Benedizione di due case della Caritas nel “Campus Misericordiae”
Questa mattina, lasciato l’Arcivescovado, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto al Campus Misericordiae di Kraków, predisposto per ospitare i due eventi conclusivi della GMG. In quest’area sono state realizzate due strutture, che resteranno a ricordo dell’evento e come segno tangibile di misericordia: una Casa diurna per anziani, dal nome “Campus Misericordiae” e un Centro Caritas denominato “Il pane della Misericordia”.
Accolto alle ore 9 dal Sindaco di Wieliczka, nel cui territorio si trova il Campus, dal Card. Luis Antonio Tagle, Presidente di Caritas Internationalis e dal Direttore della Caritas diocesana, il Papa è stato accompagnato all’ingresso di una delle due case destinate all’accoglienza di poveri e anziani in difficoltà. Qui ha benedetto i presenti, i locali e una statua della Madonna di Loreto.
[01233-IT.01]
Santa Messa a conclusione della XXXI Giornata Mondiale della Gioventù, al “Campus Misericordiae” di Kraków
Omelia del Santo Padre
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Dopo la benedizione delle case della Caritas, il Santo Padre Francesco ha compiuto sulla vettura panoramica un lungo giro in tutta l’area del Campus Misericordiae, per salutare i giovani venuti da ogni parte del mondo, molti dei quali hanno trascorso la notte continuando l’Adorazione Eucaristica iniziata al termine della Veglia di preghiera.
Alle ore 9.45, dopo l’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Kraków, Card. Stanisław Dziwisz, il Papa ha presieduto la Celebrazione Eucaristica a conclusione della XXXI Giornata Mondiale della Gioventù, che ha avuto per tema: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5, 7).
Riportiamo di seguito il testo dell’omelia che Papa Francesco ha pronunciato nel corso della Santa Messa:
Omelia del Santo Padre
Cari giovani, siete venuti a Cracovia per incontrare Gesù. E il Vangelo oggi ci parla proprio dell’incontro tra Gesù e un uomo, Zaccheo, a Gerico (cfr Lc 19,1-10). Lì Gesù non si limita a predicare, o a salutare qualcuno, ma vuole – dice l’Evangelista – attraversare la città (cfr v. 1). Gesù desidera, in altre parole, avvicinarsi alla vita di ciascuno, percorrere il nostro cammino fino in fondo, perché la sua vita e la nostra vita si incontrino davvero.
Avviene così l’incontro più sorprendente, quello con Zaccheo, il capo dei “pubblicani”, cioè degli esattori delle tasse. Dunque Zaccheo era un ricco collaboratore degli odiati occupanti romani; era uno sfruttatore del suo popolo, uno che, per la sua cattiva fama, non poteva nemmeno avvicinarsi al Maestro. Ma l’incontro con Gesù gli cambia la vita, come è stato e ogni giorno può essere per ciascuno di noi. Zaccheo, però, ha dovuto affrontare alcuni ostacoli per incontrare Gesù. Non è stato facile, per lui, ha dovuto affrontare alcuni ostacoli, almeno tre, che possono dire qualcosa anche a noi.
Il primo è la bassa statura: Zaccheo non riusciva a vedere il Maestro perché era piccolo. Anche oggi possiamo correre il rischio di stare a distanza da Gesù perché non ci sentiamo all’altezza, perché abbiamo una bassa considerazione di noi stessi. Questa è una grande tentazione, che non riguarda solo l’autostima, ma tocca anche la fede. Perché la fede ci dice che noi siamo «figli di Dio, e lo siamo realmente» (1 Gv 3,1): siamo stati creati a sua immagine; Gesù ha fatto sua la nostra umanità e il suo cuore non si staccherà mai da noi; lo Spirito Santo desidera abitare in noi; siamo chiamati alla gioia eterna con Dio! Questa è la nostra “statura”, questa è la nostra identità spirituale: siamo i figli amati di Dio, sempre. Capite allora che non accettarsi, vivere scontenti e pensare in negativo significa non riconoscere la nostra identità più vera: è come girarsi dall’altra parte mentre Dio vuole posare il suo sguardo su di me, è voler spegnere il sogno che Egli nutre per me. Dio ci ama così come siamo, e nessun peccato, difetto o sbaglio gli farà cambiare idea. Per Gesù – ce lo mostra il Vangelo – nessuno è inferiore e distante, nessuno insignificante, ma tutti siamo prediletti e importanti: tu sei importante! E Dio conta su di te per quello che sei, non per ciò che hai: ai suoi occhi non vale proprio nulla il vestito che porti o il cellulare che usi; non gli importa se sei alla moda, gli importi tu, così come sei. Ai suoi occhi vali e il tuo valore è inestimabile.
Quando nella vita ci capita di puntare in basso anziché in alto, può aiutarci questa grande verità: Dio è fedele nell’amarci, persino ostinato. Ci aiuterà pensare che ci ama più di quanto noi amiamo noi stessi, che crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi, che “fa sempre il tifo” per noi come il più irriducibile dei tifosi. Sempre ci attende con speranza, anche quando ci rinchiudiamo nelle nostre tristezze, rimuginando continuamente sui torti ricevuti e sul passato. Ma affezionarci alla tristezza non è degno della nostra statura spirituale! E’ anzi un virus che infetta e blocca tutto, che chiude ogni porta, che impedisce di riavviare la vita, di ricominciare. Dio, invece, è ostinatamente speranzoso: crede sempre che possiamo rialzarci e non si rassegna a vederci spenti e senza gioia. E’ triste vedere un giovane senza gioia. Perché siamo sempre i suoi figli amati. Ricordiamoci di questo all’inizio di ogni giornata. Ci farà bene ogni mattina dirlo nella preghiera: “Signore, ti ringrazio perché mi ami; sono sicuro che tu mi ami; fammi innamorare della mia vita”. Non dei miei difetti, che vanno corretti, ma della vita, che è un grande dono: è il tempo per amare ed essere amati.
Zaccheo aveva un secondo ostacolo sulla via dell’incontro con Gesù: la vergogna paralizzante. Su questo abbiamo detto qualcosa ieri sera. Possiamo immaginare che cosa sia successo nel cuore di Zaccheo prima di salire su quel sicomoro, ci sarà stata una bella lotta: da una parte una curiosità buona, quella di conoscere Gesù; dall’altra il rischio di una tremenda figuraccia. Zaccheo era un personaggio pubblico; sapeva che, provando a salire sull’albero, sarebbe diventato ridicolo agli occhi di tutti, lui, un capo, un uomo di potere, ma tanto odiato. Ma ha superato la vergogna, perché l’attrattiva di Gesù era più forte. Avrete sperimentato che cosa succede quando una persona diventa tanto attraente da innamorarsene: allora può capitare di fare volentieri cose che non si sarebbero mai fatte. Qualcosa di simile accadde nel cuore di Zaccheo, quando sentì che Gesù era talmente importante che avrebbe fatto qualunque cosa per Lui, perché Lui era l’unico che poteva tirarlo fuori dalle sabbie mobili del peccato e della scontentezza. E così la vergogna che paralizza non ha avuto la meglio: Zaccheo – dice il Vangelo – «corse avanti», «salì» e poi, quando Gesù lo chiamò, «scese in fretta» (vv. 4.6). Ha rischiato, si è messo in gioco. Questo è anche per noi il segreto della gioia: non spegnere la curiosità bella, ma mettersi in gioco, perché la vita non va chiusa in un cassetto. Davanti a Gesù non si può rimanere seduti in attesa con le braccia conserte; a Lui, che ci dona la vita, non si può rispondere con un pensiero o con un semplice “messaggino”!
Cari giovani, non vergognatevi di portargli tutto, specialmente le debolezze, le fatiche e i peccati nella Confessione: Lui saprà sorprendervi con il suo perdono e la sua pace. Non abbiate paura di dirgli “sì” con tutto lo slancio del cuore, di rispondergli generosamente, di seguirlo! Non lasciatevi anestetizzare l’anima, ma puntate al traguardo dell’amore bello, che richiede anche la rinuncia, e un “no” forte al doping del successo ad ogni costo e alla droga del pensare solo a sé e ai propri comodi.
Dopo la bassa statura, dopo vergogna paralizzante, c’è un terzo ostacolo che Zaccheo ha dovuto affrontare, non più dentro di sé, ma attorno a sé. È la folla mormorante, che prima lo ha bloccato e poi lo ha criticato: Gesù non doveva entrare in casa sua, in casa di un peccatore! Quanto è difficile accogliere davvero Gesù, quanto è duro accettare un «Dio, ricco di misericordia» (Ef 2,4). Potranno ostacolarvi, cercando di farvi credere che Dio è distante, rigido e poco sensibile, buono con i buoni e cattivo con i cattivi. Invece il nostro Padre «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt 5,45) e ci invita al coraggio vero: essere più forti del male amando tutti, persino i nemici. Potranno ridere di voi, perché credete nella forza mite e umile della misericordia. Non abbiate timore, ma pensate alle parole di questi giorni: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). Potranno giudicarvi dei sognatori, perché credete in una nuova umanità, che non accetta l’odio tra i popoli, non vede i confini dei Paesi come delle barriere e custodisce le proprie tradizioni senza egoismi e risentimenti. Non scoraggiatevi: col vostro sorriso e con le vostre braccia aperte voi predicate speranza e siete una benedizione per l’unica famiglia umana, che qui così bene rappresentate!
La folla, quel giorno, ha giudicato Zaccheo, lo ha guardato dall’alto in basso; Gesù, invece, ha fatto il contrario: ha alzato lo sguardo verso di lui (v. 5). Lo sguardo di Gesù va oltre i difetti e vede la persona; non si ferma al male del passato, ma intravede il bene nel futuro; non si rassegna di fronte alle chiusure, ma ricerca la via dell’unità e della comunione; in mezzo a tutti, non si ferma alle apparenze, ma guarda al cuore. Gesù guarda il nostro cuore, il tuo cuore, il mio cuore. Con questo sguardo di Gesù, voi potete far crescere un’altra umanità, senza aspettare che vi dicano “bravi”, ma cercando il bene per sé stesso, contenti di conservare il cuore pulito e di lottare pacificamente per l’onestà e la giustizia. Non fermatevi alla superficie delle cose e diffidate delle liturgie mondane dell’apparire, dal maquillage dell’anima per sembrare migliori. Invece, installate bene la connessione più stabile, quella di un cuore che vede e trasmette il bene senza stancarsi. E quella gioia che gratuitamente avete ricevuto da Dio, per favore, gratuitamente donatela (cfr Mt 10,8), perché tanti la attendono! E la attendono da voi.
Ascoltiamo, infine, le parole di Gesù a Zaccheo, che sembrano dette apposta per noi oggi, per ognuno di noi: «Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (v. 5). “Scendi subito, perché oggi devo fermarmi con te. Aprimi la porta del tuo cuore”. Gesù ti rivolge lo stesso invito: “Oggi devo fermarmi a casa tua”. La GMG, potremmo dire, comincia oggi e continua domani, a casa, perché è lì che Gesù vuole incontrarti d’ora in poi. Il Signore non vuole restare soltanto in questa bella città o nei ricordi cari, ma desidera venire a casa tua, abitare la tua vita di ogni giorno: lo studio e i primi anni di lavoro, le amicizie e gli affetti, i progetti e i sogni. Quanto gli piace che nella preghiera tutto questo sia portato a Lui! Quanto spera che tra tutti i contatti e le chat di ogni giorno ci sia al primo posto il filo d’oro della preghiera! Quanto desidera che la sua Parola parli ad ogni tua giornata, che il suo Vangelo diventi tuo, e che sia il tuo “navigatore” sulle strade della vita!
Mentre ti chiede di venire a casa tua, Gesù, come ha fatto con Zaccheo, ti chiama per nome. Tutti noi, Gesù chiama per nome. Il tuo nome è prezioso per Lui. Il nome di Zaccheo evocava, nella lingua del tempo, il ricordo di Dio. Fidatevi del ricordo di Dio: la sua memoria non è un “disco rigido” che registra e archivia tutti i nostri dati, la sua memoria è un cuore tenero di compassione, che gioisce nel cancellare definitivamente ogni nostra traccia di male. Proviamo anche noi, ora, a imitare la memoria fedele di Dio e a custodire il bene che abbiamo ricevuto in questi giorni. In silenzio facciamo memoria di questo incontro, custodiamo il ricordo della presenza di Dio e della sua Parola, ravviviamo in noi la voce di Gesù che ci chiama per nome. Così preghiamo in silenzio, facendo memoria, ringraziando il Signore che qui ci ha voluti e incontrati.
[01215-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Drodzy młodzi, przybyliście do Krakowa na spotkanie z Jezusem. A Ewangelia mówi nam dziś właśnie o spotkaniu między Jezusem a pewnym człowiekiem, Zacheuszem, w Jerychu (Łk 19, 1-10). Jezus nie ogranicza się tam tylko do głoszenia nauki, czy pozdrawiania kogoś, ale – jak mówi Ewangelista – chce przejeść przez miasto (por. w. 1). Innymi słowy, Jezus pragnie przybliżyć się do życia każdego człowieka, przebyć do końca naszą drogę, aby Jego życie i nasze życie spotkały się naprawdę.
W ten sposób dochodzi do najbardziej zaskakującego spotkania, właśnie tego z Zacheuszem, zwierzchnikiem „celników”, czyli poborców podatkowych. Zacheusz był więc zamożnym współpracownikiem znienawidzonych okupantów rzymskich; był wyzyskiwaczem swojego narodu, kimś, kto z powodu swej złej reputacji nie mógł nawet zbliżyć się do Mistrza. Ale spotkanie z Jezusem zmienia jego życie, jak to było i może być codziennie w przypadku każdego z nas. Zacheusz jednak musiał zmierzyć się z pewnymi przeszkodami, aby spotkać Jezusa. Nie było to dla niego łatwe, musiał pokonać przeszkody: co najmniej trzy. Także i nam mogą one coś powiedzieć.
Pierwszą z nich jest niska postura: Zacheusz nie mógł zobaczyć Mistrza, ponieważ był niski. Także i dzisiaj może nam grozić, że będziemy stali z daleka od Jezusa, bo wydaje się nam, że nie dorastamy, bo mamy niską opinię o sobie. Jest to wielka pokusa, która dotyczy nie tylko samooceny, ale dotyka również wiary. Wiara mówi nam bowiem, że jesteśmy „dziećmi Bożymi: i rzeczywiście nimi jesteśmy” (1J 3, 1): zostaliśmy stworzeni na Jego obraz; Jezus nasze człowieczeństwo uczynił swoim a Jego serce nigdy nie oddzieli się od nas; Duch Święty chce w nas mieszkać; jesteśmy powołani do wiecznej radości z Bogiem! To jest nasza „postura”, to jest nasza duchowa tożsamość: jesteśmy umiłowanymi dziećmi Bożymi – zawsze nimi jesteśmy. Rozumiecie zatem, że brak akceptowania samych siebie, życie w niezadowoleniu i myślenie w sposób negatywny oznacza brak uznania naszej najprawdziwszej tożsamości: to jakby odwrócić się w inną stronę, kiedy Bóg chce, by na mnie spoczęło Jego spojrzenie, i to jakby chcieć zgasić marzenie, jakie Bóg żywi wobec mnie. Bóg nas miłuje takimi, jakimi jesteśmy, i żaden grzech, wada czy błąd nie sprawi, by zmienił swoje zdanie. Dla Jezusa – pokazuje to Ewangelia – nikt nie jest gorszy i daleki, nie ma człowieka bez znaczenia, ale wszyscy jesteśmy umiłowani i ważni: ty jesteś ważny! A Bóg liczy na ciebie z powodu tego, kim jesteś, a nie z powodu tego, co masz: w Jego oczach nic nie znaczy, jak jesteś ubrany, czy jakiego używasz telefonu komórkowego; dla Niego nie jest ważne, czy podążasz za modą – liczysz się ty, taki jaki jesteś. W Jego oczach jesteś wartościowy, a twoja wartość jest bezcenna.
Kiedy w życiu zdarza nam się, że mierzymy nisko zamiast wysoko, może nam pomóc ta wspaniała prawda: Bóg jest wierny w miłości względem nas, a nawet nieustępliwy. Pomoże nam myśl, że kocha nas bardziej, niż my kochamy samych siebie, że wierzy w nas bardziej, niż my wierzymy w siebie, że zawsze nam „kibicuje” jako najbardziej niezłomny z fanów. Zawsze czeka na nas z nadzieją, nawet gdy zamykamy się w naszych smutkach, ciągle rozpamiętując doznane krzywdy i przeszłość. Ale przywiązywanie się do smutku nie jest godne naszej postury duchowej! Jest to w rzeczywistości jakiś wirus, który zaraża i blokuje wszystko, który zamyka wszelkie drzwi, który uniemożliwia rozpoczęcie życia na nowo, ponowny start. Bóg jest jednak nieustępliwy w nadziei: zawsze wierzy, że możemy się podnieść i nie poddaje się, widząc nas przygaszonych i bez radości. To smutne widzieć młodego człowieka bez radości. Jesteśmy bowiem zawsze Jego umiłowanymi dziećmi. Pamiętajmy o tym na początku każdego dnia. Warto, abyśmy co rana mówili w modlitwie: „Panie, dziękuję Ci, że mnie kochasz; jestem pewien, że mnie kochasz; spraw bym zakochał się w moim życiu!”. Nie w moich wadach, które muszą być poprawione, ale w życiu, które jest wielkim darem: jest ono czasem, aby kochać i być kochanym.
Zacheusz miał drugą przeszkodę na drodze do spotkania z Jezusem: paraliżujący wstyd. O tym mówiliśmy trochę wczoraj wieczorem. Możemy sobie wyobrazić, co się wydarzyło w sercu Zacheusza, zanim wszedł na sykomorę – musiał stoczyć poważną walkę wewnętrzną: z jednej strony dobra ciekawość, by poznać Jezusa; a z drugiej ryzyko strasznej niezręczności. Zacheusz był osobą publiczną; wiedział, że stanie się śmiesznym w oczach wszystkich, próbując wspiąć się na drzewo, on, przywódca, człowiek władzy, ale bardzo znienawidzony. Niemniej przezwyciężył wstyd, ponieważ silniejsza była ciekawość Jezusa. Doświadczyliście, co się dzieje, kiedy jakiś człowiek staje się na tyle atrakcyjny, by się w nim zakochać: może się wtedy zdarzyć, że chętnie robi się coś, czego byśmy nigdy w życiu nie zrobili. Coś podobnego zdarzyło się w sercu Zacheusza, kiedy odczuł, że Jezus jest dla niego tak ważny, że zrobiłby dla Niego wszystko, ponieważ tylko On mógł go wyciągnąć z ruchomych piasków grzechu i niezadowolenia. I tak pokonał paraliżujący wstyd. Jak mówi Ewangelia Zacheusz – „pobiegł naprzód”, „wspiął się”, a potem, kiedy wezwał go Jezus, „zszedł z pośpiechem” (ww. 4.6). Zaryzykował i zaangażował się. Również dla nas jest to tajemnica radości: nie gasić pięknej ciekawości, ale zaangażować się, aby życie nie było zamknięte w szufladzie. Przed Jezusem nie można siedzieć, czekając z założonymi rękami; Temu, który daje nam życie, nie można odpowiedzieć jakąś myślą lub zwykłym „SMS-em”!
Drodzy młodzi, nie wstydźcie się zanieść Mu wszystkiego, a zwłaszcza słabości, trudów i grzechów w spowiedzi: On potrafi was zaskoczyć swoim przebaczeniem i pokojem. Nie bójcie się powiedzieć Mu „tak” z całym entuzjazmem serca, odpowiedzieć Mu wielkodusznie, pójść za Nim! Nie dajcie sobie znieczulić duszy, ale dążcie do pięknej miłości, która wymaga również wyrzeczenia i mocnego „nie” dopingowi sukcesu za wszelką cenę i narkotykowi myślenia tylko o sobie i swojej wygodzie.
Po niskiej posturze, po paraliżującym wstydzie, jest też trzecia przeszkoda, której Zacheusz musiał stawić czoło, ale już nie w sobie, lecz wokół siebie. To szemrzący tłum, który najpierw go blokował, a później krytykował: Jezus nie powinien wchodzić do jego domu, do domu grzesznika! Jakże trudno jest naprawdę przyjąć Jezusa, jak trudno zaakceptować „Boga bogatego w miłosierdzie” (Ef 2, 4). Mogą wam stawiać przeszkody, starając się, byście uwierzyli, że Bóg jest daleki, surowy i niezbyt czuły, dobry dla dobrych a zły wobec złych. Tymczasem nasz Ojciec „sprawia, że słońce Jego wschodzi nad złymi i nad dobrymi” (Mt 5, 45) i zachęca nas do prawdziwej odwagi: byśmy byli silniejsi niż zło, kochając wszystkich, nawet naszych nieprzyjaciół. Mogą się z was śmiać, bo wierzycie w łagodną i pokorną moc miłosierdzia. Nie bójcie się, ale pomyślcie o słowach tych dni: „Błogosławieni miłosierni, albowiem oni miłosierdzia dostąpią” (Mt 5, 7). Mogą was osądzać, że jesteście marzycielami, bo wierzycie w nową ludzkość, która nie godzi się na nienawiść między narodami, nie postrzega granic krajów jako przeszkody i zachowuje swoje tradycje bez egoizmu i resentymentów. Nie zniechęcajcie się: z waszym uśmiechem i otwartymi ramionami głosicie nadzieję i jesteście błogosławieństwem dla jednej rodziny ludzkiej, którą tutaj tak dobrze reprezentujecie!
Tego dnia tłum osądził Zacheusza, spojrzał na niego z góry; Jezus przeciwnie, dokonał czegoś odwrotnego: spojrzał w górę na niego (w. 5). Spojrzenie Jezusa wykracza poza wady i widzi osobę; nie zatrzymuje się na złu z przeszłości, ale przewiduje dobro w przyszłości; nie godzi się na zamknięcia, ale poszukuje drogi jedności i komunii; pośród wszystkich, nie zatrzymuje się na pozorach, ale patrzy na serce. Jezus patrzy na nasze serce, twoje serce, moje serce. Z tym spojrzeniem Jezusa możecie sprawiać rozwój innej ludzkości, nie czekając na oklaski, ale poszukując dobra dla niego samego, ciesząc się, że zachowaliście czyste serce i pokojowo walczycie o uczciwość i sprawiedliwość. Nie zatrzymujcie się na powierzchni rzeczy i nie ufajcie światowym liturgiom pozorów, „makijaży” duszy, aby wydawać się lepszymi. Natomiast dobrze zainstalujcie połączenie bardziej stabilne, serce, które niestrudzenie widzi i przekazuje dobro. I tę radość, którą darmo otrzymaliście od Boga, proszę, darmo dawajcie (por. Mt 10, 8), bo wielu na nią czeka!
Posłuchajmy wreszcie słów Jezusa do Zacheusza, które zdają się być wypowiedziane właśnie do nas dzisiaj, do każdego z nas: „Zejdź prędko, albowiem dziś muszę się zatrzymać w twoim domu” (w. 5). „Zejdź prędko, albowiem dziś muszę zatrzymać się z tobą. Otwórz drzwi twojego serca”. Jezus kieruje dziś do ciebie to samo zaproszenie: „Dziś muszę się zatrzymać w twoim domu”. Moglibyśmy powiedzieć, że Światowy Dzień Młodzieży, rozpoczyna się dziś i trwać będzie jutro, w domu, bo od teraz to tam Jezus chce ciebie spotykać. Pan nie chce zostać tylko w tym pięknym mieście albo w miłych wspomnieniach, ale chce przyjść do twego domu, być obecnym w twoim codziennym życiu: w nauce, studiach i pierwszych latach pracy, przyjaźniach i uczuciach, planach i marzeniach. Jakże się to Jemu podoba, aby to wszystko było Mu zaniesione w modlitwie! Jakże bardzo ufa, że pośród wszystkich codziennych kontaktów i czatów na pierwszym miejscu będzie złota nić modlitwy! Jakże bardzo pragnie, aby Jego Słowo przemawiało do każdego twego dnia, aby Jego Ewangelia stała się twoją i była twoim „nawigatorem” na drogach życia.
Jezus, prosząc, by mógł przyjść do twego domu, jak to uczynił w przypadku Zacheusza, wzywa ciebie po imieniu. Wszystkich nas Jezus wzywa po imieniu. Twoje imię jest Mu drogie. Imię Zacheusza w języku owego czasu przywołało pamięć Boga. Zaufajcie pamięci Boga. Jego pamięć nie jest „twardym dyskiem”, który rejestruje i zapisuje wszystkie nasze dane, Jego pamięć jest czułym współczującym sercem, które cieszy się trwale usuwając wszelkie nasze ślady zła. Spróbujmy teraz także i my naśladować wierną pamięć Boga i strzec dobra, które otrzymaliśmy w tych dniach. W milczeniu wspominajmy to spotkanie, podtrzymujmy pamięć obecności Boga i Jego Słowa, rozbudzajmy w sobie głos Jezusa, który wzywa nas po imieniu. W ten sposób pomódlmy się w milczeniu, wspominając, dziękując Panu, który tutaj zechciał się z nami spotkać.
[01215-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Chers jeunes, vous êtes venus à Cracovie pour rencontrer Jésus. Et l’Évangile aujourd’hui nous parle justement de la rencontre entre Jésus et un homme, Zachée, à Jéricho (cf. Lc 19, 1-10). Là, Jésus ne se limite pas à prêcher, ou à saluer chacun, mais il veut – dit l’Évangéliste – traverser la ville (cf. v. 1). Jésus désire, en d’autres termes, s’approcher de la vie de chacun, parcourir notre chemin jusqu’au bout, afin que sa vie et notre vie se rencontrent vraiment.
Survient ainsi la rencontre la plus surprenante, celle avec Zachée, le chef des “publicains”, c’est-à-dire des collecteurs d’impôts. Zachée était donc un riche collaborateur des occupants romains détestés ; c’était un exploiteur du peuple, quelqu’un qui, à cause de sa mauvaise réputation, ne pouvait même pas s’approcher du Maître. Mais la rencontre avec Jésus change sa vie, comme cela s’est produit et peut se produire chaque jour pour chacun de nous. Zachée, cependant, a dû affronter certains obstacles pour rencontrer Jésus. Cela n’a pas été facile pour lui, il a dû affronter certains obstacles, au moins trois, qui peuvent nous dire quelque chose à nous aussi.
Le premier est la petite taille : Zachée ne réussissait pas à voir le Maître parce qu’il était petit. Aujourd’hui aussi nous pouvons courir le risque de rester à distance de Jésus parce que nous ne nous sentons pas à la hauteur, parce que nous avons une modeste considération de nous-même. C’est une grande tentation, qui ne regarde pas seulement l’estime de soi, mais touche aussi la foi. Parce que la foi nous dit que nous sommes « enfants de Dieu et nous le sommes réellement » (1 Jn 3, 1) : nous avons été créés à son image ; Jésus a fait sienne notre humanité et son cœur ne se lassera jamais de nous ; l’Esprit Saint désire habiter en nous ; nous sommes appelés à la joie éternelle avec Dieu ! C’est notre “stature”, c’est notre identité spirituelle : nous sommes les enfants aimés de Dieu, toujours. Vous comprenez alors que ne pas s’accepter, vivre insatisfait et penser négatif signifie ne pas reconnaitre notre identité la plus vraie : c’est comme se tourner d’un autre côté tandis que Dieu veut poser son regard sur moi, c’est vouloir éteindre le rêve qu’il nourrit pour moi. Dieu nous aime tels que nous sommes, et aucun péché, défaut ou erreur ne le fera changer d’idée. Pour Jésus – l’Évangile nous le montre -, personne n’est inférieur et loin, personne n’est insignifiant, mais nous sommes tous préférés et importants : tu es important ! Et Dieu compte sur toi pour ce que tu es, non pour ce que tu as : à ses yeux ne vaut vraiment rien le vêtement que tu portes ou le téléphone portable que tu utilises : que tu sois à la mode ne lui importe pas, ce qui lui importe, c’est toi, tel que tu es. Tu as de la valeur à ses yeux et ta valeur est inestimable.
Quand dans la vie, il nous arrive de viser bas plutôt que haut, cette grande vérité peut nous aider : Dieu est fidèle dans son amour pour nous, même obstiné. Cela nous aidera de penser qu’il nous aime plus que nous nous aimons nous-mêmes, qu’il croit en nous plus que nous croyons en nous-mêmes, qu’il “est toujours notre supporter” en tant que le plus irréductible des soutiens. Il nous attend toujours avec espérance, même lorsque nous nous enfermons dans nos tristesses, ruminant sans cesse les torts subis et le passé. Mais s’attacher à la tristesse n’est pas digne de notre stature spirituelle ! C’est même un virus qui infecte et bloque tout, qui ferme toute porte, qui empêche de relancer la vie, de recommencer. Dieu, au contraire est obstinément plein d’espoir : il croit toujours que nous pouvons nous relever et ne se résigne pas à nous voir éteints et sans joie. Il est triste de voir un jeune sans joie. Parce que nous sommes toujours ses enfants bien-aimés. Rappelons-nous de cela au début de chaque journée. Cela nous fera du bien chaque matin de le dire dans la prière : “Seigneur, je te remercie parce que tu m’aimes; je suis sûr que tu m’aimes ; fais-moi aimer ma vie !”. Non pas mes défauts, qui doivent être corrigés, mais la vie, qui est un grand don : c’est le temps d’aimer et d’être aimés.
Zachée avait un second obstacle sur le chemin de la rencontre avec Jésus : la honte qui paralyse. À ce sujet, nous avons dit quelque chose hier soir. Nous pouvons imaginer ce qui s’est passé dans le cœur de Zachée avant qu’il monte sur ce sycomore ; il y aura eu une belle lutte : d’une part une bonne curiosité, celle de connaître Jésus ; de l’autre le risque de faire une terrible piètre figure. Zachée était un personnage public ; il savait qu’en essayant de monter sur l’arbre, il serait devenu ridicule aux yeux de tous, lui, un chef, un homme de pouvoir, mais si détesté. Cependant il a surmonté la honte, parce que l’attraction de Jésus était plus forte. Vous aurez fait l’expérience de ce qui arrive lorsqu’une personne devient si attirante au point d’en tomber amoureux : il peut arriver alors de faire volontiers des choses qu’on aurait jamais faites. Quelque chose de semblable se passe dans le cœur de Zachée, quand il sentit que Jésus était si important qu’il aurait fait n’importe quoi pour lui, parce qu’il était le seul qui pouvait le tirer hors des sables mouvants du péché et de l’insatisfaction. Et ainsi la honte qui paralyse n’a pas eu le dessus : Zachée – dit l’Évangile- « courut en avant », « grimpa » et ensuite quand Jésus l’appela, « il descendit vite » (vv. 4.6). Il a risqué, il s’est mis en jeu. Pour nous, c’est aussi le secret de la joie : ne pas éteindre la belle curiosité, mais se mettre en jeu, parce que la vie ne s’enferme pas dans un tiroir. Devant Jésus on ne peut rester assis, en attendant, les bras croisés ; à Lui, qui nous donne la vie, on ne peut répondre par une pensée ou par un simple “petit message”!
Chers jeunes, n’ayez pas honte de tout lui porter, spécialement vos faiblesses, vos peines et vos péchés dans la confession : Lui saura vous surprendre avec son pardon et sa paix. N’ayez pas peur de lui dire “oui” avec tout l’élan de votre cœur, de lui répondre généreusement, de le suivre ! Ne vous laissez pas anesthésier l’âme, mais visez l’objectif du bel amour, qui demande aussi le renoncement, et un “non” fort au doping du succès à tout prix et à la drogue de penser seulement à soi et à ses propres aises.
Après la petite taille, après la honte qui paralyse, il y a un troisième obstacle que Zachée a dû affronter, non plus en lui-même, mais autour de lui. C’est la foule qui murmure, qui l’a d’abord arrêté et puis l’a critiqué : Jésus ne devait pas entrer dans sa maison, la maison d’un pécheur ! Comme il est difficile d’accueillir vraiment Jésus, comme il est dur d’accepter un « Dieu, riche en miséricorde » (Ep 2, 4). Il est possible qu’on vous en empêche, en cherchant à vous faire croire que Dieu est loin, raide et peu sensible, bon avec les bons et mauvais avec les mauvais. Au contraire, notre Père « fait lever son soleil sur les méchants et sur les bons » (Mt 5, 45) et il nous invite au vrai courage : être plus fort que le mal en aimant chacun, même les ennemis. Il est possible qu’on rie de vous, parce que vous croyez dans la force douce et humble de la miséricorde. N’ayez pas peur, mais pensez aux paroles de ces jours : « Heureux les miséricordieux, car ils obtiendront miséricorde » (Mt 5, 7). Il est possible qu’on vous considère comme des rêveurs, parce que vous croyez en une humanité nouvelle, qui n’accepte pas la haine entre les peuples, qui ne voit pas les frontières des pays comme des barrières et garde ses propres traditions sans égoïsmes ni ressentiments. Ne vous découragez pas : avec votre sourire et avec vos bras ouverts, prêchez l’espérance et soyez une bénédiction pour l’unique famille humaine, qu’ici vous représentez si bien !
La foule, ce jour-là, a jugé Zachée, elle l’a regardé de haut ; Jésus au contraire, a fait l’inverse : il a levé son regard vers lui (v. 5). Le regard de Jésus va au-delà des défauts et voit la personne ; il ne s’arrête pas au mal du passé, mais il entrevoit le bien à venir ; il ne se résigne pas devant les fermetures, mais il recherche la voie de l’unité et de la communion ; au milieu de tous, il ne s’arrête pas aux apparences, mais il regarde le cœur. Jésus regarde notre cœur, ton cœur, mon cœur. Avec ce regard de Jésus, vous pouvez faire grandir une autre humanité, sans attendre qu’on vous dise “bravo”, mais en cherchant le bien pour lui-même, heureux de garder le cœur intègre et de lutter pacifiquement pour l’honnêteté et la justice. Ne vous arrêtez pas à la superficie des choses et méfiez-vous des liturgies mondaines du paraître, du maquillage de l’âme pour sembler meilleurs. Au contraire, installez bien la connexion la plus stable, celle d’un cœur qui voit et transmet le bien sans se lasser. Et cette joie que gratuitement vous avez reçue de Dieu, s’il vous plaît, donnez-la gratuitement (cf. Mt 10, 8), parce que beaucoup l’attendent ! Beaucoup l’attendent de vous.
Enfin, écoutons les paroles de Jésus à Zachée, qui semblent dites spécialement pour nous aujourd’hui, pour chacun d’entre nous : « Descends vite : aujourd’hui il faut que j’aille demeurer dans ta maison » (v. 5). ‘‘Descends vite, parce qu’aujourd’hui je dois rester avec toi. Ouvre-moi la porte de ton cœur’’. Jésus t’adresse la même invitation : “Aujourd’hui, je dois demeurer dans ta maison”. Les JMJ, pourrions-nous dire, commencent aujourd’hui et continuent demain, à la maison, parce que c’est là que Jésus veut te rencontrer désormais. Le Seigneur ne veut pas rester seulement dans cette belle ville ou dans de précieux souvenirs, mais il désire venir chez toi, habiter ta vie de chaque jour : les études et les premières années de travail, les amitiés et les affections, les projets et les rêves. Comme il aime que dans la prière, tout cela lui soit porté ! Comme il espère que parmi tous les contacts et les chat de chaque jour il y ait à la première place le fil d’or de la prière ! Comme il désire que sa Parole parle à chacune de tes journées, que son Évangile devienne tien, et qu’il soit ton “navigateur” sur les routes de la vie !
Pendant qu’il demande à venir chez toi, Jésus, comme il l’a fait avec Zachée, t’appelle par ton nom. Jésus nous appelle tous par notre nom. Ton nom est précieux pour Lui. Le nom de Zachée évoquait, dans la langue de l’époque, le souvenir de Dieu. Fiez-vous au souvenir de Dieu : sa mémoire n’est pas un “disque dur” qui enregistre et archive toutes nos données, sa mémoire est un cœur tendre de compassion, qui se plaît à effacer définitivement toutes nos traces de mal. Essayons, nous aussi, maintenant, d’imiter la mémoire fidèle de Dieu et de conserver le bien que nous avons reçu en ces jours. En silence, faisons mémoire de cette rencontre, gardons le souvenir de la présence de Dieu et de sa Parole, ravivons en nous la voix de Jésus qui nous appelle par notre nom. Ainsi prions en silence, en faisant mémoire, en remerciant le Seigneur qui ici nous a voulus et nous a rencontrés.
[01215-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Dear young people, you have come to Krakow to meet Jesus. Today’s Gospel speaks to us of just such a meeting between Jesus and a man named Zacchaeus, in Jericho (cf. Lk 19:1-10). There Jesus does not simply preach or greet people; as the Evangelist tells us, he passed through the city (v. 1). In other words, Jesus wants to draw near to us personally, to accompany our journey to its end, so that his life and our life can truly meet.
An amazing encounter then takes place, with Zacchaeus, the chief “publican” or tax collector. Zacchaeus was thus a wealthy collaborator of the hated Roman occupiers, someone who exploited his own people, someone who, because of his ill repute, could not even approach the Master. His encounter with Jesus changed his life, just as it has changed, and can daily still change, each of our lives. But Zacchaeus had to face a number of obstacles in order to meet Jesus. It was not easy for him; he had to face a number of obstacles. At least three of these can also say something to us.
The first obstacle is smallness of stature. Zacchaeus couldn’t see the Master because he was little. Even today we can risk not getting close to Jesus because we don’t feel big enough, because we don’t think ourselves worthy. This is a great temptation; it has to do not only with self-esteem, but with faith itself. For faith tells us that we are “children of God… that is what we are” (1 Jn 3:1). We have been created in God’s own image; Jesus has taken upon himself our humanity and his heart will never be separated from us; the Holy Spirit wants to dwell within us. We have been called to be happy for ever with God!
That is our real “stature”, our spiritual identity: we are God’s beloved children, always. So you can see that not to accept ourselves, to live glumly, to be negative, means not to recognize our deepest identity. It is like walking away when God wants to look at me, trying to spoil his dream for me. God loves us the way we are, and no sin, fault or mistake of ours makes him change his mind. As far as Jesus is concerned – as the Gospel shows – no one is unworthy of, or far from, his thoughts. No one is insignificant. He loves all of us with a special love; for him all of us are important: you are important! God counts on you for what you are, not for what you possess. In his eyes the clothes you wear or the kind of cell phone you use are of absolutely no concern. He doesn’t care whether you are stylish or not; he cares about you, just as you are! In his eyes, you are precious, and your value is inestimable.
At times in our lives, we aim lower rather than higher. At those times, it is good to realize that God remains faithful, even obstinate, in his love for us. The fact is, he loves us even more than we love ourselves. He believes in us even more than we believe in ourselves. He is always “cheering us on”; he is our biggest fan. He is there for us, waiting with patience and hope, even when we turn in on ourselves and brood over our troubles and past injuries. But such brooding is unworthy of our spiritual stature! It is a kind of virus infecting and blocking everything; it closes doors and prevents us from getting up and starting over. God, on the other hand, is hopelessly hopeful! He believes that we can always get up, and he hates to see us glum and gloomy. It is sad to see young people who are glum. Because we are always his beloved sons and daughters. Let us be mindful of this at the dawn of each new day. It will do us good to pray every morning: “Lord, I thank you for loving me; I am sure that you love me; help me to be in love with my own life!” Not with my faults, that need to be corrected, but with life itself, which is a great gift, for it is a time to love and to be loved.
Zacchaeus faced a second obstacle in meeting Jesus: the paralysis of shame. We spoke a little about this yesterday. We can imagine what was going on in his heart before he climbed that sycamore. It must have been quite a struggle – on one hand, a healthy curiosity and desire to know Jesus; on the other, the risk of appearing completely ridiculous. Zacchaeus was public figure, a man of power, but deeply hated. He knew that, in trying to climb that tree, he would have become a laughingstock to all. Yet he mastered his shame, because the attraction of Jesus was more powerful. You know what happens when someone is so attractive that we fall in love with them: we end up ready to do things we would never have even thought of doing. Something similar took place in the heart of Zacchaeus, when he realized that Jesus was so important that he would do anything for him, since Jesus alone could pull him out of the mire of sin and discontent. The paralysis of shame did not have the upper hand. The Gospel tells us that Zacchaeus “ran ahead”, “climbed” the tree, and then, when Jesus called him, he “hurried down” (vv. 4, 6). He took a risk, he put his life on the line. For us too, this is the secret of joy: not to stifle a healthy curiosity, but to take a risk, because life is not meant to be tucked away. When it comes to Jesus, we cannot sit around waiting with arms folded; he offers us life – we can’t respond by thinking about it or “texting” a few words!
Dear young friends, don’t be ashamed to bring everything to the Lord in confession, especially your weaknesses, your struggles and your sins. He will surprise you with his forgiveness and his peace. Don’t be afraid to say “yes” to him with all your heart, to respond generously and to follow him! Don’t let your soul grow numb, but aim for the goal of a beautiful love which also demands sacrifice. Say a firm “no” to the narcotic of success at any cost and the sedative of worrying only about yourself and your own comfort.
After his small stature, after the paralysis of shame, there was a third obstacle that Zacchaeus had to face. It was no longer an interior one, but was all around him. It was the grumbling of the crowd, who first blocked him and then criticized him: How could Jesus have entered his house, the house of a sinner! How truly hard it is to welcome Jesus, how hard it is to accept a “God who is rich in mercy” (Eph 2:4)! People will try to block you, to make you think that God is distant, rigid and insensitive, good to the good and bad to the bad. Instead, our heavenly Father “makes his sun rise on the evil and on the good” (Mt 5:45). He demands of us real courage: the courage to be more powerful than evil by loving everyone, even our enemies. People may laugh at you because you believe in the gentle and unassuming power of mercy. But do not be afraid. Think of the motto of these days: “Blessed are the merciful, for they will receive mercy” (Mt 5:7). People may judge you to be dreamers, because you believe in a new humanity, one that rejects hatred between peoples, one that refuses to see borders as barriers and can cherish its own traditions without being self-centred or small-minded. Don’t be discouraged: with a smile and open arms, you proclaim hope and you are a blessing for our one human family, which here you represent so beautifully!
That day the crowd judged Zacchaeus; they looked him over, up and down. But Jesus did otherwise: he gazed up at him (v. 5). Jesus looks beyond the faults and sees the person. He does not halt before bygone evil, but sees future good. His gaze remains constant, even when it is not met; it seeks the way of unity and communion. In no case does it halt at appearances, but looks to the heart. Jesus looks to our hearts, your heart, my heart. With this gaze of Jesus, you can help bring about another humanity, without looking for acknowledgement but seeking goodness for its own sake, content to maintain a pure heart and to fight peaceably for honesty and justice. Don’t stop at the surface of things; distrust the worldly cult of appearances, cosmetic attempts to improve our looks. Instead, “download” the best “link” of all, that of a heart which sees and transmits goodness without growing weary. The joy that you have freely received from God, please, freely give away (cf. Mt 10:8): so many people are waiting for it! So many are waiting for it from you.
Finally let us listen to the words that Jesus spoke to Zacchaeus, which to be seem meant for us today, for each one of us: “Come down, for I must stay at your house today” (v. 5). “Come down, for I must stay with you today. Open to me the door of your heart”. Jesus extends the same invitation to you: “I must stay at your house today”. We can say that World Youth Day begins today and continues tomorrow, in your homes, since that is where Jesus wants to meet you from now on. The Lord doesn’t want to remain in this beautiful city, or in cherished memories alone. He wants to enter your homes, to dwell in your daily lives: in your studies, your first years of work, your friendships and affections, your hopes and dreams. How greatly he desires that you bring all this to him in prayer! How much he hopes that, in all the “contacts” and “chats” of each day, pride of place be given to the golden thread of prayer! How much he wants his word to be able to speak to you day after day, so that you can make his Gospel your own, so that it can serve as a compass for you on the highways of life!
In asking to come to your house, Jesus calls you, as he did Zacchaeus, by name. All of us, Jesus calls by name. Your name is precious to him. The name “Zacchaeus” would have made people back then think of the remembrance of God. Trust the memory of God: his memory is not a “hard disk” that “saves” and “archives” all our data, his memory is a heart filled with tender compassion, one that finds joy in “erasing” in us every trace of evil. May we too now try to imitate the faithful memory of God and treasure the good things we have received in these days. In silence, let us remember this encounter, let us preserve the memory of the presence of God and his word, and let us listen once more to the voice of Jesus as he calls us by name. So let us now pray silently, remembering and thanking the Lord who wanted us to be here and has come here to meet us.
[01215-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Liebe junge Freunde, ihr seid nach Krakau gekommen, um Jesus zu begegnen. Und das Evangelium erzählt uns heute ausgerechnet von der Begegnung zwischen Jesus und einem Mann, dem Zachäus, in Jericho (vgl. Lk 19,1-10). Dort beschränkt Jesus sich nicht darauf, zu predigen oder jemanden zu besuchen, sondern er will – wie der Evangelist sagt – durch die Stadt gehen (vgl. V. 1). Mit anderen Worten, Jesus möchte sich dem Leben eines jeden nähern, unseren Weg ganz und gar gehen, damit sein Leben und unser Leben sich wirklich begegnen.
Und so kommt es zu der äußerst überraschenden Begegnung, der Begegnung mit Zachäus, dem obersten Zollpächter, das heißt dem Chef der Steuereinnehmer. Zachäus war also ein reicher Mitarbeiter der verhassten römischen Besatzer; er war ein Ausbeuter seines Volkes, einer, der sich wegen seines üblen Rufes nicht einmal dem Meister nähern konnte. Doch die Begegnung mit Jesus verändert sein Leben, wie es für jeden von uns war und jeden Tag sein kann. Zachäus musste aber einige Hindernisse überwinden, um Jesus zu begegnen. Es war nicht leicht für ihn, er musste einige Hindernisse überwinden, wenigstens drei, die auch uns etwas sagen können.
Das erste ist seine geringe Körpergröße. Es gelang Zachäus nicht, den Meister zu sehen, weil er selbst klein war. Auch heute können wir Gefahr laufen, Jesus fern zu bleiben, weil wir uns ihm nicht gewachsen fühlen, weil wir eine geringe Meinung von uns selber haben. Das ist eine große Versuchung, die nicht nur die Selbsteinschätzung betrifft, sondern auch den Glauben angeht. Denn der Glaube sagt uns: »Wir heißen Kinder Gottes und wir sind es« (1Joh 3,1): Wir sind nach seinem Bild geschaffen; Jesus hat unser Menschsein angenommen und sein Herz wird sich nie von uns trennen; der Heilige Geist möchte in uns wohnen; wir sind zur ewigen Freude mit Gott berufen! Das ist unsere „Körpergröße“, das ist unsere geistliche Identität: Wir sind Gottes geliebte Kinder, immer. Begreift also, dass sich selbst nicht zu akzeptieren, unzufrieden zu leben und negative Gedanken zu haben bedeutet, unsere wahrste Identität nicht zu erkennen: Das ist, als wendete ich mich ab, während Gott mich anschauen möchte; es bedeutet, den Traum, den er für mich hegt, auslöschen zu wollen. Gott liebt uns so, wie wir sind, und keine Sünde, keine schlechte Angewohnheit, kein Fehler bringt ihn davon ab. Für Jesus – das zeigt uns das Evangelium – ist niemand minderwertig und entfernt, niemand unbedeutend, sondern alle sind wir bevorzugt und wichtig: Du bist wichtig! Und Gott rechnet mit dir aufgrund dessen, was du bist, nicht aufgrund dessen, was du hast: In seinen Augen ist es absolut unbedeutend, welches Kleid du trägst oder welches Handy du benutzt; es ist ihm nicht wichtig, ob du mit der Mode gehst, sondern du selbst bist ihm wichtig, so wie du bist. In seinen Augen bist du wertvoll, und dein Wert ist unschätzbar.
Wenn es uns geschieht, dass wir in unserem Leben wenig erwarten, anstatt hohe Ziele anzustreben, dann kann uns diese große Wahrheit helfen: Gott ist in seiner Liebe zu uns treu, sogar hartnäckig. Er wird uns helfen, daran zu denken, dass er uns mehr liebt als wir uns selbst, dass er „immer für uns schwärmt“ wie der Unverbesserlichste der Fans. Immer erwartet er uns voller Hoffnung, auch wenn wir uns in unseren Traurigkeiten verschließen und ständig über empfangenes Unrecht und über die Vergangenheit brüten. Doch die Traurigkeit liebzugewinnen, ist unserer spirituellen Statur nicht würdig! Es ist vielmehr ein Virus, der alles verseucht und blockiert, der jede Tür verschließt, der verhindert, das Leben neu zu entfachen und von vorn zu beginnen. Gott ist dagegen hartnäckig hoffnungsvoll: Er glaubt immer, dass wir wieder aufstehen können, und findet sich nicht damit ab, uns erloschen und freudlos zu sehen. Es ist traurig, einen freudlosen jungen Menschen zu sehen. Denn wir sind immer seine geliebten Kinder. Erinnern wir uns daran zu Anfang jedes Tages! Es wird uns gut tun, es an jedem Morgen im Gebet zu sagen: „Herr, ich danke dir, dass du mich liebst; ich bin sicher, dass du mich liebst; mach, dass ich mich in mein Leben verliebe!“ Nicht in meine schlechten Angewohnheiten – die müssen korrigiert werden –, sondern in mein Leben, das ein großes Geschenk ist: Es ist die Zeit, zu lieben und geliebt zu werden.
Zachäus hatte ein zweites Hindernis auf dem Weg zur Begegnung mit Jesus: die lähmende Scham. Darüber haben wir gestern Abend gesprochen. Wir können uns vorstellen, was im Herzen von Zachäus vorging, bevor er auf jenen Maulbeerfeigenbaum stieg, es wird ein ziemlicher Kampf gewesen sein: auf der einen Seite eine gute Neugier, nämlich die, Jesus kennen zu lernen; auf der anderen das Risiko einer entsetzlichen Blamage. Zachäus war eine bekannte Persönlichkeit. Er wusste, dass er sich mit dem Versuch, auf den Baum zu steigen, in den Augen aller lächerlich machen würde – er, ein Vorgesetzter, ein Machtmensch, der aber so verhasst war. Doch er hat die Scham überwunden, weil die Anziehungskraft Jesu stärker war. Ihr werdet erfahren haben, was passiert, wenn ein Mensch so attraktiv wird, dass man sich in ihn verliebt: Dann kann es geschehen, dass man bereitwillig Dinge tut, die man sonst nie getan hätte. Etwas Ähnliches geschah im Herzen von Zachäus, als Jesus ihm so wichtig wurde, dass er für ihn alles getan hätte, denn Jesus war der Einzige, der ihn aus dem Fließsand der Sünde und der Unzufriedenheit herausziehen konnte. Und so gewann die lähmende Scham nicht die Oberhand. Zachäus »lief voraus«, sagt das Evangelium, »stieg hinauf« und dann, als Jesus ihn rief, »stieg er schnell herunter« (V. 4.6). Er ist das Risiko eingegangen, hat sich selbst aufs Spiel gesetzt. Das ist auch für uns das Geheimnis der Freude: die gute Neugier nicht auslöschen, sondern sich selbst aufs Spiel setzen, denn das Leben darf nicht in eine Schublade eingeschlossen werden. Vor Jesus kann man nicht mit verschlungenen Armen abwartend sitzen bleiben; ihm, der uns das Leben schenkt, kann man nicht mit einem Gedanken oder mit einer bloßen „Kurzmeldung“ antworten!
Liebe Junge Freunde, schämt euch nicht, alles vor ihn zu bringen, besonders die Schwachheiten, die Mühen und die Sünden in der Beichte: Er wird es verstehen, euch mit seiner Vergebung und seinem Frieden zu überraschen. Habt keine Angst, ihm mit dem ganzen Elan eures Herzens „Ja“ zu sagen, ihm großherzig zu antworten, ihm zu folgen! Lasst eure Seele nicht betäuben, sondern setzt auf das Ziel der schönen Liebe, die auch den Verzicht und ein starkes „Nein“ zum Doping des Erfolgs um jeden Preis und zur Droge eines Denkens verlangt, das nur um sich selbst und die eigenen Annehmlichkeiten kreist.
Nach der geringen Körpergröße, nach der lähmenden Scham gibt es ein drittes Hindernis, das Zachäus angehen musste – nicht mehr in seinem Innern, sondern in seiner Umgebung. Es ist die raunende Menge, die ihn zuerst aufgehalten und dann kritisiert hat: Jesus durfte doch nicht in sein Haus eintreten, in das Haus eines Sünders! Wie schwierig ist es, Jesus wirklich aufzunehmen, wie hart ist es, einen Gott zu akzeptieren, »der voll Erbarmen ist« (Eph 2,4)! Sie mögen euch hemmen, indem sie versuchen, euch einzureden, dass Gott fern, streng und wenig einfühlsam ist, gut mit den Guten und böse mit den Bösen. Stattdessen lässt unser himmlischer Vater »seine Sonne aufgehen über Bösen und Guten« (Mt 5,45) und lädt uns ein zum wahren Mut: stärker zu sein als das Böse, indem wir alle lieben, sogar die Feinde. Sie mögen euch belächeln, weil ihr an die sanfte und demütige Kraft der Barmherzigkeit glaubt. Habt keine Angst, sondern denkt an die Worte dieser Tage: »Selig die Barmherzigen, denn sie werden Erbarmen finden« (Mt 5,7). Sie mögen euch als Träumer beurteilen, weil ihr an eine neue Menschheit glaubt, die den Hass zwischen den Völkern nicht annimmt, die die Grenzen der Länder nicht als Barrieren ansieht und die eigenen Traditionen ohne Egoismen und Ressentiments hütet. Verliert nicht den Mut: Mit eurem Lächeln und mit euren offenen Armen predigt ihr Hoffnung und seid ein Segen für die eine Menschheitsfamilie, die ihr hier so gut vertretet!
Die Menge hat Zachäus an jenem Tag das Urteil gesprochen, sie hat ihn von oben herab angesehen; Jesus hingegen hat das Gegenteil getan: Er hat zu ihm hinaufgeschaut (V. 5). Der Blick Jesu reicht über die Mängel hinaus und sieht die Person; er bleibt nicht bei dem Schlechten aus der Vergangenheit stehen, sondern ahnt das Gute in der Zukunft; er gibt angesichts der Absperrungen nicht auf, sondern sucht den Weg der Einheit und der Gemeinschaft; mitten unter allen hält er sich nicht bei der äußeren Erscheinung auf, sondern schaut auf das Herz. Jesus schaut auf unser Herz, auf dein Herz, auf mein Herz. Mit diesem Blick Jesu könnt ihr eine andere Menschheit wachsen lassen, ohne zu erwarten, dass man euch lobt, sondern indem ihr das Gute um seiner selbst willen sucht und froh seid, euer Herz rein zu halten und friedlich für Ehrlichkeit und Gerechtigkeit zu kämpfen. Bleibt nicht an der Oberfläche der Dinge stehen und misstraut den weltlichen Huldigungen des Scheins, dem Make-Up der Seele, um besser zu erscheinen. Installiert hingegen gut die stabilste Verbindung, die eines Herzens, welches das Gute sieht und unermüdlich vermittelt. Und jene Freude, die ihr umsonst von Gott empfangen habt, bitte, gebt sie umsonst weiter (vgl. Mt 10,8), denn viele warten auf sie, und sie erwarten sie von euch!
Hören wir schließlich die Worte Jesu an Zachäus, die eigens für uns gesagt scheinen, für jeden von uns: »Komm schnell herunter! Denn ich muss heute in deinem Haus zu Gast sein« (V. 5). „Komm schnell herunter, denn heute muss ich bei dir zu Gast sein. Öffne mir die Tür deines Herzens!“ Jesus richtet dieselbe Aufforderung an dich: „Heute muss ich in deinem Haus zu Gast sein.“ Der Weltjugendtag, könnten wir sagen, beginnt heute und geht morgen zu Hause weiter, denn dort will Jesus dir von nun an begegnen. Der Herr will nicht nur in dieser schönen Stadt oder in den lieben Erinnerungen bleiben, sondern er möchte zu dir nach Hause kommen, in deinem Alltagsleben wohnen: im Studium und in den ersten Arbeitsjahren, in den Situationen von Freundschaft und liebevoller Zuneigung, in den Plänen und den Träumen. Wie gefällt es ihm, wenn all das im Gebet vor ihn getragen wird! Wie hofft er, dass unter all den Kontakten und Chat des Alltags an erster Stelle der goldene Faden des Gebetes stehe! Wie wünscht er sich, dass sein Wort zu jedem deiner Tage spreche, dass sein Evangelium das Deine werde und dein „Navigator“ auf den Straßen des Lebens sei!
Während Jesus dich bittet, zu dir nach Hause kommen zu dürfen, ruft er dich beim Namen, wie er es mit Zachäus getan hat. Uns alle ruft Jesus beim Namen. Dein Name ist ihm kostbar. Der Name Zachäus erinnerte in der Sprache der Zeit an das Gedenken Gottes. Vertraut dem Gedenken Gottes: Sein Gedächtnis ist keine „Festplatte“, die alle unsere Daten registriert und archiviert; sein Gedächtnis ist ein Herz, das weich ist vor Mitgefühl, das Freude daran hat, jede Spur des Bösen in uns auszulöschen. Versuchen nun auch wir, das treue Gedächtnis Gottes nachzuahmen und das Gute, das wir in diesen Tagen empfangen haben, zu bewahren. Im Stillen gedenken wir dieser Begegnung, bewahren wir die Erinnerung an die Gegenwart Gottes und seines Wortes, lassen wir in uns die Stimme Jesu, die uns beim Namen ruft, wieder aufleben. So beten wir schweigend, indem wir uns erinnern und dem Herrn danken, der uns hier haben wollte und uns begegnet ist.
[01215-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Queridos jóvenes: habéis venido a Cracovia para encontraros con Jesús. Y el Evangelio de hoy nos habla precisamente del encuentro entre Jesús y un hombre, Zaqueo, en Jericó (cf. Lc 19,1-10). Allí Jesús no se limita a predicar, o a saludar a alguien, sino que quiere —nos dice el Evangelista— cruzar la ciudad (cf. v. 1). Con otras palabras, Jesús desea acercarse a la vida de cada uno, recorrer nuestro camino hasta el final, para que su vida y la nuestra se encuentren realmente.
Tiene lugar así el encuentro más sorprendente, el encuentro con Zaqueo, jefe de los «publicanos», es decir, de los recaudadores de impuestos. Así que Zaqueo era un rico colaborador de los odiados ocupantes romanos; era un explotador de su pueblo, uno que debido a su mala fama no podía ni siquiera acercarse al Maestro. Sin embargo, el encuentro con Jesús cambió su vida, como sucedió, y cada día puede suceder, con cada uno de nosotros. Pero Zaqueo tuvo que superar algunos obstáculos para encontrarse con Jesús. No fue fácil para él, tuvo que superar algunos obstáculos, al menos tres, que también pueden enseñarnos algo a nosotros.
El primero es la baja estatura: Zaqueo no conseguía ver al Maestro, porque era bajo. También nosotros podemos hoy caer en el peligro de quedarnos lejos de Jesús porque no nos sentimos a la altura, porque tenemos una baja consideración de nosotros mismos. Esta es una gran tentación, que no sólo tiene que ver con la autoestima, sino que afecta también la fe. Porque la fe nos dice que somos «hijos de Dios, pues ¡lo somos!» (1 Jn 3,1): hemos sido creados a su imagen; Jesús hizo suya nuestra humanidad y su corazón nunca se separará de nosotros; el Espíritu Santo quiere habitar en nosotros; estamos llamados a la alegría eterna con Dios. Esta es nuestra «estatura», esta es nuestra identidad espiritual: somos los hijos amados de Dios, siempre. Entendéis entonces que no aceptarse, vivir descontentos y pensar en negativo significa no reconocer nuestra identidad más auténtica: es como darse la vuelta cuando Dios quiere fijar sus ojos en mí; significa querer impedir que se cumpla su sueño en mí. Dios nos ama tal como somos, y no hay pecado, defecto o error que lo haga cambiar de idea. Para Jesús —nos lo muestra el Evangelio—, nadie es inferior y distante, nadie es insignificante, sino que todos somos predilectos e importantes: ¡Tú eres importante! Y Dios cuenta contigo por lo que eres, no por lo que tienes: ante él, nada vale la ropa que llevas o el teléfono móvil que utilizas; no le importa si vas a la moda, le importas tú, tal como eres. A sus ojos, vales, y lo que vales no tiene precio.
Cuando en la vida sucede que apuntamos bajo en vez de a lo alto, nos puede ser de ayuda esta gran verdad: Dios es fiel en su amor, y hasta obstinado. Nos ayudará pensar que nos ama más de lo que nosotros nos amamos, que cree en nosotros más que nosotros mismos, que está siempre de nuestra parte, como el más acérrimo de los «hinchas». Siempre nos espera con esperanza, incluso cuando nos encerramos en nuestras tristezas, rumiando continuamente los males sufridos y el pasado. Pero complacerse en la tristeza no es digno de nuestra estatura espiritual. Es más, es un virus que infecta y paraliza todo, que cierra cualquier puerta, que impide enderezar la vida, que recomience. Dios, sin embargo, es obstinadamente esperanzado: siempre cree que podemos levantarnos y no se resigna a vernos apagados y sin alegría. Es triste ver a un joven sin alegría. Porque somos siempre sus hijos amados. Recordemos esto al comienzo de cada día. Nos hará bien decir todas las mañanas en la oración: «Señor, te doy gracias porque me amas; estoy seguro de que me amas; haz que me enamore de mi vida». No de mis defectos, que hay que corregir, sino de la vida, que es un gran regalo: es el tiempo para amar y ser amado.
Zaqueo tenía un segundo obstáculo en el camino del encuentro con Jesús: la vergüenza paralizante. Sobre esto hemos dicho algo ayer por la tarde. Podemos imaginar lo que sucedió en el corazón de Zaqueo antes de subir a aquella higuera, habrá tenido una lucha afanosa: por un lado, la curiosidad buena de conocer a Jesús; por otro, el riesgo de hacer una figura bochornosa. Zaqueo era un personaje público; sabía que, al intentar subir al árbol, haría el ridículo delante de todos, él, un jefe, un hombre de poder, pero muy odiado. Pero superó la vergüenza, porque la atracción de Jesús era más fuerte. Habréis experimentado lo que sucede cuando una persona se siente tan atraída por otra que se enamora: entonces sucede que se hacen de buena gana cosas que nunca se habrían hecho. Algo similar ocurrió en el corazón de Zaqueo, cuando sintió que Jesús era de tal manera importante que habría hecho cualquier cosa por él, porque él era el único que podía sacarlo de las arenas movedizas del pecado y de la infelicidad. Y así, la vergüenza paralizante no triunfó: Zaqueo —nos dice el Evangelio— «corrió más adelante», «subió» y luego, cuando Jesús lo llamó, «se dio prisa en bajar» (vv. 4.6.). Se arriesgó y actuó. Esto es también para nosotros el secreto de la alegría: no apagar la buena curiosidad, sino participar, porque la vida no hay que encerrarla en un cajón. Ante Jesús no podemos quedarnos sentados esperando con los brazos cruzados; a él, que nos da la vida, no podemos responderle con un pensamiento o un simple «mensajito».
Queridos jóvenes, no os avergoncéis de llevarle todo, especialmente las debilidades, las dificultades y los pecados, en la confesión: Él sabrá sorprenderos con su perdón y su paz. No tengáis miedo de decirle «sí» con toda la fuerza del corazón, de responder con generosidad, de seguirlo. No os dejéis anestesiar el alma, sino aspirad a la meta del amor hermoso, que exige también renuncia, y un «no» fuerte al doping del éxito a cualquier precio y a la droga de pensar sólo en sí mismo y en la propia comodidad.
Después de la baja estatura y después de la vergüenza paralizante, hay un tercer obstáculo que Zaqueo tuvo que enfrentar, ya no en su interior sino a su alrededor. Es la multitud que murmura, que primero lo bloqueó y luego lo criticó: Jesús no tenía que entrar en su casa, en la casa de un pecador. ¿Qué difícil es acoger realmente a Jesús, qué duro es aceptar a un «Dios, rico en misericordia» (Ef 2,4). Puede que os bloqueen, tratando de haceros creer que Dios es distante, rígido y poco sensible, bueno con los buenos y malo con los malos. En cambio, nuestro Padre «hace salir su sol sobre malos y buenos» (Mt 5,45), y nos invita al valor verdadero: ser más fuertes que el mal amando a todos, incluso a los enemigos. Puede que se rían de vosotros, porque creéis en la fuerza mansa y humilde de la misericordia. No tengáis miedo, pensad en cambio en las palabras de estos días: «Bienaventurados los misericordiosos, porque ellos alcanzarán misericordia» (Mt 5,7). Puede que os juzguen como unos soñadores, porque creéis en una nueva humanidad, que no acepta el odio entre los pueblos, ni ve las fronteras de los países como una barrera y custodia las propias tradiciones sin egoísmo y resentimiento. No os desaniméis: con vuestra sonrisa y vuestros brazos abiertos predicáis la esperanza y sois una bendición para la única familia humana, tan bien representada por vosotros aquí.
Aquel día, la multitud juzgó a Zaqueo, lo miró con desprecio; Jesús, en cambio, hizo lo contrario: levantó los ojos hacia él (v. 5). La mirada de Jesús va más allá de los defectos para ver a la persona; no se detiene en el mal del pasado, sino que divisa el bien en el futuro; no se resigna frente a la cerrazón, sino que busca el camino de la unidad y de la comunión; en medio de todos, no se detiene en las apariencias, sino que mira al corazón. Jesús mira nuestro corazón, el tuyo, el mío. Con esta mirada de Jesús, podéis hacer surgir una humanidad diferente, sin esperar a que os digan «qué buenos sois», sino buscando el bien por sí mismo, felices de conservar el corazón limpio y de luchar pacíficamente por la honestidad y la justicia. No os detengáis en la superficie de las cosas y desconfiad de las liturgias mundanas de la apariencia, del maquillaje del alma para aparentar mejores. Por el contrario, instalad bien la conexión más estable, la de un corazón que ve y transmite incansablemente el bien. Y esa alegría que habéis recibido gratis de Dios, por favor, dadla gratis (cf. Mt 10,8), porque son muchos los que la esperan. Y la esperan de vosotros.
Escuchemos por último las palabras de Jesús a Zaqueo, que parecen dichas a propósito para nosotros, para cada uno de nosotros: «Date prisa y baja, porque es necesario que hoy me quede en tu casa» (v. 5). «Baja inmediatamente, porque hoy debo quedarme contigo. Ábreme la puerta de tu corazón». Jesús te dirige la misma invitación: «Hoy tengo que alojarme en tu casa». La Jornada Mundial de la Juventud, podríamos decir, comienza hoy y continúa mañana, en casa, porque es allí donde Jesús quiere encontrarnos a partir de ahora. El Señor no quiere quedarse solamente en esta hermosa ciudad o en los recuerdos entrañables, sino que quiere venir a tu casa, vivir tu vida cotidiana: el estudio y los primeros años de trabajo, las amistades y los afectos, los proyectos y los sueños. Cómo le gusta que todo esto se lo llevemos en la oración. Él espera que, entre tantos contactos y chats de cada día, el primer puesto lo ocupe el hilo de oro de la oración. Cuánto desea que su Palabra hable a cada una de tus jornadas, que su Evangelio sea tuyo, y se convierta en tu «navegador» en el camino de la vida.
Jesús, a la vez que te pide de ir a tu casa, como hizo con Zaqueo, te llama por tu nombre. Jesús nos llama a todos por nuestro nombre. Tu nombre es precioso para él. El nombre de Zaqueo evocaba, en la lengua de la época, el recuerdo de Dios. Fiaros del recuerdo de Dios: su memoria no es un «disco duro» que registra y almacena todos nuestros datos, su memoria es un corazón tierno de compasión, que se regocija eliminando definitivamente cualquier vestigio del mal. Procuremos también nosotros ahora imitar la memoria fiel de Dios y custodiar el bien que hemos recibido en estos días. En silencio hagamos memoria de este encuentro, custodiemos el recuerdo de la presencia de Dios y de su Palabra, avivemos en nosotros la voz de Jesús que nos llama por nuestro nombre. Así pues, recemos en silencio, haciendo memoria, dando gracias al Señor que nos ha traído aquí y ha querido encontrarnos.
[01215-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Queridos jovens, viestes a Cracóvia para encontrar Jesus. E o Evangelho de hoje fala-nos precisamente do encontro entre Jesus e um homem, Zaqueu, em Jericó (cf. Lc 19, 1-10). Aqui, Jesus não Se limita a pregar ou a saudar alguém, mas quer – diz o Evangelista – atravessar a cidade (cf. v. 1). Por outras palavras, Jesus deseja aproximar-Se da vida de cada um, percorrer o nosso caminho até ao fim, para que a sua vida e a nossa se encontrem verdadeiramente.
E assim acontece o encontro mais surpreendente, o encontro com Zaqueu, o chefe dos «publicanos», isto é, dos cobradores de impostos. Zaqueu era, pois, um rico colaborador dos odiados ocupantes romanos; era um explorador do seu povo, alguém que, pela sua má reputação, não podia sequer aproximar-se do Mestre. Mas o encontro com Jesus muda a sua vida, como sucedeu ou pode sucede cada dia com cada um de nós. Entretanto Zaqueu teve de enfrentar alguns obstáculos para encontrar Jesus. Não lhe foi fácil; teve de enfrentar alguns obstáculos, pelo menos três, que podem dizer algo também a nós.
O primeiro é a baixa estatura: Zaqueu não conseguia ver o Mestre, porque era pequeno. Também hoje podemos correr o risco de ficar à distância de Jesus, porque não nos sentimos à altura, porque temos uma baixa opinião de nós mesmos. Esta é uma grande tentação, que não tem a ver apenas com a autoestima, mas toca também a fé. Porque a fé diz-nos que somos «filhos de Deus; e, realmente, o somos» (1 Jo 3, 1): fomos criados à sua imagem; Jesus assumiu a nossa humanidade, e o seu coração não se afastará jamais de nós; o Espírito Santo deseja habitar em nós; somos chamados à alegria eterna com Deus. Esta é a nossa «estatura», esta é a nossa identidade espiritual: somos os filhos amados de Deus, sempre. Compreendeis então que não aceitar-se, viver descontentes e pensar de modo negativo significa não reconhecer a nossa identidade mais verdadeira? É como voltar-se para o outro lado enquanto Deus quer pousar o seu olhar sobre mim, é querer apagar o sonho que Ele tem para mim. Deus ama-nos assim como somos, e nenhum pecado, defeito ou erro Lhe fará mudar de ideia. Para Jesus – assim no-lo mostra o Evangelho –, ninguém é inferior e distante, ninguém é insignificante, mas todos somos prediletos e importantes: tu és importante! E Deus conta contigo por aquilo que és, não pelo que tens: a seus olhos, não vale mesmo nada a roupa que vestes ou o telemóvel que usas; não Lhe importa se andas na moda ou não, importas-Lhe tu, assim como és. A seus olhos, tu vales; e o teu valor é inestimável.
Quando acontece na vida diminuirmo-nos em vez de nos enobrecermos, pode ajudar-nos esta grande verdade: Deus é fiel em amar-nos, até mesmo obstinado. Ajudar-nos-á pensar que Ele nos ama mais do que nos amamos nós mesmos, que crê em nós mais de quanto acreditamos nós mesmos, que sempre nos apoia como o mais irredutível dos nossos fãs. Sempre nos aguarda com esperança, mesmo quando nos fechamos nas nossas tristezas e dores, remoendo continuamente as injustiças recebidas e o passado. Mas, afeiçoar-nos à tristeza, não é digno da nossa estatura espiritual. Antes pelo contrário; é um vírus que infecta e bloqueia tudo, que fecha todas as portas, que impede de reiniciar a vida, de recomeçar. Deus, por seu lado, é obstinadamente esperançoso: sempre acredita que podemos levantar-nos e não Se resigna a ver-nos apagados e sem alegria. É triste ver um jovem sem alegria. Porque somos sempre os seus filhos amados. Lembremo-nos disto, no início de cada dia. Far-nos-á bem dizê-lo na oração, todas as manhãs: «Senhor, agradeço-Vos porque me amais; tenho a certeza de que Vós me amais; fazei-me enamorar da minha vida». Não dos meus defeitos, que hão de ser corrigidos, mas da vida, que é um grande dom: é o tempo para amar e ser amado.
Zaqueu tinha um segundo obstáculo no caminho do encontro com Jesus: a vergonha paralisadora. Sobre isto, falamos um pouco ontem à noite. Podemos imaginar o que se passou no coração de Zaqueu antes de subir àquele sicómoro: terá havido uma grande luta; por um lado, uma curiosidade boa, a de conhecer Jesus; por outro, o risco de fazer triste figura. Zaqueu era uma figura pública; sabia que, tentando subir à árvore, se faria ridículo aos olhos de todos: ele, um líder, um homem de poder, mas muito odiado. Porém superou a vergonha, porque a atração de Jesus era mais forte. Tereis já experimentado o que acontece quando uma pessoa se nos torna tão fascinante que nos enamoramos: então pode suceder fazermos voluntariamente coisas que de outro modo nunca teríamos feito. Algo semelhante aconteceu no coração de Zaqueu, quando sentiu que Jesus era tão importante que, por Ele, estava pronto a tudo, porque Ele era o único que poderia retirá-lo das areias movediças do pecado e da infelicidade. E assim a vergonha que paralisa não levou a melhor: Zaqueu – diz o Evangelho – «correndo à frente, subiu» e depois, quando Jesus o chamou, «desceu imediatamente» (vv 4.6). Arriscou, colocou-se em jogo. Aqui está também para nós o segredo da alegria: não apagar a boa curiosidade, mas colocar-se em jogo, porque a vida não se deve fechar numa gaveta. Perante Jesus, não se pode ficar sentado à espera de braços cruzados; a Ele que nos dá a vida, não se pode responder com um pensamento ou com uma simples «mensagem».
Queridos jovens, não vos envergonheis de Lhe levar tudo, especialmente as fraquezas, as fadigas e os pecados na Confissão: Ele saberá surpreender-vos com o seu perdão e a sua paz. Não tenhais medo de Lhe dizer «sim» com todo o entusiasmo do coração, de Lhe responder generosamente, de O seguir. Não vos deixeis anestesiar a alma, mas apostai no amor formoso, que requer também a renúncia, e um «não» forte ao doping do sucesso a todo o custo e à droga de pensar só em si mesmo e nas próprias comodidades.
Depois da baixa estatura, depois da vergonha paralisadora, houve um terceiro obstáculo que Zaqueu teve de enfrentar, não dentro de si mesmo, mas ao seu redor. É a multidão murmuradora, que primeiro o bloqueou e depois criticou-o: Jesus não devia entrar na casa dele, na casa dum pecador. Como é difícil acolher verdadeiramente Jesus! Como é árduo aceitar um «Deus, rico em misericórdia» (Ef 2, 4)! Poderão obstaculizar-vos, procurando fazer-vos crer que Deus é distante, rígido e pouco sensível, bom com os bons e mau com os maus. Ao contrário, o nosso Pai «faz com que o Sol se levante sobre os bons e os maus» (Mt 5, 45) e convida-nos a uma verdadeira coragem: ser mais fortes do que o mal amando a todos, incluindo os inimigos. Poderão rir-se de vós, porque acreditais na força mansa e humilde da misericórdia. Não tenhais medo, mas pensai nas palavras destes dias: «Felizes os misericordiosos, porque alcançarão misericórdia» (Mt 5, 7). Poderão considerar-vos sonhadores, porque acreditais numa humanidade nova, que não aceita o ódio entre os povos, não vê as fronteiras dos países como barreiras e guarda as suas próprias tradições, sem egoísmos nem ressentimentos. Não desanimeis! Com o vosso sorriso e os vossos braços abertos, pregais esperança e sois uma bênção para a única família humana, que aqui tão bem representais.
Naquele dia, a multidão julgou Zaqueu, mediu-o de cima a baixo; mas Jesus fez o contrário: levantou o olhar para ele (v. 5). O olhar de Jesus ultrapassa os defeitos e vê a pessoa; não se detém no mal do passado, mas entrevê o bem no futuro; não se resigna perante os fechamentos, mas procura o caminho da unidade e da comunhão; único no meio de todos, não se detém nas aparências, mas vê o coração. Jesus vê o nosso coração, o teu coração, o meu coração. Com este olhar de Jesus, vós podeis fazer crescer outra humanidade, sem esperar louvores, mas buscando o bem por si mesmo, felizes por conservar o coração limpo e lutar pacificamente pela honestidade e a justiça. Não vos detenhais à superfície das coisas e desconfiai das liturgias mundanas do aparecer, da maquilhagem da alma para parecer melhor. Em vez disso, instalai bem a conexão mais estável: a de um coração que vê e transmite o bem sem se cansar. E aquela alegria que gratuitamente recebestes de Deus, por favor gratuitamente dai-a (cf. Mt 10, 8), porque muitos esperam por ela. E esperam recebê-la de vós.
Ouçamos, por fim, as palavras de Jesus a Zaqueu, que parecem ditas de propósito para nós hoje, para cada um de nós: «Desce depressa, pois hoje tenho de ficar em tua casa» (v. 5). «Desce depressa, porque hoje tenho de ficar contigo; abre-me a porta do teu coração». Jesus dirige-te o mesmo convite: «Hoje tenho de ficar em tua casa». A JMJ – poderíamos dizer – começa hoje e continua amanhã, em casa, porque é lá que Jesus te quer encontrar a partir de agora. O Senhor não quer ficar apenas nesta bela cidade ou em belas recordações, mas deseja ir a tua casa, habitar a tua vida de cada dia: o estudo e os primeiros anos de trabalho, as amizades e os afetos, os projetos e os sonhos. Como Lhe agrada que tudo isto seja levado a Ele na oração! Como espera que, entre todos os contactos e os chat de cada dia, esteja em primeiro lugar o fio de ouro da oração! Como deseja que a sua Palavra fale a cada uma das tuas jornadas, que o seu Evangelho se torne teu e seja o teu «navegador» nas estradas da vida!
Ao pedir para vir a tua casa, Jesus – como fez com Zaqueu – chama-te por nome. A todos nós… Jesus chama por nome. O teu nome é precioso para Ele. O nome de Zaqueu evocava, na linguagem da época, a recordação de Deus. Fiai-vos na recordação de Deus: a sua memória não é um «disco rígido» que grava e armazena todos os nossos dados, a sua memória é um coração terno e rico de compaixão, que se alegra em eliminar definitivamente todos os nossos vestígios de mal. Tentemos, também nós agora, imitar a memória fiel de Deus e guardar o bem que recebemos nestes dias. Em silêncio, façamos memória deste encontro, guardemos a recordação da presença de Deus e da sua Palavra, reavivemos em nós a voz de Jesus que nos chama por nome. Assim rezemos em silêncio, fazendo memória, agradecendo ao Senhor que aqui nos quis e encontrou.
[01215-PO.02] [Texto original: Italiano]
Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, Card. Stanisław Ryłko, ha rivolto al Papa alcune parole di ringraziamento, introducendo l’invio missionario e la consegna da parte del Santo Padre ad alcuni giovani di una lampada, segno della luce di Cristo.
[B0562-XX.02]