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Conferenza Stampa di presentazione della XXXI Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sulle patologie rare, 07.11.2016


Intervento di Mons. Jean-Marie Musivi Mupendawatu

Intervento del Rev.do P. Augusto Chendi, M.I.

Intervento del Dott. Claudio Giustozzi

Questa mattina, alle ore 11.30, si tiene nella Sala Stampa della Santa Sede, in Via della Conciliazione 54, la Conferenza Stampa di presentazione della XXXI Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sul tema: “Per una Cultura della Salute accogliente e solidale a servizio delle Persone affette da patologie rare e neglette”, che avrà luogo in Vaticano, presso l’Aula Nuova del Sinodo, dal 10 al 12 novembre.

Intervengono:

- Mons. Jean-Marie Musivi Mupendawatu, Segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute);

- Rev.do P. Augusto Chendi, M.I., Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio;

- Dott. Marco Tartaglia, Responsabile dell’Area di Ricerca Malattie Genetiche e Malattie Rare, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, Roma;

- Dott. Claudio Giustozzi, Segretario Nazionale dell’Associazione Culturale “Giuseppe Dossetti: i Valori-Sviluppo e Tutela dei Diritti” ONLUS.

Riportiamo di seguito gli interventi disponibili.

Intervento di Mons. Jean-Marie Musivi Mupendawatu

Saluto cordialmente tutti Voi amici presenti a questa Conferenza Stampa preliminare alla nostra Conferenza Internazionale che quest’anno affronta il tema: “Per una Cultura della Salute accogliente e solidale a servizio delle Persone affette da patologie rare e neglette”.

Un pensiero e un ricordo fraterno e spirituale al nostro caro Presidente, l’Arcivescovo Zygmunt Zimowski, tornato alla Casa del Padre il 12 luglio scorso, principale ideatore e artefice di questo Convegno.

Secondo l’organizzazione Mondiale della salute (OMS, 2016), “una malattia è considerata rara quando colpisce una persona su 2000 o meno”. Così vengono definite tali tra 5000 e 8000 patologie, l’80% delle quali di origine genetica, spesso a rischio di vita per l’ammalato. Si stimano a circa 400 milioni le persone che ne sono affette.

L’OMS, inoltre stima ad oltre un miliardo le persone affette da malattie “neglette”, di cui quasi la metà sono bambini; la maggior parte di esse ha una causa infettiva e sono diffuse in aree geografiche a clima tropicale dove le popolazioni vivono in condizioni di non accessibilità all’acqua potabile, scarsa igiene, condizioni abitative scadenti ed accesso ai servizi sanitari ridotto o assente, in breve in “condizioni di povertà che infliggono gravi oneri sanitari sulle persone povere del mondo”.

Ci troviamo oggi, con questo scenario, a fronteggiare una importante sfida dal punto di vista sia epidemiologico, scientifico e clinico-assistenziale sia culturale e socio-politico con un chiaro richiamo alla necessità di responsabilità ed impegni a livello globale da parte di tutti gli attori interessati.

La Chiesa che nel corso della Sua bimillenaria sollecitudine per il mondo degli infermi e i malati, ha sempre avvertito il servizio ai sofferenti e malati come parte integrante della Sua missione, intende, con l’organizzazione di questa conferenza, mettersi al servizio degli ammalati affetti da patologie rare e neglette, offrendo elementi di risposta di natura educativa, culturale e pastorale a questa sfida. L’assistenza e la cura dei malati in generale e di quelli affetti da patologie rare e neglette in particolare, sono una ineludibile opera di misericordia corporale evangelica. Questa urgenza pastorale, con un particolare riguardo agli operatori e “decisori” sanitari, trova nella visione ecclesiale di Papa Francesco un rinnovato slancio, come lo dimostrano le varie iniziative e azioni promosse e realizzate nell’Anno del Giubileo Straordinario della Misericordia in corso.

Accenno ad un punto interessante della Conferenza che intende, nel suo svolgimento, seguire nello studio delle tematiche dell’Ordine del giorno, ossia muovere tutta la Conferenza Internazionale intorno a 3 parole-chiave che sono il filo conduttore pedagogico dei nostri lavori:

Riformare per fare il punto sullo stato dell’arte delle conoscenze sia in senso scientifico sia clinico-assistenziale;

Curare meglio in una logica accogliente e solidale la vita del malato;

Custodire l’ambiente nel quale l’uomo vive.

Concludo riprendendo le parole finali della Presentazione del programma della Conferenza:

“Papa Bergoglio ritiene prioritario per la Chiesa, in questo momento storico, che essa si ponga dinamicamente “in uscita” per testimoniare nel concreto la Misericordia Divina, facendosi “ospedale da campo” per gli “scartati” che vivono in ogni periferia esistenziale, socio-economica, sanitaria, ambientale e geografica nel mondo.

Afferma infatti il Papa in una recente allocuzione ai partecipanti al Congresso mondiale di Cardiologia “ESC Congress 2016” (31.8.16): “Se si guarda all’uomo nella sua totalità… si può avere uno sguardo di particolare intensità ai più poveri, ai più disagiati ed emarginati perché anche a loro giunga la vostra cura, come anche l’assistenza e l’attenzione delle strutture sanitarie pubbliche e private. Dobbiamo lottare perché non ci siano “scartati” in questa cultura dello scarto che viene proposta”.

Alcuni eventi e dati relativi alla Conferenza: l’Incontro delle Istituzioni Sanitarie Cattoliche Europee (abbiamo qui in sala il Presidente della Confederazione Mondiale, il Prof. Tersigni) che avrà luogo domani e dopodomani presso la Casa Santa Maria alle Fornaci. Una mostra fotografica sulle patologie rare e neglette che sarà visitabile nell’androne antistante l’Aula Paolo VI a partire da giovedì 10. Certamente ci è di conforto l’alto numero di partecipanti, oltre 320, da quasi 50 Paesi del mondo. C’è una presenza significativa delle chiese particolari e locali riguardo ai Vescovi incaricati per la Pastorale della Salute, direttori degli Uffici Nazionali e Diocesani di Pastorale della Salute nonché, Sacerdoti, Religiosi e Religiose, laici impegnati a vari titoli nella Pastorale della Salute. Grazie

Intervento del Rev.do P. Augusto Chendi

Il problema congiunto delle “malattie tropicali neglette” (Neglected Tropical Diseases - NTD) e delle “malattie rare” (Rare Diseases - RD) definisce un ambito “inconsueto”, anche se per queste ultime - le malattie rare - l’opinione pubblica, soprattutto nei Paesi economicamente più avanzati, è maggiormente sollecitata ad una presa di coscienza di problemi che investono uno dei beni fondamentali nonché un diritto di ogni persona, ovvero la salute.

Si tratta, invero, di due forme specifiche di patologie, che dal punto di vista numerico e della distribuzione geografica nonché del diritto all’accesso a cure adeguate investono distinti gruppi di persone.

La diseguale distribuzione delle risorse economiche, soprattutto nei Paesi a basso reddito, infatti, ha rilevanti ripercussioni per implementare la giustizia sanitaria. Al riguardo, se è innegabile che la conoscenza scientifica e la ricerca delle imprese del farmaco abbiano leggi proprie alle quali attenersi, come, ad esempio, la tutela della proprietà intellettuale e un equo profitto quale supporto all’innovazione, queste devono trovare adeguata composizione con il diritto all’accesso alle terapie essenziali e\o necessarie, soprattutto dei Paesi meno sviluppati, e ciò soprattutto nel caso delle cosiddette “malattie tropicali neglette” e “rare”, alle quali si accompagna il concetto di “farmaci orfani”, ovvero quelli che, proprio a causa della frammentazione e infrequenza di singolari patologie, faticano ad incontrare l’impegno nella ricerca e l’interesse economico delle Industrie del farmaco.

Le malattie tropicali neglette, in particolare, pur nella dimenticanza dei mezzi di comunicazione sociale e di gran parte dell’opinione pubblica, incidono su un numero considerevole di popolazioni povere e vulnerabili, che solitamente vivono in zone rurali tra le più remote del mondo, nelle zone di conflitto e nelle baraccopoli urbane. Non si deve dimenticare, tuttavia, che queste malattie diventano anche ‘più prossime’ ai Paesi economicamente sviluppati, a motivo dei flussi migratori ai quali stiamo assistendo in questi anni. Malattie, certo, che non hanno la risonanza emotiva né forse quel prevedibile ritorno economico, riservate in passato, e in parte ancora oggi, per l’infezione dal virus HIV/AIDS o, più recentemente, dal virus Ebola. Nondimeno, le malattie tropicali neglette affliggono - secondo più recenti stime - un sesto degli abitanti della terra, mentre altri due miliardi di individui sono a rischio.

Malattie, è bene precisare, che pur in dimensioni endemiche e nonostante l’opera che potrebbe essere ulteriormente incrementata dalla Chiesa con le sue strutture, possono essere debellate proprio “dando voce”, a modo di profezia, a queste patologie e soprattutto alle popolazioni coinvolte.

Vero è che il “silenzio”, che fino a pochi decenni fa accompagnava queste patologie ormai pressoché debellate nei Paesi ad alto reddito, nonostante tutto, ha avuto nella Chiesa un interlocutore efficace, soprattutto nell’opera di aiuti concreti dei quali si sono fatti carico, in particolare, Congregazioni religiose nonché Gruppi di volontariato e di cooperazione socio-sanitaria in terra di missione. Anzi, a questo riguardo, la Chiesa - come affermava già nel 2011 il Dott. Peter J. Hotez (Neglected Tropical Diseases in the Catholic Word, April 26, 2011) - viene riconosciuta come la maggiore “agenzia” di servizi socio-assistenziali ed educativi per contrastare, sia nella prevenzione sia nella cura, le malattie tropicali neglette nelle aree in cui queste hanno incidenza endemica.

Accanto a questa encomiabile, ma senz’altro poco conosciuta opera capillare sul campo, forse meno marcata è stata la risonanza incisiva come animazione dell’opinione pubblica e delle Istituzioni specificamente preposte alla salute nel contesto nazionale e internazionale; in questo la Chiesa con le sue strutture socio-sanitarie e assistenziali costituisce una risorsa, una opportunità unica per debellare le malattie delle quali si tratterà nella prossima Conferenza internazionale.

Ugualmente, per quanto attiene alle malattie rare, l’urgenza di un comune e rinnovato impegno è dovuto nei confronti di persone ammalate, le patologia ‘rare’ delle quali non le pongono senz’altro al margine dell’attenzione di coloro che sono chiamati a salvaguardare e a promuovere il bene comune e, in questo, il diritto, se non alla salute come bene pienamente raggiunto, quantomeno all’accesso alle cure per tutti i membri di un consesso nazionale o internazionale, indipendentemente da ogni forma, più o meno evidente, di possibile discriminazione o di disparità di trattamento.

Anche in questo caso, la Chiesa non manca di ricordare alla scienza, come ai legislatori e ai responsabili socio-economici, di porsi al servizio del bene comune, particolarmente nel farsi carico anche di patologie ‘rare’, per le quali anche il solo investimento finanziario per la ricerca difficilmente potrà essere adeguatamente compensato da un congruo ritorno economico.

Il bene comune, infatti, come perseguimento del bene contemporaneamente di tutti e di ciascuno, è ciò che la Chiesa indica anche per quanti non hanno facile accesso a trattamenti medici e farmacologici costosi, riservati a pochi o a rari casi clinici e, quindi, anche con una scarsa possibilità di recupero dal punto di vista economico dell’esborso che la ricerca e la sperimentazione comportano.

Le strategie sanitarie, volte al perseguimento della giustizia e del bene comune, devono certamente essere economicamente ed eticamente sostenibili. Infatti, mentre devono salvaguardare la sostenibilità sia della ricerca sia dei Sistemi sanitari, dovrebbero al contempo rendere disponibili farmaci essenziali in quantità adeguate, in forme farmaceutiche fruibili e di qualità garantita, accompagnati da un’informazione corretta e a costi accessibili ai singoli e alle comunità.

La malattia, invero, se può essere selettiva da un punto di vista clinico, non intacca comunque mai la dignità che è propria di ogni persona; e la giustizia sociale, da parte sua, richiede quindi che venga compiuto ogni sforzo per indirizzare la ricerca scientifica e per porne i frutti a disposizione di tutti coloro che sono nella condizione di averne bisogno, indipendentemente dall’incidenza quantitativa di singole patologie o dalla disponibilità economica di coloro che ne sono affetti.

In questo contesto la Chiesa - secondo quanto inteso dalla prossima Conferenza Internazionale e come, del resto, già da tempo il Pontificio Consiglio si è premurato di fare con i diversi Messaggi e in diverse occasioni di carattere nazionale e internazionale - intende richiamare in particolare due principi fondamentali che, esplicitamente riaffermati dal Santo Padre Benedetto XVI nella sua terza Enciclica Caritas in veritate e ripetutamente fatti propri da Papa Francesco - costituiscono l’alveo nel quale ridefinire le coordinate della sua azione pastorale, soprattutto per quanto attiene all’impegno socio-sanitario sia in terra di missione sia nelle società più avanzate. Si tratta, in specie, del principio di sussidiarietà e di solidarietà, entrambi convergenti al perseguimento del bene comune.

A tale riguardo, e relativamente al principio di sussidiarietà applicato al caso meno conosciuto delle malattie tropicali neglette (o trascurate o dimenticate), si deve forse superare proprio un atteggiamento di assistenza che proviene dall’esterno o dall’estero e che cerca, nel limite del possibile, di coprire o di assolvere ad ogni bisogno, anche sanitario, senza chiedere una fattiva collaborazione e responsabilizzazione delle popolazioni colpite. Ne consegue che anche le politiche sanitarie a livello mondiale e nazionale, nelle diverse forme di collaborazione internazionale, sono chiamate a svolgere un ruolo educativo, di informazione e di formazione per le popolazioni alle quali devolvere adeguati aiuti sanitari, incentivando l’apporto che le popolazioni provate dalle malattie tropicali neglette, pur nelle difficoltà in cui versano, possono offrire nell’assecondare o nel coadiuvare, ad esempio, interventi di carattere igienico-sanitari, che possono efficacemente contrastare la proliferazione epidemica di dette patologie.

Di più immediata comprensione, il complementare principio di solidarietà richiama in modo esplicito l’idea dell’unità operosa nel condividere le situazioni degli altri, di ogni altro, chiunque esso sia, nel sentirsi responsabili di quanto di penoso accade ai fratelli, nel progettare e nel realizzare un soccorso efficace in quanto legati da una vicendevole integrazione. L’etica della solidarietà non è riducibile, quindi, ai ruoli sanciti dalle istituzioni sociali, né viene adempiuta da chi si limita a compiere il proprio dovere professionale. L’“altro” è qualcuno che mi riguarda e mi appartiene al di là di ogni mia o sua qualificazione sociale, economica, religiosa… come emblematicamente emerge dalla parabola del Buon Samaritano (cfr. Lc 10, 25-37).

Così la solidarietà non si esaurisce nella pratica della giustizia, che si muove prevalentemente sul piano oggettivo, tende alla perequazione dei diritti e al soddisfacimento dei bisogni, ma ignora in gran parte le dinamiche più profonde del desiderio umano. Solo la carità, emblematicamente evidenziata nell’atteggiamento della parabola evangelica lucana, è in grado di conferire pienezza di senso alla vita di relazione: la solidarietà assume, infatti, i contorni della condivisione (essere-con) e del dono totale di sé (essere-per).

La solidarietà, in quanto integra in sé le esigenze della giustizia e quelle della carità, è quindi la virtù che più radicalmente interpreta le domande di senso e di integrazione reciproca tra dimensione ‘personale’ e ‘sociale’ nel quadro di una sintesi dinamica a servizio della realizzazione piena dell’uomo, di ogni uomo, come singolo e come collettività nel perseguimento del bene comune.

Inoltrandosi in questo terreno “inconsueto”, con questa Conferenza internazionale si intende riaffermare un ruolo specifico e singolare nell’ambito di una nuova cultura che si sta aprendo una breccia nell’alveo del mondo socio-sanitario, nel quale la Chiesa con la sua opera pastorale non può assolutamente esimersi da apportare il proprio costruttivo contributo, non solo pratico, per l’encomiabile opera svolta in passato come ancora al presente in tante realtà di missione e in situazione di emarginazione come in aree economicamente più avanzate, ma anche culturale, per una sensibilizzazione a livello politico, economico, della ricerca scientifica e farmacologica… che investe la coscienza dei responsabili del bene comune, nel quale il valore della salute riveste un ruolo non secondario.

Dare voce, come intende la prossima Conferenza internazionale - l’ultima proposta dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute), in quanto, secondo la volontà di Papa Francesco, confluirà a breve nel nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale - alle persone affette da malattie tropicali neglette e da patologie rare costituisce, quindi, un’opportunità socio-sanitaria, che interpella la coscienza di ogni uomo, e ancor più del cristiano, che ancora oggi osa condividere fino in fondo e in prima persona la prossimità caritatevole del Buon Samaritano.

[01790-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Intervento del Dott. Claudio Giustozzi

Una malattia si definisce rara quando la sua prevalenza, intesa come il numero di caso presenti su una data popolazione, non supera 5 casi su 10.000 persone. Recenti studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno stimato che le malattie rare attualmente riconosciute sono circa 8.000 annoverando oltre 20 mln di malati rari in Europa.

In Italia, i malati rari – in base ai dati forniti dalla rete Orphanet – sfiorano i 2 milioni. Il 70% di tutte le malattie rare è di pertinenza pediatrica.

Queste stime, i cui numeri non sono certo esigui, raccontano la condizione di pazienti che ogni giorno affrontano patologie rare, croniche ed invadenti, che possono coinvolgere e colpire diversi organi o molteplici sistemi dell’organismo, rendendo la diagnosi e la cura di queste patologie più difficoltosa. Una multidisciplinarietà che non fa che aggravare una condizione già precaria che vede pazienti costretti a convivere con i sintomi e le complicanze di malattie che spesso mettono a rischio la sopravvivenza dei soggetti affetti e ne riducono la qualità e l’aspettativa di vita. Non sottovalutando il fatto che, secondo alcune stime recenti, l’impegno di spesa familiare per sostenere un malato raro si aggira in media intorno ai 2500 Euro al mese!

Ciò nonostante, i percorsi diagnostici e terapeutici sono difficoltosi, sia perché ci sono poche conoscenze mediche e scientifiche sia perché le industrie farmaceutiche dimostrano scarso interesse ad investire nella ricerca di “farmaci orfani”, così denominati a causa della scarsa domanda di mercato in quanto destinate alla gestione di patologie a bassa prevalenza.

In questo scenario, l’Associazione Culturale “Giuseppe Dossetti: i Valori: Sviluppo e Tutela dei Diritti” Onlus combatte da anni, al fianco delle migliaia di persone affette da malattie rare che si sentono abbandonate da chi gestisce la cosa pubblica e soprattutto lasciate in balìa di chi specula sul loro stato di bisogno, per dare voce a tutti coloro che esprimono il loro disagio, la loro interminabile attesa e il dolore nell’affrontare la quotidianità.

Ma in questa battaglia non ci sentiamo soli. Il giorno 28 febbraio 2015, in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare, durante l’Angelus domenicale, Papa Francesco ha benedetto i numerosi malati rari che, accompagnati dalla As.Ma.Ra. Onlus, l’Associazione delle Malattie Rare, erano presenti in Piazza San Pietro con un grande striscione.

Anche nell’aprile scorso, durante un’udienza con i partecipanti al Convegno internazionale sui progressi della medicina rigenerativa e sui suoi impatti culturali, promosso dal Pontificio Consiglio della cultura, il Santo Padre è tornato nuovamente sul tema delle malattie rare, chiedendo sensibilizzazione ed empatia verso chi ne è colpito. “È necessario promuovere una ricerca rispettosa della vita”, ha affermato in questa occasione, “assicurando l’accesso alla cure per questi pazienti”.

Inoltre, in segno di ammonizione, ha sottolineato che spesso non viene prestata molta attenzione a queste patologie perché non si intravede un consistente ritorno economico degli investimenti fatti in loro favore. Secondo il Pontefice, l’unica strada da intraprendere è quella di “incrementare le risorse per la ricerca e promuovere l’adeguamento legislativo e il cambio del paradigma economico, affinché sia privilegiata la persona umana”.

Purtroppo questa malattia è solo un esempio di ciò che accade a molti pazienti la cui malattia non è riconosciuta come tale. Storicamente il primo provvedimento ad aver inaugurato il difficile percorso verso un adeguato approccio alle malattie rare risale al 2000: il Regolamento Europeo (CE) n.141, entrato in vigore il 22 gennaio 2000, ha introdotto i primi interventi volti a ridurre il disagio dei pazienti affetti da malattie rare, in particolare riguardo le terapie, con facilitazioni alle imprese farmaceutiche intenzionate a produrre farmaci orfani. In Italia, un primo passo fu intrapreso con la Legge 279/2001 relativa alla realizzazione di una Rete nazionale delle Malattie Rare costituita da una serie di Presidi, individuati dalle Regioni per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle Malattie Rare.

Il progetto, così come fu pensato, non vide luce poiché, poche settimane prima dell’approvazione della Legge 279/2001, il Parlamento approvò la Riforma del Titolo V della Costituzione, successivamente sottoposta al voto referendario e confermata dai cittadini in autunno, che diede il via a 21 strutture sanitarie regionali, con organizzazioni burocratiche dispendiose e spesso clientelari, differenti tra loro per organizzazione, capacità economica ed appropriatezza di spesa.

In molti casi ciò ha reso più difficile qualsiasi controllo, creato ingiustizie sociali, con i cittadini che si sono ritrovati a pagare sempre di più per avere meno servizi e, ben presto, apparì sempre più evidente l’incapacità del Sistema Sanitario Nazionale di garantire a tutti i cittadini in modo omogeneo i Livelli Essenziali delle prestazioni e dell’Assistenza sanitaria, lasciando intere categorie di malati con scarsa o inadeguata assistenza. Infatti, l’assistenza alle persone affette da Malattie Rare è finanziata principalmente attraverso risorse ordinariamente destinate al Sistema Sanitario Nazionale e ripartite annualmente tra le Regioni: quindi esse variano tra le Regioni anche in relazione alla rispettiva disponibilità di bilancio.

Con queste premesse storico-giuridiche, ci è sembrato e ci sembra tuttora lecito chiederci dove sia finito quel sistema sanitario pubblico di carattere universalistico e solidaristico, consacrato dall’Art. 32 della nostra Costituzione, che sancisce che la Repubblica Italiana dovrebbe tutelare la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.

[01789-IT.01] [Testo originale: Italiano]

[B0806-XX.02]