Omelia del Santo Padre
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Alle ore 17.15 di oggi, il Santo Padre Francesco ha lasciato in auto il Vaticano per recarsi ad Ostia ove ha presieduto i riti del Corpus Domini, Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, secondo il calendario liturgico della Chiesa italiana.
Al Suo arrivo, alle ore 17.50, il Papa ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella piazza antistante la parrocchia di Santa Monica. Hanno concelebrato con il Santo Padre l’Arcivescovo Angelo De Donatis, Vicario di Sua Santità per la Diocesi di Roma, i Vescovi Ausiliari e i sacerdoti delle parrocchie di Ostia.
Al termine della Santa Messa ha avuto luogo la Processione con il Santissimo Sacramento attraverso alcune strade del quartiere sul litorale romano, che si è conclusa nei pressi della parrocchia di Nostra Signora di Bonaria dove il Santo Padre ha impartito la benedizione eucaristica. Al termine Papa Francesco è rientrato in Vaticano.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica:
Omelia del Santo Padre
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato è narrata l’Ultima Cena, ma sorprendentemente l’attenzione è posta più sui preparativi che sulla cena stessa. Ritorna più volte il verbo “preparare”. I discepoli domandano, ad esempio: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?» (Mc 14,12). Gesù li invia a preparare con precise indicazioni ed essi trovano «una grande sala, arredata e già pronta» (v. 15). I discepoli vanno a preparare, ma il Signore aveva già preparato.
Qualcosa di simile avviene dopo la risurrezione, quando Gesù appare ai discepoli per la terza volta: mentre pescano, Egli li attende a riva, dove già prepara del pane e del pesce per loro. Ma al tempo stesso chiede ai suoi di portare un po’ del pesce che hanno appena preso e che Lui aveva indicato come pescare (cfr Gv 21,6.9-10). Anche qui, Gesù prepara in anticipo e chiede ai suoi di collaborare. Ancora, poco prima della Pasqua, Gesù aveva detto ai discepoli: «Vado a prepararvi un posto […] perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,2.3). È Gesù che prepara, lo stesso Gesù che però con forti richiami e parabole, prima della sua Pasqua, chiede a noi di prepararci, di tenerci pronti (cfr Mt 24,44; Lc 12,40).
Gesù, insomma, prepara per noi e chiede anche a noi di preparare. Che cosa prepara Gesù per noi? Prepara un posto e un cibo. Un posto, molto più degno della «grande sala arredata» del Vangelo. È la nostra casa spaziosa e vasta quaggiù, la Chiesa, dove c’è e ci dev’essere posto per tutti. Ma ci ha riservato anche un posto lassù, in paradiso, per stare insieme con Lui e tra di noi per sempre. Oltre al posto ci prepara un cibo, un Pane che è Lui stesso: «Prendete, questo è il mio corpo» (Mc 14,22). Questi due doni, il posto e il cibo, sono ciò che ci serve per vivere. Sono il vitto e l’alloggio definitivi. Entrambi ci vengono dati nell’Eucaristia. Cibo e posto.
Qui Gesù ci prepara un posto quaggiù, perché l’Eucaristia è il cuore pulsante della Chiesa, la genera e la rigenera, la raduna e le dà forza. Ma l’Eucaristia ci prepara anche un posto lassù, nell’eternità, perché è il Pane del cielo. Viene da là, è l’unica materia su questa terra che sa davvero di eternità. È il pane del futuro, che già ora ci fa pregustare un avvenire infinitamente più grande di ogni migliore aspettativa. È il pane che sfama le nostre attese più grandi e alimenta i nostri sogni più belli. È, in una parola, il pegno della vita eterna: non solo una promessa, ma un pegno, cioè un anticipo, un anticipo concreto di quello che ci sarà donato. L’Eucaristia è la “prenotazione” del paradiso; è Gesù, viatico del nostro cammino verso quella vita beata che non finirà mai.
Nell’Ostia consacrata, oltre al posto, Gesù ci prepara il cibo, il nutrimento. Nella vita abbiamo continuamente bisogno di nutrirci, e non solo di alimenti, ma anche di progetti e affetti, di desideri e speranze. Abbiamo fame di essere amati. Ma i complimenti più graditi, i regali più belli e le tecnologie più avanzate non bastano, non ci saziano mai del tutto. L’Eucaristia è un alimento semplice, come il pane, ma è l’unico che sazia, perché non c’è amore più grande. Lì incontriamo Gesù realmente, condividiamo la sua vita, sentiamo il suo amore; lì puoi sperimentare che la sua morte e risurrezione sono per te. E quando adori Gesù nell’Eucaristia ricevi da Lui lo Spirito Santo e trovi pace e gioia. Cari fratelli e sorelle, scegliamo questo cibo di vita: mettiamo al primo posto la Messa, riscopriamo l’adorazione nelle nostre comunità! Chiediamo la grazia di essere affamati di Dio, mai sazi di ricevere ciò che Egli prepara per noi.
Ma, come ai discepoli allora, anche a noi oggi Gesù chiede di preparare. Come i discepoli domandiamogli: “Signore, dove vuoi che andiamo a preparare?”. Dove: Gesù non predilige luoghi esclusivi ed escludenti. Egli ricerca posti non raggiunti dall’amore, non toccati dalla speranza. In quei luoghi scomodi desidera andare e chiede a noi di fargli i preparativi. Quante persone sono prive di un posto dignitoso per vivere e del cibo da mangiare! Ma tutti conosciamo delle persone sole, sofferenti, bisognose: sono tabernacoli abbandonati. Noi, che riceviamo da Gesù vitto e alloggio, siamo qui per preparare un posto e un cibo a questi fratelli più deboli. Egli si è fatto pane spezzato per noi; chiede a noi di donarci agli altri, di non vivere più per noi stessi, ma l’uno per l’altro. Così si vive eucaristicamente: riversando nel mondo l’amore che attingiamo dalla carne del Signore. L’Eucaristia nella vita si traduce passando dall’io al tu.
I discepoli, dice ancora il Vangelo, prepararono la Cena dopo essere «entrati in città» (v. 16). Il Signore ci chiama anche oggi a preparare il suo arrivo non rimanendo fuori, distanti, ma entrando nelle nostre città. Anche in questa città, il cui nome – “Ostia” – richiama proprio l’ingresso, la porta. Signore, quali porte vuoi che ti apriamo qui? Quali cancelli ci chiami a spalancare, quali chiusure dobbiamo superare? Gesù desidera che siano abbattuti i muri dell’indifferenza e dell’omertà, divelte le inferriate dei soprusi e delle prepotenze, aperte le vie della giustizia, del decoro e della legalità. L’ampio lido di questa città richiama alla bellezza di aprirsi e prendere il largo nella vita. Ma per far questo occorre sciogliere quei nodi che ci legano agli ormeggi della paura e dell’oppressione. L’Eucaristia invita a lasciarsi trasportare dall’onda di Gesù, a non rimanere zavorrati sulla spiaggia in attesa che qualcosa arrivi, ma a salpare liberi, coraggiosi, uniti.
I discepoli, conclude il Vangelo, «dopo aver cantato l’inno, uscirono» (v. 26). Al termine della Messa, saremo anche noi in uscita. Cammineremo con Gesù, che percorrerà le strade di questa città. Egli desidera abitare in mezzo a voi. Vuole visitare le situazioni, entrare nelle case, offrire la sua misericordia liberatrice, benedire, consolare. Avete provato situazioni dolorose; il Signore vuole esservi vicino. Apriamogli le porte e diciamogli:
Vieni, Signore, a visitarci.
Ti accogliamo nei nostri cuori,
nelle nostre famiglie, nella nostra città.
Grazie perché ci prepari il cibo della vita
e un posto nel tuo Regno.
Rendici preparatori attivi,
portatori gioiosi di Te che sei la vita,
per portare fraternità, giustizia e pace
nelle nostre strade. Amen.
[00879-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Dans l’Evangile que nous avons entendu, la Dernière Cène est racontée, mais d’une façon surprenante, l’attention est placée davantage sur ses préparatifs que sur le repas même. Le verbe “préparer” revient plusieurs fois. Les disciples demandent, par exemple : “Où veux-tu que nous allions faire les préparatifs pour que tu manges la Pâque?» (Mc 14, 12). Jésus les envoie préparer avec des indications précises et ils trouvent «une grande pièce aménagée et prête pour un repas» (v. 15). Les disciples vont préparer mais le Seigneur avait déjà préparé.
Quelque chose de semblable arrive après la résurrection, quand Jésus apparaît aux disciples pour la troisième fois: tandis qu’ils pêchent, il les attend sur le rivage, où il a déjà préparé le pain et le poisson pour eux. Mais en même temps, il demande aux siens d’apporter un peu de poisson qu’ils viennent de prendre et qu’il avait indiqué comment pêcher (cf.Jn 21, 6.9-10). Là aussi, Jésus prépare à l’avance et demande aux siens de collaborer. Et encore, avant la Pâque, Jésus avait dit aux disciples «Je pars vous préparer une place […] afin que là où je suis, vous soyez, vous aussi» (Jn 14, 2.3). C’est Jésus qui prépare, le même Jésus qui cependant avec des rappels forts et des paraboles, avant sa Pâque, nous demande de nous préparer, de nous tenir prêts (cf. Mt 24, 44; Lc 12, 40).
Jésus, en somme, prépare pour nous et nous demande aussi de préparer. Que prépare Jésus pour nous? Il prépare une place et une nourriture. Une place beaucoup plus digne que la «grande pièce aménagée» de l’Evangile. C’est notre maison spacieuse et vaste ici-bas, l’Eglise, où il y a et il doit y avoir une place pour tous. Mais il nous a réservé aussi une place là-haut, dans le paradis, pour être avec lui et entre nous pour toujours. En plus de la place, il nous prépare une nourriture, un Pain qu’il est lui-même: «Prenez, ceci est mon corps» (Mc 14, 22). Ces deux dons, la place et la nourriture, sont ce qui nous sert pour vivre. Ils sont le vivre et le couvert définitifs. Les deux nous sont donnés dans l’Eucharistie. Nourriture et place.
Là, Jésus nous prépare une place ici-bas, parce que l’Eucharistie est le cœur battant de l’Église, la génère et la régénère, la rassemble et lui donne la force. Mais l’Eucharistie nous prépare aussi une place là-haut, dans l’éternité, parce qu’elle est le Pain du ciel. Il vient de là, c’est l’unique matière sur cette terre qui soit vraiment d’éternité. C’est le pain de l’avenir, qui déjà maintenant nous fait goûter à l’avance un avenir infiniment plus grand que tout ce qu’on peut attendre de mieux. C’est le pain qui nourrit nos attentes les plus grandes et alimente nos rêves les plus beaux. C’est, en un mot, le gage de la vie éternelle: non seulement une promesse, mais un gage, c’est-à-dire une anticipation, une anticipation concrète de ce qui nous sera donné. L’Eucharistie est la “réservation” du paradis; c’est Jésus, viatique de notre chemin vers cette vie bienheureuse qui ne finira jamais.
Dans l’Hostie consacrée, en plus de la place, Jésus nous prépare l’aliment, la nourriture. Dans la vie nous avons continuellement besoin de nous nourrir, et non seulement d’aliments, mais aussi de projets et d’affections, de désirs et d’espérances. Nous avons faim d’être aimés. Mais les compliments les plus appréciés, les cadeaux les plus beaux et les technologies les plus avancées ne suffisent pas, ne nous rassasient jamais complètement. L’Eucharistie est un aliment simple, comme le pain, mais c’est l’unique qui rassasie, parce qu’il n’y a pas d’amour plus grand. Là nous rencontrons réellement Jésus, nous partageons sa vie, nous sentons son amour; là tu peux faire l’expérience que sa mort et sa résurrection sont pour toi. Et quand tu adores Jésus dans l’Eucharistie, tu reçois de lui l’Esprit Saint et tu trouves paix et joie. Chers frères et sœurs, choisissons cette nourriture de vie: mettons la messe à la première place, redécouvrons l’adoration dans nos communautés! Demandons la grâce d’être affamés de Dieu, jamais rassasiés de recevoir ce qu’il prépare pour nous.
Mais comme aux disciple d’alors, à nous aussi aujourd’hui, Jésus demande de préparer. Comme les disciples, demandons-lui: «Seigneur où veux-tu que nous allions faire les préparatifs?». Où: Jésus ne préfère pas des lieux et n’en exclut pas d’autres. Il recherche des lieux qui ne sont pas rejoints par l’amour, qui ne sont pas touchés par l’espérance. Dans ces lieux inconfortables, il désire aller et il nous demande d’y faire les préparatifs. Tant de personnes sont privées d’un lieu digne pour vivre et de nourriture pour manger! Mais tous nous connaissons des personnes seules, souffrantes, dans le besoin: ce sont des tabernacles abandonnés. Nous, qui recevons de Jésus le vivre et le couvert, nous sommes là pour préparer une place et un aliment à ces frères plus faibles. Il s’est fait pain rompu pour nous; il nous demande de nous donner aux autres, de ne plus vivre pour nous-même, mais l’un pour l’autre. Ainsi on vit de façon eucharistique: en répandant dans le monde l’amour que nous prenons de la chair du Seigneur. L’Eucharistie se traduit dans la vie en passant du je au tu.
Les disciples, dit encore l’Evangile, firent les préparatifs de la Cène après être «allés à la ville» (v. 16). Le Seigneur nous appelle aussi aujourd’hui à préparer sa venue en ne restant pas au dehors, distants, mais en entrant dans nos villes. Dans cette ville aussi, dont le nom –“Ostie” – rappelle justement l’entrée, la porte. Seigneur, quelles portes veux-tu que nous t’ouvrions ici? Quels portails nous appelles-tu à ouvrir tout grand, quelles fermetures devons-nous dépasser? Jésus désire que soient abattus les murs de l’indifférence et de l’omerta, que soient arrachées les grilles des abus et des tyrannies, que soient ouverts les chemins de la justice, de l’honneur et de la légalité. Le vaste lido de cette ville appelle à la beauté de s’ouvrir et de prendre le large dans la vie. Mais pour le faire, il convient de défaire les nœuds qui nous lient aux amarres de la peur et de l’oppression. L’Eucharistie nous invite à nous laisser porter par la vague de Jésus, à ne pas rester lestés sur la plage dans l’attente que quelque chose arrive, mais à lever l’ancre libres, courageux, unis.
Les disciples, conclut l’Evangile, «après avoir chanté les psaumes, partirent» (v. 26). A la fin de la messe, nous serons nous aussi en sortie. Nous marcherons avec Jésus, qui parcourra les rues de cette ville. Il désire habiter au milieu de vous. Il veut visiter les situations, entrer dans les maisons, offrir sa miséricorde libératrice, bénir, consoler. Vous avez connu l’épreuve de situations douloureuses; le Seigneur veut être proche de vous. Ouvrons-lui les portes et disons-lui:
Viens, Seigneur, nous visiter.
Nous t’accueillons dans nos cœurs,
dans nos familles, dans notre ville.
Merci, parce que tu nous prépares la nourriture de la vie
et une place dans ton Royaume.
Fais-que nous soyons actifs dans les préparatifs,
que nous te portions avec joie toi qui est la vie,
pour apporter fraternité, justice et paix
dans nos rues. Amen.
[00879-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
The Gospel we just heard speaks of the Last Supper, but surprisingly, pays more attention to the preparations than to the dinner itself. We keep hearing the word “prepare”. For example, the disciples ask: “Where do you want us to go and prepare for you to eat the Passover?” (Mk 14:12). Jesus sends them off with clear instructions to make the necessary preparations and they find “a large room… furnished and ready” (v. 15). The disciples went off to prepare, but the Lord had already made his own preparations.
Something similar occurs after the resurrection, when Jesus appears to the disciples for the third time. While they are fishing, he waits for them on the shore, where he has already prepared bread and fish for them. Even so, he tells the disciples to bring some of the fish that they have just caught, which he had shown them how to catch (cf. Jn 21:6.9-10). Jesus has already made preparations and he asks his disciples to cooperate. Once again, just before the Passover meal, Jesus tells the disciples: “I go to prepare a place for you… so that where I am, there you may be also” (Jn 14:2.3). Jesus is the one who prepares, yet before his own Passover he also asks us urgently, with exhortations and parables, to be prepared, to remain ever ready (cf. Mt 24:44; Lk 12:40).
Jesus, then, prepares for us and asks us to be prepared. What does Jesus prepare for us? He prepares a place and a meal. A place much more worthy than the “large furnished room” of the Gospel. It is our spacious and vast home here below, the Church, where there is, and must be, room for everyone. But he has also reserved a place for us on high, in heaven, so that we can be with him and with one another for ever. In addition to a place, he prepares a meal, the Bread in which he gives himself: “Take; this is my body” (Mk 14:22). These two gifts, a place and a meal, are what we need to live. They are our ultimate “room and board”. Both are bestowed upon us in the Eucharist. A place and a meal.
Jesus prepares a place for us here below, because the Eucharist is the beating heart of the Church. It gives her birth and rebirth; it gathers her together and gives her strength. But the Eucharist also prepares for us a place on high, in eternity, for it is the Bread of heaven. It comes down from heaven – it is the only matter on earth that savours of eternity. It is the bread of things to come; even now, it grants us a foretaste of a future infinitely greater than all we can hope for or imagine. It is the bread that sates our greatest expectations and feeds our finest dreams. It is, in a word, the pledge of eternal life – not simply a promise but a pledge, a concrete anticipation of what awaits us there. The Eucharist is our “reservation” for the heavenly banquet; it is Jesus himself, as food for our journey towards eternal life and happiness.
In the consecrated host, together with a place, Jesus prepares for us a meal, food for our nourishment. In life, we constantly need to be fed: nourished not only with food, but also with plans and affection, hopes and desires. We hunger to be loved. But the most pleasing compliments, the finest gifts and the most advanced technologies are not enough; they never completely satisfy us. The Eucharist is simple food, like bread, yet it is the only food that satisfies, for there is no greater love. There we encounter Jesus really; we share his life and we feel his love. There you can realize that his death and resurrection are for you. And when you worship Jesus in the Eucharist, you receive from him the Holy Spirit and you find peace and joy. Dear brothers and sisters, let us choose this food of life! Let us make Mass our priority! Let us rediscover Eucharistic adoration in our communities! Let us implore the grace to hunger for God, with an insatiable desire to receive what he has prepared for us.
As he did with his disciples, so too today Jesus asks us, today, to prepare. Like the disciples, let us ask him: “Lord, where do you want us to go to prepare?” Where: Jesus does not prefer exclusive, selective places. He looks for places untouched by love, untouched by hope. Those uncomfortable places are where he wants to go and he asks us to prepare his way. How many persons lack dignified housing or food to eat! All of us know people who are lonely, troubled and in need: they are abandoned tabernacles. We, who receive from Jesus our own room and board, are here to prepare a place and a meal for these, our brothers and sisters in need. Jesus became bread broken for our sake; in turn, he asks us to give ourselves to others, to live no longer for ourselves but for one another. In this way, we live “eucharistically”, pouring out upon the world the love we draw from the Lord’s flesh. The Eucharist is translated into life when we pass beyond ourselves to those all around us.
The Gospel tells us that the disciples prepared for the meal after they “set out and went to the city” (v. 16). The Lord calls us also today to prepare for his coming not by keeping our distance but by entering our cities. That includes this city, whose very name – Ostia – means entrance, doorway. Lord, how many doors do you want us to open for you here? How many gates do you call us to unbar, how many walls must we tear down? Jesus wants the walls of indifference and silent collusion to be breached, iron bars of oppression and arrogance torn asunder, and paths cleared for justice, civility and legality. The vast beachfront of this city speaks to us of how beautiful it is to open our hearts and to set out in new directions in life. But this requires loosening the knots that keep us bound to the moorings of fear and depression. The Eucharist invites to let ourselves be carried along by the wave of Jesus, to not remain grounded on the beach in the hope that something may come along, but to cast into the deep, free, courageous and united.
The Gospel ends by telling us that the disciples, “after singing a hymn, went out” (v. 26). At the end of Mass, we too will go out; we will go forth with Jesus, who will pass through the streets of this city. Jesus wants to dwell among you. He wants to be part of your lives, to enter your houses and to offer his liberating mercy, his blessing and his consolation. You have experienced painful situations; the Lord wants to be close to you. Let us open our doors to him and say:
Come, Lord, and visit us.
We welcome you into our hearts,
our families and our city.
We thank you because you have prepared for us
the food of life and a place in your Kingdom.
Make us active in preparing your way,
joyous in bringing you, who are life, to others,
and thus to bring fraternity, justice and peace
to our streets. Amen.
[00879-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Im Evangelium, das wir gehört haben, wird vom Letzten Abendmahl berichtet, aber überraschenderweise liegt die Aufmerksamkeit mehr auf den Vorbereitungen als auf dem Abendmahl selbst. Es wiederholt sich mehrfach das Wort „vorbereiten“. Die Jünger fragen zum Beispiel: »Wo sollen wir das Paschamahl für dich vorbereiten?« (Mk 14,12). Jesus schickt sie mit genauen Angaben zur Vorbereitung und sie finden »einen großen Raum […], der schon für das Festmahl hergerichtet und mit Polstern ausgestattet« (V. 15) ist. Die Jünger gehen, um vorzubereiten, aber der Herr hatte schon vorbereitet.
Etwas Ähnliches geschieht nach seiner Auferstehung, als Jesus den Jüngern zum dritten Mal erscheint: Während sie fischen, erwartet er sie am Ufer, wo er schon Brot und Fisch für sie vorbereitet. Aber zugleich bittet er seine Jünger, etwas von dem Fisch herbeizubringen, den sie soeben gefangen haben und von dem er gesagt hatte, wie sie ihn fischen sollten (vgl. Joh 21,6.9-10). Auch hier bereitet Jesus im Voraus vor und bittet die Seinen mitzuwirken. Noch einmal hatte Jesus kurz vor Ostern zu seinen Jüngern gesagt: »Ich gehe, um einen Platz für euch vorzubereiten […], damit auch ihr dort seid, wo ich bin« (Joh 14,2.3). Jesus ist derjenige, der vorbereitet, der gleiche Jesus, der wie vor seinem Hinübergang mit deutlichen Ermahnungen und Gleichnissen jetzt auch uns bittet, uns bereit zu halten (vgl. Mt 24,44; Lk 12,40).
Jesus bereitet also für uns vor und bittet auch uns, vorzubereiten. Was bereitet Jesus für uns vor? Er bereitet einen Platz und eine Speise vor. Ein Platz, der viel würdiger ist als der „große hergerichtete Raum“ aus dem Evangelium. Es ist unser geräumiges und großes Haus hier unten, die Kirche, wo es Platz für alle gibt und geben muss. Aber er hat uns auch einen Platz dort oben, im Paradies, bereitet, um für immer mit ihm zusammen und miteinander verbunden zu sein. Außer dem Platz bereitet er uns eine Speise, ein Brot, das er selbst ist: »Nehmt, das ist mein Leib« (Mk 14,22). Diese zwei Gaben, der Platz und die Speise, sind das, was wir zum Leben brauchen. Sie sind die endgültige Kost und Wohnung. Beide werden uns in der Eucharistie gegeben. Speise und Platz.
Da bereitet uns Jesus einen Platz hier unten, weil die Eucharistie das schlagende Herz der Kirche ist, sie bringt sie wieder und wieder hervor, sie versammelt sie und gibt ihr Kraft. Aber die Eucharistie bereitet uns auch einen Platz dort oben, in der Ewigkeit, weil sie das Brot vom Himmel ist. Sie kommt von dort, sie ist die einzige Materie auf dieser Erde, die wahrhaft den Geschmack der Ewigkeit trägt. Sie ist das Brot der Zukunft, das uns schon jetzt eine Zukunft vorauskosten lässt, die unendlich größer ist als jede beste Erwartung. Sie ist das Brot, das unsere größten Erwartungen stillt und unserer schönsten Träume nährt. Sie ist mit einem Wort das Unterpfand des ewigen Lebens: nicht nur eine Verheißung, sondern ein Unterpfand, also eine konkrete Vorwegnahme dessen, was uns geschenkt werden wird. Die Eucharistie ist die „Reservierung“ des Paradieses; sie ist Jesus, Wegzehrung auf unserem Weg zum glückseligen Leben, das niemals enden wird.
In der verwandelten Hostie bereitet uns Jesus über den Platz hinaus die Speise, die Nahrung. Im Leben müssen wir uns beständig ernähren, und dies nicht nur durch Nahrungsmittel, sondern auch durch Vorhaben und Gefühle der Zuneigung, durch Sehnsüchte und Hoffnung. Wir hungern danach, geliebt zu werden. Aber die willkommensten Komplimente, die schönsten Geschenke und die fortschrittlichsten Technologien genügen nicht, sie sättigen uns nie zur Gänze. Die Eucharistie ist eine einfache Nahrung wie das Brot, aber sie ist das einzige, das sättigt, weil es keine größere Liebe gibt. Dort begegnen wir Jesus wirklich, wir nehmen an seinem Leben teil, wir spüren seine Liebe. Dort kannst du erfahren, dass sein Tod und seine Auferstehung für dich sind. Und wenn du Jesus in der Eucharistie anbetest, empfängst du von ihm den Heiligen Geist und du findest Frieden und Freude. Liebe Brüder und Schwestern, wählen wir diese Speise des Lebens: Setzen wir die Messe an die erste Stelle, entdecken wir die Anbetung in unseren Gemeinschaften neu! Bitten wir um die Gnade, nach Gott zu hungern, und seien wir unersättlich nach dem, was er für uns bereitet.
Aber Jesus bittet heute auch uns wie die Jünger damals, vorzubereiten. Fragen wir ihn wie die Jünger: »Herr, wohin sollen wir gehen, um vorzubereiten?“. Wohin: Jesus bevorzugt nicht exklusive oder ausschließende Orte. Er sucht Orte, die von der Liebe nicht erreicht und von der Hoffnung nicht berührt wurden. Zu diesen unbequemen Orten möchte Jesus gehen und er bittet auch uns, für ihn die Vorbereitungen zu treffen. Wie viele Personen sind eines würdigen Ortes zum Leben und der Speise zum Essen beraubt! Aber wir alle kennen einsame, leidende, bedürftige Personen: Sie sind verlassene Tabernakel. Wir, die wir von Jesus Kost und Logis erhalten, sind hier, um diesen schwächsten Brüdern einen Platz und Speise zu bereiten. Er ist für uns zum gebrochenen Brot geworden; er bittet uns, dass wir uns den anderen schenken, nicht mehr für uns selbst zu leben, sondern füreinander. So lebt man eucharistisch, indem man die Liebe, die wir aus dem Fleisch des Herrn schöpfen, in die Welt ausgießen. Die Eucharistie übersetzt sich ins Leben, wenn wir vom Ich zum Du übergehen.
Die Jünger, sagt das Evangelium weiter, bereiteten das Paschamahl vor, nachdem sie in die Stadt gekommen waren (vgl. V. 16). Der Herr ruft uns auch heute, sein Kommen vorzubereiten, nicht indem wir draußen, in der Ferne bleiben, sondern indem wir in unsere Städte eintreten. Auch in dieser Stadt, deren Namen „Ostia“ gerade den Eintritt, die Tür in Erinnerung ruft. Herr, welche Türen willst du, dass wir sie hier für dich öffnen? Welche Gitter rufst du uns weit zu öffnen, welche verschlossenen Zugänge müssen wir überwinden? Jesus wünscht, dass die Mauern der Gleichgültigkeit und der Vertuschung niedergerissen werden, die Gitterstäbe der Gewalttaten und Anmaßung entfernt, die Wege der Gerechtigkeit, des Anstands und der Legalität geöffnet werden. Der weitläufige Strand dieser Stadt ruft uns die Schönheit in Erinnerung, sich zu öffnen und auf das Meer das Lebens hinauszufahren. Um aber dies zu tun, ist es notwendig, jene Knoten zu lösen, die uns an die Leinen der Angst und der Beklemmung binden. Die Eucharistie lädt dazu ein, sich von der Welle Jesu mitreißen zu lassen, nicht mit Ballast beladen am Strand zurückzubleiben in der Erwartung, dass etwas kommt, sondern frei, mutig und vereint in See zu stechen.
Die Jünger, so schließt das Evangelium, gingen »nach dem Lobgesang zum Ölberg hinaus« (V. 26). Am Ende der Messe werden auch wir hinausgehen. Wir werden mit Jesus gehen, der durch die Straßen dieser Stadt ziehen wird. Er wünscht, in eurer Mitte zu wohnen. Er will euch in euren Lebenslagen besuchen, in die Häuser eintreten, seine befreiende Barmherzigkeit anbieten, segnen, trösten. Ihr habt schmerzliche Situationen erlebt; der Herr will euch nahe sein. Öffnen wir ihm die Türen und sagen wir zu ihm:
Komm, Herr, kehre bei uns ein.
Wir nehmen dich in unseren Herzen auf,
in unseren Familien, in unseren Städten.
Danke, dass du uns die Speise des Lebens bereitest
und einen Platz in deinem Reich.
Mache uns rührig in der Vorbereitung und
lasse uns deine freudigen Träger sein, der du das Leben bist,
um Brüderlichkeit, Gerechtigkeit und Frieden
in unsere Straßen zu bringen. Amen.
[00879-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
En el Evangelio que hemos escuchado se narra la Última Cena, pero sorprendentemente la atención está más puesta en los preparativos que en la cena. Se repite varias veces el verbo "preparar". Los discípulos preguntan, por ejemplo: «¿Dónde quieres que vayamos a prepararte la cena de Pascua?» (Mc 14,12). Jesús los envía a prepararla dándoles indicaciones precisas y ellos encuentran «una habitación grande, acondicionada y dispuesta» (v. 15). Los discípulos van a preparar, pero el Señor ya había preparado.
Algo similar ocurre después de la resurrección, cuando Jesús se aparece por tercera vez a los discípulos: mientras pescan, él los espera en la orilla, donde les prepara pan y pescado. Pero, al mismo tiempo, pide a los suyos que lleven un poco del pescado que acababan de pescar y que él les había indicado cómo pescarlo (cf. Jn 21,6.9-10). También aquí, Jesús prepara con antelación y pide a los suyos que cooperen. Incluso, poco antes de la Pascua, Jesús había dicho a los discípulos: «Voy a prepararos un lugar […] para que donde estoy yo estéis también vosotros» (Jn 14,2.3). Es Jesús quien prepara, el mismo Jesús que, sin embargo, con fuertes llamamientos y parábolas, antes de su Pascua, nos pide que nos preparemos, que estemos listos (cf. Mt 24,44; Lc 12,40).
Jesús, en definitiva, prepara para nosotros y nos pide que también nosotros preparemos. ¿Qué prepara Jesús para nosotros? Prepara un lugar y un alimento. Un lugar mucho más digno que la «habitación grande acondicionada» del Evangelio. Es nuestra casa aquí abajo, amplia y espaciosa, la Iglesia, donde hay y debe haber un lugar para todos. Pero nos ha reservado también un lugar arriba, en el paraíso, para estar con él y entre nosotros para siempre. Además del lugar nos prepara un alimento, un pan que es él mismo: «Tomad, esto es mi cuerpo» (Mc 14,22). Estos dos dones, el lugar y el alimento, son lo que nos sirve para vivir. Son la comida y el alojamiento definitivos. Ambos se nos dan en la Eucaristía. Alimento y lugar.
Jesús nos prepara un puesto aquí abajo, porque la Eucaristía es el corazón palpitante de la Iglesia, la genera y regenera, la reúne y le da fuerza. Pero la Eucaristía nos prepara también un puesto arriba, en la eternidad, porque es el Pan del cielo. Viene de allí, es la única materia en esta tierra que sabe realmente a eternidad. Es el pan del futuro, que ya nos hace pregustar un futuro infinitamente más grande que cualquier otra expectativa mejor. Es el pan que sacia nuestros deseos más grandes y alimenta nuestros sueños más hermosos. Es, en una palabra, la prenda de la vida eterna: no solo una promesa, sino una prenda, es decir, una anticipación, una anticipación concreta de lo que nos será dado. La Eucaristía es la "reserva" del paraíso; es Jesús, viático de nuestro camino hacia la vida bienaventurada que no acabará nunca.
En la Hostia consagrada, además del lugar, Jesús nos prepara el alimento, la comida. En la vida necesitamos alimentarnos continuamente, y no solo de comida, sino también de proyectos y afectos, deseos y esperanzas. Tenemos hambre de ser amados. Pero los elogios más agradables, los regalos más bonitos y las tecnologías más avanzadas no bastan, jamás nos sacian del todo. La Eucaristía es un alimento sencillo, como el pan, pero es el único que sacia, porque no hay amor más grande. Allí encontramos a Jesús realmente, compartimos su vida, sentimos su amor; allí puedes experimentar que su muerte y resurrección son para ti. Y cuando adoras a Jesús en la Eucaristía recibes de él el Espíritu Santo y encuentras paz y alegría. Queridos hermanos y hermanas, escojamos este alimento de vida: pongamos en primer lugar la Misa, descubramos la adoración en nuestras comunidades. Pidamos la gracia de estar hambrientos de Dios, nunca saciados de recibir lo que él prepara para nosotros.
Pero, como a los discípulos entonces, también hoy a nosotros Jesús nos pide preparar. Como los discípulos le preguntamos: «Señor, ¿dónde quieres que vayamos a preparar?». Dónde: Jesús no prefiere lugares exclusivos y excluyentes. Busca espacios que no han sido alcanzados por el amor, ni tocados por la esperanza. A esos lugares incómodos desea ir y nos pide a nosotros realizar para él los preparativos. Cuántas personas carecen de un lugar digno para vivir y del alimento para comer. Todos conocemos a personas solas, que sufren y que están necesitadas: son sagrarios abandonados. Nosotros, que recibimos de Jesús comida y alojamiento, estamos aquí para preparar un lugar y un alimento a estos hermanos más débiles. Él se ha hecho pan partido para nosotros; nos pide que nos demos a los demás, que no vivamos más para nosotros mismos, sino el uno para el otro. Así se vive eucarísticamente: derramando en el mundo el amor que brota de la carne del Señor. La Eucaristía en la vida se traduce pasando del yo al tú.
Los discípulos, dice el Evangelio, prepararon la Cena después de haber «llegado a la ciudad» (v. 16). El Señor nos llama también hoy a preparar su llegada no quedándonos fuera, distantes, sino entrando en nuestras ciudades. También en esta ciudad, cuyo nombre —“Ostia”— recuerda precisamente la entrada, la puerta. Señor, ¿qué puertas quieres que te abramos aquí? ¿Qué portones nos pides que abramos, qué barreras debemos superar? Jesús desea que sean derribados los muros de la indiferencia y del silencio cómplice, arrancadas las rejas de los abusos y las intimidaciones, abiertas las vías de la justicia, del decoro y la legalidad. El amplio paseo marítimo de esta ciudad llama a la belleza de abrirse y remar mar adentro en la vida. Pero para hacer esto hay que soltar esos nudos que nos unen a los muelles del miedo y de la opresión. La Eucaristía invita a dejarse llevar por la ola de Jesús, a no permanecer varados en la playa en espera de que algo llegue, sino a zarpar libres, valientes, unidos.
Los discípulos, concluye el Evangelio, «después de cantar el himno, salieron» (v. 26). Al finalizar la Misa, también nosotros saldremos. Caminaremos con Jesús, que recorrerá las calles de esta ciudad. Él desea habitar en medio de vosotros. Quiere visitar las situaciones, entrar en las casas, ofrecer su misericordia liberadora, bendecir, consolar. Habéis experimentado situaciones dolorosas; el Señor quiere estar cerca. Abrámosle las puertas y digámosle:
Ven, Señor, a visitarnos.
Te acogemos en nuestros corazones,
en nuestras familias, en nuestra ciudad.
Gracias porque nos preparas el alimento de vida
y un lugar en tu Reino.
Haz que seamos activos en la preparación,
portadores gozosos de ti que eres la vida,
para llevar fraternidad, justicia y paz
a nuestras calles. Amén.
[00879-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
No Evangelho que acabamos de ouvir, narra-se a Última Ceia, mas, surpreendentemente, a atenção fixa-se mais nos preparativos do que na própria ceia. Aparece várias vezes o verbo «preparar». Por exemplo, os discípulos perguntam: «Onde queres que façamos os preparativos para comeres a Páscoa?» (Mc 14, 12). Jesus envia-os para fazerem os preparativos com indicações precisas e eles encontram «uma grande sala (…) mobiliada e toda pronta» (14, 15). Os discípulos vão preparar, mas o Senhor já tinha preparado.
Sucede algo parecido depois da ressurreição, quando Jesus aparece aos discípulos pela terceira vez: andam a pescar e Jesus vai ter com eles à praia; enquanto espera por eles já lhes vai preparando pão e peixe. Entretanto pede-lhes para trazerem um pouco do peixe que acabaram de apanhar sob indicação, aliás, d’Ele próprio (cf. Jo 21, 6.9-10). Também neste caso Jesus prepara antecipadamente, mas pede aos seus para colaborar. Noutra ocasião, pouco antes da Páscoa, Jesus dissera aos discípulos: «Vou preparar-vos um lugar, (...) a fim de que, onde Eu estou, vós estejais também» (Jo 14, 2.3). Quem prepara, é Jesus; e todavia o mesmo Jesus, antes da sua Páscoa, pede-nos, com sérias advertências e parábolas, que nos preparemos, que estejamos prontos (cf. Mt 24, 44; Lc 12, 40).
Em resumo, Jesus prepara para nós, mas pede também a nós para preparar. Que prepara Jesus para nós? Prepara um lugar e um alimento. Um lugar muito mais digno do que a «grande sala mobiliada» do Evangelho. É a nossa casa espaçosa e ampla aqui na terra, a Igreja, onde há, e deve haver, lugar para todos. Mas tem-nos reservado um lugar também lá no Céu, no Paraíso, para estarmos com Ele e uns com os outros para sempre. Além do lugar, prepara-nos um alimento, um Pão que é Ele próprio. «Tomai: isto é o meu corpo» (Mc 14, 22). Estas duas dádivas – o lugar e o alimento – são aquilo de que precisamos para viver. São a alimentação e a morada definitivas; e são-nos dadas ambas na Eucaristia. Alimento e um lugar.
Nela Jesus prepara-nos um lugar cá na terra, porque a Eucaristia é o coração palpitante da Igreja, gera-a e regenera-a, congrega-a e dá-lhe força. Mas a Eucaristia prepara-nos também um lugar lá em cima na eternidade, porque é o Pão do Céu. Vem de lá, é a única matéria nesta terra que tem verdadeiramente sabor de eternidade. É o pão do futuro, que já agora nos faz saborear um futuro infinitamente maior do que as mais risonhas expectativas. É o pão que sacia os nossos maiores anseios e nutre os nossos mais belos sonhos. Numa palavra, é o penhor da vida eterna: não apenas uma promessa, mas um penhor, isto é, uma antecipação, uma antecipação concreta daquilo que nos será concedido. A Eucaristia é a marcação, a «reserva» do paraíso; é Jesus, viático do nosso caminho rumo à vida beatífica que não acabará jamais.
Na Hóstia consagrada, além do lugar, Jesus prepara-nos o alimento, a nutrição. Na vida, precisamos de nutrir-nos continuamente, e não apenas com alimentos, mas também com projetos e afetos, anseios e esperanças. Temos fome de ser amados; mas as congratulações mais aprazíveis, as prendas mais belas e as tecnologias mais avançadas não bastam: nunca nos saciam completamente. A Eucaristia é um alimento simples, como o pão, mas é o único que sacia, porque não há amor maior. Nela encontramos realmente Jesus, partilhamos a vida d’Ele, sentimos o seu amor. Nela podes experimentar que a sua morte e ressurreição são para ti. E, quando adoras Jesus na Eucaristia, recebes d’Ele o Espírito Santo e encontras paz e alegria. Queridos irmãos e irmãs, escolhamos este alimento de vida: ponhamos em primeiro lugar a Missa, voltemos a descobrir a adoração nas nossas comunidades! Peçamos a graça de nos sentirmos esfomeados de Deus, de nunca nos fartarmos de receber o que Ele prepara para nós.
Mas, como aos discípulos de então, também hoje Jesus nos pede para preparar. Perguntemos-Lhe, como os discípulos: «Senhor, onde queres que façamos os preparativos?» Onde: as preferências de Jesus não recaem sobre lugares exclusivos e excludentes. Procura lugares não atingidos pelo amor, não tocados pela esperança. É a tais lugares desconfortáveis que Ele quer ir e pede-nos para Lhe fazer os preparativos. Há tantas pessoas privadas dum lugar decente para viver e do alimento para comer! Mas todos conhecemos pessoas sozinhas, atribuladas, necessitadas: são sacrários abandonados. Nós, que recebemos de Jesus alimentação e morada, estamos aqui para preparar um lugar e o alimento para estes irmãos mais frágeis. Ele fez-Se pão repartido para nós; pede que nos doemos aos outros, que deixemos de viver para nós mesmos, mas vivamos um para o outro. É assim que se vive eucaristicamente: derramando sobre o mundo o amor que recebemos da carne do Senhor. A Eucaristia traduz-se, na vida, passando do eu ao tu.
E o Evangelho deixa entender que os discípulos prepararam a Ceia, depois de ter entrado na cidade (cf. 14, 16). O Senhor chama-nos também hoje a preparar a sua chegada, não permanecendo fora, afastados; mas entrando nas nossas cidades, inclusive nesta cidade, cujo nome – «Óstia» – sugere precisamente a entrada, a porta. Senhor, quais são as portas que quereis que Vos abramos aqui? Quais são os portões que nos chamais a escancarar, quais são as reclusões que devemos superar? Jesus deseja que sejam abatidos os muros da indiferença e da conivência, que sejam removidas as grades dos abusos e arrogâncias, que sejam abertos os caminhos da justiça, da equidade e da legalidade. A ampla praia desta cidade sugere a beleza de abrir-se e fazer-se ao largo na vida. Mas, para o fazer, precisamos de desamarrar os cabos que nos prendem aos pegões do medo e da opressão. A Eucaristia convida a deixar-nos levar pela onda de Jesus, não ficar arenados na praia à espera que chegue qualquer coisa, mas zarpar livres, corajosos, unidos.
Os discípulos – conclui o Evangelho –, «após o canto dos salmos, saíram» (14, 26). No final da missa, sairemos também nós. Caminharemos com Jesus, que percorrerá as estradas desta cidade. Deseja habitar no vosso meio. Quer visitar as situações, entrar nas casas, oferecer a sua misericórdia libertadora, abençoar, consolar. Experimentastes situações dolorosas; o Senhor quer estar perto de vós. Abramos-Lhe as portas e digamos-Lhe:
Vinde visitar-nos, Senhor.
Acolhemo-Vos nos nossos corações,
nas nossas famílias, na nossa cidade.
Obrigado porque nos preparais o alimento da vida
e um lugar no vosso Reino.
Tornai-nos preparadores ativos,
portadores jubilosos de Vós que sois a vida,
para levar fraternidade, justiça e paz
pelas nossas estradas. Amen.
[00879-PO.02] [Texto original: Italiano]
[B0410-XX.02]