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Pellegrinaggio Ecumenico del Santo Padre Francesco a Ginevra in occasione del 70° anniversario della fondazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese (21 giugno 2018) - Cerimonia di benvenuto a Ginevra, Incontro con il Presidente della Confederazione Svizzera, Preghiera Ecumenica al Centro Ecumenico di Ginevra, 21.06.2018


Cerimonia di benvenuto all’Aeroporto Internazionale di Ginevra

Incontro privato con il Presidente della Confederazione Svizzera

Preghiera Ecumenica nel Centro Ecumenico di Ginevra

Pranzo con la Leadership del WCC all’Istituto Ecumenico di Bossey

Cerimonia di benvenuto all’Aeroporto Internazionale di Ginevra

L’aereo con a bordo il Santo Padre Francesco, partito questa mattina alle ore 8.35 da Roma-Fiumicino, è atterrato all’Aeroporto Internazionale di Ginevra alle 10.05.

Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto dal Presidente della Confederazione Svizzera, Sig. Alain Berset. Erano presenti anche due ex Guardie Svizzere Pontificie in divisa e due bambini, in abito tradizionale, che hanno offerto un omaggio floreale al Santo Padre.

Quindi ha avuto luogo la presentazione delle rispettive Delegazioni, l’esecuzione degli inni e gli onori militari. Subito dopo il Papa ha salutato il Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Svizzera, Dott. Gottfried Locher, e si è trasferito al Pavillon VIP dell’Aeroporto per l’incontro privato con il Presidente della Confederazione Svizzera.

[00992-IT.01]

Incontro privato con il Presidente della Confederazione Svizzera

Alle ore 10.30, dopo lo scambio dei doni, ha avuto luogo l’incontro privato del Santo Padre Francesco con il Presidente della Confederazione Svizzera, Sig. Alain Berset.

Al termine dell’incontro, è stata presentata la Delegazione svizzera. Quindi, dopo essersi congedato dal Presidente e dal Direttore del Dipartimento Federale, il Papa si è trasferito in auto al Centro Ecumenico World Council of Churches (WCC).

[00999-IT.01]

Preghiera Ecumenica nel Centro Ecumenico di Ginevra

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 11.10 di questa mattina, il Santo Padre Francesco è arrivato al Centro Ecumenico del World Council of Churches (WCC) per la Preghiera Ecumenica.

Al Suo arrivo è stato accolto dal Rev.do Dott. Olav Fykse Tveit, Segretario Generale del WCC; dalla Dott.ssa Agnes Abuom, Moderatrice; dal Metropolita Prof. Dott. Gennadios of Sassima, Vice-Moderatore; e da Bishop Mary Ann Swenson, Vice-Moderatrice, che lo hanno accompagnato nella Cappella del Centro. Erano presenti i membri del Comitato Centrale del World Council of Churches, alcuni partner ecumenici e il Seguito papale.

Dopo la processione iniziale, la Preghiera Ecumenica si è aperta con i saluti introduttivi, è proseguita con la preghiera di pentimento, la preghiera per la riconciliazione e per l’unità, e la Lettura. Quindi il Papa ha pronunciato un discorso.

Al termine, dopo la recita del Padre Nostro e la preghiera per l’unità della Chiesa, Papa Francesco si è recato in auto all’Istituto Ecumenico di Bossey.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della celebrazione:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,

abbiamo ascoltato le parole dell’Apostolo Paolo ai Galati, che sperimentavano travagli e lotte interne. Vi erano infatti gruppi che si affrontavano e si accusavano a vicenda. È in questo contesto che l’Apostolo, per ben due volte nel giro di pochi versetti, invita a «camminare secondo lo Spirito» (Gal 5,16.25).

Camminare. L’uomo è un essere in cammino. Per tutta la vita è chiamato a mettersi in cammino, in continua uscita da dove si trova: da quando esce dal grembo della madre a quando passa da un’età della vita a un’altra; dal momento in cui lascia la casa dei genitori fino a quando esce da questa esistenza terrena. Il cammino è metafora che rivela il senso della vita umana, di una vita che non basta a sé stessa, ma è sempre in cerca di qualcosa di ulteriore. Il cuore ci invita ad andare, a raggiungere una meta.

Ma camminare è una disciplina, una fatica, servono pazienza quotidiana e allenamento costante. Occorre rinunciare a tante strade per scegliere quella che conduce alla meta e ravvivare la memoria per non smarrirla. Meta e memoria. Camminare richiede l’umiltà di tornare sui propri passi, quando è necessario, e la cura per i compagni di viaggio, perché solo insieme si cammina bene. Camminare, insomma, esige una conversione continua di sé. Per questo tanti vi rinunciano, preferendo la quiete domestica, dove curare comodamente i propri affari senza esporsi ai rischi del viaggio. Ma così ci si aggrappa a sicurezze effimere, che non danno quella pace e quella gioia cui il cuore aspira, e che si trovano solo uscendo da sé stessi.

Dio ci chiama a questo, fin dagli inizi. Già ad Abramo fu chiesto di lasciare la sua terra, di mettersi in cammino equipaggiandosi solo di fiducia in Dio (cfr Gen 12,1). Così Mosè, Pietro e Paolo, e tutti gli amici del Signore hanno vissuto in cammino. Ma soprattutto Gesù ce ne ha dato l’esempio. Per noi è uscito dalla sua condizione divina (cfr Fil 2,6-7) e tra noi è sceso a camminare, Lui che è la Via (cfr Gv 14,6). Egli, il Signore e il Maestro, si è fatto pellegrino e ospite in mezzo a noi. Tornato al Padre, ci ha fatto dono del suo stesso Spirito, così che anche noi abbiamo la forza di camminare nella sua direzione, di compiere quello che Paolo chiede: camminare secondo lo Spirito.

Secondo lo Spirito: se ogni uomo è un essere in cammino, e chiudendosi in sé stesso rinnega la sua vocazione, molto di più il cristiano. Perché, sottolinea Paolo, la vita cristiana porta con sé un’alternativa inconciliabile: da una parte camminare secondo lo Spirito, seguendo il tracciato inaugurato dal Battesimo; dall’altra «soddisfare il desiderio della carne» (Gal 5,16). Che cosa vuol dire questa espressione? Significa provare a realizzarsi inseguendo la via del possesso, la logica dell’egoismo, secondo cui l’uomo cerca di accaparrare qui e ora tutto ciò che gli va. Non si lascia accompagnare docilmente dove Dio indica, ma persegue la propria rotta. Abbiamo sotto gli occhi le conseguenze di questo tragico percorso: vorace di cose, l’uomo perde di vista i compagni di viaggio; allora sulle strade del mondo regna una grande indifferenza. Spinto dai propri istinti, diventa schiavo di un consumismo senza freni: allora la voce di Dio viene messa a tacere; allora gli altri, soprattutto se incapaci di camminare sulle loro gambe, come i piccoli e gli anziani, diventano scarti fastidiosi; allora il creato non ha più altro senso se non quello di soddisfare la produzione in funzione dei bisogni.

Cari fratelli e sorelle, oggi più che mai queste parole dell’Apostolo Paolo ci interpellano: camminare secondo lo Spirito è rigettare la mondanità. È scegliere la logica del servizio e progredire nel perdono. È calarsi nella storia col passo di Dio: non col passo rimbombante della prevaricazione, ma con quello cadenzato da «un solo precetto: Amerai il prossimo tuo come te stesso» (v. 14). La via dello Spirito è infatti segnata dalle pietre miliari che Paolo elenca: «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (v. 22).

Siamo chiamati, insieme, a camminare così: la strada passa per una continua conversione, per il rinnovamento della nostra mentalità perché si adegui a quella dello Spirito Santo. Nel corso della storia, le divisioni tra cristiani sono spesso avvenute perché alla radice, nella vita delle comunità, si è infiltrata una mentalità mondana: prima si alimentavano gli interessi propri, poi quelli di Gesù Cristo. In queste situazioni il nemico di Dio e dell’uomo ha avuto gioco facile nel separarci, perché la direzione che inseguivamo era quella della carne, non quella dello Spirito. Persino alcuni tentativi del passato di porre fine a tali divisioni sono miseramente falliti, perché ispirati principalmente a logiche mondane. Ma il movimento ecumenico, al quale il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha tanto contribuito, è sorto per grazia dello Spirito Santo (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 1). L’ecumenismo ci ha messi in moto secondo la volontà di Gesù e potrà progredire se, camminando sotto la guida dello Spirito, rifiuterà ogni ripiegamento autoreferenziale.

Ma – si potrebbe obiettare – camminare in questo modo è lavorare in perdita, perché non si tutelano a dovere gli interessi delle proprie comunità, spesso saldamente legati ad appartenenze etniche o a orientamenti consolidati, siano essi maggiormente “conservatori” o “progressisti”. Sì, scegliere di essere di Gesù prima che di Apollo o di Cefa (cfr 1 Cor 1,12), di Cristo prima che “Giudei o Greci” (cfr Gal 3,28), del Signore prima che di destra o di sinistra, scegliere in nome del Vangelo il fratello anziché sé stessi significa spesso, agli occhi del mondo, lavorare in perdita. Non abbiamo paura di lavorare in perdita! L’ecumenismo è “una grande impresa in perdita”. Ma si tratta di perdita evangelica, secondo la via tracciata da Gesù: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Lc9,24). Salvare il proprio è camminare secondo la carne; perdersi dietro a Gesù è camminare secondo lo Spirito. Solo così si porta frutto nella vigna del Signore. Come Gesù stesso insegna, non quanti accaparrano portano frutto nella vigna del Signore, ma quanti, servendo, seguono la logica di Dio, il quale continua a donare e a donarsi (cfr Mt 21,33-42). È la logica della Pasqua, l’unica che dà frutto.

Guardando al nostro cammino, possiamo rispecchiarci in alcune situazioni delle comunità della Galazia di allora: quant’è difficile sopire le animosità e coltivare la comunione, quant’è ostico uscire da contrasti e rifiuti reciproci alimentati per secoli! Ancora più arduo è resistere alla tentazione subdola: stare insieme agli altri, camminare insieme, ma con l’intento di soddisfare qualche interesse di parte. Questa non è la logica dell’Apostolo, è quella di Giuda, che camminava insieme a Gesù ma per i suoi affari. La risposta ai nostri passi vacillanti è sempre la stessa: camminare secondo lo Spirito, purificando il cuore dal male, scegliendo con santa ostinazione la via del Vangelo e rifiutando le scorciatoie del mondo.

Dopo tanti anni di impegno ecumenico, in questo settantesimo anniversario del Consiglio, chiediamo allo Spirito di rinvigorire il nostro passo. Troppo facilmente esso si arresta davanti alle divergenze che persistono; troppo spesso si blocca in partenza, logorato di pessimismo. Le distanze non siano scuse, è possibile già ora camminare secondo lo Spirito: pregare, evangelizzare, servire insieme, questo è possibile e gradito a Dio! Camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme: ecco la nostra strada maestra di oggi.

Questa strada ha una meta precisa: l’unità. La strada contraria, quella della divisione, porta a guerre e distruzioni. Basta leggere la storia. Il Signore ci chiede di imboccare continuamente la via della comunione, che conduce alla pace. La divisione, infatti, «si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura» (Unitatis redintegratio,1). Il Signore ci chiede unità; il mondo, dilaniato da troppe divisioni che colpiscono soprattutto i più deboli, invoca unità.

Cari fratelli e sorelle, ho desiderato venire qui, pellegrino in cerca di unità e di pace. Ringrazio Dio perché qui ho trovato voi, fratelli e sorelle già in cammino. Camminare insieme per noi cristiani non è una strategia per far maggiormente valere il nostro peso, ma è un atto di obbedienza nei riguardi del Signore e di amore nei confronti del mondo. Obbedienza a Dio e amore al mondo, il vero amore che salva. Chiediamo al Padre di camminare insieme con più vigore nelle vie dello Spirito. La Croce orienti il cammino perché lì, in Gesù, sono già abbattuti i muri di separazione ed è vinta ogni inimicizia (cfr Ef 2,14): lì comprendiamo che, nonostante tutte le nostre debolezze, nulla ci separerà mai dal suo amore (cfr Rm 8,35-39). Grazie.

[00993-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers frères et sœurs,

Nous avons écouté la parole de l’Apôtre Paul aux Galates, qui traversaient des difficultés et des luttes internes. Il y avait en effet des groupes qui s’affrontaient et s’accusaient mutuellement. C’est dans ce contexte que l’Apôtre, par deux fois en peu de versets, invite à marcher «sous la conduite de l’Esprit Saint» (Ga 5, 16.25).

Marcher. L’homme est un être en chemin. Toute sa vie durant, il est appelé à se mettre en route, pour une sortie continue à partir de là où il se trouve: du moment où il sort du sein maternel jusqu’au moment où il passe d’un âge de la vie à un autre; du moment où il laisse la maison de ses parents jusqu’au moment où il sort de cette existence terrestre. Le chemin est une métaphore qui révèle le sens de la vie humaine, d’une vie qui ne se suffit pas à elle-même, mais qui est toujours à la recherche de quelque chose de plus. Le cœur nous invite à marcher, à atteindre un but.

Mais marcher est une discipline, un effort; il faut de la patience quotidienne et un entraînement constant. Il faut renoncer à beaucoup de chemins pour choisir celui qui conduit au but et vivifier la mémoire pour ne pas la perdre. But et mémoire. Marcher demande l’humilité de retourner sur ses propres pas, quand c’est nécessaire, et le souci des compagnons de voyage, car ce n’est qu’ensemble qu’on marche bien. Marcher, en somme, exige une conversion de soi continue. C’est pourquoi beaucoup y renoncent, en préférant la quiétude de la maison, où ils s’occupent commodément de leurs propres affaires sans s’exposer aux risques du voyage. Mais ainsi, on s’accroche à des sécurités éphémères, qui ne donnent pas cette paix et cette joie auxquelles le cœur aspire, et qui ne se trouvent qu’en sortant de soi-même.

Dieu nous appelle à cela, depuis les débuts. Déjà, à Abraham il a été demandé de quitter sa terre, de se mettre en chemin, armé seulement de la confiance en Dieu (cf. Gn 12, 1). C’est ainsi que Moïse, Pierre et Paul, et tous les amis du Seigneur, ont vécu en cheminant. Mais surtout Jésus nous en a donné l’exemple. Pour nous, il est sorti de sa condition divine (cf. Ph 2, 6-7) et il est descendu parmi nous pour marcher, lui qui est le Chemin (cf. Jn 14, 6). Lui, le Seigneur et le Maître, s’est fait pèlerin et hôte au milieu de nous. Retourné au Père, il nous a fait don de son Esprit même, de manière que nous ayons la force de marcher dans sa direction, d’accomplir ce que Paul demande: marcher selon l’Esprit.

Selon l’Esprit: si chaque homme est un être en chemin, et qu’en se repliant sur lui-même il renie sa vocation, à plus forte raison le chrétien. En effet, souligne Paul, la vie chrétienne porte en soi une alternative inconciliable: d’une part marcher selon l’Esprit, en suivant le chemin inauguré par le Baptême; d’autre part «satisfaire les convoitises de la chair» (Ga 5, 16). Que veut dire cette expression? Elle signifie essayer de se réaliser en suivant la voie de la possession, la logique de l’égoïsme, selon lesquelles l’homme cherche à accaparer ici et maintenant tout ce qui lui plaît. Il ne se laisse pas accompagner docilement là où Dieu indique, mais poursuit sa propre route. Nous avons sous les yeux les conséquences de ce parcours tragique: vorace des choses, l’homme perd de vue ses compagnons de voyage; alors sur les routes du monde règne une grande indifférence. Poussé par ses propres instincts, il devient esclave d’un consumérisme effréné: alors la voix de Dieu est étouffée; alors les autres, surtout ceux qui sont incapables de marcher sur leurs jambes, comme les enfants et les personnes âgées, deviennent des déchets dérangeants; alors la création n’a plus d’autre sens que de servir à la production en fonction des besoins.

Chers frères et sœurs, aujourd’hui plus que jamais ces paroles de l’Apôtre Paul nous interpellent: marcher selon l’Esprit, c’est rejeter la mondanité. C’est choisir la logique du service et progresser dans le pardon. C’est s’inscrire dans l’histoire au pas de Dieu: non au pas tonitruant de la prévarication, mais au pas cadencé d’un seul précepte: «Tu aimeras ton prochain comme toi-même» (v.14). La voie de l’Esprit est en effet marquée par des jalons dont Paul dresse la liste: «amour, joie, paix, patience, bonté, bienveillance, fidélité, douceur et maîtrise de soi» (vv. 22-23).

Nous sommes appelés, ensemble, à marcher ainsi: la route passe par une conversion continue, par le renouvellement de notre mentalité afin qu’elle soit conforme à celle de l’Esprit Saint. Au cours de l’histoire, les divisions entre chrétiens sont souvent advenues parce qu’à la racine, dans la vie des communautés, s’est infiltrée une mentalité mondaine: on défendait d’abord ses intérêts propres, puis ceux de Jésus Christ. Dans ces situations, l’ennemi de Dieu et de l’homme a eu la tâche facile en nous séparant, car la direction que nous suivions était celle de la chair, non celle de l’Esprit. Même certaines tentatives du passé pour mettre fin à ces divisions ont misérablement échoué, parce qu’elles étaient principalement inspirées par des logiques mondaines. Mais le mouvement œcuménique, auquel le Conseil Œcuménique a tant contribué, a surgi par la grâce de l’Esprit Saint (cf. Conc. Oecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, n. 1). L’œcuménisme nous a mis en route selon la volonté de Jésus et pourra progresser à condition qu’en marchant sous la conduite de l’Esprit, il rejette tout repli autoréférentiel.

Mais – pourrait-on rétorquer – marcher de cette manière, c’est travailler en vain, car on ne défend pas, comme il se doit, les intérêts des communautés respectives, souvent solidement liées à des appartenances ethniques ou à des orientations affermies, qu’elles soient principalement ‘‘conservatrices’’ ou ‘‘progressistes’’. Oui, choisir d’appartenir à Jésus avant d’appartenir à Apollos ou à Pierre (cf. 1 Co 1, 12), d’appartenir au Christ avant d’être ‘‘Juifs ou Grecs’’ (cf. Ga 3, 28), d’appartenir au Seigneur avant d’être de droite ou de gauche, choisir au nom de l’Évangile le frère au lieu de soi-même signifie souvent, aux yeux du monde, travailler en pure perte. N’ayons pas peur de travailler en pure perte! L’œcuménisme est ‘‘une grande entreprise en pure perte’’. Mais il s’agit d’une perte évangélique, selon la voie tracée par Jésus: «Celui qui veut sauver sa vie la perdra; mais celui qui perdra sa vie à cause de moi la sauvera» (Lc 9, 24). Sauver ce qui nous est propre, c’est marcher selon la chair; se perdre en suivant Jésus, c’est marcher selon l’Esprit. Ce n’est qu’ainsi qu’on porte du fruit dans la vigne du Seigneur. Comme Jésus l’enseigne lui-même, ce ne sont pas ceux qui accaparent qui portent du fruit dans la vigne du Seigneur, mais ceux qui, en servant, suivent la logique de Dieu qui continue de donner et de se donner (cf. Mt 21, 33-42). C’est la logique de la Pâque, l’unique qui porte du fruit.

En regardant notre cheminement, nous pouvons nous retrouver dans quelques situations des communautés des Galates d’alors: comme il est difficile de calmer les animosités et de cultiver la communion, comme il est difficile de sortir des contrastes et des refus réciproques alimentés par des siècles! Il est encore plus difficile de résister à la tentation trompeuse: être ensemble avec les autres, marcher ensemble, mais avec l’intention de satisfaire quelque intérêt partisan. Ce n’est pas la logique de l’Apôtre, c’est celle de Judas, qui marchait avec Jésus mais pour ses propres affaires. La réponse à nos pas vacillants est toujours la même: marcher selon l’Esprit, en purifiant le cœur du mal, en choisissant avec une sainte obstination la voie de l’Evangile et en refusant les faux-fuyants du monde.

Après tant d’années d’engagement œcuménique, à l’occasion de ce soixante-dixième anniversaire du Conseil, demandons à l’Esprit de revigorer notre pas. Trop facilement, il s’arrête devant les divergences qui persistent; trop souvent, il est bloqué au départ, miné par le pessimisme. Que les distances ne soient pas des excuses! Il est déjà possible de marcher dès maintenant selon l’Esprit: prier, évangéliser, servir ensemble, c’est possible et cela plaît à Dieu! Marcher ensemble, prier ensemble, travailler ensemble: voilà notre route principale d’aujourd’hui!

Cette route a un but précis: l’unité. Le chemin opposé, celui de la division, conduit à des guerres et à des destructions. Il suffit de lire l’histoire. Le Seigneur nous demande d’emprunter continuellement la voie de la communion, qui conduit à la paix. La division, en effet, «s’oppose ouvertement à la volonté du Christ. Elle est pour le monde un objet de scandale et elle fait obstacle à la plus sainte des causes : la prédication de l’Évangile à toute créature» (Unitatis redintegratio, n. 1). Le Seigneur nous demande l’unité, le monde, marqué par trop de divisions qui affectent surtout les plus faibles, implore l’unité.

Chers frères et sœurs, j’ai voulu venir ici en pèlerin à la recherche de l’unité et de la paix. Je remercie Dieu, parce qu’ici je vous ai trouvés, vous, frères et sœurs déjà en chemin. Marcher ensemble pour nous chrétiens n’est pas une stratégie pour faire davantage valoir notre poids, mais c’est un acte d’obéissance envers le Seigneur et d’amour envers le monde. Obéissance à Dieu et amour pour le monde, le véritable amour qui sauve. Demandons au Père de marcher ensemble avec plus de vigueur sur les routes de l’Esprit. Que la Croix oriente notre chemin, parce que là, en Jésus, ont déjà été abattus les murs de séparation et toute inimitié a été vaincue (cf. Ep 2, 14): là, nous comprenons que, malgré toutes nos faiblesses, rien ne nous séparera jamais de son amour (cf. Rm 8, 35-39).Merci.

[00993-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

We have heard the words addressed by the Apostle Paul to the Galatians, who were experiencing conflict and division. Groups were fighting and hurling accusations at one another. It is in this context that the Apostle, twice in the space of a few verses, invites us to “walk in the Spirit” (cf. Gal 5:16.25).

Walking. We human beings are constantly on the move. Throughout our lives, we are called to set out and keep walking: from our mother’s womb and at every stage of life, from when we first leave home to the day we depart from this earthly existence. The metaphor of walking reveals the real meaning of our life, a life that is not self-sufficient but always in search of something greater. Our hearts spur us to keep walking, to pursue a goal.

Walking is a discipline; it takes effort. It requires patience and exercise, day after day. We have to forego many other paths in order to choose the one that leads to the goal. We have to keep that goal constantly before us, lest we go astray. Remembering the goal. Walking also demands the humility to be prepared at times, when necessary, to retrace our steps. It also involves being concerned for our travelling companions, since only in company do we make good progress. Walking, in a word, demands constant conversion. That is why so many people refuse to do it. They prefer to remain in the quiet of their home, where it is easy to manage their affairs without facing the risks of travel. But that is to cling to a momentary security, incapable of bestowing the peace and joy for which our hearts yearn. That joy and peace can only be found by going out from ourselves.

That is what God has called us to do from the beginning. Abraham was told to leave his native land and to set out on a journey, equipped only with trust in God (cf. Gen 12). So too Moses, Peter and Paul, and all the Lord’s friends were constantly on the move. But Jesus himself set us the greatest example. He is himself the Way (cf. Jn 14:6). He left his divine state (cf. Phil 2:6-7) and came down to walk among us. Our Lord and Master, he became a wayfarer and a guest in our midst. When he returned to the Father, he granted us his Spirit, so that we too might have the strength to walk towards him. As Paul tells us: to walk in the Spirit.

In the Spirit. If we human beings are constantly on the move, and by closing our hearts to others we deny our very vocation, this is even more true of us Christians. For as Paul emphasizes, the Christian life involves an unavoidable decision. We can either walk in the Spirit along the path opened up by our baptism or else we can “gratify the desires of the flesh” (Gal 5:16). What does this last expression mean? It means thinking that the way to fulfilment is by acquiring possessions, selfishly attempting to store up here and now everything we desire. Rather than letting ourselves quietly be led where God would have us, we go our own way. It is easy to see the result of this tragic loss of direction. The thirst for material things blinds us to our companions along the way, and indifference prevails in the streets of today’s world. Driven by our instincts, we become slaves to unbridled consumerism, and God’s voice is gradually silenced. Other people, especially those who cannot walk on their own, like children and the elderly, then become nuisances to be cast aside. Creation then comes to have no other purpose than to supply our needs.

Dear brothers and sisters, today more than ever the words of the Apostle Paul challenge us. Walking in the Spirit means rejecting worldliness. It means opting for a mindset of service and growing in forgiveness. It means playing our part in history but in God’s good time, not letting ourselves be caught up in the whirlwind of corruption but advancing calmly on the way whose signpost is the “one commandment: ‘You shall love your neighbour as yourself’” (v. 14). The path of the Spirit is marked by the milestones that Paul sets forth: “love, joy, peace, patience, kindness, generosity, faithfulness, gentleness and self-control” (v. 22).

We are called, together, to walk along this path. This calls for constant conversion and the renewal of our way of thinking, so that it can conform to that of the Holy Spirit. In the course of history, divisions between Christians have often arisen because at their root, in the life of communities, a worldly mindset has seeped in. First, self-concern took priority over concern for Christ. Once this happened, the Enemy of God and man had no difficulty in separating us, because the direction we were taking was that of the flesh, not of the Spirit. Even some past attempts to end those divisions failed miserably because they were chiefly inspired by a worldly way of thinking. Yet the ecumenical movement, to which the World Council of Churches has made so great a contribution, came about as a grace of the Holy Spirit (cf. Unitatis Redintegratio, 1). Ecumenism made us set out in accordance with Christ’s will, and it will be able to progress if, following the lead of the Spirit, it constantly refuses to withdraw into itself.

It might be objected that to walk in this way is to operate at a loss, since it does not adequately protect the interests of individual communities, often closely linked to ethnic identity or split along party lines, whether “conservative” or “progressive”. To choose to belong to Jesus before belonging to Apollos or Cephas (cf. 1 Cor 1:12); to belong to Christ before being “Jew or Greek” (cf. Gal 3:28); to belong to the Lord before identifying with right or left; to choose, in the name of the Gospel, our brother or our sister over ourselves… In the eyes of the world, this often means operating at a loss. Let us not be afraid to operate at a loss! Ecumenism is “a great enterprise operating at a loss”. But the loss is evangelical, reflecting the words of Jesus: “Those who want to save their life will lose it, and those who lose their life for my sake will save it” (Lk 9:24). To save only what is ours is to walk according to the flesh; to lose everything in the footsteps of Jesus is to walk in the Spirit. Only in this way does the Lord’s vineyard bear fruit. As Jesus himself teaches, those who store up riches for themselves bear no fruit in the Lord’s vineyard, only those who, by serving others, imitate the “mindset” of God, who never stops giving, even to the gift of his very self (cf. Mt 21:33-42). Such is the mindset of Easter, which alone truly bears fruit.

Looking at our own journey, we can see a reflection of ourselves in some of the experiences of the early communities of Galatia. How difficult it is to overcome hard feelings and to foster communion! How hard it is to leave behind centuries-old disagreements and mutual recriminations! It is even more formidable to withstand the subtle temptation to join others, to walk together, but for the sake of satisfying some partisan interest. This is not the “mindset” of the Apostle, but that of Judas, who walked with Jesus but for his own purposes. There is only one way to shore up our wavering footsteps: to walk in the Spirit, purifying our hearts of evil, choosing with holy tenacity the way of the Gospel and rejecting the shortcuts offered by this world.

After so many years of ecumenical commitment, on this seventieth anniversary of the World Council, let us ask the Spirit to strengthen our steps. All too easily we halt before our continuing differences; all too often we are blocked from the outset by a certain weariness and lack of enthusiasm. Our differences must not be excuses. Even now we can walk in the Spirit: we can pray, evangelize and serve together. This is possible and it is pleasing to God! Walking, praying and working together: this is the great path that we are called to follow today.

And this path has a clear aim, that of unity. The opposite path, that of division, leads to conflict and breakup. We need but open our history books. The Lord bids us set out ever anew on the path of communion that leads to peace. Our lack of unity is in fact “openly contrary to the will of Christ, but is also a scandal to the world and harms the most holy of causes: the preaching of the Gospel to every creature” (Unitatis Redintegratio, 1). The Lord asks us for unity; our world, torn by all too many divisions that affect the most vulnerable, begs for unity.

Dear brothers and sisters, I have desired to come here, a pilgrim in quest of unity and peace. I thank God because here I have found you, brothers and sisters already making this same journey. For us as Christians, walking together is not a ploy to strengthen our own positions, but an act of obedience to the Lord and love for our world. Obedience to God and love for our world, the true love that saves. Let us ask the Father to help us walk together all the more resolutely in the ways of the Spirit. May the Cross guide our steps, because there, in Jesus, the walls of separation have already been torn down and all enmity overcome (cf. Eph 2:14). In him, we will come to see that, for all our failings, nothing will ever separate us from his love (cf. Rom 8:35-39). Thank you.

[00993-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern,

wir haben die Worte des Apostels Paulus an die Galater gehört, die Belastungen und interne Auseinandersetzungen erlebten. Denn es gab Gruppen, die aneinandergerieten und sich gegenseitig anklagten. In diesem Zusammenhang lädt der Apostel gleich zweimal innerhalb von wenigen Versen dazu ein, im Geist zu wandeln (vgl. Gal 5,16.25).

Wandeln. Der Mensch ist ein Lebewesen auf dem Weg. Das ganze Leben über ist er gerufen, sich auf den Weg zu machen und ständig von dort hinauszugehen, wo er sich befindet: wann er aus dem Mutterleib geboren wird, wann er von einem Lebensalter zu einem anderen übergeht; vom Augenblick, in dem er das Elternhaus verlässt bis hin zum Moment, in dem er aus diesem irdischen Dasein scheidet. Der Weg ist ein Gleichnis, das den Sinn des menschlichen Lebens offenbart, eines Lebens, das nicht sich selbst genügt, sondern immer auf der Suche ist nach etwas, was darüber hinausgeht. Das Herz lädt uns ein, zu einem Ziel zu gehen, es zu erreichen.

Aber Gehen bedeutet Disziplin, Anstrengung, es bedarf der täglichen Geduld und der beständigen Übung. Man muss auf viele Straßen verzichten, um jene zu wählen, die zum Ziel führt. Dazu muss man die Erinnerung wach halten, um das Ziel nicht aus den Augen zu verlieren. Ziel und Erinnerung. Gehen erfordert die Demut kehrtzumachen, wenn es notwendig ist. Gehen schließt die Sorge um die Weggefährten ein, weil man nur gemeinsam gut geht. Gehen verlangt also eine beständige Bekehrung von sich selbst. Deshalb verzichten viele darauf und ziehen die häusliche Ruhe vor, in der sie bequem die eigenen Angelegenheiten pflegen können, ohne sich den Risiken der Reise auszusetzen. Aber so klammert man sich an flüchtige Sicherheiten, die nicht jenen Frieden und jene Freude geben, nach denen sich das Herz sehnt, und die man nur findet, wenn man aus sich selbst herausgeht.

Gott ruft uns hinauszugehen, von Anfang an. Schon von Abraham wurde verlangt, sein Land zu verlassen, sich auf den Weg zu machen und sich allein mit dem Vertrauen auf Gott auszurüsten (vgl. Gen 12,1). So haben Mose, Petrus und Paulus und alle Freunde des Herrn ein Leben auf dem Weg geführt. Aber vor allem Jesus hat uns dafür ein Beispiel gegeben. Für uns ist er aus seiner göttlichen Gestalt (vgl. Phil 2,6-7) herausgegangen und ist zu uns hinabgestiegen, um sich auf den Weg zu machen, er, der der Weg ist (vgl. Joh 14,6). Er, der Herr und Meister, hat sich zum Pilger und Gast unter uns gemacht. Als er zum Vater zurückgekehrt war, hat er uns seinen eigenen Geist geschenkt, so dass auch wir die Kraft haben, in seine Richtung zu gehen und das zu vollziehen, was Paulus fordert: im Geiste zu wandeln.

Im Geiste. Wenn schon jeder Mensch ein Lebewesen auf dem Weg ist, der seine Berufung verleugnet, wenn er sich in sich selbst verschließt, so gilt dies umso mehr für den Christen. Denn, so unterstreicht Paulus, das christliche Leben stellt uns vor die absolute Alternative: einerseits im Geiste zu wandeln und der von der Taufe vorgezeichneten Spur zu folgen oder andererseits »das Begehrten des Fleisches zu erfüllen« (Gal 5,16). Was sagt diese Formulierung aus? Sie bedeutet, sich selbst verwirklichen zu wollen, indem man dem Weg des Besitzes, der Logik des Egoismus folgt. Gemäß dieser Logik versucht der Mensch, hier und jetzt all das, was ihm gefällt, anzuhäufen. Er geht nicht vertrauensvoll in die Richtung mit, die Gott ihm aufzeigt, sondern er verfolgt seine eigenen Wege. Uns stehen die Konsequenzen dieser tragischen Entwicklung vor Augen: Der Mensch verliert in der Gier nach Dingen die Weggefährten aus dem Blick; so herrscht auf den Straßen der Welt eine große Gleichgültigkeit. Geleitet von seinen Trieben wird der Mensch zum Sklaven eines ungebremsten Konsumismus: So wird die Stimme Gottes zum Schweigen gebracht; so werden die anderen, vor allem wenn sie unfähig sind, mit den eigenen Beinen zu gehen wie die Kleinen und die Alten, zu lästigem Abfall; dann hat die Schöpfung keinen anderen Sinn mehr, als der Produktion in Abhängigkeit von den Bedürfnissen zu genügen.

Liebe Brüder und Schwestern, diese Worte des Apostels Paulus sprechen uns heute mehr denn je an: im Geist zu wandeln ist die Weltlichkeit zu verwerfen. Es bedeutet, die Logik des Dienstes zu wählen und in der Vergebung fortzuschreiten. Es bedeutet, sich in der Gangart Gottes in die Geschichte herabzusenken: nicht mit der dröhnenden Gangart der Machtanmaßung, sondern mit jener, die dem Rhythmus eines einzigen Gebotes folgt: »Du sollst deinen Nächsten lieben wie dich selbst« (V. 14). Denn der Weg des Geistes ist von den Meilensteinen gekennzeichnet, die Paulus aufzählt: »Liebe, Freude, Friede, Langmut, Freundlichkeit, Güte, Treue,Sanftmut und Enthaltsamkeit« (V. 22).

Wir sind gemeinsam gerufen, so zu wandeln: Der Weg führt über eine beständige Bekehrung, über die Erneuerung unserer Denkweise, damit sie sich an jene des Heiligen Geistes anpasse. Im Lauf der Geschichte ist es oft zu Trennungen unter den Christen gekommen, weil sich an der Wurzel, im Leben der Gemeinschaften, eine weltliche Denkweise eingeschlichen hatte: Zuerst versorgte man die Eigeninteressen, dann jene von Jesus Christus. In diesen Situationen hatte der Feind Gottes und des Menschen leichtes Spiel, um uns zu trennen, weil die eingeschlagene Richtung jene des Fleisches war, nicht jene des Geistes. Auch einige Versuche in der Vergangenheit, diesen Trennungen ein Ende zu setzen, sind elend gescheitert, weil sie sich hauptsächlich an einer weltlichen Logik orientierten. Aber die ökumenische Bewegung, zu der der Ökumenische Rat der Kirchen viel beigetragen hat, wurde durch die Gnade des Heiligen Geistes erweckt (vgl. Vaticanum II, Unitatis redintegratio, 1). Die Ökumene hat uns dem Willen Jesu entsprechend in Bewegung gesetzt und wird voranschreiten können, wenn sie immer unter der Führung des Heiligen Geistes wandelnd jede Verkrümmung auf sich selbst abweisen wird.

Aber – so könnte man einwenden – auf diese Weise zu wandeln bedeutet, mit Verlust zu arbeiten, weil man nicht zu Genüge die Eigeninteressen der Gemeinschaften schützt, die oftmals eng an ethnische Zugehörigkeiten oder überkommene Vorstellungen gebunden sind, seien sie mehrheitlich „konservativ“ oder „fortschrittlich“. Ja, zuerst zu Jesus zu halten, bevor man zu Apollos oder zu Kephas hält (vgl. 1 Kor 1,12); in Christi zu sein, bevor man »Jude oder Grieche« (vgl. Gal 3,28) ist; zum Herrn zu gehören, bevor man rechts oder links ist; im Namen des Evangeliums sich für den Bruder anstatt für sich selbst zu entscheiden; das bedeutet oftmals in den Augen der Welt, mit Verlust zu arbeiten. Scheuen wir uns nicht davor, Verluste zu machen! Die Ökumene ist „ein großes Verlustgeschäft“. Aber es handelt sich um einen dem Evangelium gemäßen Verlust entsprechend der von Jesus vorgezeichneten Spur: »Denn wer sein Leben retten will, wird es verlieren; wer aber sein Leben um meinetwillen verliert, der wird es retten« (Lk 9,24). Das Eigene zu retten bedeutet, im Fleisch zu wandeln; sich in der Nachfolge Jesu zu verlieren bedeutet, im Geist zu wandeln. Nur so bringt man im Weinberg des Herrn Frucht. Wie Jesus selbst lehrt, bringen nicht diejenigen, die anhäufen, im Weinberg des Herrn Frucht, sondern diejenigen, die dienen und der Logik Gottes folgen, der weiterhin schenkt und sich selbst schenkt (vgl. Mt 21,33-42). Es ist die österliche Logik, die einzige, die Frucht trägt.

Wenn wir auf unseren Weg schauen, können wir uns in einigen Situationen der Gemeinden Galatiens von damals widerspiegeln: Wie schwierig ist es, die Feindseligkeiten zu beschwichtigen und die Gemeinschaft zu fördern; wie mühsam ist es, aus Gegensätzen und wechselseitigen Ablehnungen herauszukommen, die über Jahrhunderte genährt wurden! Noch schwieriger ist es, jener heimtückischen Versuchung zu widerstehen: mit den anderen zusammen zu sein, miteinander zu gehen, aber in der Absicht, irgendein Eigeninteresse durchzusetzen. Dies ist nicht die Logik des Apostels, es ist die des Judas, der zusammen mit Jesus wandelte, aber zum eigenen Vorteil. Die Antwort auf unsere wankenden Schritte ist immer die gleiche: im Geist wandeln, indem wir das Herz vom Bösen reinigen, mit heiliger Hartnäckigkeit den Weg des Evangeliums wählen und die Schleichwege der Welt ablehnen.

Nach vielen Jahren ökumenischen Einsatzes bitten wir den Geist an diesem siebzigsten Jahrestag des Rates, unsere Schritte zu stärken. Zu leicht bleiben wir angesichts der bestehenden Unterschiede stehen; zu oft bleiben wir, vom Pessimismus niedergedrückt, im Aufbruch strecken. Wir sollten uns nicht mit den Entfernungen herausreden, es ist jetzt schon möglich, im Geist zu wandeln: beten, evangelisieren, gemeinsam dienen, das ist möglich und Gott wohlgefällig! Gemeinsam gehen, gemeinsam beten, gemeinsam arbeiten: Das ist unser Königsweg heute.

Diese Straße hat ein festes Ziel: die Einheit. Die entgegengesetzte Straße, jene der Spaltung, führt zu Kriegen und Zerstörungen. Es genügt, auf die Geschichte zu schauen. Der Herr bittet uns, beständig den Weg der Gemeinschaft einzuschlagen, der zum Frieden führt. Die »Spaltung widerspricht aber ganz offenbar dem Willen Christi, sie ist ein Ärgernis für die Welt und ein Schaden für die heilige Sache der Verkündigung des Evangeliums vor allen Geschöpfen« (Unitatis redintegratio, 1). Der Herr bittet uns um Einheit; die Welt, zerrissen von zu vielen Spaltungen, die vor allem die Schwächsten treffen, ruft nach Einheit.

Liebe Brüder und Schwestern, es war mein Wunsch, als Pilger auf der Suche nach Einheit und Frieden hierher zu kommen. Ich danke Gott, weil ich hier euch, Brüder und Schwestern, die schon unterwegs sind, angetroffen habe. Gemeinsam gehen ist für uns Christen nicht eine Strategie, um größer herauszukommen, sondern ist ein Akt des Gehorsams gegenüber dem Herrn und der Liebe zur Welt. Gehorsam gegenüber Gott und Liebe zur Welt, die wahre Liebe, die rettet. Bitten wir den Vater, mit mehr Kraft auf den Wegen des Geistes gemeinsam zu wandeln. Das Kreuz gebe die Richtung des Weges vor, weil dort, in Jesus, die Mauern der Trennung schon niedergerissen sind und jede Feindschaft überwunden ist (vgl. Eph 2,14): Dort verstehen wir, dass uns trotz unserer Schwächen niemals irgendetwas von seiner Liebe scheiden wird (vgl. Röm 8,35-39). Danke.

[00993-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Hemos escuchado las palabras del Apóstol Pablo a los Gálatas, quienes estaban pasando por tribulaciones y luchas internas. De hecho, había grupos que se enfrentaban y se acusaban mutuamente. En este contexto y hasta dos veces en pocos versículos, el Apóstol invita a «caminar según el Espíritu» (Ga 5,16.25).

Caminar. El hombre es un ser en camino. Está llamado a ponerse en camino durante toda la vida, a salir continuamente del lugar donde se encuentra: desde que sale del seno de la madre hasta que pasa de una a otra etapa de la vida; desde que sale de la casa de los padres hasta el momento en que deja esta existencia terrena. El camino es una metáfora que revela el sentido de la vida humana, de una vida que no es suficiente en sí misma, sino que anhela algo más. El corazón nos invita a marchar, a alcanzar una meta.

Pero caminar es una disciplina, un esfuerzo, se necesita cada día paciencia y un entrenamiento constante. Es preciso renunciar a muchos caminos para elegir el que conduce a la meta y reavivar la memoria para no perderla. Meta y memoria. Caminar requiere la humildad de volver sobre los propios pasos, cuando es necesario, y la preocupación por los compañeros de viaje, porque únicamente juntos se camina bien. Caminar, en definitiva, exige una continua conversión de uno mismo. Por este motivo, son muchos los que renuncian, prefiriendo la tranquilidad doméstica, en la que atienden cómodamente sus propios asuntos sin exponerse a los riesgos del viaje. Pero así se aferran a seguridades efímeras, que no dan la paz y la alegría que el corazón aspira, y que solo se consiguen saliendo de uno mismo.

Dios nos llama a esto ya desde el principio. A Abraham le pidió que dejara su tierra y que se pusiera en camino, con el único equipaje de la confianza en Dios (cf. Gn 12,1). Moisés, Pedro y Pablo, y todos los amigos del Señor vivieron en camino. Pero es sobre todo Jesús quien nos ha dado ejemplo. Salió de su condición divina por nosotros (cf. Flp 2,6-7) y vino entre nosotros para caminar, él que es el Camino (cf. Jn 14,6). Él, el Señor y Maestro, se hizo peregrino y huésped entre nosotros. Cuando regresó al Padre, nos dio el don de su mismo Espíritu, para que también nosotros tuviéramos la fuerza para caminar hacia él y hacer lo que Pablo pide: caminar según el Espíritu.

Según el Espíritu: si cada hombre es un ser en camino, y encerrándose en sí mismo reniega de su vocación, mucho más el cristiano. Porque —indica Pablo— la vida cristiana lleva consigo una alternativa irreconciliable: por una parte, caminar según el Espíritu, siguiendo el itinerario inaugurado por el Bautismo; por otra, «realizar los deseos de la carne» (Ga 5,16). ¿Qué quiere decir esta expresión? Significa intentar realizarse buscando la vía de la posesión, la lógica del egoísmo, con la que el hombre intenta acaparar aquí y ahora todo lo que le apetece. No se deja acompañar con docilidad por donde Dios le indica, sino que persigue su propia ruta. Las consecuencias de esta trágica trayectoria saltan a la vista: el hombre, insaciable de cosas materiales, pierde de vista a los compañeros de viaje. Entonces, por los caminos del mundo, reina una profunda indiferencia. Empujado por sus propios instintos, se convierte en esclavo de un consumismo frenético y, en ese instante, la voz de Dios se silencia; los demás, sobre todo si son incapaces de caminar por sí mismos, como los niños y los ancianos, se convierten en desechos molestos; la creación no tiene otro sentido, sino el de producir en función de las necesidades.

Queridos hermanos y hermanas: Las palabras del Apóstol Pablo nos interpelan hoy más que nunca. Caminar según el Espíritu es rechazar la mundanidad. Es elegir la lógica del servicio y avanzar en el perdón. Es sumergirse en la historia con el paso de Dios; no con el paso rimbombante de la prevaricación, sino con la cadencia de «una sola frase: amarás a tu prójimo como a ti mismo» (v. 14). La vía del Espíritu está marcada por las piedras miliares que Pablo enumera: «Amor, alegría, paz, paciencia, afabilidad, bondad, lealtad, modestia, dominio de sí» (v. 22.23).

Todos juntos estamos llamados a caminar de ese modo: el camino pasa por una continua conversión y la renovación de nuestra mentalidad para que se haga semejante a la del Espíritu Santo. A lo largo de la historia, las divisiones entre cristianos se han producido con frecuencia porque fundamentalmente se introducía una mentalidad mundana en la vida de las comunidades: primero se buscaban los propios intereses, solo después los de Jesucristo. En estas situaciones, el enemigo de Dios y del hombre lo tuvo fácil para separarnos, porque la dirección que perseguíamos era la de la carne, no la del Espíritu. Incluso algunos intentos del pasado para poner fin a estas divisiones han fracasado estrepitosamente, porque estaban inspirados principalmente en una lógica mundana. Pero el movimiento ecuménico —al que tanto ha contribuido el Consejo Ecuménico de las Iglesias— surgió por la gracia del Espíritu Santo (cf. Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 1). El ecumenismo nos ha puesto en camino siguiendo la voluntad de Jesús, y progresará si, caminando bajo la guía del Espíritu, rechaza cualquier repliegue autorreferencial.

Alguno podría objetar que caminar de este modo es trabajar sin provecho, porque no se protegen como es debido los intereses de las propias comunidades, a menudo firmemente ligados a orígenes étnicos o a orientaciones consolidadas, ya sean mayoritariamente “conservadoras” o “progresistas”. Sí, elegir ser de Jesús antes que de Apolo o Cefas (cf. 1 Co 1,12), de Cristo antes que «judíos o griegos» (cf. Ga 3,28), del Señor antes que de derecha o de izquierda, elegir en nombre del Evangelio al hermano en lugar de a sí mismos significa con frecuencia, a los ojos del mundo, trabajar sin provecho. No tengamos miedo a trabajar sin provecho. El ecumenismo es “una gran empresa con pérdidas”. Pero se trata de pérdida evangélica, según el camino trazado por Jesús: «El que quiera salvar su vida la perderá; pero el que pierda su vida por mi causa la salvará» (Lc 9,24). Salvar lo que es propio es caminar según la carne; perderse siguiendo a Jesús es caminar según el Espíritu. Solo así se da fruto en la viña del Señor. Como Jesús mismo enseña, no son los que acaparan los que dan fruto en la viña del Señor, sino los que, sirviendo, siguen la lógica de Dios, que continúa dando y entregándose (cf. Mt 21,33-42). Es la lógica de la Pascua, la única que da fruto.

Mirando nuestro camino, podemos vernos reflejados en ciertas situaciones de las comunidades de la Galacia de entonces: qué difícil es calmar la animadversión y cultivar la comunión; qué complicado es escapar de las discrepancias y los rechazos mutuos que han sido alimentados durante siglos. Más difícil aún es resistir a la astuta tentación: estar junto a otros, caminar juntos, pero con la intención de satisfacer algún interés personal. Esta no es la lógica del Apóstol, es la de Judas, que caminaba junto a Jesús, pero para su propio beneficio. La respuesta a nuestros pasos vacilantes es siempre la misma: caminar según el Espíritu, purificando el corazón del mal, eligiendo con santa obstinación la vía del Evangelio y rechazando los atajos del mundo.

Después de tantos años de compromiso ecuménico, en este setenta aniversario del Consejo, pedimos al Espíritu que fortalezca nuestro caminar. Con demasiada facilidad este se detiene ante las diferencias que persisten; con frecuencia se bloquea al empezar, desgastado por el pesimismo. Las distancias no son excusas; se puede desde ahora caminar según el Espíritu: rezar, evangelizar, servir juntos, esto es posible y agradable a Dios. Caminar juntos, orar juntos, trabajar juntos: he aquí nuestro camino fundamental de hoy.

Este camino tiene una meta precisa: la unidad. La vía contraria, la de la división, conduce a guerras y destrucciones. Basta con leer la historia. El Señor nos pide que invoquemos continuamente la vía de la comunión, que conduce a la paz. La división, en efecto, «contradice clara y abiertamente la voluntad de Cristo, es un escándalo para el mundo y perjudica a la causa santísima de predicar el Evangelio a toda criatura» (Unitatis redintegratio, 1). El Señor nos pide unidad; el mundo, desgarrado por tantas divisiones que afectan principalmente a los más débiles, invoca unidad.

Queridos hermanos y hermanas: He querido venir aquí, peregrino en busca de unidad y paz. Doy las gracias a Dios porque aquí os he encontrado, hermanos y hermanas ya en camino. Caminar juntos para nosotros cristianos no es una estrategia para hacer valer más nuestro peso, sino que es un acto de obediencia al Señor y de amor al mundo. Obediencia a Dios y amor al mundo, es el verdadero amor que salva. Pidamos al Padre que caminemos juntos con más vigor por las vías del Espíritu. La cruz oriente el camino, porque allí, en Jesús, los muros de separación ya han sido derribados y toda enemistad ha sido derrotada (cf. Ef 2,14). Allí entendemos que, a pesar de todas nuestras debilidades, nada nos separará de su amor (cf. Rm 8,35-39). Gracias.

[00993-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Amados irmãos e irmãs!

Ouvimos as palavras do apóstolo Paulo aos Gálatas, a braços com transtornos e lutas internas. De facto, havia grupos que se contrapunham e acusavam mutuamente. É neste contexto que por duas vezes, em poucos versículos, o apóstolo convida a «caminhar segundo o Espírito» (cf. Gal 5, 16.25).

Caminhar: o homem é um ser a caminho. Durante toda a vida, é chamado a pôr-se a caminho, saindo continuamente donde se encontra: desde quando sai do ventre da mãe e vai passando duma idade da vida a outra; desde que deixa a casa dos pais até quando sai desta existência terrena. O caminho é uma metáfora que revela o sentido da vida humana, duma vida que não se basta a si mesma, mas está sempre à procura de algo mais. O coração convida-nos a caminhar, a alcançar uma meta.

Mas caminhar requer disciplina, causa fadiga; é necessária paciência diária e treinamento constante. É preciso renunciar a tantas estradas, para se escolher a que conduz à meta e mantê-la viva na memória para não se extraviar dela. Meta e memória. Caminhar requer a humildade de rever os próprios passos, quando for necessário, e a solicitude pelos companheiros de viagem, porque só se caminha bem juntos. Em suma, caminhar exige uma conversão contínua de si mesmo. É por isso que muitos desistem, preferindo a tranquilidade doméstica, onde pode cuidar comodamente dos seus negócios sem se expor aos riscos da viagem. Mas, assim, prende-se a seguranças efémeras, que não dão aquela paz e aquela alegria por que aspira o coração e que se encontram apenas saindo de si próprio.

A isto nos chama Deus, desde os primórdios. Já pedira a Abraão para deixar a sua terra, pondo-se a caminho armado apenas de confiança em Deus (cf. Gn 12, 1). De igual modo Moisés, Pedro e Paulo, e todos os amigos do Senhor viveram caminhando. Mas foi sobretudo Jesus que nos deu o exemplo. Por nós, saiu da sua condição divina (cf. Flp 2, 6-7) e desceu para caminhar entre nós, Ele que é o Caminho (cf. Jo 14, 6). Senhor e Mestre, fez-Se peregrino e hóspede no meio de nós. Tendo regressado ao Pai, deu-nos o seu próprio Espírito, para que também nós tenhamos a força de caminhar na sua direção, de realizar o que Paulo pede: caminhar segundo o Espírito.

Segundo o Espírito: se todo o homem é um ser a caminho e, fechando-se em si mesmo, renega a sua vocação, muito mais o cristão. Porque a vida cristã – assinala Paulo – depara-se com uma alternativa inconciliável: caminhar no Espírito, atendo-se ao traçado inaugurado pelo Batismo, ou «realizar os apetites da carne» (cf. Gal 5, 16). Que significa esta última expressão? Significa tentar realizar-se seguindo o caminho da acumulação de bens, a lógica do egoísmo, segundo a qual o homem procura, aqui e agora, agarrar tudo o que lhe apetece. Não se deixa levar docilmente para onde Deus indica, mas segue a própria rota. Temos diante dos olhos as consequências deste percurso trágico: na sua voracidade de coisas, o homem perde de vista os companheiros de viagem; em consequência, pelas estradas do mundo reina uma grande indiferença. Impelido pelos seus instintos, torna-se escravo dum consumismo desenfreado; em consequência, a voz de Deus é silenciada, os outros – sobretudo se incapazes de caminhar pelo próprio pé como bebés e idosos – são descartados porque importunos, a criação serve apenas para produzir à medida das necessidades.

Amados irmãos e irmãs, mais do que nunca interpelam-nos hoje estas palavras do apóstolo Paulo: caminhar segundo o Espírito é rejeitar o mundanismo. É escolher a lógica do serviço e avançar no perdão. É inserir-se na história com o passo de Deus: não com o passo ribombante da prevaricação, mas com o passo cadenciado por «uma única palavra: Ama o teu próximo como a ti mesmo» (Gal 5, 14). De facto, o caminho do Espírito está assinalado pelos marcos miliários que Paulo enumera: «amor, alegria, paz, paciência, benignidade, bondade, fidelidade, mansidão, autodomínio» (Gal 5, 22).

Somos chamados, juntos, a caminhar assim: a estrada passa por uma conversão contínua, pela renovação da nossa mentalidade para que se amolde ao Espírito Santo. Muitas vezes, no decurso da história, as divisões entre cristãos deram-se porque na raiz, na vida das comunidades, se infiltrou uma mentalidade mundana: primeiro cultivavam-se os próprios interesses e só depois os de Jesus Cristo. Nestas situações, o inimigo de Deus e do homem não teve dificuldade em separar-nos, porque a direção seguida era a da carne, não a do Espírito. Mais, algumas tentativas do passado para acabar com tais divisões falharam miseravelmente, porque inspiradas sobretudo por lógicas mundanas. Mas o movimento ecuménico, para o qual tanto contribuiu o Conselho Ecuménico das Igrejas, surgiu por graça do Espírito Santo (cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Unitatis redintegratio, 1). O ecumenismo pôs-nos em movimento segundo a vontade de Jesus e poderá avançar se, caminhando sob a guia do Espírito, recusar toda a reclusão autorreferencial.

Mas – poder-se-ia objetar – caminhar assim é trabalhar com prejuízo, porque não se tutelam devidamente os interesses das próprias comunidades, muitas vezes solidamente ligados a origens étnicas ou a orientações consolidadas, sejam estas de tipo mais «conservador» ou mais «progressista». Sim, escolher ser de Jesus antes que de Apolo ou de Cefas (cf. 1 Cor 1, 12), antepor o ser de Cristo ao facto de ser «judeu ou grego» (cf. Gal 3, 28), ser do Senhor antes que de direita ou de esquerda, escolher em nome do Evangelho o irmão antes que a si mesmo significa frequentemente, aos olhos do mundo, trabalhar com prejuízo. Não tenhamos medo de trabalhar com prejuízo! O ecumenismo é «um grande empreendimento com prejuízo». Mas trata-se de prejuízo evangélico, segundo o caminho traçado por Jesus: «Quem quiser salvar a sua vida, há de perdê-la; mas, quem perder a sua vida por minha causa, há de salvá-la» (Lc 9, 24). Salvaguardar-se a si próprio é caminhar segundo a carne; perder-se seguindo Jesus é caminhar segundo o Espírito. Só assim se produz fruto na vinha do Senhor. Como ensina o próprio Jesus, não quantos amealham produzem fruto na vinha do Senhor, mas os que, servindo, seguem a lógica de Deus, o Qual continua a dar e a dar-Se (cf. Mt 21, 33-42). É a lógica da Páscoa, a única que dá fruto.

Contemplando o nosso caminho, podemos ver espelhadas nele algumas situações das comunidades da Galácia de então: como é difícil amortecer as animosidades e cultivar a comunhão, como é duro sair de contrastes e rejeições mútuas alimentadas durante séculos! E mais árduo ainda é resistir à tentação subtil de estar junto com os outros, caminhar junto, mas com a intenção de satisfazer algum interesse de parte. Esta não é a lógica do Apóstolo; é a de Judas, que caminhava junto com Jesus, mas para proveito dos seus negócios. A resposta aos nossos passos vacilantes é sempre a mesma: caminhar segundo o Espírito, purificando o coração do mal, escolhendo com santa obstinação o caminho do Evangelho e recusando os atalhos do mundo.

Depois de tantos anos de empenho ecuménico, neste septuagésimo aniversário do Conselho, peçamos ao Espírito que revigore o nosso passo. Este detém-se, com demasiada facilidade, à vista das divergências que persistem; muitas vezes bloqueia-se logo à partida, entorpecido pelo pessimismo. Que as distâncias não sejam desculpas! É possível, já agora, caminhar segundo o Espírito. Rezar, evangelizar, servir juntos: isto é possível e agradável a Deus. Caminhar juntos, rezar juntos, trabalhar juntos: eis a nossa estrada-mestra de hoje.

Esta estrada tem uma meta concreta: a unidade. A estrada oposta, a da divisão, leva a guerras e destruições. Basta ler a história. O Senhor pede-nos para embocar continuamente o caminho da comunhão, que leva à paz. De facto, a divisão «contradiz abertamente a vontade de Cristo, e é escândalo para o mundo, como também prejudica a santíssima causa da pregação do Evangelho a toda a criatura» (Decr. Unitatis redintegratio, 1). O Senhor pede-nos unidade; o mundo, dilacerado por demasiadas divisões que afetam sobretudo os mais fracos, invoca unidade.

Amados irmãos e irmãs, desejei vir aqui, peregrino em busca de unidade e de paz. Agradeço a Deus porque aqui vos encontrei a vós, irmãos e irmãs já a caminho. Caminhar juntos, para nós cristãos, não é uma estratégia para fazer valer mais o nosso peso, mas é um ato de obediência ao Senhor e de amor pelo mundo. Obediência a Deus e amor ao mundo, o verdadeiro amor que salva. Peçamos ao Pai para caminhar juntos, com mais vigor, nos caminhos do Espírito. Que a Cruz nos sirva de orientação no caminho, porque lá, em Jesus, foram abatidos os muros de separação e foi vencida toda a inimizade (cf. Ef 2, 14): lá compreendemos que, apesar de todas as nossas fraquezas, nada poderá jamais separar-nos do seu amor (cf. Rm 8, 35-39). Obrigado.

[00993-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drodzy bracia i siostry,

Wysłuchaliśmy słów apostoła Pawła do Galatów, którzy doświadczali udręk i zmagań wewnętrznych. Były tam bowiem grupy, które toczyły ze sobą spory i oskarżały się nawzajem. Właśnie w tym kontekście Apostoł, aż dwa razy w kilku wersetach, zaprasza do „postępowania według Ducha” (Ga 5, 16.25).

Postępować. Człowiek jest istotą w drodze. Przez całe życie jest wezwany do wyruszania w drogę, nieustannie wychodząc z miejsca, w którym się znajduje: od chwili, kiedy wychodzi z łona matki i kiedy przechodzi z jednego okresu życia w drugi; od chwili opuszczenia domu swoich rodziców, aż po opuszczenie tej ziemskiej egzystencji. Droga jest metaforą, która odsłania sens ludzkiego życia – życia, które nie wystarcza samo sobie, ale zawsze poszukuje czegoś dalej. Serce zachęca nas, aby iść, aby osiągnąć cel.

Ale postępowanie to dyscyplina, trud, potrzebna jest codzienna cierpliwość i nieustanny trening. Trzeba rezygnować z wielu dróg, aby wybrać tę, która prowadzi do celu i ożywiać pamięć, aby jej nie stracić. Cel i pamięć. Postępowanie wymaga pokory, by powracać do własnych kroków, kiedy to konieczne, i troski o swoich towarzyszy podróży, bo tylko razem idzie się dobrze. Krótko mówiąc, postępowanie wymaga ciągłego nawracania się. Dlatego tak wielu z niego rezygnuje, woląc zacisze domowe, gdzie można wygodnie dbać o swoje sprawy, bez narażania się na ryzyka podróży. Ale w ten sposób chwytamy się kurczowo ulotnych zabezpieczeń, które nie dają tego pokoju i radości, do których dąży serce, a które można znaleźć tylko wówczas, gdy wychodzimy ze swoich ograniczeń.

Bóg wzywa nas do tego, od samego początku. Już od Abrahama zażądano, aby opuścił swoją ojczyznę, by wyruszył w drogę, biorąc ze sobą jedynie w ufność w Bogu (por. Rdz 12, 1). Podobnie Mojżesz, Piotr i Paweł oraz wszyscy przyjaciele Pana żyli w drodze. Ale przede wszystkim Jezus dał nam tego przykład. Dla nas wyszedł ze swego Boskiego stanu (por. Flp 2, 6-7) i zstąpił między nas, aby wędrować, On który jest Drogą (por. J 14, 6). On, Pan i Nauczyciel, stał się pielgrzymem i gościem pośród nas. Wróciwszy do Ojca, dał nam dar swego Ducha, abyśmy również mieli siłę, by iść w Jego kierunku, aby wypełniać to, o co prosi Paweł: postępować według Ducha.

Według Ducha: jeśli każdy człowiek jest istotą w drodze, a zamykając się w sobie, zaprzecza swemu powołaniu, to tym bardziej chrześcijanin. Ponieważ, jak podkreśla Paweł, życie chrześcijańskie niesie ze sobą alternatywę, której nie da się pogodzić: z jednej strony postępować według Ducha, podążając ścieżką zainaugurowaną przez chrzest; z drugiej strony „spełniać pożądania ciała” (Ga 15, 16). Co oznacza to wyrażenie? Oznacza próbę samorealizacji poprzez kroczenie drogą posiadania, logikę egoizmu, zgodnie z którą człowiek próbuje zapewnić sobie tu i teraz wszystko, co mu odpowiada. Nie pozwala ulegle prowadzić się Bogu, tam gdzie On wskazuje, ale idzie swoim kursem. Na własne oczy widzimy konsekwencje tej tragicznej drogi: człowiek żądny rzeczy, traci z pola widzenia towarzyszy podróży; wtedy na drogach świata panuje wielka obojętność. Kierując się swymi instynktami, człowiek staje się niewolnikiem niepohamowanego konsumpcjonizmu: wówczas zostaje uciszony głos Boga; wtedy inni, zwłaszcza jeśli nie mogą chodzić na własnych nogach, jak maleństwa i osoby starsze, stają się irytującymi odpadami; wówczas stworzenie nie ma już innego sensu, jak tylko zaspokajanie produkcji, zależnie od potrzeb.

Drodzy bracia i siostry, dzisiaj bardziej niż kiedykolwiek te słowa Apostoła Pawła są dla nas wyzwaniem: postępować według Ducha, to odrzucać światowość. Jest to wybór logiki służby i postępowania w przebaczaniu. To zstąpienie w historię krokiem Boga: nie dudniącym krokiem wiarołomstwa, lecz tym, któremu rytm nadaje „jeden nakaz: Będziesz miłował bliźniego swego jak siebie samego” (w. 14). Droga Ducha jest bowiem naznaczona kamieniami milowymi, wymienianymi przez Pawła: „miłość, radość, pokój, cierpliwość, uprzejmość, dobroć, wierność, łagodność, opanowanie” (w. 22).

Razem jesteśmy wezwani, aby tak postępować: droga wiedzie przez nieustanne nawrócenie, przez odnowę naszej mentalności, aby dostosowała się do stylu Ducha Świętego. Na przestrzeni dziejów często dochodziło do podziałów między chrześcijanami, ponieważ do korzeni, w życie wspólnot, przeniknęła mentalność światowa: najpierw pielęgnowano własne interesy, a następnie Jezusa Chrystusa. W takich sytuacjach nieprzyjaciel Boga i człowieka z łatwością nas rozdzielał, ponieważ kierunek, w którym podążaliśmy, był określony przez ciało, a nie przez Ducha. Nawet pewne usiłowania w dawnych czasach, aby położyć kres tym podziałom, zawiodły, ponieważ inspirowane były głównie logiką światową. Jednak ruch ekumeniczny, do którego tak wielki wkład wniosła Światowa Rada Kościołów, zrodził się dzięki łasce Ducha Świętego (por. SOBÓR POWSZECHNY WATKAŃSKI II, Unitatis redintegratio, 1). Ekumenizm wprawił nas w ruch zgodnie z wolą Jezusa i będzie mógł się rozwijać, jeśli podążając pod kierunkiem Ducha odrzuci wszelkie zamknięcia autoreferencyjne.

Ale – można by rzec – postępowanie w ten sposób to praca ze stratą, ponieważ nie są właściwie chronione interesy własnych wspólnot, często ściśle powiązanych z przynależnością etniczną czy z ustalonymi orientacjami, czy są one bardziej „konserwatywne” czy też „postępowe”. Tak, trzeba postanowić być bardziej Jezusa niż Apollosa czy Kefasa (por. 1 Kor 1, 12), bardziej Chrystusa, niż „Żydem, lub Grekiem” (por. Ga 3,28), bardziej Pana, niż prawicy czy lewicy; wybrać w imię Ewangelii brata zamiast siebie oznacza często w oczach świata pracę ze stratą. Nie bójmy się pracować ze stratą! Ekumenizm jest „wielkim przedsięwzięciem ze stratą”. Ale idzie o stratę ewangeliczną, zgodnie z linią wytyczoną przez Jezusa: „Kto chce zachować swoje życie, straci je, a kto straci swe życie z mego powodu, ten je zachowa” (Łk 9,24). Ocalić to, co swoje, jest postępowaniem według ciała; zatracenie siebie naśladując Jezusa jest postępowaniem według Ducha. Tylko w ten sposób przynosi się owoc w winnicy Pańskiej. Jak naucza sam Jezus, nie ci, którzy sobie gromadzą przynoszą owoc w winnicy Pańskiej, lecz ci, którzy służąc, kierują się logiką Boga, który stale obdarza i daje siebie (por. Mt 21, 33-42). Jest to logika Paschy, jedyna, która przynosi owoc.

Patrząc na naszą wędrówkę, możemy dostrzec siebie w niektórych sytuacjach wspólnoty Galatów tamtej epoki: jakże trudno uśmierzyć niechęć i dbać o komunię, jakże ciężko wydostać się ze sporów i wzajemnego odrzucenia, umacnianych przez wieki! Jeszcze trudniejsze jest stawianie oporu podstępnej pokusie: być z innymi, podążać razem, ale z zamiarem zaspokojenia jakiegoś partykularnego interesu. Nie jest to logika Apostoła, lecz Judasza, który chodził z Jezusem, ale dla własnych korzyści. Odpowiedź na nasze chwiejne kroki jest zawsze taka sama: postępowanie według Ducha, oczyszczając serca ze zła, obierając ze świętym uporem drogę Ewangelii i odrzucając światowe skróty.

Po wielu latach zaangażowania ekumenicznego, w tę siedemdziesiątą rocznicę Rady, prosimy Ducha, aby ożywił nasz krok. Zbyt łatwo zatrzymuje się on przed utrzymującymi się rozbieżnościami; zbyt często zatrzymuje się na starcie, wyczerpany pesymizmem. Niech dystanse nie będą wymówką, już teraz można postępować według Ducha: modlić się, ewangelizować, wspólnie służyć, to jest możliwe i miłe Bogu! Postępować razem, modlić się razem, pracować razem: to jest nasza główna droga dzisiaj.

Ta droga ma precyzyjny cel: jedność. Droga przeciwna, droga podziału prowadzi do wojen i zniszczenia. Wystarczy czytać historię. Pan żąda od nas, abyśmy nieustannie obierali drogę komunii, która prowadzi do pokoju. Podział bowiem „otwarcie sprzeciwia się woli Chrystusa i jest zgorszeniem dla świata, a nadto przynosi szkodę najświętszej sprawie głoszenia Ewangelii wszelkiemu stworzeniu” (Unitatis redintegratio, 1). Pan prosi nas o jedność; świat rozszarpany przez nazbyt wiele podziałów, dotykających przede wszystkim najsłabszych, błaga o jedność.

Drodzy bracia i siostry, chciałem tu przyjechać jako pielgrzym w poszukiwaniu jedności i pokoju. Dziękuję Bogu, ponieważ znalazłem was tutaj, bracia i siostry już w drodze. Postępowanie razem dla nas chrześcijan nie jest strategią, by lepiej uwydatnić nasze znaczenie, ale jest aktem posłuszeństwa wobec Pana i miłości w odniesieniu do świata. Posłuszeństwo Bogu i miłość dla świata, prawdziwa miłość, która zbawia. Prośmy Ojca, abyśmy postępowali razem z większą energią na drogach Ducha. Niech Krzyż wyznacza kierunek wędrówki, bo tam, w Jezusie, są już obalone mury podziałów i pokonana jest wszelka wrogość (por. Ef 2,14): tam zrozumiemy, że mimo wszystkich naszych słabości, nic nas nigdy nie odłączy od Jego miłości (por. Rz 8, 35-39). Dziękuję!

[00993-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

أيها الإخوة والأخوات الأعزاء،

لقد سمعنا كلمات بولس الرسول إلى أهل غلاطية الذين كانوا يعانون من متاعب وصراعات داخليّة. في الواقع، كانت هناك مجموعات تواجه بعضها وتتّهم بعضها البعض. وفي هذا الإطار بالتحديد يدعو بولس الرسول، ولمرّتين، في عدد قليل من الآيات، إلى السير "سيرةَ الرُّوح" (غل 5، 16. 25).

السير. الإنسان هو كيان في مسيرة. إنه مدعوّ إلى السير طيلة حياته، إلى الخروج باستمرار من حيث هو موجود: منذ خروجه من أحشاء أمّه وحتى انتقاله من مرحلة حياتيّة إلى أخرى؛ منذ خروجه من المنزل الوالديّ وحتى خروجه من هذه الحياة الأرضيّة. إن المسيرة هي استعارة تُظهر معنى الحياة البشريّة؛ حياةٌ لا تكتفي بذاتِها، إنما هي في بحثٍ دائم عن المزيد. فالقلب يدعونا للذهاب، لنصل إلى الهدف.

إن فِعل السير هو انضباط وتعب، ويجب التحلّي بالصبر اليوميّ والتمرين المستمرّ. ومن الضروري التخلّي عن الكثير من الدروب لاختيار الدرب التي تقود إلى الهدف، وإحياء الذاكرة كي لا نفقد الدرب. الهدف والذاكرة. السير يتطلّب وداعة العودة للوراء، عند الضرورة، والاعتناء برفاق الدرب، لأنّنا نسير بشكل جيّد، فقط إن كنّا نسير معًا. السير، باختصار، يتطلّب توبة مستمرّة للذات. ولذا فإن الكثيرين يتوقفون عن السير، مفضّلين الهدوء البيتيّ، حيث يعتنون بأعمالهم الخاصّة براحة ودون التعرّض لمخاطر المسيرة. ولكننا بهذه الطريقة نتمسّك بضمانات زائلة، لا تعطي ذاك السلام وذاك الفرح اللذين يتوق إليهما القلب، واللذين لا نجدهما إلّا بخروجنا من ذواتنا.

والله، منذ البدء، يدعونا إلى هذا. فقد طلب من أبرام أن يترك أرضه، وأن ينطلق في مسيرة متزوّدًا بالثقة بالله وحسب (را. تك 12، 1). هكذا عاش موسى في مسيرة أيضًا، وبطرس وبولس، وجميع أصدقاء الربّ. ولكن قبل كلّ شيء لقد أعطانا يسوع نفسه المثل. من أجلنا، خرج من صورة الله (را. فل 2، 6- 7) ونزل بيننا كي يسير، وهو الطريق (را. يو 14، 6). إنه، الربّ والمعلّم، قد صار حاجّا وضيفًا في وسطنا. وبعد أن عاد إلى الآب، أهدانا روحه ذاته، فتكون هكذا لنا القدرة نحن أيضًا على السير باتّجاهه، وإتمام ما يطلبه بولس: السير سيرة الروح.

سيرة الروح: إن كان كلّ كائن هو في مسيرة، فهو ينكر دعوته إذا ما انغلق على ذاته، وكم بالحريّ للمسيحي إن انغلق على ذاته. لأن الحياة المسيحيّة، كما يشير بولس، تحمل معها بديلًا لا يقبل المساومة: السير مسيرة الروح من جهة، باتّباع المسلك الذي افتتحته المعمودية؛ ومن جهة أخرى القضاء على "شَهوَةَ الجَسَد" (غل 5، 16). ماذا تعني هذه العبارة؟ تعني محاولة تحقيق الذات عبر التملك، ومنطق الأنانية، الذي به يحاول الإنسان أن ينتزع هنا والآن كلّ ما يناسبه. إنه لا يسمح بأن يُرافق بوداعة إلى حيث يريد الله، بل يتابع طريقه. وتوجد تحت أنظارنا عواقب هذه المسيرة المأساوية: فالإنسان، طمعًا بالأشياء، يفقد رفاق الدرب؛ فتسود لامبالاة كبيرة في دروب العالم. وإذ تدفعه غرائزه، يصبح عبدًا لاستهلاكية بلا حدود: فيتمّ إسكات صوت الله؛ ويصبح الآخرون بالتالي، ولا سيما الذين يعجزون عن السير على أقدامهم، كالصغار والمسنّين، فضلات مزعجة؛ ومن ثمَّ لا يعود للخليقة أيّ معنى آخر سوى تلبية الإنتاج وفقًا للاحتياجات.

أيّها الإخوة والأخوات الأعزاء، إن كلمات بولس الرسول هذه تثير اهمامنا أكثر من أيّ وقت مضى: إن السير مسيرة الروح هو رفض روح الدنيوية. هو اختيار منطق الخدمة والتقدّم بالمغفرة. هو خوض التاريخ بخطوات الله: لا بخطوات سوء التصرّف الطنانة، إنما بخطوات على إيقاع "كَلِمةِ واحِدة: «أَحبِبْ قَريبَكَ حُبَّكَ لِنَفْسِكَ»" (غل 5، 14). فالحياة بالروح تتميّز في الواقع بالمعالم التي يعدّدها بولس: "المَحبَةُ والفَرَحُ والسَّلام والصَّبرُ واللُّطْفُ وكَرَمُ الأَخْلاق والإِيمانُ" (آية 22).

إنّنا مدعوّون معًا، إلى السير بهذه الطريقة: تمرّ الدرب بتوبة مستمرّة، بهدف تجديد عقليّتنا كيما تتوافق مع عقلّية الروح القدس. وغالبًا ما حدثت الانقسامات بين المسيحيين، على مدار التاريخ، لأن منطقًا دنيويًا قد تسرّب في الأصل، في حياة الجماعات: فكانوا يرعون أولًا المصالح الخاصّة ومن ثم مصالح يسوع المسيح. فكان من السهل لعدوّ الله والإنسان في هذه الأوضاع أن يفرّقنا، لأن الاتّجاه الذي كنّا نتبعه كان اتّجاه الجسد، لا اتّجاه الروح. حتى أن بعض المحاولات لوضع حدّ لتلك الانقسامات في الماضي قد فشلت فشلًا ذريعا، لأنها كانت مُستَلهمة من منطق دنيوي. لكن الحركة المسكونية، التي ساهم بها كثيرًا المجلس المسكوني للكنائس، قد نشأت بنعمة الروح القدس (را. المجمع المسكوني الفاتيكاني الثاني، استعادة الوحدة، 1). فقد دفعتنا المسكونية إلى العمل بحسب مشيئة يسوع، ويمكنها التقدّم، وهي تسير بقيادة الروح القدس، إذا رفضنا أيَّ انغلاق ذاتي-المرجع.

ولكن –قد يعترض أحدهم- السير بهذه الطريقة هو العمل بخسارة، لأنّه لا يتمّ حماية المصالح الخاصّة للجماعات بشكل صحيح، وغالبًا ما تكون مرتبطة ارتباطًا وثيقًا بانتماءات عرقيّة أو مبادئ توجيهيّة موحدة، أكانت في غالبيتها "محافظة" أو "تقدّمية". أجل، فاختيار أن نكون ليسوع قبل أن نكون لأبلّس أو لكيفا (را. 1 قور 1، 12)، للمسيح قبل أن نكون "يهوديّين أو يونانيّين" (را. غل 3، 28)، للربّ قبل أن نكون من اليمين أو اليسار، أن نختار، باسم الإنجيل، الأخ بدل ذواتنا، غالبًا ما يعني، بنظر العالم، العمل بخسارة. لا نخافنّ من العمل بخسارة. المسكونية هي "شركة كبيرة في خسارة". لكنها مسألة خسارة إنجيلية، وفقًا للدرب الذي خطّه يسوع: "لِأَنَّ الَّذي يُريدُ أَن يُخَلِّصَ حياتَه يَفقِدُها. وأَمَّا الَّذي يَفقِدُ حَياتَه في سَبيلي فإِنَّه يُخَلِّصُها" (لو 9، 24). "خلاص الحياة" يعني السير مسيرة الجسد؛ وفقدان الذات باتّباع يسوع هو السير مسيرة الروح. بهذه الطريقة فقط نحمل ثمارًا في كرمة الربّ. كما علّم يسوع بذاته، ليس أولئك الذين يحتكرون هم الذين يحملون ثمرًا في كرم الربّ، لكن أولئك الذين يخدمون، متّبعين منطق الله، الذي يستمرّ في العطاء وفي بذل الذات (را. متى 21، 33- 42). إنه منطق الفصح، الوحيد الذي يحمل ثمرًا.

يمكننا، إذ ننظر إلى مسيرتنا، أن نعكس ذواتنا في بعض من أوضاع كنيسة غلاطية آنذاك: كم هو صعب وقف العداء وتوطيد الشركة، وكم هو قاس الخروج من تناقضات متبادلة ورفض قد نمّتهم القرون! ومن الأصعب أيضًا مقاومة تجربة الخداع. أن نكون مع الآخرين ونسير معهم، ولكن بنيّة تلبية المصالح الخاصّة. ليس هذا منطق الرسل، إنما منطق يهوذا، الذي كان يسير مع يسوع ولكن من أجل مشاريعه. فالردّ على خطواتنا المتعثّرة هو نفسه على الدوام: سير مسيرة الروح، منقّين قلبنا من الشرّ، ومختارين بعناد مقدّس طريق الإنجيل ورافضين طرق العالم المختصرة. بعد سنين عديدة من العمل المسكوني، في هذه الذكرى السبعين للمجلس، لنطلب من الروح القدس أن يقوّي خطواتنا. فهي تتوقّف بسهولة كبيرة إزاء الاختلافات التي تستمرّ. وغالبًا ما تتوقّف في بدايتها، يرتديها التشاؤم. لا نسمحنّ للمسافات أن تشكّل مبررًا، فمن الممكن منذ الآن أن نسير مسيرة الروح: أن نصلّي ونبشّر بالإنجيل، ونخدم معًا؛ هذا ممكن ويرضي الله! أن نسير معًا، ونصلّي معًا، ونعمل معًا: هذه هي دربنا الرئيسيّة اليوم.

لهذه الدرب هدف محدّد: الوحدة. الدرب المعاكس، درب الانقسام، يقود إلى الحروب والدمار: يكفي أن نقرأ التاريخ. الربّ يطلب منّا أن نغذّي باستمرار درب الشركة التي تقود إلى السلام. الانقسام في الواقع "يناقض صراحة إرادة المسيح وهو للعالم حجر عثر ويلحق الأذى بأقدس الغايات، أي حمل بشارة الإنجيل للخليقة كلها" (استعادة الوحدة، 1). الربّ يطلب منّا الوحدة؛ والعالم، الذي تمزّقه الكثير من الانقسامات التي تلحق الضرر بالأضعف على وجه الخصوص، يلتمس الوحدة.

أيها الإخوة والأخوات الأعزاء، لقد رغبت بالمجيء إلى هنا، حاجّ يبحث عن الوحدة والسلام. أشكر الله لأني وجدتكم أنتم هنا، إخوة وأخوات في مسيرة. أن نسير معًا نحن المسيحيّين ليس باستراتيجيّة لفرض اعتبارنا بشكل أكبر، إنما هو عمل طاعة تجاه الربّ ومحبّة تجاه العالم. طاعة لله ومحبّة للعالم، المحبّة الحقيقية التي تخلّص. لنطلب من الآب أن نسير معًا بقوّة أكبر في دروب الروح. وليوجّه الصليب مسيرتنا لأن فيه، في يسوع، قد هُدمت جدران الفصل وهُزِمت كلّ عداوة (را. أف 2، 14): هناك نفهم أنه ما من شيء، رغم كلّ نقاط ضعفنا، يفصلنا أبدًا عن محبّته (را. روم 8، 35- 39). شكرًا.

[00993-AR.01] [Testo originale: Italiano]

Pranzo con la Leadership del WCC all’Istituto Ecumenico di Bossey

Alle ore 12.15 il Santo Padre Francesco è arrivato all’Istituto Ecumenico di Bossey dove ha pranzato con la Leadership del World Council of Churches e con il Card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

Dopo il pranzo ha avuto luogo lo scambio di doni nel giardino, dove erano presenti circa 30 studenti dell’Istituto. Due studenti hanno consegnato al Santo Padre un omaggio floreale e posato insieme a lui per una foto di gruppo.

Quindi Papa Francesco si è trasferito in auto al Centro Ecumenico.

[01000-IT.01]

[B0463-XX.02]