Omelia del Santo Padre
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Nel pomeriggio di oggi - Mercoledì delle Ceneri, giorno di inizio della Quaresima – ha avuto luogo un’assemblea di preghiera nella forma delle «Stazioni» romane, presieduta dal Santo Padre Francesco.
Alle ore 16.30, nella chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino, si è tenuto un momento di preghiera, cui ha fatto seguito la processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina. Alla processione hanno preso parte i Cardinali, gli Arcivescovi, i Vescovi, i Monaci Benedettini di Sant’Anselmo, i Padri Domenicani di Santa Sabina ed alcuni fedeli.
Al termine della processione, nella Basilica di Santa Sabina, il Santo Padre Francesco ha presieduto la celebrazione dell’Eucarestia con il rito di benedizione e di imposizione delle ceneri.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione del Santo Vangelo:
Omelia del Santo Padre
Il tempo di Quaresima è tempo propizio per correggere gli accordi dissonanti della nostra vita cristiana e accogliere la sempre nuova, gioiosa e speranzosa notizia della Pasqua del Signore. La Chiesa, nella sua materna sapienza, ci propone di prestare speciale attenzione a tutto ciò che possa raffreddare e ossidare il nostro cuore credente.
Le tentazioni a cui siamo esposti sono molteplici. Ognuno di noi conosce le difficoltà che deve affrontare. Ed è triste constatare come, di fronte alle vicissitudini quotidiane, si levino voci che, approfittando del dolore e dell’incertezza, non sanno seminare altro che sfiducia. E se il frutto della fede è la carità – come amava ripetere Madre Teresa di Calcutta – il frutto della sfiducia sono l’apatia e la rassegnazione. Sfiducia, apatia e rassegnazione: i demoni che cauterizzano e paralizzano l’anima del popolo credente.
La Quaresima è tempo prezioso per smascherare queste e altre tentazioni e lasciare che il nostro cuore torni a battere secondo il palpito del cuore di Gesù. Tutta questa liturgia è impregnata di tale sentimento e potremmo dire che esso riecheggia in tre parole che ci sono offerte per “riscaldare il cuore credente”: fermati, guarda e ritorna.
Fermati un poco, lascia questa agitazione e questo correre senza senso che riempie l’anima dell’amarezza di sentire che non si arriva mai da nessuna parte. Fermati, lascia questo obbligo di vivere in modo accelerato, che disperde, divide e finisce per distruggere il tempo della famiglia, il tempo dell’amicizia, il tempo dei figli, il tempo dei nonni, il tempo della gratuità… il tempo di Dio.
Fermati un poco davanti alla necessità di apparire ed essere visto da tutti, di stare continuamente “in vetrina”, che fa dimenticare il valore dell’intimità e del raccoglimento.
Fermati un poco davanti allo sguardo altero, al commento fugace e sprezzante che nasce dall’aver dimenticato la tenerezza, la pietà e il rispetto per l’incontro con gli altri, specialmente quelli vulnerabili, feriti e anche immersi nel peccato e nell’errore.
Fermati un poco davanti alla compulsione di voler controllare tutto, sapere tutto, devastare tutto, che nasce dall’aver dimenticato la gratitudine per il dono della vita e per tanto bene ricevuto.
Fermati un poco davanti al rumore assordante che atrofizza e stordisce i nostri orecchi e ci fa dimenticare la potenza feconda e creatrice del silenzio.
Fermati un poco davanti all’atteggiamento di fomentare sentimenti sterili, infecondi, che derivano dalla chiusura e dall’autocommiserazione e portano a dimenticare di andare incontro agli altri per condividere i pesi e le sofferenze.
Fermati davanti al vuoto di ciò che è istantaneo, momentaneo ed effimero, che ci priva delle radici, dei legami, del valore dei percorsi e di saperci sempre in cammino.
Fermati. Fermati per guardare e contemplare!
Guarda, Guarda i segni che impediscono di spegnere la carità, che mantengono viva la fiamma della fede e della speranza. Volti vivi della tenerezza e della bontà di Dio che opera in mezzo a noi.
Guarda il volto delle nostre famiglie che continuano a scommettere giorno per giorno, con grande sforzo per andare avanti nella vita e, tra tante carenze e strettezze, non tralasciano alcun tentativo per fare della loro casa una scuola di amore.
Guarda i volti, che ci interpellano, i volti dei nostri bambini e giovani carichi di futuro e di speranza, carichi di domani e di potenzialità che esigono dedizione e protezione. Germogli viventi dell’amore e della vita che sempre si fanno largo in mezzo ai nostri calcoli meschini ed egoistici.
Guarda i volti dei nostri anziani solcati dal passare del tempo: volti portatori della memoria viva della nostra gente. Volti della sapienza operante di Dio.
Guarda i volti dei nostri malati e di tanti che se ne fanno carico; volti che nella loro vulnerabilità e nel loro servizio ci ricordano che il valore di ogni persona non può mai essere ridotto a una questione di calcolo o di utilità.
Guarda i volti pentiti di tanti che cercano di rimediare ai propri errori e sbagli e, a partire dalle loro miserie e dai loro dolori, lottano per trasformare le situazioni e andare avanti.
Guarda e contempla il volto dell’Amore Crocifisso, che oggi dalla croce continua a essere portatore di speranza; mano tesa per coloro che si sentono crocifissi, che sperimentano nella propria vita il peso dei fallimenti, dei disinganni e delle delusioni.
Guarda e contempla il volto concreto di Cristo crocifisso, crocifisso per amore di tutti senza esclusione. Di tutti? Sì, di tutti. Guardare il suo volto è l’invito pieno di speranza di questo tempo di Quaresima per vincere i demoni della sfiducia, dell’apatia e della rassegnazione. Volto che ci invita ad esclamare: il Regno di Dio è possibile!
Fermati, guarda e ritorna. Ritorna alla casa di tuo Padre. Ritorna senza paura alle braccia desiderose e protese di tuo Padre ricco di misericordia che ti aspetta (cfr Ef 2,4)!
Ritorna! Senza paura: questo è il tempo opportuno per tornare a casa, alla casa del “Padre mio e Padre vostro” (cfr Gv 20,17). Questo è il tempo per lasciarsi toccare il cuore… Rimanere nella via del male è solo fonte di illusione e di tristezza. La vera vita è qualcosa di molto diverso, e il nostro cuore lo sa bene. Dio non si stanca né si stancherà di tendere la mano (cfr Bolla Misericordiae Vultus, 19).
Ritorna senza paura a sperimentare la tenerezza risanatrice e riconciliatrice di Dio! Lascia che il Signore guarisca le ferite del peccato e compia la profezia fatta ai nostri padri: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36,26).
Fermati, guarda, ritorna!
[00253-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Le temps du Carême est un temps favorable pour corriger les accords dissonants de notre vie chrétienne et accueillir l’annonce de la Pâque du Seigneur toujours nouvelle, joyeuse et pleine d’espérance. L’Église dans sa sagesse maternelle nous propose de prêter une attention particulière à tout ce qui peut refroidir et rouiller notre cœur de croyant.
Les tentations auxquelles nous sommes exposés sont nombreuses. Chacun d’entre nous connaît les difficultés qu’il doit affronter. Et il est triste de constater comment, face aux vicissitudes quotidiennes, profitant de la souffrance et de l’insécurité, se lèvent des voix qui ne savent que semer la méfiance. Et si le fruit de la foi est la charité – comme aimait le répéter Mère Térésa de Calcutta -, le fruit de la méfiance est l’apathie et la résignation. Méfiance, apathie et résignation: ces démons qui cautérisent et paralysent l’âme du peuple croyant.
Le Carême est un temps précieux pour débusquer ces dernières, ainsi que d’autres tentations et laisser notre cœur recommencer à battre au rythme du cœur de Jésus. Toute cette liturgie est imprégnée par ces sentiments et nous pourrions dire que cela fait écho à trois expressions qui nous sont offertes pour «réchauffer le cœur du croyant»: arrête-toi, regarde et reviens.
Arrête-toi un peu, laisse cette agitation et cette course insensée qui remplit le cœur de l’amertume de sentir que l’on n’arrive jamais à rien.
Arrête-toi, laisse cette injonction à vivre en accéléré qui disperse, divise et finit par détruire le temps de la famille, le temps de l’amitié, le temps des enfants, le temps des grands-parents, le temps de la gratuité… le temps de Dieu.
Arrête-toi un peu devant la nécessité d’apparaître et d’être vu par tous, d’être continuellement à “l’affiche”, ce qui fait oublier la valeur de l’intimité et du recueillement.
Arrête-toi un peu devant le regard hautain, le commentaire fugace et méprisant qui naît de l’oubli de la tendresse, de la compassion et du respect dans la rencontre des autres, en particulier de ceux qui sont vulnérables, blessés et même de ceux qui sont empêtrés dans le péché et l’erreur.
Arrête-toi un peu devant l’obsession de vouloir tout contrôler, tout savoir, tout dévaster, qui naît de l’oubli de la gratitude face au don de la vie et à tant de bien reçu.
Arrête-toi un peu devant le bruit assourdissant qui atrophie et étourdit nos oreilles et qui nous fait oublier le pouvoir fécond et créateur du silence.
Arrête-toi un peu devant l’attitude favorisant des sentiments stériles, inféconds qui surgissent de l’enfermement et de l’apitoiement sur soi-même et qui conduisent à oublier d’aller à rencontre des autres pour partager les fardeaux et les souffrances.
Arrête-toi devant la vacuité de ce qui est immédiat, momentané et éphémère, qui nous prive de nos racines, de nos liens, de la valeur des parcours et du fait de nous savoir toujours en chemin.
Arrête-toi, pour regarder et contempler!
Regarde, les signes qui empêchent d’éteindre la charité, qui maintiennent vive la flamme de la foi et de l’espérance. Visages vivants de la tendresse et de la bonté de Dieu qui agit au milieu de nous.
Regarde le visage de nos familles qui continuent à miser jour après jour, avec beaucoup d’effort, pour aller de l’avant dans la vie et qui, entre les contraintes et les difficultés, ne cessent pas de tout tenter pour faire de leur maison une école de l’amour.
Regarde les visages interpellant, de nos enfants et des jeunes porteurs d’avenir et d’espérance, porteurs d’un lendemain et d’un potentiel qui exigent dévouement et protection. Germes vivants de l’amour et de la vie qui se fraient toujours un passage au milieu de nos calculs mesquins et égoïstes.
Regarde les visages de nos anciens, marqués par le passage du temps; visages porteurs de la mémoire vivante de nos peuples. Visages de la sagesse agissante de Dieu.
Regarde les visages de nos malades et de tous ceux qui s’en occupent; visages qui, dans leur vulnérabilité et dans leur service, nous rappellent que la valeur de chaque personne ne peut jamais être réduite à une question de calcul ou d’utilité.
Regarde les visages contrits de tous ceux qui cherchent à corriger leurs erreurs et leurs fautes et qui, dans leurs misères et leurs maux, luttent pour transformer les situations et aller de l’avant.
Regarde et contemple le visage de l’Amour Crucifié qui, aujourd’hui, sur la croix, continue d’être porteur d’espérance; main tendue à ceux qui se sentent crucifiés, qui font l’expérience dans leur vie du poids leurs échecs, de leurs désenchantements et de leurs déceptions.
Regarde et contemple le visage concret du Christ crucifié, par amour de tous sans exclusion. De tous? Oui, de tous. Regarder son visage est l’invitation pleine d’espérance de ce temps de Carême pour vaincre les démons de la méfiance, de l’apathie et de la résignation. Visage qui nous incite à nous écrier: le Royaume de Dieu est possible!
Arrête-toi, regarde et reviens. Reviens à la Maison de ton Père. Reviens, sans peur, vers les bras ouverts et impatients de ton Père riche en miséricorde qui t’attend (cf. Ep. 2,4).
Reviens! Sans peur, c’est le temps favorable pour revenir à la maison, à la maison «de mon Père et de votre Père» (cf. Jn. 20,17). C’est le temps pour se laisser toucher le cœur… Rester sur le chemin du mal n’est que source d’illusion et de tristesse. La vraie vie est quelque chose de bien différent et notre cœur le sait bien. Dieu ne se lasse pas et ne se lassera pas de tendre la main (Cf. Bulle Misericordiae Vultus, n.19).
Reviens, sans peur, pour faire l’expérience de la tendresse de Dieu qui guérit et réconcilie. Laisse le Seigneur guérir les blessures du péché et accomplir la prophétie faite à nos pères: «Je vous donnerai un cœur nouveau, je mettrai en vous un esprit nouveau. J’ôterai de votre chair le cœur de pierre, je vous donnerai un cœur de chair» (Ez. 36,26).
Arrête-toi, regarde, reviens!
[00253-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
The season of Lent is a favourable time to remedy the dissonant chords of our Christian life and to receive the ever new, joyful and hope-filled proclamation of the Lord’s Passover. The Church in her maternal wisdom invites us to pay special attention to anything that could dampen or even corrode our believing heart.
We are subject to numerous temptations. Each of us knows the difficulties we have to face. And it is sad to note that, when faced with the ever-varying circumstances of our daily lives, there are voices raised that take advantage of pain and uncertainty; the only thing they aim to do is sow distrust. If the fruit of faith is charity – as Mother Teresa often used to say – then the fruit of distrust is apathy and resignation. Distrust, apathy and resignation: these are demons that deaden and paralyze the soul of a believing people.
Lent is the ideal time to unmask these and other temptations, to allow our hearts to beat once more in tune with the vibrant heart of Jesus. The whole of the Lenten season is imbued with this conviction, which we could say is echoed by three words offered to us in order to rekindle the heart of the believer: pause, see and return.
Pause a little, leave behind the unrest and commotion that fill the soul with bitter feelings which never get us anywhere. Pause from this compulsion to a fast-paced life that scatters, divides and ultimately destroys time with family, with friends, with children, with grandparents, and time as a gift… time with God.
Pause for a little while, refrain from the need to show off and be seen by all, to continually appear on the “noticeboard” that makes us forget the value of intimacy and recollection.
Pause for a little while, refrain from haughty looks, from fleeting and pejorative comments that arise from forgetting tenderness, compassion and reverence for the encounter with others, particularly those who are vulnerable, hurt and even immersed in sin and error.
Pause for a little while, refrain from the urge to want to control everything, know everything, destroy everything; this comes from overlooking gratitude for the gift of life and all the good we receive.
Pause for a little while, refrain from the deafening noise that weakens and confuses our hearing, that makes us forget the fruitful and creative power of silence.
Pause for a little while, refrain from the attitude which promotes sterile and unproductive thoughts that arise from isolation and self-pity, and that cause us to forget going out to encounter others to share their burdens and suffering.
Pause for a little while, refrain from the emptiness of everything that is instantaneous, momentary and fleeting, that deprives us of our roots, our ties, of the value of continuity and the awareness of our ongoing journey.
Pause, in order to look and contemplate!
See, the gestures that prevent the extinguishing of charity, that keep the flame of faith and hope alive. Look at faces alive with God’s tenderness and goodness working in our midst.
See the face of our families who continue striving, day by day, with great effort, in order to move forward in life, and who, despite many concerns and much hardship, are committed to making their homes a school of love.
See the faces of our children and young people filled with yearning for the future and hope, filled with “tomorrows” and opportunities that demand dedication and protection. Living shoots of love and life that always open up a path in the midst of our selfish and meagre calculations.
See our elderly whose faces are marked by the passage of time, faces that reveal the living memory of our people. Faces that reflect God’s wisdom at work.
See the faces of our sick people and the many who take care of them; faces which in their vulnerability and service remind us that the value of each person can never be reduced to a question of calculation or utility.
See the remorseful faces of so many who try to repair their errors and mistakes, and who from their misfortune and suffering fight to transform their situations and move forward.
See and contemplate the face of Crucified Love, who today from the cross continues to bring us hope, his hand held out to those who feel crucified, who experience in their lives the burden of failure, disappointment and heartbreak.
See and contemplate the real face of Christ crucified out of love for everyone, without exception. For everyone? Yes, for everyone. To see his face is an invitation filled with hope for this Lenten time, in order to defeat the demons of distrust, apathy and resignation. The face that invites us to cry out: “The Kingdom of God is possible!”.
Pause, see and return. Return to the house of your Father. Return without fear to those outstretched, eager arms of your Father, who is rich in mercy (cf. Eph 2:4), who awaits you.
Return without fear, for this is the favourable time to come home, to the home of my Father and your Father (cf. Jn 20:17). It is the time for allowing one’s heart to be touched… Persisting on the path of evil only gives rise to disappointment and sadness. True life is something quite distinct and our heart indeed knows this. God does not tire, nor will he tire, of holding out his hand (cf. Misericordiae Vultus, 19).
Return without fear, to join in the celebration of those who are forgiven.
Return without fear, to experience the healing and reconciling tenderness of God. Let the Lord heal the wounds of sin and fulfil the prophecy made to our fathers: “A new heart I will give you, and a new spirit I will put within you; and I will take out of your flesh the heart of stone and give you a heart of flesh” (Ezek 36: 26).
Pause, see, return!
[00253-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Die Fastenzeit ist eine willkommene Zeit, um die Dissonanzen unseres christlichen Lebens zu stimmen und die immer neue, frohe und hoffnungsvolle Botschaft von Ostern aufzunehmen. Die Kirche empfiehlt uns in ihrer mütterlichen Weisheit auf all das besonders achtzugeben, was unser gläubiges Herz erkalten oder rosten lassen könnte.
Die Versuchungen, denen wir ausgesetzt sind, sind vielfältig. Jeder von uns kennt die Schwierigkeiten, die er angehen muss. Und es ist traurig festzustellen, wie sich angesichts der täglichen Schicksalsschläge Stimmen erheben, welche den Schmerz und die Ungewissheit ausnutzen, um nur Misstrauen zu säen. Und wenn die Frucht des Glaubens die Liebe ist – wie es Mutter Teresa von Kalkutta gerne wiederholte –, so ist die Frucht des Misstrauens die Apathie und die Resignation. Misstrauen, Apathie und Resignation: die Dämonen, welche die Seele des gläubigen Volkes Gottes verätzen und lähmen.
Die Fastenzeit ist eine wertvolle Zeit, um diese und andere Versuchungen zu entlarven und unser Herz wieder entsprechend dem Herzschlag des Herzens Jesu schlagen zu lassen. Diese ganze Liturgie ist von dieser Gesinnung durchdrungen, und wir könnten sagen, dass diese in drei Worten nachhallt, die uns „das gläubige Herz erwärmen“ wollen: halte inne, schaue und kehre zurück.
Halte etwas inne, lasse diese Hektik und dieses sinnlose Rennen, das die Seele mit dem bitteren Gefühl erfüllt, niemals irgendwo anzukommen. Halte inne, lass ab von diesem Zwang, in Eile zu leben, der die Zeit für die Familie zerstreut, aufteilt und schließlich vernichtet, die Zeit für die Freundschaft, die Zeit für die Kinder, die Zeit für die Großeltern, die Zeit für die Selbstlosigkeit … die Zeit für Gott.
Halte ein wenig inne angesichts des Bedürfnisses, in Erscheinung zu treten und von allen gesehen zu werden, sich ständig zur Schau zu stellen, das den Wert des Vertrauten und der Sammlung in Vergessenheit geraten lässt.
Halte ein wenig inne angesichts des hochmütigen Blicks, der flüchtigen und abfälligen Bemerkung, die daher rührt, dass man Zärtlichkeit, Mitleid und Respekt im Umgang mit den anderen vergessen hat, vor allem mit den Verwundbaren, Verletzten und auch mit denen, die sich in Sünde und Irrtum befinden.
Halte ein wenig inne angesichts der Zwangsvorstellung, alles kontrollieren, alles wissen, alles vernichten zu wollen, der daher rührt, dass man die Dankbarkeit für das Geschenk des Lebens und für all das Gute, was man empfangen hat, vergessen hat.
Halte ein wenig inne angesichts des betäubenden Lärms, der unsere Ohren verkümmern lässt und taub macht und uns die fruchtbare und schöpferische Kraft der Stille vergessen lässt.
Halte ein wenig inne angesichts des Verhaltens, sterile und unfruchtbare Gefühle zu fördern, die von der Verschlossenheit und dem Selbstmitleid kommen und dazu führen, dass man vergisst, dem anderen entgegenzugehen, um die Lasten und Schmerzen zu teilen.
Halte inne angesichts der Leere des Momenthaften, des Vorübergehenden und Flüchtigen, das uns der Wurzeln und Bindungen beraubt sowie des Wertes der Wegstrecken und des Bewusstseins, immer auf dem Weg zu sein.
Halte inne, um zu schauen und zu betrachten!
Schaue auf die Zeichen, die ein Auslöschen der Liebe verhindern und die Flamme des Glaubens und der Hoffnung lebendig erhalten. Sie sind lebendige Gesichter der Zärtlichkeit und Güte Gottes, die unter uns am Werk ist.
Schaue auf das Gesicht unserer Familien, die Tag um Tag mit großer Mühe weiter darauf setzen, im Leben voranzuschreiten und unter Mangel und Knappheit an so vielem nichts unversucht lassen, um aus ihrem Heim eine Schule der Liebe zu machen.
Schaue auf die uns fragenden Gesichter unserer Kinder und Jugendlichen, die an der Zukunft und der Hoffnung tragen, am Morgen und an den Möglichkeiten, die Hingabe und Schutz erfordern. Sie sind lebendige Triebe der Liebe und des Lebens, die sich inmitten unserer kleinlichen und egoistischen Berechnungen immer ihren Weg bahnen.
Schaue auf die vom Laufe der Zeit durchfurchten Gesichter unserer Alten: Gesichter, die das lebendige Gedächtnis unseres Volkes tragen. Gesichter der wirkenden Weisheit Gottes.
Schaue auf die Gesichter unserer Kranken und so vieler, die sich um sie kümmern: Gesichter, die in ihrer Verwundbarkeit und in ihrem Dienst uns daran erinnern, dass der Wert jeder Person niemals auf eine Frage von Kostenrechnung oder Nützlichkeit reduziert werden darf.
Schaue auf die reuevollen Gesichter so vieler, die ihre Irrtümer und Fehler wiedergutzumachen suchen und ausgehend von ihrem Elend und ihren Schmerzen dafür kämpfen, die Situationen zu verwandeln und weiterzugehen.
Schaue und betrachte das Angesicht der Gekreuzigten Liebe, die heute vom Kreuz weiter Hoffnungsträger ist; ausgestreckte Hand für diejenigen, die sich gekreuzigt fühlen, die in ihrem Leben die Last des Scheiterns, der Ernüchterungen und Enttäuschungen erfahren.
Schaue und betrachte das konkrete Angesicht Christi, der gekreuzigt wurde wegen der Liebe zu allen ohne Ausnahme. Zu allen? Ja, zu allen. Auf sein Angesicht zu schauen ist die hoffnungsvolle Aufforderung dieser Fastenzeit, um die Dämonen des Misstrauens, der Apathie und der Resignation zu besiegen. Ein Angesicht, das uns einlädt auszurufen: Das Reich Gottes ist möglich!
Halte inne, schaue und kehre zurück. Kehre zurück in das Haus deines Vaters. Kehre ohne Furcht zurück in die ausgebreiteten Arme deines sehnsüchtig wartenden Vaters, der reich an Erbarmen ist (vgl. Eph 2,4)!
Kehre zurück! Ohne Furcht: Dies ist die rechte Zeit, um nach Hause zurückzukehren, zum Haus »meines Vaters und eures Vaters« (vgl. Joh 20,17). Dies ist die Zeit, um sich im Herz anrühren zu lassen … Weiterhin den Weg des Bösen zu gehen ist nur Quelle falscher Illusion und Traurigkeit. Das wirkliche Leben ist etwas ganz anderes, und unser Herz weiß das gut. Gott wird nicht müde und wird nicht müde werden, die Hand auszustrecken (vgl. Bulle Misericordiae vultus, 19).
Kehre ohne Furcht zurück, die heilende und versöhnende Zärtlichkeit Gottes zu erfahren! Lass zu, dass der Herr die Wunden der Sünde heilt und die unseren Vätern gegebene Verheißung erfüllt: »Ich gebe euch ein neues Herz und einen neuen Geist gebe ich in eurer Inneres. Ich beseitige das Herz von Stein aus eurem Fleisch und gebe euch ein Herz von Fleisch« (Ez 36,26).
Halte inne, schaue, kehre zurück!
[00253-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
El tiempo de Cuaresma es tiempo propicio para afinar los acordes disonantes de nuestra vida cristiana y recibir la siempre nueva, alegre y esperanzadora noticia de la Pascua del Señor. La Iglesia en su maternal sabiduría nos propone prestarle especial atención a todo aquello que pueda enfriar y oxidar nuestro corazón creyente.
Las tentaciones a las que estamos expuestos son múltiples. Cada uno de nosotros conoce las dificultades que tiene que enfrentar. Y es triste constatar cómo, frente a las vicisitudes cotidianas, se alzan voces que, aprovechándose del dolor y la incertidumbre, lo único que saben es sembrar desconfianza. Y si el fruto de la fe es la caridad —como le gustaba repetir a la Madre Teresa de Calcuta—, el fruto de la desconfianza es la apatía y la resignación. Desconfianza, apatía y resignación: esos demonios que cauterizan y paralizan el alma del pueblo creyente.
La Cuaresma es tiempo rico para desenmascarar éstas y otras tentaciones y dejar que nuestro corazón vuelva a latir al palpitar del Corazón de Jesús. Toda esta liturgia está impregnada con ese sentir y podríamos decir que se hace eco en tres palabras que se nos ofrecen para volver a «recalentar el corazón creyente»: Detente, mira y vuelve.
Detente un poco de esa agitación, y de correr sin sentido, que llena el alma con la amargura de sentir que nunca se llega a ningún lado. Detente de ese mandamiento de vivir acelerado que dispersa, divide y termina destruyendo el tiempo de la familia, el tiempo de la amistad, el tiempo de los hijos, el tiempo de los abuelos, el tiempo de la gratuidad… el tiempo de Dios.
Detente un poco delante de la necesidad de aparecer y ser visto por todos, de estar continuamente en «cartelera», que hace olvidar el valor de la intimidad y el recogimiento.
Detente un poco ante la mirada altanera, el comentario fugaz y despreciante que nace del olvido de la ternura, de la piedad y la reverencia para encontrar a los otros, especialmente a quienes son vulnerables, heridos e incluso inmersos en el pecado y el error.
Detente un poco ante la compulsión de querer controlar todo, saberlo todo, devastar todo; que nace del olvido de la gratitud frente al don de la vida y a tanto bien recibido.
Detente un poco ante el ruido ensordecedor que atrofia y aturde nuestros oídos y nos hace olvidar del poder fecundo y creador del silencio.
Detente un poco ante la actitud de fomentar sentimientos estériles, infecundos, que brotan del encierro y la auto-compasión y llevan al olvido de ir al encuentro de los otros para compartir las cargas y sufrimientos.
Detente ante la vacuidad de lo instantáneo, momentáneo y fugaz que nos priva de las raíces, de los lazos, del valor de los procesos y de sabernos siempre en camino.
¡Detente, para mirar y contemplar!
Mira, los signos que impiden apagar la caridad, que mantienen viva la llama de la fe y la esperanza. Rostros vivos de la ternura y la bondad operante de Dios en medio nuestro.
Mira el rostro de nuestras familias que siguen apostando día a día, con mucho esfuerzo para sacar la vida adelante y, entre tantas premuras y penurias, no dejan todos los intentos de hacer de sus hogares una escuela de amor.
Mira el rostro interpelante de nuestros niños y jóvenes cargados de futuro y esperanza, cargados de mañana y posibilidad, que exigen dedicación y protección. Brotes vivientes del amor y de la vida que siempre se abren paso en medio de nuestros cálculos mezquinos y egoístas.
Mira el rostro surcado por el paso del tiempo de nuestros ancianos; rostros portadores de la memoria viva de nuestros pueblos. Rostros de la sabiduría operante de Dios.
Mira el rostro de nuestros enfermos y de tantos que se hacen cargo de ellos; rostros que en su vulnerabilidad y en el servicio nos recuerdan que el valor de cada persona no puede ser jamás reducido a una cuestión de cálculo o de utilidad.
Mira el rostro arrepentido de tantos que intentan revertir sus errores y equivocaciones y, desde sus miserias y dolores, luchan por transformar las situaciones y salir adelante.
Mira y contempla el rostro del Amor crucificado, que hoy desde la cruz sigue siendo portador de esperanza; mano tendida para aquellos que se sienten crucificados, que experimentan en su vida el peso de sus fracasos, desengaños y desilusión.
Mira y contempla el rostro concreto de Cristo crucificado, por amor a todos y sin exclusión. ¿A todos? Sí, a todos. Mirar su rostro es la invitación esperanzadora de este tiempo de Cuaresma para vencer los demonios de la desconfianza, la apatía y la resignación. Rostro que nos invita a exclamar: ¡El Reino de Dios es posible!
Detente, mira y vuelve. Vuelve a la casa de tu Padre.
¡Vuelve!, sin miedo, a los brazos anhelantes y expectantes de tu Padre rico en misericordia (cf. Ef 2,4) que te espera.
¡Vuelve!, sin miedo, este es el tiempo oportuno para volver a casa; a la casa del Padre mío y Padre vuestro (cf. Jn 20,17). Este es el tiempo para dejarse tocar el corazón… Permanecer en el camino del mal es sólo fuente de ilusión y de tristeza. La verdadera vida es algo bien distinto y nuestro corazón bien lo sabe. Dios no se cansa ni se cansará de tender la mano (cf. Bula Misericordiae vultus, 19).
¡Vuelve!, sin miedo, a participar de la fiesta de los perdonados.
¡Vuelve!, sin miedo, a experimentar la ternura sanadora y reconciliadora de Dios. Deja que el Señor sane las heridas del pecado y cumpla la profecía hecha a nuestros padres: «Les daré un corazón nuevo y pondré en ustedes un espíritu nuevo: les arrancaré de su cuerpo el corazón de piedra y les daré un corazón de carne» (Ez 36,26).
¡Detente, mira, vuelve!
[00253-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
O tempo de Quaresma é propício para corrigir os acordes dissonantes da nossa vida cristã e acolher a notícia sempre nova, feliz e esperançosa da Páscoa do Senhor. Na sua sabedoria materna, a Igreja propõe-nos prestar especial atenção a tudo o que possa arrefecer e oxidar o nosso coração crente.
Múltiplas são as tentações, a que nos vemos expostos. Cada um de nós conhece as dificuldades que deve enfrentar. E é triste constatar, nas vicissitudes diárias, como se levantam vozes que, aproveitando-se da amargura e da incerteza, nada mais sabem semear senão desconfiança. E, se o fruto da fé é a caridade – como gostava de repetir Santa Teresa de Calcutá –, o fruto da desconfiança é a apatia e a resignação. Desconfiança, apatia e resignação: os demónios que cauterizam e paralisam a alma do povo crente.
A Quaresma é tempo precioso para desmascarar estas e outras tentações e deixar que o nosso coração volte a bater segundo as palpitações do coração de Jesus. Toda esta liturgia está impregnada por este sentir, podendo-se afirmar que o mesmo ecoa em três palavras que nos são oferecidas para «aquecer o coração crente»: para, olha e regressa.
Para um pouco, deixa esta agitação e este correr sem sentido que enche a alma de amargura sentindo que nunca se chega a parte alguma. Para, deixa esta obrigação de viver de forma acelerada, que dispersa, divide e acaba por destruir o tempo da família, o tempo da amizade, o tempo dos filhos, o tempo dos avós, o tempo da gratuidade... o tempo de Deus.
Para um pouco com essa necessidade de aparecer e ser visto por todos, mostrar-se constantemente «em vitrina», que faz esquecer o valor da intimidade e do recolhimento.
Para um pouco com o olhar altivo, o comentário ligeiro e desdenhoso que nasce de se ter esquecido a ternura, a compaixão e o respeito pelo encontro com os outros, especialmente os vulneráveis, feridos e até imersos no pecado e no erro.
Para um pouco com essa ânsia de querer controlar tudo, saber tudo, devassar tudo, que nasce de se ter esquecido a gratidão pelo dom da vida e tanto bem recebido.
Para um pouco com o ruído ensurdecedor que atrofia e atordoa os nossos ouvidos e nos faz esquecer a força fecunda e criativa do silêncio.
Para um pouco com a atitude de fomentar sentimentos estéreis e infecundos que derivam do fechamento e da autocomiseração e levam a esquecer de sair ao encontro dos outros para compartilhar as cargas e os sofrimentos.
Para diante do vazio daquilo que é instantâneo, momentâneo e efémero, que nos priva das raízes, dos laços, do valor dos percursos e de nos sentirmos sempre a caminho.
Para, para olhar e contemplar!
Olha, os sinais que impedem de se apagar a caridade, que mantêm viva a chama da fé e da esperança. Rostos vivos com a ternura e a bondade de Deus, que age no meio de nós.
Olha o rosto das nossas famílias que continuam a apostar dia após dia, fazendo um grande esforço para avançar na vida e, entre muitas carências e privações, não descuram tentativa alguma para fazer da sua casa uma escola de amor.
Olha os rostos interpeladores das nossas crianças e jovens carregados de futuro e de esperança, carregados de amanhã e de potencialidades que exigem dedicação e salvaguarda. Rebentos vivos do amor e da vida que sempre conseguem abrir caminho por entre os nossos cálculos mesquinhos e egoístas.
Olha os rostos dos nossos idosos, enrugados pelo passar do tempo: rostos portadores da memória viva do nosso povo. Rostos da sabedoria operante de Deus.
Olha os rostos dos nossos doentes e de quantos se ocupam deles; rostos que, na sua vulnerabilidade e no seu serviço, nos lembram que o valor de cada pessoa não pode jamais reduzir-se a uma questão de cálculo ou de utilidade.
Olha os rostos arrependidos de muitos que procuram remediar os seus erros e disparates e, a partir das suas misérias e amarguras, lutam por transformar as situações e continuar para diante.
Olha e contempla o rosto do Amor Crucificado, que continua hoje, a partir da cruz, a ser portador de esperança; mão estendida para aqueles que se sentem crucificados, que experimentam na sua vida o peso dos fracassos, dos desenganos e das desilusões.
Olha e contempla o rosto concreto de Cristo crucificado, por amor de todos sem exclusão. De todos? Sim; de todos. Olhar o seu rosto é o convite cheio de esperança deste tempo de Quaresma para vencer os demónios da desconfiança, da apatia e da resignação. Rosto que nos convida a exclamar: o Reino de Deus é possível!
Para, olha e regressa. Regressa à casa de teu Pai. Regressa sem medo aos braços ansiosos e estendidos de teu Pai, rico em misericórdia (cf. Ef 2, 4), que te espera!
Regressa! Sem medo: este é o tempo oportuno para voltar a casa, a casa do «meu Pai e vosso Pai» (cf. Jo 20, 17). Este é o tempo para se deixar tocar o coração... Permanecer no caminho do mal é fonte apenas de ilusão e tristeza. A verdadeira vida é outra coisa muito diferente, e bem o sabe o nosso coração. Deus não Se cansa nem Se cansará de estender a mão (cf. Bula Misericordiae Vultus, 19).
Regressa sem medo para experimentar a ternura sanadora e reconciliadora de Deus! Deixa que o Senhor cure as feridas do pecado e cumpra a profecia feita a nossos pais: «Dar-vos-ei um coração novo e introduzirei em vós um espírito novo: arrancarei do vosso peito o coração da pedra e vos darei um coração de carne» (Ez 36, 26).
Para, olha, regressa!
[00253-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Okres Wielkiego Postu jest czasem sprzyjającym skorygowaniu fałszywych akordów naszego życia chrześcijańskiego i przyjęciu nieustannie nowej, radosnej i pełnej nadziei nowiny Paschy Pana. Kościół, w swojej macierzyńskiej mądrości proponuje nam zwrócenie szczególnej uwagi na to wszystko, co może oziębić i skorodować nasze wierzące serce.
Jesteśmy narażeni na różnorodne pokusy. Każdy z nas zna trudności, z którymi musi się zmierzyć. I ze smutkiem trzeba stwierdzić, że w obliczu codziennych perypetii pojawiają się głosy, które, wykorzystując ból i niepewności, nie potrafią zasiać nic innego jak nieufność. A jeśli owocem wiary jest miłość – jak lubiła powtarzać Matka Teresa z Kalkuty – to owocem nieufności jest apatia i rezygnacja. Nieufność, apatia i rezygnacja: to demony, które wypalają i paraliżują duszę wierzącego ludu.
Wielki Post jest cennym okresem, by zdemaskować te i inne pokusy i pozwolić, aby nasze serce biło na nowo zgodnie z rytmem serca Jezusa. Cała ta liturgia przesycona jest takim uczuciem i możemy powiedzieć, że rozbrzmiewa ono w trzech słowach, jakie są nam dane, aby „rozpalić wierzące serce”: zatrzymaj się, spójrz i powróć.
Zatrzymaj się na chwilę, porzuć to rozdrażnienie i to bezsensowne bieganie wypełniające duszę goryczą uczucia, że nigdy nic nie osiągamy. Zatrzymaj się, porzuć ten przymus, by żyć w przyspieszonym rytmie, który rozprasza, dzieli i doprowadza w końcu do zniszczenia czasu rodzinnego, czasu przyjaźni, czasu spędzanego z dziećmi, czasu dziadków, czasu bezinteresowności... czasu Bożego.
Zatrzymaj się na chwilę przed koniecznością pokazania się, żeby wszyscy cię widzieli i bycia widzianym przez wszystkich, bycia nieustannie „na wystawie”, co sprawia, że zapominamy o wartości intymności i skupienia.
Zatrzymaj się na chwilę przed patrzeniem dumnym wzrokiem, komentarzem przelotnym i lekceważącym, rodzącym się z zapomnienia o czułości, litości i szacunku dla spotkania z innymi, zwłaszcza słabymi, poranionymi a także zanurzonymi w grzechu i błędach.
Zatrzymaj się na chwilę przed presją, by kontrolować wszystko, wszystko wiedzieć, zniszczyć wszystko, rodzącą się z zapomnienia o wdzięczności za dar życia i za wiele otrzymanego dobra.
Zatrzymaj się na chwilę przed ogłuszającym hałasem, który osłabia i oszałamia nasze uszy i sprawia, że zapominamy o owocnej i twórczej mocy milczenia.
Zatrzymaj się na chwilę przed postawą wzniecania uczuć jałowych, bezpłodnych, wynikających z zamknięcia i rozczulania się nad sobą, prowadzącą do zapomnienia o wychodzeniu na spotkanie innych, aby dzielić ciężary i cierpienia.
Zatrzymaj się na chwilę przed pustką tego, co chwilowe, przejściowe i ulotne, co pozbawia nas korzeni, więzi, wartości drogi i umiejętności bycia zawsze pielgrzymami.
Zatrzymaj się, Zatrzymaj się, aby patrzeć i kontemplować!
Spójrz, Spójrz na znaki, które zapobiegają gaszeniu miłości, które podtrzymują płomień wiary i nadziei, będące żywym obliczem czułości i dobroci Boga, który działa pośród nas.
Spójrz na oblicze naszych rodzin, które dzień po dniu stawiają na wiarę, z wielkim wysiłkiem, by iść naprzód w życiu, pośród wielu braków i niedostatków nie pomijając żadnego wysiłku, by uczynić ze swego domu szkołę miłości.
Spójrz na oblicza, które rzucają nam wyzwanie, naszych dzieci i ludzi młodych, pełnych przyszłości i nadziei, pełnych jutra i potencjału, wymagających poświęcenia i ochrony. Są oni żywymi czynami miłości i życia, które zawsze rozszerzają się pośród naszych małostkowych i samolubnych kalkulacji.
Spójrz na oblicza naszych starców poorane biegiem czasu: twarze noszących żywą pamięć naszego ludu. Oblicza czynnej Bożej mądrości.
Spójrz na oblicza naszych chorych i wielu, którzy się nimi opiekują; oblicza, które w ich słabości i posłudze przypominają nam, że wartość każdej osoby nigdy nie może zostać sprowadzona do kwestii kalkulacji czy użyteczności.
Spójrz na skruszone twarze wielu, którzy próbują naprawić swoje błędy i pomyłki, i wychodząc od swoich nieszczęść i cierpień starają się zmienić sytuacje i pójść naprzód.
Spójrz i kontempluj oblicze Ukrzyżowanej Miłości, która dzisiaj z krzyża nadal niesie nadzieję; to wyciągnięta ręka ku tym, którzy czują się ukrzyżowani, którzy doświadczają w swoim życiu ciężaru porażki, rozczarowania i poczucia klęski.
Spójrz i kontempluj konkretne oblicze Chrystusa ukrzyżowanego ze względu na umiłowanie wszystkich, bez wyjątku. Czy wszystkich? Tak, wszystkich. Spojrzenie na Jego oblicze jest pełnym nadziei zaproszeniem tego okresu Wielkiego Postu, aby pokonać demony nieufności, apatii i rezygnacji. Oblicze, które zachęca nas, by wołać: królestwo Boże jest możliwe!
Zatrzymaj się, spójrz i powróć. Powróć do domu twojego Ojca. Powróć bez lęku do spragnionych i wyciągniętych ramion twego Ojca, bogatego w miłosierdzie, który na ciebie czeka (por. Ef 2, 4)!
Powróć! Bez lęku: to jest czas stosowny, by powrócić do domu, do domu „Ojca mego i Ojca waszego” (por. J 20, 17). To jest czas, żeby pozwolić, aby dotknięte zostało nasze serce... Zostać na drodze zła to tylko źródło iluzji i smutku. Prawdziwe życie jest czymś zupełnie innym, a nasze serce dobrze o tym wie. Boga nie męczy, ani nigdy nie będzie męczyło wyciąganie ręki (por. Bulla Misericordiae vultus, 19).
Powróć bez lęku, by doświadczyć uzdrawiającej i jednającej czułości Boga! Pozwól, by Pan uzdrowił rany grzechu i wypełnił proroctwo, jakie otrzymali nasi ojcowie: „Dam wam serce nowe i ducha nowego tchnę do waszego wnętrza, odbiorę wam serce kamienne, a dam wam serce z ciała” (Ez 36,26).
Zatrzymaj się, spójrz i powróć!
[00253-PL.01] [Testo originale: Italiano]
[B0126-XX.02]