Intervento del Card. Lorenzo Baldisseri
Intervento del Card. Christoph Schönborn, O.P.
Intervento dei coniugi Prof. Francesco Miano e Prof.ssa Giuseppina De Simone
Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la Conferenza Stampa di presentazione dell’Esortazione Apostolica post-sinodale del Santo Padre Francesco “Amoris laetitia”, sull’amore nella famiglia.
Intervengono l’Em.mo Card. Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi; l’Em.mo Card. Christoph Schönborn, O.P., Arcivescovo di Wien; i coniugi Prof. Francesco Miano, Docente di Filosofia Morale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Prof.ssa Giuseppina De Simone in Miano, Docente di Filosofia presso la Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale di Napoli; S.E. Mons. Fabio Fabene, Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi.
Riportiamo di seguito i testi degli interventi del Cardinale Baldisseri, del Cardinale Schönborn e dei coniugi Miano:
Intervento del Card. Lorenzo Baldisseri
Testo in lingua italiana
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua francese
Testo in lingua italiana
Nel Giubileo della Misericordia
Sono lieto e onorato di presentare oggi l’Esortazione Apostolica Post-sinodale Amoris laetitia che Papa Francesco ha firmato il 19 marzo scorso, Solennità di San Giuseppe, e che oggi si rende pubblica. Anzitutto mi è gradito esprimere viva riconoscenza al Santo Padre, per aver donato alla Chiesa il prezioso documento sull’amore nella famiglia. Ringrazio inoltre tutti coloro che a vario titolo hanno offerto il loro contributo; in particolare i Padri sinodali delle due Assemblee, il Relatore Generale e al Segretario Speciale, il Pontificio Consiglio per la famiglia e il suo Presidente.
È significativo che Amoris laetitia esca in pieno Giubileo della Misericordia: il testo vi fa riferimento tre volte e cita direttamente la Bolla di Indizione sei volte. Il documento corona il lavoro biennale del Sinodo, la cui grande riflessione ha investito tutte le dimensioni dell’istituto familiare, che oggi risente di una forte crisi nel mondo intero. Le società umane, segnate da conflitti e violenze, hanno bisogno di riconciliazione e di perdono a cominciare dal loro nucleo vitale: la famiglia. Il Giubileo della misericordia è davvero una buona notizia per le famiglie di ogni continente, specialmente per quelle ferite e umiliate.
Il titolo
Il titolo Amoris laetitia è in piena continuità con l’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium: dalla gioia del Vangelo alla gioia dell’amore nella famiglia. Il cammino sinodale ha presentato la bellezza della famiglia parlando dell’amore: esso costituisce il fondamento dell’istituto familiare, perché Dio è amore tra Persone, è Trinità e non solitudine. In questo documento il Santo Padre approfondisce il «Vangelo del matrimonio e della famiglia» (AL, 89) e offre concreti orientamenti pastorali che, nella continuità, acquistano un valore e una dinamica nuova.
«L’insieme degli interventi dei Padri, che ho ascoltato con costante attenzione, mi è parso un prezioso poliedro» (AL, 4) – scrive il Santo Padre, riprendendo la figura geometrica già impiegata in Evangelii gaudium (cf. 236). Infatti, il risultato del lavoro sinodale dei Padri raccoglie la pluralità delle esperienze e dei punti di vista delle Chiese particolari. Il confronto tra opinioni diverse è avvenuto con libertà e franchezza, che ha permesso di pervenire ad un risultato quasi unanimemente condiviso.
Il principio secondo il quale «il tempo è superiore allo spazio» (EG, 222-225; AL, 3, 261) indica che occorre tempo ed esistono modalità diverse mediante le quali trovare soluzioni più adatte alle differenti situazioni. Al riguardo, l’Esortazione dice: «Nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano» (AL, 3). Ad esempio, il testo fa riferimento a tre situazioni emblematiche in cui il trascorrere del tempo è necessario: nella preparazione al matrimonio (cf. AL, 205-216); nell’educazione dei figli (cf. AL, 261); nel superamento del lutto in famiglia (cf. AL, 255).
La chiave di lettura
In pieno accordo con il tempo giubilare che la Chiesa sta vivendo, l’adeguata chiave di lettura del documento è «la logica della misericordia pastorale» (AL, 307-312). Il Santo Padre afferma chiaramente la dottrina sul matrimonio e la famiglia, specialmente nel cap. III, e la propone come ideale irrinunciabile. Riferendosi ai giovani, egli afferma: «Per evitare qualsiasi interpretazione deviata, ricordo che in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza. […] Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture» (AL, 307). D’altra parte, il papa non dimentica di rivolgere la sua attenzione alle fragilità delle famiglie e persino al loro fallimento, e riprende un passo di Evangelii gaudium (n. 44): «“senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno”, lasciando spazio alla “misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile”» (AL, 308).
La struttura
L’Esortazione è composta di nove capitoli, suddivisi in 325 numeri, con 391 note, e la preghiera finale alla Santa Famiglia. Il Santo Padre spiega lo sviluppo del documento (cf. AL, 6): l’ouverture, ispirata alla Sacra Scrittura (cap. I), dà il tono adeguato al documento, per passare poi a considerare la situazione attuale delle famiglie (cap. II), alla luce dell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la famiglia (cap. III). All’amore nel matrimonio (cap. IV), che diventa fecondo nella famiglia (cap. V), spetta il posto centrale nel documento. Seguono alcuni orientamenti pastorali per costruire famiglie solide e feconde, secondo il piano di Dio (cap. VI), e per fortificare l’educazione dei figli (cap. VII). Il capitolo VIII è un invito alla misericordia e al discernimento pastorale di fronte a situazioni che non rispondono pienamente all’ideale che il Signore propone. L’Esortazione si conclude con alcune linee di spiritualità familiare (cap. IX).
Nell’introduzione, Papa Francesco stesso spiega la ragione della inevitabile estensione del testo. La riflessione del cammino sinodale ha fatto sì che l’Esortazione Apostolica post-sinodale comprendesse non solo le questioni strettamente inerenti alla famiglia, ma anche molti e diversi temi. La lunghezza e l’articolazione del testo richiede una lettura non affrettata, non necessariamente continua, anche a seconda dell’interesse dei diversi lettori (cf. AL, 7).
Le fonti
Amoris laetitia è una ulteriore eminente espressione del pontificato di papa Francesco; rappresenta una splendida sintesi e proiezione verso ulteriori orizzonti. La base fondamentale dell’Esortazione è costituita dai documenti conclusivi delle due Assemblee sinodali sulla famiglia: 52 citazioni della Relatio Synodi 2014 e 84 della Relatio finalis 2015, per un totale di 136. In tal modo il Santo Padre attribuisce una grande importanza al lavoro collegiale e sinodale, accogliendolo e integrandolo.
Inoltre, il testo è corredato di numerosi riferimenti ai Padri della Chiesa (San Leone Magno e Sant’Agostino), ai teologi medioevali e moderni (San Tommaso, citato 19 volte; San Domenico; Beato Giordano di Sassonia; Alessandro di Hales; Sant’Ignazio di Loyola, 3 volte; San Roberto Bellarmino; San Giovanni della Croce); agli autori contemporanei (Joseph Pieper, Antonin Sertillanges, Gabriel Marcel, Erich Fromm, Santa Teresa di Lisieux, Dietrich Bonhoeffer, Jorge Luis Borges, Octavio Paz, Mario Benedetti, Martin Luther King). Tra i documenti pontifici dei predecessori vengono citati, ad esempio: Casti connubii di Pio XI; Mystici Corpori Christi di Pio XII; Humanae vitae del Beato Paolo VI (2 volte + 4 volte in altri documenti citati nel testo); le Catechesi sull’amore umano (23 volte) e Familiaris consortio (21 volte + 6) di San Giovanni Paolo II; Deus Caritas Est di Benedetto XVI (9 volte + 1). Il Concilio Vaticano II viene citato ben 22 volte + 6; il Catechismo della Chiesa Cattolica 13 volte + 2. Inoltre, oltre a 16 + 1 citazioni di Evangelii gaudium, spiccano le Catechesi sulla famiglia di papa Francesco pronunciate in occasione delle udienze generali, che vengono citate 50 volte. Infine, vengono citati 12 volte altri Documenti della Santa Sede e 10 volte Documenti di Conferenze Episcopali.
Degne di nota sono le espressioni che il Santo Padre usa per attribuire rilevanza al lavoro condotto per due anni dai Vescovi di tutto il mondo con le loro Chiese, quando dice: «sostengo» (AL, 297), «accolgo» (AL, 299), «considero molto appropriato» (AL, 302). Sono una ventina le volte in cui nel testo l’Autore si riferisce esplicitamente al Sinodo o ai Padri sinodali.
Alcuni punti salienti
1) Il documento porge uno sguardo positivo sulla bellezza dell’amore coniugale e sulla famiglia, in un’epoca di crisi globale di cui soffrono principalmente le famiglie. Lo spazio dedicato all’amore e alla sua fecondità, in particolare nei capitoli IV-V, rappresenta un contributo originale, sia per il contenuto generale sia per il modo di esporlo. Ogni espressione dell’amore nell’inno alla carità di San Paolo (cf. 1Cor 13,4-7) è una meditazione spirituale ed esistenziale per la vita degli sposi, tratteggiata con sapiente introspezione, propria di un’esperta guida spirituale, che conduce alla crescita nella carità coniugale.
2) Al Vescovo è affidato il compito di condurre il Popolo di Dio, sull’esempio di Gesù buon Pastore che «chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori» (Gv 10,3). Il servizio pastorale del Vescovo comporta anche l’esercizio del potere giudiziale che, attraverso i due Motu Proprio Mitis iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus, il Santo Padre ha così definito: «Attraverso di essi ho anche voluto “rendere evidente che lo stesso Vescovo nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati”» (AL, 244). Ne consegue che il Vescovo, attraverso presbiteri e operatori pastorali adeguatamente preparati, disponga servizi appropriati per coloro che sono in condizioni di disagio familiare, di crisi e di fallimento.
3) Come ogni pastore, Papa Francesco rivolge la sua sollecitudine paterna alla «innumerevole varietà di situazioni concrete» (AL, 300). Pertanto, egli afferma: «è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi» (ib.). Dal momento che – come il Sinodo ha affermato – «il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi», occorre procedere con «un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari» (ib.).
I battezzati che vivono in una seconda unione devono essere integrati e non esclusi. L’Esortazione al riguardo è molto chiara: «La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate […] possano essere superate» (AL, 299).
Per accompagnare e integrare le persone che vivono in situazioni cosiddette “irregolari” è necessario che i pastori le guardino in faccia una per una. Il documento dice: «I presbiteri hanno il compito di “accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo”» (AL, 300). In questo processo di discernimento «sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio» (ib.).
Il discernimento avviene attraverso il «colloquio col sacerdote, in foro interno, [che] concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere» (ib.).
4) Nella prospettiva del compimento dell’ideale del matrimonio, l’Esortazione ha innanzitutto messo in grande rilievo la preparazione dei fidanzati al sacramento, al fine di fornire «loro gli elementi necessari per poterlo ricevere con le migliori disposizioni e iniziare con una certa solidità la vita familiare» (AL, 207). Il Papa afferma che, in questa preparazione, occorre attingere alle «convinzioni dottrinali» e alle «preziose risorse spirituali» della Chiesa, come anche ricorrere a «percorsi pratici, consigli ben incarnati, strategie prese dall’esperienza, orientamenti psicologici» (AL, 211).
L’Esortazione indica, inoltre, la necessità che questo cammino prosegua anche dopo la celebrazione, specialmente nei primi anni di vita coniugale. Ai giovani sposi il Papa ricorda che «il matrimonio non può intendersi come qualcosa di concluso. […] Lo sguardo si rivolge al futuro che bisogna costruire giorno per giorno con la grazia di Dio» (AL, 218).
5) Il documento ricorda che «i Padri hanno anche considerato la situazione particolare di un matrimonio solo civile o, fatte salve le differenze, persino di una semplice convivenza in cui, “quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove, può essere vista come un’occasione da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio”» (AL, 293).
6) Nell’accompagnare le fragilità e curare le ferite, il principio della gradualità nella pastorale riflette la pedagogia divina: come Dio si prende cura di tutti i suoi figli, a cominciare dai più deboli e lontani, così «la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo imperfetto» (AL, 78), poiché tutti devono essere integrati nella vita della comunità ecclesiale (cf. AL, 297). Il Papa afferma, infatti, che «nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo!» (ib.).
Non limitandosi alle situazioni cosiddette “irregolari”, l’Esortazione, quindi, dischiude l’ampio orizzonte della grazia immeritata e della misericordia incondizionata per «tutti, in qualunque situazione si trovino» (ib.).
Di fronte ai grandi avvenimenti che sconvolgono il mondo odierno, si scopre la grandezza di Dio e il suo amore per l’uomo che, ferito costantemente, ha bisogno di essere accolto e curato da Cristo, buon samaritano dell’umanità. Dalla consapevolezza che Dio offre e regala misericordia e che «la città dell’uomo non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione» (CV, 6), emerge la necessità di oltrepassare l’orizzonte umano della giustizia con uno scatto, un salto in avanti. Questo viene soltanto dall’amore, che diventa misericordioso dinanzi alle fragilità umane, ed è capace di infondere coraggio e speranza. In tale contesto si colloca l’Esortazione Apostolica, che con questa espressione tocca il cuore del Vangelo e risana quello dell’uomo ferito: «la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio» (AL, 311).
[00531-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua inglese
In the Jubilee of Mercy
I am happy and honoured to present the Post-Synodal Apostolic Exhortation Amoris Laetitia, which Pope Francis signed on 19 March, the Solemnity of Saint Joseph, and which is made public today. First of all, it is a pleasure to express my deep gratitude to the Holy Father for having given the Church this valuable document on love in the family. I would like to thank all who in various ways have offered their contribution; in particular, the Synod Fathers of the two Assemblies, the General Relator and the Special Secretary, the Pontifical Council for the Family and its President.
For Amoris Laetitia to be released in the very midst of the Jubilee of Mercy is significant, and to this the text refers three times, directly citing the Bull of Indiction Misericordiae Vultus six times. The document crowns the two years of work of the Synod, whose broad reflection has included all dimensions of the family institution, which today suffers from severe crises throughout the entire world. Human societies, marked by conflict and violence, need reconciliation and pardon starting with their vital core: the family. The Jubilee of Mercy is truly good news for families of every continent, especially those which are wounded and humiliated.
The title
The title Amoris Laetitia (AL) is in continuity with that of the Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium (EG): from the joy of the Gospel to the joy of love in the family. The synodal process has presented the beauty of the family by speaking of love. This constitutes the foundation of the family institution, because God is love among Persons, Trinity and not solitude. In this document, the Holy Father deepens the “gospel of marriage and the family” (AL 89) and offers concrete pastoral orientations which, in continuity with the previous EG, take on new dynamism and value.
“The various interventions of the Synod Fathers, to which I paid close heed, made up, as it were, a multifaceted gem” (AL 4) – writes the Holy Father, evoking the geometric design of the polyhedron already used in EG (cf. 236). In fact, the results of the Synod Fathers’ work brings together the diversity of experiences and points of view of the particular Churches. Disputes between different opinions took place with freedom and openness, which allowed an almost unanimous outcome to be achieved.
The principle according to which “time is greater than space” (EG, 222-225; Al, 3, 261) suggests that time is needed and there are different ways to find the best solutions to the different situations. In this regard, the Exhortation says: “Unity of teaching and practice is certainly necessary in the Church, but this does not preclude various ways of interpreting some aspects of that teaching or drawing certain consequences from it” (AL, 3). For example, the text refers to three prime situations in which the passage of time is necessary: in preparation for marriage (cf. AL, 205-216); in the education of children (cf. AL, 261); in mourning a death in the family (cf. AL, 255).
The key to reading
In full harmony with the Jubilee period that the Church is living, a suitable key for reading the document is “the logic of pastoral mercy” (AL, 307-312). The Holy Father clearly affirms the doctrine of marriage and the family, especially in ch. III, and he proposes it as an indispensable ideal. Referring to young people, he states: “In order to avoid all misunderstanding, I would point out that in no way must the Church desist from proposing the full ideal of marriage, God’s plan in all its grandeur. […] Today, more important than the pastoral care of failures is the pastoral care to strengthen marriages and thus to prevent their breakdown” (AL, 307). On the other hand, the Pope does not overlook the fragility of families and even their failure. From EG (n. 44): “Without detracting from the evangelical ideal, there is a need to accompany with mercy and patience the eventual stages of personal growth as these progressively appear”, making room for “the Lord’s mercy, which spurs us on to do our best” (AL, 308).
The structure
The Exhortation is made up of nine chapters, subdivided into 325 paragraphs with 391 notes and the final prayer to the Holy Family. The Holy Father explains the development of the document (cf. AL, 6): the prologue, inspired by Sacred Scripture (ch. I), gives the appropriate tone to the document and leads to considering the current situation of families (ch. II), in light of the Church’s teaching on marriage and the family (ch. III). He then treats love in marriage (ch. IV) which becomes fruitful in the family (chap. V); this is the heart of the document. Some pastoral perspectives follow for building solid and fruitful families according to God’s plan (ch. VI) and to improve the education of children (ch. VII). Chapter VIII is an invitation to mercy and pastoral discernment when facing situations that do not fully meet the ideal that the Lord proposes. The Exhortation concludes with some guidelines on family spirituality (ch. IX).
In the introduction, Pope Francis himself explains the reason for the inevitable length of the text. Reflecting the synodal journey, the post-synodal Apostolic Exhortation would necessarily include not only the questions strictly connected to the family, but also a wide variety of related topics. The length and detail of the text require leisurely reading, not necessarily continuous, and various readers may select according to their specific interests (cf. AL, 7).
The sources
Amoris Laetitia is a further outstanding expression of the pontificate of Pope Francis; it is a splendid synthesis and points towards further horizons. The fundamental basis of the Exhortation is made up of the final documents of the two synodal assemblies on the family: 52 citations from the Synod Report (Relatio Synodi) 2014 and 84 from the Final Report (Relatio Finalis) 2015, for a total of 136. In this way the Holy Father attributes great importance to collegial and synodal work, welcoming it and integrating it.
Furthermore, the text makes numerous references to the Fathers of the Church (St. Leo the Great and St. Augustine), to medieval and modern theologians (St. Thomas, cited 19 times; St. Dominic, Blessed Jordan of Saxony; Alexander of Hales; St. Ignatius of Loyola, 3 times; St. Robert Bellarmine; St. John of the Cross); to contemporary authors (Joseph Pieper, Antonin Sertillanges, Gabriel Marcel, Erich Fromm, St. Thérèse of Lisieux, Dietrich Bonhoeffer, Jorge Luis Borges, Octavio Paz, Mario Benedetti, Martin Luther King). Among the documents of previous Popes are mentioned, for example: Casti Connubii of Pius XI; Mystici Corpori Christi of Pius XII; Humanae Vitae of Blessed Paul VI (twice directly plus 4 times in other documents cited in the text); the Catechesis on Human Love (23 times) and Familiaris Consortio (21 times + 6) of St. John Paul II; Deus Caritas Est of Benedict XVI (9 times + 1). The Second Vatican Council is well cited (22 times + 6), as is The Catechism of the Catholic Church (13 times + 2). Moreover, in addition to the citations of Evangelii gaudium (16 + 1), there are 50 citations from Pope Francis’ catecheses on the family at general audiences. Finally, other documents of the Holy See are cited 12 times and documents of Episcopal Conferences 10 times.
Worth noting are the expressions the Holy Father uses to acknowledge the relevance of the work undertaken during two years by the Bishops of the whole world with their Churches, when he says “I support” (AL, 297), “I am in agreement with” (AL, 299), “I consider very fitting” (AL, 302). He refers explicitly to the Synod or to the Synod Fathers about 20 times.
Some highlights
1) In an era of global crisis in which families often suffer, the Exhortation takes a positive look at the beauty of married love and the family. The space dedicated to love and to its fertility, particularly in chapters IV and V, is an original contribution, both for the overall content and for the way of presenting it. Each expression of love in the hymn to love of St. Paul (1 Corinthians 13:4-7) is a spiritual and existential meditation on the life of the spouses, sketched with wise insight, by an experienced spiritual guide who encourages growth in conjugal love.
2) The Bishop has the task of leading the people of God, following the example of Jesus the Good Shepherd who “calls his own sheep by name and leads them out” (John 10:3). The pastoral ministry of the Bishop also involves the exercise of judicial power. The Holy Father has defined this through the two Motu Proprio, Mitis iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus, as follows: “With these, I wished to make clear that the Bishop himself in the Church over which he has been appointed shepherd and head, is by that very fact the judge of those faithful entrusted to his care” (AL, 244). It follows that the Bishop, through the priests and properly trained pastoral workers, makes appropriate services available to whoever are experiencing family difficulties, crisis and failure.
3) Like any pastor, Pope Francis addresses his paternal care to the “immense variety of concrete situations” (AL, 300). Therefore, he says: “it is understandable that neither the Synod nor the Exhortation could be expected to provide a new set of general rules, canonical in nature and applicable to all cases” (ibid). Since – as the Synod has affirmed – “the degree of responsibility is not equal in all cases”, it is necessary to proceed with “a responsible personal and pastoral discernment of particular cases” (ibid).
The baptized living in a second marriage must be integrated and not excluded. In this regard the Exhortation is very clear: “Their participation can be expressed in different ecclesial services, which necessarily requires discerning which of the various forms of exclusion currently practiced […] can be surmounted” (AL, 299).
To accompany and integrate people who live in these so-called "irregular" situations, pastors need to look them in the face one by one. The document says that “priests have the duty to ‘accompany [the divorced and remarried] on the way of discernment in helping them to understand their situation according to the teaching of the Church and the guidelines of the bishop’” (AL, 300). In this process of discernment, “it will be useful to make an examination of conscience through moments of reflection and repentance. The divorced and remarried should ask themselves: how did they act towards their children when the conjugal union entered into crisis; whether or not they made attempts at re-conciliation; what has become of the abandoned party; what consequences the new relationship has on the rest of the family and the community of the faithful; and what example is being set for young people who are preparing for marriage” (ibid). Discernment takes place through “conversation with the priest, in the internal forum, [and] contributes to the formation of a correct judgment on what hinders the possibility of a fuller participation in the life of the Church and on what steps can foster it and make it grow” (ibid).
4) From the perspective of fulfilling the ideal of marriage, the Exhortation has put great emphasis on the preparation of engaged couples for the sacrament, in order to provide “the help they need to receive the sacrament worthily and to make a solid beginning of life as a family” (AL, 207). The Pope states that, in this preparation, it is necessary to draw from the “doctrinal beliefs” and the “precious spiritual resources” of the Church as well as to have recourse to “practical programmes, sound advice, proven strategies and psychological guidance” (AL, 211).
The Exhortation also signals the need for this journey to continue after the celebration, especially in the first years of married life. The Pope reminds the newly married couple that “marriage is not something that happens once for all. […] Their gaze now has to be directed to the future that, with the help of God’s grace, they are daily called to build” (AL, 218).
5) The document states that “the Fathers also considered the specific situation of a merely civil marriage or, with due distinction, even simple cohabitation, noting that ‘when such unions attain a particular stability, legally recognized, are characterized by deep affection and responsibility for their offspring, and demonstrate an ability to overcome trials, they can provide occasions for pastoral care with a view to the eventual celebration of the sacrament of marriage’” (AL, 293).
6) In accompanying the frailties and treating the wounds, the principle of gradualness in pastoral care reflects divine teaching: how God cares for all his children, beginning with the weakest and furthest away, so “the Church turns with love to those who participate in her life in an imperfect manner” (AL, 78) because they all have to be integrated into the life of the ecclesial community (cf. AL, 297). The Pope states, in fact, that “no one can be condemned for ever, because that is not the logic of the Gospel!” (ibid).
Not limiting itself to so-called “irregular” situations, the Exhortation, therefore, opens up the wide horizon of undeserved grace and unconditional mercy for “everyone, in whatever situation they find themselves” (ibid).
In the face of the upheavals that are disrupting the world today, we discover the greatness of God and his love for all people who, constantly wounded, need to be welcomed and cared for by Christ, the Good Samaritan of humanity. From the awareness that God offers and gives mercy and that “the earthly city is promoted not merely by relationships of rights and duties, but to an even greater and more fundamental extent by relationships of gratuitousness, mercy and communion” (CV, 6), emerges the need to go beyond the human horizon of justice with an impulse, a leap forward. This only comes from love, which becomes merciful in the face of human frailty, and is able to inspire courage and hope. The Apostolic Exhortation is set in this context. It touches the heart of the Gospel and heals the wounded person, with this expression: “Mercy is the fullness of justice and the most radiant manifestation of God’s truth” (AL, 311).
[00531-EN.01] [Original text: Italian - working translation]
Traduzione in lingua francese
Au coeur du Jubilé de la Miséricorde
C'est un honneur et une joie pour moi de présenter l'exhortation apostolique post-synodale Amoris Laetitia, signée par le Pape en la solennité de St.Joseph (19 mars). A lui va toute notre reconnaissance pour offrir à l'Eglise cet important document sur l'amour vécu au sein de la famille. Je remercie aussi tous ceux qui, à divers titres, y ont contribué, les pères des deux assemblées synodales, le rapporteur général et le secrétaire spécial, le Conseil pontifical pour la famille et son président. Amoris Laetitia est publiée en plein Jubilé de la Miséricorde, dont il cite par trois fois la bulle d'indiction. Ce document couronne deux années de travail synodal, dont la large réflexion a touché toutes les facettes d'une institution familiale largement en crise. Affligées par des conflits et autres tensions, les sociétés ont besoin de réconciliation et de pardon, à commencer par leur cellule base qu'est la famille. Ainsi le Jubilé de la Miséricorde est-il un excellente nouvelle pour les familles du monde, tout particulièrement pour celles qui sont blessées ou humiliées.
Le titre
Amoris Laetitia est dans le sillage de l'exhortation Evangelii Gaudium, qui porte de la joie de l'Evangile à celle de l'amour vécu au sein de la famille. Le Synode a exposé la beauté de la famille en parlant de l'amour qui constitue le fondement de l'institution familiale. Trine, Dieu n'est pas solitude mais amour partagé. Dans son exhortation, approfondissant l'Evangile du mariage et de la famille, le Pape offre des orientations pastorales concrètes, porteuses dans la continuité de nouvelles dynamiques.
L'ensemble des interventions des pères, attentivement écoutées, écrit-il (nº 4), m'a proposé l'image du polyèdre, une image géométrique figurant déjà dans Evangelii Gaudium. De fait, le résultat des travaux synodaux rassemble une pluralité d'expériences et de positions des Eglises particulières. L'échange des opinions s'est fait en toute liberté et franchise, ce qui a permis un résultat presque unanimement partagé.
Le principe selon lequel le temps est supérieur à l'espace (nº 3, 261) rappelle que prendre du temps est nécessaire et qu'il existe diverses modalités pour atteindre les solutions les plus adaptées cas par cas. L'exhortation ne dit-elle pas que si, dans l'Eglise, l'unité de doctrine et de pratique est nécessaire, cela n'interdit pas divers modes d'interprétation de certains aspects doctrinaux, ni les conséquences en dérivant (nº 3). Ainsi le texte signale-t-il trois situations qui nécessitent de temps, la préparation au mariage (nº 205 - 216), l'éducation des enfants (nº 261) et le deuil familial (nº 255).
La clef de lecture
En harmonie avec le temps jubilaire que vit l'Eglise, la bonne clef de lecture de l'exhortation est la logique de la miséricorde pastorale (nº 307 - 312). Au chapitre III notamment, le Pape affirme clairement la doctrine sur mariage et famille, proposée comme un idéal indispensable. Et à propos des jeunes, il écrit que pour éviter toute dérive d'interprétation, l'Eglise ne peut en aucune façon renoncer à proposer l'idéal complet du mariage comme projet de Dieu. En vue de prévenir sa rupture, l'effort pastoral de consolidation de l'union matrimoniale doit avoir le pas sur une pastorale de l'échec (nº 307). Et puis le Pape n'oublie pas de se pencher sur la fragilité comme sur l'échec du mariage en reprenant un passage d'Evangelii Gaudium (nº 44): Sans diminuer la valeur de l'idéal évangélique, il faut accompagner avec miséricorde et patience la croissance des personnes, jour après jour et en donnant toute sa place à la miséricorde du Seigneur qui nous encourage à faire le bien possible (nº 308).
La structure
Amoris Laetitia s'articule en neuf chapitres, subdivisés en 325 paragraphes, 391 notes et une prière finale adressée à la Ste.Famille. Expliquant le déroulement du document (nº 6), le Pape souligne qu'il s'inspire à l'Ecriture (chapitre 1), qui lui fournit le ton adéquat. Puis il passe à l'exposé sur la situation de l'institution familiale au regard de l'enseignement de l'Eglise (chapitre III). La place centrale du document est réservée à l'amour matrimonial (chapitre IV), qui devient fécond au sein de la famille (chapitre V). Suivent des orientations pastorales destinées à bâtir des familles solides et fécondes selon le projet de Dieu (chapitre 6) et à renforcer l'éducation des enfants (chapitre VII). Le chapitre VIII est quant à lui une invitation au discernement pastoral face aux situations ne répondant pas pleinement à l'idéal que propose le Seigneur. Le dernier chapitre propose des lignes de spiritualité familiales.
Dans l'introduction, le Pape explique l'inévitable extension du texte, et sa réflexion sur le cheminement synodal justifie qu'il englobe divers sujets qui ne sont pas strictement inhérents à la famille. C'est pourquoi, même si elle n'est pas forcément continue, une lecture approfondie est nécessaire selon l'intérêt des lecteurs (nº 7).
Les sources
Importante expression du pontificat, cette exhortation post-synodale constitue une belle synthèse de la question abordée et un projection vers l'horizon. Sa base sont les documents conclusifs des deux assemblées synodales (52 citations de la Relatio 2014 et 84 de la Relatio 215. Ainsi le Pape a-t-il attribué une part majeure au travail collégial du Synode.
Enrichi de nombreuses citations patristiques, le texte propose aussi celles de grands maîtres de la théologie, de St.Thomas d'Aquin à St.Ignace de Loyola, de St.Robert Bellarmain à St.Jean de la Croix, et de théologiens ou d'écrivains contemporains comme Joseph Pieper, Antonin Sertillanges, Gabriel Marcel, Erich Fromm, Ste.Thérèse de Lisieux, Dietrich Bonhoeffer, Jorge Luis Borges, Octavio Paz, Mario Benedetti ou Martin Luther King. Des Papes, sont cités Casti Connubii de Pie XI, Mystici Corporis Christi de Pie XII, Humanae Vitae de Paul VI, les catéchèses sur l'amour humain et Familiaris Consortio de Jean-Paul II, Deus Caritas Est de Benoît XVI, sans oublier Evangelii Gaudium et les catéchèses sur la famille du Pape François. En outre les documents conciliaires sont cités 22 fois, le Catéchisme de l'Eglise catholique 13 fois, ainsi que d'autres documents du Saint-Siège et de diverses conférences épiscopales.
Aux nº 297, 299 et 302, le Pape salue une bonne vingtaine de fois le travail accompli en deux ans par les évêques et leurs Eglises.
Des poins saillants
1. Le document met largement l'accent sur la beauté de l'amour conjugal et de la vie de famille, malgré le contexte de crise de cette institution. Aux chapitres IV et V est développé de façon originale, tant dans le contenu que dans la forme, l'aspect fécond de l'amour. Chacune des références à l'amour de l'hymne à la charité de Paul (Cor 13,4 - 7) constitue une méditation spirituelle et existentielle pour la vie des époux. Proposées avec profondeur, elles sont des lignes guide spirituelles pour la croissance de la charité conjugale.
2. L'évêque a la charge de conduire le peuple de Dieu à l'exemple du Bon Pasteur, qui appelle une à une ses brebis (Jean 10,3), et ce service pastoral inclut l'exercice du jugement. Par ses Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus et Mitis et Misericors Iesus, le Pape a voulu rendre évident le fait que chaque évêque dans l'Eglise dont il est le pasteur et le chef est le juge des fidèles (nº 244). Il en découle par le biais des prêtres et autres agents pastoraux bien préparés qu'il prépare des mesures appropriées en faveur des époux en crise.
3. Comme tout pasteur, le Pape veut appliquer sa paternelle sollicitude à une innombrable variété de situations (nº 300). Il écrit notamment qu'on ne saurait attendre du synode comme de l'exhortation une nouvelle loi canonique applicable à l'ensemble des cas. C'est pourquoi, comme l'a affirmé le synode, il faut tenir compte des différents degrés de responsabilité et procéder avec discernement pastoral et responsabilité au cas par cas.
Les baptisés remariés doivent être inclus, et l'exhortation est très claire sur ce point: Si leur participation peut s'exprimer dans divers services ecclésiaux, il convient de discerner celles des actuelles formes d'exclusion qui pourront être surmontées (n1 299).
Pour accompagner et intégrer les fidèles en situation irrégulière, les pasteurs doivent traiter ces personnes une à une. Les prêtres ont le devoir d'accompagner ces personnes sur la voie du discernement selon l'enseignement de l'Eglise et les orientations de l'évêque (nº 300). En l'occurrence, il sera utile d'effectuer un examen de conscience au moyen de moments de réflexion et de repentance. Les divorcés remariés devront s'interroger sur leur comportement envers leurs enfants lors de la crise du couple, s'ils ont tout tenté pour la réconciliation, dans quelle situation se trouve le conjoint abandonné, quelles conséquences a eu la nouvelle relation sur le tissu familial et la communauté d'appartenance, quel mauvais exemple ils peuvent avoir offert aux jeunes qui se préparent au mariage.
Ce discernement se produit grâce au dialogue avec le prêtre qui, au for interne, forme un jugement qui, correct, ne doit pas faire obstacle à une plus large participation de ce fidèle à la vie de l'Eglise (nº 300).
4. En vue de l'accomplissement de l'idéal matrimonial, l'exhortation souligne l'importance de la préparation des fiancés au sacrement, de manière à leur fournir les éléments nécessaires à sa réception dans les meilleurs conditions et dans la perspective d'une vie familiale solide (nº 207). Dans cette préparation, rappelle le Pape, on doit insister sur les convictions doctrinales et les grandes ressources spirituelles dont dispose l'Eglise, et s'appuyer aussi sur des parcours, des conseils et des stratégies tirées de l'expérience et des choix psychologiques (nº 211). Le document montre également la nécessité de poursuivre ce cheminement après la célébration, en particulier durant les premières années du mariage. Le Pape rappelle aux jeunes époux que le mariage ne doit pas être considéré comme chose conclue, et qu'il faut tabler sur l'avenir en bâtissant jour après jour avec la grâce de Dieu.
5. Amoris Laetitia rappelle encore que les pères synodaux ont envisagé aussi le cas du seul mariage civil voire de l'union libre dans lesquels, faites les différences, il existe une stabilité du lien, une affection profonde, une responsabilité envers les enfants et une capacité à affronter les difficultés de la vie. Ceci doit être vu comme des occasions d'accompagner ces couples dans une démarche tendant au sacrement du mariage (nº 293).
6. Dans la prise en charge ou l'accompagnement des fragilités, dans le soin des blessures, le principe de la gradualité pastorale doit refléter la pédagogie divine. A l'image de Dieu qui prend soin de tous ses fils, à commencer par les plus faibles et éloignés, l'Eglise doit témoigner de son amour envers ceux des siens qui prennent part de manière imparfaite à la vie de la communauté ecclésiale (nº 78). Tous doivent pouvoir y prendre part. Personne, écrit-il, ne peut être condamné à jamais. Ce n'est pas la logique de l'Evangile (nº 297). En ne se limitant pas aux situations irrégulières, l'exhortation apostolique post-synodale ouvre donc le vaste horizon de la grâce imméritée et de la miséricorde inconditionnelle à chacun, quelle que soit sa situation (nº 297). Face aux grands bouleversements du monde, ainsi découvre-t-on la grandeur de Dieu et son amour pour l'homme qui, constamment blessé, a besoin d'être accueilli et soigné par le Christ, le Bon Samaritain de l'humanité. Dieu offre à l'humanité sa miséricorde car la société ne saurait être seulement régie par le rapport droits devoirs. C'est la dimension de la gratuité qui doit primer, et avant tout la miséricorde et la communion (nº 6). D'où la nécessité de dépasser la vision humaine de la justice par un saut en avant qui ne peut venir que de l'amour miséricordieux face à la fragilité humaine. Amoris Laetitia entend toucher le coeur de l'Evangile et faire du bien à l'homme blessé: La miséricorde est la plénitude de la justice, écrit le Pape François, et la manifestation la plus éclatante de la vérité de Dieu (nº 311).
[00531-FR.01] [Texte original: Italien - version de travail]
Intervento del Card. Christoph Schönborn, O.P.
Testo in lingua italiana
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua spagnola
Testo in lingua italiana
La sera del 13 marzo 2013, le prime parole che il nuovo Papa eletto Francesco rivolse alle persone in piazza San Pietro e in tutto il mondo sono state: “Buona sera!” Semplici come questo saluto sono il linguaggio e lo stile del nuovo scritto di Papa Francesco. L’Esortazione non è proprio così breve come questo semplice saluto, ma così aderente alla realtà. In queste 200 pagine Papa Francesco parla di “amore nella famiglia” e lo fa in modo così concreto, così semplice, con parole che scaldano il cuore come quel buona sera del 13 marzo 2013. Questo è il suo stile, ed egli si augura che si parli delle cose della vita nel modo più concreto possibile, soprattutto se si tratta della famiglia, di una delle realtà più elementari della vita.
Per dirlo in anticipo: i documenti della Chiesa spesso non appartengono a un genere letterario dei più accessibili. Questo scritto del Papa è leggibile. E chi non si lasci spaventare dalla lunghezza, troverà gioia nella concretezza e nel realismo di questo testo. Papa Francesco parla delle famiglie con una chiarezza che difficilmente si trova nei documenti magisteriali della Chiesa.
Prima di entrare nello scritto vorrei dire, a titolo molto personale, il perché io lo abbia letto con gioia, con gratitudine e sempre con forte emozione. Nel discorso ecclesiale sul matrimonio e sulla famiglia c’è spesso una tendenza, forse inconscia, a condurre su due binari il discorso su queste due realtà della vita. Da una parte ci sono i matrimoni e le famiglie che sono “a posto”, che corrispondono alla regola, dove tutto è “va bene” è “in ordine”, e poi ci sono le situazioni “irregolari” che rappresentano un problema. Già il termine stesso “irregolare” suggerisce che si possa effettuare una tale distinzione con tanta nitidezza.
Chi dunque viene a trovarsi dalla parte degli “irregolari”, deve convivere con il fatto che i “regolari” si trovino dall’altra parte. Come ciò sia difficile per quelli che provengono, essi stessi, da una famiglia patchwork, mi è noto di persona, a causa della situazione della mia propria famiglia. Il discorso della Chiesa qui può ferire, può dare la sensazione di essere esclusi.
Papa Francesco ha posto la sua Esortazione sotto la frase guida: “Si tratta di integrare tutti” (AL 297) perché si tratta di una comprensione fondamentale del Vangelo: noi tutti abbiamo bisogno di misericordia! “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra” (Gv 8, 7). Tutti noi, a prescindere dal matrimonio e dalla situazione familiare in cui ci troviamo, siamo in cammino. Anche un matrimonio in cui tutto “vada bene” è in cammino. Deve crescere, imparare, superare nuove tappe. Conosce il peccato e il fallimento, ha bisogno di riconciliazione e di nuovo inizio, e ciò fino in età avanzata (cfr AL 297).
Papa Francesco è riuscito a parlare di tutte le situazioni senza catalogare, senza categorizzare, con quello sguardo di fondamentale benevolenza che ha qualcosa a che fare con il cuore di Dio, con gli occhi di Gesù che non escludono nessuno (cfr AL 297), che accoglie tutti e a tutti concede la “gioia del Vangelo”. Per questo la lettura di Amoris laetitia è così confortante. Nessuno deve sentirsi condannato, nessuno disprezzato. In questo clima dell’accoglienza, il discorso della visione cristiana di matrimonio e famiglia diventa invito, incoraggiamento, gioia dell’amore al quale possiamo credere e che non esclude nessuno, veramente e sinceramente nessuno. Per me Amoris laetitia è perciò soprattutto, e in primo luogo, un “avvenimento linguistico”, così come lo è già stato l’Evangelii gaudium. Qualcosa è cambiato nel discorso ecclesiale. Questo cambiamento di linguaggio era già percepibile durante il cammino sinodale. Fra le due sedute sinodali dell’ottobre 2014 e dell’ottobre 2015 si può chiaramente riconoscere come il tono sia divenuto più ricco di stima, come si siano semplicemente accolte le diverse situazioni di vita, senza giudicarle o condannarle subito. In Amoris laetitia questo è divenuto il continuo tono linguistico. Dietro di ciò non c’è ovviamente solo un’opzione linguistica, bensì un profondo rispetto di fronte ad ogni uomo che non è mai, in primo luogo, un “caso problematico” in una “categoria”, ma una persona inconfondibile, con la sua storia e il suo percorso con e verso Dio. In Evangelii gaudium Papa Francesco diceva che dovremmo toglierci le scarpe davanti al terreno sacro dell’altro (EG 36). Quest’atteggiamento fondamentale attraversa tutta l’Esortazione. Ed esso è anche il motivo più profondo per le altre due parole chiave: discernere e accompagnare. Tali parole non valgono solo per le “cosiddette situazioni irregolari” (Papa Francesco sottolinea questo “cosiddette”!), ma valgono per tutti gli uomini, per ogni matrimonio, per ogni famiglia. Tutti, infatti, sono in cammino e tutti hanno bisogno di “discernimento” e di ”accompagnamento”.
La mia grande gioia per questo documento sta nel fatto che esso coerentemente superi l’artificiosa, esteriore, netta divisione fra “regolare” e “irregolare” e ponga tutti sotto l’istanza comune del Vangelo, secondo le parole di San Paolo: “Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!”(Rom 11, 32).
Questo continuo principio dell’”inclusione” preoccupa ovviamente alcuni. Non si parla qui in favore del relativismo? Non diventa permessivismo la tanto evocata misericordia? Non esiste più la chiarezza dei limiti che non si devono superare, delle situazioni che oggettivamente vanno definite irregolari, peccaminose? Quest’Esortazione non favoreggia un certo lassismo, un “everything goes”? La misericordia propria di Gesù non è invece, spesso, una misericordia severa, esigente?
Per chiarire ciò: Papa Francesco non lascia nessun dubbio sulle sue intenzioni e sul nostro compito:
“Come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al degrado morale e umano. Staremmo privando il mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire. Certo, non ha senso fermarsi a una denuncia retorica dei mali attuali, come se con ciò potessimo cambiare qualcosa. Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità. Ci è chiesto uno sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro” (AL 35).
Papa Francesco è convinto che la visione cristiana del matrimonio e della famiglia abbia anche oggi un’immutata forza di attrazione. Ma egli esige “una salutare reazione autocritica”: “Dobbiamo esser umili e realisti, per riconoscere che a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo” (AL 36). “Abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario” (AL 36).
Mi permetto di raccontare qui un’esperienza del Sinodo dell’ottobre scorso: che io sappia, due dei tredici “circuli minores” hanno iniziato il loro lavoro facendo in primo luogo raccontare ad ogni partecipante la propria situazione familiare. Ben presto è emerso che quasi tutti i vescovi o gli altri partecipanti del “circulus minor” sono confrontati, nelle loro famiglie, con i temi, le preoccupazioni, le “irregolarità” di cui noi, nel Sinodo, abbiamo parlato in maniera un po’ troppo astratta. Papa Francesco ci invita a parlare delle nostre famiglie “così come sono”. Ed ora la cosa magnifica del cammino sinodale e del suo proseguimento con Papa Francesco: questo sobrio realismo sulle famiglie “così come sono” non ci allontana affatto dall’ideale! Al contrario: Papa Francesco riesce, con i lavori di ambedue i Sinodi, a rivolgere alle famiglie uno sguardo positivo, profondamente ricco di speranza. Ma questo sguardo incoraggiante sulle famiglie richiede quella “conversione pastorale” di cui l’Evangelii gaudium parlava in maniera così entusiasmante. Il testo seguente dell’Amoris laetitia ricalca le grandi linee di tale “conversione pastorale”:
“Per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di significato la loro vita insieme. Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare per tutta la vita. Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle”(AL 37).
Papa Francesco parla da una profonda fiducia nei cuori e nella nostalgia degli uomini. Lo esprimono molto bene le sue esposizioni sull’educazione. Si percepisce qui la grande tradizione gesuitica dell’educazione alla responsabilità personale. Egli parla di due pericoli contrari: il "lassez-faire” e l’ossessione di volere controllare e dominare tutto. Da una parte è vero che “la famiglia non può rinunciare ad essere luogo di sostegno, di accompagnamento, di guida… C’è sempre bisogno di vigilanza. L’abbandono non fa mai bene”(AL 260).
Ma la vigilanza può diventare anche esagerata: “L’ossessione non è educativa, e non si può avere un controllo di tutte le situazioni in cui un figlio potrebbe trovarsi a passare (…). Se un genitore è ossessionato di sapere dove si trova suo figlio e controllare tutti i suoi movimenti, cercherà solo di dominare il suo spazio. In questo modo non lo educherà, non lo rafforzerà, non lo preparerà ad affrontare le sfide. Quello che interessa principalmente è generare nel figlio, con molto amore, processi di maturazione della sua libertà, di preparazione, di crescita integrale, di coltivazione dell’autentica autonomia” (AL 261). Trovo che sia molto illuminante mettere in connessione questo pensiero sull’educazione con quelli che riguardano la prassi pastorale della Chiesa. Infatti, proprio in questo senso Papa Francesco torna spesso a parlare della fiducia nella coscienza dei fedeli: “Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle” (AL 37). La grande questione ovviamente è questa: come si forma la coscienza? Come pervenire a quello che è il concetto chiave di tutto questo grande documento, la chiave per comprendere correttamente le intenzioni di Papa Francesco: “ il discernimento personale”, soprattutto in situazioni difficili, complesse? Il “discernimento” è un concetto centrale degli esercizi ignaziani. Questi, infatti, devono aiutare a discernere la volontà di Dio nelle situazioni concrete della vita. È il “discernimento” a fare della persona una personalità matura, e il cammino cristiano vuole essere di aiuto al raggiungimento di questa maturità personale: non a formare automi condizionati dall’esterno, telecomandati, ma persone maturate nell’amicizia con Cristo. Solo laddove è maturato questo “discernimento” personale è anche possibile pervenire a un “discernimento pastorale”, il quale è importante soprattutto “davanti a situazioni che non rispondono pienamente a quello che il Signore ci propone” (AL 6). Di questo “discernimento pastorale” parla l’ottavo capitolo, un capitolo probabilmente di grande interesse per l’opinione pubblica ecclesiale, ma anche per i media.
Devo tuttavia ricordare che Papa Francesco ha definito come centrali i capitoli 4 e 5 (“i due capitoli centrali”), non solo in senso geografico, ma per il loro contenuto: “Non potremo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione se non stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento dell’amore coniugale e familiare” (AL 89). Questi due capitoli centrali di Amoris laetitia saranno probabilmente saltati da molti per arrivare subito alle cosiddette “patate bollenti”, ai punti critici. Da esperto pedagogo, Papa Francesco sa bene che niente attira e motiva così fortemente come l’esperienza positiva dell’amore. “Parlare dell’amore” (AL 89) - ciò procura chiaramente una grande gioia a Papa Francesco, ed egli parla dell’amore con grande vivacità, comprensibilità, empatia. Il quarto capitolo è un ampio commento all’”Inno alla carità” del tredicesimo capitolo della Prima lettera ai Corinzi. Raccomando a tutti la meditazione di queste pagine. Esse incoraggiano a credere nell’amore (cfr1Gv 4,16) e ad avere fiducia nella sua forza. È qui che crescere, un’altra parola chiave dell’Amoris laetitia, ha la sua “sede principale”: in nessun altro luogo si manifesta così chiaramente, come nell’amore, che si tratta di un processo dinamico nel quale l’amore può crescere, ma può anche raffreddarsi. Posso solo invitare a leggere e a gustare questo delizioso capitolo. Ci tengo a far notare un aspetto: Papa Francesco parla qui, con una chiarezza che è rara, del ruolo che anche le passiones, le passioni, le emozioni, l’eros, la sessualità hanno nella vita matrimoniale e familiare. Non è un caso che Papa Francesco si riallacci qui in modo particolare a San Tommaso d’Aquino, il quale attribuisce alle passioni un ruolo così importante, mentre la morale moderna, spesso puritana, le ha screditate o trascurate.
E´ qui che il titolo dell’esortazione del Papa trova la sua più piena espressione: Amoris laetitia! Qui si capisce come sia possibile riuscire “a scoprire il valore e la ricchezza del matrimonio” (AL 205). Ma qui si rende anche dolorosamente visibile quanto male facciano le ferite d’amore, come siano laceranti le esperienze di fallimento delle relazioni. Per questo non meraviglia che sia soprattutto l’ottavo capitolo ad attirare l’attenzione e l’interesse. Infatti la questione di come la Chiesa tratti queste ferite, di come tratti il fallimento dell’amore, è diventata per molti una questione-test per capire se la Chiesa sia davvero il luogo in cui si possa sperimentare la Misericordia di Dio.
Questo capitolo deve molto all’intenso lavoro dei due Sinodi, alle ampie discussioni nell’opinione pubblica ed ecclesiale. Qui si manifesta la fecondità del modo di procedere di Papa Francesco. Egli desiderava espressamente una discussione aperta sull’accompagnamento pastorale di situazioni complesse e ha potuto ampiamente fondarsi sui testi che i due Sinodi gli hanno presentato per mostrare come si possa “accompagnare, discernere e integrare la fragilità”(AL 291).
Papa Francesco fa esplicitamente sue le dichiarazioni che ambedue i Sinodi gli hanno presentato: “I Padri sinodali hanno raggiunto un consenso generale, che sostengo” (AL 297). Per quanto riguarda i divorziati risposati con rito civile egli sostiene: “Accolgo le considerazioni di molti Padri sinodali, i quali hanno voluto affermare che (…) la logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale… Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come un madre che li accoglie sempre…” (AL 299).
Ma cosa significa ciò concretamente? Molti si pongono, a ragione, questa domanda. Le risposte decisive si trovano in Amoris laetitia 300. Esse offrono certamente ancora materia per ulteriori discussioni. Ma esse sono anche un importante chiarimento e un’indicazione per il cammino da seguire: “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete (…) è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi”. Molti si aspettavano una tale norma. Resteranno delusi. Che cosa è possibile? Il Papa lo dice con tutta chiarezza: “È possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari”.
A come possa e debba essere questo discernimento personale e pastorale è tema dell’intera sezione di Amoris laetitia 300-312. Già nel Sinodo del 2015, in appendice agli enunciati del Circulus germanicus fu proposto un Itinerarium del discernimento, dell’esame di coscienza che Papa Francesco ha fatto suo.
“Si tratta di un itinerario di accompagnamento e di discernimento che orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio”. Ma Papa Francesco ricorda anche che “questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa” (AL 300).
Papa Francesco menziona due posizioni erronee. Una è quella del rigorismo: “Un pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni ‘irregolari’, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa” (AL 305). D’altro canto, la Chiesa non deve assolutamente “rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza” (AL 307).
Si pone naturalmente la domanda: e cosa dice il Papa a proposito dell’accesso ai sacramenti per persone che vivono in situazioni “irregolari”? Già Papa Benedetto aveva detto che non esistono delle “semplici ricette” (AL 298, nota 333). E Papa Francesco torna a ricordare la necessità di discernere bene le situazioni, nella linea della Familiaris consortio (84) di San Giovanni Paolo II (AL 298). “Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio” (AL 305). E Papa Francesco ci ricorda una frase importante che aveva scritto nell’Evangelii gaudium 44: “Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà” (AL 304). Nel senso di questa “via caritatis” (AL 306) il Papa afferma, in maniera umile e semplice, in una nota (351), che si può dare anche l’aiuto dei sacramenti “in certi casi”. Ma allo scopo egli non ci offre una casistica, delle ricette, bensì ci ricorda semplicemente due delle sue frasi famose: “Ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore” (EG 44) e l’eucarestia “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli” (EG 44).
Non è una sfida eccessiva per i pastori, per le guide spirituali, per le comunità, se il “discernimento delle situazioni” non è regolato in modo più preciso? Papa Francesco conosce questa preoccupazione: “comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione” (AL 308). Ad essa egli obietta dicendo: “poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e quello è il modo peggiore di annacquare il Vangelo” (AL 311).
Papa Francesco confida nella “gioia dell’amore”. L’amore sa trovare la via. È la bussola che ci indica la strada. Esso è il traguardo e il cammino stesso, perché Dio è l’amore e perché l’amore è da Dio. Niente è così esigente come l’amore. Esso non si può avere a buon mercato. Per questo nessuno deve temere che Papa Francesco ci inviti, con “Amoris laetitia”, a un cammino troppo facile. Il cammino non è facile, ma è pieno di gioia!
[00532-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua tedesca
Am Abend des 13. März 2013 waren die ersten Worte des neugewählten Papstes Franziskus zu den Menschen am Petersplatz und in der ganzen Welt: „Buona Sera!“ „Guten Abend!“ So einfach wie dieser Gruß sind Sprache und Stil des neuen Schreibens von Papst Franziskus. Nicht ganz so kurz wie dieser schlichte Gruß, aber so lebensnahe. Papst Franziskus spricht auf diesen 200 Seiten „Über die Liebe in der Familie“, und er tut es so konkret, so schlicht, so herzerwärmend wie dieses Buona sera des 13. März 2013. Das ist sein Stil, und er wünscht sich, dass über die Dinge des Lebens so lebensnahe wie möglich gesprochen wird, besonders wenn es um die Familie geht, die zu den elementarsten Wirklichkeiten des Lebens gehört.
Um es vorweg zu sagen: kirchliche Dokumente gehören oft nicht zur leserfreundlichsten literarischen Gattung. Dieses päpstliche Schreiben ist lesbar. Und wer sich von der Länge nicht abschrecken lässt, wird Freude an der Konkretheit und Lebensnähe dieses Textes finden. Papst Franziskus spricht von den Familien in einer Anschaulichkeit, die in Lehrschreiben der Kirche nicht immer zu finden ist.
Bevor ich näher auf das Schreiben eingehe, möchte ich sehr persönlich sagen, warum ich es mit Freude, Dankbarkeit und immer wieder mit starker Ergriffenheit gelesen habe. In der kirchlichen Rede über Ehe und Familie besteht oft eine Tendenz, vielleicht unbewusst, die Rede über diese Lebenswirklichkeiten zweigleisig zu führen. Da gibt es die Ehen und Familien, die „in Ordnung“ sind, die den Regeln entsprechen, in denen alles „stimmt“ und „passt“, und dann gibt es die „irregulären“ Situationen, die ein Problem darstellen. Schon mit dem Wort „irregulär“ wird suggeriert, dass diese Unterscheidung so feinsäuberlich getroffen werden kann.
Wer also auf der Seite der „Irregulären“ zu stehen kommt, wird damit leben müssen, dass die „Regulären“ auf der anderen Seite sind. Wie schmerzlich das für die ist, die selber aus einer Patchwork-Familie stammen, ist mir persönlich vertraut durch die eigene Familiensituation. Die kirchliche Rede kann hier verletzend sein, ja das Gefühl geben, ausgeschlossen zu sein.
Papst Franziskus hat sein Schreiben unter das Leitwort gestellt: „Es geht darum, alle zu integrieren“ (AL 297). Denn es geht um eine Grundeinsicht des Evangeliums: Wir bedürfen alle der Barmherzigkeit! „Wer von euch ohne Sünde ist, der werfe den ersten Stein“ (Joh 8,7). Alle, in welcher Ehe- und Familiensituation wir uns befinden, sind unterwegs. Auch eine Ehe, bei der alles „stimmt“, ist unterwegs. Sie muss wachsen, lernen, neue Etappen schaffen. Sie kennt Sünde und Versagen, braucht Versöhnung und Neubeginn, und das bis ins hohe Alter (vgl. AL 134).
Es ist Papst Franziskus gelungen, wirklich alle Situationen anzusprechen, ohne katalogisieren, ohne kategorisieren, mit jenem Blick eines fundamentalen Wohlwollens, der etwas mit dem Herzen Gottes, mit den Augen Jesu zu tun hat, die niemanden ausschließen (vgl. AL 291), alles annimmt und allen die „Freude des Evangeliums“ zuspricht. Deshalb ist die Lektüre von Amoris Laetitia so wohltuend. Keiner muss sich verurteilt, keiner verachtet fühlen. In diesem Klima des Angenommenseins wird die Rede von der christlichen Sicht von Ehe und Familie zur Einladung, zur Ermutigung, zur Freude über die Liebe, an die wir glauben dürfen und die niemanden, wirklich und ehrlich niemand ausschließt.
Für mich ist deshalb AL vor allem und zuerst ein „Sprachereignis“, wie es schon Evangelium Gaudium war. Etwas im kirchlichen Diskurs hat sich gewandelt. Dieser Wandel der Sprache war schon während des Synodalen Weges spürbar. Zwischen den beiden Synodensitzungen von Oktober 2014 und Oktober 2015 ist deutlich erkennbar, wie der Ton wertschätzender geworden ist, wie die verschiedenen Lebenssituationen einfach einmal angenommen werden, ohne sie gleich zu be- oder verurteilen. In AL ist dies zum durchgehenden Sprachstil geworden. Dahintersteht freilich nicht nur eine linguistische Option, sondern eine tiefe Ehrfurcht vor jedem Menschen, der nie zuerst ein „Problemfall“ in einer „Kategorie“ ist, sondern eine unverwechselbare Person mit ihrer Geschichte und ihrem Weg mit und zu Gott. Papst Franziskus sagte in Evangelium Gaudium, wir müssten „die Schuhe ausziehen vor dem heiligen Boden des Anderen“ (EG 36).
Diese Grundhaltung durchzieht das ganze Schreiben. Sie ist auch der tiefere Grund für die beiden anderen Schlüsselworte: unterscheiden und begleiten. Sie gelten nicht nur für die „sogenannten irregulären Situationen“ (Papst Franziskus betont dieses „sogenannt“!), sondern für alle Menschen, für jede Ehe, für jede Familie. Denn alle sind unterwegs und alle bedürfen der „Unterscheidung“ und der „Begleitung“.
Meine große Freude an diesem Dokument ist, dass es konsequent die künstliche, äußerliche, fein säuberliche Trennung von „regulär“ und „irregulär“ überwindet und alle unter den gemeinsamen Anspruch des Evangeliums stellt, gemäß dem Wort des Hl. Paulus: „Er hat alle unter in den Ungehorsam eingeschlossen, um sich aller zu erbarmen“ (Röm 11,32).
Dieses durchgehende Prinzip der Inklusion macht freilich manch einem Sorgen. Wird hier nicht dem Relativismus das Wort gesprochen? Wird die so oft angesprochene Barmherzigkeit nicht zur Beliebigkeit? Gibt es nicht mehr die Klarheit von Grenzen, die nicht überschritten werden dürfen, von Situationen, die objektiv als irregulär, ja als sündhaft zu bezeichnen sind? Wird dieses Schreiben nicht einem gewissen Laxismus Vorschub leisten, einem „everything goes“? Ist Jesu eigene Barmherzigkeit nicht oft eine durchaus strenge, anspruchsvolle Barmherzigkeit? Um das klarzustellen: Papst Franziskus lässt keinen Zweifel an seiner Absicht und unserer Aufgabe:
„Als Christen dürfen wir nicht darauf verzichten, uns zugunsten der Ehe zu äußern, nur um dem heutigen Empfinden nicht zu widersprechen, um in Mode zu sein oder aus Minderwertigkeitsgefühlen angesichts des moralischen und menschlichen Niedergangs. Wir würden der Welt Werte vorenthalten, die wir beisteuern können und müssen. Es stimmt, dass es keinen Sinn hat, bei einer rhetorischen Anprangerung der aktuellen Übel stehen zu bleiben, als könnten wir dadurch etwas ändern. Ebenso wenig dient es, mit der Macht der Autorität Regeln durchsetzen zu wollen. Uns kommt ein verantwortungsvollerer und großherzigerer Einsatz zu, der darin besteht, die Gründe und die Motivationen aufzuzeigen, sich für die Ehe und die Familie zu entscheiden, so dass die Menschen eher bereit sind, auf die Gnade zu antworten, die Gott ihnen anbietet“ (AL 35).
Papst Franziskus ist überzeugt, dass die christliche Sicht von Ehe und Familie auch heute eine ungebrochene Anziehungskraft hat. Aber er fordert eine deutliche Selbstkritik: „Zugleich müssen wir demütig und realistisch anerkennen, dass unsere Weise, die christlichen Überzeugungen zu vermitteln, und die Art, die Menschen zu behandeln, manchmal dazu beigetragen haben, das zu provozieren, was wir heute beklagen“ (AL 36). „Andere Male haben wir ein allzu abstraktes theologisches Ideal der Ehe vorgestellt, das fast künstlich konstruiert und weit von der konkreten Situation und den tatsächlichen Möglichkeiten der realen Familien entfernt ist. Diese übertriebene Idealisierung vor allem, wenn wir nicht das Vertrauen auf die Gnade wachgerufen haben, hat die Ehe nicht erstrebenswerter und attraktiver gemacht, sondern das völlige Gegenteil bewirkt“ (AL 36).
Ich erlaube mir, hier eine Erfahrung der Synode vom vergangenen Oktober zu erzählen: So weit ich weiß, haben zwei der dreizehn „Circuli minores“ ihre Arbeit damit begonnen, dass alle Teilnehmer zuerst einmal erzählt haben, wie ihre eigene Familiensituation ist. Dabei zeigte sich schnell, dass fast alle der Bischöfe oder der anderen Teilnehmer des „Circulus minor“ in ihrer eigenen Familie mit den Themen, Sorgen und „Irregularitäten“ konfrontiert sind, von denen wir in der Synode meist viel zu abstrakt gesprochen haben. Papst Franziskus lädt uns alle ein, über unsere Familien zu sprechen, „so, wie sie sind“. Und nun das Großartige des Synodalen Weges und dessen Weiterführung durch Papst Franziskus: Weit davon entfernt, dass dieser nüchterne Realismus über die Familien „so, wie sie sind“, uns vom Ideal wegführt! Im Gegenteil: Papst Franziskus schafft es, zusammen mit den Arbeiten der beiden Synoden, einen zutiefst hoffnungsvollen, positiven Blick auf die Familie zu werfen. Doch erfordert dieser ermutigende Blick auf die Familie jene pastorale Neuausrichtung, von der Evangelii Gaudium so eindrucksvoll sprach. Der folgende Text aus Amoris laetitia (Nr. 37) zeichnet die großen Linien dieser pastoralen Neuausrichtung (EG 25) nach:
„Lange Zeit glaubten wir, dass wir allein mit dem Beharren auf doktrinellen, bioethischen und moralischen Fragen und ohne dazu anzuregen, sich der Gnade zu öffnen, die Familien bereits ausreichend unterstützten, die Bindung der Eheleute festigten und ihr miteinander geteiltes Leben mit Sinn erfüllten. Wir haben Schwierigkeiten, die ehe vorrangig als einen dynamischen Weg der Entwicklung und Verwirklichung darzustellen und nicht so sehr als eine Last, die das ganze Leben lang zu tragen ist. Wir tun uns ebenfalls schwer, dem Gewissen der Gläubigen Raum zu geben, die oftmals inmitten ihrer Begrenzungen, so gut es ihnen möglich ist, dem Evangelium entsprechen und ihr persönliches Unterscheidungsvermögen angesichts von Situationen entwickeln, in denen alle Schemata auseinanderbrechen. Wir sind berufen, die Gewissen zu bilden, nicht aber dazu, den Anspruch zu erheben, sie zu ersetzen“ (AL 37).
Aus Papst Franziskus spricht ein tiefes Vertrauen in die Herzen und die Sehnsucht der Menschen. Sehr schön kommt das in seinen Ausführungen über die Erziehung zum Ausdruck. Man spürt darin die große jesuitische Tradition der Erziehung zur Eigenverantwortung. Zwei entgegengesetzte Gefahren spricht er an: das „Laissez-faire“ und die Obsession, alles kontrollieren und beherrschen zu wollen. Einerseits gilt: „Die Familie darf nicht aufhören, ein Ort des Schutzes, der Begleitung, der Führung zu sein… Stets bedarf es einer Aufsicht. Die Kinder sich selbst zu überlassen, ist niemals gesund“ (AL 260).
Aber die Wachsamkeit kann auch übertrieben werden: „Übertriebene Sorge erzieht nicht und man kann nicht alle Situationen, in die ein Kind geraten könnte, unter Kontrolle haben… Wenn ein Vater versessen darauf ist zu wissen, wo sein Sohn ist, und alle seine Bewegungen zu kontrollieren, wird er nur bestrebt sein, dessen Raum zu beherrschen. Auf diese Weise wird er ihn nicht erziehen, er wird ihn nicht stärken und ihn nicht darauf vorbereiten, Herausforderungen die Stirn zu bieten. Worauf es ankommt, ist vor allem, mit viel Liebe im Sohn Prozesse der Reifung seiner Freiheit, der Befähigung, des geistlichen Wachstums und der Pflege er echten Selbständigkeit auszulösen“ (AL 261). Ich finde, es ist sehr erhellend, diese Gedanken über die Erziehung mit denen über die pastorale Praxis der Kirche in Verbindung zu bringen. Denn genau in diesem Sinn spricht Papst Franziskus immer wieder das Vertrauen in das Gewissen der Gläubigen an: „Wir sind berufen, die Gewissen zu bilden, nicht aber dazu, den Anspruch erheben, sie zu ersetzen“ (AL 37). Die große Frage ist freilich: wie wird das Gewissen geformt? Wie kommt es zu dem, was ein Schlüsselbegriff des ganzen großen Dokumentes ist, der Schlüssel zum rechten Verständnis des Anliegens von Papst Franziskus: „die persönliche Unterscheidung“, besonders in schwierigen, komplexen Situationen? Die Unterscheidung ist ein zentraler Begriff der ignatianischen Exerzitien. Denn diese sollen helfen, den Willen Gottes in den konkreten Lebenssituationen zu unterscheiden. Die Unterscheidung macht die reife Persönlichkeit aus, und zu dieser Reifung der Persönlichkeit will ja der christliche Weg helfen: Keine fremdgesteuerten Automaten, sondern in der Freundschaft mit Christus gereifte Menschen. Nur wo das persönliche Unterscheiden gewachsen ist, kann es auch zu dem „pastoralen Unterscheiden“ kommen, das vor allem wichtig ist „angesichts von Situationen, die nicht gänzlich dem entsprechen, was der Herr uns aufträgt“ (AL 6). Um dieses „pastorale Unterscheiden“ geht es im 8. Kapitel, das vermutlich am meisten die kirchliche Öffentlichkeit, aber auch die Medien interessiert.
Dennoch muss ich daran erinnern, dass Papst Franziskus die Kapitel 4 und 5 als die zwei zentralen Kapitel bezeichnet hat, nicht nur im geographischen Sinn, sondern von der Sache her: „Denn wir können nicht zu einem Weg der Treue und der gegenseitigen Hingabe ermutigen, wenn wir nicht zum Wachstum, zur Festigung und zur Vertiefung der ehelichen und familiären Liebe anregen“ (AL 89). Diese beiden zentralen Kapitel von AL werden wohl von vielen übersprungen werden, um gleich zu den sogenannten „heißen Eisen“, den kritischen Punkten zu kommen. Als erfahrener Pädagoge weiß freilich Papst Franziskus, dass nichts so stark motiviert und anzieht, wie die positive Erfahrung der Liebe. „Von der Liebe sprechen“ (AL 89) – das macht Papst Franziskus offenbar große Freude, und er spricht von der Liebe mit großer Lebendigkeit, Anschaulichkeit, Einfühlung. Das 4. Kapitel ist ein ausführlicher Kommentar zum „Hohenlied der Liebe“ aus 1 Kor 13. Allen sei die Meditation dieser Seiten ans Herz gelegt. Sie ermutigen, an die Liebe zu glauben (vgl. 1 Joh 4,16) und auf ihre Kraft zu vertrauen. Hier hat ein weiteres Schlüsselwort von AL seinen „Hauptsitz“: wachsen: Nirgendwo wird so deutlich wie in der Liebe, dass es um einen dynamischen Prozess geht, in dem die Liebe wachsen, aber auch erkalten kann. Ich kann nur einladen, diese köstlichen Kapitel zu lesen und zu verkosten! Auf einen Aspekt darf ich eigens hinweisen: Mit seltener Deutlichkeit spricht Papst Franziskus auch vom Anteil der passiones, der Leidenschaften, der Emotionen, des Eros, der Sexualität in der ehelichen und familiären Liebe. Es ist kein Zufall, dass Papst Franziskus sich hier besonders auf den hl. Thomas von Aquin bezieht, der den passiones eine so wichtige Rolle zuspricht, während die neuzeitliche, oft puritanische Moral sie meist schlecht gemacht oder vernachlässigt hat. Hier findet der Titel des päpstlichen Schreibens seine volle Entfaltung: Amoris laetitia! Hier wird deutlich, wie es gelingen kann, „den Wert und den Reichtum der Ehe zu entdecken“ (AL 205). Hier wird aber auch schmerzlich sichtbar, wie weh die Verwundungen der Liebe, wie verletzend die Erfahrungen vom Scheitern der Beziehungen sind. Deshalb ist es nicht verwunderlich, dass besonders das Kapitel VIII die Aufmerksamkeit und das Interesse anzieht. Denn die Frage, wie die Kirche mit solchen Verwundungen, mit dem Scheitern in der Liebe umgeht, ist für viele zur Testfrage geworden, ob die Kirche wirklich der Ort erfahrbarer Barmherzigkeit Gottes ist.
Dieses Kapitel verdankt viel der intensiven Arbeit der beiden Synoden, der ausgiebigen Diskussion in der kirchlichen und weltlichen Öffentlichkeit. Hier zeigt sich die Fruchtbarkeit der Vorgangsweise von Papst Franziskus. Er wollte ausdrücklich eine offene Diskussion über die pastorale Begleitung von komplexen Situationen, und er konnte sich weitgehend auf die von den beiden Synoden ihm vorgelegten Texte stützen, um zu zeigen, wie „die Kirche ihre schwächsten Kinder, die unter verletzter und verlorener Liebe leiden, aufmerksam und fürsorglich begleiten“ aussehen kann (AL 291).
Ausdrücklich macht Papst Franziskus sich die ihm vorgelegten Aussagen der beiden Synoden zu eigen: „… die Synodenväter haben einen allgemeinen Konsens erreicht, den ich unterstütze“. Betreffend die zivil wiederverheirateten Geschiedenen sagt er: „Ich nehme die Bedenken vieler Synodenväter auf, die darauf hinweisen wollten, dass (…). Die Logik der Integration ist der Schlüssel ihrer pastoralen Begleitung… Sie sollen sich nicht nur als nicht exkommuniziert fühlen, sondern können als lebendige Glieder der Kirche leben und reifen, indem sie diese wie eine Mutter empfinden, die sie immer aufnimmt…“ (AL 299).
Was heißt das aber konkret? Diese Frage wird zu Recht von vielen gestellt.
Die entscheidenden Aussagen stehen in Amoris laetitia 300. Sie bieten sicher noch Stoff für Diskussion. Sie sind aber auch eine wichtige Klärung und Weichenstellung für den zweiten Weg. Zuerst eine Klarstellung: „Wenn man die zahllosen Unterschiede der konkreten Situationen (…) berücksichtigt, kann man verstehen, dass man von der Synode oder von diesem Schreiben keine neue, auf alle Fälle anzuwendende generelle gesetzliche Regelung kanonischer Art erwarten durfte“ (AL 300). Manche haben sich eine solche neue Norm erwartet. Sie werden enttäuscht sein. Was ist möglich? Der Papst sagt es mit aller Klarheit: „Es ist nur möglich, eine neue Ermutigung auszudrücken zu einer verantwortungsvollen persönlichen und pastoralen Unterscheidung der je spezifischen Fälle“.
Wie diese persönliche und pastorale Unterscheidung aussehen kann und soll, ist Thema des ganzen Abschnitts AL 300 - 312. Schon auf der Synode 2015 wurde, im Anschluss an die Formulierungen des Circulus Germanicus ein Itinerarium der Unterscheidung, der Gewissensprüfung vorgeschlagen, das Papst Franziskus sich zu eigen macht. [Kardinal Baldisseri hat dieses Itinerarium eben in sechs Punkten zusammengefasst]. „Es handelt sich um einen Weg der Begleitung und der Unterscheidung, der ‚diese Gläubigen darauf aus[richtet], sich ihrer Situation vor Gott bewusst zu werden“. Aber Papst Franziskus erinnert auch daran: „…wird diese Unterscheidung niemals von den Erfordernissen der Wahrheit und der Liebe des Evangeliums, die die Kirche vorlegt, absehen können“ (AL 300).
Zwei Fehlhaltungen benennt Papst Franziskus: Die eine ist der Rigorismus: „Daher darf ein Hirte sich nicht damit zufrieden geben, gegenüber denen, die in ‚irregulären‘ Situationen leben, nur moralische Gesetze anzuwenden, als seien es Felsblöcke, die man auf das Leben von Menschen wirft. Das ist der Fall der verschlossenen Herzen, die sich sogar hinter der Lehre der Kirche zu verstecken pflegen“ (AL 305). Andererseits darf die Kirche auf keine Weise „darauf verzichten, das vollkommene Ideal der Ehe, den Plan Gottes in seiner ganzen Größe vorzulegen (AL 307).
Natürlich wird die Frage gestellt: und was sagt der Papst über den Zugang zu den Sakramenten für Personen, die in „irregulären“ Situationen leben? Schon Papst Benedikt hatte gesagt, dass keine „einfache Rezepte“ (AL 298, Anm. 333) existieren. Und Papst Franziskus erinnert noch einmal an die Notwendigkeit, die Situationen gut zu unterscheiden nach der Linie von Familiaris Consortio (84) von Johannes Paul II (AL 298). „Die Unterscheidung muss dazu verhelfen, die möglichen Wege der Antwort auf Gott und des Wachstums inmitten der Begrenzungen zu finden. In dem Glauben, dass alles weiß oder schwarz ist, versperren wir manchmal den Weg der Gnade und des Wachstums und nehmen den Mut für Wege der Heiligung, die Gott verherrlichen“ (AL 305). Und Papst Franziskus erinnert an ein so wichtiges Wort, das er in Evangelii Gaudium 44 geschrieben hatte: „Ein kleiner Schritt inmitten großer menschlicher Begrenzungen kann Gott wohlgefälliger sein als das äußerlich korrekte Leben dessen, der seine Tage verbringt, ohne auf nennenswerte Schwierigkeiten zu stoßen“. Im Sinne dieser „via caritatis“ (AL 306) sagt der Papst dann schlicht und einfach „in einer Fußnote“ (351), dass auch die Hilfe der Sakramente „in gewissen Fällen“ gegeben werden kann. Dazu bietet er keine Kasuistik, keine Rezepte, sondern erinnert einfach an zwei seiner bekannten Worte: „Die Priester erinnere ich daran, dass der Beichtstuhl keine Folterkammer sein darf, sondern ein Ort der Barmherzigkeit des Herrn“ (EG 44) und: „Die Eucharistie ist, obwohl sie die Fülle des sakramentalen Lebens darstellt, nicht eine Belohnung für die Vollkommenen, sondern ein großzügiges Heilmittel und eine Nahrung für die Schwachen“ (EG 47).
Ist das nicht eine Überforderung der Hirten, der Seelsorger, der Gemeinden, wenn die „Unterscheidung der Situationen“ nicht genauer geregelt ist? Papst Franziskus weiß um diese Sorge: „ Ich verstehe diejenigen, die eine unerbittliche Pastoral vorziehen, die keinen Anlass zu irgendeiner Verwirrung gibt“ (AL 308). Dem hält er entgegen: „Wir stellen der Barmherzigkeit so viele Bedingungen, dass wir sie gleichsam aushöhlen und sie um ihren konkreten Sinn und ihre reale Bedeutung bringen, und das ist die übelste Weise, das Evangelium zu verflüssigen“ (AL 311).
Papst Franziskus vertraut auf die „Freude der Liebe“. Sie weiß den Weg zu finden. Sie ist der Kompass, der uns den Weg zeigt. Sie ist das Ziel und der Weg zugleich, weil Gott die Liebe ist, und weil die Liebe aus Gott ist. Nichts ist so anspruchsvoll wie die Liebe. Sie ist nicht billig zu haben. Deshalb braucht niemand zu fürchten, dass Papst Franziskus mit Amoris laetitia auf einen allzu einfachen Weg einlädt. Leicht ist er nicht. Aber voller Freude!
[00532-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua inglese
The evening of 13 March 2013, the first words of the newly-elected Pope Francis to the people gathered in St. Peter’s Square and throughout the world were: “Buona sera” - “Good evening”. The language and style of Pope Francis’ new text are as simple as this greeting. The Exhortation is not quite as brief as this simple salutation, but is similarly close to reality. In these 200 pages Pope Francis speaks about “love in the family”, and does so in such a concrete and simple way, with words that warm the heart like that good evening of 13 March 2013. This is his style, and it is his hope that aspects of life are spoken about in the most concrete way possible, especially with regard to the family, one of the most elementary realities of life.
It must be said that the documents of the Church often do not belong to one of the most accessible literary genres. This text of the Pope’s is readable, and those who are not dissuaded by its length will find joy in its concreteness and realism. Pope Francis speaks about families with a clarity that is not easy to find in the magisterial documents of the Church.
Before entering into the text itself I would like to say, in a very personal way, why I read it with joy, gratitude and always with strong emotion. In the ecclesial discourse on marriage and the family there is often a tendency, perhaps unconscious, to discuss these realities of life on the basis of two separate tracks. On the one hand there are marriages and families that are “regular”, that correspond to the rules, where everything is “fine” and “in order”, and then there are the “irregular” situations that represent a problem. Already the very term “irregular” suggests that such a distinction can be made very clearly.
Those, therefore, who find themselves on the side of the “irregular” families, must live with the fact that the “regular” families are on the other side. I am personally aware of how difficult that is for those who come from a “patchwork” family, due to the situation of my own family. The discourse of the Church in this regard may cause harm and can give the sensation of exclusion.
Pope Francis’ Exhortation is guided by the phrase “It is a matter of reaching out to everyone” (AL 297) as this is a fundamental understanding of the Gospel: we are all in need of mercy! “Let him who is without sin among you be the first to throw a stone” (John 8, 7). We are all, regardless of the marriage or family situation in which we find ourselves, are journeying. Even a marriage in which everything is “going well” is journeying. It must grow, learn, and overcome new phases. It knows sin and failure, and needs reconciliation and new beginnings, even in old age (cf. AL 297).
Pope Francis has succeeded in speaking about all situations without cataloguing them, without categorising, with that outlook of fundamental benevolence that is associated with the heart of God, with the eyes of Jesus that exclude no-one (cf. AL 297), that welcome all and grant the “joy of the Gospel” to all. This is why reading Amoris Laetitia is so comforting. No-one must feel condemned, no-one is scorned. In this climate of welcome, the discourse on the Christian vision of marriage and the family becomes an invitation, an encouragement, to the joy of love in which we can believe and which excludes no-one, truly and sincerely no-one. For me Amoris Laetitia is, first and foremost, a “linguistic event”, as was Evangelii gaudium. Something has changed in ecclesial discourse. This change of language was already perceptible during the Synod process. Between the two Synods of October 2014 and October 2015, it may clearly be seen how the tone became richer in esteem, as if the different situations in life had simply been accepted, without being immediately judged or condemned. In Amoris Laetitia this tone of language continues. Before this there is obviously not only a linguistic choice, but rather a profound respect when faced with every person who is never firstly a “problematic case” in a “category”, but rather a unique person, with his story and his journey with and towards God. In Evangelii gaudium Pope Francis said that we must take of our shoes before the sacred ground of others (EG 36). This fundamental attitude runs throughout the Exhortation. And it is also provides the most profound reason for the other two key words, to discern and to accompany. These words apply not only to the so-called “irregular situation” (Pope Francis underlines this “so-called”) but rather for all people, for every marriage and for every family. Indeed, we are all journeying and we are all in need of “discernment” and “accompaniment”.
My great joy as a result of this document resides in the fact that it coherently overcomes that artificial, superficial, clear division between “regular” and “irregular”, and subjects everyone to the common call of the Gospel, according to the words of St. Paul: “For God has consigned all to disobedience, that He may have mercy on all” (Rom. 11, 32).
This pervasive principle of “inclusion” clearly troubles some people. Does this not favour relativism? Does the frequently evoked mercy not become permissiveness” Does there no longer exist the clarity of limits that must not be exceeded, situations that must objectively be defined as irregular or sinful? Does this Exhortation favour a certain laxity, a sense that “anything goes”? Is Jesus’ mercy not instead often severe and demanding?
To clarify thus: Pope Francis leaves no doubt regarding his intentions or our task:
“As Christians, we can hardly stop advocating marriage simply to avoid countering contemporary sensibilities, or out of a desire to be fashionable or a sense of helplessness in the face of human and moral failings. We would be depriving the world of values that we can and must offer. It is true that there is no sense in simply decrying present-day evils, as if this could change things. Nor it is helpful to try to impose rules by sheer authority. What we need is a more responsible and generous effort to present the reasons and motivations for choosing marriage and the family, and in this way to help men and women better to respond to the grace that God offers them.” (AL 35).
Pope Francis is convinced that the Christian vision of marriage and the family also has an unchanged force of attraction. But it demands “a healthy dose of self-criticism”: “We also need to be humble and realistic, acknowledging that at times the way we present our Christian beliefs and treat other people has helped contribute to today’s problematic situation” (AL 36). “We have also proposed a far too abstract and almost artificial theological ideal of marriage, far removed from the concrete situations and practical possibilities of real families. This excessive idealization, especially when we have failed to inspire trust in God’s grace, has not helped to make marriage more desirable and attractive, but quite the opposite” (AL 36).
I would like to relate here an experience of last October’s Synod: as far as I know, two of the thirteen “circuli minores” started their work by first hearing an account from each participant of his own family situation. It soon emerged that almost all the bishops or other participants in the “circulus minor” had encountered, in their families, the themes, concerns and “irregularities” that we, in the Synod, have discussed in a rather too abstract way. Pope Francis invites us to speak about our own families “as they are”. And here the magnificent aspect of the Synod journey and of its continuation with Pope Francis: this sober realism of families “as they are” does not take us far at all from the ideal! On the contrary, Pope Francis succeeds, in the work of both Synods, to offer a positive outlook to families, profoundly rich in hope. But this encouraging outlook on families requires that “pastoral conversion” we find in Evangelii gaudium. The following text from Amoris Laetitia outlines this “pastoral conversion”:
“We have long thought that simply by stressing doctrinal, bioethical and moral issues, without encouraging openness to grace, we were providing sufficient support to families, strengthening the marriage bond and giving meaning to marital life. We find it difficult to present marriage more as a dynamic path to personal development and fulfilment than as a lifelong burden. We also find it hard to make room for the consciences of the faithful, who very often respond as best they can to the Gospel amid their limitations, and are capable of carrying out their own discernment in complex situations. We have been called to form consciences, not to replace them” (AL 37).
Pope Francis speaks of a profound trust in the hearts and the nostalgia of men. He expresses this very well in his reflection on education. Here we perceive the influence of the great Jesuit tradition in education in personal responsibility. He refers to two contrary dangers: “laissez-faire” and the obsession with controlling and dominating everything. On the one hand it is true that “Families cannot help but be places of support, guidance and direction, Vigilance is always necessary and neglect is never beneficial” (AL 260).
But vigilance can also become excessive: “Obsession, however, is not education. We cannot control every situation that a child may experience. … If parents are obsessed with always knowing where their children are and controlling all their movements, they will seek only to dominate space. But this is no way to educate, strengthen and prepare their children to face challenges. What is most important is the ability lovingly to help them grow in freedom, maturity, overall discipline and real autonomy” (AL 261). I consider this thought on education very enlightening in connection with the pastoral practice of the Church. Indeed, precisely in this sense Pope Francis often returns to the issue of trust in the conscience of the faithful: “We have been called to form consciences, not to replace them” (AL 37). The great question, obviously, is this: how do we form consciences? How do we arrive at what is the key concept of all this great document, the key to correctly understanding Pope Francis’ intentions: “personal discernment”, especially in difficult and complex situations? “Discernment” is a central concept in Ignatian exercises. Indeed, these must help to discern the will of God in the concrete situations of life. It is discernment that grants a person a mature character, and the Christian path should be of help in reaching this personal maturity: not forming automatons, externally conditioned and remote-controlled, but people who have matured in their friendship with Christ. Only when this personal “discernment” is mature is it also possible to arrive at “pastoral discernment”; which is important especially in “those situations that fall short of what the Lord demands of us” (AL 6). The eighth chapter refers to this “pastoral discernment”, a chapter likely to be of great interest not only to ecclesial public opinion, but also to the media.
I should however mention that Pope Francis has described Chapters 4 and 5 as central, not only in terms of their position but also their content. “we cannot encourage a path of fidelity and mutual self-giving without encouraging the growth, strengthening and deepening of conjugal and family love” (AL 89). These two central chapters of Amoris Laetitia will probably be skipped by many people keen to arrive at the so-called “hot potatoes”, the critical points. As a pedagogic expert, Pope Francis knows well that nothing attracts and motivates as strongly as the positive experience of love. “Speaking of love” (AL 89) . this clearly brings great joy to Pope Francis, and he speaks about love with great vivacity, comprehensibility and empathy. The fourth chapter is a broad-ranging comment on the “Hymn to charity” in the thirteenth chapter of the First Letter to the Corinthians. I recommend meditation on these pages to all. They encourage belief in love (cf. John 4, 16) and trust in its strength. It is here that growth, another key word in Amoris Laetitia, finds its main location: in no other place does it manifest itself so clearly, but it can also turn cold. I can only invite you to read and enjoy this wonderful chapter. I think it is important to indicate one aspect: Pope Francis speaks here, with rare clarity, of the role of the passions, passions, emotion, eros and sexuality in married and family life. It is not by chance that Pope Francis reconnects here with St. Thomas Aquinas, who attributes an important role to the passions, while modern society, often puritanical, has discredited or neglected them.
It is here that the title of the Pope’s exhortation finds its fullest expression: “Amoris Laetitia!” Here we understand how it is possible to “discover the dignity and beauty of marriage” (AL 205). But here it is made painfully visible how much harm wounds to love can cause, and how lacerating the experience of a failed relationship can be. Therefore it is unsurprising that it is largely the eighth chapter that has attracted attention and interest. Indeed, the question of how the Church treats these wounds, of how she treats the failure of love, has become for many a test question to understand whether the Church is truly the place where God’s Mercy can be experienced.
This chapter owes much to the intense work of the two Synods, to the extensive discussions in the arenas of public and ecclesial opinion. Here the fruitfulness of Pope Francis’ method is shown. He expressly wished for an open discussion on the pastoral accompaniment of complex situations, and has been able to fully base this on the two texts that the two Synods presented to him to show the possibility of “accompanying, discerning and integrating weakness” (AL 291).
Pope Francis explicitly makes his own the declarations that both Synods presented to him: “the Synod Fathers reached a general consensus, which I support” (AL 297). With regard to those who are divorced and civilly remarried, he states: “I am in agreement with the many Synod Fathers who observed that … the logic of integration is the key to their pastoral care. … Such persons need to feel not as excommunicated members of the Church, but instead as living members, able to live and grow in the Church and experience her as a mother who welcomes them always…” (AL 299).
But what does this mean in practice? Many rightly ask this question. The definitive answers are found in Amoris Laetitia, paragraph 300. These answers certainly offer material for further discussions, but they also provide an important clarification and an indication of the path to follow. “If we consider the immense variety of concrete situations … it is understandable that neither the Synod nor this Exhortation could be expected to provide a new set of general rules, canonical in nature and applicable to all cases”. Many expected such rules, and they will be disappointed. What is possible? The Pope says clearly: “What is possible is simply a renewed encouragement to undertake a responsible personal and pastoral discernment of particular cases”.
How this personal and pastoral discernment can and should be is the theme of the entire section of Amoris Laetitia constituted of paragraphs 300-312. In the 2015 Synod, in the Appendix to the statements by the Circulus germanicus an Itinerarium of discernment, of the examination of conscience that Pope Francis has made his own.
“What we are speaking of is a process of accompaniment and discernment which “guides the faithful to an awareness of their situation before God”. But Pope Francis also recalls that “this discernment can never prescind from the Gospel demands of truth and charity, as proposed by the Church”.
Pope Francis mentions two erroneous positions. One is that of excessive rigour: “a pastor cannot feel that it is enough simply to apply moral laws to those living in ‘irregular’ situations, as if they were stones to throw at people’s lives. This would bespeak the closed heart of one used to hiding behind the Church’s teachings” (AL 205). On the other hand, the Church must certainly never “desist from proposing the full ideal of marriage, God’s plan in all its grandeur” (AL 207).
Naturally this poses the question: what does the Pope say in relation to access to the sacraments for people who live in “irregular” situations? Pope Benedict had already said that “easy recipes” do not exist (AL 298, note 333). Pope Francis reiterates the need to discern carefully the situation, in keeping with St. John Paul II’s Familiaris consortio (84) (AL 298). “Discernment must help to find possible ways of responding to God and growing in the midst of limits. By thinking that everything is black and white, we sometimes close off the way of grace and of growth, and discourage paths of sanctification which give glory to God” (AL 205). He also reminds us of an important phrase from Evangelii gaudium, 44: “A small step, in the midst of great human limitations, can be more pleasing to God than a life which appears outwardly in order but moves through the day without confronting great difficulties” (AL 304). In the sense of this “via caritatis” (AL 306), the Pope affirms, in a humble and simple manner, in a note (351) that the help of the sacraments may also be given “in certain cases”. But for this purpose he does not offer us case studies or recipes, but instead simply reminds us of two of his famous phrases: “I want to remind priests that the confessional should not be a torture chamber but rather an encounter with the Lord’s mercy” (EG 44), and the Eucharist “is not a prize for the perfect but a powerful medicine and nourishment for the weak” (EG 47).
Is it an excessive challenge for pastors, for spiritual guides and for communities if the “discernment of situations” is not regulated more precisely? Pope Francis acknowledges this concern: “I understand those who prefer a more rigorous pastoral care which leaves no room for confusion” (AL 308). However, he challenges this, remarking that “We put so many conditions on mercy that we empty it of its concrete meaning and real significance. That is the worst way of watering down the Gospel” (AL 311).
Pope Francis trusts in the “joy of love”. Love is able to find the way. It is the compass that shows us the road. It is both the goal and the path itself, because God is love and love is from God. Nothing is more demanding than love. It cannot be obtained cheaply. Therefore, no-one should be afraid that Pope Francis invites us, with Amoris Laetitia, to take too easy a path. The road is not an easy one, but it is full of joy!
[00532-EN.02] [Original text: Italian - working translation]
Traduzione in lingua francese
Le soir du 13 mars 2013, le premier mot adressé par le Pape François, tout juste élu, aux personnes place Saint-Pierre et dans le monde entier, a été: «Bonsoir». C’est avec le même langage et même style que le Pape François a écrit ce nouveau texte. L’Exhortation n’est pas aussi brève que ce simple salut mais elle est, comme lui, enracinée dans la réalité. Dans ces deux cents pages, le Pape François parle d’ «amour dans la famille» et il le fait de manière tellement concrète, tellement simple, avec des mots qui réchauffent le cœur, comme l’avait fait ce «bonsoir» du 13 mars 2013. C’est son style, et il souhaite que l’on parle des choses de la vie de la manière la plus concrète possible, surtout lorsqu’il s’agit de la famille, une des réalités les plus élémentaires de la vie.
Pour dire les choses clairement: les documents de l’Eglise, souvent, n’appartiennent pas à un genre littéraire des plus accessibles. Or cet écrit du Pape est lisible. Et ceux qui ne se laisseront pas impressionner par la longueur, éprouveront de la joie à lire ce texte concret et réaliste. Le Pape François parle de la famille avec une clarté que l’on trouve difficilement dans les documents magistériels de l’Eglise
Avant de parler du fond, je voudrais expliquer, à titre tout à fait personnel, la raison pour laquelle j’ai lu l’Exhortation avec joie, gratitude et toujours une forte émotion. Dans le discours ecclésial sur le mariage et la famille, il existe souvent la tendance, peut-être inconsciente, de tenir un discours sur deux voies quant à ces deux réalités de la vie... D’un côté, il y a les mariages et les familles qui sont en règle, où «tout va bien», tout est «en ordre», et puis il y a les situations «irrégulières» qui représentent un problème. Ne serait-ce que le terme d’«irrégulier» suggère que l’on puisse faire une telle distinction, avec tant de netteté.
Ceux qui se retrouvent donc dans le camp des «irréguliers» doivent vivre avec le fait que, dans l’autre camp, se trouvent les personnes «en règle». Je sais personnellement, en raison de la situation de ma propre famille, combien c’est difficile pour ceux qui viennent d’une famille«patchwork». Le discours de l’Eglise peut blesser, il peut donner l’impression d’être exclu.
Le Pape François a placé son Exhortation sous le signe d’une phrase conductrice : «Il s’agit d’intégrer tout le monde» (AL 297) parce qu’il s’agit d’une compassion fondamentale de l’Evangile: nous tous, nous avons besoin de miséricorde! «Que celui de vous qui est sans péché lui jette la première pierre» (Jean, 8,7). Nous tous, au-delà du mariage ou de la situation familiale dans laquelle nous nous trouvons, nous sommes en chemin. Même un mariage où «tout va bien» est en chemin. Il doit croître, apprendre, franchir de nouvelles étapes. Il connaît le péché, l’échec. Il a besoin de réconciliation et de nouveau départ, et ce jusqu’à un âge avancé (cf. AL 297).
Le Pape François a réussi à parler de toutes les situations sans cataloguer, sans faire de catégories, avec ce regard fondamental de bienveillance qui a quelque chose à voir avec le cœur de Dieu et les yeux de Jésus qui n’excluent personne(cf. AL 297), qui accueille chacun et concède à tous «la joie de l’Evangile». C’est pour cette raison que la lecture d’Amoris Laetitia est aussi réconfortante. Personne ne doit se sentir condamné ou méprisé. Dans ce climat accueillant, le discours de la vision chrétienne du mariage et de la famille devient une invitation, un encouragement, la joie de l’amour auquel nous pouvons croire et qui n’exclut personne, vraiment et sincèrement personne.
Ainsi, pour moi Amoris Laetitia est avant tout un «événement linguistique», comme l’avait été Evangelii Gaudium. Quelque chose a changé dans le discours ecclésial. Ce changement de langage était déjà perceptible lors du chemin synodal. Entre les deux sessions synodales d’octobre 2014 et d’octobre 2015, on peut reconnaître clairement combien le ton est devenu plus riche d’estime, ou combien on a accueilli simplement les différentes situations de vie, sans les juger ou les condamner immédiatement. «Amoris Laetitia» offre une continuité à cette tonalité linguistique. Evidemment, il ne s’agit pas que d’une option linguistique, mais d’un profond respect face à tout homme qui n’est jamais, en premier lieu, «un cas problématique» dans une «catégorie», mais une personne unique, avec son histoire et son parcours avec et vers Dieu. Dans Evangelii Gaudium, le Pape François disait que nous devrions enlever nos chaussures devant le terrain sacré de l’autre (EG 36). Ce comportement fondamental traverse toute l’Exhortation. Et c’est aussi la raison d’être plus profonde de deux autres mots-clés: discerner et accompagner. Ces paroles ne sont pas valables seulement pour les «soi-disant situations irrégulières» (le Pape François souligne ce «soi-disant»), mais elles sont valables pour tous les hommes, pour tous les mariages et pour toutes les familles. En effet, tous sont en en chemin, et tous ont besoin de «discernement» et d’ «accompagnement».
La grande joie que me procure ce document réside dans le fait qu’il dépasse de manière cohérente, la division artificieuse, extérieure et nette entre les «réguliers» et les «irréguliers», et il place tout le monde sous l’instance commune de l’Evangile, selon les paroles de Saint Paul: «Dieu, en effet, a enfermé tous les hommes dans le refus de croire pour faire à tous miséricorde»(Romains, 11, 32).
Ce principe continuel de l’«inclusion», bien sûr, préoccupe certains. Ne parle-t-on pas là en faveur du relativisme? La tant évoquée miséricorde ne devient-elle pas trop permissive? Il n’existe plus la clarté des limites à ne pas franchir, des situations qui objectivement doivent être définies comme irrégulières, immorales? Cette exhortation ne favorise-t-elle pas un certain laxisme, un «everything goes»? La miséricorde de Jésus n’est-elle pas au contraire, souvent, une miséricorde sévère et exigeante?
Clarifions cela : Le Pape François ne laisse planer aucun doute sur ses intentions et sur notre devoir:
«En tant que chrétiens nous ne pouvons pas renoncer à proposer le mariage pour ne pas contredire la sensibilité actuelle, pour être à la mode, ou par complexe d’infériorité devant l’effondrement moral et humain. Nous priverions le monde des valeurs que nous pouvons et devons apporter. Certes, rester dans une dénonciation rhétorique des maux actuels, comme si nous pouvions ainsi changer quelque chose, n’a pas de sens. Mais il ne sert à rien non plus d’imposer des normes par la force de l’autorité. Nous devons faire un effort plus responsable et généreux, qui consiste à présenter les raisons et les motivations d’opter pour le mariage et la famille, de manière à ce que les personnes soient mieux disposées à répondre à la grâce que Dieu leur offre» (AL 35).
Le Pape François est convaincu que la vision chrétienne du mariage et de la famille a encore aujourd’hui une force d’attraction inchangée. Mais il exige «une salutaire réaction d’autocritique»: «Nous devons être humbles et réalistes, pour reconnaître que, parfois, notre manière de présenter les convictions chrétiennes, et la manière de traiter les personnes ont contribué à provoquer ce dont nous nous plaignons aujourd’hui» (AL 36) «Nous avons présenté un idéal théologique du mariage trop abstrait, presqu’artificiellement construit, loin de la situation concrète et des possibilités effectives des familles réelles. Cette idéalisation excessive, surtout quand nous n’avons pas éveillé la confiance en la grâce, n’a pas rendu le mariage plus désirable et attractif, bien au contraire» (AL 36).
Je me permets de raconter maintenant une expérience du Synode d’octobre dernier: à ma connaissance, deux des treize «cercles mineurs» ont commencé leur travail en faisant décrire à chacun leur propre situation familiale. Assez vite a émergé le fait que presque tous les évêques ou autres participants des « cercles mineurs» sont confrontés au sein de leurs familles à des thèmes, des préoccupations, des «irrégularités» dont nous avons parlé lors du Synode de manière un peu trop abstraite. Le Pape François nous invite à parler de nos familles «telles qu’elles sont». Et maintenant, la chose magnifique du chemin synodal et de sa progression avec le Pape François: ce sobre réalisme sur les familles «telles qu’elles sont» ne nous éloigne pas du tout de l’idéal! Au contraire. Le Pape François réussit, avec les travaux des deux Synodes, à porter sur les familles un regard positif, profondément riche d’espérance. Mais ce regard encourageant posé sur les familles requiert cette «conversion pastorale» dont Evangelii Gaudium parlait de manière tellement enthousiasmante. Amoris laetitia repropose les grandes lignes de cette «conversion pastorale»:
«Pendant longtemps, nous avons cru qu’en insistant seulement sur des questions doctrinales, bioéthiques et morales, sans encourager l’ouverture à la grâce, nous soutenions déjà suffisamment les familles, consolidions le lien des époux et donnions un sens à leur vie commune. Nous avons du mal à présenter le mariage davantage comme un chemin dynamique de développement et d’épanouissement, que comme un poids à supporter toute la vie. Il nous coûte aussi de laisser de la place à la conscience des fidèles qui souvent répondent de leur mieux à l’Évangile avec leurs limites et peuvent exercer leur propre discernement dans des situations où tous les schémas sont battus en brèche. Nous sommes appelés à former les consciences, mais non à prétendre nous substituer à elles» (AL 37).
Le Pape François parle d’une profonde confiance dans les cœurs et dans la nostalgie des hommes. Ses prises de positions sur l’éducation l’expriment très bien. On y perçoit la grande tradition jésuite de l’éducation à la responsabilité personnelle. Il parle de deux dangers contraires: le laissez-faire et l’obsession de vouloir tout contrôler et tout dominer. D’un côté, il est vrai que «la famille ne peut renoncer à être un lieu de protection, d’accompagnement, d’orientation… Il faut toujours rester vigilant. L’abandon n’est jamais sain» (AL 260).
Mais la vigilance peut devenir exagérée:
«L’obsession n’éduque pas; et on ne peut pas avoir sous contrôle toutes les situations qu’un enfant pourrait traverser. Ici, vaut le principe selon lequel “le temps est supérieur à l’espace” (...) Si un parent est obsédé de savoir où se trouve son enfant et de contrôler tous ses mouvements, il cherchera uniquement à dominer son espace. De cette manière, il ne l’éduquera pas, ne le fortifiera pas, ne le préparera pas à affronter les défis. Ce qui importe surtout, c’est de créer chez l’enfant, par beaucoup d’amour, des processus de maturation de sa liberté, de formation, de croissance intégrale, de culture d’une authentique autonomie» (AL 261). Je trouve qu’il est très éclairant de connecter cette pensée sur l’éducation avec ce qui touche à la praxis pastorale de l’Eglise. Et en effet, dans le même ordre d’idée, le Pape François évoque souvent la confiance dans la conscience des fidèles: «Nous sommes appelés à former les consciences, mais non à prétendre nous substituer à elles» (AL 37). Evidemment, la grande question est de savoir comment se forme la conscience? Comment parvenir à ce qui est le concept-clé de tout ce grand document, la clé pour comprendre correctement les intentions du Pape François: «le discernement personnel», surtout dans les situations difficiles, complexes? Le «discernement» est un concept central des exercices ignaciens qui doivent aider à discerner la volonté de Dieu dans les situations concrètes de la vie. C’est le discernement qui porte les personnes à acquérir une personnalité mature et le chemin chrétien veut être une aide afin d’atteindre cette maturité personnelle: non pour former des automates conditionnés par l’extérieur, télécommandés, mais des personnes qui ont mûri grâce à leur amitié avec le Christ. C’est seulement là où ce discernement personnel a mûri, qu’il est possible de parvenir à un «discernement pastoral» qui est important, surtout «face à des situations qui ne répondent pas pleinement à ce que le Seigneur nous propose» (AL 6). Le huitième chapitre parle de ce «discernement pastoral»; un chapitre qui sera probablement d’un grand intérêt pour l’opinion publique, ecclésiale, mais aussi pour les médias.
Je dois néanmoins rappeler que le Pape François a défini les chapitres 4 et 5 de «centraux» («les deux chapitres centraux») pas seulement par leur géographie, mais pour leurs contenus: «nous ne pourrions pas encourager un chemin de fidélité et de don réciproque si nous ne stimulions pas la croissance, la consolidation et l’approfondissement de l’amour conjugal et familial» (AL 89). Nombreux seront ceux qui sauteront ces deux chapitres centraux d’Amoris Laetitia pour arriver directement aux soi-disant «patates chaudes», aux points critiques. En fin pédagogue, le Pape François sait bien que rien n’attire ni ne motive aussi fortement que l’expérience positive de l’amour. «Parler de l’amour» (AL 89), cela procure clairement une grande joie au Pape François, et il en parle avec une grande vivacité, compréhension et empathie. Le quatrième chapitre est un ample commentaire de l’Hymne à la charité du treizième chapitre de la Première lettre aux Corinthiens. Je recommande à tous de méditer sur ces pages. Elles encouragent à croire en l’amour (cf. Jean, 4,16), et à avoir confiance dans sa force. C’est ici que «croître», une autre parole-clé d’Amoris Laetitia, a son «siège principal». Nulle part ailleurs, ne se manifeste aussi clairement le fait que l’amour est un processus dynamique qui peut grandir, mais aussi se refroidir. Je ne peux qu’inviter à lire et déguster ce délicieux chapitre. Je tiens à souligner qu’ici le Pape parle avec une rare clarté, du rôle qu’ont également les passions, les émotions, l’éros et la sexualité dans la vie matrimoniale et familiale. Ce n’est pas un hasard si le Pape François s’appuie sur Saint Thomas d’Aquin, lui qui attribue aux passions un rôle tellement important, tandis que la morale moderne, souvent puritaine, les a décréditées ou négligées.
C’est ici que le titre de l’Exhortation du Pape s’exprime pleinement: «Amoris Laetitia!» Ici, on comprend comment il est possible de réussir «à découvrir la valeur et la richesse du mariage» (AL 205). Mais, c’est également là que l’on se rend compte, douloureusement, combien les blessures d’amour font mal, combien les échecs de nos expériences relationnelles nous lacèrent. Pour cette raison, il n’est pas étonnant que ce soit en particulier le chapitre huit qui attire l’attention et suscite l’intérêt. En effet, la manière dont l’Eglise traite ces blessures, ces échecs de l’amour, est devenu une question-test pour comprendre si l’Eglise est vraiment le lieu où il est possible d’expérimenter la Miséricorde de Dieu.
Ce chapitre doit beaucoup au travail intense des deux Synodes, aux vastes discussions qui se sont tenues dans l’opinion publique et ecclésiale. Ici, se manifeste le mode fécond de procéder du Pape François. Il désirait fortement une discussion ouverte sur l’accompagnement pastoral des situations complexes et il a pu s’appuyer amplement sur les deux textes présentés par les deux Synodes, afin de montrer comment l’on peut «accompagner, discerner et intégrer la fragilité» (AL 291)
Le Pape François fait siennes, de manière explicite, les déclarations que les deux Synodes lui ont présentées: «les Pères synodaux ont atteint un consensus général, que je soutiens» (AL 297). En ce qui concerne les divorcés remariés au civil, il déclare: «J’accueille les considérations de beaucoup de Pères synodaux, qui ont voulu signaler que (…) la logique de l’intégration est la clef de leur accompagnement pastoral (…) ils ne doivent pas se sentir excommuniés, mais ils peuvent vivre et mûrir comme membres vivants de l’Église, la sentant comme une mère qui les accueille toujours…» (AL 299).
Mais qu’est-ce que cela signifie concrètement? Nombreux se posent cette question, à juste titre. Les réponses décisives se trouvent dans Amoris laetitia, au paragraphe 300. Elles offrent certainement du matériel pour d’ultérieures discussions. Mais elles fournissent également un éclaircissement important et une indication quant au chemin à suivre: «Si l’on tient compte de l’innombrable diversité des situations concrètes (…) on peut comprendre qu’on ne devait pas attendre du Synode ou de cette Exhortation une nouvelle législation générale du genre canonique, applicable à tous les cas». Ils étaient nombreux à attendre une telle norme. Ils resteront déçus. Qu’est-ce qui est possible? Le Pape le dit avec clarté: «Il faut seulement un nouvel encouragement au discernement responsable personnel et pastoral des cas particuliers, qui devrait reconnaître que, étant donné que “le degré de responsabilité n’est pas le même dans tous les cas”».
Comment peut et doit être ce discernement personnel et pastoral? C’est le thème des paragraphes 300 à 312 d’Amoris Laetitia. Déjà lors du Synode de 2015, dans l’appendice du texte présenté par le Circulus germanicus, il a été proposé un Itinerarium du discernement, de l’examen de conscience que le Pape François a fait sien.
«Il s’agit d’un itinéraire d’accompagnement et de discernement qui «oriente ces fidèles à la prise de conscience de leur situation devant Dieu». Le Pape rappelle également que «ce discernement ne pourra jamais s’exonérer des exigences de vérité et de charité de l’Évangile proposées par l’Église» (AL 300).
Le Pape François mentionne deux positionnements erronés. Le premier est celui du rigorisme: «un pasteur ne peut se sentir satisfait en appliquant seulement les lois morales à ceux qui vivent des situations “irrégulières”, comme si elles étaient des pierres qui sont lancées à la vie des personnes. C’est le cas des cœurs fermés, qui se cachent ordinairement derrières les enseignements de l’Eglise» (AL 305). D’autre part, l’Eglise ne doit «d’aucune manière renoncer à proposer l’idéal complet du mariage, le projet de Dieu dans toute sa grandeur» (AL 307).
On se demande naturellement ce que dit le Pape à propos de l’accès aux sacrements pour les personnes qui vivent en situations «irrégulières». Le Pape Benoît XVI avait déjà dit qu’il n’existait pas de «simples recettes» (AL 298, note 333). Le Pape François rappelle, à nouveau, la nécessité de bien discerner les situations, dans la ligne de Familiaris Consortio (84) de St.Jean-Paul II (AL 298). «Le discernement doit aider à trouver les chemins possibles de réponse à Dieu et de croissance au milieu des limitations. En croyant que tout est blanc ou noir, nous fermons parfois le chemin de la grâce et de la croissance, et nous décourageons des cheminements de sanctifications qui rendent gloire à Dieu» (AL 305). Et le Pape François nous rappelle une phrase importante qu’il avait écrite dans Evangelii Gaudium 44: «Un petit pas, au milieu de grandes limites humaines, peut être plus apprécié de Dieu que la vie extérieurement correcte de celui qui passe ses jours sans avoir à affronter d’importantes difficultés» (AL 304). Dans le sens de cette «via caritatis» (AL 306), le Pape affirme, de manière humble et simple, dans une note (351) que l’on peut aussi apporter l’aide des sacrements «dans certains cas». Mais dans ce but, il n’offre pas de casuistique, de recettes, il se contente de rappeler simplement deux de ses célèbres phrases: «Aux prêtres je rappelle que le confessionnal ne doit pas être une salle de torture mais le lieu de la miséricorde du Seigneur» (EG 44) et l’Eucharistie «n’est pas un prix destiné aux parfaits, mais un généreux remède et un aliment pour les faibles» (EG 47).
Le fait que le «discernement des situations» ne soit pas réglé de manière plus précise, n’est-ce pas un défi excessif pour les pasteurs, les guides spirituels, pour les communautés? Le Pape François n’est pas sans connaître cette préoccupation: «Je comprends ceux qui préfèrent une pastorale plus rigide qui ne prête à aucune confusion» (AL 308). Mais à cela, il objecte en disant: «nous posons tant de conditions à la miséricorde que nous la vidons de son sens concret et de signification réelle, et c’est la pire façon de liquéfier l’Evangile» (AL 311).
Le Pape s’en remet à la «joie de l’amour». L’amour sait trouver le chemin. C’est la boussole qui indique la route. Ceci est l’objectif et le chemin même, parce que Dieu est l’amour et parce que l’amour demeure en Dieu. Rien n’est aussi exigeant que l’amour. Et on ne peut l’avoir à bon marché. Pour cela, personne ne doit redouter le fait que le Pape François nous invite, avec Amoris Laetitia, à un chemin trop facile. Le chemin n’est pas facile, mais il est plein de joie!
[00532-FR.02] [Texte original: Italien - version de travail]
Traduzione in lingua spagnola
La tarde del 13 de marzo de 2013, las primeras palabras que el Papa recién elegido, Francisco, dirigió a las personas en la plaza de San Pedro y a todo el mundo fueron: “Buenas tardes". Tan sencillos como este saludo son el lenguaje y el estilo del nuevo texto del Papa Francisco . La Exhortación no es tan breve como este simple saludo, pero sí tan realista. En estas 200 páginas el Papa Francisco habla de "amor en la familia" y lo hace de una forma tan concreta y tan sencilla, con palabras que calientan el corazón, como las de aquel buenas tardes del 13 de marzo de 2013. Este es su estilo, y él espera que se hable de las cosas de la vida de la manera más concreta posible, sobre todo si se trata de la familia, de una de las realidades más elementales de la vida.
Para decirlo ya de antemano: los documentos de la Iglesia a menudo no pertenecen a un género literario de los más asequibles. Este texto del Papa es legible. Y el que no se deje asustar por su longitud encontrará alegría en la concreción y el realismo de este documento. El Papa Francisco habla de las familias con una claridad que pocas veces se encuentra en los documentos del magisterio de la Iglesia.
Antes de entrar en el texto, me gustaría decir, de una manera muy personal, el por quélo he leído con alegría, con gratitud, y siempre con gran emoción. En la enseñanza eclesial sobre el matrimonio y la familia a menudo hay una tendencia, tal vez inconsciente, a abordar con dos enfoques estas dos realidades de la vida. Por un lado están los matrimonios y las familias “normales", que obedecen a la regla, en los que todo está "bien”, y está "en orden", y luego están las situaciones "irregulares" que plantean un problema. Ya el mismo término "irregular" sugiere que hay una clara distinción.
Por lo tanto, el que se encuentra en el lado de los "irregulares" tiene que dar por sentado que los "regulares" están en la otra parte. Sé personalmente, debido a mi propia familia, lo difícil que es esto para los que vienen de una familia “patchwork”. En estas situaciones las enseñanzas de la Iglesia, pueden hacer daño, pueden dar la sensación de estar excluidos.
El Papa Francisco ha puesto su exhortación bajo el lema: "Se trata de integrar a todos" (AL 297), porque se trata de una comprensión fundamental del Evangelio: ¡Todos necesitamos misericordia! "El que esté libre de pecado que tire la primera piedra" (Juan 8: 7). Todos nosotros, independientemente del matrimonio y la situación familiar en la que nos encontramos, estamos en camino. Incluso un matrimonio en el que todo "va bien" está en camino. Debe crecer, aprender, superar nuevas etapas. Conoce el pecado y el fracaso, necesita reconciliación y nuevos comienzos, y esto hasta edad avanzada. (AL 297).
El Papa Francisco ha conseguido hablar de todas las situaciones sin catalogar, sin categorizar, con esa mirada fundamental de benevolencia que tiene algo que ver con el corazón de Dios, con los ojos de Jesús, que no excluyen a nadie (AL 297), que acogen a todos y a todos conceden la "alegría del Evangelio". Por eso la lectura de Amoris laetitia es tan reconfortante. Nadie debe sentirse condenado, nadie despreciado. En este clima de acogida, la enseñanza de la visión cristiana del matrimonio y de la familia, se convierte en invitación, estímulo, alegría del amor en la que podemos creer y que no excluye, verdadera y sinceramente, a nadie. Por eso, para mí Amoris laetitia es sobre todo, y en primer lugar, un "acontecimiento lingüístico", como lo fue Evangelii gaudium. Algo ha cambiado en la enseñanza eclesial. Este cambio de lenguaje se percibía ya durante el camino sinodal. Entre las dos sesiones sinodales de octubre de 2014 y octubre de 2015 se puede ver claramente cómo el tono se haya enriquecido en estima, como se hayan aceptado sencillamente las diversas situaciones de la vida, sin juzgarlas ni condenarlas inmediatamente. En Amoris laetitia ha pasado a ser el tono lingüístico constante. Detrás de esto no hay, por supuesto, solamente una opción lingüística, sino un profundo respeto ante cada persona que nunca es, en primer lugar, un "caso problemático" , una "categoría", sino un ser humano inconfundible , con su historia y su camino con y hacia Dios. En Evangelii gaudium el Papa Francisco decía que deberíamos quitarnos los zapatos ante la tierra sagrada del otro (EG 36). Esta actitud fundamental atraviesa la entera exhortación. Y es también la razón más profunda para las otras dos palabras clave: discernir y acompañar. Estas palabras no se aplican únicamente a las "situaciones llamadas irregulares" (Francisco hace hincapié en este ¡"las llamadas"!), sino que valen para todas las personas, para cada matrimonio, para cada familia. Todas, de hecho, están en camino, y todas necesitan "discernimiento" y "acompañamiento".
Mi gran alegría ante este documento reside en el hecho de que, coherentemente, supera la artificiosa, externa y neta división entre "regular" e "irregular" y pone a todos bajo la instancia común del Evangelio, siguiendo las palabras de San Pablo: "Pues Dios encerró a todos los hombres en la rebeldía para usar con todos ellos misericordia”.(Rom 11, 32).
Obviamente, este principio continuo de "inclusión", preocupa a algunos. ¿No se habla aquí a favor del relativismo? ¿No se convierte en permisivismo la tan evocada misericordia? ¿ Se ha acabado la claridad de los límites que no se deben superar, de las situaciones que objetivamente se definen como irregulares, pecaminosas? Esta exhortación ¿no favorece una cierta laxitud, un "anything goes"? ¿La misericordia propia de Jesús ¿no es, a menudo en cambio, una misericordia severa, exigente?
Para aclarar esto el Papa Francisco no deja duda alguna sobre sus intenciones y nuestra tarea:
"Los cristianos no podemos renunciar a proponer el matrimonio con el fin de no contradecir la sensibilidad actual, para estar a la moda, o por sentimientos de inferioridad frente al descalabro moral y humano. Estaríamos privando al mundo de los valores que podemos y debemos aportar. Es verdad que no tiene sentido quedarnos en una denuncia retórica de los males actuales, como si con eso pudiéramos cambiar algo. Tampoco sirve pretender imponer normas por la fuerza de la autoridad. Nos cabe un esfuerzo más responsable y generoso, que consiste en presentarlas razones y las motivaciones para optar por el matrimonio y la familia, de manera que las personas estén mejor dispuestas a responder a la gracia que Dios les ofrece” (AL 35)
El Papa Francisco está convencido de que la visión cristiana del matrimonio y de la familia tiene, también hoy en día, una fuerza de atracción inmutable. Pero exige "una saludable reacción autocrítica": "Tenemos que ser humildes y realistas, para reconocer que a veces nuestro modo de presentar las convicciones cristianas, y la forma de tratar a las personas, han ayudado a provocar lo que hoy lamentamos, (AL 36). " Hemos presentado un ideal teológico del matrimonio demasiado abstracto, casi artificiosamente construido, lejano de la situación concreta y de las posibilidades efectivas de las familias reales. Esta idealización excesiva, sobre todo cuando no hemos despertado la confianza en la gracia, no ha hecho que el matrimonio sea más deseable y atractivo, sino todo lo contrario” (AL 36)
Permítanme relatarles una experiencia de Sínodo de octubre pasado: Que yo sepa, dos de los trece "circuli minores" comenzaron su trabajo haciendo que cada participante contase su propia situación familiar. Pronto se descubrió que casi todos los obispos o los otros participantes del “circulus minor" enfrentaban, en sus familias, los temas, las preocupaciones, las "irregularidades" de las cuales, nosotros en el Sínodo, habíamos hablado de forma algo abstracta. El Papa Francisco nos invita a hablar de nuestras familias "tal cual son" .Y ahora, lo magnífico del camino sinodal y de su proseguimiento con el Papa Francisco: Este sobrio realismo sobre las familias "tal cual son" ¡no nos aleja para nada del ideal¡. Por el contrario: el Papa Francisco consigue con el trabajo de ambos Sínodos situar a las familias en una perspectiva positiva, profundamente rica de esperanzas. Pero esta perspectiva alentadora sobre las familias exige esa "conversión pastoral" de la que hablaba Evangelii gaudium de una manera tan emocionante. El siguiente párrafo de Amoris laetitia recalca las líneas directrices de esa "conversión pastoral":
“Durante mucho tiempo creímos que con sólo insistir en cuestiones doctrinales, bioéticasy morales, sin motivar la apertura a la gracia, ya sosteníamos suficientemente a las familias, consolidábamos el vínculo de los esposos y llenábamos de sentido sus vidas compartidas. Tenemos dificultad para presentar al matrimonio más como un camino dinámico de desarrollo y realización que como un peso a soportar toda la vida. También nos cuesta dejar espacio a la conciencia de los fieles, que muchas veces responden lo mejor posible al Evangelio en medio de sus límites y pueden desarrollar su propio discernimiento ante situaciones donde se rompen todos los esquemas. Estamos llamados a formar las conciencias, pero no a pretender sustituirlas. (AL 37).
El Papa Francisco habla de una profunda confianza en los corazones y en la nostalgia de los seres humanos. Se percibe aquí la gran tradición educacional de la Compañía de Jesús a la responsabilidad personal. Habla de dos peligros contrarios : El "laissez-faire" y la obsesión de querer controlar y dominar todo Por un lado es cierto que " la familia no puede renunciar a ser lugar de sostén, de acompañamiento, de guía…Siempre hace falta una vigilancia. El abandono nunca es sano”.(AL 260).
Pero la vigilancia puede volverse también exagerada: “Pero la obsesión no es educativa, y no se puede tener un control de todas las situaciones por las que podría llegar a pasar un hijo (…)Si un padre está obsesionado por saber dónde está su hijo y por controlar todos sus movimientos, sólo buscará dominar su espacio. De ese modo no lo educará, no lo fortalecerá, no lo preparará para enfrentar los desafíos. Lo que interesa sobre todo es generar en el hijo, con mucho amor, procesos de maduración de su libertad, de capacitación, de crecimiento integral, de cultivo de la auténtica autonomía”(AL 261). Encuentro muy iluminante poner en conexión este pensamiento sobre la educación con aquellos relacionados con la praxis pastoral de la Iglesia. De hecho, en este sentido el Papa Francisco habla muy seguido de la confianza en la conciencia de los fieles: “Estamos llamados a formar las conciencias, pero no a pretender sustituirlas” (AL 37). La gran cuestión obviamente es ésta: ¿cómo se forma la conciencia?, ¿cómo llegar a aquello que es el concepto clave de todo este gran documento, la clave para comprender correctamente la intención de Papa Francisco: “el discernimiento personal”, sobre todo en situaciones difíciles, complejas? El discernimiento es un concepto central de los ejercicios ignacianos. Estos de hecho deben ayudar a discernir la voluntad de Dios en las situaciones concretas de la vida. Es el discernimiento el que hace de la persona una personalidad madura, y el camino cristiano quiere ser de ayuda al logro de esta madurez personal: “no para formar autómatas condicionados del externo, telecomandados, sino personas maduras en la amistad con Cristo. Solo allí donde ha madurado este “discernimiento” personal es también posible alcanzar un “discernimiento pastoral”, el cual es importante sobre todo ante “situaciones que no responden plenamente a lo que el Señor nos propone” (AL 6).De este “discernimiento pastoral” habla el octavo capítulo, un capítulo probablemente de gran interés para la opinión pública eclesial, pero también para los medios.
Debo todavía recordar que el Papa Francisco ha definido como central los capítulos 4 y 5 (“los dos capítulos centrales”), no solamente en sentido geográfico, sino por su contenido: “no podremos alentar un camino de fidelidad y de entrega recíproca si no estimulamos el crecimiento, la consolidación y la profundización del amor conyugal y familiar” (AL 89). Estos dos capítulos centrales de AmorisLaetitia serán probablemente saltados por muchos para arribar inmediatamente a las “papas calientes”, a los puntos críticos. De experto pedagogo el Papa Francisco sabe bien que nada atrae y motiva tan fuertemente como la experiencia positiva del amor. “Hablar del amor” (AL 89) –esto procura claramente una gran alegría al Papa Francisco, y él habla del amor con gran vivacidad, comprensibilidad, empatía. El cuarto capítulo es un amplio comentario al Himno de la caridad del 13 capítulo de la 1 carta a los Corintios. Recomiendo a todos la meditación de estas páginas. Ellas nos animan a creer en el amor (cfr. 1 Juan 4,16) y a tener confianza en su fuerza. Es aquí que “crecer”, otra palabra clave del Amoris Laetitia, tiene su sede principal: en ningún otro lugar se manifiesta tan claramente como en el amor, que se trata de un proceso dinámico en el cual el amor puede crecer, pero también puede enfriarse. Puedo solamente invitar a leer y gustar este delicioso capítulo. Es importante notar un aspecto: el Papa Francisco habla aquí con una claridad rara, del rol que también las pasiones, las emociones, el eros, la sexualidad tienen en la vida matrimonial y familiar. No es casual que el Papa Francisco cite aquí de modo particular a Santo Tomas de Aquino que atribuye a las pasiones un rol muy importante, mientras que la moral moderna a menudo puritana, las ha desacreditado o descuidado.
Es aquí que el título de la Exhortación del Papa encuentra su plena expresión: ¡Amoris laetitia! Aquí se entiende cómo es posible llegar “a descubrir el valor y la riqueza del matrimonio” (AL 205). Pero aquí se hace también dolorosamente visible cuanto mal hacen las heridas de amor. Como son lacerantes las experiencias de fracaso de las relaciones. Por esto no me maravilla que sea sobre todo el octavo capítulo el que llama la atención y el interés. De hecho la cuestión de cómo la Iglesia trate estas heridas, de cómo trate los fracasos del amor se ha vuelto para muchos una cuestión-test para entender si la Iglesia es verdaderamente el lugar en el cual se puede experimentar la misericordia de Dios.
Este capítulo debe mucho al intenso trabajo de los dos Sínodos, a las amplias discusiones en la opinión pública y eclesial. Aquí se manifiesta la fecundidad del modo de proceder del Papa Francisco. Él deseaba expresamente una discusión abierta sobre el acompañamiento pastoral de situaciones complejas y ha podido ampliamente fundarse sobre los textos que los dos Sínodos le han presentado para mostrar cómo se puede “acompañar, discernir e integrar la fragilidad” (AL 291).
El Papa Francisco hace explícitamente suyas las declaraciones que ambos Sínodos le han presentado: “los Padres sinodales alcanzaron un consenso general, que sostengo” (AL 297). En lo que respecta a los divorciados vueltos a casar con rito civil él sostiene: “Acojo las consideraciones de muchos Padres sinodales, quienes quisieron expresar que (…) la lógica de la integración es la clave de su acompañamiento pastoral (…) Ellos no sólo no tienen que sentirse excomulgados, sino que pueden vivir y madurar como miembros vivos de la Iglesia, sintiéndola como una madre que les acoge siempre” (AL 299).
Pero ¿qué significa esto concretamente? Muchos se ponen con razón esta pregunta. Las respuesta decisivas se encuentran en Amoris Laetitia 300. Estas ofrecen ciertamente todavía materia para ulteriores discusiones. Pero estas son también una importante aclaración y una indicación para el camino a seguir: “Si se tiene en cuenta la innumerable variedad de situaciones concretas (…) puede comprenderse que no debía esperarse del Sínodo o de esta Exhortación una nueva normativa general de tipo canónica, aplicable a todos los casos”. Muchos se esperaban tal norma. Quedarán desilusionados. ¿Qué es posible? El Papa lo dice con toda claridad: “Sólo cabe un nuevo aliento a un responsable discernimiento personal y pastoral de los casos particulares”. Y de cómo puede y debe ser este discernimiento personal y pastoral, es el tema de la entera sección de Amoris Laetitia 300-312. Ya en el Sínodo del 2015, en el apéndice a los enunciados del círculus germánicus fue propuesto un “Itinerarium” del discernimiento, del examen de conciencia que el Papa Francisco hizo suyo.
“Se trata de un itinerario de acompañamiento y de discernimiento que orienta a estos fieles a la toma de conciencia de su situación ante Dios”. Pero el Papa Francisco recuerda también que “este discernimiento no podrá jamás prescindir de las exigencias de verdad y de caridad del Evangelio propuesto por la Iglesia” (AL 300).
El Papa Francisco menciona dos posiciones erróneas. Una es aquella del rigorismo: “un pastor no puede sentirse satisfecho sólo aplicando leyes morales a quienes viven en situaciones «irregulares», como si fueran piedras que se lanzan sobre la vida de las personas. Es el caso de los corazones cerrados, que a menudo se esconden aún detrás de las enseñanzas de la Iglesia” (AL 305). Por otra parte la Iglesia no debe absolutamente “renunciar a proponer el ideal pleno del matrimonio, el proyecto de Dios en toda su grandeza” (AL 307).
Se pone naturalmente la pregunta: ¿qué dice el Papa respecto del acceso a los sacramentos de las personas que viven en situaciones “irregulares”? Ya el Papa Benedicto había dicho que no existen “simples recetas” (AL 298, NOTA 333). Y el Papa Francisco vuelve a recordar la necesidad de discernir bien las situaciones, siguiendo la línea de la Familiaris consortio (84) de san Juan Pablo II (AL 298). “El discernimiento debe ayudar a encontrar los posibles caminos de respuesta a Dios y de crecimiento en medio de los límites. Por creer que todo es blanco o negro a veces cerramos el camino de la gracia y del crecimiento, y desalentamos caminos de santificación que dan gloria a Dios” (AL 305). El Papa Francisco nos recuerda una frase importante que había escrito en Evangelii Gaudium 44: “un pequeño paso, en medio de grandes límites humanos, puede ser más agradable a Dios que la vida exteriormente correcta de quien transcurre sus días sin enfrentar importantes dificultades” (AL 305). En el sentido de esta “via caritatis” (AL 306) el Papa afirma, de manera humilde y simple, en una nota (351), que se puede dar también la ayuda de los sacramentos “en ciertos casos”. Pero a este propósito él no nos ofrece una casuística de recetas, sino que simplemente nos recuerda dos de sus frases famosas: “a los sacerdotes les recuerdo que el confesionario no debe ser una sala de tortura, sino el lugar de la misericordia del Señor” (EG 44) y la Eucaristía “no es un premio para los perfectos, sino un generoso remedio y un alimento para los débiles” (EG 44).
¿No es un desafío excesivo para los pastores, para los guías espirituales, para las comunidades, si el “discernimiento de las situaciones” no está regulado de modo más preciso? El Papa Francisco conoce esta preocupación: “Comprendo a quienes prefieren una pastoral más rígida que no dé lugar a confusión alguna” (AL 308). A esta él objeta diciendo: “Ponemos tantas condiciones a la misericordia que la vaciamos de sentido concreto y de significación real, y esa es la peor manera de licuar el Evangelio” (AL 311).
El Papa Francisco confía en la “alegría del amor”. El amor debe encontrar el camino. Es la brújula que nos indica el camino. Es la meta y el camino mismo. Porque Dios es amor y porque el amor es de Dios. Nada es tan exigente como el amor. El amor no se puede comprar. Por esto nadie debe temer que el Papa Francisco nos invite, con “Amoris Laetitia”, a un camino demasiado fácil. “El camino no es fácil pero es pleno de alegría”.
[00532-ES.02] [Texto original: Italiano - Traducción no oficial]
Intervento dei coniugi Prof. Francesco Miano e Prof.ssa Giuseppina De Simone
Il senso di un cammino
La lettura dell' Amoris letitia è stata per noi un momento di grande commozione e di profonda gioia. Questa gioia vorremmo poter trasmettere anche a voi oggi. È la gioia per un testo magisteriale che nel parlare della famiglia riconduce all'essenziale, a quello che più conta; e lo fa con un linguaggio diretto, semplice, per tutti. Verrebbe da dire che questo non è un testo per addetti ai lavori, per gli specialisti della pastorale, ma per "addetti alla vita" ossia per tutti noi che, in maniera diversa, siamo parte di una famiglia. Chi lo legge, chi legge in particolare la parte centrale dedicata all'amore in famiglia o il capitolo sull'educazione dei figli, avverte che qui si sta parlando proprio di lui, che il Papa conduce per mano a scoprire la bellezza delle nostre famiglie, imperfette, fragili, ma straordinarie, perché sorrette nel loro quotidiano cammino dall'amore del Signore che non si stanca, non viene meno, e che fa nuove tutte le cose.
È un'esperienza incredibilmente bella: quella dell'aprirsi del cuore, dell'allargarsi dello sguardo, e di riuscire finalmente a vedere il tesoro che abbiamo tra le mani, il bene grande che è nella normalità della nostra vita. È come se il Papa dicesse: fermiamoci un attimo, lasciamoci per un attimo alle spalle i rumori, le corse, gli affanni, la ridda di voci che quotidianamente ci investe fino a sommergerci, e proviamo ad ascoltare, ad ascoltare la nostra vita in quello che ha da dirci veramente, ascoltiamo quello che accade dentro di noi, quello che muove il nostro cuore. Perché è in questo ascolto che impariamo a scorgere la presenza del Signore che rende le nostre storie "terra sacra" davanti alla quale togliersi i calzari.
Il linguaggio di Papa Francesco è coinvolgente, delicato e rigoroso, intriso di tenerezza e di meraviglia. È un linguaggio che lascia parlare la vita concreta delle famiglie. Le sue parole nascono da quell'umile ascolto a cui aveva invitato i padri sinodali in apertura del sinodo del 2014 e di cui egli stesso ha dato testimonianza nelle intense giornate di lavoro dei due sinodi dedicati alla famiglia (ed è bellissima questa Chiesa che si lascia istruire dalla famiglia...). Si avverte in queste pagine l'ascolto attento della concretezza delle situazioni che fanno la vita delle famiglie. Un ascolto al quale veniamo educati, nel quale cresciamo man mano che si procede nella lettura.
È la grammatica delle relazioni quella che viene così disegnata con tratti di grande sapienza, una grammatica delle relazioni che la Chiesa non detta dall'alto ma che essa stessa impara dalla vita delle famiglie. Non è una Chiesa che sale in cattedra, è una Chiesa che sa di essere per strada e che sceglie di starci fino in fondo, ma che proprio per questo può farsi maestra che aiuta a fare chiarezza e a ritrovare ogni volta il senso del procedere. Una Chiesa che è popolo di Dio in cammino.
La categoria del cammino è fondamentale per capire il senso della vita della famiglia che traspare da queste pagine. Che la vita della famiglia sia un cammino viene ripetuto con chiarezza; un cammino in cui non bisogna stancarsi di guardare avanti, di avere grandi orizzonti, non bisogna smettere di sognare, e di cui imparare a gustare e ad apprezzare ogni passo senza temere il divenire, le trasformazioni che il cammino porta con sé, avendo piuttosto il senso dell'imperfezione e della crescita.
Un amore che è nel tempo
Colpisce il fatto che l'inno alla carità, paradigma della perfezione cristiana dell'amore e posto al cuore di questa esortazione, sia declinato dal Papa nel tempo e nei giorni della vita delle famiglie. L'inno alla carità dice "il nostro amore quotidiano" e le sue parole fondamentali si comprendono nella semplicità e nella concretezza dei gesti, degli sguardi, dei comportamenti, nella forza degli atteggiamenti da maturare, nella intensità e nella fatica delle scelte che ogni giorno ci chiede.
L'amore nella vita della famiglia è fatto prima di tutto di pazienza (La carità è paziente) e la pazienza è benevola (benevola è la carità) aiuta l'altro a crescere senza avvertirne i successi come una minaccia (non è invidiosa). "L'amore non è arrogante" (non si gonfia, non si vanta), rende amabili e capaci di posare sull’altro uno sguardo amabile. Non mette in primo piano l’amore per se stessi (non cerca il proprio interesse); non alimenta l'ira fino a farla diventare un atteggiamento permanente (non si adira) ed evita che il rancore cresca fino ad annidarsi nel cuore (non tiene conto del male ricevuto). L’amore nella vita della famiglia esige la disponibilità a perdonare che passa attraverso l’esperienza liberante dell’accettare se stessi con i propri limiti e l’avvertire che Dio ci ama senza condizione e senza meriti. Ma la famiglia è soprattutto il luogo in cui impariamo a rallegrarci per il bene dell'altro (si rallegra della verità). "La famiglia deve essere sempre il luogo in cui chiunque faccia qualcosa di buono nella vita, sa che lì lo festeggeranno insieme a lui"(110).
L'amore nella famiglia abbraccia il tutto della vita. Per questo: "tutto scusa", è ampiezza di sguardo che comprende che l’altro è “molto di più di quello che a me da fastidio” e sa apprezzarne l’amore pur nel suo essere imperfetto (L'amore convive con l'imperfezione"113); "tutto crede" perché dà fiducia, rinuncia a controllare, a dominare l’altro consentendogli così di essere se stesso; "tutto spera" perché sa che l’altro può cambiare, che le sue potenzialità possono fiorire accettando anche “che certe cose accadano non come uno le desidera”; "tutto sopporta" perché è capace di superare qualsiasi sfida.
“Il matrimonio è l’icona dell’amore di Dio per noi” (121), ma lo è in quanto “processo dinamico”, una sfida che richiede di lottare e di rinascere, di reinventarsi e di ricominciare sempre di nuovo, fino alla morte.
Un amore che è gioia
Questo amore che è cammino nel tempo verso la pienezza è gioia che dilata il cuore. Ma della gioia dell’amore bisogna avere cura. È una gioia da coltivare, crescendo nella capacità di uno sguardo che apprezza. Molte ferite e crisi hanno la loro origine quando non siamo più capaci di questo sguardo, "smettiamo di contemplarci” (128): tra coniugi, tra genitori e figli, tra fratelli. La gioia dell’amore si rafforza nelle sofferenze e nelle battaglie vissute insieme, cresce attraverso le parole e i gesti che alimentano l’amore giorno dopo giorno. La gioia dell’amore matura attraverso il dialogo, il “darsi tempo” l’ascoltare l’altro facendogli spazio. In famiglia si ha bisogno prima di tutto di ascoltarsi: l’altro “deve percepire che è stata colta la sua pena, la sua delusione, la sua paura, la sua ira, la sua speranza, il suo sogno” (137). Questo richiede però che si maturi una ampiezza mentale, una flessibilità, una ricchezza interiore senza di cui la vita familiare diventa asfittica e il dialogo si impoverisce.
In questo amore che è gioia le emozioni hanno allora una grande importanza e non vanno soffocate (è un amore appassionato quello che regge la vita delle famiglie), ma aiutate ad armonizzarsi in una crescita di sensibilità verso l’altro. “Si può compiere un bel cammino con le passioni” (148) scrive il Papa. In questa prospettiva la dimensione erotica dell’amore non è "un male permesso" o "un peso da sopportare", bensì "dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi” (152). Ed “è importante essere chiari” nel rifiutare nella vita della famiglia qualsiasi forma di "sottomissione" che non sia il “vivere rivolti agli altri”, l’ “appartenenza reciproca liberamente scelta” in cui tutto è orientato a “fare in modo che l’altro viva in pienezza” (156).
Un amore che non teme il cambiamento
Questo amore, che è nel tempo e che è gioia, è un amore che non ha paura del cambiamento.
Il prolungarsi della vita fa emergere con forza l'esigenza di “ritornare a scegliersi a più riprese”. Non il trascinarsi stanco di relazioni prive di luce ma la ricchezza di una intimità che è nella forza di una condivisione cresciuta nel tempo intorno ad un progetto comune, affrontando insieme le difficoltà e godendo insieme delle cose belle.
Nella storia di un matrimonio l’aspetto fisico muta, ma quando gli altri non possono più riconoscere la bellezza dell’identità dell’altro, il coniuge innamorato continua ad essere capace di percepirla con l’istinto dell’amore, e l’affetto non scompare”, la sceglie nuovamente attraverso “una vicinanza fedele e colma di tenerezza”. Nel volgere delle stagioni “il vincolo trova nuove modalità ed esige la decisione di riprendere sempre nuovamente a stabilirlo. Non solo per conservarlo, ma per farlo crescere” (164). Nulla di questo è però possibile senza la grazia dello Spirito che rafforza, orienta e trasforma il nostro amore in ogni nuova situazione, una grazia che occorre imparare a riconoscere e ad invocare.
Un amore che genera vita
La gioia dell’amore si esplicita e si concretizza nell’accoglienza della vita e in particolare di una nuova vita. Nelle parole del Papa abbiamo riassaporato la bellezza del nostro essere genitori, avvertito l’amore di Dio attraverso il dono dei figli, il senso dell’attesa dei figli, l’accoglierli nella peculiarità di ognuno. Sono molto belle e immediate, le pagine dedicate al padre e alla madre, che mostrano il volto paterno e materno del Signore, figure considerate sia separatamente sia nella loro reciprocità, viste nell’evolversi dei tempi, nella sottolineatura di un ruolo altamente positivo della donna nella società da conciliare con l’essere testimone, attraverso la maternità, della bellezza della vita, e nella messa in risalto della necessità di riscoperta della figura paterna, oggi sbiadita nella cultura occidentale e bisognosa di rinnovata valorizzazione (172-177). Altrettanto belli sono i richiami al valore di una fecondità che si allarga sempre oltre l’orizzonte della vita familiare. Il Papa si sofferma sull’importanza della procreazione, sulla gioia che per la Chiesa rappresentano le famiglie numerose, e insieme sulla necessità di una paternità responsabile(167), sulla generosità che contraddistingue la scelta dell’adozione e, nello stesso tempo, sottolinea che “la famiglia non deve pensare se stessa come un recinto chiamato a proteggersi dalla società. Non rimane ad aspettare, ma esce da sé nella ricerca solidale”(181). Anzi sul modello della famiglia di Gesù – di cui ben conosciamo la straordinaria normalità – il compito fondamentale è quello di far crescere la cultura dell’incontro, portando nella realtà uno spirito autenticamente famigliare.
Un amore che si fa incontro
La cultura dell’incontro cresce con la testimonianza e insieme con la parola, e in questo modo, le famiglie rendono presente l’amore di Dio per tutti e nella società. E c’è una dimensione di cultura dell’incontro che riguarda anche la famiglia intesa in senso più ampio rispetto alla famiglia nucleare (padre, madre, figli). Il Papa ricorda il valore della presenza di nonni, zii, cugini, vicini. Non possiamo chiuderci nell’individualismo del “piccolo nido” (187). Non sembri una considerazione marginale, al contrario il Papa invita le famiglie a ritrovare il gusto di relazioni autentiche partendo da chi ti è o dovrebbe essere più vicino. Ai coniugi giunge chiaro l’invito ad avere a cuore le proprie famiglie d’origine nel senso anche della famiglia dell’altro e non solo della propria, ad avere un cuore più grande capace di trattare i suoceri, i parenti del coniuge con “delicatezza” evitando di considerarli “come dei concorrenti, come persone pericolose, come invasori”(198).
Un amore che educa
La vita della famiglia – l’invito del Papa è chiaro e provocatorio – oggi richiede una rinnovata significazione dell’essere e dei compiti di ogni suo componente. Accanto all’essere padri e madri (di cui abbiamo detto) il Papa dedica passaggi decisivi all’essere figli (e all’essere figli una volta costituita una propria famiglia), all’essere fratelli (la prima esperienza di fraternità e di convivenza umana si fa in famiglia), agli anziani (vittime della cultura dello scarto), così come dedica il settimo capitolo all’educazione dei figli sottolineando la necessità di rafforzare l’impegno educativo nella consapevolezza che la funzione educativa della famiglia appare oggi sempre più importante e insieme sempre più complessa. Papa Francesco si sofferma sui diversi aspetti della formazione etica dei figli, sulla necessità che i genitori non abdichino al loro ruolo e sappiano esercitarlo mirando alla crescita di libertà e senso di responsabilità dei figli, con paziente realismo, con gradualità, con senso di incoraggiamento che non esclude in qualche caso l’uso della sanzione come stimolo. L’educazione “comporta il compito di promuovere libertà responsabili che nei punti di incrocio sappiano scegliere con buon senso e intelligenza, persone che comprendano che la loro vita e quella della loro comunità è nelle loro mani”(262). Persone libere e coraggiose, da sostenere ma anche da rispettare nella loro libertà. In ogni caso – e il Papa lo sottolinea efficacemente - “la famiglia è la prima scuola dei valori umani dove si impara il buon uso della libertà”(274). Ma la famiglia è tale in quanto contesto educativo globale non semplicemente per le singole scelte dei suoi componenti. Famiglia come contesto educativo globale vuol dire luogo adatto alla socializzazione primaria, alla creazione di stile e mentalità, alla coltivazione dell’attesa, ad adeguate aperture che vanno oltre la famiglia stessa imparando a guardare agli altri. Famiglia come contesto educativo globale vuol dire anche luogo adeguato per una positiva e prudente educazione sessuale, nonché adeguato per la trasmissione della fede stessa.
Come si afferma in Amoris laetitia riprendendo la Relatio finalis 2015 più in generale la famiglia nella sua globalità “si costituisce come soggetto dell’azione pastorale attraverso l’annuncio esplicito del Vangelo e l’eredità di molteplici forme di testimonianza: la solidarietà verso i poveri, l’apertura alle diversità delle persone, la custodia del creato, la solidarietà morale e materiale verso le altre famiglie soprattutto verso le più bisognose, l’impegno per la promozione del bene comune anche mediante la trasformazione delle strutture sociali ingiuste, a partire dal territorio nel quale essa vive, praticando le opere di misericordia corporale e spirituale”(290).
[00533-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0241-XX.02]