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Parole di ringraziamento di Benedetto XVI, Papa emerito, in occasione del conferimento del dottorato “honoris causa” da parte della Pontificia Università “Giovanni Paolo II” di Cracovia e dell’Accademia di Musica di Cracovia (Polonia), 04.07.2015


Testo in lingua italiana

Testo in lingua tedesca

Traduzione in lingua polacca

Questa mattina a Castel Gandolfo, il Papa emerito Benedetto XVI, ha ricevuto il dottorato honoris causa da parte della Pontificia Università “Giovanni Paolo II” di Cracovia e dell’Accademia di Musica di Cracovia (Polonia). A conferire le due Lauree è stato il Card. Stanisław Dziwisz, Arcivescovo di Cracovia, Gran Cancelliere della Pontificia Università “Giovanni Paolo II”.

Riportiamo di seguito le parole di ringraziamento che Benedetto XVI ha pronunciato nel corso della cerimonia:

Testo in lingua italiana

Eminenza!

Eccellenze!

Magnificenze!

Illustri Signori Professori!

Signore e Signori!

In questo momento non posso che esprimere il mio più grande e cordiale ringraziamento per l’onore che mi avete riservato conferendomi il doctoratus honoris causa. Ringrazio il Gran Cancelliere la cara Eminenza il Cardinale Stanisław Dziwisz e le autorità Accademiche di tutti e due gli Atenei. Mi rallegra soprattutto il fatto che in questo modo è divenuto ancor più profondo il mio legame con la Polonia, con Cracovia, con la patria del nostro grande santo Giovanni Paolo II. Perché senza di lui il mio cammino spirituale e teologico non è neanche immaginabile. Con il suo esempio vivo egli ci ha anche mostrato come possano andare mano nella mano la gioia della grande musica sacra e il compito della partecipazione comune alla sacra liturgia, la gioia solenne e la semplicità dell’umile celebrazione della fede.

Negli anni del post-concilio, su questo punto si era manifestato con rinnovata passione un antichissimo contrasto. Io stesso sono cresciuto nel Salisburghese segnato dalla grande tradizione di questa città. Qui andava da sé che le messe festive accompagnate dal coro e dall’orchestra fossero parte integrante della nostra esperienza della fede nella celebrazione della liturgia. Rimane indelebilmente impresso nella mia memoria come, ad esempio, non appena risuonavano le prime note della Messa dell’incoronazione di Mozart, il cielo quasi si aprisse e si sperimentasse molto profondamente la presenza del Signore. - E grazie anche a voi, che mi avete fatto sentire Mozart, e anche al Coro: dei grandi canti! - Accanto a questo, tuttavia, era comunque già presente anche la nuova realtà del Movimento liturgico, soprattutto tramite uno dei nostri cappellani che più tardi divenne vice-reggente e poi rettore del Seminario maggiore di Frisinga. Durante i miei studi a Monaco di Baviera, poi, molto concretamente sono sempre più entrato all’interno del Movimento liturgico attraverso le lezioni del professor Pascher, uno dei più significativi esperti del Concilio in materia liturgica, e soprattutto attraverso la vita liturgica nella comunità del seminario. Così a poco a poco divenne percepibile la tensione fra la participatio actuosa conforme alla liturgia e la musica solenne che avvolgeva l’azione sacra, anche se non la avvertii ancora così forte.

Nella Costituzione sulla liturgia del Concilio Vaticano II è scritto molto chiaramente: «Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra» (114). D’altro canto il testo evidenzia, quale categoria liturgica fondamentale, la participatio actuosa di tutti i fedeli all’azione sacra. Quel che nella Costituzione sta ancora pacificamente insieme, successivamente, nella recezione del Concilio, è stato sovente in un rapporto di drammatica tensione. Ambienti significativi del Movimento liturgico ritenevano che, per le grandi opere corali e financo per le messe per orchestra, in futuro ci sarebbe stato spazio solo nelle sale da concerto, non nella liturgia. Qui ci sarebbe potuto esser posto solo per il canto e la preghiera comune dei fedeli. D’altra parte c’era sgomento per l’impoverimento culturale della Chiesa che da questo sarebbe necessariamente scaturito. In che modo conciliare le due cose? Come attuare il Concilio nella sua interezza? Queste erano le domande che si imponevano a me e a molti altri fedeli, a gente semplice non meno che a persone in possesso di una formazione teologica.

A questo punto forse è giusto porre la domanda di fondo: Che cos’è in realtà la musica? Da dove viene e a cosa tende?

Penso si possano localizzare tre “luoghi” da cui scaturisce la musica.

Una sua prima scaturigine è l’esperienza dell’amore. Quando gli uomini furono afferrati dall’amore, si schiuse loro un’altra dimensione dell’essere, una nuova grandezza e ampiezza della realtà. Ed essa spinse anche a esprimersi in modo nuovo. La poesia, il canto e la musica in genere sono nati da questo essere colpiti, da questo schiudersi di una nuova dimensione della vita.

Una seconda origine della musica è l’esperienza della tristezza, l’essere toccati dalla morte, dal dolore e dagli abissi dell’esistenza. Anche in questo caso si schiudono, in direzione opposta, nuove dimensioni della realtà che non possono più trovare risposta nei soli discorsi.

Infine, il terzo luogo d’origine della musica è l’incontro con il divino, che sin dall’inizio è parte di ciò che definisce l’umano. A maggior ragione è qui che è presente il totalmente altro e il totalmente grande che suscita nell’uomo nuovi modi di esprimersi. Forse è possibile affermare che in realtà anche negli altri due ambiti – l’amore e la morte – il mistero divino ci tocca e, in questo senso, è l’essere toccati da Dio che complessivamente costituisce l’origine della musica. Trovo commovente osservare come ad esempio nei Salmi agli uomini non basti più neanche il canto, e si fa appello a tutti gli strumenti: viene risvegliata la musica nascosta della creazione, il suo linguaggio misterioso. Con il Salterio, nel quale operano anche i due motivi dell’amore e della morte, ci troviamo direttamente all’origine della musica sacra della Chiesa di Dio. Si può dire che la qualità della musica dipende dalla purezza e dalla grandezza dell’incontro con il divino, con l’esperienza dell’amore e del dolore. Quanto più pura e vera è quest’esperienza, tanto più pura e grande sarà anche la musica che da essa nasce e si sviluppa.

A questo punto vorrei esprimere un pensiero che negli ultimi tempi mi ha preso sempre più, tanto più quanto le diverse culture e religioni entrano in relazione fra loro. Nell’ambito delle diverse culture e religioni è presente una grande letteratura, una grande architettura, una grande pittura e grandi sculture. E ovunque c’è anche la musica. E tuttavia in nessun’altro ambito culturale c’è una musica di grandezza pari a quella nata nell’ambito della fede cristiana: da Palestrina a Bach, a Händel, sino a Mozart, Beethoven e Bruckner. La musica occidentale è qualcosa di unico, che non ha eguali nelle altre culture. E questo - mi sembra - ci deve far pensare.

Certo, la musica occidentale supera di molto l’ambito religioso ed ecclesiale. E tuttavia essa trova comunque la sua origine più profonda nella liturgia nell’incontro con Dio. In Bach, per il quale la gloria di Dio rappresenta ultimamente il fine di tutta la musica, questo è del tutto evidente. La risposta grande e pura della musica occidentale si è sviluppata nell’incontro con quel Dio che, nella liturgia, si rende presente a noi in Cristo Gesù. Quella musica, per me, è una dimostrazione della verità del cristianesimo. Laddove si sviluppa una risposta così, è avvenuto un incontro con la verità, con il vero creatore del mondo. Per questo la grande musica sacra è una realtà di rango teologico e di significato permanente per la fede dell’intera cristianità, anche se non è affatto necessario che essa venga eseguita sempre e ovunque. D’altro canto è chiaro però anche che essa non può scomparire dalla liturgia e che la sua presenza può essere un modo del tutto speciale di partecipazione alla celebrazione sacra, al mistero della fede.

Se pensiamo alla liturgia celebrata da san Giovanni Paolo II in ogni continente, vediamo tutta l’ampiezza delle possibilità espressive della fede nell’evento liturgico; e vediamo anche come la grande musica della tradizione occidentale non sia estranea alla liturgia, ma sia nata e cresciuta da essa e in questo modo contribuisca sempre di nuovo a darle forma. Non conosciamo il futuro della nostra cultura e della musica sacra. Ma una cosa è mi sembra chiara: dove realmente avviene l’incontro con il Dio vivente che in Cristo viene verso di noi, lì nasce e cresce nuovamente anche la risposta, la cui bellezza viene dalla verità stessa.

L’attività delle due università che mi conferiscono – mi hanno conferito - questo dottorato honoris causa – per il quale posso ancora dire grazie di tutto cuore - rappresenta un contributo essenziale affinché il grande dono della musica che proviene dalla tradizione della fede cristiana resti vivo e sia di aiuto perché la forza creativa della fede anche in futuro non si estingua. Per questo ringrazio di cuore tutti voi, non solo per l’onore che mi avete riservato, ma anche per tutto il lavoro che svolgete a servizio della bellezza della fede. Il Signore vi benedica tutti.

[01162-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Testo in lingua tedesca

Eminenz!

Magnifizenzen!

Sehr verehrte Herren Professoren!

Meine Damen und Herren!

In dieser Stunde kann ich nur ein großes Wort herzlichen Dankes sagen für die Ehre, die Sie mir mit dem Doctoratus honoris causa geschenkt haben. Mein Dank gilt besonders dem Großkanzler, der lieben Eminenz Kardinal Stanisław Dziwisz, und den akademischen Autoritäten der beiden Akademischen Institutionen. Ich freue mich vor allem, daß auf diese Weise meine Verbindung mit Polen, mit Krakau, mit der Heimat unseres großen heiligen Johannes Paul II. noch tiefer geworden ist. Denn ohne ihn ist mein geistlicher und theologischer Weg nicht denkbar. Er hat uns auch durch sein lebendiges Beispiel gezeigt, wie die Freude an der großen Kirchenmusik und der Auftrag zur gemeinsamen Teilnahme an der heiligen Liturgie, wie die festliche Freude und die Einfachheit der demütigen Feier des Glaubens miteinander gehen können.

An dieser Stelle war ja ein uralter Gegensatz in den Jahren der Nachkonzilszeit mit neuer Leidenschaft aufgebrochen. Ich selber bin im Traditionsraum von Salzburg aufgewachsen. Die festlichen Messen mit Chor und Orchester gehörten ganz selbstverständlich zu unserem gläubigen Erleben der Liturgie. Es bleibt mir unvergessen, wie zum Beispiel mit den ersten Klängen der Krönungsmesse von Mozart irgendwie der Himmel aufging und die Gegenwart des Herrn ganz tief zu erleben war. Aber daneben war doch auch schon die neue Welt der Liturgischen Bewegung gegenwärtig, besonders durch einen unserer Kapläne, der später Subregens und Regens in Freising wurde. In meinem Studium in München bin ich dann durch die Vorlesungen von Professor Pascher, einem der bedeutenden Konzilsexperten, und vor allem durch das liturgische Leben in der Seminargemeinschaft ganz konkret in die Liturgische Bewegung hineingewachsen. So wurde langsam die Spannung zwischen der der Liturgie gemäßen participatio actuosa und der die heilige Handlung überwölbenden festlichen Musik spürbar, auch wenn ich sie noch nicht allzu stark empfunden habe.

In der Liturgie-Konstitution des II. Vatikanischen Konzils steht ganz klar der Satz: „Der Schatz der heiligen Musik muß mit größter Sorge bewahrt und gefördert werden“ (114). Auf der anderen Seite steht die Betonung der participatio actuosa aller Gläubigen am heiligen Geschehen als liturgische Grundkategorie im Text. Was in der Konstitution noch friedlich beieinander ist, ist dann in der Rezeption des Konzils in eine oft dramatische Spannung zueinander getreten. Maßgebende Kreise der Liturgischen Bewegung waren der Meinung, die großen Chorwerke und gar die Orchester-Messen hätten in Zukunft nur noch Raum in den Konzertsälen, nicht in der Liturgie. In ihr könne nur das gemeinsame Singen und Beten aller Gläubigen Platz haben. Auf der anderen Seite war da das Erschrecken über die kulturelle Verarmung der Kirche, die damit verbunden sein mußte. Wie läßt sich beides zusammenbringen? Wie ist das Konzil in seiner Ganzheit zu verwirklichen – das waren die Fragen, die sich mir und vielen anderen Gläubigen, einfachen Menschen wie theologisch Gebildeten, aufdrängten.

Vielleicht ist es richtig, an dieser Stelle die Grundfrage zu stellen: Was ist das überhaupt – Musik? Was ist ihr Woher und was ist ihr Wozu? Ich denke, man könne drei Ursprungsorte der Musik ausmachen.

- Ein erster Ursprung ist die Erfahrung der Liebe. Wenn Menschen von der Liebe ergriffen wurden, ging eine andere Dimension des Seins auf, eine neue Größe und Weite der Wirklichkeit. Und die drängte auch zu einer neuen Weise sich auszudrücken. Poesie, Gesang und Musik überhaupt sind ganz von selbst durch dieses Getroffensein, durch dieses Eröffnetsein einer neuen Dimension des Lebens entstanden.

- Ein zweiter Ursprungort der Musik ist die Erfahrung der Trauer, die Berührung durch den Tod, durch Leid und die Abgründe des Daseins. Auch hier eröffnen sich, nach der anderen Seite hin, neue Dimensionen der Wirklichkeit, die mit dem Reden allein nicht mehr beantwortet werden können.

- Endlich der dritte Ursprungsort der Musik ist die Begegnung mit dem Göttlichen, die von Anfang an zum Menschsein gehört. Hier erst recht ist das ganz Andere und Große da, das im Menschen neue Weisen hervorruft sich auszudrücken. Vielleicht kann man sagen, daß in Wirklichkeit auch in den beiden anderen Bereichen – Liebe und Tod – uns das göttliche Geheimnis berührt und in diesem Sinn insgesamt das Angerührtwerden von Gott Ursprung der Musik ist. Ich finde es bewegend zu sehen, wie etwa in den Psalmen den Menschen auch das Singen nicht mehr ausreicht, sondern alle Instrumente aufgerufen werden – die verborgene Musik der Schöpfung, ihre geheimnisvolle Sprache geweckt wird. Mit dem Psalterium, in dem ja auch die beiden Motive Liebe und Tod immer wirksam sind, stehen wir direkt am Ursprung der Musik der Kirche Gottes. Man kann wohl sagen, daß die Qualität der Musik an der Reinheit und Größe der Begegnung mit dem Göttlichen, mit der Erfahrung der Liebe und des Schmerzes steht. Je reiner und je wahrer diese Erfahrung ist, desto reiner und größer wird auch die Musik sein, die daraus hervorwächst.

An dieser Stelle möchte ich einen Gedanken vorbringen, der mich in letzter Zeit immer mehr beschäftigt, je mehr die verschiedenen Kulturen und Religionen miteinander in Beziehung treten. Es gibt große Literatur, große Architektur, große Malerei, große Skulpturen in den verschiedensten kulturellen und religiösen Räumen. Überall gibt es auch Musik. Aber Musik von der Größenordnung, wie sie im Raum des christlichen Glaubens entstanden ist – von Palestrina, Bach, Händel zu Mozart, zu Beethoven und zu Bruckner – gibt es in keinem anderen Kulturraum. Die abendländische Musik ist etwas Einzigartiges, ohne Entsprechung in anderen Kulturen. Dies muß uns zu denken geben.

Natürlich reicht die abendländische Musik weit über den Bereich des Kirchlichen und Religiösen hinaus. Aber ihren inneren Quellort hat sie doch in der Liturgie. Bei Bach, für den die Herrlichkeit Gottes letztlich Ziel aller Musik war, ist dies ganz deutlich. In der Begegnung mit dem Gott, der uns in der Liturgie in Jesus Christus begegnet, ist die große und reine Antwort der abendländischen Musik gewachsen. Sie ist für mich ein Wahrheitsbeweis des Christentums. Wo solche Antwort wächst, ist Begegnung mit der Wahrheit, mit dem wahren Schöpfer der Welt geschehen. Deswegen ist die große Kirchenmusik eine Realität von theologischem Rang und von immerwährender Bedeutung für den Glauben der ganzen Christenheit, auch wenn sie keineswegs überall und immer aufgeführt werden muß. Aber andererseits ist doch auch klar, daß sie nicht aus der Liturgie verschwinden darf und daß ihre Gegenwart eine ganz besondere Weise der Teilhabe an der heiligen Feier, am Geheimnis des Glaubens sein kann.

Wenn wir an die vom heiligen Johannes Paul II. in allen Kontinenten gefeierte Liturgie denken, sehen wir die ganze Breite der Ausdrucksmöglichkeit des Glaubens im liturgischen Geschehen, und wir sehen auch, wie die große Musik der abendländischen Tradition nicht liturgiefremd ist, sondern aus ihr gewachsen und so immer neu mitgestaltend. Wir wissen nicht, wie es mit unserer Kultur und mit der Kirchenmusik weitergeht. Aber eines ist klar: Wo wirklich Begegnung mit dem in Christus auf uns zugehenden lebendigen Gott geschieht, wächst auch immer wieder Antwort, deren Schönheit aus der Wahrheit selber kommt.

Die Arbeit der beiden Universitäten, die mir dieses Doktorat honoris causa verleihen, ist ein wesentlicher Beitrag, daß das große Geschenk der Musik, die aus der Überlieferung des Glaubens kommt, lebendig bleibt und helfen wird, daß die schöpferische Kraft des Glaubens auch in Zukunft nicht erlischt. So danke ich Ihnen allen von Herzen, nicht nur für die Ehre, die Sie mir geschenkt haben, sondern für alle Arbeit, die Sie im Dienst der Schönheit des Glaubens tun. Der Herr segne Sie alle.

[01162-DE.01] [Originalsprache: Deutsch]

Traduzione in lingua polacca

Eminencjo,

Magnificencje,

Szanowni Państwo Profesorowie,

Panie i Panowie,

W tej chwili mogę jedynie wyrazić moje najszczersze i najserdeczniejsze podziękowania za wielki zaszczyt, jaki mi zgotowaliście przyznając doctoratus honoris causa. Dziękuję Wielkiemu Kanclerzowi obu Uczelni, Jego Eminencji drogiemu Kardynałowi Stanisławowi Dziwiszowi i wszystkim Władzom akademickim. Cieszę się przede wszystkim, że w ten sposób jeszcze bardziej pogłębił się mój związek z Polską, z Krakowem, z ojczyzną naszego wielkiego świętego Jana Pawła II. Bo bez niego trudno sobie nawet wyobrazić moją drogę duchową i teologiczną. Swoim żywym przykładem ukazał on nam również, jak mogą się ze sobą łączyć radość wielkiej muzyki sakralnej z zadaniem wspólnego uczestnictwa w liturgii, uroczysta radość i pokorna prostota celebracji wiary.

W latach posoborowych, z nową żarliwością ujawnił się bardzo stary spór w tej kwestii. Ja sam wychowałem się w rejonie Salzburga naznaczony wielką tradycją tego miasta. Było tam czymś naturalnym, że uroczyste Msze św. z towarzyszeniem chóru i orkiestry stanowiły integralną część naszego doświadczenia wiary w celebracji liturgii. Na trwałe wpisało się w moją pamięć na przykład, że skoro tylko zabrzmiały pierwsze nuty Mszy Koronacyjnej Mozarta, to jakby otwierało się niebo i można było bardzo głęboko odczuć obecność Pana. Jednakże obok tego obecny już był Ruch Liturgiczny, zwłaszcza za pośrednictwem jednego z naszych kapelanów, którzy później został wicerektorem, a następnie rektorem Wyższego Seminarium Duchownego we Fryzyndze. Później, podczas moich studiów w bawarskim Monachium bardzo konkretnie coraz mocniej wnikałem w ruch liturgiczny poprzez wykłady profesora Josepha Paschera, jednego z najważniejszych ekspertów Soboru w tematyce liturgicznej, a zwłaszcza przez życie liturgiczne we wspólnocie seminaryjnej. Tak więc stopniowo wyczuwalne stało się napięcie między participatio actuosa [aktywnym uczestnictwem] zgodnym z liturgią a uroczystą muzyką, która otaczała działanie sakralne, chociaż jeszcze tego tak silnie nie dostrzegałem.

W Konstytucji o Liturgii Soboru Watykańskiego II napisano bardzo wyraźnie: „Z największą troskliwością należy zachowywać i otaczać opieką skarbiec muzyki kościelnej” (114). Z drugiej strony tekst ten podkreśla jako podstawową kategorię liturgiczną participatio actuosa wszystkich wiernych w świętej czynności. To, co w soborowej Konstytucji jest jeszcze zgodnie złączone, później, w recepcji Soboru, było często stawiane w relacji dramatycznego napięcia. Znaczące środowiska Ruchu Liturgicznego utrzymywały, że dla wielkich dzieł chóralnych i dla mszy na orkiestrę w przyszłości miejsce będzie tylko w salach koncertowych, a nie w liturgii, gdzie może być miejsce tylko dla śpiewu i wspólnej modlitwy wiernych. Z drugiej strony było zakłopotanie z powodu zubożenia kulturowego Kościoła, które musiało stąd wynikać. Jak można pogodzić te dwie rzeczy? Jak realizować Sobór w jego całości? Takie pytania narzucały się mnie i wielu innym wiernym, zarówno ludziom prostym, jak i osobom posiadającym wykształcenie teologiczne.

W tym momencie warto może postawić pytanie podstawowe: Czym właściwie jest muzyka? Skąd pochodzi i do czego zmierza?

Myślę, że można wskazać trzy „miejsca”, z których wypływa muzyka.

Pierwszym jej źródłem jest doświadczenie miłości. Kiedy ludzie byli zauroczeni miłością, otwierał się im inny wymiar istnienia, nowa wielkość i perspektywa rzeczywistości. Pobudzała ona także do wyrażania siebie w nowy sposób. Poezja, śpiew i w ogóle muzyka zrodziły się z tego doświadczenia wstrząsu, z tego otwierania się nowego wymiaru życia.

Drugim źródłem muzyki jest doświadczenie smutku, dotknięcie śmiercią, bólem i otchłaniami istnienia. Także i w tym przypadku otwierają się w przeciwnym kierunku nowe wymiary rzeczywistości, które nie mogą znaleźć odpowiedzi w samych tylko słowach.

Wreszcie trzecim miejscem pochodzenia muzyki jest spotkanie z tym, co Boże, od początku w jakiejś mierze definiującym to, co ludzkie. Tu najbardziej jest obecne coś zupełnie innego i coś zupełnie wielkiego, co pobudza w człowieku nowe sposoby wyrażania siebie. Może da się powiedzieć, że w istocie także w dwóch pozostałych obszarach – miłości i śmierci – dotyka nas tajemnica Boga, a więc tym sensie dotknięcie przez Boga stanowi w sumie źródło muzyki. To wzruszające, gdy dostrzegamy, że na przykład w Psalmach ludziom nie wystarcza już sam tylko śpiew i znajdujemy odwołanie do wszystkich instrumentów: rozbudzona zostaje ukryta muzyka stworzenia, jej tajemniczy język. Wraz z Psałterzem, w którym mamy do czynienia z dwoma motywami miłości i śmierci, znajdujemy się wprost u źródeł muzyki Kościoła Bożego. Można powiedzieć, że jakość muzyki zależy od czystości i wspaniałości spotkania z tym, co Boże, z doświadczeniem miłości i cierpienia. Im bardziej czyste i prawdziwe jest to doświadczenie, tym czystsza i wspanialsza będzie także muzyka, które z niego się rodzi i rozwija.

W tym miejscu chciałbym wyrazić myśl, która w ostatnim czasie pochłaniała mnie coraz bardziej, tym bardziej, im częściej różne kultury i religie wchodzą między sobą w relacje. W ramach najróżniejszych kultur i religii obecna jest wielka literatura, świetna architektura, malarstwo i wspaniałe rzeźby. I wszędzie jest także muzyka. A jednak w żadnym innym środowisku kulturalnym nie ma muzyki o wielkości dorównującej tej, która zrodziła się w kontekście wiary chrześcijańskiej: od Palestriny do Bacha, Haendla, aż po Mozarta, Beethovena i Brucknera. Muzyka zachodnia jest czymś wyjątkowym, nie mającym sobie równych w innych kulturach. To powinno skłonić nas do zastanowienia.

Oczywiście, muzyka zachodnia wykracza daleko poza dziedzinę religijną i kościelną. A jednak swoje najgłębsze źródło znajduje w liturgii, w spotkaniu z Bogiem. Jest to bardzo wyraźne u Bacha, dla którego chwała Boga stanowi w ostateczności cel całej muzyki. Wspaniała i czysta odpowiedź muzyki zachodniej rozwinęła się w spotkaniu z Bogiem, który w liturgii uobecnia się nam w Jezusie Chrystusie. Ta muzyka jest dla mnie wyrażeniem prawdy chrześcijaństwa. Tam, gdzie rozwija się taka odpowiedź, miało miejsce spotkanie z prawdą, z prawdziwym Stwórcą świata. Dlatego wielka muzyka sakralna jest rzeczywistością o randze teologicznej oraz o trwałym znaczeniu dla wiary całego chrześcijaństwa, chociaż nie jest konieczne, aby wykonywana była zawsze i wszędzie. Z drugiej jednak strony, jest również jasne, że nie może zniknąć z liturgii i że jej obecność może być szczególnym sposobem uczestnictwa w świętych obrzędach, w tajemnicy wiary.

Jeśli myślimy o liturgii celebrowanej przez świętego Jana Pawła II na każdym kontynencie, widzimy całą szerokość możliwości ekspresyjnych wiary w wydarzeniu liturgicznym. Widzimy także jak wspaniała muzyka tradycji zachodniej nie jest obca liturgii, ale w niej się zrodziła i rozwinęła, a w ten sposób nieustannie na nowo przyczynia się do jej kształtowania. Nie znamy przyszłości naszej kultury i muzyki sakralnej. Ale jedno jest jasne: tam, gdzie rzeczywiście zachodzi spotkanie z Bogiem żywym, który w Chrystusie przychodzi do nas, tam rodzi się i nieustannie na nowo się rozwija także odpowiedź, której piękno pochodzi z samej prawdy.

Działalność obydwu uczelni, które przyznają mi ten doktorat honoris causa, stanowi istotny przyczynek, aby wielki dar muzyki pochodzącej z tradycji wiary chrześcijańskiej pozostawał żywy i pomagał, by twórcza siła wiary także w przyszłości nie gasła. Za to wam wszystkim serdecznie dziękuję, nie tylko za zaszczyt jakim mnie obdarzyliście, ale także za całą pracę, jaką wykonujecie w służbie pięknu wiary. Niech Pan was wszystkich błogosławi!

[01162-PL.01] [Testo originale: Italiano]

[B0533-XX.02]