Discorso del Santo Padre
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Si è tenuta questa mattina nell’Aula Paolo VI in Vaticano la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi.
L’evento è iniziato alle ore 9 con l’introduzione del Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, Card. Lorenzo Baldisseri, e la Relazione commemorativa del Card. Christoph Schönborn, Arcivescovo di Vienna e Presidente della Conferenza Episcopale dell’Austria, ed è proseguito con le comunicazioni di cinque Presuli in rappresentanza di tutti i continenti. (I testi sono riportati sul bollettino n. 795).
A chiusura dell’incontro, il Santo Padre Francesco ha rivolto ai partecipanti il discorso che pubblichiamo di seguito:
Discorso del Santo Padre
Beatitudini, Eminenze, Eccellenze, Fratelli e Sorelle,
mentre è in pieno svolgimento l’Assemblea Generale Ordinaria, commemorare il cinquantesimo anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi è per noi tutti motivo di gioia, di lode e di ringraziamento al Signore. Dal Concilio Vaticano II all'attuale Assemblea, abbiamo sperimentato in modo via via più intenso la necessità e la bellezza di "camminare insieme".
In tale lieta circostanza desidero rivolgere un cordiale saluto a Sua Eminenza il Cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale, con il Sotto-Segretario Sua Eccellenza Monsignor Fabio Fabene, gli Officiali, i Consultori e gli altri Collaboratori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, quelli nascosti, che fanno il lavoro di ogni giorno fino a tarda serata. Insieme a loro, saluto e ringrazio della loro presenza i Padri sinodali e gli altri Partecipanti all'Assemblea in corso, nonché tutti i presenti in quest'Aula.
In questo momento vogliamo anche ricordare coloro che, nel corso di cinquant'anni, hanno lavorato al servizio del Sinodo, a cominciare dai Segretari Generali che si sono succeduti: i Cardinali Władysław Rubin, Jozef Tomko, Jan Pieter Schotte e l'Arcivescovo Nikola Eterović. Approfitto di tale occasione per esprimere di cuore la mia gratitudine a quanti, vivi o defunti, hanno contribuito con un impegno generoso e competente allo svolgimento dell'attività sinodale.
Fin dall'inizio del mio ministero come Vescovo di Roma ho inteso valorizzare il Sinodo, che costituisce una delle eredità più preziose dell'ultima assise conciliare1. Per il Beato Paolo VI, il Sinodo dei Vescovi doveva riproporre l'immagine del Concilio ecumenico e rifletterne lo spirito e il metodo2. Lo stesso Pontefice prospettava che l'organismo sinodale «col passare del tempo potrà essere maggiormente perfezionato»3. A lui faceva eco, vent'anni più tardi, San Giovanni Paolo II, allorché affermava che «forse questo strumento potrà essere ancora migliorato. Forse la collegiale responsabilità pastorale può esprimersi nel Sinodo ancor più pienamente»4. Infine, nel 2006, Benedetto XVI approvava alcune variazioni all'Ordo Synodi Episcoporum, anche alla luce delle disposizioni del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese orientali, promulgati nel frattempo5.
Dobbiamo proseguire su questa strada. Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio.
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Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola "Sinodo". Camminare insieme -Laici, Pastori, Vescovo di Roma- è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica.
Dopo aver ribadito che il Popolo di Dio è costituito da tutti i Battezzati chiamati a «formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo»6, il Concilio Vaticano II proclama che «la totalità dei Fedeli, avendo l'unzione che viene dal Santo (cfr. 1 Gv 2, 20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il Popolo, quando "dai Vescovi fino agli ultimi Fedeli laici" mostra l'universale suo consenso in cose di fede e di morale»7. Quel famoso infallibile “in credendo”.
Nell'esortazione apostolica Evangelii gaudium ho sottolineato come «il Popolo di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile "in credendo"8, aggiungendo che «ciascun Battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del Popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni»9. Il sensus fidei impedisce di separare rigidamente tra Ecclesia docens ed Ecclesia discens, giacché anche il Gregge possiede un proprio "fiuto" per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa10.
È stata questa convinzione a guidarmi quando ho auspicato che il Popolo di Dio venisse consultato nella preparazione del duplice appuntamento sinodale sulla famiglia, come si fa e si è fatto di solito con ogni “Lineamenta”. Certamente, una consultazione del genere in nessun modo potrebbe bastare per ascoltare il sensus fidei. Ma come sarebbe stato possibile parlare della famiglia senza interpellare le famiglie, ascoltando le loro gioie e le loro speranze, i loro dolori e le loro angosce?11 Attraverso le risposte ai due questionari inviati alle Chiese particolari, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare almeno alcune di esse intorno a delle questioni che le toccano da vicino e su cui hanno tanto da dire.
Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell'ascolto, nella consapevolezza che ascoltare «è più che sentire»12. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l'uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo «Spirito della verità» (Gv 14, 17), per conoscere ciò che Egli «dice alle Chiese» (Ap 2, 7).
Il Sinodo dei Vescovi è il punto di convergenza di questo dinamismo di ascolto condotto a tutti i livelli della vita della Chiesa. Il cammino sinodale inizia ascoltando il Popolo, che «pure partecipa alla funzione profetica di Cristo»13, secondo un principio caro alla Chiesa del primo millennio: «Quod omnes tangit ab omnibus tractari debet». Il cammino del Sinodo prosegue ascoltando i Pastori. Attraverso i Padri sinodali, i Vescovi agiscono come autentici custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa, che devono saper attentamente distinguere dai flussi spesso mutevoli dell'opinione pubblica. Alla vigilia del Sinodo dello scorso anno affermavo: «Dallo Spirito Santo per i Padri sinodali chiediamo, innanzitutto, il dono dell'ascolto: ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del Popolo; ascolto del Popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama»14. Infine, il cammino sinodale culmina nell'ascolto del Vescovo di Roma, chiamato a pronunciarsi come «Pastore e Dottore di tutti i cristiani»15: non a partire dalle sue personali convinzioni, ma come supremo testimone della fides totius Ecclesiae, «garante dell'ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa»16.
Il fatto che il Sinodo agisca sempre cum Petro et sub Petro - dunque non solo cum Petro, ma anche sub Petro - non è una limitazione della libertà, ma una garanzia dell'unità. Infatti il Papa è, per volontà del Signore, «il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità tanto dei Vescovi quanto della moltitudine dei Fedeli»17. A ciò si collega il concetto di «ierarchica communio», adoperato dal Concilio Vaticano II: i Vescovi sono congiunti con il Vescovo di Roma dal vincolo della comunione episcopale (cum Petro) e sono al tempo stesso gerarchicamente sottoposti a lui quale Capo del Collegio (sub Petro)18.
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La sinodalità, come dimensione costitutiva della Chiesa, ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico. Se capiamo che, come dice San Giovanni Crisostomo, «Chiesa e Sinodo sono sinonimi»19 -perché la Chiesa non è altro che il "camminare insieme" del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore- capiamo pure che al suo interno nessuno può essere "elevato" al di sopra degli altri. Al contrario, nella Chiesa è necessario che qualcuno "si abbassi" per mettersi al servizio dei fratelli lungo il cammino.
Gesù ha costituito la Chiesa ponendo al suo vertice il Collegio apostolico, nel quale l'apostolo Pietro è la «roccia» (cfr. Mt 16, 18), colui che deve «confermare» i fratelli nella fede (cfr. Lc 22, 32). Ma in questa Chiesa, come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della base. Per questo coloro che esercitano l'autorità si chiamano "ministri": perché, secondo il significato originario della parola, sono i più piccoli tra tutti. È servendo il Popolo di Dio che ciascun Vescovo diviene, per la porzione del Gregge a lui affidata, vicarius Christi20, vicario di quel Gesù che nell'ultima cena si è chinato a lavare i piedi degli apostoli (cfr. Gv 13, 1-15). E, in un simile orizzonte, lo stesso Successore di Pietro altri non è che il servus servorum Dei21.
Non dimentichiamolo mai! Per i discepoli di Gesù, ieri oggi e sempre, l'unica autorità è l'autorità del servizio, l'unico potere è il potere della croce, secondo le parole del Maestro: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20, 25-27). Tra voi non sarà così: in quest'espressione raggiungiamo il cuore stesso del mistero della Chiesa – “tra voi non sarà così” - e riceviamo la luce necessaria per comprendere il servizio gerarchico.
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In una Chiesa sinodale, il Sinodo dei Vescovi è solo la più evidente manifestazione di un dinamismo di comunione che ispira tutte le decisioni ecclesiali.
Il primo livello di esercizio della sinodalità si realizza nelle Chiese particolari. Dopo aver richiamato la nobile istituzione del Sinodo diocesano, nel quale Presbiteri e Laici sono chiamati a collaborare con il Vescovo per il bene di tutta la comunità ecclesiale22, il Codice di diritto canonico dedica ampio spazio a quelli che si è soliti chiamare gli "organismi di comunione" della Chiesa particolare: il Consiglio presbiterale, il Collegio dei Consultori, il Capitolo dei Canonici e il Consiglio pastorale23. Soltanto nella misura in cui questi organismi rimangono connessi col "basso" e partono dalla gente, dai problemi di ogni giorno, può incominciare a prendere forma una Chiesa sinodale: tali strumenti, che qualche volta procedono con stanchezza, devono essere valorizzati come occasione di ascolto e condivisione.
Il secondo livello è quello delle Province e delle Regioni Ecclesiastiche, dei Concili Particolari e in modo speciale delle Conferenze Episcopali24. Dobbiamo riflettere per realizzare ancor più, attraverso questi organismi, le istanze intermedie della collegialità, magari integrando e aggiornando alcuni aspetti dell'antico ordinamento ecclesiastico. L'auspicio del Concilio che tali organismi possano contribuire ad accrescere lo spirito della collegialità episcopale non si è ancora pienamente realizzato. Siamo a metà cammino, a parte del cammino. In una Chiesa sinodale, come ho già affermato, «non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare "decentralizzazione"»25.
L'ultimo livello è quello della Chiesa universale. Qui il Sinodo dei Vescovi, rappresentando l'episcopato cattolico, diventa espressione della collegialità episcopale all'interno di una Chiesa tutta sinodale26. Due parole diverse: “collegialità episcopale” e “Chiesa tutta sinodale”. Esso manifesta la collegialitas affectiva, la quale può pure divenire in alcune circostanze "effettiva", che congiunge i Vescovi fra loro e con il Papa nella sollecitudine per il Popolo di Dio27.
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L'impegno a edificare una Chiesa sinodale -missione alla quale tutti siamo chiamati, ciascuno nel ruolo che il Signore gli affida- è gravido di implicazioni ecumeniche. Per questa ragione, parlando a una delegazione del patriarcato di Costantinopoli, ho recentemente ribadito la convinzione che «l'attento esame di come si articolano nella vita della Chiesa il principio della sinodalità ed il servizio di colui che presiede offrirà un contributo significativo al progresso delle relazioni tra le nostre Chiese»28.
Sono persuaso che, in una Chiesa sinodale, anche l'esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce. Il Papa non sta, da solo, al di sopra della Chiesa; ma dentro di essa come Battezzato tra i Battezzati e dentro il Collegio episcopale come Vescovo tra i Vescovi, chiamato al contempo -come Successore dell'apostolo Pietro- a guidare la Chiesa di Roma che presiede nell'amore tutte le Chiese29.
Mentre ribadisco la necessità e l'urgenza di pensare a «una conversione del papato»30, volentieri ripeto le parole del mio predecessore il Papa Giovanni Paolo II: «Quale Vescovo di Roma so bene [...] che la comunione piena e visibile di tutte le comunità, nelle quali in virtù della fedeltà di Dio abita il suo Spirito, è il desiderio ardente di Cristo. Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particolare, soprattutto nel constatare l'aspirazione ecumenica della maggior parte delle Comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova»31.
Il nostro sguardo si allarga anche all'umanità. Una Chiesa sinodale è come vessillo innalzato tra le nazioni (cfr. Is 11, 12) in un mondo che -pur invocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell'amministrazione della cosa pubblica- consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere. Come Chiesa che "cammina insieme" agli uomini, partecipe dei travagli della storia, coltiviamo il sogno che la riscoperta della dignità inviolabile dei popoli e della funzione di servizio dell'autorità potranno aiutare anche la società civile a edificarsi nella giustizia e nella fraternità, generando un mondo più bello e più degno dell'uomo per le generazioni che verranno dopo di noi32. Grazie.
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1 Cfr. FRANCESCO, Lettera al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Em.mo Card. Lorenzo Baldisseri, in occasione dell'elevazione alla dignità episcopale del Sotto-Segretario, Rev.mo Mons. Fabio Fabene, 1° aprile 2014.
2 Cfr. BEATO PAOLO VI, Discorso per l'inizio dei lavori della I Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 30 settembre 1967.
3 BEATO PAOLO VI, motu proprio Apostolica Sollicitudo, 15 settembre 1965, proemio.
4 SAN GIOVANNI PAOLO II, Omelia nella conclusione della VI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 29 ottobre 1983.
5 Cfr. AAS 98 (2006), 755-779.
6 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, cost. dogm. Lumen gentium, 21 novembre 1964, 10.
7 Ibid., 12.
8 FRANCESCO, esort. ap. Evangelii gaudium, 24 novembre 2013, 119.
9 Ibid., 120.
10 Cfr. FRANCESCO, Discorso in occasione dell'Incontro con i Vescovi responsabili del Consiglio Episcopale Latinoamericano (C.E.L.A.M) in occasione della Riunione generale di Coordinamento, Rio de Janeiro, 28 luglio 2013; ID., Discorso in occasione dell'Incontro con il Clero, Persone di Vita consacrata, e Membri di Consigli pastorali, Assisi, 4 ottobre 2013.
11 Cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, cost. past. Gaudium et spes, 7 dicembre 1965, 1.
12 Ibid., 170.
13 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, cost. dogm. Lumen gentium, 12.
14 FRANCESCO, Discorso in occasione della Veglia di preghiera in preparazione al Sinodo sulla famiglia, 4 ottobre 2014.
15 CONCILIO ECUMENICO VATICANO I, cost. dogm. Pastor Aeternus, 18 luglio 1870, cap. IV: Denz. 3074. Cfr. anche CODEX IURIS CANONICI, can. 749, § 1.
16 FRANCESCO, Discorso per la Conclusione della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18 ottobre 2014.
17 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, cost. dogm. Lumen gentium, 23. Cfr. anche CONCILIO ECUMENICO VATICANO I, cost. dogm. Pastor Aeternus, prologo: Denz. 3051.
18 Cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, cost. dogm. Lumen gentium, 22; ID., decr. Christus Dominus, 28 ottobre 1965, 4.
19 SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, Explicatio in Ps. 149: PG 55, 493.
20 Cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, cost. dogm. Lumen gentium, 27.
21 Cfr. FRANCESCO, Discorso per la Conclusione della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18 ottobre 2014.
22 Cfr. CODEX IURIS CANONICI, cann. 460-468.
23 Cfr. ibid., cann. 495-514.
24 Cfr. ibid., cann. 431-459.
25 FRANCESCO, esort. ap. Evangelii gaudium, 16. Cfr. anche ibid, 32.
26 Cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, decr. Christus Dominus, 5; anche CODEX IURIS CANONICI, cann. 342-348.
27 Cfr. SAN GIOVANNI PAOLO II, esort. ap. postsinod. Pastores gregis, 16 ottobre 2003, 8.
28 FRANCESCO, Discorso alla Delegazione Ecumenica del Patriarcato di Costantinopoli, 27 giugno 2015.
29 Cfr. SANT'IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Epistula ad Romanos, proemio: PG 5, 686.
30 FRANCESCO, esort. ap. Evangelii gaudium, 32.
31 SAN GIOVANNI PAOLO II, lett. enc. Ut unum sint, 25 maggio 1995, 95.
32 Cfr. FRANCESCO, esort. ap. Evangelii gaudium, 186-192; ID., lett. enc. Laudato si', 24 maggio 2015, 156162.
[01750-IT.01] [Testo originale italiano]
Traduzione in lingua inglese
Your Beatitudes, Your Eminences, Your Excellencies, Brothers and Sisters,
As the Ordinary General Assembly is in full session, this commemoration of the fiftieth anniversary of the institution of the Synod of Bishops is, for all of us, a cause for joy, praise and thanksgiving to the Lord. From the time of the Second Vatican Council until the present Assembly, we have experienced ever more intensely the necessity and beauty of “journeying together”.
On this happy occasion I offer cordial greetings to Cardinal Lorenzo Baldisseri, the Secretary General, the Undersecretary, Archbishop Fabio Fabene, the Officials, the Consultors and the other collaborators in the General Secretariat of the Synod of Bishops, those who are behind the scenes and work late each evening. I also greet and thank the Synod Fathers and the other participants in the current Assembly, as well as all those present.
At this time we also wish to remember those who, in the course of the last fifty years, have offered their services to the Synod, beginning with the successive General Secretaries: Cardinal Władysław Rubin, Cardinal Jozef Tomko, Cardinal Jan Pieter Schotte and Archbishop Nikola Eterović. I also take this opportunity to express my heartfelt gratitude to those — both living and deceased — who contributed so generously and competently to the Synod’s work.
From the beginning of my ministry as Bishop of Rome, I sought to enhance the Synod, which is one of the most precious legacies of the Second Vatican Council.1 For Blessed Paul VI, the Synod of Bishops was meant to reproduce the image of the Ecumenical Council and reflect its spirit and method.2 Pope Paul foresaw that the organization of the Synod could “be improved upon with the passing of time”.3 Twenty years later, Saint John Paul II echoed that thought when he stated that “this instrument might be further improved. Perhaps collegial pastoral responsibility could be more fully expressed in the Synod”.4 In 2006, Benedict XVI approved several changes to the Ordo Synodi Episcoporum, especially in light of the provisions of the Code of Canon Law and the Code of Canons of the Eastern Churches, which had been promulgated in the meantime.5
We must continue along this path. The world in which we live, and which we are called to love and serve, even with its contradictions, demands that the Church strengthen cooperation in all areas of her mission. It is precisely this path of synodality which God expects of the Church of the third millennium.
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What the Lord is asking of us is already in some sense present in the very word “synod”. Journeying together — laity, pastors, the Bishop of Rome — is an easy concept to put into words, but not so easy to put into practice.
After stating that the people of God is comprised of all the baptized who are called to “be a spiritual house and a holy priesthood”,6 the Second Vatican Council went on to say that “the whole body of the faithful, who have an anointing which comes from the holy one (cf. 1 Jn 2:20,27), cannot err in matters of belief. This characteristic is shown in the supernatural sense of the faith (sensus fidei) of the whole people of God, when ‘from the bishops to the last of the faithful’ it manifests a universal consensus in matters of faith and morals”.7 These are the famous words infallible“in credendo”.
In the Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, I emphasized that “the people of God is holy thanks to this anointing, which makes it infallible in credendo”,8 and added that “all the baptized, whatever their position in the Church or their level of instruction in the faith, are agents of evangelization, and it would be insufficient to envisage a plan of evangelization to be carried out by professionals while the rest of the faithful would simply be passive recipients”.9 The sensus fidei prevents a rigid separation between an Ecclesia docens and an Ecclesia discens, since the flock likewise has an instinctive ability to discern the new ways that the Lord is revealing to the Church.10
Such was the conviction underlying my desire that the people of God should be consulted in the preparation of the two phases of the Synod on the family, as is ordinarily done with each Lineamenta. Certainly, a consultation of this sort would never be sufficient to perceive the sensus fidei. But how could we speak about the family without engaging families themselves, listening to their joys and their hopes, their sorrows and their anguish?11 Through the answers given to the two questionnaires sent to the particular Churches, we had the opportunity at least to hear some of those families speak to issues which closely affect them and about which they have much to say.
A synodal Church is a Church which listens, which realizes that listening “is more than simply hearing”.12 It is a mutual listening in which everyone has something to learn. The faithful people, the college of bishops, the Bishop of Rome: all listening to each other, and all listening to the Holy Spirit, the “Spirit of truth” (Jn 14:17), in order to know what he “says to the Churches” (Rev 2:7).
The Synod of Bishops is the point of convergence of this listening process conducted at every level of the Church’s life. The Synod process begins by listening to the people of God, which “shares also in Christ’s prophetic office”,13 according to a principle dear to the Church of the first millennium: “Quod omnes tangit ab omnibus tractari debet”. The Synod process then continues by listening to the pastors. Through the Synod Fathers, the bishops act as authentic guardians, interpreters and witnesses of the faith of the whole Church, which they need to discern carefully from the changing currents of public opinion. On the eve of last year’s Synod I stated: “For the Synod Fathers we ask the Holy Spirit first of all for the gift of listening: to listen to God, so that with him we may hear the cry of his people; to listen to his people until we are in harmony with the will to which God calls us”.14 The Synod process culminates in listening to the Bishop of Rome, who is called to speak as “pastor and teacher of all Christians”,15 not on the basis of his personal convictions but as the supreme witness to the fides totius Ecclesiae, “the guarantor of the obedience and the conformity of the Church to the will of God, to the Gospel of Christ, and to the Tradition of the Church”.16
The fact that the Synod always acts cum Petro et sub Petro — indeed, not only cum Petro, but also sub Petro — is not a limitation of freedom, but a guarantee of unity. For the Pope is, by will of the Lord, “the perpetual and visible source and foundation of the unity both of the bishops and of the whole company of the faithful”.17 Closely related to this is the concept of “hierarchica communio” as employed by the Second Vatican Council: the Bishops are linked to the Bishop of Rome by the bond of episcopal communion (cum Petro) while, at the same time, hierarchically subject to him as head of the college (sub Petro).18
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Synodality, as a constitutive element of the Church, offers us the most appropriate interpretive framework for understanding the hierarchical ministry itself. If we understand, as Saint John Chrysostom says, that “Church and Synod are synonymous”,19 inasmuch as the Church is nothing other than the “journeying together” of God’s flock along the paths of history towards the encounter with Christ the Lord, then we understand too that, within the Church, no one can be “raised up” higher than others. On the contrary, in the Church, it is necessary that each person “lower” himself or herself, so as to serve our brothers and sisters along the way.
Jesus founded the Church by setting at her head the Apostolic College, in which the Apostle Peter is the “rock” (cf. Mt 16:18), the one who must confirm his brethren in the faith (cf. Lk 22:32). But in this Church, as in an inverted pyramid, the top is located beneath the base. Consequently, those who exercise authority are called “ministers”, because, in the original meaning of the word, they are the least of all. It is in serving the people of God that each bishop becomes, for that portion of the flock entrusted to him, vicarius Christi,20 the vicar of that Jesus who at the Last Supper bent down to wash the feet of the Apostles (cf. Jn 13:1-15). And in a similar perspective, the Successor of Peter is nothing else if not the servus servorum Dei.21
Let us never forget this! For the disciples of Jesus, yesterday, today and always, the only authority is the authority of service, the only power is the power of the cross. As the Master tells us: “You know that the rulers of the Gentiles lord it over them, and their great men exercise authority over them. It shall not be so among you; but whoever would be great among you must be your servant, and whoever would be first among you must be your slave” (Mt 20:25-27). It shall not be so among you: in this expression we touch the heart of the mystery of the Church, and we receive the enlightenment necessary to understand our hierarchical service.
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In a synodal Church, the Synod of Bishops is only the most evident manifestation of a dynamism of communion which inspires all ecclesial decisions.
The first level of the exercise of synodality is had in the particular Churches. After mentioning the noble institution of the Diocesan Synod, in which priests and laity are called to cooperate with the bishop for the good of the whole ecclesial community,22 the Code of Canon Law devotes ample space to what are usually called “organs of communion” in the local Church: the presbyteral council, the college of consultors, chapters of canons and the pastoral council.23 Only to the extent that these organizations keep connected to the “base” and start from people and their daily problems, can a synodal Church begin to take shape: these means, even when they prove wearisome, must be valued as an opportunity for listening and sharing.
The second level is that of Ecclesiastical Provinces and Ecclesiastical Regions, Particular Councils and, in a special way, Conferences of Bishops.24 We need to reflect on how better to bring about, through these bodies, intermediary instances of collegiality, perhaps by integrating and updating certain aspects of the ancient ecclesiastical organization. The hope expressed by the Council that such bodies would help increase the spirit of episcopal collegiality has not yet been fully realized. We are still on the way, part-way there. In a synodal Church, as I have said, “it is not advisable for the Pope to take the place of local Bishops in the discernment of every issue which arises in their territory. In this sense, I am conscious of the need to promote a sound ‘decentralization’”.25
The last level is that of the universal Church. Here the Synod of Bishops, representing the Catholic episcopate, becomes an expression of episcopal collegiality within an entirely synodal Church.26 Two different phrases: “episcopal collegiality” and an “entirely synodal Church”. This level manifests the collegialitas affectiva, which can also become in certain circumstances “effective”, joining the Bishops among themselves and with the Pope in solicitude for the People God.27
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The commitment to build a synodal Church — a mission to which we are all called, each with the role entrusted him by the Lord — has significant ecumenical implications. For this reason, speaking recently to a delegation from the Patriarchate of Constantinople, I reaffirmed my conviction that “a careful examination of how, in the Church’s life, the principle of synodality and the service of the one who presides are articulated, will make a significant contribution to the progress of relations between our Churches”.28
I am persuaded that in a synodal Church, greater light can be shed on the exercise of the Petrine primacy. The Pope is not, by himself, above the Church; but within it as one of the baptized, and within the College of Bishops as a Bishop among Bishops, called at the same time — as Successor of Peter — to lead the Church of Rome which presides in charity over all the Churches.29
While reaffirming the urgent need to think about “a conversion of the papacy”,30 I willingly repeat the words of my predecessor Pope John Paul II: “As Bishop of Rome I am fully aware [...] that Christ ardently desires the full and visible communion of all those Communities in which, by virtue of God’s faithfulness, his Spirit dwells. I am convinced that I have a particular responsibility in this regard, above all in acknowledging the ecumenical aspirations of the majority of the Christian Communities and in heeding the request made of me to find a way of exercising the primacy which, while in no way renouncing what is essential to its mission, is nonetheless open to a new situation”.31
Our gaze also extends to humanity as a whole. A synodal Church is like a standard lifted up among the nations (cf. Is 11:12) in a world which — while calling for participation, solidarity and transparency in public administration — often consigns the fate of entire peoples to the grasp of small but powerful groups. As a Church which “journeys together” with men and women, sharing the travails of history, let us cherish the dream that a rediscovery of the inviolable dignity of peoples and of the function of authority as service will also be able to help civil society to be built up in justice and fraternity, and thus bring about a more beautiful and humane world for coming generations.32 Thank you.
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1Cf. FRANCIS, Letter to the General Secretary of the Synod of Bishops, Cardinal Lorenzo Baldisseri, on the elevation of the Undersecretary, Mgr Fabio Fabene. to the episcopal dignity, 1 April 2014.
2Cf. BLESSED PAUL VI, Address for the Opening of the first Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops, 30 September 1967.
3BLESSED PAUL VI, Motu proprio Apostolica Sollicitudo (15 September 1965), Proemium.
4 SAINT JOHN PAUL II, Address for the Conclusion of VI Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops, 29 October 1983.
5 Cf. AAS 98 (2006), 755-779.
6SECOND VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Dogmatic Constitution Lumen Gentium (21 November 1964) 10.
7Ibid., 12.
8FRANCIS, Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium (24 November 2013), 119.
9Ibid., 120.
10Cf. FRANCIS, Address to the Leadership of the Episcopal Conferences of Latin America during the General Coordination Meeting, Rio de Janeiro, 28 July 2013, 5,4; ID., Address on the occasion of a meeting with Clergy, Consecrated Persons and members of Pastoral Councils, Assisi, 4 October 2013.
11Cf. SECOND VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Pastoral Constitution Gaudium et Spes (7 December 1965), 1.
12 Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, 171.
13SECOND VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Dogmatic Constitution Lumen Gentium, 12.
14FRANCIS, Address at the Prayer Vigil for the Synod on the Family, 4 October 2014.
15FIRST VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Dogmatic Constitution Pastor Aeternus (18 July 1870), ch. IV: Denz. 3074. Cf. Codex Iuris Canonici, can. 749, § 1.
16FRANCIS, Address to the Third Extraordinary General Assembly of the Synod of Bishops, 18 October 2014.
17SECOND VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Dogmatic Constitution Lumen Gentium, 23. cf. FIRST VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Dogmatic Constitution Pastor Aeternus, Prologue: Denz. 3051.
18Cf. SECOND VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Dogmatic Constitution Lumen Gentium, 22; Decree Christus Dominus (28 October 1965), 4.
19SAINT JOHN CHRYSOSTOM, Explicatio in Ps. 149: PG 55, 493.
20Cf. SECOND VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Dogmatic Constitution Lumen Gentium, 27.
21Cf. FRANCIS, Address to the Third Extraordinary General Assembly of the Synod of Bishops, 18 October 2014.
22Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 460-468.
23Cf. ibid., cann. 495-514.
24Cf. ibid., cann. 431-459.
25FRANCIS, Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, 16. cf. ibid., 32.
26Cf. SECOND VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Decree Christus Dominus, 5; Codex Iuris Canonici, cann. 342-348.
27Cf. SAINT JOHN PAUL II, Post-Synodal Apostolic Exhortation Pastores Gregis (16 October 2003), 8.
28FRANCIS, Address to the Delegation of the Ecumenical Patriarchate of Constantinople, 27 June 2015.
29Cf. SAINT IGNATIUS OF ANTIOCH, Epistula ad Romanos, Proemium: PG 5, 686.
30FRANCIS, Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, 32.
31SAINT JOHN PAUL II, Encyclical Letter Ut Unum Sint (25 May 1995), 95.
32Cf. FRANCIS, Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, 186-192; Encyclical Letter Laudato Si’ (24 May 2015), 156-162.
Traduzione in lingua francese
Béatitudes, Eminences, Excellences, Frères et Sœurs,
Alors que se déroule l’Assemblée Générale Ordinaire, commémorer le cinquantenaire anniversaire de l’institution du Synode des Evêques est pour nous tous un motif de joie, de louange et d’action de grâce au Seigneur. Depuis le Concile Vatican II jusqu’à l’actuelle Assemblée, nous avons expérimenté de manière toujours plus intense la nécessité et la beauté de ‘‘cheminer ensemble’’.
Dans cette heureuse circonstance, je voudrais adresser une salutation cordiale à Son Eminence le Cardinal Lorenzo Baldisseri, Secrétaire Général, comme au Sous-Secrétaire, Son Excellence Monseigneur Fabio Fabene, aux Officiels, aux Consulteurs et aux autres collaborateurs du Secrétariat général du Synode des Evêques, à ceux qui, dans l’ombre, travaillent chaque jour jusque tard le soir. Avec eux, je salue et je remercie de leur présence les Pères synodaux et les autres participants de l’Assemblée en cours, ainsi que tous ceux qui sont présents dans cette salle.
En ce moment, nous voulons nous souvenir aussi de ceux qui, durant ces cinquante ans, ont travaillé au service du Synode, à commencer par les Secrétaires généraux qui se sont succédé: les Cardinaux Władysław Rubin, Jozef Tomko, Jan Pieter Schotte et l'Archevêque Nikola Eterović. Je profite de cette occasion pour exprimer de tout cœur ma gratitude à tous ceux qui, vivants ou déjà décédés, ont contribué par leur engagement généreux et compétent au développement de l’activité synodale.
Depuis le début de mon ministère en tant qu’Evêque de Rome, j’ai voulu valoriser le Synode qui constitue l’un des héritages les plus précieux de la dernière assise conciliaire1. Pour le bienheureux Paul VI, le Synode des Evêques devait proposer de nouveau l’image du Concile œcuménique et en refléter l’esprit ainsi que la méthode2. Le même Pape exposait que l’organisme synodal «pourra être perfectionné par la suite »3. Vingt ans plus tard, saint Jean-Paul II lui faisait écho, en affirmant que « peut-être cet instrument pourra encore être amélioré. Peut-être la responsabilité pastorale collégiale peut-elle s’exprimer dans le Synode encore plus pleinement »4.Enfin, en 2006, Benoît XVI approuvait quelques variations à l’Ordo Synodi Episcoporum, également à la lumière des dispositions du Code de droit Canonique et du Code des Canons des Eglises Orientales, promulgués entre-temps5.
Nous devons avancer sur ce chemin. Le monde dans lequel nous vivons, et que nous sommes appelés à aimer et à servir même dans ses contradictions, exige de l’Eglise le renforcement des synergies dans tous les domaines de sa mission. Le chemin de la synodalité est justement celui que Dieu attend de l’Eglise du troisième millénaire.
***
Ce que le Seigneur nous demande, en un certain sens, est déjà pleinement contenu dans le mot ‘‘Synode’’. Marcher ensemble – Laïcs, Pasteurs, Evêque de Rome – est un concept facile à exprimer en paroles, mais pas si facile à mettre en pratique.
Après avoir réaffirmé que le peuple de Dieu est constitué de tous les baptisés appelés à «être une demeure spirituelle et un sacerdoce saint »6, le Concile Vatican II proclame que « la collectivité des fidèles, ayant l’onction qui vient du Saint (cf. 1 Jn 2, 20.27), ne peut se tromper dans la foi ; ce don particulier qu’elle possède, elle le manifeste moyennant le sens surnaturel de foi qui est celui du peuple tout entier, lorsque, “des évêques jusqu’aux derniers des fidèles laïcs”, elle apporte aux vérités concernant la foi et les mœurs un consentement universel»7. Ce fameux infaillible ‘‘in credendo’’.
Dans l’Exhortation apostolique Evangelii gaudium, j’ai souligné que «le Peuple de Dieu est saint à cause de cette onction que le rend infaillible “in credendo”»8, ajoutant que «chaque baptisé, quelle que soit sa fonction dans l’Église et le niveau d’instruction de sa foi, est un sujet actif de l’évangélisation, et il serait inadéquat de penser à un schéma d’évangélisation utilisé pour des acteurs qualifiés, où le reste du peuple fidèle serait seulement destiné à bénéficier de leurs actions»9. Le sensus fidei empêche une séparation rigide entre Ecclesia docens et Ecclesia discens, puisque le Troupeau possède aussi son propre ‘‘flair’’ pour discerner les nouvelles routes que le Seigneur ouvre à l’Eglise10.
C’est cette conviction qui m’a guidé lorsque j’ai souhaité que le peuple de Dieu soit consulté dans la préparation du double rendez-vous synodal concernant la famille, comme cela se fait et s’est fait d’habitude par tous les ‘‘Lineamenta’’. Il est certain qu’une consultation de ce genre ne pourrait, en aucune façon, suffire pour écouter le sensus fidei. Mais comment aurait-il été possible de parler de la famille sans interpeller les familles, en écoutant leurs joies et leurs espérances, leurs douleurs et leurs angoisses11? Par les réponses aux deux questionnaires envoyés aux Eglises particulières, nous avons eu la possibilité d’écouter au moins quelques-unes d’entre elles concernant les questions qui les touchent de près et sur lesquelles elles ont tant à dire.
Une Église synodale est une Église de l’écoute, avec la conscience qu’écouter «est plus qu’entendre»12. C’est une écoute réciproque dans laquelle chacun a quelque chose à apprendre. Le peuple fidèle, le Collège épiscopal, l’Évêque de Rome, chacun à l’écoute des autres; et tous à l’écoute de l’Esprit Saint, l’«Esprit de Vérité» (Jn 14, 17), pour savoir ce qu’il dit aux Églises (Ap 2, 7).
Le Synode des Évêques est le point de convergence de ce dynamisme d’écoute mené à tous les niveaux de la vie de l’Église. Le chemin synodal commence en écoutant le Peuple qui «participe aussi de la fonction prophétique du Christ»13 selon un principe cher à l’Église du premier millénaire: «Quod omnes tangit ab omnibus tractari debet». Le chemin du Synode continue en écoutant les pasteurs. A travers les pères synodaux, les Évêques agissent comme d’authentiques gardiens, interprètes et témoins de la foi de toute l’Église, qui doivent savoir discerner avec attention parmi les mouvements souvent changeants de l’opinion publique. À la veille du Synode de l’an dernier je disais:«Nous demandons tout d’abord à l’Esprit Saint pour les pères synodaux, le don de l’écoute: écoute de Dieu jusqu’à entendre avec Lui le cri du peuple; écoute du peuple jusqu’à y respirer la volonté à laquelle Dieu nous appelle»14. Enfin, le chemin synodal culmine dans l’écoute de l’Évêque de Rome, appelé à se prononcer comme «pasteur et docteur de tous les chrétiens»15, non à partir de ses convictions personnelles, mais comme témoin suprême de la fides totius Ecclesiae, «garant de l’obéissance et de la conformité de l’Église à la volonté de Dieu, à l’Évangile du Christ et à la Tradition de l’Église»16.
Le fait que le Synode agisse toujours cum Petro et sub Petro – et donc pas seulement cum Petro, mais aussi sub Petro – n’est pas une limitation de la liberté, mais une garantie de l’unité. En effet, le Pape est, par la volonté du Seigneur, « le principe perpétuel et visible et le fondement de l’unité qui lie entre eux soit les Évêques, soit la multitude des fidèles»17. A cela s’ajoute le concept de «communion hiérarchique», utilisé par le Concile Vatican II: Les Évêques sont unis à l’Évêque de Rome par le lien de la communion épiscopale (cum Petro) et sont en même temps soumis hiérarchiquement à lui en tant que Chef du Collège (sub Petro)18.
***
La synodalité, comme dimension constitutive de l’Église, nous offre le cadre d’interprétation le plus adapté pour comprendre le ministère hiérarchique lui-même. Si nous comprenons que, comme dit Saint Jean Chrysostome, «Église et Synode sont synonymes» 19– parce que l’Église n’est autre que le «marcher ensemble» du troupeau de Dieu sur les sentiers de l’histoire à la rencontre du Christ Seigneur – nous comprenons aussi qu’en son sein personne ne peut être «élevé» au-dessus des autres. Au contraire, il est nécessaire dans l’Église que chacun s’«abaisse» pour se mettre au service des frères tout au long du chemin.
Jésus a constitué l’Église en mettant à son sommet le Collège apostolique, dans lequel l’Apôtre Pierre est le «rocher» (cf. Mt 16, 18), celui qui doit «confirmer» les frères dans la foi (cf. Lc 22, 32). Mais dans cette Église, comme dans une pyramide renversée, le sommet se trouve sous la base. C’est pourquoi, ceux qui exercent l’autorité s’appellent «ministres»: parce que, selon la signification originelle du mot, ils sont les plus petits entre tous. C’est en servant le Peuple de Dieu que chaque Évêque devient, pour la portion du Troupeau qui lui est confiée, vicarius christi20, Vicaire de ce Jésus qui, à la dernière Cène, s’est baissé pour laver les pieds des Apôtres (cf. Jn 13, 1-15). Et, dans un tel horizon, le Successeur de Pierre n’est rien d’autre que le servus servorum Dei21.
Ne l’oublions jamais! Pour les disciples de Jésus, hier, aujourd’hui et toujours, l’unique autorité est l’autorité du service, l’unique pouvoir est le pouvoir de la croix, selon les paroles du Maître: «Vous le savez: les chefs des nations les commandent en maîtres, et les grands font sentir leur pouvoir. Parmi vous il ne devra pas en être ainsi: celui qui veut devenir grand parmi vous sera votre serviteur; et celui qui veut parmi vous être le premier sera votre esclave» (Mt 20, 25-27). Parmi vous il ne devra pas en être ainsi: dans cette expression nous rejoignons le cœur même du mystère de l’Église – «Parmi vous il ne devra pas en être ainsi» – et nous recevons la lumière nécessaire pour comprendre le service hiérarchique.
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Dans une Église synodale, le Synode des évêques est seulement la manifestation la plus évidente d’un dynamisme de communion qui inspire toutes les décisions ecclésiales.
Le premier niveau d’exercice de la synodalité se réalise dans les Églises particulières. Après avoir rappelé la noble institution du Synode diocésain, dans laquelle prêtres et laïcs sont appelés à collaborer avec l’Évêque pour le bien de toute la communauté ecclésiale22, le Code de droit canonique consacre une grande place à ce qu’on appelle d’habitude les “organismes de communion” de l’Église particulière: le Conseil presbytéral, le Collège des Consulteurs, le Chapitre des Chanoines et le Conseil pastoral23. Une Église synodale peut commencer à prendre forme seulement dans la mesure où ces organismes restent reliés avec “la base” et partent des gens, des problèmes de chaque jour : de tels instruments qui, parfois, font preuve de lassitude, doivent être valorisés comme une occasion d’écoute et de partage.
Le second niveau est celui des Provinces et des Régions ecclésiastiques, des Conciles particuliers et d’une façon spéciale des Conférences épiscopales24. Nous devons réfléchir pour accomplir encore davantage, à travers ces organismes, les instances intermédiaires de la collégialité, peut-être en intégrant et en mettant à jour certains aspects de l’ancienne organisation ecclésiastique. Le souhait du Concile que de tels organismes puissent contribuer à accroître l’esprit de la collégialité épiscopalene s’est pas encore pleinement réalisé. Nous sommes à mi-chemin, à une partie du chemin. Dans une Eglise synodale, comme j’ai déjà affirmé, «il n’est pas opportun que le Pape remplace les Épiscopats locaux dans le discernement de toutes les problématiques qui se présentent sur leurs territoires. En ce sens, je sens la nécessité de progresser dans une “décentralisation” salutaire»25.
Le dernier niveau est celui de l’Église universelle. Ici le Synode des Évêques, représentant l’épiscopat catholique, devient une expression de la collégialité épiscopale à l’intérieur d’une Église tout entière synodale26. Deux expressions différentes: “collégialité épiscopale” et “Église tout entière synodale”. Elles manifestent la collégialité affective, laquelle peut même devenir dans certaines circonstances “effective”, qui unit les Évêques entre eux et avec le Pape dans la sollicitude pour le Peuple de Dieu27.
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L’engagement pour édifier une Église synodale – mission à laquelle nous sommes tous appelés, chacun dans le rôle que lui confie le Seigneur – est plein d’implications œcuméniques. Pour cette raison, m’adressant à une délégation du Patriarcat de Constantinople, j’ai rappelé récemment la conviction que « l’examenattentif de la manière dont s’articulent, dans la vie de l’Église, le principe de la synodalité et le service de celui qui préside, offrira une contribution significative au progrès des relations entre nos Églises »28.
Je suis persuadé que, dans une Église synodale, même l’exercice du primat pétrinien pourra recevoir une plus grande lumière. Le Pape ne se trouve pas, tout seul, au-dessus de l’Église, mais en elle comme baptisé parmi les baptisés et dans le Collège épiscopal comme évêque parmi les évêques, appelé en même temps – comme Successeur de l’apôtre Pierre – à guider l’Église de Rome qui préside dans l’amour toutes les Églises29.
Tandis que je rappelle la nécessité et l’urgence de penser à «une conversion de la papauté»30, je répète volontiers les paroles de mon prédécesseur le Pape Jean-PaulII: «L’évêque de Rome sait bien […] que le désir ardent du Christ est la communion pleine et visible de toutes les Communautés dans lesquelles habite son Esprit en vertu de la fidélité à Dieu. Je suis convaincu d’avoir à cet égard une responsabilité particulière, surtout lorsque je vois l’aspiration œcuménique de la majeure partie des Communautés chrétiennes et que j’écoute la requête adressé de trouver une forme d’exercice de la primauté ouverte à une situation nouvelle, mais sans renoncement aucun à l’essentiel de sa mission»31.
Notre regard s’élargit aussi à l’humanité. Une Église synodale est comme un étendard levé parmi les nations (cf. Is 11, 12) d’une façon qui – même en invoquant la participation, la solidarité et la transparence dans l’administration des affaires publiques – remet souvent le destin de populations entières entre les mains avides de groupes restreints de pouvoir. Comme l’Église qui “marche au milieu” des hommes, participe aux tourments de l’histoire, cultivons le rêve que la redécouverte de la dignité inviolable des peuples et de la fonction du service de l’autorité puissent aider aussi la société civile à se construire dans la justice et dans la fraternité, générant un monde plus beau et plus digne de l’homme pour les générations qui viendront après nous32. Merci.
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[1] Cf. François, Lettre au Secrétaire général du Synode des Evêques, Son Eminence le Cardinal Lorenzo Baldisseri, à l’occasion de l’élévation à la dignité épiscopale du Sous-Secrétaire, Monseigneur Fabio Fabene, 1er avril 2014.
2 Cf. Bienheureux Paul VI, Discours pour le début des travaux de la 1ère Assemblée générale ordinaire du Synode des Evêques, 30 novembre 1967.
3 Bienheureux Paul VI, Motu proprio Apostolica sollicitudo, 15 septembre 1965, Proemio.
4 Saint Jean-Paul II, Discours à l’occasion de la conclusion du VIème Assemblée générale Ordinaire du Synode des Evêques, 29 octobre 1983, n. 5.
5 Cf. AAS 98 (2006), 755-779.
6 Concile Œcuménique Vatican II, Const. dogm. Lumen gentium (21 novembre 1964), n. 10.
7 Ibid, n. 12.
8 François, Exhort. Ap. Evangelii gaudium, 24 novembre, n. 119.
9 Ibid, n. 120.
10 Cf. François, Discours à l’occasion de la Rencontre avec les Evêques responsables du Conseil Episcopal Latino-américain (C.E.L.AM), dans le cadre la Rencontre de la Réunion générale de Coordination, Rio de Janeiro, 28 juillet 2013, nn. 5, 4; Id., Discours à l’occasion de la Rencontre avec le clergé, les personnes de vie consacrée, et des membres de conseils pastoraux, Assise, 4 octobre 2013.
11 Cf. Conc. Œcum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, 7 décembre 1965, n. 1.
12 Cf. François , Exhort. apost. Evangelii gaudium, n. 171.
13 Cf. Conc. Œcum. Vat. II, Const. dogm. Lumen gentium, n. 12.
14 François , Discours à l’occasion de la veillée de prière en préparation au Synode sur la famille, 4 octobre 2014.
15 Conc. Œcum. Vat. I, Const. dogm. Pastor aeternus, 18 juillet 1870, chap. IV: Denz. 3074. Cf. Codex Iuris Canonici, c. 749§ 1.
16 François , Discours pour la conclusion de la 3ème Assemblée Générale Extraordinaire du Synode des Evêques, 18 octobre 2014.
17Conc. Œcum. Vat. II, Const. dogm. Lumen gentium, n. 23. Cf. Conc. Œcum. Vat. I, Const. dogm. Pastor aeternus, Prologo:Denz. 3051.
18 Cf. Conc. Œcum. Vat. II, Const. dogm. Lumen gentium, n. 22. Decr. Christus Dominus, 28 octobre 1965, n. 4.
19 Saint Jean Chrysostome, Explicatio in ps 149: PG 55, 493.
20 Cf. Conc. Œcum. Vat. II, Const. dogm. Lumen gentium, n. 27.
21 François, Discours pour la conclusion de la 3ème Assemblée Générale Extraordinaire du Synode des Evêques, 18 octobre 2014.
22 Cf. Codex Juris Canonici, cann. 460-468.
23 Cf. ibid. can. 495-514.
24 Cf. ibid. can. 431-459.
25 François, Exhort. apost. Evangelii gaudium, n. 16; cf. ibid. n. 32.
26 Cf. Conc. œcum. Vat. II, Décret Christus Dominus,n. 5; Codex Juris Canonici, cann. 460-468.
27 Cf. Saint Jean-Paul II, Exhort. apost. postsynod. Pastores gregis , 16 octobre 2003, n. 8.
28 François, Discours à la délégation œcuménique du Patriarcat de Constantinople, 27 juin 2015.
29 Cf. Saint Ignace d’Antioche, Epistula ad romanos, Proemio: PG 5, 686.
30 François, Exhort. apost. Evangelii gaudium, n. 32.
31 Saint Jean-Paul II, Lett. enc. Ut unum sint, 25 mai 1995, n. 95.
32 Cf. François, Exhort. apost. Evangelii gaudium, n. 186-192; Lett.enc. Laudato si’ 24 mai 2015, nn. 156.162.
[01750-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua spagnola
Beatitudes, eminencias, excelencias, hermanos y hermanas:
Mientras se encuentra en pleno desarrollo la Asamblea general ordinaria, conmemorar el quincuagésimo aniversario de la institución del Sínodo de los Obispos es para todos nosotros motivo de alegría, de alabanza y de agradecimiento al Señor. Desde el Concilio Vaticano II a la actual Asamblea, hemos experimentado de manera cada vez más intensa la necesidad y la belleza de «caminar juntos».
En esta gozosa circunstancia, dirijo un cordial saludo a Su Eminencia el Cardenal Lorenzo Baldisseri, Secretario general, así como al Subsecretario, Su Excelencia Monseñor Fabio Fabene, a los oficiales, a los consultores y a los demás colaboradores de la Secretaría general del Sínodo de los Obispos, que de manera oculta realizan el trabajo de cada día hasta entrada la noche. Junto con ellos, saludo y agradezco por su presencia a los Padres sinodales y a los demás participantes en esta Asamblea, así como a todos los presentes en esta Aula.
En este momento, queremos recordar también a quienes en el transcurso de estos cincuenta años han trabajado al servicio del Sínodo, comenzando por los Secretarios generales que se han sucedido: los Cardenales Władysław Rubin, Jozef Tomko, Jan Pieter Schotte y el Arzobispo Nikola Eterović. Aprovecho esta ocasión para expresar de corazón mi gratitud a cuantos, vivos o difuntos, han contribuido con un compromiso generoso y competente al desarrollo de la actividad sinodal.
Desde el inicio de mi ministerio como Obispo de Roma he pretendido valorizar el Sínodo, que constituye una de las herencias más preciosas de la última reunión conciliar.1 Para el beato Pablo VI, el Sínodo de los Obispos debía volver a proponer la imagen del Concilio ecuménico y reflexionar sobre su espíritu y el método.2 El mismo Pontífice anunciaba que el organismo sinodal «se podrá ir perfeccionando con el pasar del tiempo».3 A él hacia eco, veinte años más tarde, san Juan Pablo II, cuando afirmaba que «tal vez este instrumento podrá mejorarse todavía. Tal vez la responsabilidad pastoral puede expresarse en el Sínodo de una forma aún más plena».4 Finalmente, en el 2006, Benedicto XVI aprobaba algunas variaciones al Ordo Synodi Episcoporum, a la luz de las disposiciones del Código de Derecho Canónico y del Código de los Cánones de las Iglesias orientales, promulgados mientras tanto.5
Debemos proseguir por este camino. El mundo en el que vivimos, y que estamos llamados a amar y servir también en sus contradicciones, exige de la Iglesia el fortalecimiento de las sinergias en todos los ámbitos de su misión. Precisamente el camino de la sinodalidad es el camino que Dios espera de la Iglesia del tercer milenio.
***
Lo que el Señor nos pide, en cierto sentido, ya está todo contenido en la palabra «Sínodo». Caminar juntos –laicos, pastores, Obispo de Roma– es un concepto fácil de expresar con palabras, pero no es tan fácil ponerlo en práctica.
Después de haber reafirmado que el Pueblo de Dios está constituido por todos los bautizados, «consagrados como casa espiritual y sacerdocio santo»,6 el Concilio Vaticano II proclama que «la totalidad de los fieles que tienen la unción del Santo (cf. 1 Jn 2,20 y 27) no puede equivocarse en la fe. Se manifiesta esta propiedad suya, tan peculiar, en el sentido sobrenatural de la fe de todo el pueblo: cuando “desde los obispos hasta el último de los laicos cristianos” muestran estar totalmente de acuerdo en cuestiones de fe y de moral».7 Aquel famoso infalibile «in credendo».
En la Exhortación Apostólica Evangelii gaudium he subrayado como «el Pueblo de Dios es santo por esta unción que lo hace infalible “in credendo”»,8 agregando que «cada uno de los bautizados, cualquiera que sea su función en la Iglesia y el grado de instrucción de su fe, es un agente evangelizador, y sería inadecuado pensar en un esquema de evangelización llevado adelante por actores calificados donde el resto del pueblo fiel sea sólo receptivo de sus acciones».9 El sensus fidei impide separar rígidamente entre Ecclesia docens y Ecclesia dicens, ya que también la grey tiene su «olfato» para encontrar nuevos caminos que el Señor abre a la Iglesia.10
Esta es la convicción que me ha guiado cuando he deseado que el Pueblo de Dios viniera consultado en la preparación de la doble cita sinodal sobre la familia. Como se ha hecho por lo general con cada «Lineamenta». Ciertamente, una consulta de este tipo en modo alguno podría bastar para escuchar el sensus fidei. Pero, ¿cómo sería posible hablar de la familia sin interpelar a las familias, escuchar sus gozos y esperanzas, sus tristezas y angustias?11 Por medio de las respuestas de los dos cuestionarios enviados a las Iglesia particulares, hemos tenido la posibilidad de escuchar al menos algunas de ellas sobre cuestiones que las afectan muy de cerca y sobre las cuales tienen mucho que decir.
Una Iglesia sinodal es una Iglesia de la escucha, con la conciencia de que escuchar «es más que oír».12 Es una escucha reciproca en la cual cada uno tiene algo que aprender. Pueblo fiel, colegio episcopal, Obispo de Roma: uno en escucha de los otros; y todos en escucha del Espíritu Santo, el «Espíritu de verdad» (Jn 14,17), para conocer lo que él «dice a las Iglesias» (Ap 2,7).
El Sínodo de los Obispos es el punto de convergencia de este dinamismo de escucha llevado a todos los ámbitos de la vida de la Iglesia. El camino sinodal comienza escuchando al pueblo, que «participa también de la función profética de Cristo»,13 según un principio muy estimado en la Iglesia del primer milenio: «Quod omnes tangit ab omnibus tractari debet». El camino del Sínodo prosigue escuchando a los Pastores. Por medio de los Padres sinodales, los obispos actúan como auténticos custodios, intérpretes y testimonios de la fe de toda la Iglesia, que deben saber distinguir atentamente de los flujos muchas veces cambiantes de la opinión pública. En la vigilia del Sínodo del año pasado decía: «Pidamos ante todo al Espíritu Santo, para los padres sinodales, el don de la escucha: escucha de Dios, hasta escuchar con él el clamor del pueblo; escucha del pueblo, hasta respirar en él la voluntad a la que Dios nos llama».14 Además, el camino sinodal culmina en la escucha del Obispo de Roma, llamado a pronunciarse como «Pastor y Doctor de todos los cristianos»:15 no a partir de sus convicciones personales, sino como testigo supremo de la fides totius Ecclesiae, «garante de la obediencia y la conformidad de la Iglesia a la voluntad de Dios, al Evangelio de Cristo y a la Tradición de la Iglesia».16
El hecho que el Sínodo actúe siempre cum Petro et sub Petro –por tanto no sólo cum Petro, sino también sub Petr – no es una limitación de la libertad, sino una garantía de la unidad. En efecto el Papa es por voluntad del Señor, «el principio y fundamento perpetuo y visible de unidad, tanto de los obispos como de la muchedumbre de fieles».17
Con esto se relaciona el concepto de «hierarchica communio», usado por el Concilio Vaticano II: los obispos están unidos al Obispo de Roma por el vínculo de la comunión episcopal (cum Petro) y al mismo tiempo están jerárquicamente sometidos a él como jefe del Colegio (sub Petro).18
***
La sinodalidad, como dimensión constitutiva de la Iglesia, nos ofrece el marco interpretativo más adecuado para comprender el mismo ministerio jerárquico. Si comprendemos que, como dice san Juan Crisóstomo, «Iglesia y Sínodo son sinónimos»19 –porque la Iglesia no es otra cosa que el «caminar juntos» de la grey de Dios por los senderos de la historia que sale al encuentro de Cristo el Señor– entendemos también que en su interior nadie puede ser «elevado» por encima de los demás. Al contrario, en la Iglesia es necesario que alguno «se abaje» para ponerse al servicio de los hermanos a lo largo del camino.
Jesús ha constituido la Iglesia poniendo en su cumbre al Colegio apostólico, en el que el apóstol Pedro es la «roca» (cf. Mt 16,18), aquel que debe «confirmar» a los hermanos en la fe (cf. Lc 22,32). Pero en esta Iglesia, como en una pirámide invertida, la cima se encuentra por debajo de la base. Por eso, quienes ejercen la autoridad se llaman «ministros»: porque, según el significado originario de la palabra, son los más pequeños de todos. Cada Obispo, sirviendo al Pueblo de Dios, llega a ser para la porción de la grey que le ha sido encomendada, vicarius Christi,20 vicario de Jesús, quien en la Última Cena se inclinó para lavar los pies de los apóstoles (cf. Jn 13,1-15). Y, en un horizonte semejante, el mismo Sucesor de Pedro es el servus servorum Dei.21
Nunca lo olvidemos. Para los discípulos de Jesús, ayer, hoy y siempre, la única autoridad es la autoridad del servicio, el único poder es el poder de la cruz, según las palabras del Maestro: «ustedes saben que los jefes de las naciones dominan sobre ellas y los poderosos les hacen sentir su autoridad. Entre ustedes no debe suceder así. Al contrario, el que quiera ser grande, que se haga servidor de ustedes; y el que quiera ser primero, que se haga esclavo» (Mt 20,25-27). «Entre ustedes no debe suceder así»: en esta expresión alcanzamos el corazón mismo del misterio de la Iglesia -«entre ustedes no debe suceder así»- y recibimos la luz necesaria para comprender el servicio jerárquico.
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En una Iglesia sinodal, el Sínodo de los Obispos es la más evidente manifestación de un dinamismo de comunión que inspira todas las decisiones eclesiales.
El primer nivel de ejercicio de la sinodalidad se realiza en las Iglesias particulares. Después de haber citado la noble institución del Sínodo diocesano, en el cual presbíteros y laicos están llamados a colaborar con el obispo para el bien de toda la comunidad eclesial,22 el Código de Derecho Canónico dedica amplio espacio a lo que usualmente se llaman los «organismos de comunión» de la Iglesia particular: el consejo presbiteral, el colegio de los consultores, el capítulo de los canónigos y el consejo pastoral.23 Solamente en la medida en la cual estos organismos permanecen conectados con lo «bajo» y parten de la gente, de los problemas de cada día, puede comenzar a tomar forma una Iglesia sinodal: tales instrumentos, que algunas veces proceden con desanimo, deben ser valorizados como ocasión de escucha y participación.
El segundo nivel es aquel de las provincias y de las regiones eclesiásticas, de los consejos particulares y, en modo especial, de las conferencias episcopales.24 Debemos reflexionar para realizar todavía más, a través de estos organismos, las instancias intermedias de la colegialidad, quizás integrando y actualizando algunos aspectos del antiguo orden eclesiástico. El deseo del Concilio de que tales organismos contribuyen a acrecentar el espíritu de la colegialidad episcopal todavía no se ha realizado plenamente. Estamos a mitad de camino, en una parte del camino. En una Iglesia sinodal, como ya afirmé, «no es conveniente que el Papa reemplace a los episcopados locales en el discernimiento de todas las problemáticas que se plantean en sus territorios. En este sentido, percibo la necesidad de avanzar en una saludable “descentralización”».25
El último nivel es el de la Iglesia universal. Aquí el Sínodo de los Obispos, representando al episcopado católico, se transforma en expresión de la colegialidad episcopal dentro de una Iglesia toda sinodal.26 Eso manifiesta la collegialitas affectiva, la cual puede volverse en algunas circunstancias «efectiva», que une a los obispos entre ellos y con el Papa, en el cuidado por el pueblo de Dios.27
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El compromiso de edificar una Iglesia sinodal –misión a la cual todos estamos llamados, cada uno en el papel que el Señor le confía– está grávido de implicaciones ecuménicas. Por esta razón, hablando con una Delegación del Patriarcado de Constantinopla, he reiterado recientemente la convicción de que «el atento examen sobre cómo se articulan en la vida de la Iglesia el principio de la sinodalidad y el servicio de quien preside ofrecerá una aportación significativa al progreso de las relaciones entre nuestras Iglesias».28
Estoy convencido de que, en una Iglesia sinodal, también el ejercicio del primado petrino podrá recibir mayor luz. El Papa no está, por sí mismo, por encima de la Iglesia; sino dentro de ella como bautizado entre los bautizados y dentro del Colegio episcopal como obispo entre los obispos, llamado a la vez –como Sucesor del apóstol Pedro– a guiar a la Iglesia de Roma, que preside en la caridad a todas las iglesias.29
Mientras reitero la necesidad y la urgencia de pensar «en una conversión del papado»,30 de buen grado repito las palabras de mi predecesor el Papa san Juan Pablo II: «Como Obispo de Roma soy consciente [...], que la comunión plena y visible de todas las Comunidades, en las que gracias a la fidelidad de Dios habita su Espíritu, es el deseo ardiente de Cristo. Estoy convencido de tener al respecto una responsabilidad particular, sobre todo al constatar la aspiración ecuménica de la mayor parte de las Comunidades cristianas y al escuchar la petición que se me dirige de encontrar una forma de ejercicio del primado que, sin renunciar de ningún modo a lo esencial de su misión, se abra a una situación nueva».31
Nuestra mirada se extiende también a la humanidad. Una Iglesia sinodal es como un estandarte alzado entre las naciones (cf. Is 11,12) en un mundo que –aun invocando participación, solidaridad y la transparencia en la administración de lo público– a menudo entrega el destino de poblaciones enteras en manos codiciosas de pequeños grupos de poder. Como Iglesia que «camina junto» a los hombres, partícipe de las dificultades de la historia, cultivamos el sueño de que el redescubrimiento de la dignidad inviolable de los pueblos y de la función de servicio de la autoridad podrán ayudar a la sociedad civil a edificarse en la justicia y la fraternidad, fomentando un mundo más bello y más digno del hombre para las generaciones que vendrán después de nosotros.32 Gracias.
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1 Cf. Carta del Santo Padre Francisco al Secretario general del Sínodo de los Obispos, Card. Lorenzo Baldisseri, con motivo de la elevación a la dignidad episcopal del subsecretario, rev. Mons. Fabio Fabene (1 abril 2014).
2 Cf. Pablo VI, Discurso al inicio de los trabajos en el Aula Sinodal - Synodus Episcoporum (30 septiembre 1967).
3 Cart. ap. Apostolica sollicitudo, promulgada "Motu proprio" (15 septiembre de 1965), Proemio.
4 Discurso al final de la VI Asamblea general ordinaria del Sínodo de los Obispos (29 octubre 1983).
5 Cf. AAS 98 (2006), 755-779.
6 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, sobre la Iglesia, 10.
7 Ibíd., 12.
8 N. 119.
9 Ibíd., 120.
10 Cf. Discurso en el encuentro con el Comité de coordinación del Celam, Rio de Janeiro (28 julio 2013), 5,4; Discurso en el encuentro con el clero, personas de vida consagrada y miembros de consejos pastorales, Asís (4 octubre 2013).
11 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Gaudium et spes, sobre la Iglesia en el mundo actual, 1.
12 Exort. ap. Evangelii gaudium (24 noviembre 2013), 171.
13 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, sobre la Iglesia, 12.
14 Discurso durante la Vigilia de oración en preparación al Sínodo para la familia (4 octubre 2014).
15 Conc. Vat. I, Cost. dogm. Pastor aeternus, cap. IV; cf. Código de Derecho Canónico, can. 749 § 1.
16 Discurso en la clausura de la III Asamblea general extraordinaria del Sínodo de los Obispos (18 octubre 2014).
17 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, sobre la Iglesia, 23; cf. Conc. Vat. I, Cost. dogm. Pastor aeternus. Prólogo.
18 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, sobre la Iglesia, 22; Decr. Christus Dominus,sobre la función pastoral de los obispos, 4.
19 Explicatio in Ps. 149: PG 55, 493.
20 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, sobre la Iglesia, 27.
21 Cf. Discurso en la clausura de la III Asamblea general extraordinaria del Sínodo de los Obispos (18 octubre 2014).
22 Cf. Código de Derecho Canónico, cann. 460-468.
23 Cf. ibíd., cann. 495-514.
24 Cf. ibíd., cann. 431-459.
25 Exort. ap. Evangelii gaudium (24 noviembre 2013), 16; cf. ibíd, 32.
26 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, sobre la función pastoral de los obispos, 5; Código de Derecho Canónigo, cann. 342-348.
27 Cf. Juan Pablo II, Exort. ap. postsinod. Pastores gregis (16 octubre 2003), 8.
28 Discurso a una Delegación Ecuménica del Patriarcado de Constantinopla (27 junio 2015).
29 Cf. San Ignacio de Antioquia, Ad Romanos, Proemio: PG 5, 686.
30 Exort. ap. Evangelii gaudium (24 noviembre 2013), 32.
31 Cart. enc. Ut unum sint (25 mayo 1995), 95.
32 Cf. Exort. ap. Evangelii gaudium, 186-192; Cart. enc. Laudato si', (24 mayo 2015), 156-162.
[01750-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Beatitudes, Eminências, Excelências, Irmãos e Irmãs!
A comemoração do cinquentenário da instituição do Sínodo dos Bispos, em pleno andamento da Assembleia Geral Ordinária, é para todos nós motivo de alegria, louvor e agradecimento ao Senhor. Desde o Concílio Vaticano II até à actual Assembleia, temos vindo a experimentar de forma cada vez mais intensa a necessidade e a beleza de «caminhar juntos».
Nesta feliz circunstância, desejo saudar cordialmente o Senhor Cardeal Lorenzo Baldisseri, Secretário-Geral, juntamente com o Subsecretário D. Fabio Fabene, os oficiais, os consultores e restantes colaboradores da Secretaria Geral do Sínodo dos Bispos, pessoas que, nos bastidores, trabalham todos os dias pela noite dentro. Juntamente com eles, saúdo e agradeço pela sua presença os padres sinodais, os outros participantes na Assembleia em curso e ainda quantos estão presentes nesta Aula.
Neste momento, queremos recordar também aqueles que, ao longo de cinquenta anos, trabalharam ao serviço do Sínodo, começando pelos sucessivos Secretários-Gerais: os Cardeais Władysław Rubin, Jozef Tomko, Jan Pieter Schotte e o Arcebispo Nikola Eterović. Aproveito esta ocasião para expressar do fundo do coração a minha gratidão a quantos, vivos ou mortos, contribuíram com generoso e competente empenho para o desenrolar da actividade sinodal.
Desde o início do meu ministério como Bispo de Roma, pretendi valorizar o Sínodo, que constitui um dos legados mais preciosos da última sessão conciliar.1 Segundo o Beato Paulo VI, o Sínodo dos Bispos devia repropor a imagem do Concílio Ecuménico e reflectir o seu espírito e o seu método.2 O mesmo Pontífice previa que o organismo sinodal, «com o passar do tempo, poderia ser aperfeiçoado».3 Fazia-lhe eco, vinte anos depois, São João Paulo II ao afirmar que «talvez este instrumento possa tornar-se ainda melhor. Talvez a responsabilidade colegial possa expressar-se no Sínodo de uma forma ainda mais plena».4 Por fim, em 2006, Bento XVI aprovava algumas variações no Ordo Synodi Episcoporum, à luz também das disposições do Código de Direito Canónico e do Código dos Cânones das Igrejas Orientais, entretanto promulgados.5
Devemos continuar por esta estrada. O mundo, em que vivemos e que somos chamados a amar e servir mesmo nas suas contradições, exige da Igreja o reforço das sinergias em todas as áreas da sua missão. O caminho da sinodalidade é precisamente o caminho que Deus espera da Igreja do terceiro milénio.
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Aquilo que o Senhor nos pede, de certo modo está já tudo contido na palavra «Sínodo». Caminhar juntos – leigos, pastores, Bispo de Roma – é um conceito fácil de exprimir em palavras, mas não é assim fácil pô-lo em prática.
Depois de ter reafirmado que o Povo de Deus é constituído por todos os baptizados chamados a «serem casa espiritual, sacerdócio santo»,6 o Concílio Vaticano II proclama que «a totalidade dos fiéis que receberam a unção do Santo (cf. 1 Jo 2, 20.27), não pode enganar-se na fé; e esta sua propriedade peculiar manifesta-se por meio do sentir sobrenatural da fé do Povo todo, quando este, desde os bispos até ao último dos leigos fiéis, manifesta consenso universal em matéria de fé e costumes».7 Aquele famoso infalível «in credendo»: não pode enganar-se na fé.
Na exortação apostólica Evangelii gaudium, sublinhei como «o povo de Deus é santo em virtude desta unção, que o torna infalível “in credendo”»,8 acrescentando que «cada um dos baptizados, independentemente da própria função na Igreja e do grau de instrução da sua fé, é um sujeito activo de evangelização, e seria inapropriado pensar num esquema de evangelização realizado por agentes qualificados enquanto o resto do povo fiel seria apenas receptor das suas acções».9 O sensus fidei impede uma rígida separação entre Ecclesia docens e Ecclesia discens, já que também o Rebanho possui a sua «intuição» para discernir as novas estradas que o Senhor revela à Igreja.10
Foi esta convicção que me guiou ao querer que o Povo de Deus fosse consultado na preparação do duplo encontro sinodal sobre a família, como habitualmente se tem feito e faz com qualquer «Lineamenta». Certamente, uma consulta do género não poderia de modo algum ser suficiente para auscultar o sensus fidei. Mas, como teria sido possível falar da família sem interpelar as famílias, auscultando as suas alegrias e as suas esperanças, os seus sofrimentos e as suas angústias?11 Através das respostas aos dois questionários enviados às Igrejas particulares, tivemos a possibilidade de ouvir pelo menos algumas delas a propósito de questões que lhes tocam de perto e sobre as quais têm muito a dizer.
Um Igreja sinodal é uma Igreja da escuta, ciente de que escutar «é mais do que ouvir».12 É uma escuta recíproca, onde cada um tem algo a aprender. Povo fiel, Colégio Episcopal, Bispo de Roma: cada um à escuta dos outros; e todos à escuta do Espírito Santo, o «Espírito da verdade» (Jo 14, 17), para conhecer aquilo que Ele «diz às Igrejas» (Ap 2, 7).
O Sínodo dos Bispos é o ponto de convergência deste dinamismo de escuta, efectuado a todos os níveis da vida da Igreja. O caminho sinodal começa por escutar o povo, que «participa também da função profética de Cristo»,13 de acordo com um princípio caro à Igreja do primeiro milénio: «Quod omnes tangit ab omnibus tractari debet». O caminho do Sínodo continua escutando os pastores. Através dos padres sinodais, os bispos agem como autênticos guardiões, intérpretes e testemunhas da fé de toda a Igreja, que devem saber cuidadosamente distinguir dos fluxos frequentemente mutáveis da opinião pública. Na véspera do Sínodo do ano passado, afirmava: «Para os padres sinodais pedimos antes de mais nada, do Espírito Santo, o dom da escuta: escuta de Deus até ouvir com Ele o grito do povo; escuta do povo, até respirar nele a vontade a que Deus nos chama».14 Finalmente, o caminho sinodal culmina na escuta do Bispo de Roma, chamado a pronunciar-se como «Pastor e Doutor de todos os cristãos»:15 não a partir das suas convicções pessoais, mas como suprema testemunha da fides totius Ecclesiae, «garante da obediência e da conformidade da Igreja com a vontade de Deus, o Evangelho de Cristo e a Tradição da Igreja».16
O facto de o Sínodo agir sempre cum Petro et sub Petro – por conseguinte, não só cum Petro, mas também sub Petro – não é uma restrição da liberdade, mas uma garantia da unidade. Com efeito, o Papa é, por vontade do Senhor, «perpétuo e visível fundamento da unidade, não só dos bispos, mas também da multidão dos fiéis».17 Ligado a isto está o conceito de «ierarchica communio», usado pelo Concílio Vaticano II: os bispos estão unidos ao Bispo de Roma pelo vínculo da comunhão episcopal (cum Petro) e, ao mesmo tempo, estão hierarquicamente sujeitos a ele como Cabeça do Colégio (sub Petro).18
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A sinodalidade, como dimensão constitutiva da Igreja, oferece-nos o quadro interpretativo mais apropriado para compreender o próprio ministério hierárquico. Se compreendermos que, como diz São João Crisóstomo, «Igreja e Sínodo são sinónimos»,19 – pois a Igreja nada mais é do que este «caminhar juntos» do Rebanho de Deus pelas sendas da história ao encontro de Cristo Senhor –, entenderemos também que dentro dela ninguém pode ser «elevado» acima dos outros. Pelo contrário, na Igreja, é necessário que alguém «se abaixe» pondo-se ao serviço dos irmãos ao longo do caminho.
Jesus constituiu a Igreja, colocando no seu vértice o Colégio Apostólico, no qual o apóstolo Pedro é a «rocha» (cf. Mt 16, 18), aquele que deve «confirmar» os irmãos na fé (cf. Lc 22, 32). Mas nesta Igreja, como numa pirâmide invertida, o vértice encontra-se abaixo da base. Por isso, aqueles que exercem a autoridade chamam-se «ministros», porque, segundo o significado original da palavra, são os menores no meio de todos. É servindo o Povo de Deus que cada bispo se torna, para a porção do Rebanho que lhe está confiada, vicarius Christi,20 vigário daquele Jesus que, na Última Ceia, Se ajoelhou a lavar os pés dos Apóstolos (cf. Jo 13, 1-15). E, num tal horizonte, o Sucessor de Pedro nada mais é do que servus servorum Dei.21
Nunca nos esqueçamos disto! Para os discípulos de Jesus, ontem, hoje e sempre, a única autoridade é a autoridade do serviço, o único poder é o poder da cruz, segundo as palavras do Mestre: «Sabeis que os chefes das nações as governam como seus senhores, e que os grandes exercem sobre elas o seu poder. Não seja assim entre vós. Pelo contrário, quem entre vós quiser fazer-se grande, seja o vosso servo; e quem no meio de vós quiser ser o primeiro, seja vosso servo» (Mt 20, 25-27). «Não seja assim entre vós»: nesta frase, chegamos ao próprio coração do mistério da Igreja – «não seja assim entre vós» – e recebemos a luz necessária para compreender o serviço hierárquico.
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Numa Igreja sinodal, o Sínodo dos Bispos é apenas a manifestação mais evidente dum dinamismo de comunhão que inspira todas as decisões eclesiais.
O primeiro nível de exercício da sinodalidade realiza-se nas Igrejas particulares. Depois de recordar a nobre instituição do Sínodo diocesano, no qual presbíteros e leigos são chamados a colaborar com o bispo para o bem de toda a comunidade eclesial,22 o Código de Direito Canónico dedica amplo espaço aos habitualmente chamados «organismos de comunhão» da Igreja particular: o Conselho Presbiteral, o Colégio dos Consultores, o Cabido de Cónegos e o Conselho Pastoral.23 Só na medida em que estes organismos permanecerem ligados a «baixo» e partirem do povo, dos problemas do dia-a-dia, é que pode começar a tomar forma uma Igreja sinodal: tais instrumentos, que por vezes se movem com fadiga, devem ser valorizados como ocasião de escuta e partilha.
O segundo nível é o das Províncias e das Regiões Eclesiásticas, dos Concílios Particulares e, de modo especial, das Conferências Episcopais.24 Devemos reflectir para se realizarem ainda mais, através destes organismos, as instâncias intermédias da colegialidade, talvez integrando e actualizando alguns aspectos do ordenamento eclesiástico antigo. O desejo do Concílio de que tais organismos possam contribuir para aumentar o espírito da colegialidade episcopal ainda não se realizou plenamente. Estamos a meio do caminho, com uma parte do caminho. Numa Igreja sinodal, como disse, «não convém que o Papa substitua os episcopados locais no discernimento de todas as problemáticas que sobressaem nos seus territórios. Neste sentido, sinto a necessidade de proceder a uma salutar “descentralização”».25
O último nível é o da Igreja universal. Aqui o Sínodo dos Bispos, representando o episcopado católico, torna-se expressão da colegialidade episcopal dentro duma Igreja toda sinodal.26 Duas palavras diferentes: «colegialidade episcopal» e «Igreja toda sinodal». Isto manifesta a collegialitas affectiva, a qual pode mesmo tornar-se, nalgumas circunstâncias, «efectiva», que une os Bispos entre si e com o Papa na solicitude pelo Povo de Deus.27
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O compromisso de edificar uma Igreja sinodal – missão a que todos somos chamados, cada qual na função que o Senhor lhe confia – está cheio de implicações ecuménicas. Por esta razão ainda recentemente, ao dirigir-me a uma delegação do patriarcado de Constantinopla, reafirmei a convicção de que «o exame atento do modo como se entrelaçam na vida da Igreja o princípio da sinodalidade e o serviço daquele que preside oferecerá uma contribuição significativa para o progresso das relações entre as nossa Igrejas».28
Estou convencido de que, numa Igreja sinodal, também o exercício do primado petrino poderá receber maior luz. O Papa não está, sozinho, acima da Igreja; mas, dentro dela, como baptizado entre baptizados e, dentro do Colégio Episcopal, como bispo entre os bispos, chamado simultaneamente – como Sucessor do apóstolo Pedro – a guiar a Igreja de Roma que preside no amor a todas as Igrejas.29
Ao mesmo tempo que reitero a necessidade e a urgência de pensar «numa conversão do papado»,30 de bom grado repito as palavras do meu predecessor, o Papa João Paulo II: «Como Bispo de Roma sei bem (…) que a comunhão plena e visível de todas as Comunidades, nas quais em virtude da fidelidade de Deus habita o seu Espírito, é o desejo ardente de Cristo. Estou convicto de ter a este propósito uma responsabilidade particular, sobretudo quando constato a aspiração ecuménica da maior parte das Comunidades cristãs, e quando ouço a solicitação que me é dirigida para encontrar uma forma de exercício do primado que, sem renunciar de modo algum ao que é essencial da sua missão, se abra a uma situação nova».31
O nosso olhar estende-se também para a humanidade. Uma Igreja sinodal é como estandarte erguido entre as nações (cf. Is 11, 12) num mundo que, apesar de invocar participação, solidariedade e transparência na administração dos assuntos públicos, frequentemente entrega o destino de populações inteiras nas mãos gananciosas de grupos restritos de poder. Como Igreja que «caminha junta» com os homens, compartilhando as dificuldades da história, cultivamos o sonho de que a redescoberta da dignidade inviolável dos povos e da função de serviço da autoridade poderá ajudar também a sociedade civil a edificar-se na justiça e na fraternidade, gerando um mundo mais belo e mais digno do homem para as gerações que hão-de vir depois de nós.32 Obrigado.
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1 Cf. FRANCISCO, Carta ao Secretário-Geral do Sínodo dos Bispos, Card. Lorenzo Baldisseri, por ocasião da elevação à dignidade episcopal do Subsecretário, Mons. Fabio Fabene, 1 de Abril de 2014.
2 Cf. BEATO PAULO VI, Discurso no início dos trabalhos da I Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos, 30 de Setembro de 1967.
3 BEATO PAULO VI, Motu proprio Apostolica sollicitudo, 15 de Setembro de 1965, proémio.
4 SÃO JOÃO PAULO II, Discurso no encerramento da VI Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos, 29 de Outubro de 1983.
5 Cf. AAS 98 (2006), 755-779.
6 CONC. ECUM. VAT. II, Const. dogm. Lumen gentium, 21 de Novembro de 1964, 10.
7 Ibid., 12.
8 FRANCISCO, Exort. ap. Evangelii gaudium, 24 de Novembro de 2013, 119.
9 Ibid., 120.
10 Cf. FRANCISCO, Discurso no Encontro com os Bispos responsáveis do Conselho Episcopal Latino-Americano (CELAM) reunidos em Comissão de Coordenação, Rio de Janeiro, 28 de Julho de 2013, 5, 4; IDEM, Discurso no Encontro com o Clero, Pessoas de Vida Consagrada e Membros dos Conselhos Pastorais, Assis, 4 de Outubro de 2013.
11 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Const. past. Gaudium et spes, 7 de Dezembro de 1965, 1.
12 FRANCISCO, Exort. ap. Evangelii gaudium, 171.
13 CONC. ECUM. VAT. II, Const. dogm. Lumen gentium, 12.
14 FRANCISCO, Discurso na Vigília de Oração de preparação para o Sínodo sobre a Família, 4 de Outubro de 2014.
15 CONC. ECUM. VAT. I, Const. dogm. Pastor Aeternus, 18 de Julho de 1870, cap. IV: Denz. 3074. Cf. Código de Direito Canónico, cân. 749, § 1.
16 FRANCISCO, Discurso na conclusão da III Assembleia Geral Extraordinária do Sínodo dos Bispos, 18 de Outubro de 2014.
17 CONC. ECUM. VAT. II, Const. dogm. Lumen gentium, 23. Cf. CONC. ECUM. VAT. I, Const. dogm. Pastor Aeternus, Prólogo: Denz. 3051.
18 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Const. dogm. Lumen gentium, 22; Decr. Christus Dominus, 28 de Outubro de 1965, 4.
19 SÃO JOÃO CRISÓSTOMO, Explicatio in Psalmos, 149: PG 55, 493.
20 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Const. dogm. Lumen gentium, 27.
21 Cf. FRANCISCO, Discurso na conclusão da III Assembleia Geral Extraordinária do Sínodo dos Bispos, 18 de Outubro de 2014.
22 Cf. Código de Direito Canónico, câns. 460-468.
23 Cf. ibid., câns. 495-514.
24 Cf. ibid., câns. 431-459.
25 FRANCISCO, Exort. ap. Evangelli gaudium, 16. Cf. ibid., 32.
26 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Christus Dominus, 5; Código de Direito Canónico, câns. 342-348.
27 Cf. SÃO JOÃO PAULO II, Exort. ap. pós-sinodal Pastores gregis, 16 de Outubro de 2003, 8.
28 FRANCISCO, Discurso à Delegação Ecuménica do Patriarcado de Constantinopla, 27 de Junho de 2015.
29 Cf. SANTO INÁCIO DE ANTIOQUIA, Epistula ad Romanos, proémio: PG 5, 686.
30 FRANCISCO, Exort. ap. Evangelii gaudium, 32.
31 SÃO JOÃO PAULO II, Carta enc. Ut unum sint, 25 de Maio de 1995, 95.
32 Cf. FRANCISCO, Exort. ap. Evangelli gaudium, 186-192; Carta enc. Laudato si’, 24 de Maio de 2015, 156-162.
[01750-PO.01] [Texto original: Italiano]
[B0794-XX.03]