart of the nuptial covenant (Rev 19:7-9) which, in his eternal plan of love he wanted to establish with humanity and which is fulfilled in the incarnation and the paschal experience of the Son.
This is the great mystery (Eph 5:32) that is brought about in the Church, the Bride for whom Christ has given himself, in order to make her holy and without blemish (Eph 5:25-27), the sacrament of the communion of God with the people[20]. From this nuptial mystery, in which all the baptised are immersed, Christian spouses receive the grace of the sacrament that strengthens them in their union (Eph 5:28-29).
Because of their particular vocation, those women who receive virginal consecration in the Church also draw on this mystery. For love of Christ, who is supremely loved, they renounce the experience of human matrimony to be united with him with a spousal bond, to experience and to give witness in the virginal condition (1 Cor 7:34) to the fruitfulness of this union, anticipating the reality of definitive communion with God to which all humanity is called (Lk 20:34-36).
The propositum, the consecration and the state of life
19. This spiritual reality is signified and effected in the liturgical celebration of the consecratio virginum, in which the Church prays for God’s grace and the outpouring of the Holy Spirit on the virgins[21].
In the rite, those to be consecrated express the sanctum propositum (the holy resolution). This is the firm and definitive resolve to persevere for their whole life in perfect chastity, and in the service of God and the Church, following Christ in accordance with the Gospel, to give the world a living witness of love and to be a clear sign of the future Kingdom[22].
The propositum of those to be consecrated is accepted and confirmed by the Church through the solemn prayer of the Bishop, who invokes and obtains for them the spiritual anointing that establishes the spousal bond with Christ and consecrates them to God under a new title[23].
In this way, these virgins become consecrated persons, a sublime sign of the love of the Church for Christ and an eschatological image of the heavenly bride and of the life to come[24]. Their exclusive belonging to Christ, ratified by the nuptial bond, nourishes in them a vigilant expectation of the return of the glorious bridegroom (Mt 25:1-13). It associates them in a particular way with his redemptive sacrifice and dedicates them to the development of the Church and to its mission in the world (Col 1:24).
20. The nature of the Church is reflected in the life of consecrated virgins. It is animated as much by charity as by contemplation and action; it is disciple and missionary; it yearns for eschatological fulfilment and at the same time shares the joys and the hopes, the griefs and the anxieties of the people of this age[25], especially those who are the most fragile or poor; it is immersed in the mystery of divine transcendence and incarnate in the history of humanity.
For this reason, consecration establishes a special relationship of communion with both the particular and the universal Church[26]. This is defined by a distinct bond that determines the acquisition of a new state of life and admits them into the Ordo virginum[27].
The institutional configuration and pastoral care of this form of life therefore requires the mediation of the ministry of the diocesan Bishop, or in a particular Church equivalent to a Diocese[28], the ministry of the pastor who presides over it, in communion with the Successor of Peter.
The spiritual features
21. The vocation of virgins consecrated in the Ordo virginum, like every Christian vocation, is the experience of dialogue between divine grace and human freedom. In fact, the virgin’s self-dedication is preceded, sustained and brought to fulfilment by the free, gratuitous initiative of God, on the basis of the baptismal vocation and within the generative fraternal framework of ecclesial relationships[29]. This can only be understood, therefore, from the starting point of the radical unity of the people of God, derived from the one Spirit and founded on the apostles, resplendent with its variety of charisms and ministries, all complementary and all able to contribute to the one mission of the Church (Rm 12:4-5).
22. As in the most ancient ecclesial tradition, the spiritual appearance of consecrated women belonging to the Ordo virginum is distinguished by its foundation in the particular Church gathered around the Bishop as the pastor. This feature is portrayed especially in the rite of consecration, in which the primary reference is the model of the Church: a virgin, for the integrity of the faith; a spouse, for the indissoluble union with Christ; and a mother, for the multitude of children born into the life of grace[30].
Virginity, the married state and motherhood[31] are three perspectives that facilitate the description of the spiritual experience of consecrated virgins. They do not refer to juxtaposed or aggregated characteristics, but to spiritual energies that validate each other. They are inscribed in the fundamental coordinates of baptismal life, through which consecrated women are daughters of the Church and sisters connected to all men and women by the bonds of fraternity.
23. The virginity of consecrated women has its foundation and meaning in the faith of the Church. Indeed it is lived in the light of Christ and for love of him, and refers to the integral acceptance, without limitation or compromise, of the Trinitarian revelation that is fulfilled definitively in him[32]. In virginity they express their total trust in the Lord Jesus, which reaches the person at the heart of her humanity, in her original solitude, just where the image and likeness of God is indelibly imprinted and where, despite every fall and wound of sin, life can be renewed in accordance with the Spirit. The charism of virginity, accepted by the woman and confirmed by the Church through consecration, is a gift that derives from the Father, by means of the Son, in the Spirit. This gift safeguards, purifies, heals and increases the capacity of the person to love. It draws back into unity every fragment of her history and the various dimensions of her humanity – spirit, soul and body –, so that she might be able to respond to this grace with the undivided, free and joyful commitment of her own existence.
24. Thus Christian virginity is an experience of spousal union, intimate, exclusive and indissoluble, with the divine bridegroom, who has given himself to humanity without reserve and forever, thus acquiring a holy people, the Church. Inscribed in the human creature as a capacity to live in communion within the difference between man and woman, for consecrated virginity the spousal experience is one of transcendence and the surprising humility of God. Consecration takes place through the pact of covenant and fidelity that unites the virgin to the Lord in a mystical marriage, deepening and enlarging her sharing in his mind and her conformation to his desire to love.
25. The spousal union thus reveals its generative capacity, manifesting the abundance of divine grace[33]. In imitation of the Church, whose daughters they are, consecrated virgins open themselves to the gift of spiritual maternity, becoming co-operators with the Spirit. Spiritual maternity is the gift of fruitful and hospitable interiority, that in relationships with others is a caring and courageous guardian of human dignity. It is an educative wisdom that seeks to offer favourable conditions for an encounter with God, and introduces and accompanies the journey along the paths of the Spirit.
26. The most splendid and harmonious integration of virginity, marriage and maternity is realized in the person of the Virgin Mary[34], the first fruits of humanity renewed in Christ. She is the perfect icon of the Church as mystery of communion, the woman in whom is already fulfilled the destiny of glory to which all humanity is called, and « mother of the living Gospel »[35]. In the Kecharitoméne – she who is has been filled with grace (Lk 1:28) – the Church has always recognised the Virgo virginum (Virgin of virgins), the unsurpassable prototype of consecrated virginity[36]. Thus Mary is the mother, sister and teacher of consecrated virgins. In her, consecrated women find the model of attitudes of the heart: in listening to and welcoming the Word of God (Lk 8:21); in an active search for his will; in advancing on her pilgrimage of faith (Jn 2:1-5)[37], « towards a destiny of service and fruitfulness »[38]; in her total, free availability to carry out God’s plan, « the contemplative of the mystery of God in our world, in human history and in the daily lives »[39] of one and all; in her virginal maternity (Lk 1:38); in her capacity to be « the woman of prayer and work in Nazareth, […] our Lady of alacrity, who sets out from her town “without delay” (Lk 1:39) »[40]; in standing at the foot of the cross, hoping against hope (Jn 19:25), and in her care of the infant Church (Acts 1:14).
The form of life
Following the Gospel and personal charisms
27. Consecrated women find in the Gospel an inexhaustible source of the joy that gives meaning to their life, direction to their path and their fundamental rule[41]. Setting out to follow Christ, they embrace his chaste, poor and obedient way of life[42], and dedicate themselves to prayer, penance, the works of mercy and the apostolate, each one according to her own charisms[43].
In the Ordo virginum the vocation to virginity is harmonised with the charisms that give a concrete form to the witness and ecclesial service of each consecrated woman[44]. These gifts – differing sensibilities, spiritual intuitions, plans and lifestyles – are thus brought to maturity within her, as an expression of her total and full dedication to the Lord[45].
28. So that personal charisms can be recognised, accepted and lived in their authenticity, consecrated women let themselves be accompanied and supported by the Church in the ongoing exercise of humble discernment, in order to understand what the will of God might be for their lives (Rm 12:2). This involves interpreting intelligently and with evangelical wisdom the spiritual experience of each consecrated woman, keeping in mind her life history and situating her in the concrete ecclesial and social context in which she lives.
From among the assistance the Church recommends for discernment, consecrated women should not overlook spiritual accompaniment[46]. Sincere, responsive adult dialogue with a prudent, experienced person who practices this ministry, offers each one valuable opportunities to deepen, review, confirm and to suggest suitable means for growth in her response to the Lord who calls her to holiness and to personal integration.
In continuity with the path of vocational discernment leading to admission to consecration, in an attitude of filial obedience consecrated women consult the diocesan Bishop for guidance about more important aspects of their plan of life, and they confirm their decisions with him[47].
Prayer and the ascetic path
29. For consecrated women, prayer is a necessity of love, to « contemplate the beauty of the one who loves them »[48], and of communion with the Beloved and with the world in which they are inserted.
Therefore, they love contemplative silence[49], which creates favourable conditions for listening to the Word of God and for heart-to-heart conversation with the Bridegroom. Desiring to deepen their understanding of him and the dialogue of prayer, they acquire familiarity with biblical revelation, above all through lectio divina and in-depth study of the scriptures[50].
30. In the liturgy they recognise the fountain of theological life and of ecclesial communion and mission. They allow their spirituality to be shaped by the celebration of the sacraments and the Liturgy of the Hours, in obedience to the rhythm of the liturgical year. In this way, other practices of prayer, the ascetic path and their whole existence will find unity and direction.
31. For consecrated virgins, the liturgical year is the “educative path” travelled together with others towards an encounter with Christ the Bridegroom. They have confidence, therefore, in the Church’s teaching to guide their deeper understanding, celebration and assimilation of the mysteries of Christ.
32. They place the Eucharist at the centre of their existence. It is the sacrament of the spousal covenant from which flows the grace of their consecration[51]. Called to live in intimacy with the Lord, identifying with him and conforming to him, sharing in the celebration of the Eucharist where possible every day, they receive the Bread of life from the table of the Word of God and the Body of Christ[52].
They express the love of the Church as Bride for the Eucharist also in the prayer of adoration of the Eucharistic Body of the Lord, and from him they draw effective charity towards the members of his mystical Body.
33. The frequent celebration of the sacrament of reconciliation « will allow [them] to touch the grandeur of God’s mercy with their own hands ». It is the « wellspring of true interior peace »[53]. that leads them back to the one Love of their life. Turning to the ministry of the Church with confidence, celebrating and praising God’s prevenient and healing love, they recognise their own faults, renew their profession of faith in his mercy and relish the joy of forgiveness, which gives new energy for the path of conversion and fidelity to the Lord[54].
34. With daily fidelity to the Divine Office, which they received as a gift and have taken on as a duty in the rite of consecration, they extend through time the memory of salvation and allow the extraordinary abundance of the paschal mystery to flow and spread through every hour of their life. Celebrating the Liturgy of the Hours, in particular Morning and Evening Prayer[55], they let the sentiments of Christ echo through them, absorbing them. They unite their voices to those of the entire Church, presenting to the Father the often unconscious cries of joy and sorrow that rise from humanity and from the whole of creation.
35. To deepen and rekindle their relationship with the Lord Jesus, they reserve appropriate times for retreats and the spiritual exercises. They take advantage of forms and methods of prayer that belong to the Church’s tradition, including pious practices and other expressions of popular piety.
They cultivate a devotion to the Virgin Mary that is full of affection and filial trust. She is the « teacher of virginity »[56], model and patron of every consecrated life[57], from whom they daily learn to glorify the Lord.
36. Moved by a desire to respond to the Bridegroom’s love with a love that grows in purity and generosity, they draw from prayer the inspiration for their choices. They exercise constant vigilance over their own behaviour and attitudes, accepting peacefully the sacrifices that daily life imposes on them. They struggle against temptations, thoughts, suggestions and options that lead to evil. They learn to receive the assistance of fraternal correction with humility.
They accept the penitential practices proposed by the Church and, in agreement with her spiritual director, each one chooses the ascetical forms or practices[58] that help her to grow in freedom and the evangelical virtues, with a disposition of discernment and conversion[59] that lasts through life[60].
Styles of life, personal relationships and service
37. A characteristic of this form of life is the insertion of consecrated women in the particular Church, and thus in a specific cultural and social context. Consecration reserves them to God without distancing them from the environment in which they live and in which they are called to give personal witness[61].
They can live alone, with their family, together with other consecrated women or in other situations that facilitate the expression of their vocation and the fulfilment of their plan of life. They support themselves from the proceeds of their own work and their personal resources.
38. Desirous of irradiating the dignity and beauty of their vocation with a relational style towards the people of their own time, their way of dressing follows the local customs, combining dignity and the expression of their own personality with the virtue of moderation, in accordance with the requirements of their social situation[62].
Except for special reasons, they wear the ring that is given to them during the rite of consecration as a sign of their spousal covenant with Christ the Lord.
In places where married Christian women do not customarily cover their head with a veil, normally consecrated virgins do not wear the veil that they may have received during the rite of consecration as an ordinary part of their clothing. They follow the guidelines of the diocesan Bishop or the Episcopal Conference, who can allow the use of the veil in liturgical celebrations, or in other situations where the use of this visible sign of total dedication to the service of Christ and the Church is considered appropriate, considering different contexts and developments in socio-cultural conditions.
39. Their dedication to the Church is shown in their « mission of illumining, blessing, enlivening, raising up, healing, and freeing »[63], in their passion for proclaiming the Gospel, for building up the Christian community and for their prophetic witness of fraternal communion, in friendship offered to all, in caring proximity to the spiritual and material needs of the people of their time, in the commitment to work for the common good of society[64].
This leads them to discern the concrete forms of their ecclesial service, which can also be expressed in their availability for pastoral ministries and appointments.
In accord with this, so that the knowledge of the mystery of Christ facilitates understanding the ministers of the Church, it is important that they reach maturity, through prayer and meditation as well as through concrete experience, in a profound and correct ministerial awareness, respectful of the mysterious evangelical and ecclesial wisdom that is also expressed in the dispositions of the Diocesan Bishops and of the Episcopal Conferences. Educating themselves at the school of this wisdom, they will learn to receive, also through experience, both the suggestions that emerge from the life of the Church, which is the mystery of communion, and « all the hidden evangelical possibilities, that are already present and operative in the realities of the world »[65], so as to recognize the new opportunities that form a new ministerial consciousness, corresponding to the effective capacity of their generous gift of self.
Alert to the calls that come from the context in which they live and ready to put at the disposition of the Lord the gifts they have received from Him, they are called to make their own contribution to the renewal of society in the spirit of the Gospel. They accept without naivety or oversimplification the responsibility to develop cultural expressions of the faith and they adopt as their own the Church’s preference for those who are poor, suffering or marginalised[66].
40. Conscious of these responsibilities, they choose occupations in accordance with their own abilities, inclinations and opportunities. They recognise these as a practical way of giving witness that God calls humanity to collaboration in his work of creation and redemption, to share more intimately in the love with which he draws the world and its entire history to himself.
In the satisfaction and struggles that work entails, consecrated women develop their capacity to contemplate and promote the deepest and most fundamental meaning of human activity: to contribute to making the world a hospitable home for everyone, open to welcoming the manifestation of the Kingdom of God. Thus, they commit themselves in the sphere of work to achieving that « multiform personal development » that includes « creativity, future plans, the development of one’s capacities, the exercise of values, communication with others, and a disposition of adoration »[67]. They take care to acquire and update their professional competence, and to oppose everything that degrades and obscures the dignity of human work.
41. They develop a sense of gratitude for God’s work[68], contemplation filled with praise, a taste for beauty, a sensitivity to both festivity and relaxation[69], attention to every dimension of the person.
They learn from the Bridegroom, meek and humble of heart (Mt 11:29), to live in hope and to abandon to God their advancing age, with its successive phases of life, illness, moral suffering and other situations in which they experience the drama, fragility and uncertainty of existence[70].
Right to the end they embrace the spousal love of the Crucified and Risen one, entrusting themselves to Him, expressing even in death the paschal meaning of existence.
Through their personal consecration they remind everyone that the origin, the direction and the goal of human history is found in the holy mystery of God, in his infinite prevenient and merciful goodness and in the love that he wants to share with all creatures.
II.
The configuration of
the Ordo virginum
in the particular Churches
and in the universal Church
Insertion in the Diocese
42. The women who receive this consecration are called to let charity shine through their lives, charity that is the principle of unity and holiness in the whole body of the Church. They remain inserted in that part of the people of God in which they already live and in the heart of which their vocational discernment and the preparation for their consecration is carried out. They are, in fact, bound by a special bond of love and mutual belonging to this particular Church.
The particular Church, in its diverse parts, is called to welcome the vocation of consecrated women, and to accompany and support their journey, recognising that virginal consecration and the personal charisms of each consecrated woman are gifts for the building up of the community and the ecclesial mission.
43. Consecrated women cultivate a sense of gratitude for all the gifts that they have received within the communion of saints, and that they continue to receive through the life of the particular Church in which they live: faith in the Lord Jesus, virginal consecration, a share in the history of sanctity incarnate in a spiritual tradition, developed in relation to the culture and institutions of a specific human community living in a certain place.
They pay constant attention to the magisterium of the diocesan Bishop and they respond to his pastoral decisions, accepting them responsibly, with intelligence and creativity.
They bring to prayer the needs of the Diocese and, in particular, the intentions of the Bishop.
They acknowledge as gifts of the Spirit the testimony of the other vocations that enrich the life of the Christian community and they benefit from opportunities for mutual edification and of pastoral, missionary, and charitable cooperation[71].
With their own feminine sensitivity[72], they offer their experience and reflection as a valuable contribution to the evangelical discernment that the Christian community is called to engage in at all times, regarding its manner of presence and action in the specific social context.
Communion and co-responsibility in the diocesan Ordo virginum
44. Belonging to the Ordo virginum implies a strong bond of communion between all the consecrated women present in the Diocese. They acknowledge each other as beloved sisters, with whom they share the same consecration and a burning passion for the Church’s development. Thus, they welcome the spirit of communion as a gift and commit themselves to foster its growth, cultivating mutual respect, appreciating each one’s gifts, nurturing friendship and raising awareness of particular cases of need (Rm 12:10,13,15-16). They maintain a close bond with their deceased sisters through prayer, treasuring the memory of their witness of love and fidelity to the Lord.
45. Consecrated women take an active part in formation initiatives, in agreement with the Bishop. They collaborate as far as possible in the formation of aspirants and candidates for consecration.
Considering the number of consecrated women and the practical circumstances, together with the diocesan Bishop they identify ways to provide a service of communion that fosters mutual understanding and stable relationships between them, promotes the exercise of co-responsibility in a synodal manner[73] and gives continuity and integration to common initiatives, without establishing relationships of hierarchical subordination between the consecrated women.
As an expression of the service of communion, a service or team can be established for vocational discernment and formation prior to consecration, and a service or team for permanent formation.
The responsibilities of the diocesan Bishop
46. The diocesan Bishop has the duty to welcome vocations to consecration in the Ordo virginum as a gift of the Spirit. He is to foster conditions so that the insertion of consecrated women in the Church entrusted to him will contribute to the path of holiness and the mission of the people of God.
In continuity with the ancient ecclesial tradition, the Ordo consecrationis virginum outlines the role of the diocesan Bishop, not only in his task as priestly dispenser of divine grace[74], but also as teacher who points out and confirms the path of faith[75], and as pastor who lovingly cares for the people entrusted to him[76].
His pastoral concern towards the Ordo virginum is in fact a part of the ordinary ministry of sanctification, teaching and governing of the diocesan Bishop. He has this obligation with respect to each individual consecrated woman, to women who aspire to receive consecration and also to the Ordo virginum of his Diocese as a group.
47. As the one responsible for admission to consecration, the diocesan Bishop oversees the collection of information about each candidate, establishes the ways in which a suitable course of formation is carried out and finalizes the vocational discernment.
With the celebration of consecration, the Bishop presents the consecrated women to the ecclesial community as a sign of the Church as the Bride of Christ. Since the ordinary minister of consecration is the diocesan Bishop[77], it will not be possible to celebrate it when the see is vacant (sede vacante). Only in case of true necessity will the diocesan Bishop resort to the delegation of the faculty to celebrate it. Through the celebration of the rite, even if it is carried out for a single person, the Ordo virginum is rendered present in the particular Church, without the necessity of another act of establishment by the Bishop.
48. The diocesan Bishop exercises pastoral care of the consecrated women, encouraging them to live in joyful fidelity to their own vocation. He is attentive to the needs of each one’s progress and ensures the availability of suitable means of ongoing formation.
He supports communion among the consecrated women and the sense of co-responsibility for the vitality of their ecclesial witness. He promotes opportunities for gatherings, activities and common formation programs. At the diocesan level, in agreement with the consecrated women, he arranges ways in which the service of communion can be planned, taking into account the particular circumstances. He also encourages contacts and collaboration with consecrated women in other Dioceses.
49. Taking his part, together with the other consecrated women, he is attentive towards consecrated women who are going through times of serious suffering or hardships due to advanced age, poor health or other difficult situations.
Keeping local customs and circumstances in mind, he provides guidelines for the consecrated women to ensure prayers of suffrage for the deceased women, safeguarding the memory of their witness of faith and love of the Lord. As far as possible, they make themselves available to participate in the celebration of Christian funeral services for these sisters and share the preparation with relatives and other persons close to them.
50. Even if a Delegate has been named for the pastoral care of the Ordo virginum, the final decision concerning acts of major importance remains the competence of the diocesan Bishop. Such acts include: admission to consecration; inscription of a consecrated woman from another Diocese into the diocesan Ordo virginum; dispensation from the obligations of consecration; dismissal from the Ordo virginum; provision of directives for the formation prior to consecration and for permanent formation; approval of programs for carrying out the service of communion of the diocesan Ordo virginum; the establishment of canonical foundations to provide support and financial management for the activities of the Ordo virginumand possible authorization to request their civil recognition; recognition and approval of the statutes of the diocesan association of consecrated virgins, as well as possible authorization to request their civil recognition.
51. The Bishop will give the necessary instructions for the inscription of women to be consecrated in a suitable book to be safeguarded in the diocesan curia, and for the careful collection of documentation concerning the Ordo virginum. In particular, the following must be recorded: the deaths of consecrated women; the ascription or temporary acceptance into the diocesan Ordo virginum of consecrated women from other Dioceses; the temporary or definitive transfer of consecrated women to other Dioceses; transfer to an Institute of consecrated life; the granting of dispensations from the obligations of consecration; and dismissal from the Ordo virginum. Documentation will also be kept about the formative program of each separate aspirant and candidate for consecration.
Collaboration in the pastoral care of the Ordo virginum
52. Bearing in mind the concrete circumstances, the diocesan Bishop will decide what assistance is needed to ensure appropriate pastoral care[78] for the Ordo virginum, in keeping with the special characteristics of this form of life.
He can appoint a Delegate, preferably chosen either from the diocesan presbyterate or from the consecrated virgins of the Diocese, for the pastoral care of the Ordo virginum, defining the scope of the appointment and its specific duties, and specifying how he/she should relate with the episcopal Vicar for consecrated life, where present.
If a service of communion is established, the Bishop will decide how the activities of the Delegate must be integrated with it in its various expressions, in particular with the teams for formation prior to consecration and permanent formation.
53. Following the guidelines given by the Bishop, pastoral collaboration may involve knowledge of each aspirant and candidate with a view to gathering the necessary information for discernment for admission to consecration, as well as the promotion of formation prior to consecration and permanent formation, either by helping to draw up personal formation programs, or by suggesting shared formative experiences.
Regarding pastoral collaboration in the external forum, those entrusted with these responsibilities will not establish a spiritual accompaniment relationship with aspirants, candidates or consecrated women. They know that their personal dialogue with each one is to be used specifically for listening, challenge and review of progress. They can also invite the person to approach the diocesan Bishop when direction or review about more important aspects of her life plan might be useful.
54. The aim of the pastoral care of the Ordo virginum is to help each aspirant, candidate and consecrated woman to develop the gifts she has received from the Lord; to promote communion among all the women and a sense of co-responsibility in accepting legitimate differences; to foster intelligent and responsible acceptance of the magisterium and the pastoral decisions of the diocesan Bishop; and to promote awareness of the Ordo virginum among the people of God.
Communion and co-responsibility between consecrated women of different Dioceses
55. In their relationships with consecrated women in other Dioceses, consecrated women welcome and cultivate the gift of communion and the commitment to the mission that arises from having received the same consecration.
Diocesan insertion in fact, is in harmony with the sense of belonging to an ordo fidelium with the same essential characteristics in the whole Catholic Church.
Through prayer for one another, reciprocal knowledge and the sharing of experiences and formative activities, consecrated women express in a variety of ways their co-responsibility for the witness they are called to give in the Church and in the world.
Shared activities, the service of communion and the Bishops’ representative
56. Within groupings of particular Churches, in agreement with the Bishops of the respective Episcopal conferences, consecrated women can organise shared initiatives and, if the circumstances allow, a permanent service of communion. This can facilitate the interchange of their experiences of living in the Dioceses to which they belong, the development of topics of common interest, the proposal of content and methods suitable for formation programs at every stage, the presentation to the Bishops of useful suggestions and recommendations to help define the presence of the Ordo virginum in the different ecclesial and socio-cultural contexts, and promote awareness of the Ordo virginum among the people of God.
Shared initiatives and the service of communion must always respect and enhance the diocesan basis of this form of life and involve the consecrated women of the Dioceses concerned in a synodal style of participation.
57. The Bishops gathered in an Episcopal conference can draw up common guidelines for their Dioceses for the pastoral care of the Ordo virginum. They can also entrust to one Bishop the task of being their representative for the Ordo virginum.
While respecting the irreplaceable role of the diocesan Bishops in the pastoral care of consecrated virgins in their own Dioceses, the Bishops’ representative expresses the interest of his fellow Bishops in this form of consecrated life, and their concern for and closeness to it.
Having at heart that the specific identity of the Ordo virginum be adequately expressed in the ecclesial and socio-cultural context of the Dioceses involved, the Bishops’ representative carries out his duties to serve the effective exercise of co-responsibility on the part of the consecrated women of the different Dioceses. He attentively follows the shared activities of the consecrated women of the Dioceses involved, and where it has been established, he lends the assistance of his ministry to their permanent service of communion.
Reference to the Apostolic See and the Secretariat for the Ordo virginum
58. The consecrated women acknowledge the ministry of the Successor of Peter as the focal point towards which they converge to live at the level of the universal Church, in living the gift of communion and the co-responsibility of belonging to the same ordo fidelium.
In synergy with the magisterium and action of the diocesan bishops and in accordance with their own competence, the Congregation for Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life is at the service of the growth of the Ordo virginum, so that this form of consecrated life might be recognized, valued, and promoted in its specific identity and ecclesial configuration.
59. A secretariat for the Ordo virginum is established in the Dicastery. Under the direction of the Prefect, the Secretariat collects the data about the situation of the Ordo virginum in the various countries. It also notes the comments included by the Bishops in the reports presented on their ad limina visits.
In addition, it is the reference point for initiatives concerning the Ordo virginum that are promoted or supported by the Diocese itself.
To assist its work, the Secretariat can avail itself of the help of consecrated women from various places, the Episcopal Conferences and the Bishops’ representatives for the Ordo virginum where these have been appointed.
Residence in another Diocese and transfer
60. Although consecration establishes a special insertion in the particular Church in which it is celebrated, it does not prevent consecrated women from transferring to another particular Church, if necessary, either permanently or on a temporary basis, for example for employment, family or pastoral purposes or for other reasonable and proportionate motives.
61. When a consecrated woman intends to remain for a long period in a Diocese different from the one to which she belongs, with the agreement of her own Bishop she can ask the Bishop of the Diocese ad quem (to whom) if she can participate in the formation activities of the local Ordo virginum. When she has been introduced by her own diocesan Bishop to the Bishop of the Diocese ad quem (from which), the latter will arrange with her the manner of her participation.
62. If a consecrated woman intends to transfer permanently to another Diocese, she will explain her reasons to her own Bishop, who will give her his opinion on the proposal. She can then ask the Bishop of the Diocese ad quem for acceptance into the local Ordo virginum. The latter, having received an introduction of the consecrated woman from the Bishop of the Diocese a quo, giving the reasons for the transfer and his own opinion, will make his decision and communicate his response to the applicant. He will also inform the Bishop of the Diocese a quo. If the response is positive, the Bishop of the Diocese ad quem will accept the consecrated woman, present her to his particular Church, and if there are consecrated women in his Diocese, he will include her among them. He will arrange with her what will be necessary and useful for her personal situation. Based on an evaluation, the Bishop of the Diocese ad quem can also refuse to accept her or, with the agreement of the Bishop of the Diocese a quo, can fix a time of probation. In this case, while maintaining her link with the Diocese a quo, the consecrated woman can nevertheless transfer her canonical domicile to the Diocese ad quem, abiding by the guidelines agreed with both Bishops concerning her personal situation.
63. Personally or through the Delegate, the Bishop will take care to inform the consecrated women in an appropriate way about the temporary or definitive transfer of a consecrated woman to another Diocese, and also about the acceptance of a consecrated woman from another Diocese.
Foundations, associations and the choice of communal living
64. Respecting the civil law, for the support and financial management of the activities of the Ordo virginum the diocesan Bishop can establish a canonical foundation, either non-autonomous or autonomous[79], and if needed, he can approve a request for its civil recognition.
65. To more faithfully fulfil their propositum and provide mutual assistance in carrying out the service to the Church in a way that befits their state, consecrated women can form associations and ask the competent ecclesial authority for canonical recognition of the statutes, and potentially, approval of the association[80].
The establishment of an association, or joining an association already established, is exclusively a free and voluntary choice for each one of the consecrated women who choose to accept its objectives and its statutes. The departure of a consecrated woman from the association does not negatively affect her belonging to the Ordo virginum.
66. The consecrated virgins who desire it can freely decide to live in the same house. This option, responsibly chosen for mutual assistance, for sharing life at the spiritual, pastoral or financial level, expresses the free decision of each of the consecrated virgins. It does not derive directly from consecration or from belonging to an association, unless its statutes prescribe common life as a constitutive element of the association itself.
Belonging to the Ordo virginum and involvement with other ecclesial groups
67. The form of life proper to the Ordo virginum is a particular path of sanctification with a characteristic spiritual identity that unifies and directs the entire existence of the person. It is the task of each consecrated woman to offer a peaceful and joyful witness of her own consecration, so that she becomes an encouragement and a treasure for all parts of the Christian community.
This does not prevent a consecrated virgin from drawing on the variety of charisms and spiritualities with which the Spirit enriches the Church, and possibly finding help to express her own virginal charism in the context of a specific ecclesial group (Third Order, Association or Movement), its charism and its spirituality[81].
68. The authenticity of such a spiritual experience must be the object of discernment within spiritual accompaniment, and also in dialogue with the diocesan Bishop and the Delegate for the pastoral care of the Ordo virginum, if there is one, so that the interests of the group and involvement in its activities do not obscure the significance of diocesan insertion that is constitutive of the consecration lived in the Ordo virginum.
The consecrated woman shall take care to maintain an active experience of communion with the particular Church to which she belongs, through the necessary mediation of the diocesan Bishop, with filial acceptance of his teaching and his pastoral care. She shall also earnestly cultivate relationships of communion with the other consecrated virgins and will give priority to formative proposals specific to the Ordo virginum over any initiatives of the group with which she is involved.
Separation from the Ordo virginum
Transfer to an Institute of Consecrated Life or a Society of Apostolic Life
69. If a consecrated woman, after careful evaluation in prayer, in the context of spiritual direction and in dialogue with the Bishop, wishes to enter an Institute of consecrated life or Society of Apostolic Life, she will communicate her intention in writing to the Bishop, accompanied by a declaration from the Supreme Moderator of the Institute concerning the contact that the consecrated woman has had with that Institute or Society[82].
The Bishop will undertake to transmit the request to the Holy See and his possible observations on the matter. Transfer to the Institute will take place according to the arrangements made for each particular case by the Holy See.
Departure from the Ordo virginum
70. If a consecrated woman, for very serious reasons evaluated before the Lord in careful discernment, wishes to be dispensed from the obligations arising from consecration, she will approach her diocesan Bishop with a written request. The Bishop must not neglect to offer her appropriate assistance and adequate time for her discernment. He will grant the dispensation only after an in-depth scrutiny of the reasons for her request.
Dismissal from the Ordo virginum
71. If a consecrated woman has notoriously defected from the catholic faith or has contracted marriage, even only civilly, the Bishop will collect the evidence and declare her dismissal from the Ordo virginum, so that it is recognised juridically.
72. If a consecrated woman is accused of very serious[83] external and imputable crimes or failings against the obligations arising from her consecration, such as to cause scandal among the people of God, the Bishop will begin the process of dismissal. He will therefore inform the woman about the accusations and the proofs that have been collected, giving her the opportunity for defence.
If the Bishop considers her defence insufficient, and there is no other way to provide for her correction, for the restoration of justice and reparation of the scandal, he will dismiss her from the Ordo virginum. The decree of dismissal must express at least in summary form the reasons for the decision. It will not take effect until it has been confirmed by the Holy See, to whom all the acts must be forwarded. The decree will not be valid if it does not indicate the consecrated woman’s right to have recourse to the competent authority within ten days of receiving notification of the decree. The recourse has a suspensive effect.
Record-keeping and communication about separation
73. In all cases of the separation of a consecrated woman from the Ordo virginum, the diocesan Bishop will arrange for this to be recorded in the book of consecrations. He will take care to inform the other consecrated women about it, either personally or through the Delegate, and the Pastor responsible so that he may note it in the Baptismal register.
III.
Vocational discernment
and formation for the Ordo virginum
Responsibility for discernment and formation
The faith journey, vocational discernment and formation programs
74. By virtue of faith, baptismal grace, the virginal charism and her own personal charisms, the woman who is called to consecration in the Ordo virginum is involved in a journey of Christian life, following the Lord Jesus. The dynamism of this path, generated by the Holy Spirit, requires her active response and her docile cooperation.
The following of the Lord consists in continual conversion, in a progressive fidelity to him[84]. It is a process that involves all the dimensions of existence, corporeal and affective, intellectual, volitional and spiritual. It extends throughout life, since the consecrated person « can never claim to have completely brought to life the new creature who, in every circumstance of life, reflects the very mind of Christ »[85].
75. The grace of consecration in the Ordo virginum defines and shapes the spiritual features of the person in a permanent way. It directs her on the path of life, and supports and strengthens her in an increasingly generous response to her call.
Consecration therefore not only requires growth in human and Christian maturity, evaluated through careful vocational discernment and specific prior formation. It also requires committed, constant attention to permanent formation that deepens and renews the reasons for the choice she has already made, and allows the consecrated woman to be strengthened in her own vocation at the same time that she is actually experiencing its intrinsic dynamism[86].
76. Given the insertion of this form of consecrated life in the particular Church, vocational discernment, formation prior to consecration and attention to permanent formation take place through ecclesial programs that require the attention and accompaniment of the Christian community. They also demand responsibility on the part of the women themselves and in a particular way they call on the pastoral responsibility of the diocesan Bishop.
To gather the elements necessary for vocational discernment and to direct and accompany the programs of formation for the aspirants, candidates and the consecrated women, the Bishop can be assisted by the Delegate for the Ordo virginum. He will also make use of the contribution that the consecrated women are able to offer.
For this purpose, taking into account the number of consecrated women in the Diocese and their opinion on the matter and other practical considerations, the Bishop can also establish a service or team for vocational discernment and formation prior to consecration and a service or team for permanent formation, as expressions of the service of communion for the Ordo virginum. These services or teams shall consist of the Delegate, if the Bishop has appointed one, and consecrated women endowed with the necessary aptitudes, who are designated by the Bishop or the Delegate after consulting the consecrated women.
77. The formation plan will seek above all to draw out and strengthen the person’s fundamental attitude of receptiveness, which includes freedom, the desire and the ability to learn from all situations of life, and taking an active and responsible part in the process of personal growth throughout the course of one’s life[87].
For this reason, in drawing up the formation programs, attention is to be paid so that they are not reduced to standard or generic plans that do not take sufficient account of the specific needs and charisms of each person. At the same time vigilance is to be exercised about the risk of individualistic tendencies[88], which hinder the acquisition and development of a true sense of ecclesial belonging and the spirit of communion within the Ordo virginum.
78. Since their purpose is to foster the development of the capacity to interpret reality according to evangelical criteria, formative programs must include, as indispensable elements: theological, cultural and pastoral formation, gradually increasing in depth and breadth, appropriate for the type of witness to which the consecrated women are called, acquired through personal study and formation meetings, possibly with experts; spiritual experiences, including personal and liturgical prayer, penitential practices, retreats and spiritual exercises that hold the person in an atmosphere of attentive listening and constant searching for the will of God; insertion in a network of ecclesial relationships to nurture the integral growth of the person and in particular to increase the potential of relationships between the aspirants and the consecrated women who contribute to the formation service; spiritual accompaniment; and the sharing of experiences with and among the consecrated women.
Care will be taken to offer courses that are organically designed, with the progressive stages clearly defined and regularly reviewed. Attention to the formation of each aspirant, candidate and consecrated woman is accompanied by and integrated with joint programs for the whole group of aspirants, candidates and consecrated women.
The practice of spiritual accompaniment
79. Every phase of the process of discernment and formation requires the practice of spiritual accompaniment: a constant trusting relationship with a person who is gifted with a deep spirit of faith and Christian wisdom, whom each aspirant, candidate and consecrated woman can freely choose. This practice is a valuable aid not only for vocational discernment but also for decisions about the more important obligations in life.
To ensure the person’s freedom in the area of manifestation of conscience, the Delegate for the pastoral care of the Ordo virginum and the consecrated women who participate in the service of formation offer this service in the external forum. They do not establish relationships of spiritual accompaniment with the aspirants, candidates or consecrated women. They abstain from asking for information or advice about the aspirants, candidates or consecrated women from their directors, spiritual accompaniers, and confessors.
Vocational discernment and the formation program prior to consecration
The dynamics of vocational discernment and formation prior to consecration
80. Vocational discernment consists in scrutinizing the signs by which the charism of the Ordo virginum is expressed, with its special insertion in the particular Church and its characteristic way of being present in the social and cultural context. For the good of the persons concerned and of the Church, it is necessary to foster conditions conducive to the operation of a peaceful and free discernment, in which to verify the authenticity of the vocation and the purity of motivation in the light of faith and of possible countersigns[89].
The formation program prior to consecration must offer opportunities to verify the initial vocational insight. At the same time it must enkindle in the aspirants and candidates the desire for deeper union with the Lord Jesus, for a freer and more generous response to the Father’s call, and for more attentive, intelligent and obedient conformity to the action of the Holy Spirit. One can only speak of a truly formative process if an authentic personal experience of conversion takes place, an experience of illumination, purification and deeper commitment to participation in the following of the Lord.
81. Vocational discernment ordinarily takes place in a process that includes an initial evaluation concerning admission to the formation process leading to consecration. It continues throughout this process and is completed when the diocesan Bishop makes a decision to admit to consecration. Three distinct opportunities can be distinguish for explanation and educational opportunities: the introductory or preparatory period; the period of formation appropriately divided into segments with their own objectives and evaluation; the period of final discernment or scrutiny.
82. In no case can the preparatory period begin before the age of eighteen years. For admission to consecration the usual age for marriage in the region must be taken into account[90]. Ordinarily consecration is not celebrated before the candidate has reached her twenty-fifth birthday.
83. It is the duty of the diocesan Bishop to specify the ways in which the programs of formation are to be implemented, in dialogue with the women involved and considering their individual circumstances and needs. Each one will be offered the possibility of deepening her knowledge of this form of life in its essential elements and of evaluating her own spiritual experience and her particular way of life in relation to these elements in a sincere and realistic way.
Care will be taken to maintain a close interconnection between vocational discernment and the formation program prior to consecration, because admission to the formation program does not imply an obligation for the candidate to ask for admission to consecration, nor an obligation for the Bishop to admit her to consecration.
Prerequisites and criteria for discernment
84. Admission to consecration requires that the candidate gives evidence, with regard to her age, her human and spiritual maturity and the respect that she enjoys in the Christian community in which she is inserted, that she is able to assume the commitments that arise from consecration in a responsible manner[91].
It is also a prerequisite that the person has never been married and has never lived in public or open violation of chastity[92].
85. In vocational discernment, attention will be paid to the signs in the aspirant or candidate that give positive indications of her true vocation, including evidence of an intense and vivid spiritual experience, the authenticity of the motives that direct her towards consecration in the Ordo virginum, and the presence of the aptitudes necessary for perseverance in the life of consecration,
With pedagogical knowledge and in accordance with the principle of graduality, the presence of these signs will be ascertained from the preparatory period, to make an assessment about admission to the formation program. They constitute essential reference points for the formation prior to consecration and the definitive discernment about admission to consecration.
86. In order to verify the spiritual experience, particular importance will be paid to:
a) her personal relationship with Christ and the desire to shape the whole of her being « to the Lord Jesus and to his total self-giving »[93] as a loving response to his infinite love[94];
b) the sense of belonging to the Church, experienced through sharing in the life of the Christian community, supported by a deep love for ecclesial communion, by the celebration of the sacraments and by an attitude of filial obedience to the diocesan Bishop;
c) attention to the contemplative dimension of her life and fidelity to spiritual discipline, to times, rhythms and various forms of prayer;
d) diligence in penitential and ascetical practices and spiritual accompaniment;
e) eagerness to deepen her knowledge of scripture, the contents of the faith, liturgy, and the history and the magisterium of the Church;
f) passion for the Kingdom of God, which leads her to interpret the reality of her own times in accordance with evangelical criteria, and to respond to this reality with a sense of responsibility and a preferential love for those who are poor;
g) the presence of a comprehensive and global insight into her own vocation, which demonstrates a realistic understanding of her own history, her characteristics – her resources, limits, desires, aspirations and motivations – and which is consistent with the form of life of the Ordo virginum.
87. To confirm her human maturity, the following indications will be considered:
a) realistic self-knowledge and a calm, objective awareness of her own talents and limits, together with a clear capacity for self-determination and an appropriate attitude towards the assumption of responsibility;
b) the capacity to establish healthy, serene and generous relationships with men and women, together with a correct understanding of the value of marriage and motherhood;
c) the capacity to integrate her sexuality with her personal identity and to direct her affective energies in a way that expresses her own femininity through a chaste life that is open to a wider spiritual fruitfulness[95].
d) her professional skills and capacity to work so as to provide for her own sustenance in a dignified manner;
e) a proven aptitude to reframe suffering and frustration, and to give and receive forgiveness, as possible steps towards the fullness of human nature;
f) fidelity to her word and to her commitments;
g) the responsible use of goods, of social media and of her free time.
88. In vocational guidance and when there is need to describe the characteristics of this vocation and the requirements for admission to consecration, the condition of virginity will be presented starting with the rich symbolism of its biblical foundations, within the framework of an anthropological vision solidly based on Christian revelation. On this basis the different dimensions, physical, psychological and spiritual, are integrated and considered in their dynamic connection to the lived history of the person and in openness to the unceasing action of divine grace that directs, guides and invigorates her on the path of holiness.
As a treasure of inestimable value that God pours into clay vessels (cf. 2 Cor 4:7), this vocation is truly an undeserved gift. It encounters the person in her actual humanity, always in need of redemption and yearning for the full meaning of her existence. It finds its origin and dynamic centre in the grace of God, who unceasingly acts with the tenderness and the strength of his merciful love in the often complex and sometimes contradictory events of human life, helping the person to grasp her uniqueness and the unity of her being, enabling her to make a total gift of self. In this context it should be kept in mind that the call to give witness to the Church’s virginal, spousal and fruitful love for Christ is not reducible to the symbol of physical integrity. Thus to have kept her body in perfect continence or to have practised the virtue of chastity in an exemplary way, while of great importance with regard to the discernment, are not essential prerequisites in the absence of which admittance to consecration is not possible.
The discernment therefore requires good judgement and insight, and it must be carried out individually. Each aspirant and candidate is called to examine her own vocation with regard to her own personal history, in honesty and authenticity before God, and with the help of spiritual accompaniment.
Recourse to expert psychologists
89. In vocational discernment and in the formation process prior to consecration, recourse to expert psychologists can be helpful in some cases[96]. If the vocation to consecrated virginity, as the fruit of a special gift of God, and its definitive discernment exceed the specific expertise of the psychologist, these elements can be integrated into the total context of discernment and formation, for a more reliable evaluation of the psychological status of the aspirant or candidate, her ability to respond to her vocation and for further assistance in her human growth.
A personality assessment can be prudently requested if doubts arise about the presence of a psychological disorder.
90. In every case, to be able to consult an expert psychologist, the free and informed prior written consent of the person concerned is necessary. Her good reputation and the right to defend her own personal privacy must always be protected[97].
In choosing experts to consult, not only must their professional competence be ensured, but also whether they are inspired by an anthropology that openly shares the Christian understanding of the human person and the vocation to the consecrated life[98]. In addition, the professional confidentiality of the expert must always be respected.
91. If the evaluation reveals the presence of a psychological disorder or a serious problem, in vocational discernment the Bishop will take into account the nature of the disorder, its gravity and the way in which it influences the psyche of the person and therefore her aptitude for consecration.
The preparatory period
92. The goal of the preparatory period is to verify the qualifications and prerequisites necessary for a beneficial course of formation with a view to consecration.
The length of this course and the manner in which it takes place must allow an effective knowledge of the aspirant on the part of the Bishop, the Delegate and the consecrated women who participate in the service of formation, and at the same time allow the aspirant to acquire knowledge of the essential aspects of consecration and of the form of life proper to the Ordo virginum, in a way that helps her to relate them to her own vocational intuition. Ordinarily, one or two years duration should be given for this.
93. In dialogue with the Bishop, the Delegate or one of the consecrated women who participate in the service of formation, the aspirant will be invited to present her own story, her current life style and the reasons that led her towards this form of life.
At the beginning it is necessary to confirm that the aspirant has received the sacraments of Christian initiation and has never married, and to ascertain that she has never lived in public or open violation of chastity, that is, in a stable situation of cohabitation or in similar situations that would have been publicly known[99].
Taking into account her past faith journey and therefore the present situation and the preparation of each aspirant, programs of catechesis, study and reflection on consecrated life in general and on the fundamental aspects of Christian life can be offered.
94. In regular meetings with the Bishop, the Delegate or one of the consecrated women who collaborate in the service of formation, the aspirant will be invited to review her own faith experience and her vocational understanding, beginning with some suggested themes.
In spiritual accompaniment, she will find further opportunities to reveal her past experiences, to re-examine the darker and more painful aspects of her life in the light of the Word of God, and to begin or to consolidate processes of interior healing that will enable her to be predisposed to accept the grace of her vocation more fully and freely.
Where possible, depending on the circumstances, the aspirant will be given opportunities to meet other consecrated women of the Ordo virginum, who can help the process of vocational discernment, also through their own testimony.
When there is a number of aspirants, it may be useful and convenient to arrange meetings where they can get to know each other and reflect together. Each aspirant, however, must have adequate opportunities for confidential personal dialogue with the Bishop, the Delegate or one of the consecrated women who collaborate in the service of formation.
95. Special attention must be paid to assessing the ways in which the aspirant participates in the life of the Christian community. This will enable knowledge about herself offered by the aspirant to be integrated appropriately with information from priests and other persons who know her well.
The aspirant can also be asked to present documentation about her studies and employment history.
To acquire the necessary elements for the evaluation of a person coming from another form of consecrated life, the Bishop will take care to collect the relevant information, including information from the Institute or Society concerned, in order to carry out a wise discernment. He will also require that the aspirant take adequate time to process her separation and will carefully ascertain how she is inserted in her ecclesial and social context.
96. At the end of the preparatory period, if the aspirant requests it, and the knowledge the Bishop has acquired about her leads him to believe that she can successfully proceed to the stage of formation prior to consecration, he will admit her to the formation program prior to consecration.
The formation program prior to consecration
97. The course of formation prior to consecration has the double objective of consolidating the Christian formation of the candidate and of offering her the necessary means to deepen her essential understanding of the characteristic elements and responsibilities that derive from consecration in the Ordo virginum.
The length of the program and the particular methods of implementation will facilitate an effective personal integration of the different elements of formation for each candidate, so that her decision to request admission to consecration can mature with sufficient awareness and freedom. Ordinarily, two or three years duration should be given for this.
The course of formation will be beneficial if the candidate, while evaluating herself with respect to the vocational features proper to this form of consecrated life, progressively acquires the necessary freedom to be educated and formed each day by experience. It should allow her to deepen her knowledge of her own resources and limits, of her capacity to counter resistance or to facilitate her conformity to the action of the Holy Spirit and, in every existential situation, to learn to gather the fragments of truth, beauty and goodness in which the grace of God is present and operative. This fundamental attitude of facing reality with attention, intelligence and a sense of responsibility, aroused and motivated by the desire to grow in the love of Christ, will lead to the maturation of her committed willingness to proceed with ongoing formative obligations after she receives consecration.
98. The obligation of the Bishop, the Delegate and the consecrated women who collaborate in the service of formation will therefore consist in ensuring that the candidate receives a systematic introduction to the charism and to the features of this form of life, in accompanying her while she intensifies and deepens her spiritual life and in observing how she harmonizes and arranges her lifestyle in docility to the action of the Spirit. In this way, they will collect the necessary elements for the definitive discernment about her admission to consecration.
Frequent and regular meetings with the spiritual director will be a valuable help to the candidate for her growth in the capacity to discern the plans of God, to integrate the formative elements in a wise synthesis, and to interpret in the light of faith the different experiences of her life: prayer, work, relationships and ecclesial service, family relationships, friendships, study and cultural enrichment, charitable and social obligations, experience of her own limits and fragility, ascetical commitments, etc.
99. It is important that the candidate be accompanied as she establishes a regular, constant pattern of prayer, with participation, daily if possible, at the Eucharist, the celebration of the Liturgy of the Hours, or at least Lauds and Vespers, mediation on the sacred Scriptures and devotion to Mary. The goal, above all, is to help her to consolidate her love for prayer and to develop her capacity to manage the rhythms of the day, the week and the year, so as to safeguard the centrality of the experience of dialogue with the Lord[100].
100. Since this form of consecrated life is inserted in the particular Church, the candidate will nurture her bonds with the ecclesial community, by means of the network of fraternal relationships that make up the ordinary fabric of daily ecclesial life, and also, when possible, by participating in significant diocesan events.
To strengthen her link with the particular Church, it is appropriate for the candidate to acquire adequate knowledge of its history, institutions, spiritual traditions, current pastoral activities and prophetic experiences as well as the difficulties that must be faced and the wounds that cause suffering.
Depending on each one’s aptitudes, resources and charisms, the responsibility to build up the community can be expressed in pastoral service or in another form of witness that expresses her participation in the evangelizing mission and the human promotion of the Church, in the social and cultural context in which she lives.
101. For a correct understanding of the Ordo virginum, the candidate will be invited to study and reflect on the history of consecrated life and its value as a prophetic sign in the Church and in the world, starting with the foundational texts: the sacred Scriptures, the patristic tradition and theological reflection, with particular reference to Vatican Council II and to recent documents of the Church’s magisterium.
The theological, liturgical, ecclesiological and juridical foundations of the life of the Ordo virginum will be presented in detail, introducing the candidate to a deep understanding of the rite of consecration of virgins, its dynamic structure and its ecclesial significance.
102. An adequate knowledge and assimilation of the foundations of Christian anthropology must be offered, so that the choice of consecration will mature on the basis of a balanced understanding of human sexuality and affectivity, relationality and freedom, self-giving, sacrifice and suffering. In this framework, in the formation process the contributions of human sciences can also be used, particularly psychology and pedagogy, to put the candidate in a position to better understand relational dynamics and human development, and thus her own personal history and her way of relating to others.
When her practical circumstances and her personal abilities allow, the candidate will be encouraged to attend courses of study at theological colleges, institutes of religious science or similar institutions. In no case should an adequate theological preparation in the areas of biblical studies, liturgy, spirituality, ecclesiology and moral theology be omitted
103. Opportunities for instruction, formation and sharing of experience with the other candidates and consecrated women in the Diocese will be encouraged. If there are no others, the possibility will be explored of establishing connections for instruction and fraternal sharing with consecrated women or candidates in neighbouring Dioceses.
Admission to consecration and arrangements for the celebration
104. At the end of the formation course as agreed with the Bishop, after a careful discernment, both personally and with the spiritual accompanier, the candidate will present her request for admission to the Bishop. It is appropriate that this request be written in her own hand and that it mentions the recommendation of the spiritual accompanier.
The Bishop then takes up the responsibility of the definitive discernment. For this purpose, he will collect the necessary information from all those who have accompanied the journey of the candidate, excluding her spiritual accompanier. In particular, he must ask for the opinion of the Delegate, if he has appointed one, with the reasons on which the opinion is based, concerning the question of admission. The consecrated women who have been involved in the service of formation contribute to the preparation of this opinion.
105. Admission to consecration requires moral certainty about the authenticity of the candidate’s vocation, the real existence of a virginal charism and the presence of the conditions and prerequisites for the candidate to accept and respond to the grace of consecration, and be able to bear eloquent witness of her own vocation, persevering in it and growing in generous self-giving to the Lord and to her neighbour.
106. If the assessment leads to her admission to consecration, the Bishop, with the one to be consecrated, will determine the date and the place of its celebration, keeping in mind the relevant guidelines in the Pontifical.
It is appropriate to arrange for the community to participate profitably in the liturgy of consecration, with an invitation to accompany the one to be consecrated in prayer and with a specific catechesis on the characteristics of this vocation. In the preparation and celebration of the rite, care is to be taken to introduce the assembly to the nuptial mystery of Christ and the Church that is to be celebrated, through the dignity and restraint of the gestures, hymns and recommended symbols.
107. After the celebration has taken place it will be documented with an entry in the register of the Ordo virginum, adding the personal signature of the celebrating minister, the consecrated woman herself and two witnesses. This register is ordinarily safeguarded in the diocesan curia. A certificate of the event will be issued to the consecrated woman. It is also appropriate for the Bishop to make arrangements to inform the competent parish priest about the consecration so that it can be annotated in the baptismal register.
Permanent formation
Attention to permanent formation
108. Concern for permanent formation is based on the need to respond more fully to the vocation received[101].
It requires constant openness to learning from experience, the disposition to let herself be led by the Spirit in the dynamism of faith, developing the meaning of the different stages of her life in the light of the Gospel and her own way of accounting for Christian hope in the face of the pressures of contemporary culture.
Increasing age, which is accompanied by changes in commitments, relational contexts and health conditions, impels consecrated women to rediscover the beauty and fertility of their consecration throughout all stages of life, appropriately adapting the content and manner of their formation.
All the dimensions of the life of the consecrated woman must be involved: her identity as a woman in a specific cultural and social context, a disciple of the Lord in the pilgrim Church in history, called to be a special sign of the spousal love of Christ and the Church, as a consecrated woman in the specific form of life of the Ordo virginum.
109. Permanent formation therefore requires humility, attention, intelligence, responsibility and creativity on the part of each consecrated woman.
In this context, the specific activities of permanent formation are instruments intended to help deepen their personal understanding of the virginal charism, to foster the integration of living in total dedication to the Lord, and to sustain the consecrated women in their commitment to fulfil the responsibilities that arise from consecration.
Personal commitment and the communal dimension
110. The preparation of useful programs of permanent formation requires harmonization of the personal commitment to formation with the communal dimension that characterize the Ordo virginum.
It concerns a choice of the priorities and most suitable means for a solid formation, so that it is attentive to the needs and the charisms of each one. At the same time, the formation programs must express and support the experience of communion that unites the consecrated women of the Ordo virginum.
This entails a dual exercise of co-responsibility: of each consecrated woman in relation to the Bishop or the Delegate, to plan and evaluate how she is fulfilling her commitment to formation; and of the group of consecrated women of the Diocese with the Bishop or the Delegate, to plan, implement and evaluate a shared, specific program of formation for the consecrated women of the Ordo virginum.
111. For this second aspect, depending on the circumstances, the Bishop or the Delegate will encourage meetings and formative activities for all the consecrated women, welcoming the contribution that each one is able to give in the planning, organization, implementation and the necessary evaluation. To give continuity and structure to this exercise of co-responsibility, the Bishop can arrange with the consecrated women the manner of establishing a service or team for permanent formation, as an expression of the service of communion.
Care must be taken to provide for the involvement of those consecrated women who are not able to, or have difficulty in participating in formation meetings because of advanced age, health or other serious reasons.
Where there is only one consecrated woman in a Diocese, or their number is very small, shared formation activities can be provided with the consecrated women of neighbouring Dioceses, with the agreement of the respective Bishops.
The consecrated women can also consider other initiatives and activities available in the Christian community for their own formation, and they can take advantage of suitable formative opportunities offered in their social and work environment.
Recommendations for content and method
112. Special formative programs for the consecrated women in the Ordo virginum must be designed with pedagogical expertise. They will consist of in-depth study of the fundamental themes of Christian life, particularly those more central to this form of consecrated life, and also reflection on questions raised by current reality which require serious evangelical discernment.
These programs will include study of sacred scripture, theology and the dynamics of the spiritual life, as well as attention to the magisterium and the pastoral directions of the diocesan Bishop and the Holy Father.
It is important that the intellectual dimension of formation is not isolated, but integrated into the growth of life according to the Spirit, and continually stimulated and assessed with respect to the capacity to establish and maintain friendly relationships.
Care must therefore be taken that meetings and formative activities become opportunities for true communion in faith and mutual support for the consecrated women. The formation program will also be supported with communal prayer. The pedagogical dimension will not be neglected regarding the relational dynamics existing within the Ordo virginum, encouraging hospitality and mutual respect, kindness and the intelligent management of tensions and conflicts that arise, so that these also become occasions for growth.
113. Formative meetings and activities can take the form of lectures and conferences, sharing of experience, listening to testimony, shared reading courses, seminars, retreats, spiritual exercises, Bible study weeks, pilgrimages, cultural enrichment, etc.
Diocesan formation programs can be supplemented by inter-diocesan formation meetings and activities, particularly those organized by services of communion permanently established within a definite group of particular Churches, with the agreement of the relevant episcopal conferences and the Bishops’ representative for the Ordo virginum, if one has been appointed. In the planning, implementation and assessment of these events the co-responsibility of all the consecrated women of these Dioceses must be encouraged.
Conclusion
114. The Lord Jesus drew all peoples into one Church and united them mystically with spousal love. This wonderful mystery, which is brought about efficaciously in the Eucharistic celebration, is the principle of the Church’s unity and holiness, its universal mission and its ability to enliven all human experience and every culture with the message of the Gospel. Contemplating this mystery, the Church recognises the revival of the Ordo virginum as a gift of the Spirit and welcomes it with gratitude.
Preceded and sustained by the grace of God, the women who receive this consecration are called to live in obedience to the Holy Spirit, to experience the transforming energy of the Word of God that brings so many different women into a communion of sisters, and to proclaim the Gospel of salvation with their words and their lives, becoming images of the Church as the Bride, living only for Christ the Bridegroom, and thus making Him present to the world.
They look to Mary, perfect image of the Church, as the guiding star for their journey. The Church entrusts them to her maternal protection.
115. We praise you,
Virgin Mother of God
Woman of the covenant,
of expectation and fulfilment.
Be the mother and teacher
of consecrated virgins,
so that imitating you
they will receive the Gospel joyfully
and every day
with humility and wonder
discover in it
the holy origin
of their spousal vocation.
Virgin of virgins,
sealed fountain,
gate of heaven,
inspire and accompany
these sisters of ours,
may they have the gift
of spiritual discernment
pilgrims in history
may they live the dynamism
of prophecy
with freedom and courage
with determination and tenderness.
Woman full of grace,
overflowing with charity,
Virgin become Church
bless their journey
so that hope
enlightens their minds
and opens their hearts
guiding every step
and faith
makes their hands industrious
and creative
so may their lives be fruitful
and anticipating here and now
the reality of the Kingdom,
may they generate
and build up the people of God
sharing in its mission
kingly, prophetic and priestly.
We proclaim you blessed
woman of the Magnificat
mother of the living Gospel.
We pray for these sisters.
Gather them in your song
involve them in your dance
so that they follow the Lamb
wherever he goes
with lamps alight.
May they lead us also
to the eternal wedding banquet,
to the final embrace
with the Love
that never ends.
(Approved by the Holy Father in an audience on June 8, 2018)
Vatican City, June 8, 2018
Solemnity the Most Sacred Heart of Jesus
João Braz Card. de Aviz
Prefect
+José Rodríguez Carballo, O.F.M.
Archbishop Secretary
_____________________
[1] Among the earliest evidence, the testimony of Clement of Rome (Clemens Romanus, Ep. Ad Corinthios 38, 2: SCh167,162) and Ignatius of Antioch (Ignatius Antiochensis, Ep. Ad Smyrnenses XIII: PG 5, 717-718; Ep. Ad Polycarpum V, 2: PG 5, 723-724).
[2] About the year 150, Justinian expressed himself thus: “Many are the men and women who were made disciples of Christ as babies, who remained pure right up to their sixtieth or seventieth years. And I am proud to be able to cite examples coming from all social classes”; Justinus, Apol. pro christ., c. 15: PG 6, 349. Athenagoras of Athens, in the year 177 wrote to Marcus Aurelius: “You could find many of ours, men and women, who have grown old without marrying, in the hope of uniting themselves more closely with God!”: Athenagoras Atheniense, Legatio pro christianis XXXII: OTAC VII, 172.
[3] Ignatius Antiochensis, Ep. ad Polycarpum V, 2: PG 5, 723-724.
[4] Initially, the similarity between this form of life and that of consecrated widows also entailed a lack of clear distinction, as can be gathered from the writings of Ignatius of Antioch, who, at the beginning of the second century, greeted “the virgins called widows” of the community of Smyrna: Ignatius Antiochensis, Ep. Ad. Smyrn. XIII: PG 5, 717-718. In the Apostolic Constitutions of the second half of the fourth century, virgins appear together with widows and deaconesses, as an institutional component of the Christian community.
[5] Cf. e.g. Athanasius, Apol. Ad Constant. 33: PG 25, 640; Ambrosius, De virginibus, lib. I, c. 8, n. 52: PL 16, 202.
[6] This expression is found in Basilius, Ep. 199 Ad Amphilochium: PG 32, 717.
[7] Cf. Ambrosius, De virginibus, lib. III, cc. 1-3, nn. 1-14: PL 16, 219-224; De institutione virginis, c. 17, nn. 104-114: PL 16, 333-336. Cf. Sacramentarium Leonianum XXX: PL 55, 129.
[8] Cyprianus, De habitu virginum III: PL 4, 443.
[9] Pontificale Romanum ex decreto Sacrosancti Concilii Œcumenici Vaticani II instauratum auctoritate Pauli PP. VI promulgatum, Ordo consecrations virginum, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis, Civitas Vaticana 1970.
[10] John Paul II, Apostolic Constitution Pastor bonus (28 June 1988), 105.
[11] Catechism of the Catholic Church, 922-924.
[12] John Paul II, Post-Synodal Apostolic Exhortation Vita consecrata (25 March 1996).
[13] Congregation for Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, Instruction Starting afresh from Christ. A renewed commitment to consecrated life in the third millennium (19 May 2002), 19.
[14] Congregation for Bishops, Directory for the Pastoral Ministry of Bishops Apostolorum Successores (22 February 2004), 104.
[15] John Paul II, Speech to the participants in the International Conference of the Ordo virginum on the 25th anniversary of the promulgation of the rite, Rome (2 June 1995).
[16] Benedict XVI, Speech to the participants at the Congress of the Ordo virginum on the theme: « Consecrated virginity in the world: a gift for the Church and in the Church », Rome (15 May 2008).
[17] « The words of Christ (Mt 19:11-12) originate from all the realism of the human situation and with the same realism they lead him beyond, towards the call. In a new way, while remaining through his nature a “dual” being (that is directed as man towards the woman, and as woman, towards the man), he is able to discover in this solitude, which does not cease being a personal dimension of the duality of each one, a new and even fuller form of intersubjective communication with others. This orientation of the call explains in an explicit way the expression: “For the Kingdom of heaven”. In fact, the fulfilment of this Kingdom must be found along the lines of an authentic development of the image and likeness of God, in his Trinitarian significance, which is precisely “in communion”. In choosing continence for the Kingdom of heaven, man has the self-awareness to be able, in this way, to fulfil himself “differently” and, in a certain sense, “more” than in marriage, becoming “a sincere gift for others” »: John Paul II, Audience (7 April 1982).
[18] « Continence “for the Kingdom of heaven”, the choice of virginity or celibacy for one’s whole life, in the experience of the disciples and the followers of Christ becomes a particular act of response to the love of the Divine Bridegroom. It therefore has acquired the significance of an act of spousal love, which is a spousal self-giving, for the purpose of reciprocating in a special way the spousal love of the Redeemer; self-giving, understood as renunciation, but done above all for love»: John Paul II, Audience (28 April 1982).
[19] « The human being, male and female […] with free will chooses continence “for the sake of the Kingdom of heaven” […] indicating […] the eschatological “virginity” of the risen man, in which will be revealed the absolute and eternal spousal significance of the glorified body in union with God himself, by seeing him “face to face”; and glorified, also, by the union of a perfect intersubjectivity, which will unite all the “participants in the other world”, men and women, in the mystery of the communion of saints. Earthly continence “for the Kingdom of heaven” is undoubtedly a sign which points to this truth and this reality. It is a sign that the body, whose end is not death, reaches towards glorification and is already, in itself, I would say, among men a witness that anticipates the future resurrection. Nevertheless, this charismatic sign of the other world expresses the strength and the most authentic dynamic of the mystery of the “redemption of the body”: a mystery that from Christ has been written in the earthly history of man and has been deeply rooted in this history. Thus continence “for the Kingdom of heaven” bears above all the imprint of the likeness of Christ, who himself made the same choice “for the Kingdom of heaven” in his work of redemption »: John Paul II, Audience (24 March 1982).
[20] Cf. Second Vatican Ecumenical Council, Dogmatic Constitution on the Church Lumen gentium, 1.
[21] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1; Catechismus Catholicæ Ecclesiæ, 1667-1672; Code of Canon Law, cann. 1166-1169.
[22] Cf. Ordo consecrationis virginum, 17 and 22-23.
[23] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1; Ordo consecrationis virginum, 16, 24.
[24] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1.
[25] Cf. Second Vatican Ecumenical Council, Pastoral Constitution on the Church in the Modern World, Gaudium et Spes, 1.
[26] Cf. John Paul II, Post-Synodal Apostolic Exhortation Vita consecrata (25 March 1996), 7 and 42.
[27] Cf. Code of Canon Law, can. 604
[28] Cf. Code of Canon Law, can. 368 and can. 381 § 2.
[29] Cf. John Paul II, Post-Synodal Apostolic Exhortation Vita consecrata (25 March 1996), 14.
[30] Cf. Ordo consecrationis virginum, 16.
[31] Cf. John Paul II, Apostolic Letter Mulieris dignitatem (15 August 1988), 17-20.
[32] « The chastity of celibates and virgins, as a manifestation of dedication to God with an undivided heart (cf. 1 Cor 7:32-34), is a reflection of the infinite love which links the three Divine Persons in the mysterious depths of the life of the Trinity »: John Paul II, Post-synodal Apostolic Exhortation Vita consecrata (25 March 1996), 21. « The integrity of the faith was also tied to the image of the Church as a virgin and her fidelity in love for Christ her spouse; harming the faith means harming communion with the Lord »: Francis, Encyclical Letter Lumen fidei (29 June 2013), 48.
[33] « Spousal love always involves a special readiness to be poured out for the sake of those who come within one’s range of activity. In marriage this readiness, even though open to all, consists mainly in the love that parents give to their children. In virginity this readiness is open to all people, who are embraced by the love of Christ the Spouse »: John Paul II, Apostolic Letter Mulieris dignitatem (15 August 1988), 21.
[34] Second Vatican Ecumenical Council, Dogmatic Constitution on the Church Lumen gentium, VIII.
[35] Francis, Apostolic Exhortation Evangelii gaudium (24 November 2013), 287.
[36] Cf. Ambrosius, De virginibus, lib. II, c. 3, n. 19: PL 16, 211.
[37] Cf. John Paul II, Encyclical letter Redemptoris Mater (25 March 1987), 6.
[38] Francis, Apostolic Exhortation Evangelii gaudium (24 November 2013), 287.
[39] Ivi, 288.
[40] Ibid.
[41] Cf. Francis, Apostolic Exhortation Evangelii gaudium (24 November 2013), 1.
[42] Cf. Benedict XVI, Speech to the participants at the Congress of the Ordo virginum on the theme: “Consecrated virginity in the world: a gift for the Church and in the Church”, Rome (15 May 2008), 5; John Paul II, Post-synodal Apostolic Exhortation Vita consecrata (25 March 1996), 18.
[43] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 2.
[44] « The charismatic gifts […] are freely distributed by the Holy Spirit, so that sacramental grace may be fruitful in Christian life in different ways and at every level. Because these charisms “are perfectly suited to and useful for the needs of the Church”, through their diverse richness, the People of God are able fully to live their evangelical mission, discerning the signs of the times and interpreting them in the light of the Gospel. The charismatic gifts, in fact, enable the faithful to respond to the gift of salvation in complete freedom and in a way suited to the times. In this way, they themselves become a gift of love for others and authentic witnesses to the Gospel before all mankind »: Congregation for the Doctrine of the Faith, Letter Iuvenescit Ecclesia (15 May 2016), 15.
[45] « There are among you different approaches and different ways of living the gift of consecrated virginity […]. I urge you to go beyond external appearances, experiencing the mystery of God’s tenderness which each one of you bears in herself and recognizing one another as sisters, even in your diversity »: Benedict XVI, Speech to the participants at the Congress of the Ordo virginum on the theme: « Consecrated virginity in the world: a gift for the Church and in the Church », Rome (15 May 2008), 5.
[46] « Confident and humble recourse to spiritual direction is of great help on the path of fidelity to the Gospel, especially in the period of formation and at certain other times in life. Through it individuals are helped to respond with generosity to the movement of the Spirit, and to direct themselves resolutely towards holiness »: John Paul II, Post-synodal Apostolic Exhortation Vita consecrate (25 March 1996), 95.
[47] Benedict XVI, Speech to the participants at the Congress of the Ordo virginum on the theme: « Consecrated virginity in the world: a gift for the Church and in the Church », Rome (15 May 2008), 4-5.
[48] Augustinus, De sancta virginitate, c. 54: PL 40, 428.
[49] « The great patristic tradition teaches us that the mysteries of Christ all involve silence. Only in silence can the Word of God find a home in us, as it did in Mary »: Benedict XVI, Post-synodal Apostolic Exhortation Verbum Domini (30 September 2010), 66.
[50] «Ignorance of the Scriptures is ignorance of Christ »: Hieronymus, Commentarii in Isaiam, Prologus; CCL 73, 1: PL 24, 17.
[51] « [The Eucharist] is the Sacrament of the Bridegroom and the Bride. The Eucharist makes present and realizes anew in a sacramental manner the redemptive act of Christ, who “creates” the Church, his body. Christ is united with this “body” as the bridegroom with the bride »: John Paul II, Apostolic letter Mulieris dignitatem (15 August 1988), 26.
[52] « Here the fullness of intimacy with Christ is realized, becoming one with him, total conformity to him to whom consecrated persons are called by vocation »: Congregation for Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, Instruction Starting afresh from Christ. A renewed commitment to consecrated life in the third millennium (19 May 2002), 26.
[53] Francis, Bull Misericordiae vultus (11 April 2015), 17.
[54] « To celebrate the sacrament of reconciliation means to be wrapped in a warm embrace, the embrace of the infinite mercy of the Father »: Francis, Audience (19 February 2014).
[55] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 2.
[56] Ambrosius, De institutione virginis, c. 6, n. 46: PL 16, 320.
[57] Cf. Code of Cannon Law, can. 663 § 4.
[58] « Asceticism, by helping to master and correct the inclinations of human nature wounded by sin, is truly indispensable if consecrated persons are to remain faithful to their own vocation and follow Jesus on the way of the Cross »: John Paul II, Post-synodal Apostolic Exhortation Vita consecrata (25 March 1996), 38.
[59] «The vocation of consecrated persons to seek first the Kingdom of God is first and foremost a call to complete conversion, in self-renunciation, in order to live fully for the Lord, so that God may be all in all. Called to contemplate and bear witness to the transfigured face of Christ, consecrated men and women are also called to a transfigured existence »: John Paul II, Post-synodal Apostolic Exhortation Vita consecrata (25 March 1996), 35.
[60] « This then, is the rule of conversion: to distance yourself from evil and to learn to do good. Converting oneself is a journey. It is a journey which requires courage, to remove yourself from evil and humility to learn to do good. And above all, it requires concrete acts »: Francis, Morning meditation in the Chapel of Domus Sanctae Marthae, Learn to do good (14 March 2017).
[61] Cf. Benedict XVI, Speech to the participants at the Congress of the Ordo virginum on the theme: « Consecrated virginity in the world: a gift for the Church and in the Church », Rome (15 May 2008), 4-5.
[62] Francis, Encyclical Letter Laudato si’ (24 May 2015), 222-227.
[63] Francis, Apostolic Exhortation Evangelii gaudium (24 November 2013), 273.
[64] « To be authentic evangelizers, we need to develop a spiritual taste for being close to people’s lives and to discover that this is itself a source of spiritual joy. Mission is at once a passion for Jesus and a passion for his people. […] He wants to make use of us to draw closer to his beloved people. He takes us from the midst of his people and he sends us to his people; without this sense of belonging we cannot understand our deepest identity »: Francis, Apostolic Exhortation Evangelii gaudium (24 November 2013), 268.
[65] Paolo VI, Apostolic Exhortation Evangelii nuntiandi (8 December 1975), 70.
[66] Cf. Ordo consecrationis virginum, 16; John Paul II, Speech to the participants in the International Conference of the Ordo virginum on the 25th anniversary of the promulgation of the rite, Rome (2 June 1995), n. 6; Francis, Apostolic Exhortation, Evangelii gaudium (24 November 2013), 197-216. « For the Church, the option for the poor is primarily a theological category rather than a cultural, sociological, political or philosophical one »: Francis, Apostolic Exhortation, Evangelii gaudium (24 November 2013), 198.
[67] Francis, Encyclical Letter Laudato si’ (24 May 2015), 127.
[68] Ibid., 220.
[69] Ibid., 237.
[70] Cf. John Paul II, Speech to the participants in the International Conference of the Ordo virginum on the 25th anniversary of the promulgation of the rite, Rome (2 June 1995), 4.
[71] Cf. Code of Canon Law, can. 680.
[72] Francis, Apostolic Exhortation Evangelii gaudium (24 November 2013), 103-104.
[73] « It is precisely this path of synodality which God expects of the Church of the third millennium »: Francis, Address on the occasion of the commemoration of the 50 th Anniversary of the institution of the Synod of Bishops, Rome (17 October 2015).
[74] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 6.
[75] Cf. Ordo consecrationis virginum, 14 and 16.
[76] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5; Ordo consecrationis virginum, 2 and 16.
[77] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 6.
[78] Cf. Congregation for Bishops, Directory for the Pastoral Ministry of Bishops Apostolorum Successores (22 February 2004), 104.
[79] Cf. Code of Canon Law, can. 1303 § 1.
[80] Cf. Code of Canon Law, can. 604 § 2.
[81] Cf. Congregation for the Doctrine of the Faith, Letter Iuvenescit Ecclesia (15 May 2016), 16.
[82] Cf. Code of Canon Law, cann. 684 and 685.
[83] Cf. Code of Canon Law, can. 695.
[84] Cf. John Paul II, Post-Synodal Apostolic Exhortation Vita consecrata (25 March 1996), 19.
[85] Ibid., 69.
[86] Ibid., 65 and 69-70.
[87] « It will be important that all consecrated persons be formed in the freedom to learn throughout life, in every age and season, in every human ambient and context, from every person and every culture open to be taught by any fragment of truth and beauty found around them. But above all they must learn to be formed by everyday life, by their own community, by their brothers and sisters, by everyday things, ordinary and extraordinary, by prayer and by apostolic fatigue, in joy and in suffering, until the moment of death »: Congregation for Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, Instruction Starting afresh from Christ. A renewed commitment to consecrated life in the third millennium (19 May 2002), 15.
[88] « This is the temptation of selfish people. Along the way, they lose sight of the goal and, rather than think of others, they are unashamed to think only of themselves, or even worse, to justify themselves. The Church is the community of the faithful, the Body of Christ, where the salvation of one member is linked to the holiness of all. An individualist is a cause of scandal and of conflict »: Francis, Address on the occasion of the meeting and prayer with priests, religious and seminarians, Cairo (29 April 2017).
[89] Cf. Congregation for Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, Instruction Starting afresh from Christ. A renewed commitment to consecrated life in the third millennium (19 May 2002), 18.
[90] Cf. Code of Canon Law, can. 1072.
[91] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 b).
[92] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 a) and 5 b).
[93] John Paul II, Post-Synodal Apostolic Exhortation Vita consecrata (25 March 1996), 65.
[94] Cf. John Paul II, Speech to the participants in the International Conference of the Ordo virginum on the 25th anniversary of the promulgation of the rite, Rome (2 June 1995), 4.
[95] « Benedict XVI spoke of an “ecology of man”, based on the fact that “man too has a nature that he must respect and that he cannot manipulate at will” [Address to the Deutscher Bundestag, Berlin (22 September 2011)]. It is enough to recognize that our body itself establishes us in a direct relationship with the environment and with other living beings. The acceptance of our bodies as God’s gift is vital for welcoming and accepting the entire world as a gift from the Father and our common home, whereas thinking that we enjoy absolute power over our own bodies turns, often subtly, into thinking that we enjoy absolute power over creation. Learning to accept our body, to care for it and to respect its fullest meaning, is an essential element of any genuine human ecology. Also, valuing one’s own body in its femininity or masculinity is necessary if I am going to be able to recognize myself in an encounter with someone who is different. In this way we can joyfully accept the specific gifts of another man or woman, the work of God the Creator, and find mutual enrichment »: Francis, Encyclical Letter Laudato si’ (24 May 2015), 155.
[96] Cf. Congregation for Catholic Education, Guidelines for the use of psychology in the admission and formation of candidates for the priesthood (29 June 2008); Congregation for the Clergy, The gift of the priestly vocation. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 December 2016), 146-147 and 191-196.
[97] Congregation for the Clergy, The gift of the priestly vocation. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 December 2016), 194.
[98] « In the selection of specialists, other than their human qualities and competence in their field, their faith must also be taken into account »: Congregation for the Clergy, The gift of the priestly vocation. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 December 2016), 146.
[99] Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 a).
[100] Congregation for Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, Instruction Starting afresh from Christ. A renewed commitment to consecrated life in the third millennium (19 May 2002), 25.
[101] Congregation for Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, Instruction Starting afresh from Christ. A renewed commitment to consecrated life in the third millennium (19 May 2002), 15.
[01125-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua spagnola
Introducción
I. La vocación y el testimoniodel Ordo virginum
II. La configuración del Ordo virginum en las iglesias particulares y en la iglesia universal
III. El discernimiento vocacional y la formación para el Ordo virginum
Conclusión
Introducción
1. La imagen de la Iglesia Esposa de Cristo aparece, en el Nuevo Testamento, como eficaz icono revelador de la íntima naturaleza de la relación que el Señor ha querido establecer con la comunidad de los que creen en Él (Ef 5, 23-32; Ap 19, 7-9; 21, 2-3.9).
Desde los tiempos apostólicos, esta expresión del Misterio de la Iglesia ha encontrado una manifestación totalmente peculiar en la vida de aquellas mujeres que, correspondiendo al carisma evangélico suscitado en ellas por el Espíritu Santo, con amor esponsal, se han dedicado al Señor Jesús en virginidad, para experimentar la fecundidad espiritual de la íntima relación con Él y ofrecer los frutos a la Iglesia y al mundo.
2. Como nos indican algunos pasajes del Nuevo Testamento y los escritos de los primeros siglos cristianos, esta forma de vida evangélica se expresó de forma espontánea en las primeras comunidades cristianas[1], figurando entre las otras formas de vida ascética que, en el contexto de la sociedad pagana, constituían un signo evidente de la novedad del cristianismo y de su capacidad de responder a las más profundas preguntas sobre el sentido de la existencia humana[2]. Por un proceso análogo al de la viudedad
de las mujeres que escogían la continencia « en honor de la carne del Señor »[3], la virginidad consagrada femenina adquirió progresivamente las singularidades de un esta-
do de vida públicamente reconocido por la Iglesia[4].
En los tres primeros siglos numerosísimas vírgenes consagradas sufrieron el martirio por permanecer fieles al Señor. Entre ellas Águeda de Catania, Lucía de Siracusa, Inés y Cecilia de Roma, Tecla de Iconio, Apolonia de Alejandría, Restituta de Cartago, Justa y Rufina de Sevilla. Cesadas las persecuciones, la memoria de las vírgenes mártires permaneció como viva llamada a la entrega total de sí, como exigía la consagración virginal.
En las mujeres que acogían esta vocación y correspondían con la decisión de perseverar en virginidad durante toda la vida, los Padres de la Iglesia vieron reflejadas la imagen de la Iglesia Esposa totalmente dedicada a su Esposo; por eso se referían a ellas como sponsae Christi, Christo dicatae, Christo maritate, Deo nuptae[5]. En el cuerpo vivo de la Iglesia, aparecían como un coetu institucionalizado, denominado Ordo virginum[6].
3. A partir del siglo IV, el ingreso en el Ordo virginum se hacía por medio de un solemne rito litúrgico, presidido por el Obispo diocesano. En medio de la comunidad reunida para la celebración eucarística, la mujer manifestaba el sanctum propositum de permanecer durante toda la vida en virginidad por amor a Cristo, y el Obispo pronunciaba la oración consecratoria. Como atestiguan ya los escritos de Ambrosio de Milán y sucesivamente las más antiguas fuentes litúrgicas, el simbolismo nupcial del rito se hacía particularmente evidente por la imposición del velo a la virgen de parte del Obispo, gesto que correspondía a la velatio de la esposa en la celebración del matrimonio[7].
4. La estima y la solicitud pastoral que acompañaban el camino de la virginidad consagrada están ampliamente atestiguadas en la literatura patrística. Los padres no se limitaron a censurar el comportamiento de las consagradas inadecuado a su compromiso de llevar una vida casta en el humilde seguimiento de Cristo, también afrontaron y combatieron con vigor tanto los argumentos que negaban el valor de la virginidad consagrada, como las desviaciones heréticas que propugnaban los ideales de la virginidad y de la continencia sobre la base de una concepción negativa del matrimonio y la sexualidad. Ilustraron ampliamente los fundamentos teo-
lógicos de la consagración virginal, evidenciando el origen carismático, la motivación evangélica, la importancia eclesial, la referencia ejemplar a la Virgen María, el valor profético de anticipación y vigilante espera de la plena comunión con el Señor que se realizará solo cuando Él vuelva glorioso, al final de los tiempos. Dirigiéndose a las vírgenes consagradas « más con el afecto que con la autoridad »[8] de su ministerio, les exhortaban a alimentar y expresar su amor por Cristo Esposo meditando asiduamente la Escritura y perseverando en la oración personal y litúrgica; practicando la ascesis, las virtudes y las obras de misericordia; cultivando una actitud de dócil escucha al magisterio del Obispo y el compromiso de cuidar la comunión eclesial, con el fin de ofrecer un testimonio transparente y persuasivo del Evangelio dentro de las comunidades cristianas y del ambiente social en el que permanecían insertas, viviendo generalmente con su propia familia y también, a veces, en forma comunitaria.
En ese mismo período, a través de las decretales de los Papas y las constituciones de los Concilios Provinciales, empezó a definirse la disciplina sobre los aspectos esenciales de esta forma de vida.
5. Mientras durante los primeros siglos las vírgenes consagradas vivían generalmente con sus propias familias, con el desarrollo del monacato cenobítico la Iglesia asoció la consagración virginal a la vida comunitaria y por consiguiente a la observancia de una regla común y a la obediencia a una superiora. Paulatinamente en el curso de los siglos desapareció la forma de vida originaria del Ordo virginum, con su típico arraigo en la comunidad eclesial local bajo la guía del Obispo diocesano.
Los ritos de ingreso en la vida monástica corrieron paralelos y en la mayoría de los monasterios sustituyeron la celebración de la consecratio virginum. Solo algunas familias monásticas en las que se hacían los votos solemnes mantuvieron este rito que, aun conservando los elementos esenciales de su estructura originaria, se enriqueció con la aportación de la sensibilidad de las poblaciones entre las que se difundió, mediante sucesivas revisiones que llevaron a introducir nuevas fórmulas eucológicas y gestos simbólicos.
6. El impulso de renovación eclesial inspirado por el Concilio Vaticano II suscitó también interés de cara al rito litúrgico de la consecratio virginum y del Ordo virginum. Muchos siglos después de su desaparición y en un contexto histórico totalmente cambiado, en donde se producían procesos de profunda transformación de la condición femenina en la Iglesia y en la sociedad, esta antigua forma de vida consagrada revelaba una sorprendente fuerza de atracción capaz de responder no solo al deseo de muchas mujeres que querían dedicarse totalmente al Señor y a los hermanos, sino también al redescubrimiento contextual de la identidad propia de la Iglesia particular en la comunión con el único Cuerpo de Cristo.
Según la disposición de la Constitución sobre la liturgia Sacrosantum Concilium n. 80, en el período postconciliar, el rito de la consecratio virginum del Pontifical Romano, se revisó, teniendo en cuenta los principios que el Concilio había fijado por medio de la reforma litúrgica. El nuevo Ordo Consecratio-
nis virginum, promulgado el 31 de mayo de 1970, por la Sagrada Congregación para el Culto Divino, por mandato especial del Papa Pablo VI, entró en vigor el 6 de enero de 1971[9]. Retomando la más antigua tradición eclesial y teniendo en cuenta la sucesiva evolución histórica, fueron elaboradas y apro-
badas dos formas celebrativas. La primera destinada a las mujeres que permaneciendo in saeculo, es decir en sus ordinarias condiciones de vida, son admitidas a la consagración por el Obispo diocesano. La segunda está destinada a las monjas de comunidad que celebran este rito, profesas perpetuas, o que en esa celebración hacen profesión perpetua y reciben la consecratio virginum.
7. De esta manera ha sido reconocida de forma explícita por la Iglesia la consagración virginal de mujeres que permanecen en su entorno de vida ordinario, arraigadas en la comunidad diocesana reunida alrededor del Obispo, según la modalidad del antiguo Ordo virginum, sin ser adscritas a un Instituto de vida consagrada. El mismo texto litúrgico y las normas que en él se establecen delinean en los elementos esenciales la fisonomía y la disciplina de esta forma de vida consagrada, cuyo carácter institucional – propio y distinto de los Institutos de vida consagrada – ha sido confirmado sucesivamente por el Código de Derecho Canónico (can. 604). De manera si-
milar, el Código de Cánones de las Iglesias orientales también ha explicitado la posibilidad de que en las Iglesias orientales el derecho particular constituya vírgenes consagradas que públicamente profesen castidad en el siglo “por su cuenta”, es decir, sin los lazos de pertenencia a un instituto de vida consagrada (can. 570).
Por consiguiente, en la reorganización de la Curia Romana que se llevó a cabo por la Constitución Apostólica Pastor bonus, el Ordo virginum se situó en el ámbito de competencia de la Congregación para los Institutos de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica[10].
También el Catecismo de la Iglesia Católica[11], la reflexión realizada con ocasión del Sínodo de los Obispos dedicado al tema
« La vida consagrada y su misión en la Iglesia y en el mundo » y la sucesiva exhortación post-sinodal Vita consecrata[12] (en particular en los nn. 7 y 42) han contribuido a clarificar el lugar eclesiástico del Ordo virginum entre las otras formas de vida consagrada, poniendo de relieve el vínculo peculiar que se establece entre las vírgenes consagradas y la Iglesia particular y universal.
La Instrucción Caminar desde Cristo. Un renovado compromiso de la vida consagrada en el tercer milenio[13], ha subrayado la exigencia de una especial atención por parte del Obispo diocesano y de su presbiterio hacia las vírgenes consagradas.
Sucesivamente, el Directorio para el ministerio pastoral de los Obispos Apostolorum Successores[14], en continuidad con la antigua tradición eclesial, ha vuelto a afirmar que el Obispo diocesano ha de tener una solicitud particular hacia el Ordo virginum, porque las vírgenes son consagradas a Dios a través de sus manos y la Iglesia las confía a su cuidado pastoral.
8. Desde que esta forma de vida consagrada se volvió a proponer en la Iglesia, se ha asistido a un verdadero y propio reflorecimiento del Ordo virginum, cuya vitalidad se manifiesta en una múltiple riqueza de carismas personales que se ponen al servicio de la edificación de la Iglesia y de la renovación de la sociedad según el espíritu del Evangelio. El fenómeno aparece de gran relevancia no solamente por el número de mujeres involucradas, sino también por su difusión en todos los continentes, en muchísimos Países y Diócesis, en zonas geográficas y contextos muy diversos.
Sin duda, esto ha sido posible también gracias a la traducción de la edición típica latina del Ordo Consecrationis Virginum a la mayoría de las lenguas comunes, por las respectivas Conferencias Episcopales.
Numerosos Obispos, con su magisterio y acción pastoral, han promovido y sostenido el Ordo virginum en sus Diócesis, valorando asimismo la contribución de las vírgenes consagradas, que se han sentido llamadas a reflexionar sobre su experiencia, la actualidad de esta vocación en la Iglesia y el mundo de hoy, y sobre las consideraciones necesarias para poder expresarse según su propia originalidad. Con tal fin algunas Conferencias Episcopales han elaborado criterios y orientaciones comunes para la atención pastoral del Ordo virginum en sus circunscripciones.
En sinergia con el magisterio y la acción de los Obispos diocesanos, la Sede Apostólica ha mantenido una atención constante hacia el Ordo virginum, poniéndose al servicio de las Iglesias particulares, para favorecer el renacer y el desarrollo de esta forma de vida, según sus características peculiares.
9. El servicio a la comunión que el sucesor de Pedro ejerce también respecto del Ordo virginum, ha asumido una visibilidad particular con ocasión de los dos primeros encuentros internacionales que han visto reunirse en Roma a vírgenes consagradas procedentes de numerosos países. De San Juan Pablo II en 1995[15] y de Benedicto XVI en 2008[16], las vírgenes consagradas han recibido preciosas enseñanzas para orientarse en su camino.
Un tercer encuentro internacional tuvo lugar en el 2016, cuando las vírgenes consagradas del mundo entero fueron invitadas a Roma para participar en las Jornadas conclusivas del Año de la Vida Consagrada convocado por el Papa Francisco. Bajo la guía del sucesor de Pedro, que invitó a las personas consagradas de todas las formas de vida, a redescubrir los fundamentos comunes de la vida consagrada, se ha evidenciado cómo el ca-
racterístico arraigo del Ordo virginum en las Iglesias particulares, se armoniza con la experiencia de comunión que las vírgenes consagradas experimentan en el horizonte de la Iglesia universal, participando de la única misión eclesial.
10. En los últimos años, desde varias partes del mundo se ha pedido a este Dicasterio que ofrezca indicaciones para orientar a los Obispos diocesanos en la aplicación de las normas del Pontifical Romano implícitas en el canon 604 del Código de Derecho Canónico, así como en la definición de una disciplina más completa y orgánica que, según los principios comunes del derecho de la vida consagrada en sus diversas formas, especifique las peculiaridades del Ordo virginum.
La presencia renovada de esta forma de vida en la Iglesia, cuya reaparición se vincula estrechamente al evento del Concilio Vaticano II, y la rapidez de su crecimiento en tantas Iglesias particulares, justifica se responda a estas demandas, para que sea custodiada la identidad específica del Ordo virginum, con la necesaria adaptación a los diversos contextos culturales.
La presente Instrucción establece los principios normativos y criterios orientativos que los Pastores de cada Diócesis y cada Iglesia particular asimilada a la Diócesis deben aplicar en la atención pastoral del Ordo virginum.
Después de indicar el fundamento bíblico y los elementos característicos de la vocación y del testimonio de las vírgenes consagradas (Primera parte), la Instrucción trata sobre la configuración específica del Ordo virginum en la Iglesia particular y en la Iglesia universal (Parte segunda), para luego detenerse sobre el discernimiento vocacional y los itinerarios para la formación previa a la consagración y la formación permanente (Parte tercera).
I.
LA VOCACIÓN
Y EL TESTIMONIO
DEL ORDO VIRGINUM
El fundamento bíblico de la virginidad consagrada
11. Sed fecundos y multiplicaos fue el mandato del Creador dado a la primera pareja (Gn 1, 28) y reafirmado a Noé y a sus hijos (Gn 9, 1.7). De este mandato está impregnada profundamente la mentalidad hebrea y todas las páginas del Antiguo Testamento, conectado a la promesa de una posteridad numerosa y al cumplimiento de los tiempos mesiánicos. El matrimonio, posiblemente próspero en hijos, aparece por tanto como la forma ideal de todo israelita piadoso y un estilo de vida diferente resulta extraño a la mentalidad bíblica.
En el Pentateuco y en los Libros históricos la abstención sexual es requerida solo como condición temporal de desapego de lo que es profano, para acceder a la esfera de la santidad de Dios: por ejemplo para prepararse al encuentro con el Señor en el Sinaí (Ex 19, 15), o a la guerra contra el enemigo del Señor (1 S 21, 2-7), o durante el servi-
cio cultual de parte de los levitas (Lv 22, 1-9), o para poder participar en una comida sagrada (1 S 21, 5). La virginidad es estimada como una cualidad positiva solo en relación al futuro matrimonio y con referencia explícita a la condición de la mujer (Dt 22, 13-21), en cuanto representa la intimidad reservada al esposo. En particular, al sumo sacerdote se le impone desposarse con una virgen por razones de pureza ritual (Lv 21, 10-14). La virginidad perpetua, en cambio, era considera una gran humillación (como la hija de Jefté en Jc 11, 37), mientras la esterilidad física es soportada con gran sufrimiento moral (como Raquel en Gn 30, 23; Ana en 1 S 1, 11; Isabel en Lc 1, 25).
12. La exaltación del amor esponsal – que alcanza su cúspide poética en el Cantar de los Cantares – en los libros sapienciales, se fundamenta en el ideal de la vida familiar heredada de la tradición, contemplado en su belleza (por ejemplo: Sal 127, 3-5; 128, 1-3; Eclo 25, 1) y replanteado en óptica moral y pedagógica (por ejemplo: Prov 5, 15-19; Eclo 7, 23-28; 9, 1.9). La virginidad es apreciada como virtud de la mujer, guardada y respetada con vistas al matrimonio, en cuanto prueba de su rectitud y del honor de su familia (Jb 31, 1; Eclo 9, 5; 42, 10), hasta el punto que, personificando la Sabiduría divina, el libro del Sirácide la describe como virgen esposa que se entrega a los que temen al Señor (Eclo 15, 2). Y porque la virtud es agradable a Dios, también aparece la intuición viendo en las buenas obras una fecundidad espiritual que redime de la mortalidad incluso a la mujer estéril, al imposibilitado para constituir una familia o está privado de descendencia (Sab 3, 13-14; 4, 1).
13. A partir de la predicación de Oseas – estrechamente ligada a su sufrida experiencia personal –, la metáfora nupcial aparece en los Libros proféticos para dar prominencia a la total gratuidad de la elección y a la incansable fidelidad por parte de Dios (Os 1-2; Ez 16; 23), mientras el pueblo cede a la seducción de otras divinidades y de sus cultos. En este marco simbólico, muchas veces todo el pueblo de Dios es comparado o personificado con la figura de una virgen: bien, para denunciar la idolatría que lo expone al riesgo de desaparecer, como una virgen que muere sin descendencia (Am 5, 2), bien para dar voz al lamento por su ruina (Lm 2, 13), bien para invitarlo al arrepentimiento (Jr 31, 21). Pero a veces, también, para hacer resonar la promesa de la redención con la que Dios rescatará a Israel de la devastación y del abandono y así encontrar la alegría de reconocerse amado con amor eterno (Jr 31, 4.13; Is 62, 5).
También el celibato de Jeremías – el único a quién Dios ordena explícitamente no tomar mujer – constituye un anuncio profético del castigo que está por abatirse sobre el pueblo (Jr 16, 2). Es un instrumento expresivo de la palabra de Dios, un símbolo de muerte o mejor, una personificación dolorosa del mensaje del juicio que anuncia la destrucción inminente como castigo por la infidelidad del pueblo a Dios.
14. En el pensamiento rabínico el célibe es considerado un hombre sin protección, sin alegría, sin bendición (Bereshit Rabba 17, 2) que se parece a « uno que desparrama sangre » o que disminuye la imagen divina (Tratado Yevamol del Talmud de Babilonia 63b). Sin embargo, entre los rabinos y algunos grupos religiosos como los esenios y los terapeutas y la conocida comunidad de Qumran, aparecen excepciones.
En los umbrales del Nuevo Testamento encontramos además la figura de Juan el Bautista que se define amigo del Esposo (Jn 3, 29) y con su vida ascética y de predicación prepara la venida del Mesías y la llegada del Reino de Dios.
15. En el Nuevo Testamento el celibato entra en escena y se presenta como profecía encarnada del ya y todavía no del Reino de Dios, que tiene su origen y razón de ser
justo en la novedad de la irrupción del Reino en la historia. Desde el momento que el Reino de Dios en los Evangelios se identifica con la predicación, las obras y la misma persona de Jesús, la motivación del celibato asume un carácter fuertemente cristocéntrico. Los Evangelios de la infancia de Mateo (1, 18-25) y sobre todo de Lucas (1, 26-38) presentan la novedad de la virginidad (carnis y cordis) de la madre de Jesús, signo visible de la encarnación invisible del Hijo de Dios y expresión esponsal de la alianza con Dios, a la que es llamado todo el pueblo de los creyentes. Los Evangelios nos presentan además a Jesús como predicador itinerante que, libre de cualquier atadura (Mt 8, 19-20), manifiesta la urgencia del Reino ya presente y llama a la fe y a la conversión. El estilo itinerante de Jesús comporta, de hecho, una constante separación de lugares y personas y no se adapta a la necesidad de una vida familiar, donde el interés de un miembro está fuertemente unido al interés de los demás miembros, de modo que se origina una solidaridad fuerte y la política de los parentescos.
Aunque hay varias referencias a los familiares de Jesús, en los Evangelios nunca aparece una alusión a una mujer o a unos hijos (Mc 3, 31-32; 6, 3; Jn 6, 42; Hch 1, 14). Jesús, de hecho, llama hijos o hijitos a sus discípulos (tékna, Mc 10, 24; teknía, Jn 13, 33; paidía, Jn 21, 5), permitiendo captar la realidad de una filiación espiritual. Con ocasión de la visita de los familiares que vienen a verlo (Mt 12, 47; Mc 3, 31; Lc 8, 20) o incluso a buscarlo y llevarlo a casa (Mc 3, 21), Él anuncia la constitución de su nueva familia, que no se funda en los vínculos de la sangre, sino en una realidad espiritual expresada mediante el deseo de cumplir la voluntad de Dios (Mt 12, 50; Mc 3, 31-35) o de escuchar la palabra del Dios y ponerla en práctica (Lc 8, 21). Este nacimiento ulterior o renacimiento en el Espíritu, que va más allá de la carne y de la sangre, también está atestiguado en el Prólogo de San Juan (Jn 1, 12-13) y con ocasión del diálogo entre Jesús y Nicodemo (Jn 3, 3-8).
Jesús abraza libremente una vida sin lazos ni obligaciones familiares, para poder dedicarse plenamente al anuncio del Reino y a la realización del designio de amor del Padre para la humanidad. La libertad radical de los lazos que Jesús encarna, la requiere también para aquellos que le siguen: Él pide dejar (afíemi, en los tres sinópticos) todo (panta : Mt 19, 27; Mc 10, 28) o los bienes (ta idia : lo íntimo, la propia intimidad, Lc 18, 28) y esto supone dejar, además de padres, hermanos, hermanas, también mujer (gyne-´: Lc 18, 29) o hijos (tékna : Mt 19, 29; Mc 10, 29; Lc 18, 29). A sus discípulos habla de eunuchia como condición absolutamente nueva, para ser entendida no como mortificación o actitud de desprecio hacia la mujer, sino como un don particular concedido por Dios a aquellos que son llamados.
Recordemos el famoso logion: No todos comprenden estas palabras, sino solo aquellos a quienes se les ha concedido (Mt 19, 11). Desde el punto de vista gramatical la expresión a quienes se les ha concedido (dédotai) corresponde a un pasivo divino y significa: aquellos a quienes Dios lo ha otorgado. Solo aquellos que entran en la comprensión del misterio del Reino inaugurado por Cristo pueden entender este don que requiere una opción voluntaria, libre, y tiene una motivación de orden teológico y escatológico, al ser por el Reino de los cielos (Mt 19, 12).
Así el celibato se presenta como una opción libre, que tiene lugar también en ese espacio relacional que es el cuerpo, y con el cual se responde al Dios del amor que llama y se revela en el rostro de Cristo[17]. No es evadirse de la relación, ni fruto de un esfuerzo inhumano, sino don que pertenece al dinamismo de la transfiguración del vínculo que distingue el estilo inaugurado por Jesús: la fraternidad evangélica, base de una humanidad reconciliada y fundamento de la koino-nía en la que se basa la vida de la Iglesia[18].
El anuncio del Reino abre así a los discípulos una situación escatológica nueva, ante la cual todo pasa a un segundo plano (Mt 10, 37; Lc 14, 26; Mt 19, 27-29; Mc 10, 28-30; Lc 18, 29). En Mt 22, 23-33; Mc 12, 18-27 y Lc 20, 27-40, donde se habla de la condición escatológica de los resucitados, se muestra, de hecho, cómo la opción por el celibato y la virginidad por Cristo y el Evangelio sitúa ya a los discípulos – con una función simbólica y anticipada – en la realidad del Reino[19].
16. Escribiendo a los Corintios, Pablo presenta junto al matrimonio la virginidad, no como un mandato, sino como un consejo (1 Cor 7, 25), una llamada personal de Dios, un carisma (1 Cor 7, 7). La caracteriza como el estado de vida que permite una mayor dedicación al Señor (1 Cor 7, 32-35), testimonio de la no pertenencia de los cristianos a este mundo, signo de la tensión de la Iglesia hacia la meta final y anticipo del estado de resurrección (1 Cor 7, 29.31). El acento no está puesto sobre el estado físico, sino en la dedicación total de la persona a Cristo y su servicio por el Reino. En tal sentido, la comunidad en sí misma es, a los ojos de Pablo, la virgen, que él, en calidad de padre, ha prometido a Cristo para que, custodiando íntegra la fe suscitada por la predicación apostólica, dirija a Él todas sus energías y su dedicación (2 Cor 11, 2-4).
En la Jerusalén celeste todos los elegidos son llamados vírgenes (Ap 14, 4) expresión de su fidelidad a la alianza, de su no estar contaminados con los ídolos. En el libro del Apocalipsis la virginidad aparece como signo del reconocimiento de la pertenencia a la ciudad celeste, a la esposa del Cordero (Ap 21, 2.9).
Si Jesús, el consagrado por excelencia, vive su consagración no en términos de separación de lo profano o desde lo impuro cumpliendo las prescripciones legales, sino desde la acogida del cuerpo que el Padre le ha dado y de don de sí mismo en la cruz, su cuerpo es lugar concreto y signo de realización de su consagración al designio del Padre (Hb 10, 5-10). Así sucede también a quien inicia el camino del celibato o virginidad: el cuerpo se hace palabra, anuncio de pertenencia total al Señor y de servicio alegre a hermanos y hermanas.
17. La virginidad cristiana se sitúa así en el mundo como signo manifiesto del reino futuro porque su presencia revela la relatividad de los bienes materiales y la transitoriedad del mundo. En este sentido, como el celibato del profeta Jeremías, la virginidad es profecía del fin inminente, pero al mismo tiempo, en virtud del vínculo esponsal con Cristo, anuncia también el inicio de la vida del mundo futuro, el mundo nuevo según el Espíritu. El signo, así como sucede en la visión bíblica, no es una referencia puramente convencional o la imagen pálida de una realidad lejana, sino la realidad misma en su manifestación incipiente. En el signo está implícita, aunque escondida, la realidad futura.
La virginidad consagrada se sitúa, por tanto, en el horizonte de una esponsalidad, que no es teogámica (es decir, de matrimonio con la deidad) sino teologal, es decir, bautismal, porque se trata del amor esponsal de Cristo por la Iglesia (cf. Ef 5, 25-26). Se trata de una realidad salvífica sobrenatural y no sólo humana, que no puede ser explicada con la lógica de la razón sino con la fe, porque – como recuerda la Escritura – El que te hizo, te toma por esposa (Is 54, 5). Es una de las grandes obras del orden nuevo inaugurado con la Pascua de Cristo y la efusión del Espíritu, experiencia difícil de comprender para el hombre carnal y comprensible solo para aquellos que se dejan instruir por el Espíritu de Dios (cf. 1 Cor 2, 12-13).
El carisma y la vocación
18. Las mujeres en las que el Espíritu suscita el carisma de la virginidad (Mt 19, 11-12) reciben la gracia de una vocación singular, por la que Dios las atrae hacia el corazón de la alianza nupcial (Ap 19, 7-9) que en su eterno designio de amor ha querido establecer con la humanidad y que se ha realizado en la Encarnación y en la Pascua del Hijo.
Éste es el misterio grande (Ef 5, 32) que se actualiza en la Iglesia, la Esposa a quien Cristo se entregó, para que fuera santa e inmaculada (Ef 5, 25-27), sacramento de comunión de Dios con los hombres[20]. De este misterio nupcial, en el que todos los bautizados están inmersos, los matrimonios cristianos reciben la gracia del sacramento que los fortalece en su unión (Ef 5, 28-29).
Por su particular vocación, también las mujeres que en la Iglesia reciben la consagración virginal participan de este misterio: por amor a Cristo, sumamente amado, renuncian a la experiencia del matrimonio humano, para unirse a Él por un vínculo esponsal, para experimentar y testimoniar en la condición virginal (1 Cor 7, 34) la fecundidad de esa unión, y anticipar la realidad de la comunión definitiva con Dios a la que toda la humanidad está llamada (Lc 20, 34-36).
El propositum, la consagración y el estado de vida
19. Esta realidad espiritual se significa y se hace operativa en la celebración litúrgica de la consecratio virginum, con la que la Iglesia implora sobre las vírgenes la gracia de Dios y la efusión del Espíritu Santo[21].
Durante el rito las consagradas expresan el sanctum propositum, es decir, la firme y definitiva voluntad de perseverar por toda la vida en la castidad perfecta y en el servicio de Dios y de la Iglesia, siguiendo a Cristo como propone el Evangelio para dar al mundo un testimonio vivo de amor y ser signo explícito del Reino futuro[22].
El propositum de las que se consagran es acogido y confirmado por la Iglesia mediante la solemne plegaria del Obispo, quien invoca y obtiene para ellas la unción espiritual que establece el vínculo esponsal con Cristo y las consagra a Dios con un nuevo título[23].
De esta manera las vírgenes son personas sagradas, signo sublime del amor de la Iglesia por Cristo, imagen escatológica de la Esposa celeste y de la vida futura[24]. La pertenencia exclusiva a Cristo, ratificada por el vínculo nupcial, mantiene en ellas la vigilante espera del retorno del Esposo glorioso (Mt 25, 1-13), las vincula de modo peculiar a su sacrificio redentor, y las destina a la edificación y a la misión de la Iglesia en el mundo (Col 1, 24).
20. En la vida de las vírgenes consagradas se refleja la naturaleza de la Iglesia, animada por la caridad tanto en la contemplación como en la acción; discípula y misionera; proyectada al cumplimiento escatológico y al mismo tiempo participe de los gozos, esperanzas, tristezas y angustias de los hombres de su tiempo[25], sobre todo de los más pobres y débiles; inmersa en el misterio de la trascendencia divina y encarnada en la historia de los pueblos.
Por esta razón, la consagración establece una relación de comunión especial con la Iglesia particular y universal[26], definida por un vínculo peculiar, que determina la adquisición de un nuevo estado de vida y las introduce en el Ordo virginum[27].
La configuración institucional y la atención pastoral de esta forma de vida tienen, pues, como mediación necesaria el ministerio del Obispo diocesano o, en una Iglesia particular similar a la Diócesis[28], el ministerio del Pastor que la preside, en comunión con el Sucesor de Pedro.
La fisonomía espiritual
21. Como toda vocación cristiana, la vocación de las vírgenes consagradas en el Ordo virginum es experiencia dialogal entre la gracia divina y la libertad humana. La entrega de sí misma está precedida, sostenida y cumplida por la iniciativa libre y gratuita de Dios, sobre el fundamento de la vocación bautismal y en la trama generativa y fraterna de las relaciones eclesiales[29]. Puede sólo ser entendida desde la unidad radical del pueblo de Dios, derivada del único Espíritu y fundada sobre los apóstoles, que resplandece en la variedad de los carismas y de los ministerios, complementarios todos entre sí y capaces
de contribuir a la única misión de la Iglesia (Rm 12, 4-5).
22. Como en la más antigua tradición eclesial, la fisonomía espiritual de las consagradas pertenecientes al Ordo virginum se caracteriza por el arraigo en la Iglesia particular, reunida alrededor del Obispo su pastor, y está delineada, especialmente en el rito de consagración, teniendo como referencia primordial el modelo de la Iglesia virgen por la integridad de la fe, esposa por la unión indisoluble con Cristo, madre por la multitud de hijos generados a la vida de la gracia[30].
Virginidad, esponsalidad y maternidad[31] son tres perspectivas que permiten describir la experiencia espiritual de las vírgenes consagradas: no significan características yuxtapuestas o sumadas unas a otras, se refieren a dinámicas espirituales realizadas una en la otra y asentadas en las coordenadas fundamentales de la vida bautismal, por las que las consagradas son hijas de la Iglesia y hermanas unidas a todos los hombres y a todas las mujeres por vínculos de fraternidad.
23. La virginidad de las consagradas encuentra fundamento y significado en la fe de la Iglesia: en efecto, es vivida a la luz de Cristo y por amor a Él, y remite a la acogida integral, sin límites y sin compromisos de la revelación trinitaria, que en Él se ha realizado de forma definitiva[32]. Expresa la confianza absoluta en el Señor Jesús, que alcanza a la persona en el corazón de su humanidad, en su soledad originaria, justamente allí donde está impresa indeleblemente la imagen de Dios y la semejanza a Él, y donde, a pesar de las caídas y de las heridas del pecado, es posible renovar la vida según el Espíritu. El carisma de la virginidad, acogido por la mujer y confirmado por la Iglesia mediante la consagración, es don proveniente del Padre, por el Hijo, en el Espíritu: protege, purifica, sana y eleva la capacidad de amar de la persona, reconduciendo a unidad cada fragmento
de su historia y las diversas dimensiones de su humanidad – espíritu, alma y cuerpo –, para poder corresponder a la gracia, con la entrega total, libre y gozosa de su vida.
24. Por ello, la virginidad cristiana es experiencia de unión esponsal íntima, exclusiva, indisoluble con el Esposo divino que se entregó a la humanidad sin reservas y por siempre, y de este modo adquirió un pueblo santo, la Iglesia. Inscrita en la criatura humana como capacidad de vivir la comunión en la diferencia entre hombre y mujer, para la virgen consagrada la esponsalidad es experiencia de la trascendencia y de la sorprendente benevolencia de Dios; la consagración se realiza mediante el pacto de alianza y fidelidad que une la virgen al Señor en bodas místicas, participando plena y profundamente en sus sentimientos y conformándose a su voluntad de amar.
25. La unión esponsal revela así su capacidad generadora, en la que se manifiesta la sobreabundancia de gracia divina[33]. Imitando a la Iglesia, de la que son hijas, las vírgenes consagradas se abren al don de la maternidad espiritual, cooperando con el Espíritu. La maternidad espiritual es el don de una interioridad fecunda y acogedora, que en la relación con los demás se hace guardiana premurosa y atenta de la dignidad humana; es sabiduría pedagógica que trata de ofrecer las condiciones favorables para el encuentro con Dios, introduce y acompaña el camino por las sendas del Espíritu.
26. La más espléndida y armónica integración de virginidad, esponsalidad y maternidad se ha realizado en la persona de la Virgen María[34], primicia de la humanidad renovada en Cristo, icono perfecto de la Iglesia misterio de comunión, mujer en la que se ha realizado ya el destino de gloria al que toda la humanidad está llamada, « madre del Evangelio viviente »[35]. En la Kecharitoméne
– la Llena de gracia (Lc 1, 28) – la Iglesia ha reconocido siempre la Virgo virginum, el prototipo insuperable de la virginidad consagrada[36]. María es por esto madre, hermana y maestra de las vírgenes consagradas. En Ella las consagradas encuentran el modelo de
las actitudes del corazón: escucha y acogida de la Palabra de Dios (Lc 8, 21); en la búsqueda activa de su voluntad, en la peregrinación de la fe (Jn 2, 1-5)[37] « hacia un destino de servicio y fecundidad »[38]; en su disponibilidad total y gratuita a cumplir el proyecto de Dios, « contemplativa del misterio de Dios en el mundo, en la historia y en la vida cotidiana de cada uno y de todos »[39]; en su maternidad virginal (Lc 1, 38); en su capacidad de ser « mujer orante y trabajadora en Nazaret […] nuestra Señora de la prontitud,
que sale de su pueblo para ayudar a los otros “sin demora” (Lc 1, 39) »[40]; en su estar al pie de la cruz esperando contra toda esperanza (Jn 19, 25); en su cuidado de la Iglesia naciente (At 1, 14).
La forma de vida
Seguimiento evangélico y carismas personales
27. Las consagradas encuentran en el Evangelio la fuente inagotable del gozo que da sentido a la vida, la orientación de su camino y su regla fundamental[41]. Siguiendo a Cristo, abrazan su estilo de vida casta, pobre y obediente[42], y se dedican a la oración, la penitencia, las obras de misericordia y al apostolado, cada una según su situación y carisma[43].
Ya que en el Ordo virginum, la vocación de la virginidad se armoniza con los carismas que dan forma concreta al testimonio y al servicio eclesial de cada consagrada[44], dentro del mismo van madurando, como expresión de una total y plena dedicación al Señor, diferentes sensibilidades, intuiciones espirituales, proyectos y estilos de vida[45].
28. Para que se puedan reconocer, acoger y vivir los carismas personales en su autenticidad, las consagradas se dejan acompañar y sostener por la Iglesia en la acción constante de un discernimiento humilde, con el fin de comprender cuál es la voluntad de Dios para su vida (Rm 12, 2). Se trata de interpretar con inteligencia y sabiduría evangélica, la experiencia espiritual de cada consagrada, teniendo en cuenta su historia y el concreto contexto eclesial y social en que vive.
Entre las ayudas que la Iglesia recomienda para el discernimiento, las consagradas no descuidan el acompañamiento espiritual[46]. El diálogo sincero, dócil y maduro con una persona prudente y experimentada que ejerza este ministerio, ofrece a cada una, preciosas ocasiones para profundizar, verificar, confirmar, y propone herramientas cualifi-
cadas para crecer en la respuesta al Señor, que llama a la santidad en la armonía de la persona.
En continuidad con el itinerario de discernimiento vocacional que ha llevado a la admisión a la consagración, para los aspectos más importantes de su proyecto de vida las consagradas se confrontan con el Obispo diocesano, en actitud de obediencia filial y evalúan con él las opciones que han tomado[47].
Oración y camino de ascesis
29. La oración es para las consagradas una exigencia de amor para « contemplar la belleza de Aquel que las ama »[48], y de comunión con el Amado y con el mundo donde están establecidas.
Por esto, aman el silencio contemplativo[49], que crea las condiciones favorables para escuchar la Palabra de Dios y conversar con el Esposo de corazón a corazón. Ansiosas
de profundizar en su conocimiento y el diálogo de la oración, adquieren familiaridad con la revelación bíblica, sobre todo con la lectio divina y de estudio profundo de las Escrituras[50].
30. Reconocen en la liturgia la fuente primordial de la vida teológica, de la comunión y misión eclesial, y dejan que su espiritualidad tome forma a partir de los Sacramentos y la Liturgia de las Horas siguiendo el ritmo del año litúrgico, de forma que encuentren unidad y orientación también las otras prácticas de oración, el camino de ascesis y su vida entera.
31. El año litúrgico es la “vía maestra” para las vírgenes consagradas, que hay que recorrer junto a los hermanos para caminar al encuentro de Cristo Esposo. Se dejan conducir por la pedagogía de la Iglesia que les guía en la comprensión, celebración y asimilación, cada vez más profunda, del misterio de Cristo.
32. Ponen en el centro de su vida la Eucaristía, sacramento de la Alianza esponsal de la que brota la gracia de su consagración[51]. Llamadas a vivir en intimidad con el Señor, la empatía y la conformación con Él, en la participación posiblemente cotidiana de la celebración eucarística reciben el Pan de vida de la Palabra de Dios y el Cuerpo de Cristo[52].
Manifiestan el amor de la Iglesia esposa por la Eucaristía también en la adoración del Cuerpo eucarístico del Señor, y de Él sacan la caridad activa hacía los miembros de su Cuerpo místico.
33. La celebración frecuente del sacramento de la Reconciliación les « permite palpar la grandeza de la misericordia », es « fuente de verdadera paz interior »[53], y les lleva al único Amor de su vida. Recurriendo con confianza al ministerio de la Iglesia, celebran y alaban el amor de Dios que previene y sana, reconocen sus culpas, renuevan la profesión de fe en su misericordia y gustan el gozo del perdón, que les da nuevo vigor en el camino de conversión y fidelidad al Señor[54].
34. Por la fidelidad cotidiana al Oficio divino, que han recibido como don y han asumido como compromiso en el rito de la consagración, prolongan en el tiempo la memoria de la salvación y dejan que la extraordinaria riqueza del misterio pascual influya y se extienda sobre cada hora de sus vidas. En la celebración de la Liturgia de las Horas, en particular de Laudes y Vísperas[55], dejan resonar en sí mismas y asimilan los sentimientos de Cristo, unen sus voces a la de la Iglesia y presentan al Padre el grito de júbilo y de dolor, a menudo inconsciente, que se eleva de la humanidad y de toda la creación.
35. Profundizan y reavivan la relación con el Señor Jesús reservando tiempos oportunos a los retiros y a los ejercicios espirituales. Valoran también formas y métodos de oración que pertenecen a la tradición de la Iglesia, incluyendo piadosos ejercicios y otras expresiones de la piedad popular.
Cultivan una devoción, llena de afecto y confianza filial, a la Virgen María, « maestra de la virginidad »[56], modelo y patrona de toda vida consagrada[57], de quien aprenden cada día a alabar al Señor.
36. Movidas por el deseo de corresponder al amor del Esposo con un amor cada vez más puro y generoso, obtienen de la oración inspiraciones para sus decisiones; ejercitan constante vigilancia de sus propios comportamientos y actitudes; aceptan con serenidad los sacrificios que impone la vida diaria; luchan contra las tentaciones, los pensamientos, las sugestiones y las sendas que llevan al mal; aprenden a recibir con humildad la ayuda de la corrección fraterna.
Acogen las prácticas penitenciales que la Iglesia propone y, de acuerdo con el acompañante espiritual, cada una concreta las formas o prácticas ascéticas[58] que le ayudan a crecer en libertad y virtud evangélica, en una actitud de discernimiento y conversión[59] que dura toda la vida[60].
Condiciones de vida y estilo de proximidad y servicio
37. Un rasgo característico de esta forma de vida es el arraigo de las consagradas en la Iglesia particular y, por consiguiente, en un determinado contexto cultural y social: la consagración las reserva para Dios sin hacerlas ajenas al ambiente donde viven y están llamadas a realizar su propio testimonio[61].
Pueden vivir solas, en familia, junto a otras consagradas o en otras situaciones favorables a la expresión de su vocación, que les permitan vivir concretamente su proyecto de vida. Se procuran su sustento con los frutos de su trabajo y los recursos personales.
38. Deseosas de irradiar la dignidad y belleza de su vocación según un estilo de cercanía a la gente de su tiempo, en la manera de vestir guardan las costumbres del ambiente en que viven, conjugando el decoro y la expresión de su personalidad con el valor de la sobriedad, según las exigencias de su condición social[62].
Salvo excepciones motivadas, llevan el anillo recibido durante el rito de consagración como signo de la alianza esponsal con Cristo Señor.
En los lugares donde las mujeres cristianas casadas no se suelen cubrir la cabeza con un velo, por norma no llevan como elemento ordinario de su manera de vestir el velo, que pudieron recibir durante el rito de consagración, y se atienen a las indicaciones del Obispo diocesano o de las Conferencias Episcopales, que, al tener en cuenta los distintos contextos y la evolución de las condiciones socioculturales, pueden admitir el uso del velo en las celebraciones litúrgicas o en otras situaciones en las que resulte apropiado el uso de este signo visible de su total dedicación al servicio de Cristo y de la Iglesia.
39. Su entrega a la Iglesia se manifiesta al reconocerse « marcada a fuego » por la « misión de iluminar, bendecir, vivificar, levantar, sanar, liberar »[63], en la pasión por el anuncio del Evangelio, para la edificación de la comunidad cristiana y para su testimonio profético de comunión fraterna, de amistad ofrecida a todos, de proximidad atenta a las necesidades materiales y espirituales de los hombres de su tiempo, del compromiso en buscar el bien común de la sociedad[64].
Esto les lleva a discernir las formas concretas de su servicio eclesial que pueden expresarse en la disponibilidad para asumir ministerios y trabajos pastorales.
En esta línea, dado que la inteligencia del misterio de Cristo facilita la comprensión de los ministerios de la Iglesia, es importante que madure en ellas, en la oración y la meditación, así como en la experimentación concreta, una conciencia ministerial profunda y correcta, respetuosa de la misteriosa sabiduría evangélica y eclesial, que también se expresa en las disposiciones de los Obispos diocesanos y las Conferencias Episcopales.
Al educarse en la escuela de esta sabiduría, aprenderán a aceptar, también a través de la experiencia, tanto las sugerencias que surgen de la vida de la Iglesia, que es misterio y comunión, como « todas las posibilidades cristianas y evangélicas escondidas, pero a su vez ya presentes y activas en las cosas del mundo »[65], para reconocer de este modo las nuevas oportunidades que forman una nueva conciencia ministerial, correspondiente a la capacidad efectiva de su generosa entrega.
Atentas a captar las llamadas que vienen del contexto en que viven, y dispuestas a poner a disposición del Señor los dones que de Él han recibido, son convocadas a dar su aportación para renovar la sociedad según el espíritu del Evangelio, aceptando, sin ingenuidad ni reduccionismos, el compromiso de la elaboración cultural de la fe y asumiendo como propia la predilección de la Iglesia por los pobres, los que sufren y los marginados[66].
40. Conscientes de estas responsabilidades, optan por la actividad laboral según sus actitudes, inclinaciones y posibilidades efectivas, reconociendo en ella una modalidad concreta por la que testimonian que Dios llama a la humanidad a colabore en su-obra creadora y redentora, para hacerla íntimamente partícipe del amor con el cual atrae hacia sí al mundo y la historia entera.
En las gratificaciones y fatigas que el trabajo conlleva, las consagradas armonizan la capacidad de contemplar y promover el sentido más originario y profundo de la actividad humana: contribuir a que el mundo sea una casa acogedora para todos, abierta a la manifestación del Reino de Dios. Para ello se comprometen a que en el ámbito laboral se hagan realidad las « múltiples formas de desarrollo personal » que conllevan « creatividad, proyección de futuro, desarrollo de las capacidades, el ejercicio de los valores, la comunicación con los demás, una actitud de adoración »[67], tratando de adquirir una profesionalidad competente, actualizada y responsable, y contrastando todo lo que degrada y oscurece la dignidad del quehacer humano.
41. Se dejan educar a la gratitud por la obra de Dios[68], a la contemplación rica de alabanza, al gusto de la belleza, al sentido de la fiesta y del descanso[69], al cuidado de todas las dimensiones de la persona.
Aprenden del Esposo, manso y humilde de corazón (Mt 11, 29), a vivir en la esperanza y en el abandono en Dios, también cuando avanzan en edad a través de las distintas etapas sucesivas de la vida, la enfermedad, el sufrimiento moral, u otras situaciones en que experimentan el drama, la fragilidad y la precariedad de la existencia[70].
Acogiendo hasta el final el amor esponsal del Crucificado y Resucitado, en Él confían para vivir también en la muerte el sentido pascual de la existencia.
Con su consagración recuerdan a todos que el origen, el sentido y el destino de la historia humana se encuentran en el misterio santo de Dios, en su bondad infinita, previsora y misericordiosa, en el amor del cual desea que participen todas las criaturas.
II.
La configuración
del Ordo virginum en las
iglesias particulares
y en la iglesia universal
Arraigadas en la Diócesis
42. Llamadas a reflejar en su vida la caridad que es el principio de unidad y santidad del cuerpo de la Iglesia, las mujeres que reciben esta consagración permanecen radicadas en la porción del pueblo de Dios donde ya viven y donde ha tenido lugar el discernimiento vocacional y la preparación a la consagración. Están unidas a esta Iglesia por un vínculo especial de amor y recíproca pertenencia.
En sus diversos componentes, la Iglesia particular está llamada a acoger la vocación de las consagradas, a acompañar y sostener su camino, reconociendo que la consagración virginal y los carismas personales de cada consagrada son dones para la evangelización, la edificación de la comunidad y la misión eclesial.
43. Las consagradas cultivan el sentimiento de agradecimiento por los dones que
– en la comunión de los santos –, han recibido y siguen recibiendo a través de la vida de la Iglesia particular en la que viven: la fe en el Señor Jesús, la consagración virginal, el compartir una historia de santidad encarnada en una tradición espiritual desarrollada con relación a la cultura y a las instituciones de una concreta comunidad humana, que habita un determinado territorio.
Prestan una atención constante al magisterio del Obispo diocesano y se dejan interpelar por sus opciones pastorales, con el fin de acogerlas de forma responsable, con inteligencia y creatividad.
Llevan a su oración las necesidades de la Diócesis y en particular las intenciones del Obispo.
Reconocen como don del Espíritu el testimonio de las otras vocaciones que enriquecen la vida de la comunidad cristiana y valoran las ocasiones de edificación recíproca y de cooperación pastoral, misionera y caritativa[71].
Con su sensibilidad femenina[72] ofrecen una preciosa contribución de experiencia y reflexión al discernimiento evangélico de la comunidad cristiana acerca del modo de hacerse presente y actuar en su contexto social concreto.
Comunión y corresponsabilidad en el Ordo virginum diocesano
44. La pertenencia al Ordo virginum supone un fuerte vínculo de comunión entre todas las consagradas presentes en la Diócesis. Se reconocen unas a otras como las hermanas más próximas con quienes comparten la misma consagración y una pasión ardiente por el camino de la Iglesia. Por eso, acogen como un don el espíritu de comunión y se comprometen a hacerlo crecer cultivando
el aprecio mutuo, valorando los dones de cada una, promoviendo la amistad y la atención a situaciones particulares de necesidad (Rm 12, 10.13.15-16). Mantienen viva la unión con las hermanas difuntas a través de la oración y guardan memoria de su testimonio de amor y fidelidad al Señor.
45. Las consagradas participan activamente en las iniciativas de formación de acuerdo con el Obispo y colaboran, en la medida de lo posible, en la formación de las aspirantes y de las candidatas a la consagración.
Teniendo en cuenta el número de consagradas y las circunstancias concretas, establecen con el Obispo diocesano las modalidades para vivir un servicio de comunión que favorezca el conocimiento recíproco y una conexión estable entre ellas, promueva el ejercicio de la corresponsabilidad con estilo sinodal[73] y de continuidad y organicidad a las iniciativas comunes, sin establecer vínculos de subordinación jerárquica entre las consagradas.
Para articular el servicio de comunión, se podrá instituir también un servicio o un equipo para el discernimiento vocacional y la formación previa a la consagración y un servicio o equipo para la formación permanente.
Responsabilidad del Obispo diocesano
46. Es competencia del Obispo diocesano acoger como don del Espíritu las vocaciones a la consagración en el Ordo virginum, promoviendo las condiciones para que el arraigo de las consagradas en la Iglesia que le ha sido confiada contribuya en el camino de santidad del pueblo de Dios y en su misión.
En continuidad con la antigua tradición eclesial, el Ordo Consecrationis virginum diseña la figura del Obispo diocesano, no solo en su tarea de sacerdote dispensador de la gracia divina[74], sino también como maestro que indica y confirma el camino de la fe[75], y como pastor que cuida amorosamente de las personas que le han sido confiadas[76].
La solicitud pastoral hacia el Ordo virginum es parte del ministerio ordinario de enseñanza, de santificación, de enseñanza y de gobierno del Obispo diocesano bien sea con las consagradas y las mujeres que aspiran a recibir la consagración, bien sea con respecto al Ordo virginum de su Diócesis, como coetus de personas.
47. Como responsable de la admisión a la consagración, el Obispo diocesano, en base a los elementos de conocimiento de cada candidata, establece las modalidades para seguir un adecuado itinerario formativo y lleva a término el discernimiento vocacional.
Con la celebración de la consagración, el Obispo presenta las consagradas a la comunidad eclesial como signo de la Iglesia Esposa de Cristo. Ya que el Obispo diocesano[77] es el ministro ordinario de la consagración, no será posible celebrarla en tiempos de sede vacante y, solamente en caso de verdadera necesidad, el Obispo diocesano recurrirá a delegar la facultad de celebrarla. Mediante la celebración del rito, aunque celebrado para una sola persona, el Ordo virginum se hace presente en la Iglesia particular, sin la necesidad de otro acto de institución de parte del Obispo.
48. El Obispo diocesano ejerce la atención pastoral a las consagradas, animándolas a vivir con gozosa fidelidad su propia vocación, estando atento a las exigencias del camino de cada una y asegurándose de que dispongan de medios idóneos para la formación permanente.
Sostiene la comunión entre las consagradas y el sentido de corresponsabilidad para la vitalidad de su testimonio eclesial promoviendo ocasiones de encuentro, iniciativas e itinerarios de formación comunes y acordando con las consagradas las modalidades con las que a nivel diocesano puede configurarse el servicio de comunión, teniendo en cuenta las circunstancias concretas. Anima también los contactos y la colaboración con las consagradas de otras Diócesis.
49. Comparte con las consagradas la atención a las consagradas que por edad, razones de salud u otras situaciones de dificultad, atraviesan momentos de grave sufrimiento o tribulación.
Teniendo en cuenta las costumbres y situaciones locales concretas, da indicaciones para que las consagradas aseguren la oración de sufragio por las difuntas, guarden la memoria y su testimonio de fe y de amor al Señor y, en la medida de lo posible, participen en la celebración de las exequias cristianas de las hermanas y compartan la preparación de las mismas con los familiares y las demás personas a ellas allegadas.
50. Aunque el Obispo diocesano haya nombrado un Delegado o una Delegada para la atención pastoral del Ordo virginum, sigue siendo de su competencia la decisión final con relación a los actos de mayor importancia como: la admisión a la consagración; la adscripción en el Ordo virginum diocesano de una consagrada que viene de otra Diócesis; la dispensa de las obligaciones de la consagración; la dimisión del Ordo virginum; la definición de las directrices para la formación previa a la consagración y para la formación permanente; la aprobación de las modalidades de funcionamiento del servicio de comunión para el Ordo virginum diocesano; la institución de fundaciones canónicas para el apoyo y la gestión económica de la actividad del Ordo virginum y la posible autorización para pedir que sea reconocido civilmente; el reconocimiento y la aprobación de los estatutos de las asociaciones diocesanas de vírgenes consagradas, como también la eventual autorización para pedir el reconocimiento civil.
51. El Obispo dará las disposiciones necesarias para que las consagraciones realizadas sean anotadas en un libro propio custodiado en la curia diocesana y sea diligentemente recogida la documentación que corresponde al Ordo virginum. En particular, deberán ser registradas la muerte de las consagradas, las inscripciones y recepciones temporales en el Ordo virginum diocesano de consagradas provenientes de otras Diócesis, el traslado temporal o definitivos de consagradas a otras Diócesis, el paso a un Instituto de Vida Consagrada, la concesión de dispensa de las obligaciones de la consagración, la dimisión del Ordo virginum. También se guardará la documentación relativa a los itinerarios formativos de cada aspirante y candidata a la consagración.
Colaboración en la atención pastoral del Ordo virginum
52. Teniendo en cuenta las circunstancias concretas, el Obispo diocesano valorará qué tipo de colaboración emplear para asegurar en el Ordo virginum una adecuada atención pastoral[78], coherente con la peculiaridad de esta forma de vida.
Podrá nombrar un Delegado, elegido preferentemente del presbiterio diocesano, o una Delegada propia, escogida preferiblemente entre las vírgenes consagradas de la Diócesis, para la atención pastoral del Ordo virginum, definiendo los ámbitos de su condición y sus competencias específicas.
Si es instituido un servicio de comunión, el Obispo establecerá cómo deberá integrase en ese servicio la actividad del Delegado o de la Delegada y sus eventuales articulaciones, en particular, con los equipos para la formación previa a la consagración y para la formación permanente.
53. Según las indicaciones dadas por el Obispo, la colaboración pastoral podrá referirse al conocimiento de cada una de las aspirantes y candidatas, reuniendo los datos necesarios en vista al discernimiento para admitirlas a la consagración; la promoción de la formación previa a la consagración y de la formación permanente, bien a través de la ayuda a elaborar los itinerarios formativos personales, o de propuestas de momentos formativos compartidos.
Tratándose de una colaboración pastoral en foro externo, a quienes se les confíen estas competencias no establecerán una relación de acompañamiento espiritual con las aspirantes, con las candidatas y las consagradas. Valorizarán, sin embargo, el diálogo personal con cada una como específico ámbito de escucha, verificación y confrontación de su camino, e invitación a la persona a referirse al Obispo diocesano cuando sea útil una orientación o verificación sobre los aspectos más importantes de su proyecto de vida.
54. En la atención pastoral al Ordo virginum se ayudará a cada aspirante, candidata y consagrada a desarrollar los dones recibidos del Señor, a promover la comunión entre todas y el sentido de corresponsabilidad en la acogida de la legítima diferencia, a favorecer la acogida inteligente y responsable del magisterio y de las opciones pastorales del Obispo diocesano, promoviendo el conocimiento del Ordo virginum entre el pueblo de Dios.
Comunión y corresponsabilidad entre consagradas de varias Diócesis
55. Las consagradas acogen y cultivan el don de la comunión y el compromiso de la misión, que se desprende del haber recibido la misma consagración, también en las relaciones con las consagradas de otras Diócesis.
El enraizamiento diocesano, de hecho, se armoniza con el sentido de pertenencia a un ordo fidelium que tiene las mismas características constitutivas en toda la Iglesia católica.
Mediante la oración de unas por otras, el conocimiento recíproco, el compartir experiencias e iniciativas de formación, las consagradas expresan, de distintas maneras, la corresponsabilidad respecto a su testimonio en la Iglesia y en el mundo.
Iniciativas compartidas, servicio de comunión y Obispo referente
56. En las agrupaciones de las Iglesias particulares, en orgánico entendimiento con los Obispos de las respectivas Conferencias Episcopales, las consagradas pueden dar vida a iniciativas compartidas y, si las circunstancias lo permiten, a un servicio de comunión estable, que facilite el intercambio de experiencias que se viven en las Diócesis de pertenencia, el estudio de temas de interés común, la propuesta de contenidos y métodos, siempre más adecuados, correspondientes a los recorridos formativos en todas sus fases, la presentación a los Obispos de sugerencias e indicaciones útiles para acreditar la presencia del Ordo virginum en los diversos contextos eclesiales y socio-culturales, la promoción del conocimiento del Ordo virginum entre el pueblo de Dios.
Las iniciativas compartidas y el servicio de comunión han de respetar y valorar siempre el arraigo diocesano de esta forma de vida e implicar a las consagradas de las Diócesis interesadas, según el estilo de participación sinodal.
57. Los Obispos, reunidos en una Conferencia Episcopal, pueden elaborar para sus Diócesis orientaciones comunes para la atención pastoral del Ordo virginum. Asimismo, pueden confiar a un Obispo la tarea de referente para el Ordo virginum.
Respetando el rol irremplazable de los Obispos diocesanos en la atención de las vírgenes consagradas de sus Diócesis, el Obispo referente se hace interprete del interés, la solicitud y la cercanía de sus hermanos Obispos hacia dicha forma de vida consagrada.
Queriendo que la identidad específica del Ordo virginum se exprese como es debido en el contexto eclesial y social-cultural de las Diócesis interesadas, el Obispo referente desempeña su cargo como servicio a la gestión efectiva de la corresponsabilidad de las consagradas de las diversas Diócesis. Sigue con atención las iniciativas compartidas por las consagradas de las Diócesis interesadas y, allí donde esté instituido, proporciona la atención de su ministerio al servicio de comunión estable entre las consagradas.
Referencia a la Sede Apostólica y Secretariado para el Ordo virginum
58. Las consagradas reconocen en el ministerio del Sucesor de Pedro la referencia de convergencia para vivir, además, en los horizontes de la Iglesia universal el don de la comunión y la corresponsabilidad de pertenecer al mismo ordo fidelium.
En sinergía con el magisterio y la acción de los Obispos diocesanos y según las propias competencias, la Congregación para los Institutos de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica se pone al servicio del crecimiento del Ordo virginum, para que esta forma de vida consagrada pueda ser reconocida, valorada y promovida en su específica identidad y configuración eclesial.
59. En el Dicasterio está constituido un Secretariado para el Ordo virginum. Según las indicaciones del Prefecto, el Secretariado cuida la recopilación de datos para conocer la situación del Ordo virginum en los diversos Países, teniendo en cuenta también lo que los Obispos expresan en los informes presentados con ocasión de las visitae ad limina.
Es también punto de referencia para las iniciativas del Ordo virginum, promovidas y sostenidas por el mismo Dicasterio.
Para su actividad, el Secretariado puede valerse de la colaboración de consagradas de diversas procedencias, de las Conferencias Episcopales y allí donde hayan sido desi-
gnados de los Obispos referentes del Ordo virginum.
Permanencia en otra Diócesis y traslado
60. No obstante, el arraigo especial con la Iglesia donde se celebra la consagración no impide a la consagrada trasladarse temporal o establemente a otra Iglesia particular, en caso de que sea necesario, por ejemplo por razones de trabajo, de familia, de pastoral, o si hay otras motivaciones razonables y proporcionadas.
61. Cuando una consagrada quiere permanecer por un largo período en una Diócesis distinta a la de pertenencia, de acuerdo con su propio Obispo, puede pedir al Obispo de la Diócesis ad quem participar en las iniciativas de carácter formativo del Ordo virginum local. El Obispo de la Diócesis ad quem, recibida una presentación de la interesada de parte de su Obispo diocesano, acordará con ella las modalidades de dicha participación.
62. Si una consagrada quiere trasladarse establemente a otra Diócesis, expondrá las motivaciones a su Obispo, que le manifestará su parecer. Seguidamente podrá pedir al Obispo de la Diócesis ad quem ser acogida en el Ordo virginum local. Este último, tras haber recibido por el Obispo de la Diócesis a quo una presentación de la consagrada, con las razones del traslado y su parecer, decidirá al respecto y comunicará la respuesta a la interesada; y, para conocimiento también al Obispo de la Diócesis a quo. En caso de respuesta positiva, el Obispo de la Diócesis ad quem acogerá a la consagrada, la introducirá en su Iglesia particular y la insertará, si las hay, entre las consagradas de su Diócesis, acordando con ella lo necesario y útil según su condición personal. Conforme a la evaluación hecha, el Obispo de la Diócesis ad quem podrá también negar la adscripción, o de acuerdo con el Obispo ad quo establecer un tiempo de prueba; en dicho caso, aun manteniendo el vínculo con la Diócesis ad quo, la consagrada podrá trasladar su domicilio canónico a la Diócesis ad quem, siguiendo las indicaciones de los Obispos interesados en lo relativo a su condición personal.
63. Personalmente, o por medio del Delegado o de la Delegada, el Obispo informará oportunamente a las consagradas sobre el traslado temporal o definitivo de una consagrada a otra Diócesis, como también sobre la acogida de una consagrada de otra Diócesis.
Fundaciones, asociaciones y opciones de vida en común
64. Teniendo en cuenta las leyes civiles, para el sostenimiento y la gestión económica de las iniciativas del Ordo virginum, el Obispo diocesano puede instituir una fundación canónica, autónoma o no[79], y autorizar, si se da el caso, la petición de reconocimiento civil de esta última.
65. Para observar más fielmente su propósito y ayudarse recíprocamente en el desempeño del servicio a la Iglesia apropiado a su estado, las consagradas pueden reunirse en asociaciones y pedir a la autoridad eclesial competente el reconocimiento canónico del estatuto y eventualmente su aprobación[80].
La constitución de una asociación, como también la adhesión a una asociación ya existente, es exclusivamente fruto de una opción libre y voluntaria de cada una de las consagradas que deciden adherirse a sus finalidades y a su estatuto. La salida de una consagrada de la asociación no afecto a la pertenencia al Ordo virginum.
66. Las vírgenes consagradas que lo deseen pueden libremente decidir vivir en una misma casa. Esta posibilidad – elegida responsablemente para la ayuda recíproca, para compartir vida a nivel espiritual, pastoral o también económico –, responde a una libre decisión de las vírgenes consagradas y no deriva directamente de la consagración, ni de la adhesión a una asociación, a menos que esta última no prevea en su estatuto la vida común como constitutiva de la asociación misma.
Pertenencia al Ordo virginum y referencia a otros grupos eclesiales
67. La forma de vida propia del Ordo virginum constituye un camino peculiar de santificación al que corresponde una identidad espiritual característica, que unifica y orienta la vida entera de la persona. Es cometido de cada consagrada ofrecer un sereno y gozoso testimonio de la propia consagración, que se convierta en estímulo y riqueza para todos los componentes de la comunidad cristiana.
Esto no impide a una virgen consagrada beneficiarse de la variedad de carismas y espiritualidades con los que el Espíritu enriquece la Iglesia, y eventualmente encontrar en la referencia a una determinada agregación eclesial (tercera Orden, Asociación, Movimiento), a su carisma y espiritualidad, una ayuda para expresar su propio carisma virginal[81].
68. La autenticidad de tal experiencia espiritual será objeto de discernimiento en el ámbito del acompañamiento espiritual, así como en el diálogo con el Obispo diocesano, y, si existe, con el Delegado o Delegada para la atención del Ordo virginum, de modo que el interés y la implicación en las iniciativas no oscurezcan el valor del arraigo diocesano, que es constitutivo de la consagración vivida en el Ordo virginum.
La consagrada procurará mantener viva la experiencia de la comunión con la Iglesia particular a la que pertenece, a través de la mediación necesaria del Obispo diocesano, en la acogida filial de su enseñanza y de su atención pastoral. Cuidará también las relaciones de comunión con las otras vírgenes consagradas y dará prioridad a las propuestas formativas específicas para el Ordo virginum respecto a eventuales iniciativas de los grupos referidos.
Separación del Ordo virginum
Paso a un Instituto de vida consagrada o Sociedad de vida apostólica
69. Si una consagrada, después de una valoración atenta realizada en la oración, en el ámbito de la dirección espiritual y en diálogo con el Obispo, desea entrar a formar parte de un Instituto de Vida consagrada o Sociedad de vida apostólica, comunicará por escrito al Obispo diocesano su intención acompañada de un certificado de la Mode-
radora Suprema del Instituto, relativo a los contactos que la consagrada ha tenido con el Instituto o la Sociedad[82].
El Obispo será responsable de remitir la solicitud a la Santa Sede y sus observaciones al respecto. El paso al Instituto se hará según las disposiciones dadas por la Santa Sede para el caso concreto.
Salida del Ordo virginum
70. Si una consagrada, por causas muy graves valoradas delante de Dios con minucioso discernimiento, tiene intención de ser dispensada de los compromisos derivados de la consagración, se dirigirá al propio Obispo diocesano presentando una solicitud escrita. El Obispo no dejará de proponerle la ayuda adecuada y un tiempo apropiado para el discernimiento y accederá a la dispensa solo después de haber examinado a fondo las motivaciones de la solicitud.
Dimisión del Ordo virginum
71. Si una consagrada ha abandonado la fe católica de forma notoria o ha contraído matrimonio, aunque solo sea civilmente, el Obispo reunirá las pruebas y declarará su dimisión del Ordo virginum, para que conste jurídicamente.
72. Si una consagrada es acusada de gravísimos delitos[83] o gravísimas faltas, externas e imputables contra las obligaciones que derivan de la consagración, de modo que susciten escándalo en el pueblo de Dios, el Obispo iniciará el proceso de dimisión.
Dará a conocer a la interesada las acusaciones y las pruebas que se han recogido, otorgándole la facultad de defenderse. Si el Obispo considera insuficiente la defensa, y no hay otra manera para proveer a la corrección de la consagrada, a la reintegración de la justicia y a la reparación del escándalo, la dimitirá del Ordo virginum. El decreto de dimisión tendrá que exponer, al menos de forma sumaria, los motivos de la decisión y será efectivo solo después de la ratificación de la Santa Sede, a la que hay que trasmitir todas las actas. Esto no tendrá valor si no indica el derecho del que goza la consagrada a recurrir a la autoridad competente en el plazo de diez días, desde la notificación del decreto; el recurso tiene efecto suspensivo.
Anotación y comunicación de la separación
73. En los casos en que se haya producido la separación de una consagrada del Ordo virginum, el Obispo diocesano dispondrá la anotación en el libro de las consagraciones y, personalmente o a través del Delegado o de la Delegada, informará a las demás consagradas y al párroco competente para que lo anote en el libro de bautismos.
III.
El discernimiento
vocacional y la formación para el Ordo virginum
El compromiso del discernimiento
y la formación
Camino de fe, discernimiento vocacional e itinerarios formativos
74. En virtud de la fe, de la gracia bautismal, del carisma virginal y de los carismas personales, la mujer llamada a la consagración en el Ordo virginum está comprometida en un camino de vida cristiana, de seguimiento del Señor Jesús, cuyo dinamismo es suscitado por el Espíritu Santo, que pide su respuesta activa y su dócil colaboración.
El seguimiento del Señor consiste en una continua conversión, en una progresiva adhesión a Él[84]: es un proceso que implica todas las dimensiones de la persona – corporal y afectiva, intelectiva, volitiva y espiritual y se prolonga a lo largo de toda la vida, ya que « la persona consagrada no podrá jamás suponer que ha completado la gestación de aquel hombre nuevo que experimenta dentro de sí, ni de poseer en cada circunstancia de la vida los mismos sentimientos de Cristo »[85].
75. La gracia de la consagración en el Ordo virginum define y configura de forma estable la fisonomía espiritual de la persona, la orienta en el camino de la vida, la sostiene y refuerza en una respuesta cada vez más generosa a la llamada.
Por lo tanto, la consagración exige no solamente una maduración humana y cristiana evaluada mediante un atento discernimiento vocacional y una formación específica previa, sino también una cuidada y constante atención a la formación permanente que, profundizando y renovando las motivaciones de la elección realizada, permita a la consagrada consolidar la propia vocación mientras vive su dinamismo intrínseco[86].
76. Ya que esta forma de vida consagrada tiene un arraigo en la Iglesia particular, el discernimiento vocacional, la formación previa a la consagración y la atención a la formación permanente se realizan por medio de itinerarios eclesiales que, además de la responsabilidad de las mujeres interesadas, piden la atención y el acompañamiento de la comunidad cristiana, y en particular interpelan la responsabilidad pastoral del Obispo diocesano.
Para reunir los principios necesarios para el discernimiento vocacional, como para orientar y acompañar los itinerarios de formación de las aspirantes, de las candidatas y de las consagradas, el Obispo puede pedir colaboración al Delegado o la Delegada para el Ordo virginum y valorará la aportación que las consagradas puedan ofrecer.
Para esta finalidad, teniendo en cuenta el número de consagradas presentes en la Diócesis y su parecer al respecto, y también de las otras circunstancias concretas, como organizaciones del servicio de comunión para el Ordo virginum, el Obispo podrá impulsar además un servicio o equipo para el discernimiento vocacional y la formación previa a la consagración y un servicio o equipo para la formación permanente. Tales servicios o equipos estarán formados por el Delegado o la Delegada, si el Obispo hubiere instituido la figura, y por consagradas con las aptitudes necesarias, designadas por el Obispo o por el Delegado o la Delegada, previa consulta a todas las consagradas.
77. La propuesta formativa apuntará en primer lugar a hacer emerger y consolidar en la persona la actitud fundamental de la “docibilitas”, es decir la libertad, el deseo y la capacidad de aprender de cualquier circunstancia de la vida, implicándose activa y responsablemente en el proceso de crecimiento personal a lo largo de toda la propia existencia[87].
Por este motivo, al programar itinerarios formativos, se procurará que no consistan en propuestas genéricas, que no tienen en cuenta las exigencias específicas y los carismas personales. Asimismo se evitarán tendencias individualistas[88] que pueden obstaculizar la adquisición y el desarrollo de un verdadero sentido de pertenencia eclesial y del espíritu de comunión dentro del Ordo virginum.
78. Ya que se trata de favorecer el desarrollo de la capacidad de interpretar la realidad según criterios evangélicos, los itinerarios formativos deben prever como elementos irrenunciables: la formación teológica, cultural y pastoral, adecuada al tipo de testimonio al que están llamadas las consagradas, conseguida mediante el estudio personal y los encuentros formativos también con expertos, ampliada y profundizada constantemente; la experiencia espiritual, como la oración personal y litúrgica, el camino penitencial, retiros y ejercicios espirituales, que mantienen a la persona en una actitud de escucha atenta y búsqueda constante de la voluntad de Dios; la inserción en un tejido de relaciones eclesiales que favorezca el crecimiento integral de la persona y que valore en especial las potencialidades del intercambio de experiencias entre las consagradas, como también de las relacione entre las aspirantes y las consagradas, particularmente las que colaboran en el servicio de formación.
Además, es necesario que corresponda a itinerarios orgánicamente estructurados, que prevean un desarrollo temporal claramente articulado y periódicamente revisado, para que la atención por la formación de cada aspirante, candidata y consagrada esté acompañada e integrada con propuestas dirigidas unilateralmente al conjunto de las aspirantes, de las candidatas y de las consagradas.
La práctica del acompañamiento espiritual
79. En cada fase de los itinerarios de discernimiento y formación, se debe realizar el acompañamiento espiritual: la relación constante y confiada con una persona que tenga un profundo espíritu de fe y de sabiduría cristiana, que cada aspirante, candidata y consagrada puede elegir libremente, representa una válida ayuda no solo para el discernimiento vocacional, sino también para las decisiones que fundamentalmente comprometen su vida.
Para garantizar la libertad personal en el ámbito de la manifestación de la conciencia, el Delegado o Delegada para la atención pastoral del Ordo virginum y las consagradas que colaboran en el servicio de formación, se limitarán al ámbito externo y no entablarán relaciones de acompañamiento espiritual con las aspirantes, candidatas o consagradas. Se abstendrán también de pedir informaciones o pareceres sobre las aspirantes, candidatas y consagradas a los respectivos directores o acompañantes espirituales y confesores.
Discernimiento vocacional e itinerario formativo previo a la consagración
La dinámica del discernimiento vocacional y de la formación previa a la consagración
80. El discernimiento vocacional tiende a escrutar los signos por los que se expresa el carisma del Ordo virginum, con su arraigo específico en la Iglesia particular y su forma característica de estar presente en el contexto social y cultural. Para bien de las personas interesadas y de la Iglesia, se han de favorecer las condiciones que permitan realizar un discernimiento sereno y libre, en el cual verificar, a la luz de la fe y de posibles contraindicaciones, la veracidad de la vocación y la rectitud de intenciones[89].
El itinerario formativo que precede a la consagración debe brindar ocasiones para comprobar la intuición vocacional inicial y al mismo tiempo avivar en las aspirantes y candidatas el deseo de una unión cada vez más profunda con el Señor Jesús, de una respuesta cada vez más libre y generosa a la llamada del Padre, de una correspondencia cada vez más atenta, inteligente y dócil a la acción del Espíritu Santo. Se puede hablar de un camino realmente formativo solo cuando se da una verdadera experiencia de conversión, es decir de purificación, de iluminación y de implicación cada vez más profunda y atrayente en el seguimiento del Señor.
81. Generalmente, el discernimiento vocacional se lleva a cabo mediante un proceso que abarca una constatación inicial respecto a la admisión al itinerario de formación hacia la consagración, continúa durante todo ese proceso, y acaba cuando el Obispo diocesano decide la admisión a la consagración. Se pueden distinguir oportunamente tres momentos o fases: un primer período de acercamiento o propedéutico; un segundo período de formación debidamente articulado en varias etapas con sus objetivos y evaluaciones; y el discernimiento o escrutinio final.
82. En ningún caso se podrá iniciar el período propedéutico antes de cumplir los dieciocho años de edad; para la admisión a la consagración se deberá tener en cuenta la edad de casarse tradicional en la región[90] y ordinariamente no se celebrará la consagración hasta que la candidata haya cumplido los veinticinco años de edad.
83. Corresponde al Obispo diocesano fijar, incluso mediante el diálogo personal con las interesadas y valorando la situación y las exigencias de cada una, las modalidades concretas de desarrollo de los itinerarios formativos, para ofrecer a cada una la posibilidad de profundizar el conocimiento de esta forma de vida en sus fundamentos esenciales, y confrontar a su luz, de forma sincera y realista, la propia experiencia espiritual y la modalidad concreta de vivir.
Se mantendrá una estrecha interconexión entre el discernimiento vocacional y el itinerario formativo previo a la consagración, porque la admisión al itinerario formativo no implica la obligación de la candidata a pedir la admisión a la consagración, ni la obligación del Obispo a admitirla a la consagración.
Requisitos y criterios de discernimiento
84. La admisión a la consagración requiere que por la edad, la madurez humana y espiritual, y por la estima que disfruta en la comunidad cristiana donde está inserta, la candidata dé confianza de poder asumir de forma responsable los compromisos que se derivan de la consagración[91].
Requiere también que la persona nunca haya celebrado nupcias y no haya vivido pública y manifiestamente en un estado contrario a la castidad[92].
85. En el discernimiento vocacional se pondrá atención a los signos que evidencien en la aspirante y en la candidata la presencia de una intensa y viva experiencia espiritual, la autenticidad de las motivaciones que la orientan hacia la consagración en el Ordo virginum y la presencia de las actitudes que son necesarias para perseverar en la vida de consagración dando testimonio positivo de la propia vocación.
Con sabiduría pedagógica y según el principio de gradualidad, se comprobará la presencia de estos signos desde el periodo propedéutico, para evaluar la admisión al itinerario formativo. Para la formación previa a la consagración y el discernimiento conclusivo acerca de la admisión a la consagración, estos signos constituyen puntos cualificados de referencia.
86. Para comprobar la experiencia espiritual, revisten particular importancia:
a) el sentido de pertenencia a Cristo y el deseo de configurar la entera existencia « al Señor Jesús y a su total oblación »[93] como respuesta de amor a su amor infinito[94];
b) el sentido de pertenencia a la Iglesia, concretamente experimentado en la participación en la vida de la comunidad cristiana, mantenido por un amor profundo por la comunidad eclesial, por la celebración de los sacramentos y por una actitud de filial obediencia al Obispo diocesano;
c) el cuidado de la dimensión contemplativa de la vida y la fidelidad a la disciplina espiritual, a los tiempos de oración, a sus ritmos y a sus distintas formas;
d) la asiduidad en el camino penitencial, ascético y de acompañamiento espiritual;
e) el interés en profundizar el conocimiento de la Escritura, de los contenidos de la fe, de la liturgia, de la historia y del magisterio de la Iglesia;
f ) la pasión por el Reino de Dios, que dispone a interpretar la realidad del propio tiempo según criterios evangélicos, a actuar en la realidad con sentido de responsabilidad y amor preferencial por los pobres;
g) la presencia de una intuición sintética y global de la propia vocación, que demuestre un conocimiento realista de la propia historia, de las propias cualidades – recursos, límites, deseos, aspiraciones, motivaciones – y que sea coherente con la forma de vida del Ordo virginum.
87. Para evaluar el grado de madurez humana, se tendrán presentes los signos siguientes:
a) un conocimiento realista de sí misma y una serena conciencia objetiva de los propios talentos y de los propios límites, unida a una clara capacidad de autodeterminación y a una adecuada y suficientemente actitud para asumir responsabilidades.
b) la capacidad de establecer relaciones sanas, serenas y oblativas, con hombres y mujeres, unida a una recta comprensión del valor del matrimonio y la maternidad;
c) la capacidad de integrar la sexualidad en la identidad personal y de orientar las energías afectivas para expresar su femineidad en una vida casta que se abra a una gran fecundidad espiritual[95];
d) la capacidad laboral y profesional con la cual proveer al propio sustento de manera digna;
e) una probada actitud para procesar sufrimientos y frustraciones y también a dar y recibir el perdón como posibles pasos hacia una plenitud humana;
f ) la fidelidad a la palabra dada y a los compromisos adquiridos;
g) un uso responsable de los bienes, de los medios de comunicación social y del tiempo libre.
88. En la orientación vocacional y cuando sea necesario trazar las características de esta vocación y los requisitos de admisión a la consagración, la condición virginal será presentada a partir de su fundamento bíblico en el marco de una visión antropológica bien fundada en la revelación cristiana, en la que se integran las diversas dimensiones – corporal, psicológica, espiritual –, consideradas también en conexión dinámica de las vivencias de la persona y en apertura a la acción incesante de la gracia divina que la orienta, la guía y la corrobora en el camino de santificación.
Como tesoro de gran valor que Dios deposita en vasija de barro (cf. 2 Cor 4, 7), de hecho, la vocación es un don inmerecido que alcanza la persona en su humanidad concreta, siempre necesitada de redención y anhelante de una plenitud de significado para su existencia. Encuentra su origen y centro dinámico en la gracia de Dios que, con la ternura y la fuerza de su amor misericordioso, actúa incesantemente en los acontecimientos humanos, no pocas veces complejos y a veces contradictorios, para ayudar a la persona a captar la singularidad y la unidad de su existencia y permitirle hacer una entrega total de sí. En este contexto se tendrá presente que la llamada a dar testimonio del amor virginal, esponsal y fecundo de la Iglesia a Cristo, no se reduce al signo de la integridad física, y que haber guardado el cuerpo en perfecta continencia o haber vivido ejemplarmente la virtud de la castidad, aunque es de gran importancia en orden al discernimiento, no constituye requisito determinante en ausencia del cual sea imposible admitir a la consagración.
El discernimiento exige, por tanto, mucha discreción y cautela y debe hacerse individualmente. Cada aspirante y candidata es llamada a examinar la propia vocación con respecto a su propia historia personal, con veracidad y autenticidad delante de Dios, y con la ayuda de un acompañamiento espiritual.
El recurso a expertos con competencia psicológica
89. En el discernimiento vocacional y en el itinerario formativo previo a la consagración, en algunos casos puede resultar útil recurrir a expertos en ciencias psicológicas[96]. Y, aunque la vocación a la virginidad consagrada, en cuanto fruto de un don particular de Dios, en su discernimiento final, excede las competencias específicas de la psicología, estas últimas pueden ser integradas en el marco global del discernimiento y de la formación, tanto para una evaluación más segura de la situación psíquica de la aspirante o de la candidata y de sus aptitudes para corresponder a la vocación, como también para una ulterior ayuda en su crecimiento humano.
Puede solicitarse prudentemente una evaluación de la personalidad en los casos que surja la duda acerca de la presencia de un trastorno psíquico.
90. En todo caso, para poder recurrir a un experto en ciencias psicológicas, es necesario un consenso previo de la persona interesada, dado por escrito, consciente y libre; su honorabilidad y el derecho a defender su propia intimidad, deberán ser tutelados siempre[97].
Al elegir a los expertos a quien dirigirse, hay que asegurarse no solo de sus competencias profesionales, sino también de que se inspiren en una antropología que comparta abiertamente el concepto cristiano acerca de la persona humana y la vocación a la vida consagrada[98]. Además, debe ser respetado siempre el secreto profesional del experto.
91. Si la evaluación realizada evidencia la presencia de un disturbio psíquico o de una grave dificultad, en el discernimiento vocacional el Obispo tendrá en cuenta la tipología, la gravedad y el modo de influir sobre la psique de la persona y sobre sus actitudes a la consagración.
El período propedéutico
92. El período propedéutico tiene como finalidad comprobar las condiciones y las evaluaciones necesarias para un fructuoso camino de formación en vista a la consagración.
Su duración y las modalidades concretas de su desarrollo deben permitir un eficaz conocimiento de la aspirante por parte del Obispo, del Delegado o de la Delegada y de las consagradas que colaboran en el servicio de formación, y al mismo tiempo permitir a la aspirante conseguir un conocimiento de los aspectos esenciales de la consagración y de la forma de vida del Ordo virginum, de manera que pueda contrastarlos con su propia intuición vocacional. Para esto, ordinariamente se debe prever la duración de uno o dos años.
93. En el diálogo con el Obispo, el Delegado o la Delegada, o alguna de las consagradas que colaboran en el servicio de formación, la aspirante será invitada a presentar su propia historia, su manera de vivir en la actualidad, y las motivaciones que la inducen a orientarse hacia esta forma de vida.
Desde los inicios, es bueno verificar en la aspirante el haber recibido los sacramentos de la iniciación cristiana, así como no haber contraído nunca matrimonio, como también, no haber vivido públicamente y en un estado contrario a la castidad, es decir, en una condición estable de concubinato o situaciones análogas de manifiesto dominio público[99].
Teniendo en cuenta el precedente camino de fe, y, por tanto, la situación concreta y preparación de cada aspirante, se podrán proponer itinerarios catequéticos, de estudio y de reflexión, sobre la vida consagrada en general y sobre aspectos fundamentales de la vida cristiana.
94. En los encuentros que tendrá periódicamente con el Obispo, el Delegado o la Delegada, o alguna de las consagradas que colaboran en el servicio de formación, la aspirante será invitada a verificar su propia experiencia de fe y su intuición vocacional a partir de las temáticas propuestas.
En el ámbito del acompañamiento espiritual encontrará ulteriores posibilidades de manifestar su propia vivencia, de releer también los aspectos más dolorosos y oscuros de su vida a la luz de la Palabra de Dios, de comenzar o consolidar procesos de sanación interior que le permitan disponerse a acoger la gracia de la vocación de forma más libre y plena.
Allí donde sea posible y teniendo en cuenta las circunstancias concretas, se favorecerá el conocimiento entre las aspirantes y algunas consagradas del Ordo virginum, quienes con su propio testimonio, podrán ayudar en el proceso de discernimiento vocacional.
En caso de haber varias aspirantes, se considerará la utilidad y oportunidad de proponer momentos de encuentro, de conocimiento recíproco, y de reflexión común, conservando, con todo, espacios de diálogo personal y reservado para cada una de ellas con el Obispo, el Delegado o la Delegada, o alguna de las consagradas que colaboran en el servicio de formación.
95. Con especial cuidado se verificará la manera en que la aspirante participa de la vida de la comunidad cristiana. Oportunamente, los elemento de conocimiento ofre-
cidos por la misma interesada se integrarán asumiendo también las informaciones de sacerdotes u otras personas que la conocen bien.
También se puede pedir a la interesada que presente la documentación relativa a sus estudios y trabajos.
Cuando se trate de una persona que proviene de otra forma de vida consagrada, para conseguir los elementos necesarios de evaluación, el Obispo se preocupará de obtener de la institución interesada informaciones oportunas para poder discernir. Además, pedirá a la interesada un tiempo congruente para la separación y comprobará con atención su inserción en el contexto eclesial y social.
96. Si al final del período propedéutico, la aspirante lo pide y el conocimiento que se tiene de ella induce a pensar que puede seguir positivamente en la formación previa a la consagración, el Obispo la admitirá al itinerario formativo previo a la consagración.
El itinerario de formación previo a la consagración
97. El itinerario de la formación previa a la consagración tiene el doble objetivo de consolidar la formación cristiana de la candidata y ofrecerle las herramientas necesarias para ahondar en la comprensión vital de los elementos específicos y las responsabilidades que se desprenden de la consagración en el Ordo virginum.
Su duración y modalidades concretas de desarrollo deben ser de tales que permitan a la candidata una efectiva elaboración personal de las diversas aportaciones formativas, de forma que pueda madurar, con conciencia y libertad conveniente, la decisión de petición de la admisión a la consagración. Ordinariamente se puede prever la duración de dos o tres años.
El itinerario formativo será fructífero si la candidata, mientras se confronta con la fisonomía vocacional propia de esta forma de vida consagrada, progresivamente adquiere la libertad necesaria para dejarse educar y formar cada día de la experiencia, ahondando en el conocimiento de sus propias potencialidades y limitaciones, lo que en ella pone resistencia o favorece la correspondencia a la acción del Espíritu, y aprende a captar en cada situación de su vida, los esbozos de verdad, belleza y bondad en los que se hace presente y operativa la gracia de Dios. Esta fundamental actitud de situarse ante la realidad con atención, inteligencia y sentido de responsabilidad, suscitada y motivada por el deseo de crecer en el amor de Cristo, la llevará a madurar su disponibilidad para proseguir en un compromiso formativo constante, después de recibir la consagración.
98. El compromiso del Obispo, el Delegado o la Delegada y de las consagradas que colaboran en el servicio de la formación consistirá, pues, en cuidar que la candidata reciba una presentación orgánica del carisma y de la fisonomía de esta forma de vida; en acompañarla mientras intensifica la vida espiritual y profundiza en ella; en observar cómo se armoniza y configura su vida concreta en docilidad a la acción del Espíritu. De este modo, se recogerán los datos necesarios para el discernimiento conclusivo de la admisión a la consagración.
Los encuentros frecuentes y regulares con el acompañante espiritual serán para la candidata una preciosa ayuda para crecer en capacidad de discernir el plan de Dios, integrar en síntesis sapiencial las aportaciones formativas, e interpretar con una mirada de fe las distintas experiencias de su vida: oración, trabajo, relaciones y servicios eclesiales, relaciones con familiares, relaciones de amistad, estudio y profundización cultural, compromiso caritativo y social, experiencia del propio límite y de su propia fragilidad, compromiso ascético, etc.
99. Es importante que la candidata sea acompañada para dar al camino de oración una forma regular y constante, con la participación, posiblemente cotidiana, de la Eucaristía, la celebración de la Liturgia de las Horas, al menos Laudes y Vísperas, la meditación de la Sagrada Escritura y la devoción mariana. Se pretende, sobre todo, ayudarla a consolidar el amor por la oración y a desarrollar la capacidad de organizar el ritmo de la jornada, de la semana y el año, de manera que asegure la experiencia del diálogo con el Señor[100].
100. Ya que esta forma de vida consagrada está arraigada en la Iglesia particular, la candidata cultivará la unión con la comunidad eclesial, sea valorando aquellas tramas de relaciones fraternales que constituyen el tejido ordinario y cotidiano de la experiencia eclesial, sea, tanto cuanto pueda, participando en los eventos diocesanos más significativos.
Para dar consistencia a la unión con la Iglesia particular, es conveniente que la candidata adquiera un adecuado conocimiento de su historia, de las instituciones, de las tradiciones espirituales, de las opciones pastorales y de las experiencias proféticas en ella presente, como también las dificultades que debe afrontar y también las heridas que son motivo de sufrimiento.
Según las aptitudes, las posibilidades efectivas y los carismas de cada una, el compromiso de edificación de la comunidad podrá concretarse en un servicio pastoral o en otra forma de testimonio, que, en el contexto social y cultural en el que vive, exprese la colaboración en la misión evangelizadora y de promoción humana de la Iglesia,
101. Para una correcta comprensión del Ordo virginum, serán propuestos al estudio y la meditación de la candidata la historia de la vida consagrada y su valor de signo profético en la Iglesia y en el mundo, a partir de los textos fundamentales: la Sagrada Escritura, la tradición patrística, la reflexión teológica, con referencia particular al Concilio Vaticano II y a las intervenciones más recientes del Magisterio eclesial.
Con particular atención, se presentarán y profundizarán los fundamentos teológicos, históricos, litúrgicos, eclesiológicos, jurídicos de la forma de vida propia del Ordo virginum introduciendo a la candidata a un conocimiento profundo del rito de consagración de vírgenes, en su estructura dinámica y en su significado eclesial.
102. Se deberá cuidar además un adecuado conocimiento y asimilación de los fundamentos de la antropología cristiana, de modo que la maduración de la opción de consa-
gración se conciba desde una comprensión equilibrada de la sexualidad y de la afectividad humana, de relacionalidad y de la libertad, de la entrega de sí, del sacrificio, del sufrimiento. En este marco, en el itinerario formativo podrá también tener valor la contribución de las ciencias humanas, en particular la psicología y la pedagogía, para poner a la candidata en condiciones de comprender mejor algunas dinámicas relacionales y de desarrollo humano, y por lo tanto, también, de la propia historia personal y del propio modo de relacionarse con los demás.
Cuando las condiciones concretas de la vida y las aptitudes de las personan lo permitan, se animará a la candidata a asistir a cursos de estudios en las Facultades Teológicas, Institutos de Ciencias Religiosas u otras instituciones análogas. No se descuidará, en ningún caso, una adecuada preparación teológica en los campos bíblico, litúrgico, espiritual, eclesiológico, moral.
103. Se fomentarán ocasiones de conocimiento, de formación y de intercambio de experiencias con las demás candidatas y demás consagradas presentes en la Diócesis.
En el caso de que no las haya, se considerará la posibilidad de establecer relaciones para conocerse y de intercambio fraterno con las candidatas o consagradas de Diócesis vecinas.
La admisión a la consagración y el cuidado de su celebración
104. Al final del itinerario formativo acordado con el Obispo, después de un atento discernimiento personal y con el acompañante espiritual, la candidata presentará al Obispo la petición de admisión. Conviene que tal petición sea expresada en un escrito autógrafo que refiera el parecer del acompañante espiritual.
Luego, el Obispo se hace cargo del discernimiento definitivo. Para tal fin, recogerá las informaciones oportunas de todos aquellos que han acompañado el camino de la candidata, excepto las que podría aportarle el acompañante espiritual. Particularmente, deberá pedirse al Delegado o Delegada, si está nombrado/a, un parecer motivado sobre la admisión. Contribuirán también en la elaboración de este parecer, las consagradas implicadas en el servicio de formación, si lo hay.
105. La admisión a la consagración exige la certeza moral sobre la autenticidad de la vocación de la candidata, la existencia real de un carisma virginal y la subsistencia de las condiciones y de los presupuestos para que la interesada acoja y corresponda a la gracia de la consagración, y pueda testimoniar de forma elocuente la propia vocación, perseverando en ella y creciendo en donación generosa al Señor y a los hermanos.
106. Si la evaluación llevara a admitirla a la consagración, el Obispo acordará con la candidata la fecha y el lugar de la celebración, considerando al respecto las indicaciones contenidas en el Pontifical.
Es conveniente preparar a la comunidad a una fructuosa participación en la liturgia de la consagración, con la invitación a acompañar a la consagrada en la oración y con una catequesis específica sobre las características de esta vocación. En la preparación y desarrollo del rito, se cuidará introducir la asamblea al misterio nupcial de Cristo y de la Iglesia que se celebra, a través de la noble sobriedad de los gestos, de los cantos, de los signos propuestos.
107. La consagración, una vez que ha tenido lugar, será documentada mediante la inscripción en el registro del Ordo virginum, en el que firmarán el ministro celebrante, la interesada y dos testigos, y que ordinariamente se guardará en la Curia diocesana. Se dará el correspondiente certificado a la interesada. Además, es conveniente que el Obispo dé disposiciones para que la consagración celebrada se comunique al párroco competente para que se anote en el registro de bautismos.
Formación permanente
La atención a la formación permanente
108. El cuidado de la formación permanente encuentra su fundamento en la exigencia de corresponder a la vocación recibida cada vez más plenamente[101].
Esta vocación pide una disponibilidad constante para aprender de la experiencia, la disposición para dejarse conducir por el Espíritu en el dinamismo de la fe, proyectando a la luz del Evangelio, el significado de las distintas fases de la vida y su modo de dar razón de la esperanza cristiana ante las solicitudes de la cultura contemporánea.
El avance de la edad, que va acompañado del cambio de los compromisos, de los contextos relacionales, de las condiciones de salud, requiere de las consagradas descubrir en cada fase de la vida la belleza y la fecundidad de su consagración, armonizando los contenidos y modalidades de la formación.
Debe abarcar todas las dimensiones de la vida de la consagrada: su ser mujer en un determinado contexto cultural y social, discípula de Cristo en la Iglesia peregrina en la historia, llamada a ser signo peculiar del amor esponsal de Cristo y la Iglesia, como consagrada según la forma de vida propia del Ordo virginum.
109. La formación permanente exige, pues, de parte de cada consagrada, humildad, atención, inteligencia y creatividad.
En este marco, las iniciativas específicas para la formación permanente son herramientas que tratan de acompañar la comprensión cada vez más profunda del carisma virginal, favorecer la integración de la vivencia en la entrega total al Señor y sostener a las consagradas en el compromiso de vivir las responsabilidades que se derivan de la consagración.
Compromiso personal y dimensión comunional
110. El proyecto de itinerarios de formación permanente fructíferos requiere armonizar el compromiso personal de la formación con la dimensión comunional característica del Ordo virginum.
Se trata, de hecho, de identificar las prioridades y los medios más idóneos para una formación sólida, que esté atenta a las exigencias y al carisma de cada una. Al mismo tiempo, es necesario que dichos itinerarios expresen y apoyen la experiencia de comunión que une a las consagradas del Ordo
virginum.
Esto conlleva un doble ejercicio de corresponsabilidad: por parte de cada consagrada en su relación con el Obispo o el Delegado o la Delegada, para trazar y examinar cómo vive el compromiso de la formación; y del conjunto de las consagradas de la Diócesis con el Obispo o con el Delegado o la Delegada, para proyectar, realizar y verificar un programa de formación compartido y específico para las consagradas del Ordo virginum.
111. Para este segundo aspecto, teniendo en cuenta las circunstancias concretas, el Obispo o el Delegado o la Delegada promoverán encuentros e iniciativas formativas para todas las consagradas, valorando la contribución que cada una puede ofrecer a la programación, organización, realización específica y las necesarias evaluaciones. Para dar una expresión continuada y orgánica a este ejercicio de corresponsabilidad, el Obispo podrá acordar con las consagradas las modalidades para disponer de un equipo o un servicio de formación permanente, que pueda articular el servicio de comunión.
Una especial atención deberá dirigirse a las consagradas que por edad avanzada, razones de salud u otros motivos serios, no puedan asistir a los encuentros formativos, en
la medida de lo posible, se utilizarán medios de comunicación a distancia para permitirles su participación en el itinerario compartido.
En el caso de que en una Diócesis sólo haya una consagrada, o que el número de consagradas sea muy reducido, con el acuerdo de los Obispos respectivos, es posible prever iniciativas de formación compartidas entre las consagradas de las Diócesis vecinas.
Además, las consagradas sabrán valorar para la propia formación, tanto las iniciativas y actividades propuestas en la comunidad cristiana como las ocasiones de formación válida que les ofrece su propio contexto social y de trabajo.
Indicaciones sobre el contenido y el método
112. Es necesario que las propuestas formativas específicos para las consagradas del Ordo virginum armonicen, con sabiduría pedagógica, la profundización de temáticas fundamentales de la vida cristiana y, particularmente, las más típicas de esta forma de vida consagrada y la reflexión sobre cuestiones actuales sobre las cuales sea necesario realizar un serio discernimiento evangélico.
No faltará el conocimiento de la Escritura, del saber teológico y de las dinámicas del camino espiritual, como también la atención al magisterio y a las propuestas pastorales del Obispo diocesano y del Papa.
Es importante que la dimensión intelectual de la formación no esté aislada, sino que se integre en el crecimiento de la vida según el Espíritu, continuamente estimulada y evaluada en relación a la capacidad de establecer y guardar relaciones de tipo fraterno.
Se cuidará, asimismo, de que los encuentros y las iniciativas formativas se conviertan para las consagradas en ocasiones reales de comunicaciones de fe y edificación recíproca. Además, la oración común será el soporte del itinerario formativo; no se descuidará la atención pedagógica a las dinámicas de las relaciones vividas en el Ordo virginum, promoviendo la acogida y la estima recíproca, la benevolencia y la inteligente gestión de las tensiones y conflictividades que se presenten, para que se transformen en ocasiones de crecimiento.
113. Los encuentros y las iniciativas formativas podrán consistir concretamente en lecciones y conferencias, intercambio de experiencias, escuchas de testimonios, puesta en común de lecturas, seminarios, retiros, o ejercicios espirituales, semanas bíblicas, peregrinaciones, profundizaciones de tipo cultural, etc.
Puede desempeñar una función de integración de los itinerarios formativos diocesanos los encuentros y diversas iniciativas formativas interdiocesanas, espacialmente los organizados por los servicios de comunión estables instituidos en una determinada agrupación de Iglesias particulares, de acuerdo con las Conferencias Episcopales interesadas y el correspondiente Obispo referente para el Ordo virginum, si ha sido nombrado. En las programaciones, realizaciones y evaluaciones de tales eventos, deberá ser promovida la corresponsabilidad de todas las consagradas de las Diócesis interesadas.
Conclusión
114. El Señor Jesús formó una única Iglesia de entre todas las naciones y se unió místicamente a ella con amor esponsal. Este misterio admirable, que se realiza en la celebración eucarística, es el principio de la unidad y de la santidad de la Iglesia, de su misión universal y de su capacidad de vivificar con el anuncio del Evangelio toda esperanza humana y toda cultura. Contemplando este misterio, la Iglesia reconoce como don del Espíritu el florecer del Ordo virginum y lo acoge con gratitud.
Precedidas y sostenidas por la gracia de Dios, las mujeres que reciben esta consagración son llamadas a vivir en docilidad al Espíritu Santo, a experimentar el dinamismo transformante de la Palabra de Dios que hace de tantas mujeres diferentes una comunión de hermanas, y anunciar el Evangelio de salvación con la palabra y la vida, para llegar a ser imagen de la Iglesia Esposa que, viviendo únicamente para Cristo Esposo, lo hace presente en el mundo.
A María, icono perfecto de la Iglesia, las vírgenes consagradas vuelven sus ojos, como estrella que orienta su camino. A su materna protección la Iglesia las confía.
115. Te alabamos,
Virgen Madre de Dios,
mujer de la Alianza,
de la espera y el cumplimiento.
Sé madre y maestra
de las vírgenes consagradas
para que imitándote
acojan con alegría el Evangelio
y en él descubran, todos los días,
con humildad y asombro,
el origen santo
de su vocación esponsal.
Virgen de las vírgenes,
fuente sellada, puerta del cielo,
inspira y acompaña
a estas hermanas nuestras,
para que tengan el don
del discernimiento espiritual
y, peregrinas en la historia,
vivan el dinamismo de la profecía
con libertad y valentía,
con determinación y ternura.
Mujer colmada de gracia
y sobreabundante de caridad,
Virgen hecha Iglesia,
bendice sus caminos,
para que la esperanza
oxigene sus mentes
y dilate sus corazones
orientando todos sus pasos,
y la fe
haga laboriosas y creativas
sus manos,
para que sus vidas sean fecundas y,
anticipando aquí y ahora
la realidad del Reino,
difundan y edifiquen
el pueblo de Dios,
participando en su misión
real, profética y sacerdotal.
Te proclamamos bienaventurada,
Mujer del Magníficat
Madre del Evangelio viviente,
y para estas hermanas te pedimos:
únelas a tu canto,
hazlas partícipes en tu danza,
para que siguiendo al Cordero
a donde quiera que vaya,
con las lámparas encendidas,
puedan conducirnos
también a nosotros
al banquete de las bodas eternas
al abrazo definitivo con el Amor
que nunca tendrá fin.
(Aprobado por el Santo Padre en la Audiencia del 8 de junio de 2018)
Ciudad del Vaticano, 8 de junio de 2018
Solemnidad del Sagrado Corazón de Jesús
João Braz Card. de Aviz
Prefecto
+José Rodríguez Carballo, O.F.M.
Arzobispo Secretario
_______________________
[1] Entre los testimonios más antiguos, el de Clemente Romano (Clemens Romanus, Ep. Ad Corinthios 38, 2: SCh 167,162) y de Ignacio de Antioquía (Ignatius Antiochensis, Ep. Ad Smyrnenses XXIII: PG 5, 717-718; Ep. Ad Policarpum V, 2: PG 5, 723-724).
[2] Hacia el año 150, Justino afirmaba: « Son muchos los hombres y las mujeres, hechos discípulos de Cristo desde niños, que permanecen puros hasta los sesenta y setenta años. Y me glorío de poder citaros ejemplos de ellos de entre todas las clases sociales »: Iustinus, Apol. pro christ.,
c. 15: PG 6, 349. Atenágoras de Atenas, en el año 177, escribía a Marco Aurelio: « Podrás encontrar muchos de los nuestros, hombres y mujeres, que encanecen sin casarse, con la esperanza de unirse más estrechamente con Dios! »: Athenagoras Atheniense, Legatio pro christianis XXXII: OTAC VII, 172.
[3] Ignatius Antiochensis, Ep. Ad Polycarpum V, 2: PG 5, 723-724.
[4] Inicialmente, la cercanía de esta forma de vida a la de las viudas consagradas comportaba también la falta de una distinción clara entre ambas, como aparece en los escritos de Ignacio de Antioquía, que al inicio del siglo II saludaba a « las vírgenes llamadas viudas » de la comunidad de Esmirna: Ignatius Antiochensis, Ep. Ad Smyrn. XIII: PG 5,
717-718. En las Constituciones Apostólicas de la segunda mitad del siglo IV, las vírgenes aparecen, junto a viudas y diaconisas, como miembros institucionales de la comunidad cristiana.
[5] Cf. por ejemplo Atanasio, en: Athanasius, Apol. ad Constant. 33: PG 25, 640; Ambrosio, en: Ambrosius, De virginibus, lib. I, c. 8, n. 52: PL 16, 202.
[6] Expresiones que aparecen en Basilio: Basilius, Ep. 199 Ad Amphilochium: PG 32, 717.
[7] Cf. Ambrosius, De virginibus, lib. III, cc. 1-3, nn. 1-14: PL 16, 219-224; De institutione virginis, c. 17, nn. 104-114: PL 16, 333-336. Cf. Sacramentarium Leonianum XXX:
PL 55, 129.
[8] Cyprianus, De habitu virginum III: PL 4, 443.
[9] Pontificale Romanum ex Decreto Sacrosancti Concilii Œcumenici Vaticani II instauratum auctoritate PP. Pauli VI promulgatum, Ordo Consecrations Virginum, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis, Civitas Vaticana 1970.
[10] Juan Pablo II, Const. Ap. Pastor bonus (28 de junio de 1988), 105.
[11] Catecismo de la Iglesia Católica, 922-924.
[12] Juan Pablo II, Ex. Ap. post-sinodal Vita consecrata (25 de marzo de 1996).
[13] Congregación para los Institutos de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica, Instrucción Caminar desde Cristo. Un renovado compromiso de la vida consagrada en el tercer milenio (19 de mayo de 2002), 19.
[14] Congregación para los Obispos, Directorio para el Ministerio Pastoral de los Obispos Apostolorum Succesores(22 de febrero de 2004), 104.
[15] Juan Pablo II, Discurso a las participantes al Congreso Internacional del Ordo virginum, en el 25º aniversario de la promulgación del rito, Roma (2 de junio de 1995).
[16] Benedicto XVI, Discurso a las participantes al Congreso del Ordo virginum sobre el tema “Virginidad consagrada en el mundo: un don para la Iglesia y en la Iglesia”, Roma (15 de mayo de 2008).
[17] « Las palabras de Cristo (Mt 19, 11-12) parten de todo el realismo de la situación del hombre y lo llevan con el mismo realismo fuera, hacia la llamada en la que, aún permaneciendo, por su naturaleza, ser “doble” (esto es, inclinado como hombre hacia su mujer, y como mujer hacia el hombre), es capaz de descubrir en esta soledad suya, que no deja de ser una dimensión personal de la duplicidad de cada uno, una nueva e incluso aún más plena forma de comunión intersubjetiva con los otros. Esta orientación de la llamada explica de modo explícito la expresión: “Por el Reino de los cielos”: efectivamente, la realización de este Reino debe encontrarse en la línea del auténtico desarrollo de la imagen y semejanza de Dios, en su significado trinitario, esto es, propio de “comunión”. Al elegir la continencia por el Reino de los cielos, el hombre tiene conciencia de poder realizarse de este modo a sí mismo “diversamente” y, en cierto sentido, “más” que en el matrimonio, convirtiéndose en “don sincero para los demás” »: Juan Pablo II, Audiencia (7 de abril de 1982).
[18] « La continencia “por el Reino de los cielos”, la opción por la virginidad o por el celibato para toda la vida, ha venido a ser en la experiencia de los discípulos y de los seguidores de Cristo, un acto de respuesta especial al amor del Esposo divino y, por esto, ha adquirido el significado de un acto de amor esponsalico, es decir, de una donación esponsalica de sí, a fin de corresponder de modo especial, al amor esponsálico del Redentor; una donación de sí, entendida como renuncia, pero hecha sobre todo por amor »: Juan Pablo II, Audiencia (28 de abril de 1982).
[19] « El ser humano viviente, varón y mujer, […] elige con libre voluntad la continencia “por el Reino de los cielos” […] manifiesta […] la “virginidad” escatológica del hombre resucitado, en el que se revelará, el absoluto y eterno significado esponsalico del cuerpo glorificado en la unión con Dios mismo, mediante una perfecta intersubjetividad, que unirá a todos los “partícipes del otro mundo”, hombres y mujeres, en el misterio de la comunión de los santos. La continencia terrena por “el Reino de los cielos” es, sin duda, un signo que indica esta verdad y esta realidad. Es signo de que el cuerpo, cuyo fin no es la muerte, tiende a la glorificación y, por esto mismo, es ya, diría, entre los hombres un testimonio que anticipa la resurrección futura. Sin embargo, este signo carismático del “otro mundo” expresa la fuerza y la dinámica más auténtica del misterio de la “redención del cuerpo”; un misterio que ha sido grabado por Cristo en la historia terrena del hombre y arraigado por Él profundamente en esta historia. Así, pues, la continencia “por el Reino de los cielos” lleva sobre todo la impronta de la semejanza con Cristo, que, en la obra de la redención, hizo Él mismo esta opción “por el Reino de los cielos” »: Juan Pablo II, Audiencia (24 de marzo de 1982).
[20] Cf. Concilio Ecuménico Vaticano II, Constitución dogmática sobre la Iglesia Lumen gentium, 1.
[21] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1; Catecismo de la Iglesia Católica, 1667-1672; Código de Derecho Canónico, can. 1166-1169.
[22] Cf. Ordo consecrationis virginum, 17 y 22-23.
[23] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1; Ordo consecrationis virginum, 16, 24.
[24] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 1.
[25] Cf. Concilio Ecuménico Vaticano II, Cost. past. sobre la Iglesia en el mundo contemporáneo Gaudium et spes, 1.
[26] Cf. Juan Pablo II, Ex. Ap. post-sinodal Vita consecrata (25 de marzo de 1996), 7 y 42.
[27] Cf. Código de Derecho Canónico, can. 604.
[28] Cf. Código de Derecho Canónico, can. 368 y can. 381 § 2.
[29] Cf. Juan Pablo II, Ex. Ap. post-sinodal Vita consecrata (25 de marzo de 1996), 14.
[30] Cf. Ordo consecrationis virginum, 16.
[31] Cf. Juan Pablo II, Cart. Ap. Mulieris dignitatem (15 de agosto de 1988), 17-20.
[32] « La castidad de los célibes y de las vírgenes, en cuanto manifestación de la entrega a Dios con corazón indiviso (cf. 1 Cor 7, 32-34), es el reflejo del amor infinito que une a las tres Personas divinas en la profundidad misteriosa de la vida trinitaria »: Juan Pablo II, Ex. Ap. post-sinodal Vita consecrata (25 de marzo de 1996), 21. « La integridad de la fe también se ha relacionado con la imagen de la Iglesia virgen, con su fidelidad al amor esponsal a Cristo: menoscabar la fe significa menoscabar la comunión con el Señor »: Francisco, Cart. Enc. Lumen fidei (29 de junio de 2013), 48.
[33] « El amor esponsal comporta siempre una disponibilidad singular para volcarse sobre cuantos se hallan en el radio de su acción. En el matrimonio esta disponibilidad – aun estando abierta a todos – consiste de modo particular en el amor que los padres dan a sus hijos. En la virginidad esta disponibilidad está abierta a todos los hombres, abrazados por el amor de Cristo esposo »: Juan Pablo II, Cart. Ap. Mulieris dignitatem (15 de agosto de 1988), 21.
[34] Cf. Concilio Ecuménico Vaticano II, Constitución dogmática sobre la Iglesia Lumen gentium, VIII.
[35] Francisco, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 de noviembre de 2013), 287.
[36] Cf. Ambrosius, De virginibus, lib. II, c. 3, n. 19: PL 16, 211.
[37] Cf. Juan Pablo II, Cart. Enc. Redemptoris Mater (25 de marzo de 1987), 6.
[38] Francisco, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 de noviembre de 2013), 287.
[39] Ibíd, 288.
[40] Ibíd.
[41] Cf. Francisco, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 de noviembre de 2013), 1.
[42] Benedicto XVI, Discurso a las participantes al Congreso del Ordo virginum sobre el tema “Virginidad consagrada en el mundo: un don para la Iglesia y en la Iglesia” (15 de mayo de 2008), 5; Juan Pablo II, Ex. Ap. post-sinodal Vita consecrata (25 de noviembre de 1996), 18.
[43] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 2.
[44] « Los dones carismáticos, por lo tanto, se distribuyen libremente por el Espíritu Santo, para que la gracia sacramental lleve sus frutos a la vida cristiana de diferentes maneras y en todos sus niveles. Dado que estos carismas “tanto los extraordinarios como los más comunes y difundidos, de-
ben ser recibidos con gratitud y consuelo, porque son muy adecuados y útiles a las necesidades de la Iglesia” a través de su riqueza y variedad, el Pueblo de Dios puede vivir en plenitud la misión evangelizadora, escrutar los signos de los tiempos e interpretarlos a la luz del Evangelio. Los dones carismáticos, de hecho, mueven a los fieles a responder libremente y de manera adecuada al mismo tiempo, al don de la salvación, haciéndose a sí mismos un don de amor para otros y un auténtico testimonio del Evangelio para todos los hombres »: Congregación para la Doctrina de la Fe, Cart. Iuvenescit Ecclesia (15 de mayo de 2016), 15.
[45] « Entre vosotras hay diversos estilos y modalidades de vivir el don de la virginidad consagrada […]. Os exhorto a ir más allá de las apariencias, captando el misterio de
la ternura de Dios que cada una lleva en sí y reconociéndoos como hermanas, dentro de vuestra diversidad »: Benedicto XVI, Discurso a las participantes al Congreso al Ordo virginum sobre el tema “Virginidad consagrada en el mundo: un don para la Iglesia y en la Iglesia”, Roma (15 de mayo de 2008), 5.
[46] « Para progresar en el camino evangélico, especialmente en el período de formación y en ciertos momentos de la vida, es de gran ayuda el recurso humilde y confiado a la dirección espiritual, merced a la cual la persona recibe ánimos para responder con generosidad a las mociones del Espíritu y orientarse decididamente a la santidad »: Juan Pablo II, Ex. Ap. post-sinodal Vita consecrata (25 de marzo de 1996), 95.
[47] Cf. Benedicto XVI, Discurso a las participantes en el Congreso del Ordo virginum sobre el tema “Virginidad consagrada en el mundo: un don para la Iglesia y en la Iglesia”, Roma
(15 de mayo de 2008), 4-5.
[48] Agustinus, De sancta virginitate, c. 54: PL 40, 428.
[49] « La gran tradición patrística nos enseña que los misterios de Cristo están unidos al silencio, y solo en él la Palabra puede encontrar morada en nosotros, como ocurrió con María »: Benedicto XVI, Ex. Ap. post-sinodal Verbum Domini (30 de septiembre de 2010), 66.
[50] « La ignorancia de la Escritura es ignorancia de Cristo »: Hieronymus, Commentarii in Isaiam, Prólogo, CCL 73, 1: PL 24, 17.
[51] « La Eucaristía es el sacramento del Esposo, de la Esposa. La Eucaristía hace presente y realiza de nuevo, de modo sacramental, el acto redentor de Cristo, que “crea” la Iglesia, su cuerpo. Cristo está unido como el esposo
con la esposa »: Juan Pablo II, Cart. Ap. Mulieris dignitatem (15 de agosto de 1988), 26.
[52] « Aquí se puede llevar a cabo en plenitud la intimidad con Cristo, la identificación con Él, la total conformación a Él, a la cual los consagrados están llamados por vocación »: Congregación para los Institutos de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica, Instrucción Caminar desde Cristo. Un renovado compromiso de la vida consagrada en el tercer milenio (19 de mayo de 2002), 26.
[53] Francisco, Bula Misericordiae vultus (11 de abril de 2015), 17.
[54] « Celebrar el Sacramento de la Reconciliación significa ser envueltos en un abrazo caluroso: es el abrazo de la infinita misericordia del Padre »: Francisco, Audiencia (19 de febrero de 2014).
[55] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 2.
[56] Ambrosius, De institutione virginis, c. 6, n. 46: PL 16, 320.
[57] Cf. Código de Derecho Canónico, can. 663 § 4.
[58] « La ascesis, ayudando a dominar y corregir las tendencias de la naturaleza herida por el pecado, es verdaderamente indispensable a la persona consagrada para permanecer fiel a la propia vocación y seguir a Jesús por el camino de la Cruz »: Juan Pablo II, Ex. Ap. post-sinodal Vita consecrata (25 de marzo de 1996), 38.
[59] « La vocación de las personas consagradas a buscar ante todo el reino de Dios es, principalmente, una llamada a la plena conversión, en la renuncia de sí mismo para vivir totalmente en el Señor, para que Dios sea todo en todos. Llamados a contemplar y testimoniar el rostro “transfigurado” de Cristo, son llamados también a una existencia transfigurada »: Juan Pablo II, Ex. Ap. post-sinodal Vita consecrata (25 de marzo de 1996), 35.
[60] « Esta es por tanto la regla de la conversión: alejarse del mal y aprender a hacer el bien. Convertirse es un camino. Es un camino que requiere valentía para alejarse del mal y humildad para aprender a hacer el bien. Y que, sobre todo, tiene necesidad de cosas concretas »: Francisco, Meditación matutina en la Capilla de la Casa Santa Marta, Aprender a hacer el bien (14 de marzo de 2017).
[61] Cf. Benedicto XVI, Discurso a las participantes al Congreso del Ordo virginum sobre el tema “Virginidad consagrada en el mundo: don para la Iglesia y en la Iglesia”, Roma (15 de mayo de 1998), 4-5.
[62] Cf. Francisco, Cat. Enc. Laudato si’ (24 de mayo de 2015), 222-227.
[63] Francisco, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 de noviembre de 2013), 273.
[64] « Para ser evangelizadores de alma también hace falta desarrollar el gusto espiritual de estar cerca de la vida de la gente, hasta el punto de descubrir que eso es fuente de un gozo superior. La misión es una pasión por Jesús pero, al mismo tiempo, una pasión por su pueblo. […] Él nos quiere tomar como instrumentos para llegar cada vez más cerca de su pueblo amado. Nos toma de en medio del pueblo, de tal modo que nuestra identidad no se entiende sin esta pertenencia »: Francisco, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 de noviembre de 2013), 268.
[65] Pablo VI, Ex. Ap. Evangelii nuntiandi (8 de diciembre de 1975), 70.
[66] Cf. Ordo consecrationis virginum, 16; Juan Pablo II, Discurso a las participantes al Congreso internacional del Ordo virginum, en el 25º aniversario de la promulgación del rito, Roma (2 de junio de 1995), n. 6; Francisco, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 de noviembre de 2013), 197-216. « Para la Iglesia la opción por los pobres es una categoría teológicas antes que cultural, sociológica, política o filosófica »: Francisco, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 de noviembre de 2013), 198.
[67] Francisco, Cart. En. Laudato si’ (24 de mayo de 2015), 127.
[68] Ibíd, 220.
[69] Ibíd, 237.
[70] Cf. Juan Pablo II, Discurso a las participantes al Congreso internacional del Ordo virginum, en el 25º Aniversario de la promulgación del rito, Roma (2 de junio de 1995), 4.
[71] Cf. Código de Derecho Canónico, can. 680.
[72] Cf. Francisco, Ex. Ap. Evangelii gaudium (24 de noviembre de 2013), 103-104.
[73] « El camino de la sinodalidad es el camino que Dios espera de la Iglesia del tercer milenio »: Francisco, Discurso con ocasión de la Conmemoración del 50º Aniversario de la institución del Sínodo de los Obispos, Roma (17 de octubre de 2015).
[74] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 6.
[75] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 14 y 16.
[76] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5; Ordo consecrationis virginum, 2 y 16.
[77] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 6.
78] Cf. Congregación para los Obispos, Directorio para
el Ministerio Pastoral de los Obispos Apostolorum Succesores (22 de febrero de 2004), 104.
[79] Cf. Código de Derecho Canónico, can. 1303 § 1.
[80] Cf. Código de Derecho Canónico, can. 604 § 2.
[81] Cf. Congregación para la Doctrina de la Fe, Cart. Iuvenescit Ecclesia (15 de mayo de 2016), 16.
[82] Cf. Código de Derecho Canónico, cann. 684 y 685.
[83] Cf. Código de Derecho Canónico, can. 695.
[84] Cf. Juan Pablo II, Ex. Ap. post-sinodal Vita consecrata, (25 de marzo de 1996), 19.
[85] Ibíd, 69.
[86] Ibíd, 65 y 69-70.
[87] « Es muy importante que toda persona consagrada sea formada en la libertad de aprender durante toda la vida, en toda edad y en todo momento, en todo ambiente y contexto humano, de toda persona y de toda cultura, para dejarse instruir por cualquier parte de verdad y belleza que encuentra junto a sí. Pero, sobre todo, deberá aprender a dejarse formar por la vida de cada día, por su propia comunidad y por sus hermanos y hermanas, por las cosas de siempre, ordinarias y extraordinarias, por la oración y por el cansancio apostólico, en la alegría y en el sufrimiento, hasta el momento de la muerte »: Congregación para los Institutos de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica, Instrucción Caminar desde Cristo. Un renovado compromiso de la vida consagrada en el tercer milenio (19 de mayo de 2002), 15.
[88] « La tentación del individualismo. Es la tentación de los egoístas que por el camino pierden la meta y, en vez de pensar en los demás, piensan sólo en sí mismos, sin experimentar ningún tipo de vergüenza, más bien al contrario, se justifican. La Iglesia es la comunidad de los fieles, el cuerpo de Cristo, donde la salvación de un miembro está vinculada a la santidad de todos. El individualismo es, en cambio, motivo de escándalo y de conflicto »: Francisco, Discurso con ocasión del Encuentro de Oración con el Clero, los Religiosos, las Religiosas y los Seminaristas, Il Cairo (29 de abril de 2017).
[89] Cf. Congregación para los Institutos de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica, Instrucción Caminar desde Cristo. Un renovado compromiso de la vida consagrada en el tercer milenio (19 de mayo de 2002), 18.
[90] Cf. Código de Derecho Canónico, can. 1072.
[91] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 b).
[92] Cf. Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 a) y 5 b).
[93] Juan Pablo II, Ex. Ap. post-sinodal Vita consecrata (25 de marzo de 1996), 65.
[94] Cf. Juan Pablo II, Discurso a las participantes al Congreso internacional del Ordo virginum, en el 25º Aniversario de la promulgación del rito, Roma (2 de junio de 1995), 4
[95] « Decía Benedicto XVI que existe una “ecología del hombre” por la cual “también el hombre posee una naturaleza que debe respetar y que no puede manipular a su antojo” [Discurso al Deutscher Bundestag, Berlín (22 de septiembre de 2011)]. En esta línea, cabe reconocer que nuestro propio cuerpo nos sitúa en una relación directa con el ambiente y con los demás seres vivientes. La aceptación del propio cuerpo como don de Dios es necesaria para acoger y aceptar el mundo entero como regalo del Padre y casa común, mientras una lógica de dominio sobre el cuerpo se transforma en una lógica a veces sutil de dominio sobre la creación. Aprender a recibir el propio cuerpo, a cuidarlo y a respetar sus significados, es esencial para una verdadera ecología humana. También la valoración del propio cuerpo en su feminidad o masculinidad es necesaria para reconocerse a sí mismo en el encuentro con el diferente. De este modo es posible aceptar gozosamente el don específico del otro o de la otra, obra de Dios creador, y enriquecerse recíprocamente »: Francisco, Cart. Enc. Laudato si’ (24 de mayo de 2015), 155.
[96] Cf. Congregación para la Educación Católica, Orientaciones para el uso de la competencia psicológica en la admisión y en la formación de los candidatos al sacerdocio (29 de junio de 2008); Congregación para el Clero, El don de la vocación presbiteral. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 de diciembre de 2016), 146-147 y 191-196.
[97] Cf. Congregación para el Clero, El don de la vocación presbiteral. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 de diciembre de 2016), 194.
[98] « En la selección de los especialistas, además de sus cualidades humanas y sus competencias específicas, se debe tener en cuenta su perfil como creyente »: Congregación para el Clero, El don de la vocación presbiteral. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (8 de diciembre de 2016), 146.
[99] Ordo consecrationis virginum, Prænotanda, 5 a).
[100] Congregación para los Institutos de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica, Instrucción Caminar desde Cristo. Un renovado compromiso de la vida consagrada en el tercer milenio (19 mayo 2002), 25.
[101] Cf. Congregación para los Institutos de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica, Instrucción Caminar desde Cristo. Un renovado compromiso de la vida consagrada en el tercer milenio (19 mayo 2002), 15.
[01125-ES.01] [Texto original: Italiano]
[B0508-XX.02]