Intervento del Card. Antonio Maria Vegliò
Intervento di S.E. Mons. Joseph Kalathiparambil
Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la conferenza stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che a livello ecclesiale sarà celebrata il 17 gennaio 2016, sul tema: Migranti e Rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia.
Intervengono alla conferenza stampa il Card. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e S.E. Mons. Joseph Kalathiparambil, Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:
Intervento del Card. Antonio Maria Vegliò
Ho il grande onore e il privilegio di presentare il Messaggio del Santo Padre Francesco in occasione della celebrazione annuale della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che, a livello di Chiesa universale, avrà luogo domenica 17 gennaio 2016 e avrà per tema “Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della Misericordia”.
Da un lato, la celebrazione della Giornata Mondiale si inserisce naturalmente nel contesto dell’Anno della Misericordia, punto di riferimento per tutta la Chiesa nei prossimi mesi. Dall’altro, di fronte ad una situazione in cui la migrazione sta assumendo proporzioni immense e a tante tragedie accadute in tutto il mondo, va riconosciuto che questo fenomeno, in tutte le sue forme, ci interpella a dare una risposta.
La Giornata Mondiale, che quest’anno si auspica sia celebrata in tutta la Chiesa a livello nazionale e diocesano come Giornata Giubilare del Migrante e del Rifugiato, diventa così un’opportunità concreta per tutta la comunità cristiana per riflettere, pregare e agire. La migrazione tocca soprattutto le nostre Chiese locali, in quanto ambito più prossimo ai migranti e rifugiati. Lì incontriamo queste persone, faccia a faccia ed è a quel livello che possiamo realizzare concretamente il nostro incontro.
Oggi, con questo intervento tenterò di illustrare il pensiero del Santo Padre, contenuto nel Suo Messaggio per il prossimo anno, alla luce di una caratteristica attestata con particolare frequenza nel Vangelo, cioè la misericordia. Seguirà l’intervento di Sua Eccellenza, Mons. Joseph Kalathiparambil, che presenterà l’aspetto dei rifugiati del Messaggio Pontificio.
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Sullo sfondo dell’immagine di Dio Padre, che manifesta la premura paterna “verso tutti, come fa il pastore con il gregge” ed “è particolarmente sensibile alle necessità della pecora ferita, stanca o malata”, Papa Francesco descrive la realtà dell’attuale contesto mondiale, affermando che “i flussi migratori sono in continuo aumento in ogni area del pianeta”. La presenza di tante persone in movimento – migranti, profughi e persone in fuga dalle loro patrie – interpella i singoli e le collettività, poiché sfida il tradizionale modo di vivere, la prospettiva, l’orizzonte culturale e sociale con cui tutti devono confrontarsi. Le difficoltà di tanti migranti e rifugiati esigono attenzione e sensibilità nei confronti di questa situazione globale.
Non si può rimanere indifferenti e in silenzio di fronte a tante tragedie che accadono nel mondo. Non si può che esprimere il più sentito dolore di fronte a tali situazioni di sofferenza: sono uomini e donne – spesso poveri, affamati, perseguitati, feriti spiritualmente o fisicamente, sfruttati o vittime di guerra – che cercano una vita migliore. In un mondo spesso caratterizzato oggi dalla globalizzazione dell’indifferenza che fa abituare alla sofferenza dell’altro, Papa Francesco afferma che “il Vangelo della misericordia scuote le coscienze, (…) e indica vie di risposta che si radicano nelle virtù teologali della fede, della speranza e della carità, declinandosi nelle opere di misericordia spirituale e corporale”.
Ecco la base sulla quale si fonda il tema scelto dal Santo Padre per la prossima Giornata Mondiale. Nella sua struttura, escludendo la parte introduttiva e la conclusione, il Messaggio in effetti si divide in due parti. Nella prima sezione del documento, il Papa evidenzia tre “questioni” sulle quali i migranti interpellano sia gli individui sia le comunità.
In primo luogo, possiamo notare la questione dell’attuale crisi umanitaria nell’ambito della migrazione, esistente non soltanto in Europa ma presente in tutto il mondo. Migranti e rifugiati interpellano la nostra sensibilità nei confronti di questa crisi umanitaria. Nota il Pontefice: “Le storie drammatiche di milioni di uomini e donne interpellano la Comunità internazionale, di fronte all’insorgere di inaccettabili crisi umanitarie in molte zone del mondo”. Questa realtà, come scrive il Santo Padre, necessita un approfondimento della situazione per poter conoscere meglio le cause che producono le migrazioni, insieme con le conseguenze che ne derivano nei luoghi di arrivo ma anche in un panorama globale, e così affrontare il fenomeno in modo giusto e in cui la salvaguardia della dignità umana sia rispettata. L’attuale situazione di emergenza, però, non permette che si perda tempo in questo momento, e richiede un’azione immediata. Il pericolo esistente – afferma Papa Francesco – è quello dell’indifferenza e del silenzio che ci fa diventare complice “quando assistiamo come spettatori alle morti per soffocamento, stenti, violenze e naufragi”.
In secondo luogo, il Messaggio rileva la questione dell’identità. “Chi emigra” scrive il Santo Padre nel Suo Messaggio “è costretto a modificare taluni aspetti che definiscono la propria persona e, anche se non lo vuole, forza al cambiamento anche chi lo accoglie”. L’arrivo del migrante in un nuovo contesto sociale, infatti, richiede un processo di mutuo adattamento ad una nuova situazione. Il migrante non può soltanto cercare di soddisfare le esigenze della propria esistenza, come trovare lavoro e un’abitazione, per stabilirsi bene nel nuovo luogo. Il suo inserimento nella nuova società richiede anche uno sforzo interiore che necessita altresì di cambiamenti negli elementi della sua identità per adattarsi al nuovo contesto sociale e culturale. Possiamo elencare, per esempio, il bisogno fondamentale di imparare la lingua locale, ma anche quello di mostrare un profondo rispetto per la cultura, storia ed eredità del popolo che accoglie il migrante.
Dall’altra, l’arrivo del migrante “interpella seriamente le diverse società che li accolgono” affinché il processo d’inserimento e d’integrazione sia rispettoso dei valori che “rendono l’uomo sempre più uomo nel giusto rapporto con Dio, con gli altri e con il creato”, ma che allo stesso tempo permette al migrante di poter contribuire alla crescita della società che lo accoglie. Il Santo Padre invita a trovare un equilibrio delicato tra i due estremi, evitando di creare un ghetto culturale, da una parte, e ogni traccia di nazionalismo estremo o xenofobico dall’altra.
Infine, il Messaggio del Santo Padre evidenzia la questione dell’accoglienza. Papa Francesco inizia dagli aspetti positivi, citando molte istituzioni, associazioni, movimenti, gruppi impegnati, organismi diocesani, nazionali e internazionali, che “sperimentano lo stupore e la gioia della festa dell’incontro, dello scambio e della solidarietà”. La comunità cristiana cerca di riconoscere il volto di Gesù e di ascoltare la Sua parola raccontataci nella parabola del Giudizio Finale (cfr. Mt 25). La Chiesa ha una “parola” profetica nell’opera di sensibilizzazione all’accoglienza che risuona con forza attraverso le diverse azioni e le opere di cui si fanno carico concretamente le comunità cristiane. È la sensibilizzazione che nasce dall’impegno e dall’agire quotidiano. Dall’altra, continua il Papa, in questa era di grandi movimenti migratori, si scopre che gli stranieri sono spesso bersaglio di sospetto e timore. Diversi dibattiti “sulle condizioni e sui limiti da porre all’accoglienza” si stanno accendendo a diversi livelli – dibattiti che hanno luogo non solo in ambito politico, ma anche in alcune comunità cristiane “che vedono minacciata la tranquillità tradizionale”.
Di fronte a tali questioni e domande, afferma il Santo Padre: “La risposta del Vangelo è la misericordia”. Così, entriamo nella seconda parte della struttura del Messaggio, in cui possiamo mettere in luce altre tre temi.
La misericordia porta alla solidarietà verso il prossimo: “[La misericordia] alimenta e irrobustisce la solidarietà verso il prossimo come esigenza di risposta all’amore gratuito di Dio”. Vi è un rapporto stretto tra il ricevere il dono gratuito dell’amore misericordioso di Dio e la risposta dell’uomo. L’esperienza della misericordia, nota il Pontefice, porta ad una gioia che, poi, vuole essere espressa nell’amore ricambiato verso il prossimo. La carità è il dono di Dio misericordioso che, allo stesso tempo, nutre e stimola il servizio e la solidarietà verso il prossimo. La solidarietà però non rimane soltanto espressione di rispetto e di assistenza caritatevole per l’altro, comporta anche – scrive il Papa - “la cura di buoni contatti personali e la capacità di superare pregiudizi e paure”.
Tutto questo è indispensabile nella seconda direttrice evidenziata del Pontefice nel Messaggio: la misericordia porta a coltivare la cultura dell’incontro. Si tratta di un concetto importante nel pensiero del Santo Padre poiché appare spesso nel contesto della migrazione. Infatti, il Papa l’ha già accennato nei suoi due messaggi precedenti per le Giornate Mondiali del 2014 e 2015. La cultura dell’incontro interpella tutti affinché ciascuno sia disposto non soltanto a dare, ma anche a ricevere dagli altri, e tende a costruire comunione e unità, il che implica anche uno scambio reciproco. “L’ospitalità, infatti” – scrive il Pontefice, “vive del dare e del ricevere”.
La complessità del fenomeno migratorio rende difficile separare i diversi aspetti, come quello politico o legislativo, quello umanitario o quello della sicurezza. La prospettiva della cultura dell’incontro implica lo sguardo alla persona del migrante nel suo insieme, con tutti i suoi aspetti. Anzitutto, non si riduce il fenomeno solo alle statistiche o ai numeri. Siamo di fronte a persone umane, che hanno un volto, una storia reale, una famiglia e concrete esperienze che non vanno trascurate. Questo è importante, poiché stiamo parlando dell’accoglienza di persone concrete, non di idee astratte. Allo stesso tempo, la cultura dell’incontro richiede anche da parte dei migranti lo sforzo di assumere “responsabilmente dei doveri nei confronti di chi li accoglie, rispettando con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che li ospita, obbedendo alle sue leggi e contribuendo ai suoi oneri”. Così, la presenza dei migranti non diventa solo una mera giustapposizione di culture differenti nel medesimo territorio, ma un incontro di popoli, dove la proclamazione del Vangelo “ispira e incoraggia itinerari che rinnovano e trasformano l’intera umanità”.
Il terzo argomento, rilevato dal Santo Padre nel Suo Messaggio, è la difesa del diritto di ciascuno a vivere con dignità, rimanendo nella propria Patria. Scrive Papa Francesco: “La Chiesa affianca tutti coloro che si sforzano per difendere il diritto di ciascuno a vivere con dignità, anzitutto esercitando il diritto a non emigrare per contribuire allo sviluppo del Paese d’origine”. Nello spirito della Gaudium et Spes, ogni persona ha il diritto ad emigrare – un diritto iscritto tra quelli fondamentali che spettano ad ogni essere umano. Ma oltre e prima di questo va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra.
Anzitutto, osserva Papa Francesco, questo comporta la necessità di aiutare i Paesi da cui partono i migranti e rifugiati. “La solidarietà, la cooperazione, l’interdipendenza internazionale e l’equa distribuzione dei beni della terra” – scrive il Papa nel Messaggio – “sono elementi fondamentali per operare in profondità e con incisività soprattutto nelle aree di partenza dei flussi migratori”. La necessità di risposte non si limita solo alla guerra agli scafisti o alla restrizione delle norme sull’immigrazione, ma bisogna tenere presente che chi gode di prosperità dovrebbe mettere a disposizione dei poveri e dei bisognosi (intesi sia individualmente che come nazioni) i mezzi con cui poter rispondere ai loro bisogni ed entrare nella via dello sviluppo mediante un’equa distribuzione delle risorse del pianeta. Pianificando gli investimenti, i singoli imprenditori e le nazioni meglio sviluppate dovrebbero tenere conto degli urgenti bisogni economici dei Paesi emergenti. La proprietà e il possesso acquistano senso solo quando offrono all’uomo l’opportunità di adempiere i propri compiti con dignità nella vita sociale ed economica, con attenzione a raggiungere il bene comune.
Infine, aggiunge il Pontefice, “è indispensabile che l’opinione pubblica sia informata in modo corretto, anche per prevenire ingiustificate paure e speculazioni sulla pelle dei migranti”. I mass-media, come osserva il Santo Padre, hanno un ruolo di grande responsabilità. È importante che essi aiutino a smascherare falsi pregiudizi sulla migrazione, mostrandola nel modo più autentico possibile.
* * *
Il Santo Padre conclude il suo Messaggio ricordando l’immagine biblica dell’accoglienza del forestiero come accoglienza di Dio stesso, esortando i migranti e i rifugiati a non lasciarsi rubare la speranza e la gioia che viene dall’esperienza della misericordia di Dio. Anche quest’anno, le sue parole si collocano nel richiamo biblico all’icona della Santa Famiglia esule in Egitto, alla cui intercessione Papa Francesco affida la loro vita, e tutti coloro che dedicano energie, tempo e risorse alla cura delle migrazioni.
Mi unisco alla voce del Santo Padre per esprimere personale apprezzamento e gratitudine alle persone che sono al servizio dei migranti. Le ringrazio per la loro dedizione e il loro coraggio, e auguro che lo Spirito Santo continui a mantenere viva nelle loro opere la “fantasia della carità” che esprimono verso tutte le persone in movimento.
Grazie per la vostra attenzione.
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NOTA - MIGRANTI
Nel 2013, al livello globale, vi erano circa 232 milioni di migranti internazionali, un numero che è aumentato di oltre 77 milioni, pari al 50%, tra il 1990 e il 20131. Tra questi, circa il 59% (136 milioni) abita nelle regioni sviluppate del globo, mentre le regioni in via di sviluppo ospitano circa il restante 41% (96 milioni di migranti)2.
Dei circa 136 milioni di migranti internazionali che abitano nel Nord del mondo, circa 82 milioni (pari al 60%) sono nati in un Paese in via di sviluppo, mentre i restanti 54 milioni (ossia il 40%) sono nati in un altro Paese del Nord3.
Dei circa 96 milioni di migranti internazionali che abitano nel Sud del mondo, circa 82 milioni (86%) sono nati nel Sud del mondo, mentre i restanti 14 milioni (14%) provengono dal Nord del mondo4.
Dal 2010 al 2013, l’aumento del numero di migranti internazionali è sceso a circa 3,6 milioni all’anno. Durante questo periodo, l’Europa ha ricevuto il numero più grande (1,1 milioni all’anno), seguita da Asia (1,0 milioni) e America del Nord (0,6 milioni). In Africa, si è registrato un incremento annuo di 0,5 milioni, nonostante un forte calo del numero di rifugiati5.
A livello globale, la percentuale di donne migranti è rimasta relativamente stabile, passando dal 49,1% del 2000 al 48,0% del 2013. Dal 2000 al 2013 in Australia e Nuova Zelanda, America del Nord, America del Sud ed Europa occidentale, la percentuale è aumentata in parte a causa della maggiore aspettativa di vita delle donne. Al contrario, la quota di donne migranti in Africa è scesa dal 47,2 al 45,9%, mentre in Asia è passata dal 45,4 al 41,6% nello stesso periodo, a causa della crescente domanda di lavoro manuale6.
Il numero di migranti internazionali sotto i 20 anni è aumentato da 30,9 milioni nel 2000 a 34.900.000 nel 2013 ed ha avuto luogo nel paesi in via di sviluppo. Di conseguenza, la quota globale di giovani migranti ospitati nel mondo in via di sviluppo è salita dal 56% nel 2000 al 62% nel 2013. Dal 2000 al 2013 l’Asia ha il maggior numero di giovani migranti - quasi 3,1 milioni. Al contrario, nello stesso periodo l’America settentrionale ha visto il numero dei migranti internazionali minorenni diminuire di 0,6 milioni. Nel 2013, la percentuale di migranti che hanno meno di 20 anni era più alta in Africa (30%), seguita da America Latina e Caraibi (24%).7
In generale, si notano quattro assi di migrazione: Nord-Nord, Sud-Sud, Nord-Sud e Sud-Nord e secondo il World Migration Report 2013 dell’Organizzazione Mondiale per la Migrazione (OIM), i più comuni corridoi per ciascuna delle assi di migrazione sono8:
- Nord-Nord: la migrazione dalla Germania verso gli Stati Uniti d’America, seguita da quella dal Regno Unito verso l’Australia; infine il movimento migratorio dal Canada, dalla Repubblica di Corea e dal Regno Unito verso gli Stati Uniti d’America.
- Sud-Sud: la migrazione dall’Ucraina verso la Federazione Russa, seguita da quella in direzione inversa dalla Federazione Russa verso l’Ucraina; quindi la migrazione dal Bangladesh verso il Bhutan, e quella dal Kazakhstan verso la Federazione Russa e l’Afghanistan.
- Sud-Nord: al primo posto, la migrazione dal Messico verso gli Stati Uniti d’America, seguita da quella dalla Turchia verso la Germania; infine la migrazione dalle Filippine, dalla Cina e dall’India verso gli Stati Uniti d’America.
- Nord-Sud: dagli Stati Uniti d’America verso il Messico e il Sudafrica, seguita dalla migrazione dalla Germania verso la Turchia, quella dal Portogallo verso il Brasile e, infine, quella dall’Italia verso l’Argentina.
Vi sono anche due altre caratteristiche delle migrazioni moderne che, dal punto di vista della pastorale della Chiesa, hanno un significato rilevante. La prima, notata dallo stesso rapporto dell’OIM del 2013, è che la maggioranza dei migranti nel mondo sono uomini, tranne il caso lungo l’asse Nord-Nord, dove la migrazione è a maggioranza femminile9.
La seconda, anch’essa evidenziata dallo stesso rapporto, è che vi è una migrazione sempre più giovane nel Sud del mondo. In particolare, si rilevano tre trend distinti per quanto riguarda l’età dei migranti10. Al primo posto, la percentuale dei migranti fino a 24 anni di età è molto più elevata al Sud rispetto a quella del Nord, specialmente nella fascia d’età tra 0 e 14 anni. In secondo luogo, al contrario, nella fascia di età lavorativa (tra 19 e 65 anni di vita) vi è una presenza più forte nei Paesi del Nord del mondo. Infine, le statistiche mostrano una maggior presenza di migranti internazionali al Sud del mondo nelle fasce di età più avanzate, ed è una presenza soprattutto femminile. Questo, secondo il rapporto, si spiega grazie a migliori condizioni di vita o alle difficoltà a ritornare al Paese d’origine.
* * *
NOTA - RIFUGIATI
(secondo l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM) - ultimo aggiornamento: 29 settembre 2015)
* arrivi in Europa via mare nel 2015:
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522.134
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* morti/scomparsi nel 2015:
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2.892 (nel 2014 erano già 3.036)
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Arrivi in Europa via mare:
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522.134 totale
|
dei quali:
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130.891 in ITALIA
|
|
388.324 in GRECIA
|
|
2.819 in SPAGNA
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100 in MALTA
|
5 principali Paesi di origine (nel 2015)
VERSO L’ITALIA:
- Eritrea
|
30.708
|
- Nigeria
|
15.113
|
- Somalia
|
8.790
|
- Sudan
|
7.126
|
- Siria
|
6.710
|
VERSO LA GRECIA:
- Siria
|
175.375
|
- Afghanistan
|
50.177
|
- Pakistan
|
11.289
|
- Albania
|
10.985
|
- Iraq
|
9.059
|
Nel 2015, i migranti non sono morti soltanto nel Mar Mediterraneo. Secondo le statistiche, nel 2015 (fino al 25 settembre), nel mondo sono morti 3.903 migranti (solo le morti documentate) nelle seguenti zone:
Mediterraneo
|
2.892
|
Golfo del Bengala
|
460
|
confine USA/Messico
|
133
|
Europa
|
114
|
Sudest asiatico
|
99
|
Corno d’Africa
|
86
|
Sahara
|
48
|
Caraibi
|
46
|
Sudest Africano
|
30
|
America Centrale
|
19
|
Est asiatico
|
15
|
Africa meridionale
|
2
|
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(statistiche dell’ACNUR (Global Trends 2014 – pubblicato il 7 gennaio 2015))
Nel mondo ci sono circa 46,3 milioni fra rifugiati e sfollati interni.
Dopo la Siria (che ha 7,6 milioni di sfollati interni e 3.880.000 rifugiati) e l’Afghanistan (2.590.000), i principali Paesi d’origine dei rifugiati sono:
la Somalia - oltre 1,1 milioni di persone sparse principalmente fra Kenya, Etiopia e Yemen;
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il Sudan
|
670.000
|
|
il Sud Sudan
|
509.000
|
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la Rep. Dem. del Congo
|
493.000
|
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il Myanmar
|
480.000
|
|
l’Iraq
|
426.000
|
|
la Colombia
|
397.000
|
|
Quanto alle nazioni ospitanti, invece, oltre 1,6 milioni di cittadini afgani hanno trovato rifugio in Pakistan.
Libano
|
1.100.000 Persone nei campi profughi
|
Iran
|
982.000
|
|
Turchia
|
824.000
|
|
Giordania
|
737.000
|
|
Etiopia
|
588.000
|
|
Kenya
|
537.000
|
|
Ciad
|
455.000
|
|
|
Altre informazioni pertinenti a livello mondiale:
- nel solo 2014, ci sono stati 13.900.000 nuovi migranti forzati – 4 volte il numero del 2010.
- 19,5 milioni di rifugiati nel 2014, rispetto ai 16,7 milioni del 2013;
- 38,2 milioni di sfollati all’interno del proprio Paese nel 2014, rispetto ai 33,3 milioni del 2013;
- 1,8 milioni in attesa dell’esito delle domande d’asilo nel 2014, rispetto agli 1,2 milioni del 2013;
- più della metà dei rifugiati a livello mondiale sono bambini.
- Quasi 9 rifugiati su 10 (circa l’86%) si trovavano in regioni e paesi considerati economicamente meno sviluppati.
- Più di un quarto di tutti i rifugiati erano collocati in Paesi classificati nella lista delle Nazioni meno sviluppate, compilata dalle Nazioni Unite.
__________________
1 United Nations Department of Economic and Social Affairs, Population Division (2013), Trends in International Migrant Stock: The 2013 Revision - Migrants by Age and Sex.
2 United Nations Department of Economic and Social Affairs, International Migration Report 2013, 1.
3 United Nations Department of Economic and Social Affairs, International Migration Report 2013, 1.
4 United Nations Department of Economic and Social Affairs, International Migration Report 2013, 1.
5 United Nations General Assembly, International Migration and Development. Report of the Secretary-General (A/68/190 del 25 luglio 2015), p.6.
6 United Nations General Assembly, International Migration and Development. Report of the Secretary-General (A/68/190 del 25 luglio 2015), p.6.
7 United Nations General Assembly, International Migration and Development. Report of the Secretary-General (A/68/190 del 25 luglio 2015), p.6.
8 Cfr. International Organization for Migration, World Migration Report 2013, p. 62.
9 Cfr. International Organization for Migration, World Migration Report 2013, p. 65.
10 Cfr. International Organization for Migration, World Migration Report 2013, p. 66.
[01597-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Intervento di S.E. Mons. Joseph Kalathiparambil
Quest’anno, la presentazione del Messaggio Pontificio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato cade in un momento particolare, in cui tutti siamo chiamati a orientare lo sguardo verso la realtà dei rifugiati che, anche se presente ormai da anni, oggi più che mai è fortemente sottoposta all’attenzione delle comunità.
Come sottolinea il Santo Padre in questo suo Messaggio, “nella nostra epoca, i flussi migratori sono in continuo aumento in ogni area del pianeta: profughi e persone in fuga dalle loro patrie interpellano i singoli e le collettività, sfidando il tradizionale modo di vivere e, talvolta, sconvolgendo l’orizzonte culturale e sociale con cui vengono a confronto”.
In questo contesto, ci chiediamo qual è la posizione della Chiesa, cosa sta facendo e cosa ancora può fare.
In primo luogo, la Chiesa si fa portavoce dei più deboli davanti alla comunità internazionale, denunciando ingiustizie e indifferenza, sensibilizzando la società, incoraggiando la solidarietà e favorendo il dialogo.
In secondo luogo, la Chiesa s’impegna a offrire risposte concrete. È importante ricordare il lavoro, tante volte silenzioso, che da tempo portano avanti le diocesi, le congregazioni religiose e le associazioni e i movimenti ecclesiali. Ma vogliamo e dobbiamo fare ancora di più.
Nel Messaggio, il Papa sollecita tutti ad affrontare il fenomeno migratorio con l’amore di Cristo e afferma che “la risposta del Vangelo è la misericordia”.
E, a questo proposito, non possiamo non ricordare l’appello del Papa durante l’Angelus di domenica 6 settembre quando ha chiesto di accogliere i rifugiati nelle comunità ecclesiali. A questo invito molti stanno già dando risposte concrete e generose.
Il Messaggio Pontificio ci sprona a riflettere su come possiamo vivere le mutazioni migratorie per trasformarle in opportunità per un’autentica crescita umana, sociale e spirituale ripensando a ciò che si sta facendo a livello politico, pubblico ed ecclesiale per capire come si può migliorare.
Certamente, è importante accogliere con generosità chi arriva ma il passo più importante da compiere è quello che porta ad affrontare le cause che producono le migrazioni forzate. È indispensabile eliminare i problemi alla radice e, così come ci suggerisce anche il Santo Padre, “questo processo dovrebbe includere, nel suo primo livello, la necessità di aiutare i Paesi da cui partono migranti e profughi”. Per questo, l’impegno primario sta nell’edificazione della pace e della giustizia, avviando percorsi di riconciliazione nei Paesi in cui sono in atto conflitti e aiutando lo sviluppo integrale delle zone di provenienza dei flussi migratori. A tutti va riconosciuto il diritto a vivere una vita dignitosa nel proprio Paese di origine.
Questo particolare momento è anche un’opportunità per mettere la persona al centro di ogni decisione, rivedendo sia gli investimenti pubblici in ambito sociale che le politiche e le legislazioni attualmente vigenti in materia di migrazione e asilo perché offrano risposte più adeguate alle nuove situazioni.
All’appello del Papa anche le singole comunità sono chiamate a rispondere e affrontare la situazione in modo costruttivo innanzitutto partendo dall’accoglienza che è sicuramente una ricchezza sia per chi la riceve sia per chi la offre. Siamo consapevoli delle difficoltà che possono nascere ma è importante che l’accoglienza sia fraterna trasformando, come dice il Papa nel Messaggio, “coloro che accolgono nell’abbraccio del Padre”. Ecco perché ciò che si vuole offrire è sì una casa, ma allo stesso tempo anche un tessuto umano di relazioni. Tutta la comunità è chiamata ad accogliere, ma saranno poi le singole famiglie a offrire ai rifugiati l’appoggio necessario, donando un’“ospitalità sanatrice”.
Vorrei ricordare, inoltre, il ruolo centrale dello Stato in quanto primo responsabile dell’accoglienza dei rifugiati e dei profughi e massimo garante della loro protezione. La Chiesa non vuole sostituirlo, ma desidera essergli di sostegno. Tutto si deve realizzare nel dialogo tra le relative autorità civili.
L’accoglienza ecclesiale deve essere ben organizzata e coordinata, sapendo che la buona volontà, pur essendo importante, non è sufficiente.
Scopo primario dell’ospitare è l’integrazione dei rifugiati nella società offrendo loro gli strumenti adatti per raggiungere l’autonomia necessaria ed evitando di cadere nell’assistenzialismo e, come suggerisce il Santo Padre, proponendo itinerari di integrazione a breve e a lungo termine che vadano oltre la risposta immediata che ci viene richiesta. A questo riguardo è sempre più urgente differenziare gli interventi per i richiedenti asilo e per chi, invece, ha già ottenuto lo status di rifugiati o un’altra forma di protezione internazionale che garantisce una permanenza nel territorio; in questo modo è possibile concretizzare percorsi adeguati di accompagnamento.
È inoltre importante non trascurare i singoli interventi da considerare al momento dell’accoglienza tra i quali rientrano gli aspetti legali, sanitari, psicologici, lavorativi, finanziari, religiosi, culturali ed educativi.
Siamo convinti che l’accoglienza sia un gesto di misericordia cristiano e umano necessario, ma c’è bisogno di uno sforzo nella coordinazione e nell’accompagnamento per mettere al centro l’ospite in arrivo e per offrire alle comunità la possibilità di rispondere al meglio alla sollecitazione “Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia”.
[01598-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0745-XX.01]