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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana (25-30 novembre 2015) – Incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi nella Cattedrale di Kampala, 28.11.2015


Incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi nella Cattedrale di Kampala

Discorso pronunciato dal Papa

Discorso preparato dal Santo Padre

Alle 19 di oggi il Santo Padre Francesco ha incontrato i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi nella Cattedrale di Kampala.

Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto dal Rettore della Cattedrale. Dopo l’indirizzo di saluto del Vescovo incaricato della Vita Religiosa, S.E. Mons. John Baptist Kaggwa, e le testimonianze di un sacerdote, di una religiosa e di un seminarista, il Santo Padre ha pronunciato a braccio il suo discorso, dando per letto quello preparato.

Di seguito riportiamo la trascrizione del discorso pronunciato dal Papa e il testo di quello da lui scritto in precedenza:

Discorso pronunciato dal Papa

Testo in lingua spagnola

Traduzione in lingua italiana

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua francese

Testo in lingua spagnola

(en italiano)
Yo dejaré al Obispo encargado de la vida consagrada el mensaje que he escrito para ustedes para que sea publicad.

(en inglés)
Pido disculpas por hablar en mi lengua materna pero yo no sé hablar inglés.

Tres cosas les quiero decir. Primero de todo, en el libro del Deuteronomio, Moisés recuerda a su pueblo: «No olviden» Y lo repite durante el libro varias veces: «No olvidar» No olvidar todo lo que Dios hizo por el pueblo. Lo primero que les quiero decir a ustedes es que tengan, pidan la gracia de la memoria. Como les dije a los jóvenes: «Por la sangre de los católicos ugandeses está mezclada la sangre de los mártires». No pierdan la memoria de esta semilla, para que, así, sigan creciendo. El principal enemigo de la memoria es el olvido, pero no es el más peligroso. El enemigo más peligroso de la memoria es acostumbrarse a heredar los bienes de los mayores. La Iglesia en Uganda no puede acostumbrarse nunca al recuerdo lejano de estos mártires. Mártir significa testigo. La Iglesia, en Uganda, para ser fiel a esa memoria tiene que seguir siendo testigo, no tienen que vivir de renta. Las glorias pasadas fueron el principio, pero ustedes tienen que hacer las glorias futuras. Y ese es el encargo que les da la Iglesia a ustedes: Sean testigos como fueron testigos los mártires que dieron la vida por el Evangelio.

Para ser testigos – segunda palabra que les quiero decir – es necesaria la fidelidad. Fidelidad a la memoria, fidelidad a la propia vocación, fidelidad al celo apostólico. Fidelidad significa seguir el camino de la santidad. Fidelidad significa hacer lo que hicieron los testigos anteriores: ser misioneros. Quizás acá, en Uganda, hay diócesis que tienen mucho sacerdotes y diócesis que tienen pocos. Fidelidad significa ofrecerse al obispo para irse a otra diócesis que necesita misioneros. Y esto no es fácil. Fidelidad significa perseverancia en la vocación. Y acá quiero agradecer de una manera especial el ejemplo de fidelidad que me dieron las hermanas de la Casa de la Misericordia: fidelidad a los pobres, a los enfermos, a los más necesitados, porque Cristo está allí. Uganda fue regada con sangre de mártires, de testigos. Hoy es necesario seguir regándola y, para eso, nuevos desafíos, nuevos testimonios, nuevas misiones, sino van a perder la gran riqueza que tienen y «la perla de África» terminará guardada en un museo, porque el demonio ataca así, de a poquito. Y estoy hablando no sólo para los sacerdotes, también para los religiosos. Lo de los sacerdotes lo quise decir de una manera especial respecto al problema de la misionariedad: que las diócesis con mucho clero se ofrezcan a las de menos clero, entonces Uganda va a seguir siendo misionera.

Memoria que significa fidelidad; y fidelidad que solamente es posible con la oración. Si un religioso, una religiosa, un sacerdote deja de rezar o reza poco, porque dice que tienen mucho trabajo, ya empezó a perder la memoria y ya empezó a perder la fidelidad. Oración que significa también humillación. La humillación de ir con regularidad al confesor a decir los propios pecados. No se puede renguear de las dos piernas. Los religiosos, las religiosas y los sacerdotes no podemos llevar doble vida. Si sos pecador, si sos pecadora, pedí perdón, pero no mantengas escondido lo que Dios no quiere, no mantengas escondida la falta de fidelidad, no encierres en el armario, la memoria.

Memoria, nuevos desafíos, fidelidad a la memoria y oración. La oración siempre empieza con reconocerse pecador. Con esas tres columnas, «la perla del África» seguirá siendo perla y no sólo una palabra del diccionario. Que los mártires que dieron fuerza a esta Iglesia los ayuden a seguir adelante en la memoria, en la fidelidad y en la oración. Y, por favor, les pido que no se olviden de rezar por mí. Muchas gracias (en inglés).

Ahora los invito a rezar todos juntos un Ave María a la Virgen

[02100-ES.01] [Texto original: Español]

Traduzione in lingua italiana

Io lascerò al Vescovo incaricato della vita consacrata il messaggio che ho scritto per voi, perché sia pubblicato.

(in inglese)
Mi scuso perché ritorno alla mia lingua materna, perché non so parlare bene l’inglese.

(in spagnolo)
Tre cose vi voglio dire, questa sera. La prima: nel Libro del Deuteronomio, Mosè ricorda al suo popolo: “Non dimenticate”. E lo ripete nel libro varie volte: “Non dimenticate”. Non dimenticate tutto ciò che Dio ha fatto per il popolo. La prima cosa che vi voglio dire, è che abbiate, che chiediate la grazia della memoria. Come ho detto ai giovani, nel sangue dei cattolici ugandesi è mescolato il sangue dei martiri. Non perdete la memoria di questo seme! Affinché in questo modo continuiate a crescere. Il principale nemico della memoria è l’oblio, ma non è il più pericoloso. Il nemico più pericoloso della memoria è abituarsi a ereditare i beni dei nostri padri. La Chiesa in Uganda non deve abituarsi mai al ricordo lontano dei suoi martiri. Martire significa testimone. La Chiesa in Uganda, per essere fedele a questa memoria, deve continuare ad essere testimone. Non deve vivere di rendita. Le glorie passate sono state l’inizio, ma voi dovete costruire le glorie future. E questo è il compito che la Chiesa affida a voi: siate testimoni, come sono stati testimoni i martiri che hanno dato la vita per il Vangelo.

Per essere testimoni – seconda parola che voglio dirvi – è necessaria la fedeltà. Fedeltà alla memoria, fedeltà alla propria vocazione, fedeltà allo zelo apostolico. Fedeltà significa seguire la via della santità. Fedeltà significa fare quello che hanno fatto i testimoni precedenti: essere missionari. Forse qui in Uganda ci sono diocesi che hanno molti sacerdoti, e diocesi che ne hanno pochi. Fedeltà significa offrirsi al vescovo per andare in un’altra diocesi che ha bisogno di missionari. E questo non è facile. Fedeltà significa perseveranza nella vocazione. E qui voglio ringraziare in modo speciale per l’esempio di fedeltà che mi hanno dato le Suore della Casa della Carità: fedeltà ai poveri, ai malati, ai più bisognosi, perché Cristo è lì. L’Uganda è stata irrigata dal sangue dei martiri, dei testimoni. Oggi è necessario continuare a irrigarla, e per questo: nuove sfide, nuove testimonianze, nuove missioni. Altrimenti, perderete la grande ricchezza che avete, e la “perla dell’Africa” finirà conservata in un museo. Perché il demonio attacca così, poco a poco. Sto parlando non solo per i sacerdoti, ma anche per i religiosi. Ma ai sacerdoti ho voluto dirlo in maniera speciale rispetto al problema della missionarietà: che le diocesi con molto clero si offrano a quelle che hanno meno clero. Così l’Uganda continuerà ad essere missionaria.

Memoria, che significa fedeltà. E Fedeltà, che è possibile soltanto con la preghiera. Se un religioso, una religiosa, un sacerdote smette di pregare o prega poco, perché dice che ha molto lavoro, ha già incominciato a perdere la memoria, e ha già incominciato a perdere la fedeltà. Preghiera, che significa anche umiliazione, l’umiliazione di andare regolarmente dal confessore, a dirgli i propri peccati. Non si può zoppicare con entrambe le gambe. Noi religiosi, religiose, sacerdoti non possiamo condurre una doppia vita. Se sei peccatore, se sei peccatrice, chiedi perdono. Ma non tenere nascosto quello che Dio non vuole; non tenere nascosta la mancanza di fedeltà. Non chiudere nell’armadio la memoria.

Memoria, nuove sfide - fedeltà alla memoria - e preghiera. E la preghiera incomincia sempre con il riconoscersi peccatori. Con queste tre colonne la “perla dell’Africa” continuerà ad essere perla e non soltanto una parola del dizionario. Che i martiri, che hanno dato forza a questa Chiesa, vi aiutino ad andare avanti nella memoria, nella fedeltà e nella preghiera. E per favore, vi chiedo di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie (in inglese).

Adesso vi invito a pregare tutti insieme un’Ave Maria alla Vergine: “Ave Maria…”.

[02100-IT.01] [Testo originale: Spagnolo]

Traduzione in lingua inglese

(in Italian)
I gave the bishop in charge of consecrated life the message I wrote for you, so it can be published.

(in English)
With your pardon I will speak in my native tongue, since I don’t speak English.

(in Spanish)
There are three things I want to tell you. First, in the book of Deuteronomy Moses keeps telling the people: “Don’t forget!”. And repeats this at various times throughout the book: Don’t forget! Don't forget all that God has done for his people!

So the first thing I want to tell you is this: ask for, and preserve, the grace of remembrance, of memory. I told the young people that the blood of the martyrs runs in the veins of the Catholics of Uganda. Don’t ever forget that! That way you will keep the faith. The biggest enemy of remembrance is forgetfulness, but it is not the most dangerous one. The most dangerous enemy of remembrance is when we take for granted everything we have received, everything that has been passed down to us. The Church in Uganda must never let the memory of those martyrs fade. A martyr is a witness. To remain faithful to that memory, the Church in Uganda has to continue to bear witness; you must not just live off this legacy. Past glories were a beginning, but you are called to create future glories. This is what the Church asks of you. Be witnesses like the martyrs, who gave their lives for the Gospel.

To be witnesses – and this is the second thing I want to say – we need to be faithful. Faithful to remembrance, faithful to our vocation, faithful to apostolic zeal. Fidelity means persevering on the path of holiness. Perhaps here in Uganda there are some dioceses with many priests and others with few. Fidelity means telling the bishop that you are willing to go to another diocese which needs missionaries. And that is not easy. Fidelity means persevering in our vocation. Here I think in a special way of the example of fidelity which the Sisters of the House of Charity gave me: fidelity to the poor, the sick, those in greatest need, because that is where we find Christ. Uganda was watered by the blood of martyrs, witnesses. Today, it still needs to be watered, in order to rise to new challenges, new forms of witness, new missions. Otherwise, the great treasure you possess will be lost and the “Pearl of Africa” will end up like a museum piece, because this is the way the devil attacks us – slowly but surely. Here I am speaking not only to priests but to religious as well. What I said to the priests had to do in a special way with the problem of missionary spirit: that dioceses with many priests should offer some to those with less clergy; in this way Uganda will keep alive the missionary spirit.

Remembrance means fidelity, and fidelity is only possible with prayer. Once a religious or a priest stops praying or prays too little, because he says he has too much work, he has already begun to lose his memory; she has already begun to lose her fidelity. Prayer also means humility. The humility to see our confessor regularly and to confess our sins. You cannot limp with both legs! We religious and priests cannot lead a double life. If you sin, ask God’s forgiveness! But don’t keep covering up those things that God does not love, don’t hide your lack of fidelity, don’t put your memory in a drawer.

Remembrance amid new challenges, fidelity to memory and fidelity to prayer – a prayer which always begins with the acknowledgment that we are sinners. With these three pillars, the “Pearl of Africa” will continue to be a pearl and not just an empty word. May the Martyrs who gave this Church its strength help you to persevere in remembrance, fidelity and prayer. And I ask you, please, remember to pray for me. Thank you very much

Now, I invite you to pray together a “Hail Mary” to Our Lady.

[02100-EN.02] [Original text: Spanish]

Traduzione in lingua francese

(en italien)
Je laisserai à l’Évêque chargé de la Vie Consacrée le message que j’ai écrit pour vous, pour qu’il soit publié.

(en anglais)
Je vous demande pardon de parler dans ma langue maternelle, mais je ne sais pas parler anglais.

(en espagnol
Je désire vous dire trois choses. Avant tout, dans le livre du Deutéronome, Moïse rappelle à son peuple: n'oublie pas ! Et il le répète plusieurs fois dans le livre : N'oublie pas ! N'oublie pas tout ce que Dieu a fait pour le peuple. La première chose que je veux vous dire c’est que vous ayez, que vous demandiez, la grâce de la mémoire. Comme je l'ai dit aux jeunes : le sang des catholiques ougandais est mêlé au sang des martyrs. Ne perdez pas la mémoire de cette semence, pour qu'ainsi vous continuiez à grandir. Le principal ennemi de la mémoire c'est l'oubli, mais ce n'est pas le plus dangereux. L'ennemi le plus dangereux de la mémoire c’est s'habituer à hériter des biens des aînés. L'Église en Ouganda ne peut pas s'habituer, jamais, au souvenir lointain de ses martyrs. Martyr signifie témoin. L'Église en Ouganda pour être fidèle à cette mémoire doit continuer à être témoin, elle ne doit pas vivre de rentes. Les gloires passées ont été au début, mais vous avez à faire les gloires futures. Et c'est la tâche que vous confie l'Église: soyez témoins comme ont été témoins les martyrs qui ont donné la vie pour l'Évangile.

Pour être témoin – seconde chose que je veux vous dire - la fidélité est nécessaire. Fidélité à la mémoire, fidélité à sa propre vocation, fidélité au zèle apostolique. Fidélité signifie suivre le chemin de la sainteté. Fidélité signifie faire ce qu'ont fait les témoins d’avant : être missionnaires. Peut-être ici, en Ouganda, il y a des diocèses qui ont beaucoup de prêtres et des diocèses qui en ont peu. Fidélité signifie se proposer à l'Évêque pour aller dans un autre diocèse qui a besoin de missionnaires. Et cela n'est pas facile. Fidélité signifie persévérance dans la vocation. Et je veux ici remercier spécialement l'exemple de fidélité que m'ont donné les Sœurs de la Maison de la Miséricorde: fidélité aux pauvres, aux malades, à ceux qui sont le plus dans le besoin, parce que le Christ est là. L'Ouganda a été arrosé par le sang de martyrs, de témoins. Il est aujourd'hui nécessaire de continuer à l'arroser, et pour cela, de nouveaux défis, de nouveaux témoins, de nouvelles missions; sinon vous allez perdre la grande richesse que vous possédez, et la «Perle de l'Afrique» finira gardée dans un musée, parce que le démon attaque comme ça, petit à petit.

Et je ne parle pas seulement pour les prêtres, mais aussi pour les religieux. Ce que je veux dire aux prêtres de manière spéciale concernant la mission : que les diocèses qui ont un clergé nombreux proposent à ceux qui en ont moins, et alors l'Ouganda continuera à être missionnaire.

Mémoire qui signifie fidélité; et fidélité qui est possible seulement par la prière. Si un religieux, une religieuse, un prêtre cesse de prier ou prie peu, parce qu'il dit qu'il a beaucoup de travail, il a déjà commencé à perdre la mémoire, et il a déjà commencé à perdre la fidélité. La prière qui signifie aussi humiliation. L'humiliation d'aller avec régularité au confesseur pour dires ses péchés. On ne peut pas boiter des deux jambes. Religieux, religieuses, prêtres, nous ne pouvons pas mener une double vie. Si tu es pécheur, si tu es pécheresse, demande pardon ! Mais ne garde pas caché ce que Dieu ne veut pas, ne garde pas caché le manque de fidélité, n’enferme pas dans l’armoire la mémoire.

Mémoire, nouveaux défis, fidélité à la mémoire et à la prière – la prière commence toujours en se reconnaissant pécheur. Avec ces trois colonnes, la "Perle de l'Afrique" continuera à être une perle, et pas seulement un mot dans le dictionnaire. Que les martyrs qui ont donné la force à cette Église vous aident à persévérer dans la mémoire, dans la fidélité et dans la prière. Et, s'il vous plait, je vous demande de ne pas oublier de prier pour moi. Merci beaucoup (en anglais).

Maintenant je vous invite à prier tous ensemble un Ave Maria à la Vierge.

[02100-FR.01] [Texte original: Espagnol]

Discorso preparato dal Santo Padre

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua spagnola

Testo in lingua italiana

Cari fratelli sacerdoti,

Cari religiosi e cari seminaristi,

sono lieto di essere con voi, e vi ringrazio per il vostro cordiale benvenuto. In modo particolare ringrazio coloro che hanno parlato e hanno dato testimonianza delle vostre speranze e preoccupazioni, e soprattutto della gioia che vi ispira nel vostro servizio al popolo di Dio in Uganda.

Mi rallegro inoltre che il nostro incontro abbia luogo alla vigilia della prima domenica di Avvento, un tempo che ci invita a guardare verso un nuovo inizio. Durante questo Avvento ci stiamo anche preparando a varcare la soglia dell’Anno Giubilare straordinario della Misericordia, che ho indetto per l’intera Chiesa.

Mentre ci avviciniamo al Giubileo della Misericordia, vorrei porvi due domande. La prima: chi siete voi, come presbiteri o futuri presbiteri, e come persone consacrate? In un certo senso, la risposta è facile: certamente voi siete uomini e donne le cui vite sono state formate da un «incontro personale con Gesù Cristo» (Evangelii gaudium, 3). Gesù ha toccato i vostri cuori, vi ha chiamati per nome, e vi ha chiesto di seguirlo con cuore indiviso a servizio del suo Popolo santo.

La Chiesa in Uganda è stata benedetta, nella sua breve ma venerabile storia, con un gran numero di testimoni – fedeli laici, catechisti, sacerdoti e religiosi – che lasciarono ogni cosa per amore di Gesù: casa, famiglia e, nel caso dei martiri, la loro stessa vita. Nella vostra vita, sia nel ministero sacerdotale sia nella consacrazione religiosa, siete chiamati a portare avanti questa grande eredità, soprattutto mediante atti semplici di umile servizio. Gesù desidera servirsi di voi per toccare i cuori di sempre nuove persone: Egli vuole servirsi della vostra bocca per proclamare la sua parola di salvezza, delle vostre braccia per abbracciare i poveri che Egli ama, delle vostre mani per costruire comunità di autentici discepoli missionari. Voglia il Cielo che non dimentichiamo mai che il nostro “sì” a Gesù è un “sì” al suo popolo. Le nostre porte, le porte delle nostre chiese, ma in special modo le porte dei nostri cuori, devono rimanere costantemente aperte al Popolo di Dio, al nostro popolo. Perché questo è ciò che siamo.

Una seconda domanda che vorrei porvi questa sera è: Che cosa siete chiamati a fare di più nel vivere la vostra specifica vocazione? Perché c’è sempre qualcosa in più che possiamo fare, un altro miglio da percorrere nel nostro cammino.

Il Popolo di Dio, anzi tutti i popoli, anelano ad una vita nuova, al perdono e alla pace. Purtroppo nel mondo ci sono tante situazioni che preoccupano e che necessitano delle nostre suppliche, a partire dalle realtà più vicine. Prego anzitutto per l’amato popolo burundese, affinché il Signore susciti nelle Autorità e in tutta la società sentimenti e propositi di dialogo e di collaborazione, di riconciliazione e di pace. Se è nostro compito accompagnare chi soffre, allora, a somiglianza della luce che filtra attraverso le vetrate di questa Cattedrale, dobbiamo lasciare che la potenza guaritrice di Dio passi attraverso di noi. In primo luogo dobbiamo lasciare che le onde della sua misericordia fluiscano sopra di noi, ci purifichino e ci ristorino, in modo che noi possiamo portare tale misericordia agli altri, specialmente a quelli che si trovano nelle tante periferie.

Tutti noi sappiamo bene quanto difficile questo possa essere. C’è tanto lavoro da fare! Nello stesso tempo, la vita moderna offre anche così tante distrazioni da poter annebbiare le nostre coscienze, dissipare il nostro zelo, e persino attirarci in quella “mondanità spirituale” che corrode le fondamenta della vita cristiana. L’impegno di conversione – quella conversione che è il cuore del Vangelo di Gesù (cfr Mc 1,15) – dev’essere portato avanti ogni giorno, nella lotta per riconoscere e superare quelle abitudini e quei modi di pensare che possono alimentare la pigrizia spirituale. Abbiamo bisogno di esaminare le nostre coscienze, sia come individui sia come comunità.

Come ho accennato, stiamo entrando nel tempo di Avvento, che è un tempo di un nuovo inizio. Nella Chiesa ci piace affermare che l’Africa è il continente della speranza, e con buone ragioni. La Chiesa in queste terre è benedetta con un abbondante raccolto di vocazioni religiose. Questa sera vorrei offrire una speciale parola di incoraggiamento ai giovani seminaristi e religiosi qui presenti. La chiamata del Signore è una sorgente di gioia e un appello a servire. Gesù ci dice che «è dalla sovrabbondanza del cuore che parla la bocca» (Lc 6,45). Possa il fuoco dello Spirito Santo purificare i vostri cuori, così che siate gioiosi e convinti testimoni della speranza donata dal Vangelo. Avete una bellissima parola da annunciare! Possiate annunciarla sempre, soprattutto con l’integrità e la convinzione che promanano dalla vostra vita.

Cari fratelli e sorelle, la mia visita in Uganda è breve, e oggi è stata una lunga giornata! Tuttavia considero il nostro incontro di questa sera il coronamento di questo giorno bellissimo, nel quale ho potuto recarmi come pellegrino al Santuario dei Martiri Ugandesi a Namugongo, e ho potuto incontrarmi con moltissimi giovani che sono il futuro della Nazione e della nostra Chiesa. In verità lascerò l’Africa con grande speranza nel raccolto di grazia che Dio sta preparando in mezzo a voi! Chiedo a ciascuno di voi di pregare per un’abbondante effusione di zelo apostolico, per una gioiosa perseveranza nella chiamata che avete ricevuto, e soprattutto per il dono di un cuore puro sempre aperto ai bisogni di tutti i nostri fratelli e sorelle. In questo modo la Chiesa in Uganda si dimostrerà davvero degna della sua gloriosa eredità ed affronterà le sfide del futuro con sicura speranza nelle promesse di Cristo. Vi ricorderò tutti nelle mie preghiere, e vi chiedo di pregare per me!

[02057-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua inglese

Dear Brother Priests, Religious and Seminarians,

I am happy to be with you, and I thank you for your cordial welcome. I especially thank the speakers for bearing witness to your hopes and concerns, and, above all, the joy which inspires you in your service to God’s people in Uganda.

I am pleased, too, that our meeting takes place on the eve of the First Sunday of Advent, a season which invites us to look to new beginnings. This Advent we are also preparing to cross the threshold of the extraordinary Jubilee Year of Mercy which I have called for the whole Church.

As we approach the Jubilee of Mercy, I would ask you two questions. First: who are you, as priests or future priests, and as consecrated persons? In one sense, the answer is an easy one: surely you are men and women whose lives have been shaped by a “personal encounter with Jesus Christ” (Evangelii Gaudium, 3). Jesus has touched your hearts, called you by name, and asked you to follow him with an undivided heart in the service of his holy people.

The Church in Uganda has been blessed, in its short yet venerable history, with a great cloud of witnesses – lay faithful, catechists, priests and religious – who forsook everything for the love of Jesus: homes, families, and, in the case of the martyrs, their own lives. In your own lives, whether in the priestly ministry or in your religious consecration, you are called to carry on this great legacy, above all with quiet acts of humble service. Jesus wants to use you to touch the hearts of yet other people: he wants to use your mouths to proclaim his saving word, your arms to embrace the poor whom he loves, your hands to build up communities of authentic missionary disciples. May we never forget that our “yes” to Jesus is a “yes” to his people. Our doors, the doors of our churches, but above all the doors of our hearts, must constantly be open to God’s people, our people. For that is who we are.

A second question I would ask you tonight is: What more are you called to do in living your specific vocation? Because there is always more that we can do, another mile to be walked on our journey.

God’s people, indeed all people, yearn for new life, forgiveness and peace. Sadly, there are many troubling situations in our world for which we must pray, beginning with realities closest to us. I pray especially for the beloved people of Burundi, that the Lord may awaken in their leaders and in society as a whole a commitment to dialogue and cooperation, reconciliation and peace. If we are to accompany those who suffer, then like the light passing through the stained glass windows of this Cathedral, we must let God’s power and healing pass through us. We must first let the waves of his mercy flow over us, purify us, and refresh us, so that we can bring that mercy to others, especially those on the peripheries.

All of us know well how difficult this can be. There is so much work to be done. At the same time, modern life also offers so many distractions which can dull our consciences, dissipate our zeal, and even lure us into that “spiritual worldliness” which eats away at the foundations of the Christian life. The work of conversion – that conversion which is the heart of the Gospel of Jesus (cf. Mk 1:15) – must be carried out each day, in the battle to recognize and overcome those habits and ways of thinking which can fuel spiritual complacency. We need to examine our consciences, as individuals and as communities.

As I mentioned, we are entering the season of Advent, which is a time of new beginnings. In the Church we like to say that Africa is the continent of hope, and with good reason. The Church in these lands is blessed with an abundant harvest of religious vocations. This evening I would offer a special word of encouragement to the young seminarians and religious present. The Lord’s call is a source of joy and a summons to serve. Jesus tells us that “it is out of the abundance of the heart that the mouth speaks” (Lk 6:45). May the fire of the Holy Spirit purify your hearts, so that you can be joyful and convincing witnesses to the hope of the Gospel. You have a beautiful word to speak! May you always speak it, above all, by the integrity and conviction of your lives.

Dear brothers and sisters, my visit to Uganda is brief, and today was a very long day! But I consider our meeting tonight to be the crowning of this beautiful day when I was able to go as a pilgrim to the Shrine of the Uganda Martyrs at Namugongo, and to meet with the many young people who are the future of the nation and our Church. Truly I leave Africa with great hope in the harvest of grace which God is preparing in your midst! I ask all of you to pray for an outpouring of apostolic zeal, for joyful perseverance in the calling you have received, and, above all, for the gift of a pure heart ever open to the needs of all our brothers and sisters. In this way the Church in Uganda will truly prove worthy of its glorious heritage and face the challenges of the future with sure hope in Christ’s promises. I will remember all of you in my prayers, and I ask you, please, to pray for me!

[02057-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua francese

Chers frères prêtres,

Chers religieux et chers séminaristes,

Je suis heureux d’être avec vous, et je vous remercie de votre cordiale bienvenue. Je remercie en particulier ceux qui ont parlé et qui ont témoigné de vos espérances et de vos préoccupations, et surtout de la joie qui vous inspire dans votre service du peuple de Dieu en Ouganda.

Je me réjouis aussi que notre rencontre ait lieu à la veille du premier dimanche de l’Avent, un temps qui nous invite à regarder vers un nouveau commencement. Durant cet Avent nous nous préparons aussi à franchir le seuil de l’Année Jubilaire extraordinaire de la Miséricorde, que j’ai convoquée pour toute l’Église.

Alors que nous approchons du Jubilé de la Miséricorde, je voudrais vous poser deux questions. La première: qui êtes-vous, comme prêtres ou futurs prêtres, ou comme personnes consacrées? En un certain sens, la réponse est facile: vous êtes certainement des hommes et des femmes dont les vies ont été transformées par une «rencontre personnelle avec Jésus-Christ» (Evangelii gaudium, n. 3). Jésus a touché vos cœurs, il vous a appelé par votre nom, et il vous a demandé de le suivre d’un cœur sans partage au service de son peuple saint.

L’Église en Ouganda, dans sa brève mais cependant vénérable histoire, à été bénie par un grand nombre de témoins – fidèles laïcs, catéchistes, prêtres et religieux – qui ont tout laissé par amour de Jésus: maison, famille et, dans le cas des martyrs, leur vie elle-même. Dans votre vie, que ce soit dans le ministère sacerdotal, que ce soit dans la consécration religieuse, vous êtes appelés à poursuivre ce grand héritage, surtout par des actes simples d’humble service. Jésus désire se servir de vous pour toucher les cœurs de nouvelles personnes: il veut se servir de votre bouche pour proclamer sa parole de salut, de vos bras pour embrasser les pauvres qu’il aime, de vos mains pour construire une communauté d’authentique disciples missionnaires. Veuille le ciel que nous n’oublions jamais que notre «oui» à Jésus est un «oui» à son peuple. Nos portes, les portes de nos églises, mais surtout les portes de nos cœurs, doivent rester constamment ouvertes au peuple de Dieu, à notre peuple. C’est pour cela que nous somme ce que nous sommes.

Une seconde question que je voudrais vous poser ce soir est: Qu’êtes-vous prêts à faire de plus pour vivre votre vocation spécifique? Parce qu’il y a toujours quelque chose de plus que nous pouvons faire, un autre mille à parcourir sur notre chemin.

Le peuple de Dieu, et même tous les peuples, aspirent à une vie nouvelle, au pardon et à la paix. Malheureusement, dans le monde il y a de nombreuses situations préoccupantes qui nécessitent nos supplications, à partir des réalités les plus proches. Je prie avant tout pour le bien-aimé peuple burundais, afin que le Seigneur suscite chez les Autorités et dans toute la société des sentiments et des propositions de dialogue et de collaboration, de réconciliation et de paix. Si notre tâche est d’accompagner les personnes qui souffrent, alors, à la ressemblance de la lumière qui filtre à travers les vitres de cette Cathédrale, nous devons permettre que la puissance de guérison de Dieu passe à travers nous. En premier lieu nous devons permettre que les vagues de sa miséricorde s’écoulent sur nous, nous purifient et nous restaurent, de sorte que nous puissions porter cette miséricorde aux autres, spécialement à ceux qui se trouvent dans les nombreuses périphéries géographiques et existentielles.

Tous nous savons bien combien cela peut être difficile. Il y a tant de travail à accomplir! En même temps, la vie moderne offre beaucoup de distractions qui peuvent brouiller nos consciences, dissiper notre zèle, et même nous attirer dans cette «mondanitéspirituelle» qui ronge les fondements de la vie chrétienne. L’engagement à la conversion – cette conversion qui est le cœur de l’Évangile (cf. Mc 1, 15) – doit être poursuivie, chaque jour, dans le combat pour reconnaître et dépasser ces habitudes et ces façons de penser qui peuvent alimenter la paresse spirituelle. Nous avons besoin d’examiner nos consciences, que ce soit comme individu ou comme communauté.

Comme je l’ai souligné, nous entrons dans le temps de l’Avent, qui est le temps d’un nouveau départ. Dans l’Église, il nous est agréable d’affirmer que l’Afrique est le continent de l’espérance, et pour de bonnes raisons. L’Église sur ces terres est bénie par une abondante récolte de vocations religieuses. Ce soir je voudrais offrir une parole particulière d’encouragement aux jeunes séminaristes et religieux ici présents. L’appel du Seigneur est une source de joie et un appel à servir. Jésus nous dit que «ce que dit la bouche, c’est ce qui déborde du cœur » (Lc 6, 45). Puisse le feu de l’Esprit Saint purifier vos cœurs, de manière à être les témoins joyeux et convaincus de l’espérance donnée par l’Évangile. Vous avez une très belle parole à annoncer! Puissiez-vous l’annoncer toujours, surtout par l’intégrité et la conviction qui émanent de votre vie.

Chers frères et sœurs, ma visite en Ouganda est brève, et cette journée a été longue! Cependant je considère notre rencontre de ce soir comme le couronnement de cette très belle journée, au cours de laquelle j’ai pu me rendre en pèlerin au Sanctuaire des martyrs Ougandais à Namugongo, et où j’ai pu rencontrer de très nombreux jeunes qui sont l’avenir de la nation et de l’Église. En vérité je quitterai l’Afrique avec une grande espérance dans la moisson de grâce que Dieu est en train de préparer parmi vous! Je demande à chacun de vous de prier pour une abondante effusion de zèle apostolique, pour une joyeuse persévérance dans l’appel que vous avez reçu, et surtout pour le don d’un cœur pur et toujours ouvert aux besoins de tous nos frères et sœurs.

De cette manière l’Église en Ouganda se montera vraiment digne de son glorieux héritage et pourra affronter les défis de l’avenir avec la ferme espérance dans les promesses du Christ. Je me souviendrai de vous tous dans mes prières, et je vous demande de prier pour moi!

[02057-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos sacerdotes,

Queridos religiosos y seminaristas:

Me alegro de estar con ustedes, y les agradezco su afectuosa bienvenida. Agradezco de modo particular a los que han hablado y dado testimonio de las esperanzas y preocupaciones de todos ustedes y, sobre todo, de la alegría que les anima en su servicio al pueblo de Dios en Uganda.

Me complace además que nuestro encuentro tenga lugar en la víspera del primer domingo de Adviento, un tiempo que nos invita a mirar hacia un nuevo comienzo. Durante este Adviento nos preparamos también para cruzar el umbral del Año Jubilar extraordinario de la Misericordia, que he proclamado para toda la Iglesia.

Ante la proximidad del Jubileo de la Misericordia, quisiera plantearles dos preguntas. La primera: ¿Quiénes son ustedes como presbíteros, o futuros presbíteros, y como personas consagradas? En un cierto sentido, la respuesta es fácil: ustedes son ciertamente hombres y mujeres cuyas vidas se han forjado en un «encuentro personal con Jesucristo» (Evangelii gaudium, 3). Jesús ha tocado sus corazones, los ha llamado por sus nombres, y les ha pedido que lo sigan con un corazón íntegro para servir a su pueblo santo.

La Iglesia en Uganda, en su breve pero venerable historia, ha sido bendecida con numerosos testigos –fieles laicos, catequistas, sacerdotes y religiosos– que dejaron todo por amor a Jesús: casa, familia y, en el caso de los mártires, su misma vida. En la vida de ustedes, tanto en su ministerio sacerdotal como en su consagración religiosa, están llamados a continuar este gran legado, sobre todo mediante actos sencillos y humildes de servicio. Jesús desea servirse de ustedes para tocar los corazones de otras personas: Quiere servirse de sus bocas para proclamar su palabra de salvación, de sus brazos para abrazar a los pobres que Él ama, de sus manos para construir comunidades de auténticos discípulos misioneros. Ojalá que nunca nos olvidemos de que nuestro «sí» a Jesús es un «sí» a su pueblo. Nuestras puertas, las puertas de nuestras iglesias, pero sobre todo las puertas de nuestros corazones, han de estar constantemente abiertas al pueblo de Dios, a nuestro pueblo. Porque es esto lo que somos.

Una segunda pregunta que quisiera hacerles esta tarde es: ¿Qué más están llamados a hacer para vivir su vocación específica? Porque siempre hay algo más que podemos hacer, otra milla que recorrer en nuestro camino.

El pueblo de Dios, más aún, todos los pueblos, anhelan una vida nueva, el perdón y la paz. Lamentablemente hay en el mundo muchas situaciones que nos preocupan y que requieren de nuestra oración, a partir de la realidad más cercanas. Ruego ante todo por el querido pueblo de Burundi, para que el Señor suscite en las autoridades y en toda la sociedad sentimientos y propósitos de diálogo y de colaboración, de reconciliación y de paz. Si nuestra misión es acompañar a quien sufre, entonces, de la misma manera que la luz pasa a través de las vidrieras de esta Catedral, hemos de dejar que la fuerza sanadora de Dios pase a través de nosotros. En primer lugar, tenemos que dejar que las olas de su misericordia nos alcancen, nos purifiquen y nos restauren, para que podamos llevar esa misericordia a los demás, especialmente a los que se encuentran en tantas periferias geográficas y existenciales.

Sabemos bien lo difícil que es todo esto. Es mucho lo que queda por hacer. Al mismo tiempo, la vida moderna con sus evasiones puede llegar a ofuscar nuestras conciencias, a disipar nuestro celo, e incluso a llevarnos a esa «mundanidad espiritual» que corroe los cimientos de la vida cristiana. La tarea de conversión –esa conversión que es el corazón del Evangelio (cf. Mc 1,15)– hay que llevarla a cabo todos los días, luchando por reconocer y superar esos hábitos y modos de pensar que alimentan la pereza espiritual. Necesitamos examinar nuestras conciencias, tanto individual como comunitariamente.

Como ya he señalado, estamos entrando en el tiempo de Adviento, que es el tiempo de un nuevo comienzo. En la Iglesia nos gusta afirmar que África es el continente de la esperanza, y no faltan motivos para ello. La Iglesia en estas tierras ha sido bendecida con una abundante cosecha de vocaciones religiosas. Esta tarde quisiera dirigir una palabra de ánimo a los jóvenes seminaristas y religiosos aquí presentes. El llamado del Señor es una fuente de alegría y una invitación a servir. Jesús nos dice que «de lo que rebosa el corazón habla la boca» (Lc 6,45). Que el fuego del Espíritu Santo purifique sus corazones, para que sean testigos alegres y convencidos de la esperanza que da el Evangelio. Ustedes tienen una hermosísima palabra que anunciar. Ojalá la anuncien siempre, sobre todo con la integridad y la convicción que brota de sus vidas.

Queridos hermanos y hermanas, mi visita en Uganda es breve, y hoy ha sido una jornada larga. Sin embargo, considero el encuentro de esta tarde como la coronación de este día bellísimo, en el que me he podido acercar como peregrino al Santuario de los Mártires Ugandeses, en Namugongo, y me he encontrado con muchísimos jóvenes que son el futuro de la Nación y de la Iglesia. Ciertamente me iré de África con una esperanza grande en la cosecha de gracia que Dios está preparando en medio de ustedes. Les pido a cada uno que recen pidiendo una efusión abundante de celo apostólico, una perseverancia gozosa en el llamado que han recibido y, sobre todo, el don de un corazón puro, siempre abierto a las necesidades de todos nuestros hermanos y hermanas. De este modo, la Iglesia en Uganda se mostrará verdaderamente digna de su gloriosa herencia y podrá afrontar los desafíos del futuro con firme esperanza en las promesas de Cristo. Los tendré muy presentes en mi oración, y les pido que recen por mí.

[02057-ES.01] [Texto original: Italiano]

Al termine dell’incontro, il Papa è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica di Kampala.

[B0936-XX.02]