Omelia del Santo Padre
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Alle ore 10.30 di oggi, XXIII Domenica del Tempo Ordinario, il Santo Padre Francesco ha celebrato sul sagrato della Basilica Vaticana la Santa Messa con il Rito di Canonizzazione della Beata Teresa di Calcutta (1910-1997, al secolo: Gonxha Agnes Bojaxhiu), Religiosa, Fondatrice della Congregazione delle Missionarie della Carità e dei Missionari della Carità.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Santa Messa:
Omelia del Santo Padre
«Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?» (Sap 9,13). Questo interrogativo del Libro della Sapienza, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, ci presenta la nostra vita come un mistero, la cui chiave di interpretazione non è in nostro possesso. I protagonisti della storia sono sempre due: Dio da una parte e gli uomini dall’altra. Il nostro compito è quello di percepire la chiamata di Dio e poi accogliere la sua volontà. Ma per accoglierla senza esitazione chiediamoci: quale è la volontà di Dio?
Nello stesso brano sapienziale troviamo la risposta: «Gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito» (v. 18). Per verificare la chiamata di Dio, dobbiamo domandarci e capire che cosa piace a Lui. Tante volte i profeti annunciano che cosa è gradito al Signore. Il loro messaggio trova una mirabile sintesi nell’espressione: «Misericordia io voglio e non sacrifici» (Os 6,6; Mt 9,13). A Dio è gradita ogni opera di misericordia, perché nel fratello che aiutiamo riconosciamo il volto di Dio che nessuno può vedere (cfr Gv 1,18). E ogni volta che ci chiniamo sulle necessità dei fratelli, noi abbiamo dato da mangiare e da bere a Gesù; abbiamo vestito, sostenuto, e visitato il Figlio di Dio (cfr Mt 25,40). Insomma, abbiamo toccato la carne di Cristo.
Siamo dunque chiamati a tradurre in concreto ciò che invochiamo nella preghiera e professiamo nella fede. Non esiste alternativa alla carità: quanti si pongono al servizio dei fratelli, benché non lo sappiano, sono coloro che amano Dio (cfr 1 Gv 3,16-18; Gc 2,14-18). La vita cristiana, tuttavia, non è un semplice aiuto che viene fornito nel momento del bisogno. Se fosse così sarebbe certo un bel sentimento di umana solidarietà che suscita un beneficio immediato, ma sarebbe sterile perché senza radici. L’impegno che il Signore chiede, al contrario, è quello di una vocazione alla carità con la quale ogni discepolo di Cristo mette al suo servizio la propria vita, per crescere ogni giorno nell’amore.
Abbiamo ascoltato nel Vangelo che: «una folla numerosa andava con Gesù» (Lc 14,25). Oggi quella “folla numerosa” è rappresentata dal vasto mondo del volontariato, qui convenuto in occasione del Giubileo della Misericordia. Voi siete quella folla che segue il Maestro e che rende visibile il suo amore concreto per ogni persona. Vi ripeto le parole dell’apostolo Paolo: «La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, poiché il cuore dei credenti è stato confortato per opera tua» (Fm 7). Quanti cuori i volontari confortano! Quante mani sostengono; quante lacrime asciugano; quanto amore è riversato nel servizio nascosto, umile e disinteressato! Questo lodevole servizio dà voce alla fede - dà voce alla fede! - ed esprime la misericordia del Padre che si fa vicino a quanti sono nel bisogno.
La sequela di Gesù è un impegno serio e al tempo stesso gioioso; richiede radicalità e coraggio per riconoscere il Maestro divino nel più povero e scartato della vita e mettersi al suo servizio. Per questo, i volontari che servono gli ultimi e i bisognosi per amore di Gesù non si aspettano alcun ringraziamento e nessuna gratifica, ma rinunciano a tutto questo perché hanno scoperto il vero amore. E ognuno di noi può dire: “Come il Signore mi è venuto incontro e si è chinato su di me nel momento del bisogno, così anch’io vado incontro a Lui e mi chino su quanti hanno perso la fede o vivono come se Dio non esistesse, sui giovani senza valori e ideali, sulle famiglie in crisi, sugli ammalati e i carcerati, sui profughi e immigrati, sui deboli e indifesi nel corpo e nello spirito, sui minori abbandonati a sé stessi, così come sugli anziani lasciati soli. Dovunque ci sia una mano tesa che chiede aiuto per rimettersi in piedi, lì deve esserci la nostra presenza e la presenza della Chiesa che sostiene e dona speranza”. E, questo, farlo con la viva memoria della mano tesa del Signore su di me quando ero a terra.
Madre Teresa, in tutta la sua esistenza, è stata generosa dispensatrice della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l’accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. Si è impegnata in difesa della vita proclamando incessantemente che «chi non è ancora nato è il più debole, il più piccolo, il più misero». Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini – dinanzi ai crimini! - della povertà creata da loro stessi. La misericordia è stata per lei il “sale” che dava sapore a ogni sua opera, e la “luce” che rischiarava le tenebre di quanti non avevano più neppure lacrime per piangere la loro povertà e sofferenza.
La sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri. Oggi consegno questa emblematica figura di donna e di consacrata a tutto il mondo del volontariato: lei sia il vostro modello di santità! Penso che, forse, avremo un po’ di difficoltà nel chiamarla Santa Teresa: la sua santità è tanto vicina a noi, tanto tenera e feconda che spontaneamente continueremo a dirle “Madre Teresa”. Questa instancabile operatrice di misericordia ci aiuti a capire sempre più che l’unico nostro criterio di azione è l’amore gratuito, libero da ogni ideologia e da ogni vincolo e riversato verso tutti senza distinzione di lingua, cultura, razza o religione. Madre Teresa amava dire: «Forse non parlo la loro lingua, ma posso sorridere». Portiamo nel cuore il suo sorriso e doniamolo a quanti incontriamo nel nostro cammino, specialmente a quanti soffrono. Apriremo così orizzonti di gioia e di speranza a tanta umanità sfiduciata e bisognosa di comprensione e di tenerezza.
[01388-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
«Qui peut comprendre les volontés du Seigneur?» (Sg 9, 13).
Cette interrogation du livre de la Sagesse, que nous avons écoutée dans la première lecture, nous présente notre vie comme un mystère, dont la clef d’interprétation n’est pas en notre possession. Les protagonistes de l’histoire sont toujours deux: Dieu d’une part et les hommes de l’autre. Nous avons la tâche de percevoir l’appel de Dieu et, ensuite, d’accueillir sa volonté. Mais pour l’accueillir sans hésitation, demandons-nous: quelle est la volonté de Dieu?
Dans le même passage du livre de la Sagesse, nous trouvons la réponse: «C’est ainsi que les hommes ont appris ce qui te plaît» (v. 18). Pour authentifier l’appel de Dieu, nous devons nous demander et comprendre ce qui lui plaît. Bien souvent, les prophètes annoncent ce qui plaît au Seigneur. Leur message trouve une admirable synthèse dans l’expression: «C’est la miséricorde que je veux et non des sacrifices» (Os 6,6; Mt 9, 13). Toute œuvre de miséricorde plaît à Dieu, parce que dans le frère que nous aidons nous reconnaissons le visage de Dieu que personne ne peut voir (cf. Jn 1, 18). Et chaque fois que nous nous penchons sur les besoins de nos frères, nous donnons à manger et à boire à Jésus; nous vêtons, nous soutenons et nous visitons le Fils de Dieu (cf. Mt 25, 40). En somme, nous touchons la chair du Christ.
Nous sommes donc appelés à traduire dans le concret ce que nous invoquons dans la prière et professons dans la foi. Il n’y a pas d’alternative à la charité: ceux qui se mettent au service de leurs frères, même sans le savoir, sont ceux qui aiment Dieu (cf. 1Jn 3, 16-18; Jc 2, 14-18). La vie chrétienne, cependant, n’est pas une simple aide qui est fournie dans le temps du besoin. S’il en était ainsi, ce serait certes un beau sentiment de solidarité humaine qui suscite un bénéfice immédiat, mais qui serait stérile, parce que sans racines. L’engagement que le Seigneur demande, au contraire, est l’engagement d’une vocation à la charité par laquelle tout disciple du Christ met sa propre vie à son service, pour grandir chaque jour dans l’amour.
Nous avons écouté dans l’Évangile que «de grandes foules faisaient route avec Jésus» (Lc 14, 25). Aujourd’hui, ces «grandes foules» sont représentées par le vaste monde du volontariat, ici réuni à l’occasion du Jubilé de la Miséricorde. Vous êtes cette foule qui suit le Maître et qui rend visible son amour concret pour chaque personne. Je vous répète les paroles de l’apôtre Paul: «Ta charité m’a déjà apporté de joie et de réconfort, car grâce à toi…, les cœurs des fidèles ont trouvé du repos» (Phm 7). Que de cœurs les volontaires réconfortent ! Que de mains ils soutiennent ! Que de larmes ils essuient ! Que d’amour mis dans le service caché, humble et désintéressé! Ce service louable manifeste la foi - manifeste la foi - et exprime la miséricorde du Père qui se fait proche de ceux qui sont dans le besoin.
Suivre Jésus est un engagement sérieux et en même temps joyeux; cela demande radicalité et courage pour reconnaître le divin Maître dans le plus pauvre ainsi que dans le marginalisé de la vie et pour se mettre à son service. C’est pourquoi, les volontaires qui, par amour pour Jésus, servent les derniers et les démunis n’attendent aucune reconnaissance ni aucune gratification, mais renoncent à tout cela parce qu’ils ont découvert l’amour authentique. Et chacun de nous peut dire: ‘‘Comme le Seigneur est venu vers moi et s’est penché sur moi en temps de besoin, de la même manière moi aussi je vais vers lui et je me penche sur ceux qui ont perdu la foi ou vivent comme si Dieu n’existait pas, sur les jeunes sans valeurs et sans idéaux, sur les familles en crise, sur les malades et les détenus, sur les réfugiés et les migrants, sur les faibles et sur ceux qui sont sans défense corporellement et spirituellement, sur les mineurs abandonnés à eux-mêmes, ainsi que sur les personnes âgées laissées seules. Partout où il y a une main tendue qui demande une aide pour se remettre debout, doit se percevoir notre présence ainsi que la présence de l’Église qui soutient et donne espérance’’. Et cela, il faut le faire avec la mémoire vivante de la main du Seigneur tendue sur moi quand j’étais à terre.
Mère Teresa, tout au long de son existence, a été une généreuse dispensatrice de la miséricorde divine, en se rendant disponible à travers l’accueil et la défense de la vie humaine, la vie dans le sein maternel comme la vie abandonnée et rejetée. Elle s’est dépensée dans la défense de la vie, en proclamant sans relâche que «celui qui n’est pas encore né est le plus faible, le plus petit, le plus misérable». Elle s’est penchée sur les personnes abattues qu’on laisse mourir au bord des routes, en reconnaissant la dignité que Dieu leur a donnée; elle a fait entendre sa voix aux puissants de la terre, afin qu’ils reconnaissent leurs fautes face aux crimes – face aux crimes - de la pauvreté qu’ils ont créée eux-mêmes. La miséricorde a été pour elle le ‘‘sel’’ qui donnait de la saveur à chacune de ses œuvres, et la ‘‘lumière’’ qui éclairait les ténèbres de ceux qui n’avaient même plus de larmes pour pleurer leur pauvreté et leur souffrance.
Sa mission dans les périphéries des villes et dans les périphéries existentielles perdure de nos jours comme un témoignage éloquent de la proximité de Dieu aux pauvres parmi les pauvres. Aujourd’hui, je remets cette figure emblématique de femme et de consacrée au monde du volontariat : qu’elle soit votre modèle de sainteté ! Je crois qu’il nous sera un peu difficile de l’appeler sainte Teresa; sa sainteté nous est si proche, si tendre et si féconde que spontanément nous continuerons de lui dire: ‘‘Mère Teresa’’. Que cet infatigable artisan de miséricorde nous aide à comprendre toujours mieux que notre unique critère d’action est l’amour gratuit, libre de toute idéologie et de tout lien et offert à tous sans distinction de langue, de culture, de race ou de religion. Mère Teresa aimait dire: «Je ne parle peut-être pas leur langue, mais je peux sourire». Portons son sourire le dans le cœur et offrons-le à ceux que nous rencontrons sur notre chemin, surtout à ceux qui souffrent. Nous ouvrirons ainsi des horizons de joie et d’espérance à tant de personnes découragées, qui ont besoin aussi bien de compréhension que de tendresse.
[01388-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
“Who can learn the counsel of God?” (Wis 9:13). This question from the Book of Wisdom that we have just heard in the first reading suggests that our life is a mystery and that we do not possess the key to understanding it. There are always two protagonists in history: God and man. Our task is to perceive the call of God and then to do his will. But in order to do his will, we must ask ourselves, “What is God’s will in my life?”
We find the answer in the same passage of the Book of Wisdom: “People were taught what pleases you” (Wis 9:18). In order to ascertain the call of God, we must ask ourselves and understand what pleases God. On many occasions the prophets proclaimed what was pleasing to God. Their message found a wonderful synthesis in the words “I want mercy, not sacrifice” (Hos 6:6; Mt 9:13). God is pleased by every act of mercy, because in the brother or sister that we assist, we recognize the face of God which no one can see (cf. Jn 1:18). Each time we bend down to the needs of our brothers and sisters, we give Jesus something to eat and drink; we clothe, we help, and we visit the Son of God (cf. Mt 25:40). In a word, we touch the flesh of Christ.
We are thus called to translate into concrete acts that which we invoke in prayer and profess in faith. There is no alternative to charity: those who put themselves at the service of others, even when they don’t know it, are those who love God (cf. 1 Jn 3:16-18; Jas 2:14-18). The Christian life, however, is not merely extending a hand in times of need. If it is just this, it can be, certainly, a lovely expression of human solidarity which offers immediate benefits, but it is sterile because it lacks roots. The task which the Lord gives us, on the contrary, is the vocation to charity in which each of Christ’s disciples puts his or her entire life at his service, so to grow each day in love.
We heard in the Gospel, “Large crowds were travelling with Jesus” (Lk 14:25). Today, this “large crowd” is seen in the great number of volunteers who have come together for the Jubilee of Mercy. You are that crowd who follows the Master and who makes visible his concrete love for each person. I repeat to you the words of the Apostle Paul: “I have indeed received much joy and comfort from your love, because the hearts of the saints have been refreshed through you” (Philem 1:7). How many hearts have been comforted by volunteers! How many hands they have held; how many tears they have wiped away; how much love has been poured out in hidden, humble and selfless service! This praiseworthy service gives voice to the faith – it gives voice to the faith! – and expresses the mercy of the Father, who draws near to those in need.
Following Jesus is a serious task, and, at the same time, one filled with joy; it takes a certain daring and courage to recognize the divine Master in the poorest of the poor and those who are cast aside, and to give oneself in their service. In order to do so, volunteers, who out of love of Jesus serve the poor and the needy, do not expect any thanks or recompense; rather they renounce all this because they have discovered true love. And each one of us can say: “Just as the Lord has come to meet me and has stooped down to my level in my hour of need, so too do I go to meet him, bending low before those who have lost faith or who live as though God did not exist, before young people without values or ideals, before families in crisis, before the ill and the imprisoned, before refugees and immigrants, before the weak and defenceless in body and spirit, before abandoned children, before the elderly who are on their own. Wherever someone is reaching out, asking for a helping hand in order to get up, this is where our presence – and the presence of the Church which sustains and offers hope – must be”. And I do this, keeping alive the memory of those times when the Lord’s hand reached out to me when I was in need.
Mother Teresa, in all aspects of her life, was a generous dispenser of divine mercy, making herself available for everyone through her welcome and defence of human life, those unborn and those abandoned and discarded. She was committed to defending life, ceaselessly proclaiming that “the unborn are the weakest, the smallest, the most vulnerable”. She bowed down before those who were spent, left to die on the side of the road, seeing in them their God-given dignity; she made her voice heard before the powers of this world, so that they might recognize their guilt for the crime – the crimes! – of poverty they created. For Mother Teresa, mercy was the “salt” which gave flavour to her work, it was the “light” which shone in the darkness of the many who no longer had tears to shed for their poverty and suffering.
Her mission to the urban and existential peripheries remains for us today an eloquent witness to God’s closeness to the poorest of the poor. Today, I pass on this emblematic figure of womanhood and of consecrated life to the whole world of volunteers: may she be your model of holiness! I think, perhaps, we may have some difficult in calling her “Saint Teresa”: her holiness is so near to us, so tender and so fruitful that we continual to spontaneously call her “Mother Teresa”. May this tireless worker of mercy help us increasingly to understand that our only criterion for action is gratuitous love, free from every ideology and all obligations, offered freely to everyone without distinction of language, culture, race or religion. Mother Teresa loved to say, “Perhaps I don’t speak their language, but I can smile”. Let us carry her smile in our hearts and give it to those whom we meet along our journey, especially those who suffer. In this way, we will open up opportunities of joy and hope for our many brothers and sisters who are discouraged and who stand in need of understanding and tenderness.
[01388-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
»Wer begreift, was der Herr will?« (Weish 9,13). Diese Frage aus dem Buch der Weisheit, die wir in der ersten Lesung gehört haben, stellt uns unser Leben als ein Geheimnis vor Augen, dessen Interpretationsschlüssel wir nicht besitzen. Die Protagonisten der Geschichte sind immer zwei: Gott auf der einen Seite und die Menschen auf der anderen. Unsere Aufgabe besteht darin, den Ruf Gottes wahrzunehmen und dann seinen Willen anzunehmen. Um ihn aber ohne Zögern anzunehmen, fragen wir uns: Was ist Gottes Wille?
Im selben Abschnitt aus dem Buch der Weisheit finden wir die Antwort: »Die Menschen lernten, was dir gefällt« (V. 18). Um den Ruf Gottes zu prüfen, müssen wir uns fragen und begreifen, was ihm gefällt. Viele Male verkünden die Propheten, was dem Herrn wohlgefällig ist. Ihre Botschaft findet eine wunderbare Zusammenfassung in dem Satz: »Barmherzigkeit will ich, nicht Opfer« (Mt 9,13; vgl. Hos 6,6). Gott gefällt jedes Werk der Barmherzigkeit, denn in dem Mitmenschen, dem wir helfen, erkennen wir das Angesicht Gottes, das niemand sehen kann (vgl. Joh 1,18). Und jedes Mal, wenn wir uns den Bedürfnissen der Brüder und Schwestern zuneigen, haben wir Jesus zu essen und zu trinken gegeben, haben wir den Sohn Gottes bekleidet, unterstützt und besucht (vgl. Mt 25,40). Kurzum, wir haben das Fleisch Christi berührt.
Wir sind also aufgerufen, konkret umzusetzen, was wir im Gebet erbitten und im Glauben bekennen. Es gibt keine Alternative zur Nächstenliebe: Alle, die sich in den Dienst der Mitmenschen stellen, lieben Gott, selbst wenn sie es nicht wissen (vgl. 1Joh 3,16-18; Jak 2,14-18). Das christliche Leben besteht jedoch nicht bloß darin, im Moment der Not Hilfe zu leisten. Wenn es so wäre, handelte es sich gewiss schon um eine schöne Gesinnung menschlicher Solidarität, die eine unmittelbare Wohltat auslöst, aber es wäre steril, weil es keine Wurzeln hätte. Der Einsatz, den der Herr verlangt, ist dagegen eine Berufung zur Nächstenliebe, mit der jeder Jünger Christi sein Leben in Jesu Dienst stellt, um jeden Tag in der Liebe zu wachsen.
Im Evangelium haben wir gehört: »Viele Menschen begleiteten ihn [Jesus]« (Lk 14,25). Heute sind diese „vielen Menschen“ vertreten durch die weite Welt des Volontariats, die aus Anlass des Jubiläums der Barmherzigkeit hier zusammengeströmt ist. Ihr seid jene Menschenmenge, die dem Meister folgt und seine konkrete Liebe zu jedem Menschen sichtbar macht. So richte ich an euch die Worte des Apostels Paulus: »Es hat mir viel Freude und Trost bereitet, dass durch dich, Bruder, und durch deine Liebe die Herzen der Heiligen ermutigt worden sind« (Phlm 7). Wie viele Herzen werden durch die freiwilligen Helfer ermutigt! Wie viele Hände unterstützt, wie viele Tränen getrocknet; wie viel Liebe wird im verborgenen, demütigen und selbstlosen Dienst ausgegossen! Dieser lobenswerte Dienst lässt den Glauben sprechen – lässt den Glauben sprechen – und drückt die Barmherzigkeit des himmlischen Vaters aus, der den Notleidenden nahekommt.
Jesus nachzufolgen ist ein ernstes und zugleich frohes Unterfangen; es verlangt Radikalität und Mut, um den göttlichen Meister im Ärmsten und in dem, der vom Leben Ausgeschlossenen zu erkennen und ihm zu Diensten zu sein. Darum erwarten die Freiwilligen, die aus Liebe zu Jesus den Letzten und Bedürftigsten dienen, keinerlei Dank und keinen Lohn, sondern verzichten auf all das, weil sie die wahre Liebe entdeckt haben. Und jeder von uns kann sagen: Wie der Herr im Moment der Not auf mich zugekommen ist und sich mir zugeneigt hat, so gehe auch ich auf ihn zu und neige mich denen zu, die den Glauben verloren haben oder leben, als gäbe es Gott nicht. Ebenso widme ich mich den jungen Menschen ohne Werte und Ideale, den Familien in einer Krise, den Kranken und Gefangenen, den sich selbst überlassenen Minderjährigen wie auch den alleingelassenen alten Menschen. Wo immer eine ausgestreckte Hand um Hilfe bittet, um wieder aufzustehen, da müssen unsere Gegenwart und die Gegenwart der Kirche Unterstützung und Hoffnung geben. Und dies muss ich in lebendiger Erinnerung an die mir gegenüber ausgestreckte Hand des Herrn tun, als ich am Boden lag.
Mutter Teresa war in ihrem ganzen Leben eine großherzige Ausspenderin der göttlichen Barmherzigkeit, indem sie durch die Aufnahme und den Schutz des menschlichen Lebens – des ungeborenen wie des verlassenen und ausgesonderten – für alle da war. Sie setzte sich für den Schutz des Lebens ein und betonte immer wieder, dass „der ungeborene Mensch der schwächste, der kleinste und der ärmlichste ist“. Sie beugte sich über die Erschöpften, die man am Straßenrand sterben ließ, weil sie die Würde erkannte, die Gott ihnen verliehen hatte. Sie erhob ihre Stimme vor den Mächtigen der Welt, damit sie angesichts der Verbrechen – angesichts der Verbrechen! – der Armut, die sie selbst geschaffen hatten, ihre Schuld erkennen sollten. Die Barmherzigkeit war für sie das „Salz“, das jedem ihrer Werke Geschmack verlieh, und das „Licht“, das die Dunkelheit derer erhellte, die nicht einmal mehr Tränen hatten, um über ihre Armut und ihr Leiden zu weinen.
Ihre Mission in den Randzonen der Städte und den Randzonen des Lebens bleibt in unserer Zeit ein beredtes Zeugnis für die Nähe Gottes zu den Ärmsten der Armen. Heute übergebe ich diese beispielhafte Gestalt einer Frau und einer gottgeweihten Person der ganzen Welt des Volontariats: Möge sie euer Vorbild an Heiligkeit sein! Ich denke, dass wir vielleicht ein bisschen Schwierigkeiten haben werden, sie heilige Teresa zu nennen. Ihre Heiligkeit ist uns so nah, so zärtlich und fruchtbar, dass wir wohl spontan weiter „Mutter Teresa“ sagen werden. Diese unermüdliche Arbeiterin der Barmherzigkeit helfe uns, immer besser zu begreifen, dass das einzige Kriterium für unser Handeln die gegenleistungsfreie Liebe ist, die unabhängig von jeder Ideologie und jeder Bindung ist und sich über alle ergießt, ohne Unterscheidung der Sprache, der Kultur, der Ethnie oder der Religion. Mutter Teresa sagte gern: „Vielleicht spreche ich nicht ihre Sprache, aber ich kann lächeln.“ Tragen wir ihr Lächeln in unserem Herzen und schenken wir es allen, denen wir auf unserem Weg begegnen, besonders den Leidenden. Auf diese Weise werden wir einer entmutigten Menschheit, die Verständnis und Zärtlichkeit braucht, Horizonte der Freude und der Hoffnung eröffnen.
[01388-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
«¿Quién comprende lo que Dios quiere?» (Sb 9,13). Este interrogante del libro de la Sabiduría, que hemos escuchado en la primera lectura, nos presenta nuestra vida como un misterio, cuya clave de interpretación no poseemos. Los protagonistas de la historia son siempre dos: por un lado, Dios, y por otro, los hombres. Nuestra tarea es la de escuchar la llamada de Dios y luego aceptar su voluntad. Pero para cumplirla sin vacilación debemos ponernos esta pregunta. ¿Cuál es la voluntad de Dios?
La respuesta la encontramos en el mismo texto sapiencial: «Los hombres aprendieron lo que te agrada» (v. 18). Para reconocer la llamada de Dios, debemos preguntarnos y comprender qué es lo que le gusta. En muchas ocasiones, los profetas anunciaron lo que le agrada al Señor. Su mensaje encuentra una síntesis admirable en la expresión: «Misericordia quiero y no sacrificios» (Os 6,6; Mt 9,13). A Dios le agrada toda obra de misericordia, porque en el hermano que ayudamos reconocemos el rostro de Dios que nadie puede ver (cf. Jn 1,18). Cada vez que nos hemos inclinado ante las necesidades de los hermanos, hemos dado de comer y de beber a Jesús; hemos vestido, ayudado y visitado al Hijo de Dios (cf. Mt 25,40). En definitiva, hemos tocado la carne de Cristo.
Estamos llamados a concretar en la realidad lo que invocamos en la oración y profesamos en la fe. No hay alternativa a la caridad: quienes se ponen al servicio de los hermanos, aunque no lo sepan, son quienes aman a Dios (cf. 1 Jn 3,16-18; St 2,14-18). Sin embargo, la vida cristiana no es una simple ayuda que se presta en un momento de necesidad. Si fuera así, sería sin duda un hermoso sentimiento de humana solidaridad que produce un beneficio inmediato, pero sería estéril porque no tiene raíz. Por el contrario, el compromiso que el Señor pide es el de una vocación a la caridad con la que cada discípulo de Cristo lo sirve con su propia vida, para crecer cada día en el amor.
Hemos escuchado en el Evangelio que «mucha gente acompañaba a Jesús» (Lc 14,25). Hoy aquella «gente» está representada por el amplio mundo del voluntariado, presente aquí con ocasión del Jubileo de la Misericordia. Vosotros sois esa gente que sigue al Maestro y que hace visible su amor concreto hacia cada persona. Os repito las palabras del apóstol Pablo: «He experimentado gran gozo y consuelo por tu amor, ya que, gracias a ti, los corazones de los creyentes han encontrado alivio» (Flm 1,7). Cuántos corazones confortan los voluntarios. Cuántas manos sostienen; cuántas lágrimas secan; cuánto amor derramo en el servicio escondido, humilde y desinteresado. Este loable servicio da voz a la fe -da voz a la fe- y expresa la misericordia del Padre que está cerca de quien pasa necesidad.
El seguimiento de Jesús es un compromiso serio y al mismo tiempo gozoso; requiere radicalidad y esfuerzo para reconocer al divino Maestro en los más pobres y descartado de la vida y ponerse a su servicio. Por esto, los voluntarios que sirven a los últimos y a los necesitados por amor a Jesús no esperan ningún agradecimiento ni gratificación, sino que renuncian a todo esto porque han descubierto el verdadero amor y cada uno de puede decir: «Igual que el Señor ha venido a mi encuentro y se ha inclinado sobre mí en el momento de necesidad, así también yo salgo al encuentro de él y me inclino sobre quienes han perdido la fe o viven como si Dios no existiera, sobre los jóvenes sin valores e ideales, sobre las familias en crisis, sobre los enfermos y los encarcelados, sobre los refugiados e inmigrantes, sobre los débiles e indefensos en el cuerpo y en el espíritu, sobre los menores abandonados a sí mismos, como también sobre los ancianos dejados solos. Dondequiera que haya una mano extendida que pide ayuda para ponerse en pie, allí debe estar nuestra presencia y la presencia de la Iglesia que sostiene y da esperanza». Y, esto, hacerlo con la viva memoria de la mano extendida del Señor sobre mí cuando estaba por tierra.
Madre Teresa, a lo largo de toda su existencia, ha sido una generosa dispensadora de la misericordia divina, poniéndose a disposición de todos por medio de la acogida y la defensa de la vida humana, tanto la no nacida como la abandonada y descartada. Se ha comprometido en la defensa de la vida proclamando incesantemente que «el no nacido es el más débil, el más pequeño, el más pobre». Se ha inclinado sobre las personas desfallecidas, que mueren abandonadas al borde de las calles, reconociendo la dignidad que Dios les había dado; ha hecho sentir su voz a los poderosos de la tierra, para que reconocieran sus culpas ante los crímenes -ante los crímenes- de la pobreza creada por ellos mismos. La misericordia ha sido para ella la «sal» que daba sabor a cada obra suya, y la «luz» que iluminaba las tinieblas de los que no tenían ni siquiera lágrimas para llorar su pobreza y sufrimiento.
Su misión en las periferias de las ciudades y en las periferias existenciales permanece en nuestros días como testimonio elocuente de la cercanía de Dios hacia los más pobres entre los pobres. Hoy entrego esta emblemática figura de mujer y de consagrada a todo el mundo del voluntariado: que ella sea vuestro modelo de santidad. Pienso, quizás, que tendremos un poco de dificultad en llamarla Santa Teresa. Su santidad es tan cercana a nosotros, tan tierna y fecunda que espontáneamente continuaremos a decirle «Madre Teresa».
Esta incansable trabajadora de la misericordia nos ayude a comprender cada vez más que nuestro único criterio de acción es el amor gratuito, libre de toda ideología y de todo vínculo y derramado sobre todos sin distinción de lengua, cultura, raza o religión. Madre Teresa amaba decir: «Tal vez no hablo su idioma, pero puedo sonreír». Llevemos en el corazón su sonrisa y entreguémosla a todos los que encontremos en nuestro camino, especialmente a los que sufren. Abriremos así horizontes de alegría y esperanza a toda esa humanidad desanimada y necesitada de comprensión y ternura.
[01388-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
«Qual o homem que conhece os desígnios de Deus?» (Sab 9,13). Esta interrogação do Livro da Sabedoria, que escutamos na primeira leitura, apresenta-nos a nossa vida como um mistério, cuja chave de interpretação não está em nossa posse. Os protagonistas da história são sempre dois: Deus de um lado e os homens do outro. A nossa missão é perceber a chamada de Deus e aceitar a sua vontade. Mas para aceitá-la sem hesitar, perguntemo-nos: qual é a vontade de Deus na minha vida?
No mesmo trecho do texto sapiencial encontramos a resposta: «Os homens foram instruídos no que é do Vosso agrado» (v 18). Para verificar a chamada de Deus, devemos perguntar-nos e entender o que Lhe agrada. Muitas vezes, os profetas anunciam o que é agradável ao Senhor. A sua mensagem encontra uma síntese maravilhosa na expressão: «Misericórdia quero, e não sacrifício» (Os 6,6; Mt 9,13). Para Deus todas as obras de misericórdia são agradáveis, porque no irmão que ajudamos, reconhecemos o rosto de Deus que ninguém pode ver (cf. Jo 1,18). E todas as vezes em que nos inclinamos às necessidades dos irmãos, dêmos de comer e beber a Jesus; vestimos, apoiamos e visitamos o Filho de Deus (cf. Mt 25,40). Em definitiva, tocamos a carne de Cristo.
Estamos chamados a por em prática o que pedimos na oração e professamos na fé. Não existe alternativa para a caridade: quem se põe ao serviço dos irmãos, embora não o saibamos, são aqueles que amam a Deus (cf. 1 Jo 3,16-18; Tg 2,14-18). A vida cristã, no entanto, não é uma simples ajuda oferecida nos momentos de necessidade. Se assim fosse, certamente seria um belo sentimento de solidariedade humana, que provoca um benefício imediato, mas seria estéril, porque careceria de raízes. O compromisso que o Senhor pede, pelo contrário, é o de uma vocação para a caridade com que cada discípulo de Cristo põe ao seu serviço a própria vida, para crescer no amor todos os dias.
Escutamos no Evangelho que «seguiam com Jesus grandes multidões» (Lc 14,25). Hoje, a “grande multidão” é representada pelo vasto mundo do voluntariado, aqui reunido por ocasião do Jubileu da Misericórdia. Sois aquela multidão que segue o Mestre, e que torna visível o seu amor concreto por cada pessoa. Repito-vos as palavras do apóstolo Paulo: «Tive grande alegria e consolação por causa do teu amor fraterno, pois reconfortaste os corações dos santos» (Flm 7). Quantos corações os voluntários confortam! Quantas mãos apoiam; quantas lágrimas enxugam; quanto amor é derramado no serviço escondido, humilde e desinteressado! Este serviço louvável dá voz à fé – dá voz a fé! - e manifesta a misericórdia do Pai que se faz próximo daqueles que passam por necessidade.
Seguir Jesus é um compromisso sério e ao mesmo tempo alegre; exige radicalidade e coragem para reconhecer o divino Mestre no mais pobre e descartado da vida e colocar-se ao seu serviço. Para isso, os voluntários que servem os últimos e necessitados por amor de Jesus não esperam nenhum agradecimento ou gratificação, mas renunciam tudo isso porque encontraram o amor verdadeiro. E cada um pode dizer: “Como o Senhor veio até mim e se inclinou sobre mim na hora da necessidade, assim vou ao seu encontro e me inclino sobre aqueles que perderam a fé ou vivem como se Deus não existisse, sobre os jovens sem valores e ideais, sobre as famílias em crise, sobre os enfermos e os prisioneiros, sobre os refugiados e imigrantes, sobre os fracos e desamparados no corpo e no espírito, sobre os menores abandonados à própria sorte, bem como sobre os idosos deixados sozinhos. Onde quer que haja uma mão estendida pedindo ajuda para levantar-se, ali deve estar a nossa presença e a presença da Igreja, que apoia e dá esperança”. E fazê-lo com a memória viva da mão do Senhor estendida sobre mim quando eu estava por terra.
Madre Teresa, ao longo de toda a sua existência, foi uma dispensadora generosa da misericórdia divina, fazendo-se disponível a todos, através do acolhimento e da defesa da vida humana, dos nascituros e daqueles abandonados e descartados. Comprometeu-se na defesa da vida, proclamando incessantemente que «quem ainda não nasceu é o mais fraco, o menor, o mais miserável». Inclinou-se sobre as pessoas indefesas, deixadas moribundas à beira da estrada, reconhecendo a dignidade que Deus lhes dera; fez ouvir a sua voz aos poderosos da terra, para que reconhecessem a sua culpa diante dos crimes - diante dos crimes!- da pobreza criada por eles mesmos. A misericórdia foi para ela o “sal”, que dava sabor a todas as suas obras, e a luz que iluminava a escuridão de todos aqueles que nem sequer tinham mais lágrimas para chorar pela sua pobreza e sofrimento.
A sua missão nas periferias das cidades e nas periferias existenciais permanece nos nossos dias como um testemunho eloquente da proximidade de Deus junto dos mais pobres entre os pobres. Hoje entrego a todo o mundo do voluntariado esta figura emblemática de mulher e de consagrada: que ela seja o vosso modelo de santidade! Parece-me que, talvez, teremos um pouco de dificuldade de chamá-la de Santa Teresa: a sua santidade é tão próxima de nós, tão tenra e fecunda, que espontaneamente continuaremos a chamá-la de “Madre Teresa”. Que esta incansável agente de misericórdia nos ajude a entender mais e mais que o nosso único critério de ação é o amor gratuito, livre de qualquer ideologia e de qualquer vínculo e que é derramado sobre todos sem distinção de língua, cultura, raça ou religião. Madre Teresa gostava de dizer: «Talvez não fale a língua deles, mas posso sorrir». Levemos no coração o seu sorriso e o ofereçamos a quem encontremos no nosso caminho, especialmente àqueles que sofrem. Assim abriremos horizontes de alegria e de esperança numa humanidade tão desesperançada e necessitada de compreensão e ternura.
[01388-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
„Któż pojmie wolę Pana?” (Mdr 9,13). To pytanie z Księgi Mądrości, które usłyszeliśmy w pierwszym czytaniu, przedstawia nam nasze życie jako tajemnicę, do której nie posiadamy klucza interpretacji. Stale jest dwóch bohaterów historii: z jednej strony Bóg, a z drugiej ludzie. Naszym zadaniem jest dostrzeżenie Bożego wezwania, a następnie przyjęcie Jego woli. Ale, aby ją przyjąć bez wahania, postawmy sobie pytanie: jaka jest wola Boża w moim życiu?
W tym samym fragmencie mądrościowym znajdujemy odpowiedź: „ludzie poznali, co Tobie przyjemne” (w. 18). Aby zweryfikować wezwanie Boga musimy zadać sobie pytanie i zrozumieć, co się Jemu podoba. Wiele razy prorocy głosili, co miłe jest Panu. Ich orędzie znajduje wspaniałą syntezą w wyrażeniu: „Chcę raczej miłosierdzia niż ofiary” (Oz 6,6; Mt 9, 13). Bogu miłe są wszelkie uczynki miłosierdzia, ponieważ w bracie, któremu pomagamy rozpoznajemy oblicze Boga, którego nikt nie może oglądać (por. J 1,18). I ilekroć pochylamy się nad potrzebami braci, daliśmy jeść i daliśmy pić Jezusowi; przyodzialiśmy, wsparliśmy i nawiedziliśmy Syna Bożego (por. Mt 25,40). Jednym słowem dotknęliśmy się ciała Chrystusa.
Jesteśmy zatem wezwani, by wprowadzić w życie to, o co prosimy w modlitwie i wyznajemy w wierze. Nie ma alternatywy dla miłosierdzia: ci, którzy poświęcają się w służbie braciom, chociaż o tym nie wiedzą, są ludźmi miłującymi Boga (por. 1 J 3, 16-18; Jk 2,14-18). Jednakże życie chrześcijańskie nie jest zwyczajną pomocą, udzielaną w chwili potrzeby. Gdyby tak było, byłoby ono na pewno pięknym uczuciem ludzkiej solidarności, które wywołuje doraźne korzyści, ale byłoby bezowocne, ponieważ pozbawione byłoby korzeni. Zaangażowanie, jakiego żąda Pan jest wręcz przeciwnie powołaniem do miłości, w którym każdy uczeń Chrystusa oddaje Jemu na służbę swoje życie, aby codziennie wzrastać w miłości.
Słyszeliśmy w Ewangelii, że „szły z Nim wielkie tłumy” (Łk 14,25). Dziś te „wielkie tłumy” to szeroki świat wolontariatu, zgromadzony tutaj z okazji Jubileuszu Miłosierdzia. Jesteście owym tłumem, który podąża za Nauczycielem i który uwidacznia Jego konkretną miłość do każdego człowieka. Powtarzam wam słowa apostoła Pawła: „doznałem wielkiej radości i pociechy z powodu twojej miłości, że [mianowicie] serca świętych otrzymały od ciebie pokrzepienie” (Flm 1,7). Jakże wiele serc pokrzepiają wolontariusze! Jakże wiele podtrzymują rąk; ileż osuszają łez; jak wiele miłości rozlewanej jest w ukrytej służbie, pokornej i bezinteresownej! Ta chwalebna usługa udziela głosu wierze – udziela głosu wierze – i wyraża miłosierdzie Ojca, który czyni siebie bliskim wobec osób znajdujących się w potrzebie.
Naśladowanie Jezusa jest zaangażowaniem poważnym a jednocześnie radosnym. Wymaga radykalizmu i odwagi, by rozpoznać Boskiego Nauczyciela w najuboższym i odrzuconym przez życie, by poświęcić się w służbie dla niego. Z tego względu wolontariusze służący ostatnim i potrzebującym ze względu na miłość Jezusa nie oczekują żadnego podziękowania i żadnej nagrody, ale rezygnują z tego wszystkiego, bo odkryli prawdziwą miłość. I każdy z nas może powiedzieć: „Tak jak Pan wyszedł mi na spotkanie i pochylił się nade mną w chwili potrzeby, podobnie i ja wychodzę na spotkanie z Nim i pochylam się nad tymi, którzy utracili wiarę i żyją tak, jakby Boga nie było, nad młodymi pozbawionymi wartości i ideałów, nad rodzinami przeżywającymi kryzysy, nad chorymi i więźniami, uchodźcami i imigrantami, nad słabymi i bezbronnymi na ciele i na duchu, nad nieletnimi pozostawionymi sobie samym, podobnie jak nad osobami starszymi opuszczonymi w samotności. Wszędzie tam, gdzie jest wyciągnięta ręka, prosząca o pomoc, by powstać, tam powinna być nasza obecność i obecność Kościoła, która wspiera i daje nadzieję”. I trzeba to czynić mając żywo w pamięci rękę Pana Jezusa wyciągniętą nade mną, kiedy byłem na ziemi.
Matka Teresa przez całe swoje życie była hojną szafarką Bożego miłosierdzia, stając się dyspozycyjną dla wszystkich poprzez przyjęcie i obronę życia ludzkiego, zarówno nienarodzonego jak i opuszczonego i odrzuconego. Zaangażowała się w obronę życia nieustannie głosząc, że „ten kto się jeszcze nie narodził jest najsłabszym, najmniejszym, najbiedniejszym”. Pochylała się nad osobami konającymi, pozostawionymi, by umrzeć na poboczu drogi, uznając godność, jaką obdarzył je Bóg; mówiła możnym ziemi, aby uznali swoje winy wobec zbrodni – wobec zbrodni! – ubóstwa, które sami stworzyli. Miłosierdzie było dla niej „solą” nadającą smak każdemu z jej dzieł oraz „światłem” rozjaśniającym ciemności tych, którzy nie mieli nawet łez, aby opłakiwać swoje ubóstwo i cierpienie.
Jej misja na obrzeżach miast i na peryferiach egzystencjalnych pozostaje dzisiaj, jako wymowne świadectwo bliskości Boga wobec najuboższych z ubogich. Dzisiaj przekazuję tę symboliczną postać kobiety i osoby konsekrowanej całemu światu wolontariatu: niech ona będzie waszym wzorem świętości! Myślę, że może będzie trochę trudno nazywać ją świętą Teresą: jej świętość jest tak nam bliska, tak czuła i płodna, że spontanicznie w dalszym ciągu będziemy mówić do niej: „Matko Tereso”. Niech ta niestrudzona pracownica miłosierdzia pomaga nam zrozumieć coraz bardziej, że naszym jedynym kryterium działania jest bezinteresowna miłość, wolna od wszelkiej ideologii i od wszelkich ograniczeń, skierowana do wszystkich niezależenie od języka, kultury, rasy czy religii. Matka Teresa lubiła mawiać: „Być może nie znam ich języka, ale mogę się uśmiechnąć”. Nieśmy w sercu jej uśmiech i obdarzajmy nim tych, których spotkamy na naszej drodze, zwłaszcza cierpiących. W ten sposób otworzymy perspektywy radości i nadziei wielu ludziom przygnębionym oraz potrzebującym zrozumienia i czułości.
[01388-PL.02] [Testo originale: Italiano]
[B0618-XX.02]