Si è svolto questa mattina presso il Seminario Romano Maggiore il terzo incontro di Formazione Missionaria promosso dal Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese della Diocesi di Roma, sul tema: “La nostra Chiesa è Chiesa dei martiri” (Papa Francesco).
Pubblichiamo di seguito il testo dell’intervento di S.E Mons. Paul Richard Gallagher, Segretario della Segreteria di Stato per i Rapporti con gli Stati:
Intervento di S.E. Mons. Paul Richard Gallagher
Eccellenza,
Reverendi Sacerdoti,
Signor Visar Zhiti, Incaricato d’Affari a.i. dell’Ambasciata di Albania presso la Santa Sede,
Cari amici,
Permettetemi di esprimere in primo luogo il mio ringraziamento agli organizzatori di quest’incontro per l’invito rivoltomi a prendervi parte, che ho accettato ben volentieri. Il tema La nostra Chiesa è Chiesa di martiri, scelto per questa “sessione formativa missionaria”, può certamente essere considerato come un leitmotiv che accompagna la Sposa di Cristo fin dal suo nascere. Gesù Cristo stesso ne ha fatto una beatitudine: «Beati i perseguitati per causa della giustizia perché di essi è il Regno dei cieli» (Mt 5,10). I martiri rappresentano, infatti, la grandezza della Chiesa perché hanno avuto il coraggio di esprimere in maniera totale la loro dedizione e adesione a Cristo, testimoniando a costo della propria vita la verità del Vangelo.
Con grande inquietudine, da qualche anno a questa parte assistiamo a un crescendo esponenziale di casi di intolleranza, discriminazione, estremismo, fondamentalismo, rischi per le libertà individuali, soprattutto per quanto concerne la libertà religiosa e di espressione. Non dimentichiamo, poi, gli attacchi e le minacce continue del terrorismo di varia matrice. Queste sfide, alle quali siamo quotidianamente esposti, richiedono un’azione energica e di concertazione tra gli Stati al fine di salvaguardare i diritti umani, l’intero sistema democratico dei singoli Paesi e la sicurezza internazionale.
In particolare, mi sembra di poter dire che estremismi e fondamentalismi religiosi di diversa provenienza sono spesso all’origine delle ostilità contro i cristiani e contro i fedeli di altre minoranze religiose, a partire dal dilagare di gruppi armati di matrice fondamentalista, trasformatisi in organizzazioni terroristiche, che compromettono seriamente la sicurezza internazionale. A ciò va aggiunta la promulgazione in qualche Paese di leggi sulla blasfemia, che sono diventate un facile pretesto per quanti intendono perseguire coloro che professano un credo religioso diverso da quello maggioritario. Non va inoltre dimenticato che nei Paesi governati da regimi autoritari o totalitari si verificano gravi limitazioni alla libertà religiosa. Inoltre, in qualche altro Paese i detenuti per motivi religiosi ricevono trattamenti peggiori rispetto agli altri[1]. Non si può neppure ignorare la piaga del traffico illecito di armamenti, come pure la produzione e la vendita di armi da parte di soggetti di diritto internazionale, che rendono fattibile il protrarsi dei conflitti. Infine, la continua destabilizzazione del Medio Oriente ha aggravato le violenze contro le minoranze religiose, compreso i cristiani, costringendoli quotidianamente ad abbandonare le proprie case per fuggire dagli orrori della guerra e dalle persecuzioni.
Sono davanti ai nostri occhi le immagini dei nostri fratelli disperati che emigrano mettendo a rischio la loro stessa vita. L’esodo forzato dei cristiani dal Medio Oriente lascia un vuoto nelle comunità che rischiano così di scomparire. Al riguardo, colpiscono i dati contenuti nel rapporto recentemente pubblicato dalla fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre e dal rapporto 2014 sulla libertà religiosa nel mondo, edito dal Dipartimento di Stato Americano. In questi documenti, si rileva che dal 2003 ad oggi, in Iraq il numero dei cristiani è diminuito da più di un milione a meno di 300 mila. Nella sola città di Mosul, l’antica Ninive, che rappresenta una delle comunità cristiane più antiche, con una storia di oltre 1.700 anni, in una notte (6 agosto 2014) 150 mila cristiani hanno lasciato le loro case e i loro villaggi, dopo essere stati derubati di tutti i loro averi. Oggi, in quella città, occupata dallo Stato Islamico, non ci sono più cristiani. Similmente, in Nigeria, Boko Haram ha costretto alla fuga 100 mila cristiani nella sola Diocesi di Maiduguri, nella quale sono state distrutte 350 chiese. In Siria, poi, oltre agli orrori della guerra, che ha già causato oltre 260 mila morti, non si contano i casi di ostilità. Ma anche in Libia la situazione dei cristiani è estremamente drammatica, infatti, a partire dal 2013 la maggior parte dei cristiani sono stati costretti ad abbandonare il Paese, a causa del peggioramento delle condizioni di sicurezza dovuto all’estremismo religioso che li minaccia di morte. Insomma, ci troviamo di fronte a un’emorragia inarrestabile, che mette a repentaglio la stessa esistenza delle comunità cristiane[2].
Pertanto, si rende quanto mai urgente e necessaria una cooperazione internazionale per fermare queste atrocità, ma anche per riaffermare in pieno il diritto alla libertà religiosa e condannare ogni tipo di discriminazione e di intolleranza per motivi religiosi in ogni angolo della terra, anche in Occidente, dove forme di discriminazione si verificano non di rado e spesso appaiono sotto la parvenza della cosiddetta “difesa dei valori democratici”[3].
In un articolo apparso qualche mese fa, il Presidente della Repubblica italiana scriveva: «La persecuzione a carattere religioso non è mai a sé stante, ma è parte della violazione, feroce e sistematica, delle libertà fondamentali dell'uomo, di cui il diritto a professare, a predicare, persino a cambiare la propria fede religiosa, senza dover subire discriminazioni o addirittura violenze, è elemento fondamentale»[4].
È stato già più volte affermato, e la stessa Santa Sede lo ha ripetuto con frequenza, che non sono solo i cristiani a dover patire discriminazioni, atti di intolleranza o persecuzioni, ma anche altri numerosi gruppi religiosi, etnici e culturali. Tuttavia, lungi da ogni forma estremizzata di appartenenza o di influenza ideologica, bisogna anche ammettere che oggi i cristiani sono il gruppo religioso che soffre maggiormente e presenta il numero più elevato di vittime. Su questo punto, il Santo Padre si è chiaramente espresso, dichiarando che «i cristiani sono perseguitati. […] Forse ci sono tanti o più martiri adesso che nei primi tempi, perché a questa società mondana, a questa società un po’ tranquilla, che non vuole i problemi, dicono la verità, annunziano Gesù Cristo: ma c’è la pena di morte o il carcere per avere il Vangelo a casa, per insegnare il Catechismo»[5].
Le ostilità contro le minoranze religiose dovrebbero interpellare la coscienza della comunità internazionale e scuotere dal torpore tutti coloro che sono preposti a vegliare sul rispetto dei diritti fondamentali, tra i quali la libertà religiosa e il diritto alla vita. Infatti, «la più elementare comprensione della dignità umana obbliga la comunità internazionale, in particolare attraverso le norme e i meccanismi del diritto internazionale, a fare tutto il possibile per fermare e prevenire ulteriori sistematiche violenze contro le minoranze etniche e religiose» e per proteggere le popolazioni innocenti[6].
È dunque questa la posizione della Santa Sede: ricercare sempre il bene della persona e dei popoli, tutelare la pace e garantire il rispetto della dignità di ogni persona umana e dei suoi diritti fondamentali, il tutto per la dignità e la salvaguardia degli esseri umani e non per una mera ragione di Stato, né per difendere i propri interessi di parte. Per raggiungere queste finalità la Santa Sede si adopera con ogni sforzo per promuovere il dialogo con tutti gli interlocutori disponibili, invitando gli Stati e gli altri enti a cooperare e cercare di risolvere i conflitti con soluzioni politiche e diplomatiche, sempre nel pieno rispetto del diritto internazionale. A ciò va aggiunta l’applicazione del principio della “responsabilità di proteggere”[7], la cui promozione è stata sempre uno dei principi cardine dell’attività internazionale della Santa Sede e ha fatto sempre parte del suo messaggio alla comunità delle Nazioni.
I cristiani come cittadini di pari dignità dovrebbero avere assicurate tutte le condizioni per permanere nelle loro terre di origine o di farvi ritorno (qualora siano fuggiti contro la loro volontà), garantendo loro anche il pieno diritto di partecipare alla vita pubblica del Paese. Purtroppo, come ho già avuto modo di ricordare in un mio precedente intervento, «il dovere della comunità internazionale di proteggere quanti sono investiti da guerre, violenze, persecuzioni e sistematiche violazioni dei diritti umani - sancito dal diritto internazionale - non trova ancora effettiva e responsabile applicazione»[8].
Pertanto, in numerose occasioni, Papa Francesco ha denunciato il silenzio «complice e vergognoso di tutti» di fronte alle «atroci, disumane e inspiegabili persecuzioni, ancora oggi presenti in tante parti del mondo»[9]. In particolare, nella lettera inviata il 6 agosto scorso a Mons. Maroun Lahham, Vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini e Vicario patriarcale per la Giordania, il Santo Padre ha auspicato che «l’opinione pubblica mondiale possa essere sempre più attenta, sensibile e partecipe davanti alle persecuzioni condotte nei confronti dei cristiani e delle minoranze religiose», ed ha chiesto che «la comunità internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più essenziali e impedisce la ricchezza della convivenza tra i popoli, le culture e le fedi»[10].
Sembra un paradosso, ma pare che i media e la comunità internazionale si siano accorti delle atrocità perpetrate contro i cristiani soprattutto dopo che alcune immagini scioccanti sono state fatte circolare in rete dagli stessi terroristi. Ricordiamo, per esempio, il martirio dei 21 cristiani copti in Libia, consumatosi un anno fa e l’uccisione dei 142 studenti cristiani nel campus universitario di Garissa, in Kenya.
Purtroppo, bisogna ammettere che per anni la questione della violenza contro i cristiani non è stata presa in seria considerazione. Solo di recente alcune istanze internazionali hanno iniziato a riflettere e a prendere posizione sulla questione, nonché sull’intolleranza e la discriminazione per motivi religiosi[11].
D’altra parte, non è certo incoraggiante il fatto che per esempio in Europa la religione stia diventando un “hot subject” e che si percepisca una certa timidezza ad intraprendere un dialogo reciproco serio, accompagnata dall’impressione che vi sia una certa riluttanza a trattare di questioni religiose. Sebbene non si possa parlare di persecuzione, tuttavia anche nel vecchio continente non è da sottovalutare il fenomeno abbastanza inquietante dell’intolleranza di carattere religioso[12].
Al riguardo, la Santa Sede ha sempre sostenuto l’importanza del rispetto della libertà religiosa, che va promossa e non limitata. Infatti, sulla base di questa libertà, intesa come diritto fondamentale, si possono creare spazi di dialogo più ampi, ad esempio coinvolgendo varie componenti religiose e sociali: ciò favorisce le condizioni necessarie per costruire società più inclusive e stabili. Va anche ricordato che la religione è parte dell’identità di un Paese, pertanto lo Stato deve preoccuparsi di mantenere e rispettare questa identità, evitando che essa venga strumentalizzata per fini politici (con il rischio, ad esempio, che si originino fenomeni o movimenti nazionalisti radicali basati sull’identificazione confessionale). Si deduce che la religione può giocare un ruolo importante per migliorare la società, ma anche per peggiorarla, dando vita a fenomeni di estremismo e di radicalismo.
Radicalismi e fondamentalismi si possono estirpare intervenendo sulle radici che li hanno generati (fattori religiosi, politici, economici, culturali, militari), tra cui non vanno sottovalutate le inquietudini sociali. «L’estremismo e il fondamentalismo trovano», infatti, «un terreno fertile non solo in una strumentalizzazione della religione per fini di potere, ma anche nel vuoto di ideali e nella perdita d’identità – anche religiosa – che drammaticamente connota il cosiddetto Occidente.»[13]
Inoltre, a livello di dimensione religiosa, è importante combattere l’ignoranza, confrontando anche le varie interpretazioni con quella autentica della fede che si professa, onde evitare derive estremiste che, «prima ancora di scartare gli esseri umani, perpetrando orrendi massacri, [rifiutano] Dio stesso, relegandolo a un mero pretesto ideologico»[14]. Al riguardo, il Santo Padre ha ribadito che «solo una forma ideologica e deviata di religione può pensare di rendere giustizia nel nome dell’Onnipotente, deliberatamente massacrando persone inermi»[15]. Da ultimo, ma non per importanza, va ricordato che i disagi sociali, l’ingiustizia, la disuguaglianza sociale e in particolare la povertà costituiscono l’alveo ideale nel quale possono sorgere e attecchire visioni e prassi fondamentaliste.
Per concludere, mi sembra del tutto appropriato segnalare che oltre alle menzionate attività diplomatiche presso le istituzioni internazionali e regionali, la Santa Sede è fortemente impegnata a promuovere a diversi livelli il dialogo interreligioso tramite il corrispondente Pontificio Consiglio, il cui compito precipuo è quello di: promuovere la mutua comprensione, il rispetto e la collaborazione fra i cattolici e i seguaci di altre tradizioni religiose; incoraggiare lo studio delle religioni; promuovere la formazione di persone votate al dialogo. «Il dialogo, come sappiamo, è un servizio necessario all’umanità: non è più una scelta. Se ben fatto, con amore e verità, esso è sinonimo di comprensione reciproca, rispetto, pace e armonia fra le varie componenti di una società, siano esse etniche, religiose, culturali o politiche.»[16]
Accanto a questo importante strumento, non va dimenticata, infine, la presenza delle opere e delle numerose attività, portate avanti dalle varie istituzioni e organismi della Chiesa Cattolica in tutto il mondo, specie nel campo educativo e sanitario, delle quali beneficiano tutti, senza alcuna distinzione e nel pieno rispetto delle diversità di ciascuno. Proprio questa è la prima forma di μαρτυρία cristiana, la quale sgorga dall’imitazione del Signore Gesù nella vita quotidiana, attraverso una testimonianza silenziosa e semplice di amore per il prossimo. Ce ne hanno dato una testimonianza tangibile e drammatica usque ad sanguinis effusionem le quattro Missionarie della Carità uccise nelle Yemen.
Cari Amici,
il nostro incontro odierno verte sulla formazione missionaria, nel contesto in cui viviamo: ci si chiede allora quali strumenti abbiamo per poter far fronte a tali situazioni. In quanto missionari come possiamo continuare a essere testimoni fedeli dell’annuncio cristiano e nello stesso tempo convivere con i fedeli di altre confessioni?
Mi sembra in proposito opportuno citare ancora una volta il Papa, il quale con lungimirante chiarezza ci indica la strada maestra invitandoci a «mai desistere dal compiere il bene anche quando è arduo e quando si subiscono atti di intolleranza, se non addirittura di vera e propria persecuzione»[17]. E ancora, il Santo Padre ci ricorda che: «In un mondo dove le diverse forme di tirannia moderna cercano di sopprimere la libertà religiosa, o cercano di ridurla a una subcultura senza diritto di espressione nella sfera pubblica, o ancora cercano di utilizzare la religione come pretesto per l’odio e la brutalità, è doveroso che i seguaci delle diverse tradizioni religiose uniscano le loro voci per invocare la pace, la tolleranza e il rispetto della dignità e dei diritti degli altri.»[18]
Per concludere, desidero invitare tutti a unire gli sforzi per una maggiore cooperazione e solidarietà a favore delle popolazioni colpite dalle guerre e per tutti coloro che subiscono ogni genere di oppressione a causa del loro credo religioso. La nostra vicinanza, oltre che con la preghiera, deve certamente manifestarsi nella generosità di voler contribuire a ridurre l’emergenza umanitaria, per alleviare le loro sofferenze materiali e spirituali.
Grazie della vostra attenzione.
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[1] Cfr. Aiuto alla Chiesa che soffre, Rapporto annuale 2015, in http://www.aiuto-chiesa-che-soffre.ch/relazione.html; Idem, Persecuted and forgotten? A Report on Christians oppressed for their Faith 2013-2015. Executive Summary; U.S Department of State, International Religious Freedom Report for 2014, in http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/religiousfreedom/index.htm#wrapper.
[2] Idem.
[3] Cfr. Intervento della Santa Sede davanti alla III Commissione sulla libertà religiosa in occasione alla 64a sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, New York, 26 ottobre 2009; Intervento della Santa Sede alla 23a sessione Ordinaria del Consiglio die Diritti dell’Uomo sulla violenza contro i cristiani, Ginevra, 27 maggio 2013.
[4] Sergio Mattarella, "Lo sterminio dei cristiani. Come reagire a una tragedia moderna", quotidiano Il Foglio, 21 novembre 2015.
[5] Francesco, Omelia, Casa Santa Marta, 4 aprile 2014.
[6] Francesco, Lettera al Segretario Generale delle Nazioni Unite, 9 agosto 2014.
[7] Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, N. 505, afferma che «Il principio di umanità, iscritto nella coscienza di ogni persona e popolo, comporta l'obbligo di tenere al riparo la popolazione civile dagli effetti della guerra».
[8] Cfr. Intervento alla Conferenza Internazionale sul tema della «Responsabilità di proteggere alla luce della morale e del diritto», organizzata dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, dalla Congregazione per i Vescovi e dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, 28 ottobre 2015. Si cfr. anche il mio Intervento all’ONU, in seno al Dibattito Generale “The United Nations at 70: The Road Ahead for Peace, Security and Human Rights”, 2 ottobre 2015.
[9] Francesco, Omelia nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo, 29 giugno 2015.
[10] Idem, Lettera al Vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini, Vicario patriarcale per la Giordania, sulla situazione dei profughi, 6 agosto 2015.
[11] Si cfr. per es.: Parlamento Europeo, Risoluzione 2016/2529(RSP) sullo Sterminio sistematico delle minoranze religiose da parte dell’Isis, 4 febbraio 2016; Idem, Risoluzione sui Gravi episodi che mettono a repentaglio l'esistenza delle comunità cristiane e di altre comunità religiose, 16 novembre 2007; Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Risoluzione 2036(2015) sul Combattere l’intolleranza e la discriminazione in Europa, in particolare verso i Cristiani, Strasburgo, 29 gennaio 2015; Dichiarazione del Consigliere speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, Sig. Adama Dieng, e del Consigliere speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite sulla responsabilità di proteggere, Sig.ra Jennifer Welsh, in merito all'escalation dell'istigazione alla violenza in Siria per motivi religiosi, New York, 13 ottobre 2015.
[12] Al riguardo si cfr. Observatory on Intolerance and Discrimination against Christians, Report on the Year 2014, in http://www.intoleranceagainstchristians.eu/fileadmin/user_upload/reports/Report_2014_Release_May_4th_2015.pdf; OSCE/ODIHR, 2014 Hate Crime Data, in http://hatecrime.osce.org/taxonomy/term/231; Si veda anche il mio Intervento su I Cristiani in Europa – Diversamente diversi, tenuto durante laConferenza annuale dell’Accademia internazionale per lo sviluppo economico e sociale intitolata «Libertà religiosa, sicurezza e sviluppo in Europa», Roma, Palazzo Giustiniani, 13 ottobre 2015.
[13] Francesco, Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 11 gennaio 2016.
[14] Idem, Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 12 gennaio 2015.
[15] Idem, Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 11 gennaio 2016.
[16] Cardinal Jean-Louis Tauran, Intervento alla VI Conferenza di Doha sul dialogo interreligioso, Doha, 13 maggio 2008.
[17] Francesco, Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 13 gennaio 2014.
[18] Idem, Discorso all’Incontro per la libertà religiosa con la comunità ispanica e altri immigrati, Philadelphia, 26 settembre 2015.
[00399-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0184-XX.01]