Visita alla Cattedrale Patriarcale di Svetitskhoveli di Mtskheta
Saluto del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Alle ore 17.45, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto a Mtskheta per la visita alla Cattedrale Patriarcale Svetitskhoveli, centro spirituale della Chiesa Ortodossa Georgiana.
Al suo arrivo, alle ore 18.15, il Papa è stato accolto da S.S. e Beatitudine Ilia II, Catholicos Patriarca di tutta la Georgia, che lo ha accompagnato all’edicola di S. Sidonia dove, secondo la tradizione, la Santa fu sepolta con la preziosa tunica del Crocifisso. Quindi, sono state posate due candele votive. All’interno della Cattedrale erano presenti Autorità religiose, Autorità civili, e rappresentanti del Corpo Diplomatico e del mondo accademico e della cultura.
Dopo il saluto del Patriarca, Papa Francesco ha pronunciato il saluto che riportiamo di seguito:
Saluto del Santo Padre
Santità,
Signor Primo Ministro, distinte Autorità e illustri Membri del Corpo Diplomatico,
carissimi Vescovi e Sacerdoti,
cari fratelli e sorelle,
al culmine del mio pellegrinaggio in terra di Georgia, sono grato a Dio di poter sostare in raccoglimento in questo tempio santo. Qui desidero anche ringraziare vivamente per l’accoglienza ricevuta, per la vostra toccante testimonianza di fede, che mi ha fatto tanto bene; e anche ringraziare vivamente per il cuore buono dei Georgiani. Mi vengono alla mente, Santità, le parole del Salmo: «Com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme! È come olio prezioso versato sul capo» (Sal 133,1-2). Carissimo Fratello, il Signore, che ci ha dato la gioia di incontrarci e di scambiare il bacio santo, riversi su di noi l’unguento profumato della concordia e faccia scendere copiose benedizioni sul nostro cammino e sul cammino di questo amato popolo.
La lingua georgiana è ricca di espressioni significative che descrivono la fraternità, l’amicizia e la prossimità tra le persone. Ve n’è una, nobile e genuina, che manifesta la disponibilità a sostituirsi all’altro, la volontà di farsene carico, di dirgli con la vita “vorrei essere al tuo posto”: shen genatsvale. Condividere nella comunione della preghiera e nell’unione degli animi le gioie e le angosce, portando i pesi gli uni degli altri (cfr Gal 6,2): sia questo fraterno atteggiamento cristiano a segnare la via del nostro cammino insieme.
Questa grandiosa Cattedrale, che custodisce molti tesori di fede e di storia, ci invita a fare memoria del passato. È quanto mai necessario, perché«la caduta del popolo comincia là, dove finisce lamemoria del passato» (I. Chavchavadze, Il popoloela storia, in Iveria, 1888). La storia della Georgia è come un libro antico che ad ogni pagina narra di testimoni santi e di valori cristiani, che hanno forgiato l’animo e la cultura del Paese. Nondimeno, questo pregiato libro racconta gesta di grande apertura, accoglienza e integrazione. Sono valori inestimabili e sempre validi, per questa terra e per l’intera regione, tesori che ben esprimono l’identità cristiana, la quale si mantiene tale quando rimane ben fondata nella fede ed è al tempo stesso sempre aperta e disponibile, mai rigida o chiusa.
Il messaggio cristiano – questo luogo sacro lo ricorda – è stato nei secoli il pilastro dell’identità georgiana: ha dato stabilità in mezzo a tanti sconvolgimenti, anche quando, purtroppo non di rado, la sorte del Paese è stata quella di essere amaramente abbandonato a sé stesso. Ma il Signore non ha mai abbandonato l’amata terra di Georgia, perché Egli è «fedele in tutte le sue parole e buono in tutte le sue opere, sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto» (Sal 145,13-14).
La vicinanza tenera e compassionevole del Signore è qui rappresentata, in modo particolare, dal segno della sacra tunica. Il mistero della tunica «senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo» (Gv 19,23), ha attirato l’attenzione dei cristiani fin dagli inizi. Un Padre antico, San Cipriano di Cartagine, ha affermato che nella tunica indivisa di Gesù appare quel «vincolo di concordia, che inseparabilmente unisce», quell’«unità che viene dall’alto, che viene cioè dal cielo e dal Padre, che non poteva essere assolutamente lacerata» (De catholicae Ecclesiae unitate, 7: SCh 1 [2006], 193). La sacra tunica, mistero di unità, ci esorta a provare grande dolore per le divisioni consumatesi tra i cristiani lungo la storia: sono delle vere e proprie lacerazioni inferte alla carne del Signore. Al tempo stesso, però, l’“unità che viene dall’alto”, l’amore di Cristo che ci ha radunato donandoci non solo la sua veste, ma il suo stesso corpo, ci spingono a non rassegnarci e ad offrire noi stessi sul suo esempio (cfr Rm 12,1): ci stimolano alla carità sincera e alla comprensione reciproca, a ricomporre le lacerazioni, animati da uno spirito di limpida fraternità cristiana. Tutto ciò richiede un cammino certamente paziente, da coltivare con fiducia nell’altro e umiltà, ma senza paura e senza scoraggiarsi, bensì nella gioiosa certezza che la speranza cristiana ci fa pregustare. Essa ci sprona a credere che le contrapposizioni possono essere sanate e gli ostacoli rimossi, ci invita a non rinunciare mai alle occasioni di incontro e di dialogo, e a custodire e migliorare insieme quanto già esiste. Penso, ad esempio, al dialogo in corso nella Commissione Mista Internazionale e ad altre proficue occasioni di scambio.
San Cipriano affermava anche che la tunica di Cristo, «unica, indivisa, tutta d’un pezzo, indica l’inseparabile concordia del nostro popolo, di noi che ci siamo rivestiti di Cristo» (ibid., 195). Quanti sono stati battezzati in Cristo, afferma infatti l’Apostolo Paolo, si sono rivestiti di Cristo (cfr Gal 3,27). Per questo, nonostante i nostri limiti e al di là di ogni successiva distinzione storica e culturale, siamo chiamati a essere «uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28) e a non mettere al primo posto le disarmonie e le divisioni tra i battezzati, perché davvero è molto più ciò che ci unisce di ciò che ci divide.
In questa Cattedrale Patriarcale tanti fratelli e sorelle ricevono il Battesimo, che nella lingua georgiana esprime bene la vita nuova ricevuta in Cristo, indicando un’illuminazione che dà senso a tutto, perché conduce fuori dall’oscurità. In georgiano, anche la parola “educazione” nasce dalla stessa radice ed è perciò strettamente imparentata col Battesimo. La nobiltà della lingua induce così a pensare alla bellezza di una vita cristiana che, fin dall’inizio luminosa, si mantiene tale se rimane nella luce del bene e rigetta le tenebre del male; se, custodendo la fedeltà alle proprie radici, non cede alle chiusure che rendono oscura la vita, ma si conserva ben disposta ad accogliere e imparare, ad essere rischiarata da tutto ciò che è bello e vero. Che le splendenti ricchezze di questo popolo siano conosciute e apprezzate; che possiamo sempre più condividere, per l’arricchimento comune, i tesori che Dio dona a ciascuno, e aiutarci a vicenda a crescere nel bene!
Assicuro di cuore la mia preghiera perché il Signore, che fa nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5), per l’intercessione dei Santi Fratelli Apostoli Pietro e Andrea, dei Martiri e di tutti i Santi, accresca l’amore tra i credenti in Cristo e la luminosa ricerca di tutto quanto ci possa avvicinare, riconciliare e unire. Possano la fraternità e la collaborazione crescere ad ogni livello; possano la preghiera e l’amore farci sempre più accogliere l’accorato desiderio del Signore su tutti quelli che credono in Lui mediante la parola degli Apostoli: che siano «una sola cosa» (cfr Gv 17,20-21).
[01526-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Sainteté,
Monsieur le Premier Ministre, distinguées Autorités et illustres Membres du Corps Diplomatique,
chers Evêques et Prêtres,
chers frères et sœurs,
au point culminant de mon pèlerinage en terre de Géorgie, je rends grâce à Dieu de pouvoir m’arrêter pour me recueillir dans ce temple saint. Je souhaite ici également remercier vivement pour l’accueil reçu, pour votre touchant témoignage de foi, pour le bon cœur des Géorgiens. Me viennent à l’esprit, Sainteté, les paroles du Psaume:«Oui, il est bon, il est doux pour des frères de vivre ensemble et d’être unis! On dirait un baume précieux, un parfum sur la tête» (Ps 133, 1-2). Cher frère, que le Seigneur qui nous a donné la joie de nous rencontrer et d’échanger le saint baiser répande sur nous l’huile parfumée de la concorde, et qu’il fasse descendre d’abondantes bénédictions sur notre chemin, sur le chemin de ce peuple bien-aimé.
La langue géorgienne est riche d’expressions significatives qui décrivent la fraternité, l’amitié et la proximité entre les personnes. Il y en a une, noble et pure, qui manifeste la disponibilité à se mettre à la place de l’autre, la volonté de le prendre sur soi, de lui dire avec la vie “je voudrais être à ta place”: shen genatsvale. Partager, dans la communion de la prière et dans l’union des âmes, les joies et les angoisses en portant les fardeaux les uns les autres (cf. Ga 6, 2): que cette attitude fraternelle chrétienne marque la voie de notre cheminement commun.
Cette grandiose cathédrale, qui garde de nombreux trésors de foi et d’histoire, nous invite à faire mémoire du passé. C’est d’autant plus nécessaire car la «chute d’un peuple commence là où finit la mémoire du passé» (I. Chavchavadze, Il popolo e la storia, in Iveria, 1888). L’histoire de la Géorgie est comme un vieux livre qui, à chaque page, parle des saints témoins et des valeurs chrétiennes qui ont forgé l’âme et la culture du pays. Ce livre précieux raconte aussi les hauts-faits de grande ouverture, d’accueil et d’intégration. Ce sont des valeurs inestimables et toujours valables, pour cette terre et pour toute la région, des trésors qui expriment bien l’identité chrétienne qui se maintient telle quelle lorsqu’elle reste bien fondée dans la foi et qu’elle est en même temps toujours ouverte et disponible, jamais rigide ni fermée.
Le message chrétien – ce lieu sacré le rappelle – a été dans les siècles le pilier de l’identité géorgienne: il a apporté la stabilité au milieu de tant de bouleversements, également quand, malheureusement souvent, le destin du pays a été celui d’être amèrement abandonné à lui-même. Mais le Seigneur n’a jamais abandonné la terre bien-aimée de Géorgie, parce qu’il est «vrai en tout ce qu’il dit, fidèle en tout ce qu’il fait. Il soutient tous ceux qui tombent, il redresse tous les accablés» (Ps 144, 13-14).
La tendre et compatissante proximité du Seigneur est représentée ici de manière particulière par le signe de la tunique sacrée. Le mystère de la tunique «sans couture, tissée tout d’une pièce de haut en bas» (Jn 19, 23) a attiré l’attention des chrétiens depuis le début. Un Père ancien, Saint Cyprien de Carthage, a affirmé que dans la tunique indivise de Jésus apparait ce «lien d’une concorde à la cohésion infrangible», cette «unité qui vient du haut, c’est-à-dire du ciel et du Père, absolument indéchirable» (De Catholicae Ecclesiae unitate, 7: SC 500 [2006], p. 193). La tunique sacrée, mystère d’unité, nous exhorte à éprouver une grande souffrance pour les divisions consommées entre les chrétiens au cours de l’histoire: ce sont de vraies et réelles lacérations infligées à la chair du Seigneur. Mais en même temps, l’ “unité qui vient de haut”, l’amour du Christ qui nous a rassemblés en nous donnant, non seulement son vêtement, mais son corps même, nous poussent à ne pas nous résigner et à nous offrir nous-mêmes à son exemple (cf. Rm 12, 1): ils nous poussent à la charité sincère et à la compréhension réciproque, à réparer les lacérations, animés par un esprit de fraternité chrétienne transparente. Tout ceci demande, assurément, un chemin patient, à entretenir avec confiance en l’autre et humilité, sans avoir peur et sans se décourager, mais au contraire dans la joyeuse certitude que l’espérance chrétienne nous fait goûter par avance. Celle-ci nous pousse à croire que les oppositions peuvent être résolues et les obstacles enlevés, elle nous invite à ne jamais renoncer aux occasions de rencontre et de dialogue, et à garder et à améliorer ensemble ce qui existe déjà. Je pense, par exemple, au dialogue en cours dans la Commission Mixte Internationale et à d’autres occasions profitables d’échanges.
Saint Cyprien affirmait aussi que la tunique du Christ «indivise en un seul morceau et d’une seule venue, manifeste la concorde qui tient uni le peuple que nous formons, nous qui avons revêtu le Christ» (ibid., p. 195). Ceux ont été baptisés dans le Christ, affirme en effet l’Apôtre Paul, ont revêtu le Christ (cf. Ga 3, 27). C’est pourquoi, malgré nos limites et au-delà de toutes les différences ultérieures, historiques et culturelles, nous sommes appelés à être «un dans le Christ Jésus» (Ga 3, 28) et à ne pas mettre au premier plan les désaccords et les divisions entre les baptisés, parce que ce qui nous unit est vraiment plus [important] que ce qui nous divise.
Dans cette Cathédrale patriarcale beaucoup de frères et de sœurs reçoivent le baptême, qui, dans la langue géorgienne, exprime bien la vie nouvelle reçue dans le Christ en parlant d’une illumination qui donne sens à toute chose, parce qu’elle fait sortir de l’obscurité. En géorgien, le mot“éducation” est aussi de la même racine; elle est donc étroitement apparentée au Baptême. La noblesse de la langue fait ainsi penser à la beauté d’une vie chrétienne qui, dès son commencement lumineux se maintient telle si elle demeure dans la lumière du bien et rejette les ténèbres du mal; si, en gardant la fidélité à ses propres racines, elle ne cède pas aux fermetures qui rendent la vie obscure mais reste bien disposée à accueillir et à apprendre, à être éclairée par tout ce qui est beau et vrai. Que les richesses splendides de ce peuple soient connues et appréciées; puissions-nous toujours partager davantage, pour l’enrichissement commun, les trésors que Dieu donne à chacun, et nous aider réciproquement à grandir dans le bien!
J’assure de tout cœur de ma prière pour que le Seigneur, qui fait toutes choses nouvelles (cf. Ap 21, 5), par l’intercession des saints Frères Apôtres Pierre et André, des Martyrs et de tous les saints, fasse grandir l’amour entre ceux qui croient au Christ, ainsi que la recherche lumineuse de tout ce qui peut rapprocher, réconcilier et unir. Puissent la fraternité et la collaboration grandir à tous les niveaux; puissent la prière et l’amour nous faire toujours plus accueillir le désir profond du Seigneur sur tous ceux qui croient en lui par la parole des Apôtres: qu’ils soient «UN » (cf. Jn 17, 20-21).
[01526-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Your Holiness,
Mr Prime Minister,
Distinguished Authorities and Members of the Diplomatic Corps,
Dear Brother Bishops and Priests,
Dear Brothers and Sisters,
At the end of my pilgrimage to Georgia, I thank God for the opportunity to spend prayerful time in this holy temple. I wish to express my heartfelt gratitude for the welcome I have received, for your moving witness of faith, for the goodness of the Georgian people. Your Holiness, the words of the psalmist come to mind: “Behold how good and pleasant it is when brothers dwell in unity! It is like the precious oil upon the head” (Ps 133:1-2). Dear Brother, the Lord has granted us the joy of meeting one another and of exchanging a holy kiss; may he pour out upon us the fragrant balm of concord and bestow his abundant blessings upon our path, and on the path of this beloved people.
The Georgian language is rich in meaningful expressions which describe fraternity, friendship and closeness among people. There is one expression, both noble and genuine, which evokes a readiness to exchange places with another, the will to bear their burden, the desire to say wholeheartedly, “I wish to be in your place” (shen genatsvale). Sharing the joys and sorrows in the communion of prayer and in the union of souls, and carrying each other’s burdens (cf. Gal 6:2): may this fraternal attitude mark the way ahead for our journey together.
This magnificent Cathedral, which houses so many treasures of faith and history, invites us to remember the past. This is more necessary than ever, as “a people’s fall begins where its memory of the past ends” (Ilia Chavchavadze, “People and History”, in Iveria, 1888). The history of Georgia is like an ancient book that, with each page, relates holy testimonies and Christian values which have forged the soul and culture of the country. This esteemed book, no less so, speaks to us of deeds of great openness, welcome and integration. These are most precious and enduring values, both for this land and the entire region. Such values express the Christian identity, which is maintained when deeply rooted in faith, and also when it is open and ready, never rigid or closed.
The Christian message – as this holy place recalls – has for centuries been the pillar of Georgian identity: it has given stability through so many upheavals, even when, sadly not infrequently, the fate of the nation was bitterly left to fend for itself. But the Lord never abandoned the beloved land of Georgia, because he is “faithful in all his words and loving in all his deeds; he upholds all who are falling and raises up all who are bowed down” (Ps 145:13-14).
The Lord’s tender and compassionate closeness is especially represented here in the sign of the sacred tunic. The mystery of the tunic, “without seam, woven from top to bottom” (Jn 19:23), has attracted the attention of Christians from the beginning. One of the early Church Fathers, Saint Cyprian of Carthage, declared that in the undivided tunic of Jesus there appears that “bond of concord inseparably cohering”, that “unity which comes from above, that is, from heaven and from the Father, which could not be definitively rent” (De Catholicae Ecclesiae Unitate, 7: SCh 1 [2006], 193). The holy tunic, a mystery of unity, exhorts us to feel deep pain over the historical divisions which have arisen among Christians: these are the true and real lacerations that wound the Lord’s flesh. At the same time, however, “that unity which comes from above”, the love of Christ which has brought us together, giving us not only his garment but his very body, urge us to not give up but rather to offer ourselves as he did (cf. Rom 12:1): they urge us to sincere charity and to mutual understanding, to bind up wounds, with a spirit of pure Christian fraternity. Naturally, all this requires patience nurtured through trusting others and through humility, without fear and discouragement, but rather rejoicing in the certainty which Christian hope allows us to enjoy. This gives us the incentive to believe that differences can be healed and obstacles removed; it invites us never to miss opportunities for encounter and dialogue, and to protect and together improve what already exists. I am thinking, for example, of the current dialogue of the International Joint Commission and other propitious occasions for exchange.
Saint Cyprian stated also that Christ’s tunic – “one, undivided, all in one piece, indicates the inseparable concord of our people, of us who have been clothed in Christ” (De Cath., 195). Those baptized in Christ, as Saint Paul teaches, have been clothed in Christ (cf. Gal 3:27). Thus, notwithstanding our limitations and quite apart from all successive cultural and historical distinctions, we are called to be “one in Christ Jesus” (Gal 3:28) and to avoid putting first disharmony and divisions between the baptized, because what unites us is much more than what divides us.
In this Patriarchal Cathedral, many of our brothers and sisters receive Baptism, which in the Georgian language, beautifully expresses the new life received in Christ, evoking the light which gives meaning to everything, as it leads out of the darkness. In Georgian, the word “education” comes from the same root, and thus relates strictly to Baptism. The elegance of the language helps us think of the beauty of Christian life that, from its radiant beginnings, is maintained when it remains in the light of goodness, and when it rejects the darkness of evil. Such beauty of the Christian life is preserved when, by guarding faithfulness to its own roots, it does not give in to closed ways of thinking which darken life, but rather remains well-disposed to welcome and to learn, to be enlightened by all that is beautiful and true. May the resplendent riches of this people be known and esteemed! May we always increasingly share the treasures that God gives to each person, for our mutual enrichment, and to help one another grow in what is good!
I sincerely assure you of my prayers, so that the Lord, who makes all things new (cf. Rev 21:5), through the intercession of the Holy Brothers and Apostles Peter and Andrew, of the Martyrs and of all the Saints, may deepen the love between all believers in Christ and the enlightened pursuit of everything which brings us together, reconciles us and unites us. May fraternity and cooperation increase at every level! And may prayer and love make us ever more receptive to the Lord’s ardent desire, so that everyone who believes in Him, through the preaching of the Apostles, will “be one” (cf. Jn 17:20-21).
[01526-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Heiligkeit,
Herr Premierminister,
sehr geehrte geistliche und zivile Würdenträger,
verehrte Mitglieder des Diplomatischen Korps,
liebe Bischöfe und Priester,
liebe Brüder und Schwestern,
auf dem Höhepunkt meiner Pilgerreise in das Land Georgien bin ich Gott dankbar, dass ich in diesem heiligen Gotteshaus in innerer Sammlung verweilen darf. Hier möchte ich auch von Herzen für die Aufnahme danken, die mir zuteil geworden ist, sowie für Ihr bewegendes Glaubenszeugnis, das mir sehr gut getan hat. Herzlich danken möchte ich auch für das gute Herz der Georgier. Heiligkeit, mir kommen die Psalmworte in den Sinn: » Seht doch, wie gut und schön ist es, wenn Brüder miteinander in Eintracht wohnen. Das ist wie köstliches Salböl, das vom Kopf hinabfließt « (Ps 133,1-2). Lieber Bruder, möge der Herr, der uns die Freude bereitet hat, einander zu begegnen und mit dem heiligen Kuss zu begrüßen, über uns das duftende Salböl der Eintracht ausgießen und unseren Weg und den Weg dieses geschätzten Volkes mit reichen Gnaden überströmen.
Die georgische Sprache ist reich an bedeutungsvollen Ausdrücken, welche die Brüderlichkeit, die Freundschaft und die Nähe zwischen den Menschen beschreiben. Darunter gibt es einen, der – ganz edel und echt –die Bereitschaft zeigt, den anderen zu vertreten, ihn gleichsam auf sich zu nehmen, ihm mit dem eigenen Leben zu sagen: Ich möchte an deiner Stelle stehen: shen genatsvale. In der Gebetsgemeinschaft und der geistigen Verbundenheit die Freuden und Ängste miteinander zu teilen und einer des anderen Last zu tragen (vgl. Gal 6,2) – diese brüderliche christliche Haltung möge den Weg unseres Miteinanders kennzeichnen.
Diese großartige Kathedrale, die viele Schätze des Glaubens und der Geschichte hütet, lädt uns ein, der Vergangenheit zu gedenken. Und das ist überaus notwendig, denn »der Niedergang des Volkes beginnt da, wo die Erinnerung an die Vergangenheit aufhört« (Ilia Tschawtschawadse, Das Volk und die Geschichte, in Iweria, 1888). Die Geschichte Georgiens ist wie ein altes Buch, das auf jeder Seite von heiligen Zeugen und christlichen Werten erzählt, welche die Seele und die Kultur des Landes geprägt haben. Gleichwohl erzählt dieses kostbare Buch auch von Gesten großer Offenheit, Aufnahme und Integration. Das sind unschätzbare und stets geltende Werte, für dieses Land und für die gesamte Region. Es sind Schätze, welche die christliche Identität gut zum Ausdruck bringen. Diese bleibt als solche erhalten, wenn sie fest im Glauben verankert und zugleich immer offen und ansprechbar ist, niemals starr und verschlossen.
Die christliche Botschaft – dieser heilige Ort erinnert daran – ist im Laufe der Jahrhunderte der Pfeiler der georgischen Identität gewesen: Sie hat inmitten vieler Erschütterungen Beständigkeit geschenkt, auch wenn das Land sich leider nicht selten in der Situation befand, bitter sich selbst überlassen zu sein. Doch der Herr hat das geliebte Land Georgien nie verlassen, denn er ist »treu in all seinen Worten, voll Huld in all seinen Taten. Der Herr stützt alle, die fallen, und richtet alle Gebeugten auf« (Ps 145,13-14).
Die zarte und mitfühlende Gegenwart des Herrn ist hier in besonderer Weise durch das Zeichen des Heiligen Rocks dargestellt. Das Geheimnis des Untergewands, »das von oben her ganz durchgewebt und ohne Naht war« (Joh 19,23), hat von Anfang an die Aufmerksamkeit der Christen angezogen. Ein antiker Kirchenvater, der heilige Cyprian von Karthago, hat gesagt, dass in dem ungeteilten Untergewand Jesu jenes »Band der Eintracht« aufscheint,»das untrennbar vereint«, jene »Einheit, die von oben kommt, das heißt vom Himmel und vom Vater, und die schlechterdings nicht zerrissen werden konnte« (De catholicae Ecclesiae unitate, 7: SCh 1 [2006], 193). Der Heilige Rock, ein Geheimnis der Einheit, ermahnt uns, tiefen Schmerz über die Spaltungen zu empfinden, die sich im Laufe der Geschichte zwischen den Christen vollzogen haben: Es sind regelrechte Risswunden, die dem Leib des Herrn zugefügt wurden. Doch die „Einheit, die von oben kommt“, und die Liebe Christi, der uns zusammengeführt hat, indem er uns nicht nur sein Gewand, sondern seinen eigenen Leib schenkte, drängen uns zugleich, nicht aufzugeben und uns nach seinem Beispiel selbst als Opfer darzubringen (vgl. Röm 12,1): Sie treiben uns an zu aufrichtiger Liebe und zu gegenseitigem Verständnis, dazu, die Risswunden wieder zu schließen, beseelt von einem Geist lauterer christlicher Brüderlichkeit. All das verlangt ein sicherlich geduldiges Voranschreiten, das in Vertrauen zum anderen und in Demut geübt werden muss, aber ohne Angst und ohne den Mut zu verlieren, sondern in der frohen Gewissheit, welche die christliche Hoffnung uns im Voraus genießen lässt. Sie spornt uns an zu glauben, dass die Gegensätze behoben und die Hindernisse beseitigt werden können; sie lädt uns ein, uns niemals Gelegenheiten zu Begegnung und Dialog entgehen zu lassen und das bereits Bestehende gemeinsam zu hüten und zu verbessern. Ich denke zum Beispiel an den laufenden Dialog in der Gemischten Internationalen Kommission und an andere nützliche Gelegenheiten zum Austausch.
Der heilige Cyprian sagte auch, dass das Untergewand Christi, »einzigartig, ungeteilt und ganz aus einem einzigen Stück bestehend, die untrennbare Einmütigkeit unseres Volkes – von uns Christen – bezeichnet, die wir uns mit Christus bekleidet haben« (ebd. 195). Der Apostel Paulus bestätigt ja, dass alle, die auf Christus getauft sind, Christus gleichsam als Gewand angezogen haben (vgl. Gal 3,27). Darum sind wir trotz unserer Grenzen und jenseits jeder späteren geschichtlichen und kulturellen Unterscheidung berufen, »„einer“ in Christus Jesus« (Gal 3,28) zu sein und nicht die Unstimmigkeiten und die Trennungen unter den Getauften an die erste Stelle zu setzen, denn was uns eint, ist wirklich viel mehr als das, was uns trennt.
In dieser Patriarchalbasilika empfangen viele Brüder und Schwestern die Taufe. Für dieses Sakrament hat die georgische Sprache ein Wort, das sehr schön das in Christus empfangene neue Leben zum Ausdruck bringt: Es bezeichnet eine Erleuchtung, die allem Sinn verleiht, weil sie aus der Dunkelheit herausführt. Auch das Wort für „Erziehung“ entspringt im Georgischen der gleichen Wurzel und ist daher eng mit der Taufe verwandt. So lässt der Adel der Sprache an die Schönheit eines christlichen Lebens denken, das von Anfang an lichtvoll ist und so bleibt, wenn es im Licht des Guten verharrt und die Finsternis des Bösen verwirft; wenn es durch die Bewahrung der Treue zu den eigenen Wurzeln sich nicht einem Sich-Verschließen beugt, welches das Leben verdunkelt, sondern immer bereit bleibt, aufzunehmen und zu lernen und sich von allem Guten und Wahren erleuchten zu lassen. Mögen die glänzenden Reichtümer dieses Volkes erkannt und gewürdigt werden; möchten wir doch immer mehr in der Lage sein, die Schätze, die Gott jedem schenkt, miteinander zu teilen und uns gegenseitig zum Wachstum im Guten zu verhelfen!
Von Herzen versichere ich Ihnen mein Gebet, dass der Herr, der alles neu macht (vgl. Offb 21,5), auf die Fürsprache der heiligen Brüder Petrus und Andreas, der Märtyrer und aller Heiligen die Liebe unter den Christgläubigen mehre und die erhellende Suche nach allem, was uns einander näher bringt und miteinander versöhnt und vereint, steigere! Mögen Brüderlichkeit und Zusammenarbeit auf allen Ebenen zunehmen; mögen das Gebet und die Liebe uns immer mehr dazu führen, den Herzenswunsch des Herrn anzunehmen, der allen gilt, die durch das Wort der Apostel an ihn glauben: »Alle sollen eins sein« (vgl. Joh 17,20-21).
[01526-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Santidad,
Señor Primer Ministro,
Distinguidas Autoridades
e ilustres Miembros del Cuerpo Diplomático,
Queridos Hermanos Obispos y Sacerdotes,
Queridos hermanos y hermanas
Al concluir mi peregrinación en Georgia, doy gracias a Dios por tener un momento de recogimiento en este templo santo. Deseo también dar gracias de corazón aquí por la acogida recibida, por vuestro emotivo testimonio de fe, por el buen corazón de los georgianos. Me vienen a la mente, Santidad, las palabras del Salmo: «Ved qué dulzura, qué delicia, convivir los hermanos unidos. Es ungüento precioso en la cabeza» (Sal 133,1-2). Querido hermano, el Señor, que nos ha concedido la alegría de encontrarnos y de intercambiar el beso santo, rocíe sobre nosotros el ungüento perfumado de la concordia y derrame abundantes bendiciones sobre nuestro camino y el de este amado pueblo.
La lengua georgiana está llena de expresiones significativas que describen la fraternidad, la amistad y la cercanía entre las personas. Hay una, noble y genuina, que manifiesta la disponibilidad para reemplazar al otro, la voluntad de hacerse cargo de él, de decirle con la vida «me gustaría estar en tu lugar»: shen genatsvale. Compartir en la comunión de la oración y en la unión de las almas las alegrías y las angustias, llevando los unos las cargas de los otros (cf. Ga 6,2): que nuestro caminar juntos esté marcado por esta fraterna actitud cristiana.
Esta magnífica catedral, que alberga muchos tesoros de fe y de historia, nos invita a hacer memoria del pasado. Es muy importante, ya que «la caída del pueblo comienza allí, dónde termina la memoria del pasado» (I. Chavchavadze, El pueblo y la historia, en Iveria, 1888). La historia de Georgia es como un libro antiguo en el que cada página nos habla de testimonios santos y de valores cristianos, que han forjado el alma y la cultura del país. Este valioso libro narra, también gestas de gran apertura, acogida e integración. Son valores inestimables y siempre válidos, para esta tierra y para toda la región, tesoros que reflejan bien la identidad cristiana, la cual se mantiene cuando permanece bien fundamentada en la fe y al mismo tiempo está siempre abierta y disponible, nunca rígida o cerrada.
El mensaje cristiano —este lugar sagrado nos lo recuerda— fue durante siglos el pilar de la identidad georgiana: ha dado estabilidad en medio de tantas agitaciones, incluso cuando el destino del País ha sido abandonado por desgracia tantas veces amargamente a su propia suerte. Pero el Señor nunca ha abandonado a la amada tierra de Georgia, porque él es «fiel a sus palabras, bondadoso en todas sus acciones, sostiene a los que van a caer, endereza a los que ya se doblan» (Sal 145,13-14).
La tierna y compasiva cercanía del Señor está aquí representada de manera particular por el signo de la túnica sagrada. El misterio de la túnica «sin costura, tejida toda de una pieza de arriba abajo» (Jn 19,23), ha atraído la atención de los cristianos desde los comienzos. Un Padre antiguo, san Cipriano de Cartago, dijo que en la túnica indivisa de Jesús aparece ese «vínculo de concordia, que une inseparablemente», esa «unidad que viene de lo alto, es decir del cielo y del Padre, que no podía ser desgarrada de ninguna manera» (De catholicae Ecclesiae unitate, 7). La túnica sagrada, misterio de la unidad, nos exhorta a experimentar un gran dolor por las divisiones de los cristianos habidas a lo largo de la historia: son desgarros reales infligidos en la carne del Señor. Al mismo tiempo, sin embargo, la «unidad que viene de lo alto», el amor de Cristo que nos ha reunido dándonos no solamente su túnica, sino también su propio cuerpo, nos impulsa a no conformarnos y a ofrecernos a nosotros mismos siguiendo su ejemplo (cf. Rm 12,1): nos animan al amor sincero y a la comprensión recíproca para recomponer las laceraciones, impulsados por un espíritu de límpida hermandad cristiana. Todo esto requiere ciertamente un camino paciente, que hay que cultivar con confianza en los demás y con humildad, sin miedo y sin desalentarse, sino más bien con la alegre certeza que la esperanza cristiana nos hace pregustar. Ella nos anima a creer que se pueden remediar las contraposiciones y remover los obstáculos, nos invita a no renunciar nunca a las oportunidades de encuentro y de diálogo, así como a custodiar y mejorar juntos lo que ya existe. Pienso, por ejemplo, en el diálogo que se está desarrollando en la Comisión Mixta Internacional y en otras fecundas ocasiones de intercambio.
San Cipriano afirmaba también que la túnica de Cristo, «única, indivisible, toda de una sola pieza, indica la inseparable concordia de nuestro pueblo, de nosotros que nos hemos revestido de Cristo» (ibíd.). Aquellos que han sido bautizados en Cristo, dice el apóstol Pablo, se han revestido de Cristo (cf. Ga 3,27). Por lo tanto, a pesar de nuestros límites y más allá de cualquier distinción histórica y cultural, estamos llamados a ser «uno en Cristo Jesús» (Ga 3,28) y a no poner en primer lugar la discordia y las divisiones entre los bautizados, porque realmente es mucho más lo que nos une que lo que nos divide.
En esta Catedral Patriarcal muchos hermanos y hermanas reciben el bautismo, que en la lengua georgiana expresa muy bien la vida nueva recibida en Cristo, indicando una iluminación que da sentido a todo, porque conduce fuera de la oscuridad. En georgiano, incluso la palabra «educación» viene de la misma raíz y por lo tanto está estrechamente emparentada con el bautismo. La nobleza de la lengua induce así a pensar en la belleza de una vida cristiana que desde el comienzo es luminosa y se mantiene así si permanece en la luz del bien y rechaza la oscuridad del mal; si, manteniendo la fidelidad a las propias raíces, no cede a las cerrazones que ensombrecen la vida, sino que está siempre bien dispuesta a aceptar y aprender, a ser iluminada por todo aquello que es bello y verdadero. Que las espléndidas riquezas de este pueblo sean conocidas y apreciadas; que podamos compartir cada vez más, para el enriquecimiento común, los tesoros que Dios da a cada uno, y nos ayudemos mutuamente a crecer en el bien.
Aseguro de corazón mi oración para que el Señor, que hace nuevas todas las cosas (cf. Ap 21,5), por la intercesión de los santos hermanos Apóstoles Pedro y Andrés, de los mártires y de todos los santos, aumente el amor entre los creyentes en Cristo y la búsqueda luminosa de todo aquello que nos pueda acercar, reconciliar y unir. Que la hermandad y la colaboración crezcan en todos los ámbitos; que la oración y el amor nos ayuden a acoger cada vez más el ardiente deseo del Señor para todos los que creen en él por la palabra de los Apóstoles: que todos sean «uno» (cf. Jn 17,20-21).
[01526-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Santidade,
Senhor Primeiro-Ministro, distintas Autoridades e ilustres membros do Corpo Diplomático,
Queridos Bispos e Sacerdotes,
Amados irmãos e irmãs!
No ponto alto da minha peregrinação à terra da Geórgia, agradeço a Deus por me poder deter em recolhimento neste templo santo. Desejo aqui também agradecer vivamente o acolhimento recebido, o vosso comovente testemunho de fé, o coração bom dos georgianos. Vêm-me à mente, Santidade, as palavras do Salmo: «Vede como é bom e agradável que os irmãos vivam unidos! É como óleo perfumado derramado sobre a cabeça» (Sal 133/132, 1-2). Caríssimo Irmão, o Senhor, que nos deu a alegria de nos encontrarmos e trocarmos o ósculo santo, derrame sobre nós o unguento perfumado da concórdia e faça descer bênçãos abundantes sobre o nosso caminho e sobre o caminho deste amado povo.
A língua georgiana é rica de significativas expressões que descrevem a fraternidade, a amizade e a proximidade entre as pessoas. Há uma, nobre e genuína, que manifesta a disponibilidade duma pessoa para substituir outra, a vontade de assumir a responsabilidade dela, de lhe dizer com a vida «quereria estar no teu lugar»: shen genatsvale. Compartilhar na comunhão da oração e na união das almas as alegrias e as angústias, carregando as cargas uns dos outros (cf. Gal 6, 2): seja esta atitude cristã fraterna a marcar a senda do nosso caminho em conjunto.
Esta catedral grandiosa, que guarda muitos tesouros de fé e de história, convida-nos manter viva a memória do passado. Isto é muito necessário, porque «a queda do povo começa no ponto onde acaba a memória do passado» (I. Chavchavadze, «O povo e a história», in Iveria, 1888). A história da Geórgia é como um livro antigo que, em cada página, fala de testemunhas santas e de valores cristãos, que forjaram a alma e a cultura do país. De igual modo este precioso livro narra gestas de grande abertura, acolhimento e integração. São valores inestimáveis e sempre válidos para esta terra e toda a região, tesouros que exprimem bem a identidade cristã, que se mantém como tal quando permanece bem fundada na fé e, ao mesmo tempo, se mostra aberta e disponível; nunca rígida ou fechada.
A mensagem cristã – assim no-lo recorda este lugar sagrado – foi, ao longo dos séculos, o pilar da identidade georgiana: deu estabilidade no meio de muitos tumultos, mesmo quando – não raro, infelizmente – o destino do país foi o de ficar amargamente abandonado a si mesmo. Mas o Senhor nunca abandonou a amada terra da Geórgia, porque Ele «ergue todos os que caem e reanima todos os abatidos; o Senhor é justo em todos os seus caminhos e misericordioso em todas as suas obras» (Sal 145/144, 14.17).
A proximidade terna e compassiva do Senhor está aqui representada, de modo particular, pelo sinal da túnica sagrada. O mistério da túnica que, «tecida de uma só peça de alto a baixo, não tinha costuras» (Jo 19, 23), atraiu a atenção dos cristãos desde o início. Um antigo Padre, São Cipriano de Cartago, afirmou que, na túnica indivisa de Jesus, aparece aquele «vínculo de concórdia, que une inseparavelmente», aquela «unidade que vem do Alto, isto é, que vem do céu e do Pai, que não podia de modo algum ser dilacerada» (De catholicae Ecclesiae unitate, 7: Sources Chrétiennes 1, 2006, 193). A túnica sagrada, mistério de unidade, exorta-nos a sentir uma grande amargura pelas divisões que se foram consumando entre os cristãos ao longo da história: são verdadeiras e concretas lacerações infligidas na carne do Senhor. Ao mesmo tempo, porém, a «unidade que vem do Alto», o amor de Cristo que nos reuniu dando-nos não apenas o seu vestido, mas o seu próprio corpo, impelem-nos a não nos resignarmos mas, seguindo o seu exemplo, a oferecer-nos a nós mesmos (cf. Rm 12, 1): estimulam-nos a uma caridade sincera e à mútua compreensão, a recompor as lacerações, animados por um espírito de clara fraternidade cristã. Tudo isto requer certamente um caminho paciente, que deve ser construído com confiança no outro e humildade, sem medo nem desânimo, mas na jubilosa certeza que nos dá a provar a esperança cristã. Esta incentiva-nos a crer que as contraposições podem ser sanadas e os obstáculos removidos, convida-nos a não renunciar nunca às ocasiões de encontro e diálogo e a salvaguardar e melhorar, juntos, tudo o que já existe. Penso, por exemplo, no diálogo em curso na Comissão Mista Internacional e noutras profícuas ocasiões de intercâmbio.
São Cipriano afirmava também que a túnica de Cristo, «única, indivisa, numa só peça, indica a concórdia indivisível do nosso povo, entre nós que fomos revestidos de Cristo» (Ibid., 195). De facto, todos os que foram batizados em Cristo – diz o apóstolo Paulo – foram revestidos de Cristo (cf. Gal 3, 27). Por isso, apesar dos nossos limites e para além de qualquer distinção histórica e cultural sucessiva, somos chamados a ser «um só em Cristo Jesus» (Gal 3, 28), não colocando em primeiro lugar as discórdias e divisões entre os batizados, porque verdadeiramente é muito mais o que nos une do que aquilo que nos divide.
Nesta Catedral Patriarcal, muitos irmãos e irmãs recebem o Batismo, que, na língua georgiana, expressa bem a vida nova recebida em Cristo, indicando uma iluminação que dá sentido a tudo, porque leva para fora da escuridão. Em georgiano, a própria palavra «educação» nasce da mesma raiz e, por conseguinte, está intimamente emparentada com o Batismo. Assim a nobreza da língua induz a pensar na beleza duma vida cristã que, luminosa desde o início, tal continua a ser, quando permanece na luz do bem e rejeita as trevas do mal; quando, guardando fidelidade às suas raízes, não cede aos fechamentos que tornam a vida obscura, mas mantém-se pronta a acolher e aprender, a ser iluminada por tudo o que é belo e verdadeiro. Que as riquezas esplendorosas deste povo sejam conhecidas e apreciadas; que possamos, para enriquecimento comum, partilhar cada vez mais os tesouros que Deus dá a cada um e ajudar-nos mutuamente a crescer no bem.
De coração, asseguro a minha oração para que o Senhor – que faz novas todas as coisas (cf. Ap 21, 5) – pela intercessão dos Santos Irmãos e Apóstolos Pedro e André, dos Mártires e de todos os Santos, aumente o amor entre os crentes em Cristo e a busca luminosa de tudo o que nos possa aproximar, reconciliar e unir. Possam a fraternidade e a colaboração crescer em todos os níveis; possam a oração e o amor fazer com que acolhamos cada vez mais o intenso desejo do Senhor a propósito de todos os que creem n’Ele por meio da palavra dos Apóstolos: que sejam «um só» (cf. Jo 17, 20-21).
[01526-PO.01] [Texto original: Italiano]
Al termine, e prima del congedo, il Patriarca ha illustrato al Papa l’iconostasi della Cattedrale. Quindi, il Santo Padre si è trasferito in auto alla Nunziatura Apostolica di Tbilisi.
[B0693-XX.02]