Messaggio del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua spagnola
Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato ai partecipanti alla XXXI Conferenza Internazionale sul tema: Per una cultura della salute accogliente e solidale a servizio delle persone affette da patologie rare e neglette, promossa dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, a conclusione dei lavori che si sono svolti, dal 10 al 12 novembre, nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano:
Messaggio del Santo Padre
Al Reverendissimo Monsignore
JEAN-MARIE MUPENDAWATU
Segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari
Desidero far giungere il mio cordiale saluto ai partecipanti alla XXXI Conferenza internazionale sul tema Per una cultura della salute accogliente e solidale a servizio delle persone affette da patologie rare e neglette, organizzata dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che ringrazio per tale iniziativa. Rivolgo anche un grato pensiero alla memoria del compianto fratello nell’episcopato, S.E. Mons. Zygmunt Zimowski, già Presidente del Dicastero, tornato alla Casa del Padre nel luglio scorso.
Qualificati esperti, provenienti da ogni parte del mondo, sono riuniti per approfondire il tema delle patologie “rare” e delle malattie “neglette” nei loro diversi aspetti: da quello medico-epidemiologico a quello socio-politico, dal versante economico a quello giuridico-etico. La Conferenza si propone di operare una ricognizione sullo stato dell’arte, così come l’individuazione e il rilancio di linee praticabili di intervento in questo particolare scenario medico-sanitario, avendo come valori fondanti il rispetto della vita, della dignità e dei diritti dei malati, insieme con l’impegno accogliente e solidale, e realizzando strategie curative mosse da sincero amore verso la persona concreta che soffre, anche di una malattia “rara” o “negletta”.
I dati disponibili su questi due capitoli della Medicina sono emblematici: le più recenti stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità indicano che delle malattie definite “rare” soffrono 400 milioni di persone in tutto il mondo. Lo scenario delle malattie “neglette” è ancora più drammatico, perché riguardano oltre un miliardo di persone: sono per lo più di natura infettiva e diffuse tra le popolazioni più povere del mondo, spesso in Paesi dove l’accesso ai servizi sanitari è insufficiente a coprire i bisogni essenziali, soprattutto in Africa e America Latina, in aree a clima tropicale, con una potabilità insicura dell’acqua e carenti condizioni igienico-alimentari, abitative e sociali.
La sfida, dal punto di vista epidemiologico, scientifico, clinico-assistenziale, igienico sanitario ed economico è dunque immane, perché coinvolge responsabilità e impegni su scala globale: autorità politiche e sanitarie internazionali e nazionali, operatori sanitari, industria biomedica, associazioni di cittadini/pazienti, volontariato laico e religioso.
Una sfida immane, ma non impossibile. Data la complessità della materia, risulta infatti necessario un approccio multidisciplinare e congiunto; uno sforzo che chiama tutte le realtà umane interessate, istituzionali e non, e fra di esse anche la Chiesa Cattolica, che da sempre trova motivazione e impulso nel suo Signore, Cristo Gesù, il Crocifisso Risorto, figura sia del malato (il “Christus patiens”) sia del medico (il “Christus medicus”, il Buon Samaritano).
A questo punto, vorrei proporre alcune considerazioni che possano contribuire alla vostra riflessione.
La prima è che se la persona umana è il valore eminente, ne consegue che ciascuna persona, soprattutto quella sofferente – anche per una malattia “rara” o “negletta” – merita senza alcuna esitazione ogni impegno per essere accolta, curata e, se possibile, guarita.
Affrontare efficacemente interi capitoli di malattia, come è il caso delle malattie “rare” e di quelle “neglette”, richiede non solo qualificate e diversificate competenze sanitarie, bensì anche extra-sanitarie – si pensi ai manager sanitari, alle autorità amministrative e politiche, agli economisti sanitari. Si richiedono un approccio integrato e attente valutazioni di contesto finalizzate alla pianificazione e alla realizzazione delle strategie operative, così come al reperimento e alla gestione delle ingenti risorse necessarie. Alla base di ogni iniziativa, però, sta anzitutto una libera e coraggiosa volontà di bene finalizzata alla risoluzione di questo rilevante problema di salute globale: una vera e propria “sapienza del cuore”. Risultano cruciali, pertanto, insieme con lo studio scientifico e tecnico, la determinazione e la testimonianza di chi si mette in gioco nelle periferie non solo esistenziali ma anche assistenziali del mondo, come spesso è il caso delle malattie “rare” e “neglette”.
Fra i tanti che si spendono generosamente, anche la Chiesa è da sempre in campo e continuerà su questa impegnativa ed esigente via di vicinanza e di accompagnamento all’uomo che soffre. Non è un caso allora che questa XXXI Conferenza Internazionale abbia voluto adottare le seguenti parole-chiave per dare il senso – inteso come significato e come direzione – della presenza della Chiesa in questa vera e propria opera di misericordia: informare, per fare il punto sullo stato delle conoscenze sia scientifiche sia clinico-assistenziali; curare meglio in una logica accogliente e solidale la vita del malato; custodire l’ambiente nel quale l’uomo vive.
La relazione tra queste malattie e l’ambiente è decisiva. Infatti, molte malattie rare hanno cause genetiche, per altre i fattori ambientali hanno un forte rilievo; ma anche quando le cause sono genetiche, l’ambiente inquinato funge da moltiplicatore del danno. E il peso maggiore grava sulle popolazioni più povere. È per questo che voglio nuovamente porre l’accento sull’assoluta importanza del rispetto e della custodia del creato, della nostra casa comune.
Una seconda considerazione, che desidero portare alla vostra attenzione, è che per la Chiesa rimane prioritario mantenersi dinamicamente in uno stato di “uscita”, per testimoniare nel concreto la misericordia divina, facendosi “ospedale da campo” per le persone emarginate, che vivono in ogni periferia esistenziale, socio-economica, sanitaria, ambientale e geografica del mondo.
La terza e ultima considerazione ha a che fare con il tema della giustizia. Se è vero infatti che la cura della persona affetta da una malattia “rara” o “negletta” è in buona parte legata alla relazione interpersonale medico-paziente, è altrettanto vero che la considerazione su scala sociale di questo fenomeno sanitario richiama una chiara istanza di giustizia, nel senso di “dare a ciascuno il suo”, ovvero uguale accesso alle cure efficaci per uguali bisogni di salute indipendentemente dai fattori contestuali socio-economici, geografici, culturali. La ragione di ciò riposa su tre principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa. Il primo è il principio di socialità, secondo cui il bene della persona riverbera sull’intera comunità. Pertanto, la cura della propria salute non è solo una responsabilità affidata alla custodia della persona stessa, ma rappresenta anche un bene sociale, nel senso che quanto più si accresce la salute individuale, tanto più la “salute collettiva” ne beneficerà, non da ultimo anche sul piano di risorse che vengono liberate per altri capitoli di malattia che richiedano ricerca e cure impegnative. Il secondo principio è quello di sussidiarietà, che da una parte sostiene, promuove e sviluppa socialmente la capacità di ogni persona nel dare compimento a sé e alle proprie legittime e buone aspirazioni; dall’altra viene in aiuto della persona laddove essa non riesca da sé a superare possibili ostacoli, come è il caso, ad esempio, di una malattia. E il terzo principio, al quale dovrebbe improntarsi una strategia sanitaria, a misura del valore-persona e del bene comune, è quello della solidarietà.
Su questi tre capisaldi, che ritengo condivisibili da chiunque abbia a cuore il valore eminente dell’essere umano, si possono individuare soluzioni realistiche, coraggiose, generose e solidali per affrontare ancora più efficacemente e risolvere l’emergenza sanitaria delle malattie “rare” e di quelle “neglette”.
In nome di questo amore per l’uomo, per ogni uomo, soprattutto quello sofferente, formulo a tutti voi, partecipanti alla XXXI Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, l’augurio di rinnovato slancio e generosa dedizione verso i malati così come di una instancabile tensione verso il maggiore bene comune in campo sanitario.
Chiediamo a Maria Santissima, Salute dei malati, di far fruttificare i lavori di questa vostra Conferenza. A lei affidiamo l’impegno di rendere sempre più umano il servizio che, quotidianamente, le diverse figure professionali del mondo della salute svolgono in favore dei sofferenti. Benedico di cuore tutti voi, le vostre famiglie, le vostre comunità, come pure quanti incontrate negli ospedali e nelle case di cura. Prego per voi; e voi, per favore, pregate per me.
Dal Vaticano, 12 novembre 2016
FRANCESCO
[01827-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
À Monseigneur
JEAN-MARIE MUPENDAWATU
Secrétaire du Conseil pontifical pour les services de santé
Je désire adresser mon salut cordial aux participants à la XXXIème Conférence internationale sur le thème Pour une culture de la santé accueillante et solidaire au service des personnes atteintes de pathologies rares et négligées, organisée par le Conseil pontifical pour les services de santé, que je remercie pour cette initiative. J’adresse également une pensée de gratitude à la mémoire de S.E. Mgr Zygmunt Zimowski, frère regretté dans l’épiscopat, qui fut Président du dicastère et a été rappelé à la maison du Père en juillet dernier.
Des spécialistes de renom, provenant de toutes les parties du monde, sont réunis pour approfondir le thème des pathologies «rares» et des maladies «négligées» sous leurs divers aspects: de l’aspect médical/épidémiologique à l‘aspect sociopolitique, du versant économique au versant juridique et éthique. La Conférence se propose d’examiner la situation actuelle, comme aussi de déterminer et de relancer des lignes pratiques d’intervention dans ce domaine médical particulier, en s’appuyant sur les valeurs de fond que sont le respect de la vie, de la dignité et des droits des malades, dans un engagement d’accueil et de solidarité et en réalisant des stratégies de soin animées d’un amour sincère envers la personne concrète qui souffre, même s’il s’agit d’une maladie «rare» ou «négligée».
Les données dont on dispose sur ces deux chapitres de la médecine sont emblématiques: les estimations les plus récentes de l’Organisation Mondiale de la Santé indiquent que, dans le monde, 400 millions de personnes souffrent de maladies «rares». Le scénario des maladies «négligées» est encore plus dramatique, car elles concernent plus d’un milliard de personnes: généralement de nature infectieuse, elles sont répandues dans les populations les plus pauvres du monde, souvent dans des pays où l’accès aux services de santé ne suffit pas à couvrir les besoins essentiels, surtout en Afrique et en Amérique Latine, dans des régions au climat tropical, où l’eau potable est souvent un problème avec des conditions d’alimentation et d’hygiène, de logement et de vie sociale très précaires.
Du point de vue épidémiologique, scientifique, de l’assistance clinique, hygiénique/sanitaire et économique, le défi est donc immense parce qu’il implique des responsabilités et des engagements à l’échelle mondiale: autorités politiques et sanitaires internationales et nationales, personnels de santé, industrie biomédicale, associations de citoyens/malades, bénévolat laïc et religieux.
Un défi immense mais pas impossible. Étant donné la complexité de la matière, une approche multidisciplinaire et commune s’avère donc nécessaire; un effort qui appelle toutes les réalités humaines intéressées, institutionnelles ou non, et parmi elles, l’Église catholique également qui, depuis toujours, trouve l’élan et l’impulsion dans son Seigneur, le Christ Jésus, le Crucifié ressuscité, figure du malade (le «Christus patiens») ou figure du médecin (le «Christus medicus», le bon Samaritain).
À ce point, je voudrais proposer quelques considérations qui peuvent contribuer à votre réflexion.
La première est que si la personne humaine constitue la valeur éminente, il s’ensuit que chaque personne, surtout la personne souffrante – même en raison d’une maladie «rare» ou «négligée» - mérite, sans aucune hésitation, un engagement total pour être écoutée, soignée et, si possible, guérie.
Affronter efficacement des chapitres entiers de maladie, comme c’est le cas des maladies «rares» et des maladies «négligées», exige non seulement des compétences sanitaires qualifiées et diversifiées, mais également extra-sanitaires – il suffit de penser aux directeurs sanitaires, aux autorités administratives et politiques, aux économistes de la santé. Cela demande une approche intégrée et des évaluations attentives de contexte, orientées vers la programmation et la réalisation de stratégies opérationnelles, ainsi que vers la recherche et la gestion des considérables ressources nécessaires. Cependant, à la base de toute initiative, il y a d’abord une volonté libre et courageuse de bien, orientée vers la résolution de ce problème important de santé globale: une «science du cœur» authentique. Voilà pourquoi, avec l’étude scientifique et technique, s’avèrent décisifs la détermination et le témoignage de celui qui s’implique non seulement dans les périphéries existentielles, mais aussi dans le domaine de l’assistance, comme cela est souvent le cas pour les maladies «rares» et «négligées».
Parmi tous ceux qui se dépensent généreusement, l’Église est depuis toujours sur le terrain et continuera sur cette voie importante de proximité et d’accompagnement de l’homme qui souffre. Ce n’est pas par hasard que cette XXIème Conférence internationale ait voulu adopter les paroles-clés suivantes pour donner le sens - entendu comme signification et comme direction – de la présence de l’Église dans cette authentique œuvre de miséricorde: informer, pour faire le point sur l’état des connaissances aussi bien scientifiques que d’assistance clinique; mieux soigner la vie du maladedans une logique d’accueil et de solidarité ; avoir soin de l’environnement dans lequel il vit.
La relation entre ces maladies et l’environnement est décisive. En effet, si de nombreuses maladies rares ont des causes génétiques, pour d’autres, les facteurs environnementaux revêtent une grande importance; cependant, même si les causes sont génétiques, la pollution de l’environnement fait que sont multipliées les conséquences néfastes. Et le poids le plus lourd pèse sur les populations les plus pauvres. Voilà pourquoi je veux à nouveau mettre l’accent sur l’importance absolue du respect et du soin de la création, de notre maison commune.
La seconde considération que je désire soumettre à votre attention est la suivante: pour l’Église, la priorité est d’être en «sortie», de manière dynamique, pour témoigner concrètement de la miséricorde divine, en se faisant «hôpital de campagne» pour les personnes marginalisées, qui vivent dans chaque périphérie existentielle, socioéconomique, sanitaire, environnementale et géographique du monde.
Ma troisième et dernière considération a un rapport avec le thème de la justice. S’il est vrai, en effet, que le soin de la personne atteinte d’une maladie «rare» ou «négligée» est lié dans une large mesure à la relation interpersonnelle médecin-patient, il est tout aussi vrai que la considération à l’échelle sociale de ce phénomène sanitaire rappelle une instance de justice évidente, qui est de «donner à chacun ce qui lui revient», c’est-à-dire un accès égal pour tous aux soins efficaces pour des besoins de santé équivalents, indépendamment des facteurs contextuels socioéconomiques, géographiques, culturels. La raison de cela repose sur trois principes fondamentaux de la doctrine sociale de l’Église. Le premier est le principe de socialité, selon lequel le bien de la personne rejaillit sur toute la communauté. Donc, le soin de sa propre santé n’est pas seulement une responsabilité confiée à la personne, mais représente aussi un bien social, dans le sens où plus s‘accroit la santé individuelle, plus la «santé collective» en bénéficiera, également sur le plan des ressources qui sont accordées pour d’autres maladies qui demandent recherche et soins contraignants. Le second principe est celui de la subsidiarité qui, d’une part, soutient, encourage et développe socialement la capacité de chaque personne à se réaliser ainsi que ses aspirations bonnes et légitimes; et d’autre part, il vient en aide à la personne là où elle ne réussit pas, seule, à surmonter des obstacles éventuels, comme c’est le cas, par exemple, d’une maladie. Et le troisième principe, sur lequel devrait s’imprimer une stratégie sanitaire, à la mesure de la valeur de la personne et du bien commun, est celui de la solidarité.
Je considère que sur ces trois repères, qui peuvent être partagés par tous ceux qui ont à cœur la valeur éminente de l’être humain, peuvent être définies des solutions réalistes, courageuses, généreuses et solidaires pour affronter encore plus efficacement et résoudre l’émergence sanitaire des maladies «rares» et «négligées».
Au nom de cet amour pour l’homme, pour chaque homme, surtout pour celui qui souffre, à vous tous qui participez à la XXIème Conférence internationale du Conseil pontifical pour les services de santé, je souhaite un nouvel élan et un dévouement généreux en faveur des malades, ainsi qu’une tension inlassable vers le bien commun dans le domaine de la santé.
Demandons à la Vierge Marie, Santé des malades, de faire fructifier les travaux de cette Conférence. Je lui confie l’engagement de rendre toujours plus humain le service que, quotidiennement, les différentes figures professionnelles du monde de la santé accomplissent en faveur des personnes souffrantes. De tout cœur, je vous bénis ainsi que vos familles, vos communautés, et tous ceux que vous rencontrez dans les hôpitaux et dans les maisons de soins. Je prie pour vous et vous demande, s’il vous plaît, de prier pour moi.
Du Vatican, le 12 novembre 2016.
FRANÇOIS
[01827-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
To the Most Reverend Monsignor
JEAN-MARIE MUPENDAWATU
Secretary of the Pontifical Council for Health Care Workers
I wish to send my cordial greetings to those taking part in the thirty-first international conference on the subject ‘Towards a Culture of Health that is Welcoming and Supportive, at the Service of People with Rare and Neglected Pathologies’, organised by the Pontifical Council for Health Care Workers, which I thank for this initiative. I also address grateful thoughts to the memory of my much lamented brother in the episcopate, H.E. Msgr. Zygmunt Zimowski, the former President of the Pontifical Council, who returned to the House of the Father last July.
Qualified experts, from every part of the world, have come together to explore the subject of ‘rare’ pathologies and ‘neglected’ diseases in their various aspects: from the medical-epidemiological to the socio-political and from the economic to the juridical-ethical. The conference intends to engage in a survey of the present situation, as well as an identification and a re-launching of practicable guidelines for action in this special medical/health-care scenario; having as founding values respect for the lives, the dignity and the rights of patients, together with a welcoming and supportive approach; and producing strategies for care and treatment that are moved by a sincere love for the actual person who suffers – from a ‘rare’ or ‘neglected’ disease as well.
The data that are available on these two chapters of medicine are emblematic. The most recent calculations of the World Health Organisation indicate that 400 million people in the world as a whole suffer from diseases defined as ‘rare’. The scenario of ‘neglected’ diseases is even more dramatic because they affect over a billion people. They are for the most part infectious diseases and they are widespread amongst the poorest populations of the world, often in countries where access to health-care services is insufficient to cover essential needs, above all in Africa and Latin America, in areas that have a tropical climate, with insecure drinking water and deficient hygienic/alimentary, housing and social conditions.
The challenge, from an epidemiological, scientific, clinical/care, hygienic and economic point of view is, therefore, enormous because it involves responsibilities and commitments on a global scale: international and national health-care and political authorities, health-care workers, the biomedical industry, associations of citizens/patients, and lay and religious volunteers.
This is an enormous challenge, but not an impossible one. Given the complexity of the subject, indeed, a multidisciplinary and joint approach is necessary; an effort that calls on all the human realities involved, whether institutional or otherwise. Amongst them there is also the Catholic Church which has always found a motivation and impulse in her Lord, Jesus Christ, who was crucified and rose again, the figure both of the patient (‘Christus patiens’) and the physician (‘Christus medicus’, the Good Samaritan).
At this point, I would like to offer some observations that can contribute to your reflections.
The first is that if the human person is the eminent value, it follows that each person, above all a person who suffers, because of a ‘rare’ or ‘neglected’ disease as well, without any hesitation deserves every kind of commitment in order to be welcomed, treated and, if possible, healed.
The effective addressing of entire chapters of illness, as is the case with ‘rare’ and ‘neglected’ diseases, requires not only qualified and diversified skills and abilities in health-care but also ones that are beyond health care – one may think of health-care managers, of administrative and political health-care authorities, and of health-care economists. An integrated approach, and careful assessments of contexts directed towards the planning and implementation of operational strategies, as well as the obtaining and management of the necessary sizeable resources, are required. At the base of every initiative, however, lies, first and foremost, free and courageous good will directed towards the solving of this major problem of global health: an authentic ‘wisdom of the heart’. Together with scientific and technical study, the determination and wisdom of those who set themselves to work not only in the existential fringes of the world but also in its fringes at the level of care, as is of often the case with ‘rare’ and ‘neglected’ diseases, are, therefore, crucial.
Amongst the many who give of themselves generously, the Church, as well, has always been active in this field and will continue with this exacting and demanding pathway of nearness to, and the accompanying of, the person who suffers. It is no accident, therefore, that this thirty-first international conference wanted to adopt the following key words to communicate the sense – understood as meaning and direction – of the presence of the Church in this authentic work of mercy: to inform, in order to establish the state of present knowledge at a scientific and clinical/care level; to care for the life of patients in a better way in a welcoming and supportive approach; to steward the environment in which man lives.
The relationship between these diseases and the environment is decisive. Indeed, many diseases have genetic causes; in the case of others, environmental factors have a major importance. But even when the causes are genetic, a polluted environment acts as a multiplier of damage. And the greatest burden falls on the poorest populations. It is for this reason that I want once again to emphasise the absolute importance of respect for, and the stewardship of, the creation, our common home.
A second observation that I would like to bring to your attention is that it remains a priority of the Church to keep herself dynamically in a state of ‘moving outwards’, to bear witness at a concrete level to divine mercy, making herself a ‘field hospital’ for marginalised people who live in every existential, socio-economic, health-care, environmental and geographical fringe of the world.
The third and last observation relates to the subject of justice. Although it is true that care for a person with a ‘rare’ or ‘neglected’ disease is in large measure connected with the interpersonal relationship of the doctor and the patient, it is equally true that the approach, at a social level, to this health-care phenomenon requires a clear application of justice, in the sense of ‘giving to each his or her due’, that is to say equal access to effective care for equal health needs, independently of factors connected with socio-economic, geographical or cultural contexts. The reason for this rests on three fundamental principles of the social doctrine of the Church. The first is the principle of sociality, according to which the good of the person reverberates through the entire community. Therefore, care for health is not only a responsibility entrusted to the stewardship of the person himself or herself. It is also a social good, in the sense that the more individual health grows, the more ‘collective health’ will benefit from this, not least at the level, as well, of the resources that are freed up for other chapters of illness that require demanding research and treatment. The second principle is that of subsidiarity which, on the one hand, supports, promotes and develops socially the capacity of each person in attaining fulfilment and his or her legitimate and good aspirations, and, on the other, comes to the aid of a person where he or she is not able on his or her own to overcome possible obstacles, as is the case, for example, with an illness. And the third principle, with which a health-care strategy should be marked, and which must take the person as a value and the common good into account, is that of solidarity.
On these three cornerstones, which I believe can be shared by anybody who holds dear the eminent value of the human being, one can identify realistic, courageous, generous and supportive solutions to addressing even more effectively, and to solving, the health-care emergency of ‘rare’ and ‘neglected’ diseases.
In the name of this love for man, for every man, above all for suffering man, I express to all of you, participants in the thirty-first international conference of the Pontifical Council for Health Care Workers, the wish that you will have a renewed impetus and generous dedication towards sick people, as well as a tireless drive towards the greatest common good in the health-care field.
Let us ask the Most Holy Mary, Health of the sick, to make the deliberations of this conference of yours bear fruit. To her we entrust the commitment to making increasingly human that service which, every day, the various professional figures of the world of health perform for suffering people. I bless from my heart all of you, your families, and your communities, as I do those whom you meet in hospitals and nursing homes. I pray for you; and you, please, pray for me.
From the Vatican, 12 November 2016
FRANCIS
[01827-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua spagnola
Al Reverendísimo Monseñor
JEAN-MARIE MUPENDAWATU
Secretario del Pontificio Consejo para los Agentes Sanitarios
Deseo hacer llegar mi cordial saludo a los participantes en la XXXIª Conferencia Internacional sobre el tema Por una cultura de la salud acogedora y solidaria al servicio de las personas afectadas por patologías raras y descuidadas, organizada por el Pontificio Consejo para los Agentes Sanitarios, a los que agradezco por dicha iniciativa. Asimismo, dirijo un grato recuerdo en memoria del amado hermano en el episcopado, S.E. Mons. Zygmunt Zimowski, ex Presidente del Dicasterio, que ha regresado a la Casa del Padre en el pasado mes de julio.
Expertos calificados, procedentes de todas partes del mundo, se encuentran reunidos para profundizar el tema de las patologías “raras” y de las enfermedades “descuidadas” bajo diferentes aspectos: desde el médico-epidemiológico al socio-político, desde el económico al jurídico-ético. La Conferencia se propone realizar un examen sobre el estado de las cosas, así como de la identificación y relance de líneas para intervenir en este particular escenario médico-sanitario, teniendo como valores esenciales el respeto de la vida, de la dignidad y de los derechos de los enfermos, junto con el compromiso acogedor y solidario, y realizando estrategias curativas llevadas adelante con un sincero amor hacia la persona concreta que sufre, también de una enfermedad “rara” o “descuidada”.
Los datos acerca de estos dos capítulos de la Medicina son emblemáticos: los cálculos más recientes de la Organización Mundial de la Salud indican que 400 millones de personas en todo el mundo sufren de las enfermedades definidas como “raras”. Más dramático aún es el escenario de las enfermedades “descuidadas”, porque afectan a más de mil millones de personas: en su mayoría son de naturaleza infecciosa y están difundidas en las poblaciones más pobres del mundo, con frecuencia en países en los que el acceso a los servicios sanitarios es insuficiente para cubrir las necesidades esenciales, sobre todo en África y en América Latina; en áreas de clima tropical, con una potabilidad insegura del agua y desprovistas de buenas condiciones higiénico-alimentarias, de vivienda y sociales.
El desafío, desde el punto de vista epidemiológico, científico, clínico-asistencial, higiénico-sanitario y económico es, pues, desmesurado, porque implica responsabilidades y compromisos a escala global: autoridades políticas y sanitarias internacionales y nacionales, agentes sanitarios, industria biomédica, asociaciones de ciudadanos/pacientes, voluntariado laico y religioso.
Un desafío desmesurado, pero no imposible. Dada la complejidad de la materia, de hecho, resulta necesario un acercamiento multidisciplinario y conjunto; un esfuerzo que involucra a todas las realidades humanas interesadas, institucionales y no, y entre ellas también a la Iglesia Católica, que desde siempre encuentra motivación e impulso en su Señor, Cristo Jesús, el Crucificado Resucitado, icono tanto del enfermo (el “Christus patiens”) como del médico (el “Christus medicus”, el Buen Samaritano).
A este punto, quisiera proponer algunas consideraciones que contribuyan para vuestra reflexión.
La primera es que, si la persona humana es el valor eminente, se deduce que cada persona, sobre todo aquella que sufre – también debido a una enfermedad “rara” o “descuidada” – merece sin indecisión todo esfuerzo para ser acogida, cuidada y, en lo posible, curada.
Afrontar eficazmente capítulos enteros de enfermedad, como es el caso de las enfermedades “raras” y de aquellas “descuidadas”, requiere no sólo competencias sanitarias calificadas y diversificadas, sino también extra-sanitarias – se piense en los manager sanitarios, en las autoridades administrativas y políticas y en los economistas sanitarios. Se requiere un acercamiento integrado y atentas valoraciones del contexto que tienen como finalidad la planificación y la realización de las estrategias operativas, así como encontrar y administrar los ingentes recursos necesarios. Pero, como base de toda iniciativa está ante todo una libre y valiente voluntad de bien, con la finalidad de resolver este importante problema de salud global: una real y verdadera “sabiduría del corazón”. Por tanto, junto con el estudio científico y técnico, resultan cruciales la determinación y el testimonio de quien se pone en juego en las periferias no sólo existenciales sino también asistenciales del mundo, como con frecuencia es el caso de las enfermedades “raras” y “descuidadas”.
Entre muchos que se dedican generosamente, también la Iglesia está desde siempre presente en este campo y continuará en este comprometedor y exigente camino de cercanía y de acompañamiento al hombre que sufre. No es, pues, un caso que esta XXXIª Conferencia Internacional haya querido adoptar las siguientes palabras-clave para dar el sentido – entendido como significado y como dirección – de la presencia de la Iglesia en esta verdadera y real obra de misericordia: informar, para determinar el punto acerca del estado de los conocimientos tanto científicos como clínico-asistenciales; curar mejor la vida del enfermo en una lógica acogedora y solidaria; custodiar el ambiente en el que vive el hombre.
La relación entre estas enfermedades y el ambiente es determinante. En efecto, muchas enfermedades raras tienen causas genéticas, para otras los factores ambientales tienen una fuerte importancia; pero también cuando las causas son genéticas, el ambiente contaminado actúa como multiplicador del daño. Y la carga mayor pesa en las poblaciones más pobres. Es por esto que quiero poner nuevamente el acento en la absoluta importancia del respeto y de la custodia de la creación, de nuestra casa común.
La segunda consideración sobre la cual deseo llamar vuestra atención es que para la Iglesia sigue siendo prioritario mantenerse dinámicamente en un estado de “salida”, a fin de dar testimonio en lo concreto de la misericordia divina, haciéndose “hospital de campo” para las personas marginadas, que viven en cada periferia existencial, socio-económica, sanitaria, ambiental y geográfica del mundo.
La tercera y última consideración tiene que ver con el tema de la justicia. En efecto, si es verdad que el cuidado de la persona afectada por una enfermedad “rara” o “descuidada” está ligada en buena parte a la relación interpersonal médico-paciente, es igualmente verdad que la consideración a escala social de este fenómeno sanitario reclama una clara instancia de justicia, en el sentido de “dar a cada uno lo suyo”. Es decir, el mismo acceso a los cuidados eficaces para las mismas necesidades de salud, independientemente de los factores referentes a los contextos socio-económicos, geográficos y culturales. La razón de esto descansa sobre tres principios fundamentales de la doctrina social de la Iglesia. El primero es el principio de sociabilidad, según el cual el bien de la persona se refleja en toda la comunidad. Por tanto, el cuidado de la propia salud no es sólo una responsabilidad confiada a la custodia de la persona misma, sino representa también un bien social, en el sentido que cuanto más se aumenta la salud individual, mucho más se beneficiará la “salud colectiva”, no, por último, también en el plano de los recursos que se deliberan para otros capítulos de enfermedad que necesiten investigación y cuidados que requieren gran empeño. El segundo principio es el de subsidiaridad que, por un lado, sostiene, promueve y desarrolla socialmente la capacidad de cada persona de dar cumplimiento para sí y para las propias aspiraciones legítimas y buenas; por el otro, ayudará a la persona allí donde ella no logre por sí misma superar posibles obstáculos como es el caso, por ejemplo, de una enfermedad. Y el tercer principio, hacia el cual se debería orientar una estrategia sanitaria, que tenga en la justa medida el valor-persona y el bien común, es aquel de la solidaridad.
Sobre estas tres bases, que considero pueden ser compartidas por cualquiera que tenga en gran consideración el valor eminente del ser humano, se pueden identificar soluciones realistas, valientes, generosas y solidarias para afrontar, aún más eficazmente, y resolver la emergencia sanitaria de las enfermedades “raras” y de aquellas “descuidadas”.
En nombre de este amor por el hombre, por cada hombre, sobre todo por aquel que sufre, formulo a todos ustedes, participantes en la XXXIª Conferencia internacional del Pontificio Consejo para los Agentes Sanitarios, el augurio de un renovado impulso y una generosa entrega hacia los enfermos, así como de una incansable tensión hacia el mayor bien común en campo sanitario.
Pidamos a María Santísima, Salud de los enfermos, que haga fructificar los trabajos de vuestra Conferencia. A ella confiemos el compromiso de hacer cada vez más humano el servicio que, diariamente, las diversas figuras profesionales del mundo de la salud desarrollan a favor de los que sufren. Bendigo de corazón a todos ustedes, a vuestras familias, a vuestras comunidades, así como también a quienes encontráis en los hospitales y en las casas de sanación. Rezo por ustedes y, por favor, orad por mí.
Desde el Vaticano, 12 de noviembre de 2016.
FRANCISCO
[01827-ES.01] [Texto original: Italiano]
[B0817-XX.01]