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Santa Messa nella Solennità dell’Epifania del Signore, 06.01.2018


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

            Alle ore 10 di oggi, Solennità dell’Epifania del Signore, il Santo Padre Francesco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella Basilica Vaticana.

            Riportiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione del Santo Vangelo e l’annunzio del giorno di Pasqua che quest’anno si celebra il 1° aprile:

Tre gesti dei Magi orientano il nostro percorso incontro al Signore, che oggi si manifesta come luce e salvezza per tutte le genti. I Magi vedono la stella, camminano e offrono doni.

Vedere la stella. È il punto di partenza. Ma perché, potremmo chiederci, solo i Magi hanno visto la stella? Forse perché in pochi avevano alzato lo sguardo al cielo. Spesso, infatti, nella vita ci si accontenta di guardare per terra: bastano la salute, qualche soldo e un po’ di divertimento. E mi domando: noi, sappiamo ancora alzare lo sguardo al cielo? Sappiamo sognare, desiderare Dio, attendere la sua novità, o ci lasciamo trasportare dalla vita come un ramo secco dal vento? I Magi non si sono accontentati di vivacchiare, di galleggiare. Hanno intuito che, per vivere davvero, serve una meta alta e perciò bisogna tenere alto lo sguardo.

Ma, potremmo chiederci ancora, perché, tra quanti alzavano lo sguardo al cielo, tanti altri non hanno seguito quella stella, «la sua stella» (Mt 2,2)? Forse perché non era una stella appariscente, che splendeva più di altre. Era una stella – dice il Vangelo – che i Magi videro appena «spuntare» (vv. 2.9). La stella di Gesù non acceca, non stordisce, ma invita gentilmente. Possiamo chiederci quale stella scegliamo nella vita. Ci sono stelle abbaglianti, che suscitano emozioni forti, ma che non orientano il cammino. Così è per il successo, il denaro, la carriera, gli onori, i piaceri ricercati come scopo dell’esistenza. Sono meteore: brillano per un po’, ma si schiantano presto e il loro bagliore svanisce. Sono stelle cadenti, che depistano anziché orientare. La stella del Signore, invece, non è sempre folgorante, ma sempre presente; è mite; ti prende per mano nella vita, ti accompagna. Non promette ricompense materiali, ma garantisce la pace e dona, come ai Magi, «una gioia grandissima» (Mt 2,10). Chiede, però, di camminare.

Camminare, la seconda azione dei Magi, è essenziale per trovare Gesù. La sua stella, infatti, domanda la decisione del cammino, la fatica quotidiana della marcia; chiede di liberarsi da pesi inutili e da fastosità ingombranti, che intralciano, e di accettare gli imprevisti che non compaiono sulla mappa del quieto vivere. Gesù si lascia trovare da chi lo cerca, ma per cercarlo bisogna muoversi, uscire. Non aspettare; rischiare. Non stare fermi; avanzare. È esigente Gesù: a chi lo cerca propone di lasciare le poltrone delle comodità mondane e i tepori rassicuranti dei propri caminetti. Seguire Gesù non è un educato protocollo da rispettare, ma un esodo da vivere. Dio, che liberò il suo popolo attraverso il tragitto dell’esodo e chiamò nuovi popoli a seguire la sua stella, dona la libertà e distribuisce la gioia sempre e solo in cammino. In altre parole, per trovare Gesù bisogna lasciare la paura di mettersi in gioco, l’appagamento di sentirsi arrivati, la pigrizia di non chiedere più nulla alla vita. Occorre rischiare, semplicemente per incontrare un Bambino. Ma ne vale immensamente la pena, perché trovando quel Bambino, scoprendo la sua tenerezza e il suo amore, ritroviamo noi stessi.

Mettersi in cammino non è facile. Il Vangelo ce lo mostra attraverso i vari personaggi. C’è Erode, turbato dal timore che la nascita di un re minacci il suo potere. Perciò organizza riunioni e manda altri a raccogliere informazioni; ma lui non si muove, sta chiuso nel suo palazzo. Anche «tutta Gerusalemme» (v. 3) ha paura: paura delle novità di Dio. Preferisce che tutto resti come prima – “si è sempre fatto così” – e nessuno ha il coraggio di andare. Più sottile è la tentazione dei sacerdoti e degli scribi. Essi conoscono il luogo esatto e lo segnalano a Erode, citando anche la profezia antica. Sanno, ma non fanno un passo verso Betlemme. Può essere la tentazione di chi è credente da tempo: si disquisisce di fede, come di qualcosa che si sa già, ma non ci si mette in gioco personalmente per il Signore. Si parla, ma non si prega; ci si lamenta, ma non si fa il bene. I Magi, invece, parlano poco e camminano molto. Pur ignari delle verità di fede, sono desiderosi e in cammino, come evidenziano i verbi del Vangelo: «venuti ad adorarlo» (v. 2), «partirono; entrati, si prostrarono; fecero ritorno» (vv. 9.11.12): sempre in movimento.

Offrire. Arrivati da Gesù, dopo il lungo viaggio, i Magi fanno come Lui: donano. Gesù è lì per offrire la vita, essi offrono i loro beni preziosi: oro, incenso e mirra. Il Vangelo si realizza quando il cammino della vita giunge al dono. Donare gratuitamente, per il Signore, senza aspettarsi qualcosa in cambio: questo è segno certo di aver trovato Gesù, che dice: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Fare il bene senza calcoli, anche se nessuno ce lo chiede, anche se non ci fa guadagnare nulla, anche se non ci fa piacere. Dio questo desidera. Egli, fattosi piccolo per noi, ci chiede di offrire qualcosa per i suoi fratelli più piccoli. Chi sono? Sono proprio quelli che non hanno da ricambiare, come il bisognoso, l’affamato, il forestiero, il carcerato, il povero (cfr Mt 25,31-46). Offrire un dono gradito a Gesù è accudire un malato, dedicare tempo a una persona difficile, aiutare qualcuno che non ci suscita interesse, offrire il perdono a chi ci ha offeso. Sono doni gratuiti, non possono mancare nella vita cristiana. Altrimenti, ci ricorda Gesù, se amiamo quelli che ci amano, facciamo come i pagani (cfr Mt 5,46-47). Guardiamo le nostre mani, spesso vuote di amore, e proviamo oggi a pensare a un dono gratuito, senza contraccambio, che possiamo offrire. Sarà gradito al Signore. E chiediamo a Lui: “Signore, fammi riscoprire la gioia di donare”.

Cari fratelli e sorelle, facciamo come i Magi: guardare in alto, camminare, e offrire doni gratuiti.

[00022-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Trois gestes des Mages orientent notre marche à la rencontre du Seigneur qui se manifeste aujourd’hui comme lumière et salut pour tous les peuples. Les Mages voient l’étoile, ils marchent et ils offrent des présents.

Voir l’étoile. C’est le point de départ. Mais pourquoi, pourrions-nous nous demander, seuls les Mages ont-ils vu l’étoile? Peut-être parce que peu nombreux sont ceux qui avaient levé le regard vers le ciel. Souvent, en effet, dans la vie on se contente de regarder vers le sol: la santé, un peu d’argent et quelques divertissements suffisent. Et je me demande: nous, savons-nous encore lever le regard vers le ciel? Savons-nous rêver, désirer Dieu, attendre sa nouveauté; ou bien nous laissons-nous emporter par la vie comme un rameau sec au vent? Les Mages ne se sont pas contentés de vivoter, de surnager. Ils ont eu l’intuition que, pour vivre vraiment, il faut un but élevé et pour cela il faut avoir le regard levé.

Mais nous pourrions nous demander encore, pourquoi, parmi ceux qui levaient le regard vers le ciel, beaucoup d’autres n’ont pas suivi cette étoile, «son étoile» (Mt 2,2)? Peut-être parce que ce n’était pas une étoile voyante, qui brillait plus que les autres. C’était une étoile – dit l’Evangile – que les Mages avaient vu «se lever» (v 2.9). L’étoile de Jésus n’aveugle pas, elle n’étourdit pas, mais elle invite doucement. Nous pouvons nous demander quelle étoile nous choisissons dans la vie. Il y a les étoiles éblouissantes qui créent des émotions fortes mais qui n’orientent pas la marche. Il en est ainsi du succès, de l’argent, de la carrière, des honneurs, des plaisirs recherchés comme but de l’existence. Ce sont des météores: ils brillent un peu mais ils tombent vite et leur lueur disparaît. Ce sont des étoiles filantes qui désorientent au lieu d’orienter. L’étoile du Seigneur, au contraire, n’est pas toujours fulgurante, mais toujours présente; elle est douce : elle te prend par la main dans la vie, elle t’accompagne. Elle ne promet pas de récompenses matérielles, mais elle assure la paix et donne, comme aux Mages, «une très grande joie» (Mt 2, 10). Mais elle demande de marcher.

Marcher, la deuxième action des Mages, est essentielle pour trouver Jésus. Son étoile, en effet, demande la décision de se mettre en route, la fatigue quotidienne de la marche; elle demande de se libérer des poids inutiles et des fastes encombrants qui entravent, et d’accepter les imprévus qui apparaissent sur la carte de la vie tranquille. Jésus se laisse trouver par qui le cherche, mais pour le chercher il faut bouger, sortir. Ne pas attendre; risquer. Ne pas rester immobile; avancer. Jésus est exigeant: il propose à celui qui le cherche de quitter le fauteuil du confort mondain et les tiédeurs rassurantes de nos cheminées. Suivre Jésus n’est pas un protocole poli à respecter mais un exode à vivre. Dieu qui a libéré son peuple à travers la route de l’exode, et qui a appelé de nouveaux peuples à suivre son étoile, donne la liberté et distribue la joie toujours et seulement en chemin. En d’autres termes, pour trouver Jésus il faut abandonner la peur de se mettre en jeu, la satisfaction de se sentir arrivé, la paresse de ne plus rien demander à la vie. Il faut risquer, simplement pour rencontrer un Enfant. Mais cela en vaut immensément la peine, car en trouvant cet Enfant, en découvrant sa tendresse et son amour, nous nous retrouvons nous-mêmes.

Se mettre en chemin n’est pas facile. L’Evangile nous le montre à travers divers personnages. Il y a Hérode, troublé par la peur que la naissance d’un roi menace son pouvoir. Par conséquent il organise des rencontres et envoie les autres recueillir des informations; mais lui ne bouge pas, il reste enfermé dans son palais. «Tout Jérusalem» (v. 3) aussi a peur: peur de la nouveauté de Dieu. Elle préfère que tout reste comme avant – “on a toujours fait ainsi”-et personne n’a le courage d’aller. Plus subtile est la tentation des prêtres et des scribes. Ils connaissent le lieu exact et l’indiquent à Hérode, en citant l’ancienne prophétie. Ils savent mais ne font pas un pas vers Bethléem. Ce peut être la tentation de celui qui est croyant depuis longtemps: il disserte sur la foi, comme d’une chose qu’il sait déjà mais il ne se met pas en jeu personnellement pour le Seigneur. On parle mais on ne prie pas; on se lamente mais on ne fait pas de bien. Les Mages, en revanche, parlent peu et marchent beaucoup. Bien qu’ignorants des vérités de foi, ils ont le désir et ils sont en chemin, comme le montrent les verbes de l’Evangile: «venus pour se prosterner» (v. 2), «ils partirent; entrés ils se prosternèrent; ils regagnèrent leurs pays» (v. 9.11.12): toujours en mouvement.

Offrir. Arrivés à Jésus, après un long voyage, les Mages font comme lui: ils donnent. Jésus est là pour offrir sa vie, eux offrent leurs biens précieux: or, encens et myrrhe. L’Evangile se réalise quand le chemin de la vie parvient au don. Donner gratuitement, pour le Seigneur, sans s’attendre à quelque chose en retour: voilà le signe certain d’avoir trouvé Jésus qui dit: «Vous avez reçu gratuitement, donnez gratuitement» (Mt 10, 8). Faire le bien sans calcul, même si personne nous le demande, même si l’on n’y gagne rien, même si cela ne nous fait pas plaisir. Dieu désire cela. Lui, se faisant petit pour nous, nous demande d’offrir quelque chose pour ses frères les plus petits. Qui sont-ils? Ils sont justement ceux qui n’ont rien à rendre, comme celui qui se trouve dans le besoin, l’affamé, l’étranger, le prisonnier, le pauvre (cf. Mt 25, 31-46). Offrir un don gratuit à Jésus c’est soigner un malade, donner du temps à une personne difficile, aider quelqu’un qui ne présente pas d’intérêt, offrir le pardon à qui nous a offensé. Ce sont des dons gratuits, ils ne peuvent pas manquer dans la vie chrétienne. Autrement, nous rappelle Jésus, si nous aimons ceux qui nous aiment, nous faisons comme les païens (cf. Mt 5, 46-47). Regardons nos mains, souvent vides d’amour, et essayons aujourd’hui de penser à un don gratuit, sans contrepartie, que nous pouvons offrir. Il sera apprécié du Seigneur. Et demandons-lui:“Seigneur, fais-moi redécouvrir la joie de donner”.

Chers frères et sœurs, faisons comme les Mages: lever la tête, marcher, et offrir des dons gratuits.

[00022-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Three actions of the Magi guide our journey towards the Lord, who today is revealed as light and salvation for all peoples. The Magi see the star, they set out and they bring gifts.

Seeing the star. This is where it starts. But why, we might ask, did the Magi alone see the star? Perhaps because few people raised their eyes to heaven. We often make do with looking at the ground: it’s enough to have our health, a little money and a bit of entertainment. I wonder if we still know how to look up at the sky. Do we know how to dream, to long for God, to expect the newness he brings, or do we let ourselves be swept along by life, like dry branches before the wind? The Magi were not content with just getting by, with keeping afloat. They understood that to truly live, we need a lofty goal and we need to keep looking up.

Yet we can also ask why, among all those who looked up at the heavens, so many others did not follow that star, “his star” (Mt 2:2). Perhaps because the star was not eye-catching, did not shine any brighter than other stars. It was a star – so the Gospel tells us – that the Magi saw “at its rising” (vv. 2, 9). Jesus’ star does not dazzle or overwhelm, but gently invites. We may ask ourselves what star we have chosen to follow in our lives. Some stars may be bright, but they do not point the way. So it is with success, money, career, honours and pleasures when these become our life. They are meteors: they blaze momentarily, but then quickly burn out and their brilliance fades. They are shooting stars that mislead rather than lead. The Lord’s star, however, may not always overwhelm by its brightness, but it is always there, ever kindly: it takes you by the hand in life and accompanies you. It does not promise material reward, but ensures peace and grants, as it did to the Magi, “exceedingly great joy” (Mt 2:10). But it also tells us to set out.

Setting out, the second thing the Magi do, is essential if we are to find Jesus. His star demands a decision to take up the journey and to advance tirelessly on our way. It demands that we free ourselves from useless burdens and unnecessary extras that only prove a hindrance, and accept unforeseen obstacles along the map of life. Jesus allows himself to be found by those who seek him, but to find him we need to get up and go, not sit around but take risks, not stand still, but set out. Jesus makes demands: he tells those who seek him to leave behind the armchair of worldly comforts and the reassuring warmth of hearth and home. Following Jesus is not a polite etiquette to be observed, but a journey to be undertaken. God, who set his people free in the exodus and called new peoples to follow his star, grants freedom and joy always and only in the course of a journey. In other words, if we want to find Jesus, we have to overcome our fear of taking risks, our self-satisfaction and our indolent refusal to ask anything more of life. We need to take risks simply to meet a Child. Yet those risks are immensely worth the effort, since in finding that Child, in discovering his tenderness and love, we rediscover ourselves.

Setting out is not easy. The Gospel shows us this through a cast of characters. There is Herod, wild with fear that the birth of a king will threaten his power. So he organizes meetings and sends people out to gather information, yet he himself does not budge; he stays locked up in his palace. Even “all Jerusalem” (v. 3) is afraid: afraid of the new things God is bringing about. They want everything to remain as it was – that is the way it has always been – no one has the courage to leave. The temptation of the priests and scribes is more subtle: they know the exact place and tell it to Herod, quoting the ancient prophecy. They know, but they themselves make no move towards Bethlehem. Theirs can be the temptation of those who are used to being believers: they can talk at length about the faith they know so well, but will not take a personal risk for the Lord. They talk, but do not pray; they complain, but do no good. The Magi, on the other hand, talk little and journey much. Ignorant of the truths of faith, they are filled with longing and set out. So the Gospel tells us: They “came to worship him” (v. 2); “they set out; they went in, and fell down and worshiped him; they went back” (vv. 9, 11, 12). They kept moving.

Bringing gifts. Having come to Jesus after a long journey, the Magi do as he does: they bring gifts. Jesus is there to give his life; they offer him their own costly gifts: gold, incense and myrrh. The Gospel becomes real when the journey of life ends in giving. To give freely, for the Lord’s sake, without expecting anything in return: this is the sure sign that we have found Jesus. For he says: “The gift you have received, give freely as a gift” (Mt 10:8). To do good without counting the cost, even when unasked, even when you gain nothing thereby, even if it is unpleasant. That is what God wants. He, who become small for our sake, asks us to offer something for the least of his brothers and sisters. Who are they? They are those who have nothing to give in return, the needy, the hungry, the stranger, the prisoner, the poor (cf. Mt 25:31-46). We give a gift pleasing to Jesus when we care for a sick person, spend time with a difficult person, help someone for the sake of helping, or forgive someone who has hurt us. These are gifts freely given, and they cannot be lacking in the lives of Christians. Jesus reminds us that if we only love those who love us, we do as the pagans do (cf. Mt 5:46-47). Today let us look at our hands, so often empty of love, and let us try to think of some free gift that we can give without expecting anything in return. That will please the Lord. And let us ask him: “Lord, let me rediscover the joy of giving”.

Dear brothers and sisters, let us imitate the Magi: looking upwards, setting out, and freely offering our gifts.

[00022-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Auf unserem Weg dem Herrn entgegen, der sich heute als Licht und Heil aller Völker offenbart, geben drei Taten der Sterndeuter die Richtung vor. Die Weisen sehen den Stern, machen sich auf den Weg und bringen Gaben dar.

Den Stern sehen. Er ist der Ausgangspunkt. Aber warum, so könnten wir uns fragen, haben nur die Weisen den Stern gesehen? Vielleicht weil nur wenige den Blick zum Himmel erhoben haben. Im Leben begnügt man sich nämlich oft damit, auf die Erde zu schauen: Es reichen Gesundheit, etwas Geld und ein wenig Vergnügen. Ich frage mich: Und wir, sind wir noch imstande, den Blick zum Himmel zu erheben? Sind wir fähig zu träumen, uns nach Gott zu sehnen und seine Neuheit zu erwarten, oder lassen wir uns vom Leben hertreiben wie ein trockener Ast vom Wind? Die Sterndeuter haben sich nicht damit begnügt, vor sich hinzuleben, dahinzutreiben. Sie haben erkannt, dass man, um wirklich zu leben, ein hohes Ziel braucht und daher den Blick nach oben richten muss.

Wir könnten uns aber weiter fragen, warum viele andere von denen, die zum Himmel aufgeblickt haben, nicht jenem Stern, »seinem Stern« (Mt 2,2), gefolgt sind. Vielleicht weil es kein auffälliger Stern war, der heller leuchtete als andere. Es war ein Stern – so sagt das Evangelium –, den die Sterndeuter gerade erst »aufgehen« sahen (Vv. 2.9). Der Stern Jesu blendet nicht, verstört nicht, sondern lädt freundlich ein. Wir können uns fragen, welchen Stern wir in unserem Leben wählen. Es gibt grelle Sterne, die starke Gefühle wecken, aber dem Weg keine Richtung vorgeben. So ist es mit dem Erfolg, dem Geld, der Karriere, den Ehren, den Vergnügen, die als Lebenszweck gesucht werden. Sie sind Meteore: Sie strahlen ein wenig, doch bald zerschellen sie und ihr Schimmer vergeht. Sie sind Sternschnuppen, die irreführen anstatt zu leiten. Der Stern des Herrn hingegen ist nicht immer strahlend hell, aber stets gegenwärtig: Er leuchtet sanft; er führt dich im Leben an der Hand und begleitet dich. Er verspricht keine materiellen Vergütungen, sondern garantiert Frieden und schenkt, wie den Sterndeutern, »sehr große Freude« (Mt 2,10). Er verlangt jedoch, sich auf den Weg zu machen.

Sich auf den Weg machen – die zweite Handlung der Sterndeuter – ist wesentlich, um Jesus zu finden. Denn sein Stern verlangt die Entscheidung zum Weg, die tägliche Mühe des Gehens; er fordert, sich von unnützer Last und sperrigem Prunk, die nur hinderlich sind, zu befreien und das Unvorhergesehene zu akzeptieren, das auf der Karte eines ruhigen Lebens nicht aufscheint. Jesus lässt sich von dem finden, der ihn sucht, doch um ihn zu suchen, muss man sich in Bewegung setzen, hinausgehen. Nicht warten, sondern etwas wagen; nicht untätig sein, sondern vorwärtsschreiten. Jesus stellt Forderungen: Wer ihn sucht, dem schlägt er vor, die Lehnsessel der weltlichen Annehmlichkeiten und die beruhigende Wärme der eigenen Kamine zu verlassen. Jesus folgen heißt nicht, ein gesittetes Protokoll zu beachten, sondern einen Aufbruch zu leben. Gott, der sein Volk durch den Weg des Exodus befreite und neue Völker rief, seinem Stern zu folgen, schenkt die Freiheit und teilt die Freude immer und nur unterwegs mit. Anders gesagt, um Jesus zu finden, muss man die Angst, sich selbst einzubringen, hinter sich lassen, ebenso die Befriedigung, sein Ziel schon erreicht zu haben, und die Bequemlichkeit, nichts mehr vom Leben zu fordern. Man muss etwas wagen, einfach um einem Kind zu begegnen. Doch es lohnt sich über alle Maßen, denn wenn wir dieses Kind finden, seine Zärtlichkeit und Liebe entdecken, dann finden wir uns selbst.

Sich auf den Weg machen ist nicht einfach. Das zeigt uns das Evangelium durch die verschiedenen Gestalten. Da ist Herodes, verstört aus Furcht, die Geburt eines Königs könnte seine Herrschaft bedrohen. Daher beruft er Versammlungen ein und schickt andere aus, Informationen zu sammeln; er selbst aber bewegt sich nicht und bleibt eingeschlossen in seinem Palast. Auch »ganz Jerusalem« (V. 3) hat Angst, Angst vor der Neuheit Gottes. Ihm ist lieber, dass alles beim Alten bleibt: „Das war schon immer so“; niemand hat den Mut hinzugehen. Subtiler hingegen ist die Versuchung für die Priester und Schriftgelehrten. Sie kennen den genauen Ort und tun ihn auch Herodes unter Verweis auf die alte prophetische Weissagung kund. Sie wissen darum, doch sie machen keinen Schritt nach Betlehem. Dies mag die Versuchung für den sein, der seit langem glaubt: scharfsinnig wird über den Glauben diskutiert als etwas, das man schon kennt, doch man setzt sich nicht persönlich für den Herrn ein. Man redet, aber man betet nicht; man jammert, aber man tut nichts Gutes. Die Sterndeuter dagegen reden wenig und gehen viel. Obwohl sie die Glaubenswahrheiten nicht kennen, sind sie voll Sehnsucht und auf dem Weg, wie es die Verben des Evangeliums hervorheben: sie machten sich auf den Weg, gingen in das Haus, fielen nieder, zogen heim in ihr Land (vgl. Vv. 9.11.12) – stets in Bewegung.

Darbringen. Nach langer Reise bei Jesus angekommen, machen es die Sterndeuter wie er: sie schenken. Jesus ist da, um sein Leben darzubringen, sie bringen ihre Schätze dar: Gold, Weihrauch und Myrrhe. Das Evangelium verwirklicht sich, wenn der Weg des Lebens zur Gabe wird. Für den Herrn umsonst schenken, ohne etwas dafür zu erwarten – das ist das sichere Zeichen, dass man Jesus gefunden hat, der sagt: »Umsonst habt ihr empfangen, umsonst sollt ihr geben« (Mt 10,8). Gutes tun, ohne Berechnungen anzustellen, auch dann, wenn uns niemand danach fragt, auch dann, wenn es uns nichts einbringt, auch dann, wenn es uns nicht gefällt. Das möchte Gott. Er, der sich für uns klein gemacht hat, verlangt von uns, etwas für seine geringsten Brüder und Schwestern zu tun. Wer sind sie? Es sind genau diejenigen, die mit nichts zurückzahlen können, wie der, der bedürftig ist, hungrig, fremd, gefangen, arm (vgl. Mt 25,31-46). Eine Gabe darbringen, die Jesus gefällt, besteht darin, einen Kranken zu pflegen, einer schwierigen Person Zeit zu widmen, jemanden zu helfen, der uns nicht interessiert, dem zu vergeben, der uns beleidigt hat. Es sind Gaben, die umsonst gegeben werden und im christlichen Leben nicht fehlen dürfen. Denn andernfalls, so sagt uns Jesus, wenn wir nur die lieben, die uns lieben, machen wir es wie die Heiden (vgl. Mt 5,46f). Schauen wir unsere leeren Hände an, die oft keine Liebe bringen, und versuchen wir heute an eine Gabe zu denken, die wir umsonst darbringen können, ohne Gegenleistung. Sie wird Jesus gefallen. Und bitten wir ihn: „Herr, lass mich die Freude am Geben wieder neu entdecken.“

Liebe Brüder und Schwestern, machen wir es wie die Sterndeuter: nach oben blicken, sich auf den Weg machen und unentgeltlich Gaben darbringen.

[00022-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Son tres los gestos de los Magos que guían nuestro viaje al encuentro del Señor, que hoy se nos manifiesta como luz y salvación para todos los pueblos. Los Reyes Magos ven la estrella, caminan y ofrecen regalos.

Ver la estrella. Es el punto de partida. Pero podríamos preguntarnos, ¿por qué sólo vieron la estrella los Magos? Tal vez porque eran pocas las personas que alzaron la vista al cielo. Con frecuencia en la vida nos contentamos con mirar al suelo: nos basta la salud, algo de dinero y un poco de diversión. Y me pregunto: ¿Sabemos todavía levantar la vista al cielo? ¿Sabemos soñar, desear a Dios, esperar su novedad, o nos dejamos llevar por la vida como una rama seca al viento? Los Reyes Magos no se conformaron con ir tirando, con vivir al día. Entendieron que, para vivir realmente, se necesita una meta alta y por eso hay que mirar hacia arriba.

Y podríamos preguntarnos todavía, ¿por qué, de entre los que miraban al cielo, muchos no siguieron esa estrella, «su estrella» (Mt 2, 2)? Quizás porque no era una estrella llamativa, que brillaba más que otras. El Evangelio dice que era una estrella que los Magos vieron «salir» (vv. 2.9). La estrella de Jesús no ciega, no aturde, sino que invita suavemente. Podemos preguntarnos qué estrella seguimos en la vida. Hay estrellas deslumbrantes, que despiertan emociones fuertes, pero que no orientan en el camino. Esto es lo que sucede con el éxito, el dinero, la carrera, los honores, los placeres buscados como finalidad en la vida. Son meteoritos: brillan un momento, pero pronto se estrellan y su brillo se desvanece. Son estrellas fugaces que, en vez de orientar, despistan. En cambio, la estrella del Señor no siempre es deslumbrante, pero está siempre presente; es mansa; te lleva de la mano en la vida, te acompaña. No promete recompensas materiales, pero garantiza la paz y da, como a los Magos, una «inmensa alegría» (Mt 2,10). Nos pide, sin embargo, que caminemos.

Caminar, la segunda acción de los Magos, es esencial para encontrar a Jesús. Su estrella, de hecho, requiere la decisión del camino, el esfuerzo diario de la marcha; pide que nos liberemos del peso inútil y de la fastuosidad gravosa, que son un estorbo, y que aceptemos los imprevistos que no aparecen en el mapa de una vida tranquila. Jesús se deja encontrar por quien lo busca, pero para buscarlo hay que moverse, salir. No esperar; arriesgar. No quedarse quieto; avanzar. Jesús es exigente: a quien lo busca, le propone que deje el sillón de las comodidades mundanas y el calor agradable de sus estufas. Seguir a Jesús no es como un protocolo de cortesía que hay que respetar, sino un éxodo que hay que vivir. Dios, que liberó a su pueblo a través de la travesía del éxodo y llamó a nuevos pueblos para que siguieran su estrella, da la libertad y distribuye la alegría siempre y sólo en el camino. En otras palabras, para encontrar a Jesús debemos dejar el miedo a involucrarnos, la satisfacción de sentirse ya al final, la pereza de no pedir ya nada a la vida. Tenemos que arriesgarnos, para encontrarnos sencillamente con un Niño. Pero vale inmensamente la pena, porque encontrando a ese Niño, descubriendo su ternura y su amor, nos encontramos a nosotros mismos.

Ponerse en camino no es fácil. El Evangelio nos lo enseña a través de diversos personajes. Está Herodes, turbado por el temor de que el nacimiento de un rey amenace su poder. Por eso organiza reuniones y envía a otros a que se informen; pero él no se mueve, está encerrado en su palacio. Incluso «toda Jerusalén» (v. 3) tiene miedo: miedo a la novedad de Dios. Prefiere que todo permanezca como antes «siempre se ha hecho así»— y nadie tiene el valor de ir. La tentación de los sacerdotes y de los escribas es más sutil. Ellos conocen el lugar exacto y se lo indican a Herodes, citando también la antigua profecía. Lo saben, pero no dan un paso hacia Belén. Puede ser la tentación de los que creen desde hace mucho tiempo: se discute de la fe, como de algo que ya se sabe, pero no se arriesga personalmente por el Señor. Se habla, pero no se reza; hay queja, pero no se hace el bien. Los Magos, sin embargo, hablan poco y caminan mucho. Aunque desconocen las verdades de la fe, están ansiosos y en camino, como lo demuestran los verbos del Evangelio: «Venimos a adorarlo» (v. 2), «se pusieron en camino; entrando, cayeron de rodillas; volvieron» (cf. vv. 9.11.12): siempre en movimiento.

Ofrecer. Cuando los Magos llegan al lugar donde está Jesús, después del largo viaje, hacen como él: dan. Jesús está allí para ofrecer la vida, ellos ofrecen sus valiosos bienes: oro, incienso y mirra. El Evangelio se realiza cuando el camino de la vida llega al don. Dar gratuitamente, por el Señor, sin esperar nada a cambio: esta es la señal segura de que se ha encontrado a Jesús, que dice: «Gratis habéis recibido, dad gratis» (Mt 10,8). Hacer el bien sin cálculos, incluso cuando nadie nos lo pide, incluso cuando no ganamos nada con ello, incluso cuando no nos gusta. Dios quiere esto. Él, que se ha hecho pequeño por nosotros, nos pide que ofrezcamos algo para sus hermanos más pequeños. ¿Quiénes son? Son precisamente aquellos que no tienen nada para dar a cambio, como el necesitado, el que pasa hambre, el forastero, el que está en la cárcel, el pobre (cf. Mt 25,31-46). Ofrecer un don grato a Jesús es cuidar a un enfermo, dedicarle tiempo a una persona difícil, ayudar a alguien que no nos resulta interesante, ofrecer el perdón a quien nos ha ofendido. Son dones gratuitos, no pueden faltar en la vida cristiana. De lo contrario, nos recuerda Jesús, si amamos a los que nos aman, hacemos como los paganos (cf. Mt 5,46-47). Miremos nuestras manos, a menudo vacías de amor, y tratemos de pensar hoy en un don gratuito, sin nada a cambio, que podamos ofrecer. Será agradable al Señor. Y pidámosle a él: «Señor, haz que descubra de nuevo la alegría de dar».

Queridos hermanos y hermanas, hagamos como los Magos: alzar la mirada, caminar y dar gratuitamente regalos.

[00022-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

O nosso percurso ao encontro do Senhor, que hoje Se manifesta como luz e salvação para todos os povos, é elucidado por três gestos dos Magos. Estes veem a estrela, põem-se a caminho e oferecem presentes.

Ver a estrela. É o ponto de partida. Mas, poder-nos-íamos perguntar: Por que foi que só os Magos viram a estrela? Porque talvez poucos levantaram o olhar para o céu. De facto na vida, muitas vezes, contentamo-nos com olhar para a terra: basta a saúde, algum dinheiro e um pouco de divertimento. E pergunto-me: Sabemos nós ainda levantar os olhos para o céu? Sabemos sonhar, anelar por Deus, esperar a sua novidade, ou deixamo-nos levar pela vida como um ramo seco pelo vento? Os Magos não se contentaram com deixar correr, flutuando. Intuíram que, para viver de verdade, é preciso uma meta alta e, por isso, é preciso manter alto o olhar.

E poder-nos-íamos perguntar ainda: Porque é que muitos outros, dentre aqueles que levantavam o olhar para o céu, não seguiram aquela estrela, «a sua estrela» (Mt 2, 2)? Talvez porque não era uma estrela deslumbrante, que brilhasse mais do que as outras. Era uma estrela que os Magos viram – diz o Evangelho – «despontar» (cf. Mt 2, 2.9). A estrela de Jesus não encandeia, não atordoa, mas gentilmente convida. Podemos perguntar-nos pela estrela que escolhemos na vida. Há estrelas deslumbrantes, que suscitam fortes emoções mas não indicam o caminho. Tal é o sucesso, o dinheiro, a carreira, as honras, os prazeres procurados como objetivo da existência. Não passam de meteoritos: brilham por um pouco, mas depressa caem e o seu esplendor desaparece. São estrelas cadentes, que, em vez de orientar, despistam. Ao contrário, a estrela do Senhor nem sempre é fulgurante, mas está sempre presente: é meiga, guia-te pela mão na vida, acompanha-te. Não promete recompensas materiais, mas garante a paz e dá, como aos Magos, uma «imensa alegria» (Mt 2, 10). Pede, porém, para caminhar.

Caminhar, a segunda ação dos Magos, é essencial para encontrar Jesus. De facto, a sua estrela solicita a decisão de se pôr a caminho, a fadiga diária da caminhada; pede à pessoa para se libertar de pesos inúteis e sumptuosidades embaraçantes, que estorvam, e aceitar os imprevistos que não aparecem assinalados no mapa da vida tranquila. Jesus deixa-Se encontrar por quem O busca, mas, para O buscar, é preciso mover-se, sair. Não ficar à espera; arriscar. Não ficar parados; avançar. Jesus é exigente: a quem O busca, propõe-lhe deixar as poltronas das comodidades mundanas e os torpores sonolentos das suas lareiras. Seguir a Jesus não é um polido protocolo a respeitar, mas um êxodo a viver. Deus, que libertou o seu povo mediante o trajeto do êxodo e chamou novos povos para seguir a sua estrela, dá a liberdade e distribui a alegria, sempre e só, em caminho. Por outras palavras, para encontrar Jesus, é preciso perder o medo de entrar em jogo, a satisfação do caminho andado, a preguiça de não pedir mais nada à vida. Simplesmente para encontrar um Menino, já é preciso arriscar; mas vale bem a pena, porque, ao encontrar aquele Menino, ao descobrir a sua ternura e o seu amor, encontramo-nos a nós mesmos.

Pôr-se a caminho não é fácil. Assim no-lo mostra o Evangelho através dos vários personagens. Temos Herodes, perturbado pelo temor de que o nascimento dum rei ameace o seu poder. Por isso, organiza reuniões e envia outros a recolher informações; mas ele não se move, está fechado no seu palácio. E, com ele, «toda a Jerusalém» (Mt 2, 3) tem medo: medo das coisas novas de Deus. Prefere que tudo permaneça como antes – «fez-se sempre assim» -, e ninguém tem a coragem de se pôr a caminho. Mais subtil é a tentação dos sacerdotes e escribas: conhecem o lugar exato e indicam-no a Herodes, citando inclusive a profecia antiga; sabem, mas não dão um passo rumo a Belém. Pode ser a tentação de quem é crente há muito tempo: discorre-se de fé, como de algo que já é conhecido, mas que não se compromete pessoalmente com o Senhor. Fala-se, mas não se reza; lastima-se, mas não se faz o bem. Pelo contrário, os Magos falam pouco e caminham muito. Embora ignorando as verdades da fé, estão ansiosos e põem-se a caminho, como evidenciam os verbos do Evangelho: «viemos adorá-lo» (Mt 2, 2), «puseram-se a caminho; entraram na casa; prostraram-se; regressaram» (cf. Mt 2, 9.11.12): sempre em movimento.

Oferecer. Quando chegaram ao pé de Jesus, depois da longa viagem, os Magos fazem como Ele: dão. Jesus está ali para oferecer a vida; eles oferecem as suas preciosidades: ouro, incenso e mirra. O Evangelho está cumprido, quando o caminho da vida chega à doação. Dar gratuitamente, por amor do Senhor, sem esperar nada em troca: isto é sinal certo de ter encontrado Jesus, que diz «recebestes de graça, dai de graça» (Mt 10, 8). Praticar o bem sem cálculos, mesmo se ninguém no-lo pede, mesmo se não nos faz ganhar nada, mesmo se não nos apetece. Isto é o que Deus deseja. Ele, que Se fez pequenino por nós, pede-nos para oferecermos algo pelos seus irmãos mais pequeninos. E quem são? São precisamente aqueles que não têm com que retribuir, como o necessitado, o faminto, o forasteiro, o preso, o pobre (cf. Mt 25, 31-46). Oferecer um presente agradável a Jesus é cuidar dum doente, dedicar tempo a uma pessoa difícil, ajudar alguém que não nos inspira, oferecer o perdão a quem nos ofendeu. São presentes gratuitos, não podem faltar na vida cristã; caso contrário, como nos recorda Jesus, amando apenas aqueles que nos amam, fazemos como os pagãos (Mt 5, 46-47). Olhemos as nossas mãos muitas vezes vazias de amor, e procuremos hoje pensar num presente gratuito, sem retribuição, que possamos oferecer. Será agradável ao Senhor. E peçamos-Lhe: «Senhor, fazei-me redescobrir a alegria de dar».

Amados irmãos e irmãs, façamos como os Magos: olhar para o Alto, caminhar e oferecer presentes gratuitamente.

[00022-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Trzy gesty Mędrców naprowadzają naszą drogę na spotkanie z Panem, który dzisiaj objawia się jako światło i zbawienie dla wszystkich narodów. Mędrcy widzą gwiazdę, ruszają w drogę i ofiarowują  dary.

Zobaczyć gwiazdę. To jest punkt wyjścia. Możemy zadać sobie pytanie: ale dlaczego tylko Mędrcy zobaczyli gwiazdę? Może dlatego, że niewielu ludzi spojrzało w niebo. Często bowiem w życiu zadawalamy się patrzeniem w ziemię: wystarczy zdrowie, trochę pieniędzy i nieco rozrywki. I zastanawiam się: czy nadal potrafimy patrzeć w niebo? Czy potrafimy marzyć, pragnąć Boga, czekać na Jego nowość, albo też pozwalamy ponieść się życiu, jak sucha gałąź wiatrowi? Mędrcy nie zadowalali się wegetowaniem, dryfowaniem. Wyczuli, że aby żyć naprawdę, potrzebny jest cel wzniosły i dlatego trzeba wznieść głowę do góry.

Ale możemy ponownie zadać sobie pytanie dlaczego pośród tych, którzy wznosili spojrzenie ku niebu, wielu innych nie poszło za gwiazdą, „Jego gwiazdą” (Mt 2, 2)? Być może dlatego, że nie była to gwiazda rzucająca się w oczy, która jaśniała bardziej niż inne. Była to gwiazda – jak mówi Ewangelia – którą Mędrcy zobaczyli „dopiero wschodzącą” (ww. 2. 9). Gwiazda Jezusa nie oślepia, nie ogłusza, ale łagodnie zaprasza. Możemy zadać sobie pytanie, jaką gwiazdę wybieramy w życiu. Istnieją gwiazdy olśniewające, które wzbudzają silne emocje, ale które nie ukierunkowują drogi. Tak jest w przypadku sukcesu, pieniędzy, kariery, zaszczytów, przyjemności poszukiwanych jako cel istnienia. Są meteorami: jaśnieją przez chwilę, ale wkrótce się rozbijają i blask ich zanika. Są to spadające gwiazdy, które omamiają zamiast orientować. Natomiast gwiazda Pana nie zawsze jest oślepiająca, ale jest zawsze obecna, jest łagodna: bierze cię w życiu za rękę, towarzyszy tobie. Nie obiecuje nagrody materialnej, ale gwarantuje pokój i daje, podobnie jak Mędrcom, „wielką radość” (Mt 2, 10). Wymaga jednak, aby iść naprzód.

Wyruszenie w drogę – drugie działanie Mędrców, ma istotne znaczenie dla zalezienia Jezusa. Jego gwiazda wymaga bowiem decyzji pielgrzymowania, codziennego trudu marszu; wymaga uwolnienia się od niepotrzebnych obciążeń i uciążliwości przepychu, które przeszkadzają oraz akceptacji wydarzeń nieoczekiwanych, które nie pojawiają się na mapie spokojnego życia. Jezus daje się znaleźć tym, którzy go szukają, ale aby Go szukać, musimy się ruszać, wychodzić. Nie czekać, ale podjąć ryzyko. Nie można stać w miejscu, trzeba iść naprzód. Jezus jest wymagający: tym, którzy Go szukają, proponuje opuszczenie kanap doczesnych wygód i uspokajającego ciepła swoich  kominków. Podążanie za Jezusem nie jest uprzejmym  protokołem, który należy respektować, ale wyjściem, które trzeba przeżyć. Bóg, który wyzwolił swój lud przez drogę wyjścia i powołał nowe ludy, by podążały za Jego gwiazdą, obdarza wolnością i rozdaje radość zawsze i tylko w drodze. Innymi słowy, aby znaleźć Jezusa, trzeba porzucić lęk przed zaangażowaniem się, satysfakcję, że dotarliśmy do tego punktu, lenistwo, aby już nic nie wymagać od życia. Trzeba zaryzykować, tylko dlatego, aby  spotkać Dzieciątko. Ale ma to niezmierną wartość, ponieważ odnajdując to Dzieciątko, odkrywając Jego czułość i miłość, odnajdujemy samych siebie.

Nie łatwo wyruszyć w drogę. Ewangelia ukazuje to nam poprzez różne postacie. Jest Herod, zaniepokojony obawą, że narodziny króla zagrażają jego władzy. Dlatego organizuje narady i posyła innych, aby zbierali informacje. Ale sam się nie rusza, jest zamknięty w swoim pałacu. Również „cała Jerozolima” (w. 3) się obawia: lęk przed Bożą nowiną. Woli, aby wszystko pozostało tak, jak było – „zawsze tak się robiło” – i nikt nie ma odwagi, aby wyruszyć. Bardziej subtelna jest pokusa kapłanów i uczonych w Piśmie. Znają dokładne miejsce i przekazują je Herodowi, powołując się również na starożytne proroctwo. Oni wiedzą, ale nie czynią ani jednego kroku w stronę Betlejem. Może to być pokusa ludzi wierzących od dawna: dyskutuje się o wierze, jako o czymś, co już jest znane, ale osobiście nie angażuje się na rzecz Pana. Mówimy, ale nie modlimy się; narzekamy, ale nie czynimy dobra. Natomiast Mędrcy niewiele mówią i dużo chodzą. Chociaż są nieświadomi prawd wiary, ale naprawdę pragną i idą, jak świadczą czasowniki Ewangelii: „przybyliśmy złożyć Mu hołd” (w. 2), „wyruszyli; kiedy weszli...upadli na twarz; udali się do ojczyzny” (ww. 9.11.12): zawsze w ruchu.

Ofiarować. Mędrcy kiedy przybyli do Jezusa, po długiej podróży, czynią tak, jak On: dają. Jezus jest tutaj, aby ofiarować swe życie, oni ofiarowują swoje cenne dobra: złoto, kadzidło i mirrę. Ewangelia urzeczywistnia się, gdy pielgrzymka życia osiąga dar. Dawać bezinteresownie dla Pana, nie spodziewając się czegoś w zamian: jest to pewny znak, że odnaleźliśmy Jezusa, który mówi: „Darmo otrzymaliście, darmo dawajcie!” (Mt 10,8). Czynić dobro bez wyrachowania, nawet jeśli nikt od nas tego nie wymaga, nawet gdy nic z tego nie będziemy mieli, nawet jeśli nie sprawia to nam przyjemności. Bóg tego chce. On, stawszy się dla nas maluczkim, prosi, abyśmy dali coś dla naszych braci najmniejszych. Kim oni są? To właśnie ci, którzy nie mają czym się odwzajemnić, jak potrzebujący, głodny, obcy, więzień, ubogi (por. Mt 25, 31-46). Ofiarowanie daru miłego Jezusowi to zatroszczenie się o chorego, poświęcenie czasu osobie trudnej, pomoc komuś, kto nie budzi naszego zainteresowania, udzielenie przebaczenia tym, którzy nas obrazili. Są to dary bezinteresowne, których nie może zabraknąć w życiu chrześcijańskim. W przeciwnym razie Jezus przypomina nam, że jeśli kochamy tych, którzy nas kochają, postępujmy jak poganie (por. Mt 5, 46-47). Spójrzmy na nasze ręce, często pozbawione miłości i spróbujmy dzisiaj pomyśleć o darze bezinteresownym, jaki możemy zaoferować, za który nie uzyskamy odwzajemnienia. Będzie to miłe Panu. I prośmy Go: „Panie, pozwól mi odkryć na nowo radość dawania”.

Drodzy bracia i siostry, czyńmy jak Mędrcy: patrzeć wzwyż, wędrować, złożyć darmowe dary.

[00022-PL.02] [Testo originale: Italiano]

[B0009-XX.02]