Meditazione del Santo Padre
Saluto finale
Alle ore 15 di questo pomeriggio, il Santo Padre Francesco è partito dall’eliporto vaticano per recarsi a Santa Maria degli Angeli ad Assisi, nella ricorrenza dell’VIII Centenario del Perdono di Assisi.
All’atterraggio dell’elicottero, al campo sportivo “Migaghelli” a Santa Maria degli Angeli, il Papa è stato accolto da S.E. Mons. Domenico Sorrentino, Arcivescovo-Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, l’On. Catiuscia Marini, Presidente della Regione Umbria; il Dott. Raffaele Cannizzaro, Prefetto di Perugia e dalla Dott.ssa Stefania Proietti, Sindaco di Assisi.
In auto il Papa ha raggiunto la Basilica di Santa Maria degli Angeli, accolto dal Ministro Generale dell’Ordine Francescano dei Frati Minori, P. Michael Anthony Perry, dal Ministro Provinciale, P. Claudio Durighetto, e dal Custode della Porziuncola, P. Rosario Gugliotta.
Nella Porziuncola Papa Francesco è rimasto a lungo in preghiera silenziosa, quindi in Basilica ha proposto ai fedeli una Meditazione sul brano evangelico di Matteo 18, 21-35, al termine della quale ha esortato i Vescovi e i sacerdoti presenti a mettersi a disposizione per il Sacramento della Riconciliazione, e Lui stesso è rimasto in confessionale per circa un’ora, confessando 19 persone: un frate francescano, due sacerdoti, 4 scout, una signora in sedia a rotelle e 11 volontari del servizio della Basilica.
Al termine, il Santo Padre ha salutato i Vescovi presenti, i Superiori Generali degli Ordini Francescani e l’Imam di Perugia, Abdel Qader Mohammad. Prima di lasciare la Basilica ha lasciato in dono 4 mattoni dalle Porte Sante delle 4 Basiliche Papali in Roma, destinando al Vescovo di Assisi quella della Porta Santa di San Pietro.
Il Papa si è recato poi nell’infermeria del Convento dove ha incontrato una decina di religiosi ammalati, con gli assistenti. Infine ha raggiunto il Sagrato della Basilica ed ha rivolto alcune parole di saluto ai fedeli raccolti nella piazza antistante.
Conclusa la visita, il Papa è ripartito in elicottero dal campo sportivo “Migaghelli” di Santa Maria degli Angeli per far ritorno in Vaticano, dove è giunto alle ore 19:05.
Riportiamo di seguito il testo della Meditazione tenuta da Papa Francesco nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e il saluto finale ai fedeli dal Sagrato:
Meditazione del Santo Padre
Testo in lingua italiana
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Testo in lingua italiana
Mi piace ricordare oggi, cari fratelli e sorelle, prima di tutto, le parole che, secondo un’antica tradizione, san Francesco pronunciò proprio qui, davanti a tutto il popolo e ai vescovi: “Voglio mandarvi tutti in paradiso!”. Cosa poteva chiedere di più bello il Poverello di Assisi, se non il dono della salvezza, della vita eterna con Dio e della gioia senza fine, che Gesù ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione?
Il paradiso, d’altronde, che cos’è se non il mistero di amore che ci lega per sempre a Dio per contemplarlo senza fine? La Chiesa da sempre professa questa fede quando dice di credere nella comunione dei santi. Non siamo mai soli nel vivere la fede; ci fanno compagnia i santi e i beati, anche i nostri cari che hanno vissuto con semplicità e gioia la fede e l’hanno testimoniata nella loro vita. C’è un legame invisibile, ma non per questo meno reale, che ci fa essere “un solo corpo”, in forza dell’unico Battesimo ricevuto, animati da “un solo Spirito” (cfr Ef 4,4). Forse san Francesco, quando chiedeva a Papa Onorio III il dono dell’indulgenza per quanti venivano alla Porziuncola, aveva in mente quelle parole di Gesù ai discepoli: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,2-3).
Quella del perdono è certamente la strada maestra da seguire per raggiungere quel posto in Paradiso. E’ difficile perdonare! Quanto costa, a noi, perdonare gli altri! Pensiamoci un po’. E qui alla Porziuncola tutto parla di perdono! Che grande regalo ci ha fatto il Signore insegnandoci a perdonare – o, almeno, ad avere la volontà di perdonare - per farci toccare con mano la misericordia del Padre! Abbiamo ascoltato la parabola con la quale Gesù ci insegna a perdonare (cfr Mt 18,21-35). Perché dovremmo perdonare una persona che ci ha fatto del male? Perché noi per primi siamo stati perdonati, e infinitamente di più. Non c’è nessuno fra noi, qui, che non sia stato perdonato. Ognuno pensi… pensiamo in silenzio le cose brutte che abbiamo fatto e come il Signore ci ha perdonato. La parabola ci dice proprio questo: come Dio perdona noi, così anche noi dobbiamo perdonare chi ci fa del male. E’ la carezza del perdono. Il cuore che perdona. Il cuore che perdona accarezza. Tanto lontano da quel gesto: “me la pagherai!” Il perdono è un’altra cosa. Precisamente come nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, quando diciamo: «Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). I debiti sono i nostri peccati davanti a Dio, e i nostri debitori sono quelli a cui anche noi dobbiamo perdonare.
Ognuno di noi potrebbe essere quel servo della parabola che ha un grande debito da saldare, ma talmente grande che non potrebbe mai farcela. Anche noi, quando nel confessionale ci mettiamo in ginocchio davanti al sacerdote, non facciamo altro che ripetere lo stesso gesto del servo. Diciamo: “Signore, abbi pazienza con me”. Voi avete pensato alcune volte alla pazienza di Dio? Ha tanta pazienza. Sappiamo bene, infatti, che siamo pieni di difetti e ricadiamo spesso negli stessi peccati. Eppure, Dio non si stanca di offrire sempre il suo perdono ogni volta che lo chiediamo. E’ un perdono pieno, totale, con il quale ci dà certezza che, nonostante possiamo ricadere negli stessi peccati, Lui ha pietà di noi e non smette di amarci. Come il padrone della parabola, Dio si impietosisce, cioè prova un sentimento di pietà unito alla tenerezza: è un’espressione per indicare la sua misericordia nei nostri confronti. Il nostro Padre, infatti, si impietosisce sempre quando siamo pentiti, e ci rimanda a casa con il cuore tranquillo e sereno dicendoci che ci ha condonato ogni cosa e perdonato tutto. Il perdono di Dio non conosce limiti; va oltre ogni nostra immaginazione e raggiunge chiunque, nell’intimo del cuore, riconosce di avere sbagliato e vuole ritornare a Lui. Dio guarda al cuore che chiede di essere perdonato.
Il problema, purtroppo, nasce quando noi ci troviamo a confrontarci con un nostro fratello che ci ha fatto un piccolo torto. La reazione che abbiamo ascoltato nella parabola è molto espressiva: «Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”» (Mt 18,28). In questa scena troviamo tutto il dramma dei nostri rapporti umani. Quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia! E tutti facciamo così, tutti. Non è questa la reazione del discepolo di Cristo e non può essere questo lo stile di vita dei cristiani. Gesù ci insegna a perdonare, e a farlo senza limiti: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette» (v. 22). Insomma, quello che ci propone è l’amore del Padre, non la nostra pretesa di giustizia. Fermarsi a questa, infatti, non ci farebbe riconoscere come discepoli di Cristo, che hanno ottenuto misericordia ai piedi della Croce solo in forza dell’amore del Figlio di Dio. Non dimentichiamo, dunque, le parole severe con le quali si chiude la parabola: «Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello» (v. 35).
Cari fratelli e sorelle, il perdono di cui san Francesco si è fatto “canale” qui alla Porziuncola continua a “generare paradiso” ancora dopo otto secoli. In questo Anno Santo della Misericordia diventa ancora più evidente come la strada del perdono possa davvero rinnovare la Chiesa e il mondo. Offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi. Ripeto: offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi. Il mondo ha bisogno di perdono; troppe persone vivono rinchiuse nel rancore e covano odio, perché incapaci di perdono, rovinando la vita propria e altrui piuttosto che trovare la gioia della serenità e della pace. Chiediamo a san Francesco che interceda per noi, perché mai rinunciamo ad essere umili segni di perdono e strumenti di misericordia.
Possiamo pregare su questo. Ognuno come lo sente. Invito i Frati, i Vescovi ad andare nei confessionali – anche io ci andrò – per essere a disposizione del perdono. Ci farà bene riceverlo oggi, qui, insieme. Che il Signore ci dia la grazia di dire quella parola che il Padre non ci lascia finire, quella che ha detto il figliol prodigo: “Padre ho peccato contro…”, e [il Padre] gli ha tappato la bocca, lo ha abbracciato. Noi incominciamo a parlare, e Lui ci tapperà la bocca e ci rivestirà... “Ma, padre, domani ho paura di fare lo stesso…”. Ma torna! Il Padre sempre guarda la strada, guarda, in attesa che torni il figliol prodigo; e tutti noi lo siamo. Che il Signore ci dia questa grazia.
[01267-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
En ce jour, j’aimerais avant tout rappeler, chers frères et sœurs, les paroles que, selon une antique tradition, saint François a prononcées ici même, devant tout le peuple et devant les évêques: ‘‘Je désire vous envoyer tous au paradis’’. Que pouvait le Petit Pauvre d’Assise demander de plus beau, sinon le don du salut, de la vie éternelle avec Dieu et de la joie sans fin, que Jésus a obtenu pour nous par sa mort et sa résurrection?
Le paradis, d’ailleurs, qu’est-ce sinon le mystère d’amour qui nous lie pour toujours à Dieu pour le contempler sans fin? L’Église, depuis toujours, professe cette foi lorsqu’elle dit qu’elle croit dans la communion des saints. Nous ne sommes jamais seuls en vivant la foi; les saints, les bienheureux nous font compagnie, ainsi que nos proches qui ont vécu avec simplicité et joie la foi et en ont témoigné dans leur vie. Il y a un lien invisible, mais pas pour autant moins réel, qui fait de nous ‘‘un seul corps’’, en vertu de l’unique Baptême reçu, animés par un ‘‘seul Esprit’’ (cf. Ep 4, 4). Peut-être saint François, lorsqu’il demandait au Pape Honorius III le don de l’indulgence pour ceux qui venaient à la Portioncule, avait-il à l’esprit ces paroles de Jésus aux disciples: «Dans la maison de mon Père, il y a de nombreuses demeures; sinon, vous aurais-je dit: ‘‘Je pars vous préparer une place?’’ Quand je serai parti vous préparer une place, je reviendrai et je vous emmènerai auprès de moi, afin que là où je suis, vous soyez, vous aussi» (Jn 14, 2-3).
Le chemin du pardon est certainement le chemin principal à suivre pour rejoindre cette place au Paradis. Il est difficile de pardonner! Qu’il nous coûte de pardonner aux autres! Pensons-y un peu! Et ici à la Portioncule tout parle de pardon! Quel grand don nous a fait le Seigneur en nous enseignant à pardonner – ou au moins à avoir la volonté de pardonner - pour nous faire toucher de la main la miséricorde du Père! Nous avons écouté la parabole par laquelle Jésus nous a enseigné à pardonner (cf. Mt 18, 21-35). Pourquoi devrions-nous pardonner à une personne qui nous a fait du mal? Parce qu’en premier nous avons reçu le pardon, et infiniment plus. Parmi nous, il n’y a personne qui n’ait pas été pardonné. Que chacun y pense… pensons en silence au mal que nous avons commis et à la manière dont le Seigneur nous a pardonné. La parabole nous dit exactement ceci: comme Dieu nous pardonne, de même nous devons nous aussi pardonner à qui nous fait du mal. C’est la caresse du pardon! Le cœur qui pardonne. Le cœur qui pardonne caresse. Bien loin de ce geste: ‘‘tu le me paieras!’’. Le pardon est autre chose. Précisément comme dans la prière que Jésus nous a enseignée, le Notre Père, lorsque nous disons: «Remets-nous nos dettes comme nous-mêmes nous remettons leurs dettes à nos débiteurs» (Mt 6, 12). Les dettes sont nos péchés devant Dieu, et nos débiteurs sont ceux à qui nous devons pardonner, nous aussi.
Chacun de nous pourrait être ce serviteur de la parabole qui a une grande dette à payer, mais tellement grande qu’il ne pourrait pas s’en sortir. Nous aussi, quand au confessionnal, nous nous mettons à genoux devant le prêtre, nous ne faisons que répéter le même geste du serviteur. Nous disons: ‘‘Seigneur, sois patient avec moi’’. Avez-vous pensé parfois à la patience de Dieu? Il est très patient! Nous savons bien, en effet, que nous sommes pleins de défauts et que nous retombons souvent dans les mêmes péchés. Néanmoins, Dieu ne se lasse pas d’offrir toujours son pardon chaque fois que nous le demandons. C’est un pardon plein, total, par lequel il nous donne l’assurance que, bien que nous puissions retomber dans les mêmes péchés, lui a pitié de nous et ne se lasse pas de nous aimer. Comme le patron de la parabole, Dieu s’apitoie, c’est-à-dire qu’il éprouve un sentiment de pitié mêlé de tendresse: c’est une expression pour indiquer sa miséricorde envers nous. Notre Père, en effet, s’apitoie toujours quand nous nous repentons, et il nous renvoie à la maison le cœur tranquille et serein, en nous disant qu’il nous a tout remis et tout pardonné. Le pardon de Dieu ne connaît pas de limites; il dépasse toute imagination et rejoint quiconque, dans l’intime du cœur, reconnaît avoir commis une faute et veut retourner à lui. Dieu regarde le cœur qui demande à être pardonné.
Le problème, malheureusement, survient quand nous nous trouvons face à notre frère qui nous causé un petit tort. La réaction que nous avons écoutée dans la parabole est très expressive: «Il se jeta sur lui pour l’étrangler, en disant: ‘‘Rembourse ta dette’’» (Mt 18, 28). Dans cette scène, nous trouvons tout le drame de nos relations humaines. Quand nous sommes, nous, en dette avec les autres, nous voulons la miséricorde; quand, au contraire, nous sommes créanciers nous invoquons la justice! Et nous faisons tous ainsi, tous! Cela, ce n’est pas la réaction du disciple du Christ et cela ne peut être le style de vie des chrétiens. Jésus nous enseigne à pardonner, et à le faire sans limites: «Je ne te dis pas jusqu’à sept fois, mais jusqu’à soixante-dix fois sept fois» (v. 22). En somme, ce qu’il nous propose, c’est l’amour du Père, non pas notre prétendue justice. S’arrêter à cela, en effet, ne nous ferait pas reconnaître comme des disciples du Christ, qui ont obtenu miséricorde au pied de la croix seulement en vertu de l’amour du Fils de Dieu. N’oublions donc pas les paroles sévères par lesquelles se conclut la parabole: «C’est ainsi que votre Père du Ciel vous traitera, si chacun de vous ne pardonne pas à son frère du fond du cœur» (v. 35).
Chers frères et sœurs, le pardon dont saint François s’est fait le ‘‘canal’’ ici à la Portioncule continue à ‘‘générer le paradis’’ encore après huit siècles. En cette Année Sainte de la Miséricorde, il devient encore plus évident que le chemin du pardon peut vraiment renouveler l’Église et le monde. Offrir le témoignage de la miséricorde dans le monde d’aujourd’hui est une tâche à laquelle personne d’entre nous ne peut se soustraire. Je le répète: offrir le témoignage de la miséricorde dans le monde d’aujourd’hui est une tâche à laquelle personne d’entre nous ne peut se soustraire. Le monde a besoin de pardon; trop de personnes vivent enfermées dans la rancœur et couvent la haine, parce qu’incapables de pardon, ruinant leur propre vie et celle d’autrui au lieu de trouver la joie de la sérénité et de la paix. Demandons à saint François d’Assise d’intercéder pour nous, afin que nous ne renoncions jamais à être d’humbles signes de pardon et des instruments de miséricorde.
Nous pouvons méditer sur cela. Chacun comme il le sent. J’invite les Frères, les Évêques à aller dans les confessionnaux – moi aussi j’irai – pour être à la disposition du pardon. Ça nous fera du bien de le recevoir aujourd’hui, ici, ensemble. Que le Seigneur nous donne la grâce de dire ce mot que le Père ne nous laisse pas finir [de prononcer], ce mot qu’a dit l’enfant prodigue: ‘‘Père, j’ai péché contre…’’, et [le Père] lui a fermé la bouche, l’a embrassé. Nous, commençons à parler, et lui, il nous fermera la bouche et nous revêtira… ‘‘Mais, Père, demain, j’ai peur de faire la même chose…’’. Mais reviens! Le Père regarde toujours la route, il regarde, attendant que revienne le fils prodigue; et nous le sommes tous. Que le Seigneur nous donne cette grâce!
[01267-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Today, dear brothers and sisters, I would like before all else to recall the words that, according to an ancient tradition, Saint Francis spoke in this very place, in the presence of all the townsfolk and bishops: “I want to send you all to heaven!” What finer thing could the Poor Man of Assisi ask for, if not the gift of salvation, eternal life and unending joy, that Jesus won for us by his death and resurrection?
Besides, what is heaven if not the mystery of love that eternally unites us to God, to contemplate him forever? The Church has always professed this by expressing her belief in the communion of saints. We are never alone in living the faith; we do so in the company of all the saints and holy ones, including our loved ones who practised the faith with joyful simplicity and bore witness to it by their lives. There is a bond, unseen but not for that reason any less real, which makes us, by baptism, “one body” moved by “one Spirit” (cf. Eph 4:4). When Saint Francis asked Pope Honorius III to grant an indulgence to all who visited the Porziuncola, he was perhaps thinking of Jesus’ words to the disciples: “In my Father’s house are many rooms; if it were not so, would I have told you that I go to prepare a place for you? And when I go and prepare a place for you, I will come again and will take you to myself, that where I am you may be also” (Jn 14:2-3).
Forgiveness – pardon – is surely our direct route to that place in heaven. How hard it is to pardon! How much effort it takes for us to forgive others! Let us think about this. Here at the Porziuncola everything speaks to us of pardon! What a great gift the Lord has given us in teaching us to forgive – or at least to try to forgive – and in this way to touch the Father’s mercy! We have heard the parable in which Jesus teaches us to forgive (cf. Mt 18:21-35). Why should we forgive someone who has offended us? Because we were forgiven first, and of infinitely more. There is no one here who has not been forgiven. Let each of us reflect on this… Let us reflect in silence on the wrong we have done and how the Lord has forgiven us. The parable tells us exactly this: just as God has forgiven us, so we too should forgive those who do us harm. This is the caress of forgiveness. A forgiving heart caresses. It is far removed from the attitude of: “You’ll pay for this!” Forgiveness is something other. So it is with the prayer that Jesus taught us, the Our Father, in which we say: “Forgive us our debts, as we also have forgiven our debtors” (Mt 6:12). The debts are our sins in the sight of God, and our debtors are those whom we, for our part, must forgive.
Each of us might be that servant in the parable burdened with so great a debt that he could never repay it. When we kneel before the priest in the confessional, we do exactly what that servant did. We say, “Lord, have patience with me”. Have you ever reflected on God’s patience? He is full of patience. We are well aware of our many faults and the fact that we often fall back into the same sins. Yet God never tires of offering us his forgiveness each time we ask for it. His is a pardon that is full and complete, one that assures us that, even if we fall back into the same sins, he is merciful and never ceases to love us. Like the master in the parable, God feels compassion, a mixture of pity and love; that is how the Gospel describes God’s mercy towards us. Our Father is moved to compassion whenever we repent, and he sends us home with hearts calm and at peace. He tells us that all is remitted and forgiven. God’s forgiveness knows no limits; it is greater than anything we can imagine and it come to all who know in their hearts that they have done wrong and desire to return to him. God looks at the heart that seeks forgiveness.
The problem, unfortunately, comes whenever we have to deal with a brother or sister who has even slightly offended us. The reaction described in the parable describes it perfectly: “He seized him by the throat and said, ‘Pay what you owe!’” (Mt 18:28). Here we encounter all the drama of our human relationships. When we are indebted to others, we expect mercy; but others are indebted to us, we demand justice! All of us do this. It is a reaction unworthy of Christ’s disciples, nor is it the sign of a Christian style of life. Jesus teaches us to forgive and to do so limitlessly: “I do not say to you seven times, but seventy times seven” (v. 22). What he offers us is the Father’s love, not our own claims to justice. To trust in the latter alone would not be the sign that we are Christ’s disciples, who have obtained mercy at the foot of the cross solely by virtue of the love of the Son of God. Let us not forget, then, the harsh saying at the end of the parable: “So also my heavenly Father will do to every one of you, if you do not forgive your brother from your heart” (v. 35).
Dear brothers and sisters, the pardon of which Saint Francis made himself a “channel” here at the Porziuncola continues to “bring forth heaven” even after eight centuries. In this Holy Year of Mercy, it becomes ever clearer that the path of forgiveness can truly renew the Church and the world. To offer today’s world the witness of mercy is a task from which none of us can feel exempted. I repeat: to offer today’s world the witness of mercy is a task from which none of us can feel exempted. The world needs forgiveness; too many people are caught up in resentment and harbour hatred, because they are incapable of forgiving. They ruin their own lives and the lives of those around them rather than finding the joy of serenity and peace. Let us ask Saint Francis to intercede for us, so that we may always be humble signs of forgiveness and channels of mercy.
We can pray about this. Each in his or her own way. I ask the friars and the bishops to go to the confessionals – I too will go – to be available for pardon. It will do us good to receive it today, here, all together. May the Lord grant us the grace to say those words that the Father does not let us finish, the words spoken by the prodigal son: “Father, I have sinned against…”. He did not let him finish, but embraced him. We start to speak but he does not let us finish, and gives us a new garment… “But, Father, I am afraid of going back and doing the same thing tomorrow..” Return! The Father is always on the lookout, waiting for the return of the prodigal son. All of us are that son. May the Lord grant us this grace.
[01267-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Heute, liebe Brüder und Schwestern, möchte ich gerne zu allererst an die Worte erinnern, die der heilige Franziskus nach einer alten Überlieferung genau hier vor dem ganzen Volk und den Bischöfen gesprochen hat: „Ich will euch alle ins Paradies schicken!“ Was konnte der Poverello von Assisi Schöneres verlangen als das Geschenk des Heiles, des ewigen Lebens mit Gott und der Freude ohne Ende, die Jesus uns mit seinem Tod und seiner Auferstehung erworben hat?
Und außerdem, was ist denn das Paradies, wenn nicht das Geheimnis der Liebe, die uns für immer mit Gott verbindet, damit wir ihn ohne Ende betrachten können? Die Kirche bekennt von jeher diesen Glauben, wenn sie sagt, dass sie an die Gemeinschaft der Heiligen glaubt. Wir sind mit unserem Leben aus dem Glauben nie allein; die Heiligen und die Seligen leisten uns Gesellschaft; auch unsere Lieben, die in Einfachheit und Freude den Glauben gelebt und in ihrem Leben bezeugt haben. Es gibt eine unsichtbare, aber deshalb nicht weniger wirkliche Verbindung, die uns „ein Leib“ sein lässt kraft der einen Taufe, die wir empfangen haben, beseelt von dem „einen Geist“ (vgl. Eph 4,4). Vielleicht hatte der heilige Franziskus, als er von Papst Honorius III. die Gabe des Ablasses für diejenigen erbat, die zur Portiuncula kamen, diese Worte Jesu an seine Jünger im Sinn: »Im Haus meines Vaters gibt es viele Wohnungen. Wenn es nicht so wäre, hätte ich euch dann gesagt: „Ich gehe, um einen Platz für euch vorzubereiten“? Wenn ich gegangen bin und einen Platz für euch vorbereitet habe, komme ich wieder und werde euch zu mir holen, damit auch ihr dort seid, wo ich bin« (Joh 14,2-3).
Der Weg der Vergebung ist sicherlich der Hauptweg, dem man folgen muss, um an jenen Platz im Paradies zu gelangen. Es ist schwierig, zu verzeihen! Wieviel kostet es uns, den anderen zu vergeben! Denken wir ein wenig darüber nach… Und hier bei der Portiuncula spricht alles von Vergebung! Welch großes Geschenk hat uns der Herr gemacht, als er uns lehrte zu vergeben – oder wenigstens, den Willen zu haben, zu vergeben –, um uns die Barmherzigkeit des Vaters mit Händen greifen zu lassen! Wir haben das Gleichnis gehört, mit dem Jesus uns anwies, zu vergeben (vgl. Mt 18,21-35). Warum sollten wir einem Menschen vergeben, der uns Böses angetan hat? Weil zuerst einmal uns vergeben worden ist, und unendlich viel mehr. Es gibt niemanden unter uns hier, der nicht Vergebung empfangen hat. Jeder bedenke das… denken wir schweigend an das Schlechte, das wir getan haben, und wie der Herr uns vergeben hat. Das Gleichnis sagt uns genau das: Wie Gott uns vergibt, so müssen auch wir dem vergeben, der uns Böses antut. Es ist die Liebkosung der Vergebung. Das verzeihende Herz – es schenkt eine Liebkosung. Wie weit ist das entfernt von jener Geste [er deutet das Ausreißen eines Zahns an]: „Das wirst du mir teuer bezahlen!“. Vergebung ist etwas Anderes. Gerade so wie in dem Gebet, das Jesus uns gelehrt hat, im Vaterunser, wenn wir sagen: »Und erlass uns unsere Schulden, wie auch wir sie unseren Schuldnern erlassen haben« (Mt 6,12). Die Schulden sind unsere Sünden vor Gott, und unsere Schuldner sind die, denen auch wir vergeben müssen.
Jeder von uns könnte jener Diener des Gleichnisses sein, der eine große Schuld zu begleichen hat, die aber so groß ist, dass er es niemals schaffen könnte. Wenn wir im Beichtstuhl vor dem Priester niederknien, tun auch wir nichts anderes, als dieselbe Geste des Dieners zu wiederholen: „Herr, hab Geduld mit mir.“ Habt ihr manchmal an die Geduld Gottes gedacht? Er hat so viel Geduld! Wir wissen nämlich genau, dass wir voller Fehler sind und oft in dieselben Sünden zurückfallen. Und doch wird Gott nicht müde, uns immer seine Vergebung anzubieten, jedes Mal, wenn wir darum bitten. Es ist eine volle, allumfassende Vergebung, mit der er uns die Gewissheit gibt, dass er, obwohl wir in dieselben Sünden zurückfallen können, Erbarmen mit uns hat und nicht aufhört, uns zu lieben. Wie der Herr aus dem Gleichnis, so erbarmt sich Gott, das heißt es überkommt ihn ein Gefühl des Mitleids verbunden mit zärtlicher Liebe: Es ist ein Ausdruck, um seine Barmherzigkeit uns gegenüber zu bezeichnen. Unser Vater erbarmt sich nämlich immer, wenn wir Reue empfinden, und er lässt uns mit ruhigem und ungetrübtem Herzen nach Hause zurückkehren, weil er uns sagt, dass er uns alles erlassen und alles vergeben hat. Die Vergebung Gottes kennt keine Grenzen; sie überschreitet all unsere Vorstellungen und erreicht jeden, der zutiefst in seinem Herzen zugibt, dass er einen Fehler begangen hat, und zu Gott zurückkehren möchte. Gott schaut auf das Herz, das um Vergebung bittet.
Das Problem entsteht leider, wenn wir anfangen, uns mit einem Mitmenschen zu vergleichen, der uns ein kleines Unrecht zugefügt hat. Die Reaktion, die wir im Gleichnis gehört haben, ist sehr aussagekräftig: »Er packte ihn, würgte ihn und rief: „Bezahl, was du mir schuldig bist!“« (Mt 18,28). In dieser Szene begegnen wir dem ganzen Drama unserer zwischenmenschlichen Beziehungen. Wenn wir den anderen etwas schulden, beanspruchen wir Barmherzigkeit; wenn wir dagegen eine Schuldforderung haben, rufen wir nach Gerechtigkeit! Und alle handeln wir so, alle. Das ist nicht die Reaktion des Jüngers Christi und das kann nicht der Stil christlichen Lebens sein. Jesus lehrt uns, zu vergeben und es ohne Grenzen zu tun: »Nicht siebenmal, sondern siebenundsiebzigmal« (V. 22). Kurzum, was er uns vorschlägt, ist die Liebe des Vaters, nicht unsere Forderung nach Gerechtigkeit. Bei ihr stehenzubleiben, würde uns nämlich nicht als Jünger Christi qualifizieren, die unter dem Kreuz einzig dank der Liebe des Gottessohnes Barmherzigkeit empfangen haben. Vergessen wir also nicht die harten Worte, mit denen das Gleichnis schließt: »Ebenso wird mein himmlischer Vater jeden von euch behandeln, der seinem Bruder nicht von ganzem Herzen vergibt« (V. 35).
Liebe Brüder und Schwestern, die Vergebung, für die der heilige Franziskus sich zum „Kanal“ gemacht hat, fährt hier an der Portiuncula noch nach acht Jahrhunderten weiter fort, „Paradies zu erzeugen“. In diesem heiligen Jahr der Barmherzigkeit wird noch deutlicher, wie der Weg der Vergebung die Kirche und die Welt wirklich erneuern kann. Die Barmherzigkeit in der Welt von heute zu bezeugen, ist eine Aufgabe, der sich keiner von uns entziehen kann. Ich wiederhole: Die Barmherzigkeit in der Welt von heute zu bezeugen, ist eine Aufgabe, der sich keiner von uns entziehen kann. Die Welt braucht Vergebung; zu viele Menschen leben eingeschlossen im Groll und hegen Hass, weil sie unfähig sind zu vergeben. Und so verderben sie ihr eigenes Leben und das anderer, anstatt die Freude der Unbeschwertheit und des Friedens zu finden. Bitten wir den heiligen Franziskus, dass er Fürbitte für und einlege, damit wir nie aufgeben, demütige Zeichen der Vergebung und Werkzeuge der Barmherzigkeit zu sein.
Wir können das ins Gebet nehmen. Jeder, wie er es empfindet. Ich lade die Brüder, die Bischöfe ein, in die Beichtstühle zu gehen – auch ich werde gehen –, um für die Vergebung zur Verfügung zu stehen. Es wird uns gut tun, sie heute hier gemeinsam zu empfangen. Möge der Herr uns die Gnade schenken, jenes Wort zu sagen, das der himmlische Vater uns nicht einmal beenden lässt, jenes, das der verlorene Sohn sagte: „Vater ich habe gesündigt gegen…“ und [der Vater] hält ihm den Mund zu und umarmt ihn. Wir beginnen zu sprechen, und er wird uns den Mund zuhalten und uns neu einkleiden… „Aber Pater, ich habe Angst, dass ich morgen wieder dasselbe tue…“ – Dann komm wieder! Der Vater behält immer den Weg im Auge, er hält Ausschau, in Erwartung, dass der verlorene Sohn zurückkehrt; und wir alle sind das. Möge der Herr uns diese Gnade erweisen.
[01267-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Quisiera recordar hoy, queridos hermanos y hermanas, ante todo, las palabras que, según la antigua tradición, san Francisco pronunció justamente aquí ante todo el pueblo y los obispos: «Quiero enviaros a todos al paraíso». ¿Qué cosa más hermosa podía pedir el Poverello de Asís, sino el don de la salvación, de la vida eterna con Dios y de la alegría sin fin, que Jesús obtuvo para nosotros con su muerte y resurrección?
El paraíso, después de todo, ¿qué es sino el misterio de amor que nos une por siempre con Dios para contemplarlo sin fin? La Iglesia profesa desde siempre esta fe cuando dice creer en la comunión de los santos. Jamás estamos solos cuando vivimos la fe; nos hacen compañía los santos y los beatos, y también las personas queridas que han vivido con sencillez y alegría la fe, y la han testimoniado con su vida. Hay un nexo invisible, pero no por eso menos real, que nos hace ser «un solo cuerpo», en virtud del único Bautismo recibido, animados por «un solo Espíritu» (cf. Ef 4,4). Quizás san Francisco, cuando pedía al Papa Honorio III la gracia de la indulgencia para quienes venían a la Porciúncula, pensaba en estas palabras de Jesús a sus discípulos: «En la casa de mi Padre hay muchas estancias; si no fuera así, ¿os habría dicho que voy a prepararos sitio? Cuando vaya y os prepare sitio, volveré y os llevaré conmigo, para que donde estoy yo, estéis también vosotros» (Jn 14,2-3).
La vía maestra es ciertamente la del perdón, que se debe recorrer para lograr ese puesto en el paraíso. Es difícil perdonar. Cuanto nos cuesta perdonar a los demás. Pensémoslo un momento. Y aquí, en la Porciúncula, todo habla de perdón. Qué gran regalo nos ha hecho el Señor enseñándonos a perdonar – o, al menos, tener la voluntad de perdonar – para experimentar en carne propia la misericordia del Padre. Hemos escuchado la parábola con la que Jesús nos enseña a perdonar (cf. Mt 18,21-35). ¿Por qué debemos perdonar a una persona que nos ha hecho mal? Porque nosotros somos los primeros que hemos sido perdonados, e infinitamente más. No hay ninguno entre nosotros, que no ha sido perdonado. Piense cada uno… pensemos en silencio las cosas malas que hemos hecho y como el Señor nos ha perdonado. La parábola nos dice justamente esto: como Dios nos perdona, así también nosotros debemos perdonar a quien nos hace mal. Es la caricia del perdón. El corazón que perdona. El corazón que perdona acaricia. Tal lejos de aquel gesto: «me lo pagaras». El perdón es otra cosa. Exactamente como en la oración que Jesús nos enseñó, el Padre Nuestro, cuando decimos: «Perdona nuestros pecados como también nosotros perdonamos a todo el que nos debe algo» (Mt 6,12). Las deudas son nuestros pecados ante Dios, y nuestros deudores son aquellos que nosotros debemos perdonar.
Cada uno de nosotros podría ser ese siervo de la parábola que tiene que pagar una gran deuda, pero es tan grande que jamás podría lograrlo. También nosotros, cuando en el confesionario nos ponemos de rodillas ante el sacerdote, repetimos simplemente el mismo gesto del siervo. Decimos: «Señor, ten paciencia conmigo». ¿Han pensado alguna vez en la paciencia de Dios? Tiene tanta paciencia. En efecto, sabemos bien que estamos llenos de defectos y recaemos frecuentemente en los mismos pecados. Sin embargo, Dios no se cansa de ofrecer siempre su perdón cada vez que se lo pedimos. Es un perdón pleno, total, con el que nos da la certeza de que, aun cuando podemos recaer en los mismos pecados, él tiene piedad de nosotros y no deja de amarnos. Como el rey de la parábola, Dios se apiada, prueba un sentimiento de piedad junto con el de la ternura: es una expresión para indicar su misericordia para con nosotros. Nuestro Padre se apiada siempre cuando estamos arrepentidos, y nos manda a casa con el corazón tranquilo y sereno, diciéndonos que nos ha liberado y perdonado todo. El perdón de Dios no conoce límites; va más allá de nuestra imaginación y alcanza a quien reconoce, en el íntimo del corazón, haberse equivocado y quiere volver a él. Dios mira el corazón que pide ser perdonado.
El problema, desgraciadamente, surge cuando nosotros nos ponemos a confrontarnos con nuestro hermano que nos ha hecho una pequeña injusticia. La reacción que hemos escuchado en la parábola es muy expresiva: «Págame lo que me debes» (Mt 18,28). En esta escena encontramos todo el drama de nuestras relaciones humanas. Cuando estamos nosotros en deuda con los demás, pretendemos la misericordia; en cambio cuando estamos en crédito, invocamos la justicia. Todos hacemos así, todos. Esta no es la reacción del discípulo de Cristo ni puede ser el estilo de vida de los cristianos. Jesús nos enseña a perdonar, y a hacerlo sin límites: «No te digo hasta siete veces, sino hasta setenta veces siete» (v. 22). Así pues, lo que nos propone es el amor del Padre, no nuestra pretensión de justicia. En efecto, limitarnos a lo justo, no nos mostraría como discípulos de Cristo, que han obtenido misericordia a los pies de la cruz sólo en virtud del amor del Hijo de Dios. No olvidemos, las palabras severas con las que se concluye la parábola: «Lo mismo hará con vosotros mi Padre del cielo, si cada cual no perdona de corazón a su hermano» (v. 35).
Queridos hermanos y hermanas: el perdón del que nos habla san Francisco se ha hecho «cauce» aquí en la Porciúncula, y continúa a «generar paraíso» todavía después de ocho siglos. En este Año Santo de la Misericordia, es todavía más evidente cómo la vía del perdón puede renovar verdaderamente la Iglesia y el mundo. Ofrecer el testimonio de la misericordia en el mundo de hoy es una tarea que ninguno de nosotros puede rehuir. Repito: ofrecer el testimonio de la misericordia en el mundo de hoy es una tarea que ninguno de nosotros puede rehuir. El mundo necesita el perdón; demasiadas personas viven encerradas en el rencor e incuban el odio, porque, incapaces de perdonar, arruinan su propia vida y la de los demás, en lugar de encontrar la alegría de la serenidad y de la paz. Pedimos a san Francisco que interceda por nosotros, para que jamás renunciemos a ser signos humildes de perdón e instrumentos de misericordia.
Podemos rezar con esta intención. Cada uno como lo siente. Invito a los frailes, a los obispos a ir a los confesionarios – también iré yo – para estar a disposición del perdón. Nos hará bien recibirlo hoy, aquí, juntos. Que el Señor nos de la gracia de decir aquella palabra que el Padre no nos deja terminar, la que ha dicho el hijo prodigo: «Padre he pecado contra…», y [el Padre] le ha tapado la boca, lo ha abrazado. Nosotros comenzaremos a hablar, y él nos tapara la boca y nos revestirá… «Pero, padre, tengo miedo que mañana haga lo mismo…». Pues, regresa. El Padre siempre mira el camino, mira, en espera de que regrese el hijo pródigo; y todos nosotros lo somos. Que el Señor nos de esta gracia.
[01267-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Gostava hoje de começar, queridos irmãos e irmãs, por lembrar as palavras que, segundo uma antiga tradição, São Francisco pronunciou aqui mesmo, perante todo o povo e os bispos: «Quero mandar-vos todos para o paraíso». Que poderia o Pobrezinho de Assis pedir de mais belo do que o dom da salvação, da vida eterna com Deus e da alegria sem fim, que Jesus nos conquistou com a sua morte e ressurreição?
Aliás, que é o paraíso senão o mistério de amor que nos liga para sempre a Deus numa contemplação sem fim? Desde sempre a Igreja professa esta fé ao afirmar que acredita na comunhão dos santos. Na vivência da fé, nunca estamos sozinhos; fazem-nos companhia os Santos e os Beatos – também os nossos entes queridos – que viveram com simplicidade e alegria a fé e a testemunharam na sua vida. Há um vínculo invisível – mas não por isso menos real – que, em virtude do único Batismo recebido, faz de nós «um só corpo» animados por «um só Espírito» (cf. Ef 4, 4). São Francisco, ao pedir ao Papa Honório III o dom da indulgência para quantos viessem à Porciúncula, talvez tivesse em mente estas palavras de Jesus aos seus discípulos: «Na casa de meu Pai há muitas moradas. Se assim não fosse, como teria dito Eu que vos vou preparar um lugar? E quando Eu tiver ido e vos tiver preparado lugar, virei novamente e hei-de levar-vos para junto de mim, a fim de que, onde Eu estou, vós estejais também» (Jo 14, 2-3).
A via mestra a seguir para alcançar o tal lugar no Paraíso é, sem dúvida, a estrada do perdão. É difícil perdoar… Quanto nos custa perdoar aos outros! Pensemos um pouco nisto. E aqui, na Porciúncula, tudo fala de perdão. Que grande prenda nos deu o Senhor ao ensinar-nos a perdoar – ou, pelo menos, a ter o desejo de perdoar –, para tocar quase sensivelmente a misericórdia do Pai! Ouvimos a parábola com que Jesus nos ensina a perdoar (cf. Mt 18, 21-35). Porque deveremos perdoar a uma pessoa que nos fez mal? Porque antes fomos perdoados nós mesmos… e infinitamente mais. Não há ninguém aqui, entre nós, que não tenha sido perdoado. Cada um pense… pensemos em silêncio quantas coisas más fizemos e como o Senhor nos perdoou. É isto mesmo que nos diz a parábola: tal como Deus nos perdoa a nós, assim também devemos perdoar a quem nos faz mal. É a carícia do perdão, o coração que perdoa. O coração que perdoa acaricia. Como estamos longe daquele gesto: «Hás de pagar-mas!». O perdão é outra coisa! Precisamente como dizemos na oração que Jesus nos ensinou, o Pai Nosso: «Perdoai-nos as nossas ofensas, assim como nós perdoamos a quem nos tem ofendido» (Mt 6, 12). As ofensas são os nossos pecados diante de Deus, e, àqueles que nos ofenderam, também nós devemos perdoar.
Cada um de nós poderia ser aquele servo da parábola que tem uma dívida para pagar, mas tão grande, tão grande que nunca conseguiria satisfazê-la. Também nós, quando nos ajoelhamos aos pés do sacerdote no confessionário, estamos simplesmente a repetir o mesmo gesto daquele servo. Dizemos: «Senhor, tem paciência comigo!» Já alguma vez pensastes na paciência de Deus? Tem tanta paciência. Na realidade, sabemos bem que estamos cheios de defeitos e muitas vezes recaímos nos mesmos pecados. E todavia Deus não se cansa de nos oferecer o seu perdão, sempre que Lho pedimos. É um perdão completo, total, dando-nos a certeza de que, não obstante podermos voltar a cair nos mesmos pecados, Ele tem piedade de nós e não cessa jamais de nos amar. Como o senhor da parábola, Deus compadece-Se, isto é, experimenta um sentimento de piedade combinada com ternura: é uma expressão para indicar a sua misericórdia para connosco. Com efeito, o nosso Pai sempre Se compadece, quando estamos arrependidos e manda-nos voltar para casa de coração tranquilo e sereno dizendo que todas as coisas nos foram remidas e nos perdoou tudo. O perdão de Deus não tem limites; ultrapassa toda a nossa imaginação e alcança toda e qualquer pessoa que, no íntimo do coração, reconheça ter errado e queira voltar para Ele. Deus vê o coração que pede para ser perdoado.
O problema surge, infelizmente, quando nos encontramos com um irmão que nos fez um pequeno agravo. A reação que ouvimos na parábola é muito expressiva: «Segurando-o, apertou-lhe o pescoço e sufocava-o, dizendo: “Paga o que me deves!”» (Mt 18, 28). Nesta cena, temos todo o drama das nossas relações humanas: quando estamos em dívida com os outros, pretendemos misericórdia; mas, quando são os outros em dívida connosco, invocamos justiça. E todos fazemos assim, todos. Esta não é a reação do discípulo de Cristo, nem pode ser este o estilo de vida dos cristãos. Jesus ensina-nos a perdoar, e a fazê-lo sem limites: «Não te digo até sete vezes, mas até setenta vezes sete» (v. 22). Em resumo, aquilo que nos propõe é o amor do Pai, não a nossa pretensão de justiça. Na verdade, deter-se nesta, não nos faria reconhecer como discípulos de Cristo, que obtiveram misericórdia ao pé da Cruz apenas em virtude do amor do Filho de Deus. Não esqueçamos, pois, as palavras severas com que termina a parábola: «Assim procederá convosco meu Pai celeste, se cada um de vós não perdoar ao seu irmão do íntimo do coração» (v. 35).
Queridos irmãos e irmãs, o perdão, de que São Francisco se fez «canal» aqui na Porciúncula, continua ainda a «gerar paraíso» depois de oito séculos. Neste Ano Santo da Misericórdia, torna-se ainda mais evidente como a estrada do perdão pode, verdadeiramente, renovar a Igreja e o mundo. Oferecer o testemunho da misericórdia, no mundo atual, é uma tarefa a que nenhum de nós pode subtrair-se. Repito: oferecer o testemunho da misericórdia, no mundo atual, é uma tarefa a que nenhum de nós pode subtrair-se. O mundo tem necessidade de perdão; demasiadas pessoas vivem fechadas no rancor e incubam ódio, porque incapazes de perdão, arruinando a vida própria e a dos outros, em vez de encontrar a alegria da serenidade e da paz. Peçamos a São Francisco que interceda por nós, para que nunca renunciemos a ser sinais humildes de perdão e instrumentos de misericórdia.
Podemos rezar sobre isto. Cada qual como o sentir. Convido os frades, os bispos a irem para os confessionários – eu também vou – para estar à disposição do perdão. Far-nos-á bem recebê-lo hoje, aqui, todos juntos. Que o Senhor nos dê a graça de dizer aquela palavra que o Pai não nos deixa acabar… aquela que disse o filho pródigo «Pai, pequei contra…» e [o Pai] tapou-lhe a boca, abraçou-o. Nós começamos a falar, e Ele tapar-nos-á a boca e nos revestirá… «Mas, padre, tenho medo de fazer o mesmo amanhã!» E volta… O Pai olha sempre a estrada, olha à espera que volte o filho pródigo. E todos nós o somos. Que o Senhor nos dê esta graça.
[01267-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Drodzy Bracia i Siostry!
Przede wszystkim chciałbym dziś, drodzy bracia i siostry, przypomnieć słowa, które, zgodnie z dawną tradycją, Franciszek wypowiedział właśnie tutaj, wobec całego ludu i biskupów: „Chcę was wszystkich posłać do nieba!”. O cóż piękniejszego mógł prosić Biedaczyna z Asyżu, jeśli nie o dar zbawienia, życia wiecznego z Bogiem i radości bez końca, który nabył dla nas Jezus przez swoją śmierć i zmartwychwstanie?
Zresztą czyż niebo nie jest tajemnicą miłości, która łączy nas z Bogiem na zawsze, abyśmy kontemplowali Go bez końca? Kościół zawsze wyznaje tę wiarę, gdy mówi, by wierzyć w komunię świętych. Nigdy nie jesteśmy sami w przeżywaniu wiary; towarzyszą nam święci i błogosławieni, także nasi bliscy, którzy z prostotą i radością przeżywali wiarę i o niej zaświadczyli w swoim życiu. Istnieje niewidzialna, tym niemniej realna więź, czyniąca nas „jednym ciałem”, ożywianym „jednym Duchem” (por. Ef 4, 4), na mocy jednego chrztu. Może św. Franciszek, kiedy prosił papieża Honoriusza III o dar odpustu dla tych, którzy przybywali do Porcjunkuli, miał na myśli słowa Jezusa skierowane do uczniów: „W domu Ojca mego jest mieszkań wiele. Gdyby tak nie było, to bym wam powiedział. Idę przecież przygotować wam miejsce. A gdy odejdę i przygotuję wam miejsce, przyjdę powtórnie i zabiorę was do siebie, abyście i wy byli tam, gdzie Ja jestem” (J 14, 2-3).
Przebaczenie to z pewnością główna droga, którą trzeba pójść, aby osiągnąć to miejsce w niebie. Trudno jest przebaczyć! Ile nas kosztuje przebaczyć innym! Pomyślmy chwilę. A tu w Porcjunkuli wszystko mówi o przebaczeniu! Jakże wielki dar uczynił nam Pan ucząc nas przebaczania – albo przynajmniej pragnienia przebaczania – abyśmy mogli namacalnie dotknąć miłosierdzia Ojca! Przed chwilą usłyszeliśmy przypowieść, przez którą Jezus uczy nas przebaczać (por. Mt 18, 21-35). Dlaczego powinniśmy przebaczyć komuś, kto nas skrzywdził? Ponieważ nam samym jako pierwszym przebaczono i to nieskończenie więcej. Nie ma pośród nas nikogo, komu nie byłoby przebaczone. Niech każdy pomyśli… pomyślmy w milczeniu o złych rzeczach, które zrobiliśmy i jak Pan nam przebaczył. Przypowieść mówi nam właśnie o tym: tak, jak Bóg nam przebacza, tak też i my powinniśmy przebaczyć tym, którzy nam wyrządzili zło. Jest to czuły dotyk przebaczenia. Serce, które przebacza. Serce, które przebacza dotyka czule. Bardzo dalekie od postawy: „jeszcze ci odpłacę!” Przebaczenie, to całkiem co innego. Dokładnie tak samo jak w modlitwie, której nauczył nas Jezus – Ojcze nasz – kiedy mówimy: „Odpuść nam nasze winy, jako i my odpuszczamy naszym winowajcom” (Mt 6, 12). Winy, to nasze grzechy przed Bogiem, a nasi dłużnicy to ci, którym i my musimy wybaczyć.
Każdy z nas może być owym sługą z przypowieści, który ma duży dług do spłacenia, i to tak wielki, że nigdy nie mógłby tego uczynić. My także, gdy klękamy w konfesjonale przed kapłanem, nie czynimy nic innego jak tylko powtarzamy ten gest sługi. Mówimy: „Panie, miej cierpliwość nade mną”. Czy myśleliście czasem o cierpliwości Boga? Ma wiele cierpliwości. Dobrze bowiem wiemy, że jesteśmy pełni wad i często popadamy w te same grzechy. A jednak Bóg niestrudzenie oferuje nam zawsze swoje przebaczenie, za każdym razem, kiedy Go o to prosimy. Jest to przebaczenie pełne, całkowite, poprzez które daje nam pewność, że pomimo, iż możemy popaść w te same grzechy, On się nad nami lituje i nigdy nie przestaje nas kochać. Podobnie jak pan w przypowieści, Bóg lituje się, to znaczy doświadcza uczucia litości w połączeniu z czułością: jest to wyraz wskazujący na Jego miłosierdzie wobec nas. Doprawdy nasz Ojciec lituje się zawsze, kiedy jesteśmy skruszeni, i odsyła nas z powrotem do domu ze spokojnym i pogodnym sercem, mówiąc nam, że wszystko nam darował i przebaczył wszystko. Boże przebaczenie nie ma granic; wykracza poza naszą wyobraźnię i dociera do każdego, kto w głębi serca uznaje swój błąd i chce do Niego powrócić. Bóg patrzy na serce, które prosi o przebaczenie.
Niestety problem pojawia się wówczas, gdy stajemy w obliczu brata, który wyrządził nam nieco zła. Reakcja, o jakiej usłyszeliśmy w przypowieści, jest bardzo wyrazista: „Chwycił go i zaczął dusić, mówiąc: «Oddaj, coś winien!»” (Mt 18, 28). W tej scenie odnajdujemy cały dramat naszych ludzkich relacji. Gdy my sami jesteśmy winni coś innym, oczekujemy miłosierdzia; natomiast, kiedy jesteśmy wierzycielami, domagamy się sprawiedliwości! Wszyscy tak robimy, wszyscy. To nie jest reakcja ucznia Chrystusa, i nie może być ona stylem życia chrześcijan. Jezus uczy nas przebaczania i to bez ograniczeń: „Nie mówię ci, że aż siedem razy, lecz aż siedemdziesiąt siedem razy” (w. 22). To, co nam w istocie proponuje, to miłość Ojca, a nie nasze roszczenia do sprawiedliwości. Zatrzymanie się na nich uniemożliwiałoby nam w istocie uznanie siebie za uczniów Chrystusa, którzy zyskali miłosierdzie u stóp krzyża jedynie na mocy miłości Syna Bożego. Nie zapominajmy więc surowych słów, którymi kończy się przypowieść: „Podobnie uczyni wam Ojciec mój niebieski, jeżeli każdy z was nie przebaczy z serca swemu bratu” (w. 35).
Drodzy bracia i siostry, przebaczenie, którego święty Franciszek stał się narzędziem tutaj w Porcjunkuli, po ośmiu wiekach nadal „rodzi niebo”. W tym Roku Świętym Miłosierdzia staje się jeszcze bardziej oczywiste, że droga przebaczenia może prawdziwie odnowić Kościół i świat. Dawanie świadectwa miłosierdzia w dzisiejszym świecie jest zadaniem, od którego nikt z nas nie może się uchylać. Powtarzam: dawanie świadectwa miłosierdzia w dzisiejszym świecie jest zadaniem, od którego nikt z nas nie może się uchylać. Świat potrzebuje przebaczenia; zbyt wielu ludzi żyje zamkniętych w żalu i pielęgnuje nienawiść, gdyż nie są zdolni do przebaczenia, rujnując życie swoje i innych, zamiast znaleźć radość pogody ducha i pokoju. Prośmy św. Franciszka, aby wstawiał się za nami, abyśmy nigdy nie wyrzekli się bycia pokornymi znakami przebaczenia i narzędziami miłosierdzia.
Możemy o to się modlić. Tak, jak każdy to czuje. Zachęcam braci, biskupów, aby poszli do konfesjonałów – ja też tam pójdę – aby być do dyspozycji przebaczenia. Będzie dobrze jeśli je otrzymamy dzisiaj, tu, razem. Niech Pan da nam łaskę, abyśmy wypowiedzieli to słowo, którego Ojciec nie pozwala nam dokończyć, które wypowiedział marnotrawny syn: „Ojcze, zgrzeszyłem przeciw…”, a [Ojciec] zamknął mu usta, przytulił go. My zaczynamy mówić, a On zamknie nam usta i odzieje nas… „Ale, ojcze, będę się bał, że jutro zrobię to samo…” Ale wróć! Ojciec wciąż patrzy na drogę, wypatruje w oczekiwaniu, że wróci marnotrawny syn; my wszyscy nim jesteśmy. Niech Pan da nam tę łaskę.
[01267-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Saluto finale
Vi ringrazio tanto per la vostra accoglienza, e chiedo al Signore che vi benedica. Vi ringrazio per questa volontà di essere vicini. E, anche, non dimenticatevi: sempre perdonare. Sempre! Perdonare dal cuore e, se si può, avvicinarsi all’altro, ma perdonare. Perché se noi perdoniamo, il Signore ci perdona; e tutti noi abbiamo bisogno di perdono… Qualcuno qui non ha bisogno di perdono?... Alzi la mano!... Tutti ne abbiamo bisogno.
Adesso preghiamo insieme la Madonna e poi vi darò la benedizione.
Ave Maria…
[Benedizione]
E per favore pregate per me! Arrivederci!
[01280-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0574-XX.03]