Alle ore 12 di oggi, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Membri dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM).
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle,
rivolgo il mio cordiale benvenuto a tutti voi, rappresentanti dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. Ringrazio il Presidente per le sue parole, ed esprimo il mio apprezzamento per la generosa attività dei soci e dei volontari delle vostre sezioni locali, dislocate nell’intero territorio nazionale, al servizio delle persone affette da distrofie e altre patologie neuromuscolari. Per loro voi rappresentate come dei raggi di speranza, che alleviano i momenti di solitudine e di sconforto e incoraggiano ad affrontare la malattia con fiducia e serenità.
La vostra presenza al fianco di queste persone garantisce un’assistenza amichevole, offrendo loro preziosi servizi in ambito medico e sociale. Oltre agli aiuti concreti per affrontare la vita quotidiana, come il trasporto, la fisioterapia, l’assistenza domiciliare, sono importanti il calore umano, il dialogo fraterno, la tenerezza con cui vi dedicate agli utenti delle vostre strutture. La riabilitazione fisica può e deve essere accompagnata dalla riabilitazione spirituale, fatta anzitutto di gesti di prossimità, per lottare non soltanto contro il dolore fisico, ma anche contro la sofferenza morale dell’abbandono o dell’isolamento.
Tra le caratteristiche del vostro servizio vi è la gratuità della prestazione, unita all’indipendenza da interessi o ideologie di parte. Gratuità che si accompagna però con la professionalità e la continuità. Ciò è ben richiesto ai vostri soci insieme con altre virtù: discrezione, fedeltà, attenzione, prontezza ed efficacia nell’intervento, capacità di intuire anche i problemi inespressi del malato, umiltà, serietà, determinazione, puntualità, perseveranza e rispetto per il malato in ogni sua esigenza. Vi incoraggio a proseguire su questa strada, diventando sempre più testimoni di solidarietà e di carità evangelica. La vostra preziosa opera, infatti, è un fattore peculiare di umanizzazione: grazie alle svariate forme di servizio che la vostra associazione promuove e concretizza, rende la società più attenta alla dignità dell’uomo e alle sue molteplici aspettative.
Attraverso l’attività che svolgete, voi potete anche sperimentare che, solo se ama e si dona agli altri, la persona realizza pienamente sé stessa. Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, ci comunica la ragione profonda di questa esperienza umana. Manifestando il volto di Dio che è amore (cfr 1 Gv 4,8), Egli rivela all’uomo che la legge suprema del suo essere è l’amore. Nella vita terrena Gesù ha reso visibile la divina tenerezza, svuotando «sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,7) Condividendo sino alla morte la nostra vicenda terrena, Gesù ci ha insegnato a camminare nella carità.
La carità rappresenta la forma più eloquente di testimonianza evangelica perché, rispondendo alle necessità concrete, rivela agli uomini l’amore di Dio, provvidente e padre, sempre sollecito per ciascuno. Seguendo questo insegnamento, tanti uomini e donne cristiani, nel corso dei secoli, hanno scritto pagine stupende di amore al prossimo. Penso, tra gli altri, ai santi sacerdoti Giuseppe Cottolengo, Luigi Guanella e Luigi Orione: la loro carità ha lasciato una forte impronta nella società italiana. Anche ai nostri giorni, quante persone, impegnandosi per il prossimo, sono arrivate a riscoprire la fede, perché nel malato hanno incontrato Cristo, il Figlio di Dio. Egli chiede di essere servito nei fratelli più deboli, parla al cuore di chi si pone al loro servizio e fa sperimentare la gioia dell’amore disinteressato, amore che è fonte della vera felicità.
Cari fratelli e sorelle, è importante l’aiuto che si offre, ma ancora di più lo è il cuore con cui lo si offre. Voi siete chiamati ad essere una “palestra” di vita, soprattutto per i giovani, contribuendo a educarli a una cultura di solidarietà e di accoglienza, aperta ai bisogni delle persone più fragili. E questo avviene attraverso la grande lezione della sofferenza: una lezione che viene dalle persone malate e sofferenti e che nessun’altra cattedra può impartire. Chi soffre comprende di più il valore del dono divino della vita, da promuovere, custodire e tutelare dal concepimento fino al tramonto naturale.
A voi tutti, responsabili, soci e volontari, dico grazie per il vostro impegno. E vi incoraggio a proseguire nel vostro cammino, coi vostri familiari, gli amici e quanti vi sono vicini. Possiate imitare la Vergine Maria che, recandosi in fretta a soccorrere la cugina Elisabetta, si fece messaggera di gioia e di salvezza (cfr Lc 1,39-45). Ella vi insegni lo stile della carità umile e fattiva e vi ottenga dal Signore la grazia di riconoscerlo nei sofferenti. A voi, cari malati qui presenti, esprimo il mio affetto e la mia vicinanza. A tutti chiedo per favore di pregare per me, e di cuore vi imparto Benedizione Apostolica.
[00881-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0405-XX.02]