In occasione del quinto anniversario dell’elezione di Papa Francesco è stato presentato ieri a Roma, presso l'Istituto Luigi Sturzo, il libro Francesco il Ribelle di Padre Enzo Fortunato, Direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, una nuova biografia del Santo di Assisi, con la prefazione del Segretario di Stato Vaticano, l’Em.mo Card. Pietro Parolin.
Pubblichiamo di seguito l’intervento di S.E. Mons. Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato, pronunciato nel corso della presentazione:
Intervento di S.E. Mons. Angelo Becciu
Ho accettato di buon grado di presentare il libro Francesco il Ribelle, curato da P. Enzo Fortunato, per due motivi: il primo perché non si può rimanere indifferenti davanti alla figura di San Francesco di Assisi. Pur avendo letto altre biografie si rimane sempre incuriositi di conoscere nuovi particolari sulla sua vita. In effetti, la storia di Francesco d’Assisi continua ad affascinare ancora oggi dopo quasi 8 secoli dalla sua morte (1226), perché è una storia accattivante non solo per quanti sono avanti negli anni e sono nella condizione di meglio comprendere il vissuto umano, ma anche e soprattutto, per tanti giovani che scorgono in Francesco un esempio di libertà interiore alla quale aspirano, ed anche un modello a cui riferirsi per vivere la propria esperienza religiosa.
In secondo luogo, perché con la presentazione fatta oggi si è voluto rendere omaggio a Papa Francesco nel giorno dell’anniversario della sua elezione al Soglio Pontificio. Infatti, P. Fortunato con questo suo libro ha voluto anche far intravedere l’attualità di pensiero e di azione di Papa Francesco che al Poverello di Assisi è legato in modo del tutto speciale. Egli ce ne dà continuamente testimonianza con le parole e con le opere, fin dal primo momento della Sua elezione, quando con sorpresa generale assunse il nome di Francesco. Tante volte poi il Santo Padre ha citato san Francesco d’Assisi: nei suoi discorsi, nelle sue omelie, nei suoi messaggi, nei documenti, nelle interviste, negli Incontri, nelle Udienze e all’Angelus della domenica. Il Suo riferirsi spesso a san Francesco, il Suo ricordarsi dei poveri, dei deboli e dei malati in ogni circostanza del suo ministero, in ogni situazione, evento, viaggio, il suo gettare ponti a tutti gli uomini di buona volontà credenti e non, per un dialogo costruttivo per edificare la pace, dimostrano che la Sua vita e il Suo magistero si ispirano agli insegnamenti del poverello.
Venendo al libro, mi viene spontaneo ringraziare il suo autore, il P. Enzo Fortunato, che conoscevo come dinamico frate conventuale creatore di iniziative varie e di riusciti eventi mediatici aventi per sfondo sempre la figura del suo Maestro e del convento di Assisi, ma è la prima volta che mi imbatto in un suo scritto di particolare rilievo come la presente pubblicazione. Devo ammettere, e quindi me ne complimento con lui, che il suo stile scorrevole, accattivante, coinvolgente, aiuta ad amare il personaggio da lui descritto. E’ vero che san Francesco, come dicevo innanzi, si impone da se stesso, ma il desiderio di conoscerlo meglio è assecondato dal facile periodare del nostro Autore.
Volendomi addentrare nelle pagine del libro, mi pare che il desiderio del lettore sia quello di trovare prove che confermino quanto annunciato dal titolo dell’opera: Francesco il Ribelle. Che senso ha avuto e ha oggi questa qualifica applicata a San Francesco? Secondo le categorie comuni il ribelle è un eterno arrabbiato contro tutto e contro tutti, disposto molte volte a distruggere in maniera violenta quanto e quanti si oppongono ai suoi piani. Ahimè! La storia è costellata di tali scellerati esempi. La ribellione di Francesco è di ben altra dimensione. E’ stata talmente “sui generis” che essa, a differenza di altre ribellioni, permane ancora e diventa modello di vita per migliaia di suoi seguaci diffusi in ogni angolo della terra. L’anticonformismo di Francesco non lo si può spiegare se non si va al momento cruciale della sua vita, quando disconosce il suo passato e sfidando i benpensanti dell’epoca (compagni di vita, autorità civili, ecclesiastici, la stessa sua famiglia) si butta nell’avventura che lo porterà a vivere il vangelo “sine glossa”. Francesco sperimenta la bellezza del Vangelo che vissuto “senza se e senza ma” trasforma la propria vita e per contagio anche quella altrui. E’ eloquente la pagina in cui il nostro P. Fortunato accenna al passaggio dal dissidio interiore che tormentava da tempo il giovane Francesco, uso a trastulli di ogni genere, alla pace dell’anima provata nell’abbracciare i lebbrosi. La parola evangelica che l’aveva ispirato a compiere un tale gesto fu “Qualunque cosa avete fatto al più piccolo dei fratelli l’avete fatta a me”. D’ora in avanti la sua vita sarà guidata solo dal Vangelo, vissuto nella sua radicalità. Ne deriverà una rivoluzione nella Chiesa e nella stessa società i cui effetti perdurano ancora. Per Francesco il dito non va più rivolto contro gli altri, ma contro se stessi.
Come scrive p. Fortunato egli si mostra “ribelle contro il suo tempo che va volgendo verso la vittoria dell’individualismo e della “società dell’avere”, ribelle non contro la Chiesa e nemmeno contro la gerarchia” (pag 10). Francesco non “rinnova la guerra” (= ribelle) contro nessuno, mai, non si ribella mai opponendosi ad una legge o ad una autorità costituita. Riforma sì per dare un ordine nuovo, una forma migliore, per trasformare una situazione, una società, ma col suo esempio. Proprio dal suo vissuto gli viene autorevolezza e venerazione. Ormai il dado è tratto, varca il Rubicone che lo attanagliava al passato e vive una vita riempita solo di Dio. Con Dio, scelto come suo unico ideale e come sua unica ricchezza, gli viene logico contestare l’opulenza dei ricchi, abbracciando la povertà, superare le barriere discriminatorie, allargando il suo amore verso tutti, distinguersi dai contestatori del tempo, inchinandosi alle disposizioni dell’autorità ecclesiastica, vista come espressione della volontà di Dio. Vero restauratore, suo desiderio è riportare allo stato originale l’immagine e la somiglianza divina in quanti incontra e ritiene fratelli, per rimettere in vita gli spiriti affranti, ripristinare valori, ristabilire attorno a sé un mondo migliore.
San Francesco ancora oggi ci provoca e ci insegna a fare come lui: non presupporre la bellezza del vangelo, ma vivere le sue pagine con radicalità.
Mi piace concludere con le parole che il Cardinale Parolin scrive nella Prefazione al libro: “Assisi è un santuario speciale, perché normalmente nei santuari si va a chiedere una grazia, un miracolo. Ad Assisi no, ad Assisi ci si va per incontrare Francesco … un uomo che ha vissuto il Vangelo. Direi che ci si va per incontrare il Vangelo stesso, sine glossa”.
Grazie P. Fortunato per averci dato l’opportunità di rivolgerci nuovamente verso Assisi ad attingere l’acqua sempre fresca del grande Santo.
[00421-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0198-XX.01]