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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco a Sarajevo (Bosnia ed Erzegovina) – Incontro con sacerdoti, religiose, religiosi e seminaristi in Cattedrale, 06.06.2015


Incontro con sacerdoti, religiose, religiosi e seminaristi nella Cattedrale di Sarajevo

Discorso pronunciato dal Santo Padre

Discorso preparato dal Santo Padre

Nel pomeriggio, preso congedo dalla Nunziatura Apostolica, il Santo Padre Francesco ha raggiunto in auto la Cattedrale di Sarajevo dedicata al Sacro Cuore di Gesù, dove ha incontrato i sacerdoti, le religiose, i religiosi e i seminaristi.

Accolto al suo arrivo dal Rettore, il Papa si è soffermato in preghiera sulla tomba del Servo di Dio Josip Stadler, primo Arcivescovo di Sarajevo ed edificatore della Cattedrale.

Dopo il saluto di benvenuto dell’Arcivescovo di Sarajevo, Card. Vinko Puljić, un sacerdote, un frate francescano e una religiosa hanno testimoniato davanti al Santo Padre le sofferenze e le persecuzioni da loro subite nel corso della guerra dei Balcani di vent’anni fa.

Colpito dalla loro testimonianza, Papa Francesco ha rivolto ai presenti un discorso a braccio, dando per letto quello che aveva preparato.

Riportiamo di seguito le parole pronunciate a braccio dal Papa e il testo del discorso consegnato:

Discorso pronunciato dal Santo Padre

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua spagnola

Testo in lingua italiana

 

Ho preparato un discorso per voi, ma dopo aver sentito le testimonianze di questo Sacerdote, di questo Religioso, di questa Religiosa, sento il bisogno di parlarvi a braccio.

Loro ci hanno raccontato vita, ci hanno raccontato esperienze, ci hanno raccontato tante cose brutte e belle. Consegno il discorso – che è bello – al Cardinale Arcivescovo.

Le testimonianze parlavano da sole. E questa è la memoria del vostro popolo! Un popolo che dimentica la sua memoria non ha futuro. Questa è la memoria dei vostri padri e madri nella fede: qui hanno parlato solo tre persone, ma dietro di loro ci sono tanti e tante che hanno sofferto le stesse cose.

Care sorelle, cari fratelli, non avete diritto di dimenticare la vostra storia. Non per vendicarvi, ma per fare pace. Non per guardare [a queste testimonianze] come a una cosa strana, ma per amare come loro hanno amato. Nel vostro sangue, nella vostra vocazione, c’è la vocazione, c’è il sangue di questi tre martiri. E c’è il sangue e c’è la vocazione di tante religiose, tanti preti, tanti seminaristi. L’autore della Lettera agli Ebrei ci dice: Mi raccomando, non dimenticatevi dei vostri antenati, quelli che vi hanno trasmesso la fede. Questi [indica i testimoni] vi hanno trasmesso la fede; questi vi hanno trasmesso come si vive la fede. Lo stesso Paolo ci dice: “Non dimenticatevi di Gesù Cristo”, il primo Martire. E questi sono andati sulle tracce di Gesù.

Riprendere la memoria per fare pace. Alcune parole mi sono rimaste nel cuore. Una, ripetuta: “perdono”. Un uomo, una donna che si consacra al servizio del Signore e non sa perdonare, non serve. Perdonare un amico che ti ha detto una parolaccia, con il quale avevi litigato, o una suora che è gelosa di te, non è tanto difficile. Ma perdonare chi ti picchia, chi ti tortura, chi ti calpesta, chi ti minaccia con il fucile per ucciderti, questo è difficile. E loro lo hanno fatto, e loro predicano di farlo!

Un’altra parola che mi è rimasta è quella dei 120 giorni del campo di concentramento. Quante volte lo spirito del mondo ci fa dimenticare questi nostri antenati, le sofferenze dei nostri antenati! Quei giorni sono contati, non per giorno, ma per minuti, perché ogni minuto, ogni ora è una tortura. Vivere tutti insieme, sporchi, senza pasto, senza acqua, con il caldo o con il freddo, e questo per tanto tempo! E noi, che ci lamentiamo quando abbiamo un dente che ci fa male, o che vogliamo avere la tv nella nostra stanza con tante comodità, e che chiacchieriamo della superiora o del superiore quando il pasto non è tanto buono… Non dimenticate, per favore, le testimonianze dei vostri antenati. Pensate a quanto hanno sofferto queste persone; pensate a quei sei litri di sangue che ha ricevuto il padre – il primo che ha parlato – per sopravvivere. E fate una vita degna della Croce di Gesù Cristo.

Suore, sacerdoti, vescovi, seminaristi mondani, sono una caricatura, non servono. Non hanno la memoria dei martiri. Hanno perso la memoria di Gesù Cristo crocifisso, l’unica gloria nostra.

Un’altra cosa che mi viene in mente è quel miliziano che ha dato la pera alla suora; e quella donna musulmana che adesso vive in America, che portò da mangiare… Tutti siamo fratelli. Anche quell’uomo crudele ha pensato… non so che cosa ha pensato, ma ha sentito lo Spirito Santo nel suo cuore e forse ha pensato a sua mamma e ha detto: “Prendi questa pera e non dire nulla”. E quella donna musulmana andava oltre le differenze religiose: amava. Credeva in Dio e faceva del bene.

Cercate il bene di tutti. Tutti hanno la possibilità, il seme del bene. Tutti siamo figli di Dio.

Benedetti voi, che avete così vicine queste testimonianze: non dimenticatele, per favore. La vostra vita cresca con questo ricordo. Io penso a quel sacerdote, al quale è morto il papà quando era bambino, poi è morta la mamma, poi è morta la sorella, ed è rimasto solo… Ma lui era il frutto di un amore, di un amore matrimoniale. Pensate a quella suora martire: anche lei era figlia di una famiglia. E pensate anche al francescano, con due sorelle francescane; e mi viene in mente quello che ha detto il Cardinale Arcivescovo: che cosa succede al giardino della vita, cioè la famiglia? Una cosa brutta, succede: che non fiorisce. Pregate per le famiglie, perché fioriscano in tanti figli e ci siano anche tante vocazioni.

E finalmente, vorrei dirvi che questa è stata una storia di crudeltà. Anche oggi, in questa guerra mondiale vediamo tante, tante, tante crudeltà. Fate sempre il contrario della crudeltà: abbiate atteggiamenti di tenerezza, di fratellanza, di perdono. E portate la Croce di Gesù Cristo. La Chiesa, la santa Madre Chiesa, vi vuole così: piccoli, piccoli martiri, davanti a questi piccoli martiri, piccoli testimoni della Croce di Gesù.

Il Signore vi benedica! E, per favore, pregate per me. Grazie.

[00965-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua inglese

I had prepared an address for you, but after having heard the testimonies of this priest, this Religious Brother and Religious Sister, I feel the need to offer some spontaneous reflections.

They have recounted the story of their life, telling us their experiences, telling us many both horrible and beautiful things. I will give the address I had prepared, which has its own appeal, to the Cardinal Archbishop.

The witnesses accounts speak for themselves. And this is the memory of your people! A people that forgets the past has no future. This is the memory of your fathers and mothers in the faith: only three people have spoken, but behind them there are many, many others who suffered the same things.

Dear sisters, dear brothers, you do not have the right to forget your own history. Not for the purpose of revenge, but rather to make peace. Not to look [at these testimonies] as something odd, but through them to love as they have loved. In your blood, in your vocation, there is the vocation and the blood of these three martyrs. And it is the blood and the vocation of many Religious women and men, many priests, many seminarians. The author of the Letter to the Hebrews writes, I beg you, do not forget your elders, these who have handed on the faith to you. “These” (pointing to the ones who testified) have handed on to you a witness as to how to live the faith. The same author tells us, “Do not forget Jesus Christ”, the first Martyr. And these have walked in the footsteps of the Jesus.

Keeping memory alive so as to make peace. Some words struck my heart. One of them, repeated, “Forgiveness”. A man, a woman who is consecrated to the Lord’s service who does not know how to forgive, is not helpful. To forgive a friend who swore at you, or someone with whom you have argued, or a sister who is jealous of you, this is not all that difficult. But to forgive the one who slaps you in the face, who tortures you, who abuses you, who threatens to shoot you… this is difficult. And these three have done it, and they teach others to do it.

Another thing that struck me in their talks was mention of the one hundred and twenty days spent in the concentration camp. How many times the spirit of the world makes us forget our ancestors, the sufferings of our forebears! Those days are counted, not in days, but by the minute, because every minute, every hour is torture. To live together like this, dirty, with no food or water, in the heat and cold – and for a long time! And we, who complain when we have a toothache, or who want to have a television in our comfortable rooms, or who whisper behind the back of our Superior when the meals are not so good… Do not forget, I beg of you, the witness of your ancestors. Think of how much these persons have suffered; think of the six litres of blood that this priest had to receive – he, the first one who spoke – in order to survive. Conform your lives worthily to the Cross of Christ.

Worldly sisters, priests, bishops, and seminarians are a caricature, and are of no use to the Church. They do not remember the martyrs. They have lost the memory of Jesus Christ crucified, our only glory.

Another thing that comes to mind is the story of the soldier who gave a pear to the Sister; and that Muslim woman who now lives in America, who brought something to eat… We are all brothers and sisters. Even the cruel man has thought… well, I don’t know what he thought, but he felt the Holy Spirit in his heart and perhaps he thought of his mother and said, “Have this pear and say nothing to anyone”. And the Muslim woman who reached out beyond her own religious tradition: she loved. She believed in God and she did good.

Look for the good of everyone. Each person has potential, the seed of goodness. We are all children of God.

You are blessed who have such witnesses so close to you: Do not forget them, please. Your life will grow with this memory. I think of that priest, whose father died when he was a child, and later his mother, and then his sister, leaving him alone… But he was the fruit of a love, a marital love. Think of that Sister-martyr: she too was the daughter in a family. And remember the Franciscan, the one with two sisters who are Franciscan Religious; and I think also of what the Cardinal just said: what is happening in the garden of life, namely, the family? An awful thing is happening: the family is not producing fruit. Pray for families, so that they may have many children and that there may also be many vocations.

Finally, I wish to say to you that this has been a story of cruelty. Even today, in this world war we see many, many, many acts of cruelty. Do always the opposite of cruelty: have an attitude of tenderness, of brotherhood, of forgiveness. And carry the Cross of Jesus Christ. The Church, holy Mother Church, wants it this way: small, tiny martyrdoms, before these small martyrs, these small witnesses to the Cross of Jesus.

May the Lord bless you. And please, pray for me. Thank you.

[00965-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua spagnola

Tenía preparado un discurso para vosotros, pero después de escuchar el testimonio de este sacerdote, de este Religioso, de esta Religiosa, siento la necesidad de hablaros de manera espontánea.

Ellos nos han contado vida, nos han contado experiencias, nos han contado muchas cosas feas y hermosas. Le doy el discurso –que es bonito– al Cardenal Arzobispo.

Los testimonios hablaban por sí mismos. ¡Y esta es la memoria de vuestro pueblo! Un pueblo que olvida su memoria no tiene futuro. Esta es la memoria de vuestros padres y madres en la fe: aquí sólo han hablado tres personas, pero detrás de ellas hay tantos y tantas que han sufrido las mismas cosas.

Queridas hermanas, queridos hermanos, no tenéis ningún derecho a olvidar vuestra historia. No para vengaros, sino para hacer la paz. No para mirar [estos testimonios] como una cosa extraña, sino para amar como ellos han amado. En vuestra sangre, en vuestra vocación, está la vocación, está la sangre de estos tres mártires. Y está la sangre y está la vocación de tantas religiosas, tantos sacerdotes, tantos seminaristas. El autor de la Carta a los Hebreos nos dice: Por favor, no os olvidéis de vuestros antepasados, que os han transmitido la fe. Estos [señala a los testigos] os han transmitido la fe; estos os han transmitido cómo se vive la fe. El mismo Pablo nos dice: "No os olvidéis de Jesucristo", el primer Mártir. Y estos han seguido las huellas de Jesús.

Retomar la memoria para hacer la paz. Algunas palabras se me han quedado grabadas en el corazón. Una, repetida: "perdón". Un hombre, una mujer que se consagra al servicio del Señor y no sabe perdonar, no sirve. Perdonar a un amigo que te ha dicho una mala palabra, con el que habías discutido, o a una religiosa que tiene celos de ti, no es tan difícil. Pero perdonar al que te golpea, a quien te tortura, a quien te pisotea, a quien te amenaza con un fusil para matarte, eso es difícil. Y ellos lo han hecho, y predican que se haga.

Otra palabra que se me ha grabado es la de los 120 días del campo de concentración. Cuántas veces el espíritu del mundo nos hace olvidar estos antepasados nuestros, el sufrimiento de nuestros antepasados. Esos días están contados, y no por días, sino por minutos, porque cada minuto, cada hora es una tortura. Vivir todos juntos, sucios, sin comida, sin agua, con calor o con frío, ¡y esto durante tanto tiempo! Y nosotros, que nos quejamos cuando nos duele un diente, o queremos tener la televisión en nuestra habitación con tantas comodidades, y que hablamos de la superiora o del superior cuando la comida no es muy buena ... No olvidéis, por favor, los testimonios de vuestros antepasados. Pensad en lo mucho que han sufrido estas personas; pensad en esos seis litros de sangre que ha recibido el padre –el primero que ha hablado– para sobrevivir. Y llevad una vida digna de la cruz de Jesucristo.

Religiosas, sacerdotes, obispos, seminaristas mundanos, son una caricatura, no sirven. No tienen la memoria de los mártires. Han perdido la memoria de Jesucristo crucificado, nuestra única gloria.

Otra cosa que me viene a la mente es aquel miliciano que dio una pera a la religiosa; y aquella mujer musulmana que ahora vive en Estados Unidos, que dió de comer... Todos somos hermanos. Incluso aquel hombre cruel pensó... No sé lo que pensó, pero sintió el Espíritu Santo en su corazón y tal vez pensó en su madre y dijo: "Toma esta pera y no digas nada". Y aquella mujer musulmana fue más allá de las diferencias religiosas: amaba. Creía en Dios e hizo el bien.

Buscad el bien de todos. Todos tienen la posibilidad, la semilla del bien. Todos somos hijos de Dios.

Dichosos vosotros que tenéis tan cerca estos testimonios: por favor, no los olvidéis. Que vuestra vida crezca con este recuerdo. Pienso en aquel sacerdote, cuyo papá murió cuando él era un niño, después murió la mamá, después su hermana, y quedó solo... Pero él era el fruto de un amor, de un amor matrimonial. Pensad en aquella religiosa mártir: también ella era hija de una familia. Y pensad también en el franciscano, con dos hermanas franciscanas; y me viene a la mente lo que ha dicho el Cardenal Arzobispo: ¿qué pasa con el jardín de la vida, es decir la familia? Algo malo, sucede: que no florece. Rezad por las familias, para que florezcan con muchos hijos y haya también muchas vocaciones.

Y, por último, quisiera deciros que ésta ha sido una historia de crueldad. También hoy, en esta guerra mundial vemos tantas, tantas, tantas crueldades. Haced siempre lo contrario de la crueldad: tened actitudes de ternura, de fraternidad, de perdón. Y llevad la Cruz de Jesucristo. La Iglesia, la santa Madre Iglesia, os quiere así: pequeños, pequeños mártires, delante de estos pequeños mártires, pequeños testigos de la Cruz de Jesús.

Que el Señor os bendiga. Y, por favor, rezad por mí. Gracias.

[00965-ES.01] [Texto original: Italiano]

Discorso preparato dal Santo Padre

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua croata

Testo in lingua italiana

Cari fratelli e sorelle,

rivolgo a tutti voi il mio affettuoso saluto, e lo estendo ai vostri confratelli e consorelle malati e anziani che non possono essere qui ma sono con noi spiritualmente. Ringrazio il Cardinale Puljić per le sue parole, come pure suor Ljubica, don Zvonimir e fra Jozo per le loro testimonianze. Ringrazio tutti per il servizio che rendete al Vangelo e alla Chiesa. Sono venuto nella vostra terra come pellegrino di pace e di dialogo, per confermare e incoraggiare i fratelli nella fede, e in particolare voi, chiamati a lavorare “a tempo pieno” nella vigna del Signore. Lui ci dice: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). E’ questa la certezza che infonde consolazione e speranza, specialmente nei momenti difficili per il ministero. Penso alle sofferenze e alle prove passate e presenti delle vostre comunità cristiane. Pur vivendo in questo contesto, voi non vi siete arresi, avete resistito, sforzandovi di affrontare le difficoltà personali, sociali e pastorali con instancabile spirito di servizio. Il Signore vi ricompensi!

Immagino che la situazione numericamente minoritaria della Chiesa Cattolica nella vostra terra, come pure gli insuccessi del ministero, a volte vi fanno sentire come i discepoli di Gesù quella volta in cui, pur avendo faticato tutta la notte, non avevano pescato nulla (cfr Lc 5,5). Ma è proprio in quei momenti, se ci affidiamo al Signore, che sperimentiamo la potenza della sua Parola, la forza del suo Spirito, che rinnova in noi la fiducia e la speranza. La fecondità del nostro servizio dipende soprattutto dalla fede; la fede nell’amore di Cristo, da cui nulla potrà mai separarci, come afferma l’apostolo Paolo (cfr Rm 8,35-39), che di prove se ne intendeva! E anche la fraternità ci sostiene e ci anima; la fraternità tra sacerdoti, tra religiosi, tra laici consacrati, tra seminaristi; la fraternità tra tutti noi, che il Signore ha chiamato a lasciare ogni cosa per seguirlo, ci dà gioia e consolazione, e rende più efficace il nostro lavoro. Noi siamo testimoni di fraternità!

«Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge» (At 20,28). Questa esortazione di san Paolo – riportata negli Atti degli Apostoli – ci ricorda che se vogliamo aiutare gli altri a diventare santi non dobbiamo trascurare noi stessi, cioè la nostra santificazione. E viceversa, la dedizione al popolo fedele di Dio, l’immersione nella sua vita e soprattutto la vicinanza ai poveri e ai piccoli, ci fa crescere nella conformazione a Cristo. La cura del proprio cammino personale e la carità pastorale verso la gente vanno sempre di pari passo e si arricchiscono a vicenda. Non vanno mai separate.

Che cosa significa per un sacerdote e per una persona consacrata, oggi, qui in Bosnia ed Erzegovina, servire il gregge di Dio? Penso che significhi attuare la pastorale della speranza, custodendo le pecore che sono nell’ovile, ma anche andando, uscendo alla ricerca di quanti attendono la Buona Novella e non sanno trovare o ritrovare da soli la via che conduce a Gesù. Incontrare la gente là dove vive, anche quella porzione di gregge che sta fuori dal recinto, lontano, a volte senza conoscere ancora Gesù Cristo. Prendersi cura della formazione dei cattolici nella fede e nella vita cristiana. Incoraggiare i fedeli laici ad essere protagonisti della missione evangelizzatrice della Chiesa. Pertanto, vi esorto a far crescere comunità cattoliche aperte e “in uscita”, capaci di accoglienza e di incontro e coraggiose nella testimonianza evangelica.

Il prete, il consacrato è chiamato a vivere le ansie e le speranze della sua gente; a operare nei contesti concreti del suo tempo, spesso caratterizzati da tensioni, discordie, diffidenze, precarietà e povertà. Di fronte alle situazioni più dolorose, chiediamo a Dio un cuore che sappia commuoversi, una capacità di empatia; non c’è migliore testimonianza dello stare vicini alle necessità materiali e spirituali della gente. E’ compito di noi vescovi, sacerdoti e religiosi far sentire alle persone la vicinanza di Dio, la sua mano che conforta e risana; accostarci alle ferite e alle lacrime del nostro popolo; non stancarci di aprire il cuore e di tendere la mano a quanti ci chiedono aiuto e a quanti, forse per pudore, non ce lo chiedono, ma ne hanno un grande bisogno. A questo proposito, desidero esprimere il mio apprezzamento alle sorelle religiose, per tutto quello che fanno con generosità e soprattutto per la loro presenza fedele e premurosa.

Cari sacerdoti, religiosi e religiose, vi incoraggio a proseguire con gioia il vostro servizio pastorale, la cui fecondità è data dalla fede e dalla grazia, ma anche dalla testimonianza di una vita umile e distaccata dagli interessi del mondo. Non cadete, per favore, nella tentazione di diventare una specie di élite chiusa in sé stessa. La generosa e limpida testimonianza sacerdotale e religiosa costituisce un esempio e un incitamento per i seminaristi e per quanti il Signore chiama a servirlo. Stando al fianco dei giovani, invitandoli a condividere alcune esperienze di servizio e di preghiera, voi li aiutate a scoprire l’amore di Cristo e ad aprirsi alla chiamata del Signore. I fedeli laici possano vedere in voi quell’amore fedele e generoso che Cristo ha lasciato come testamento ai suoi discepoli.

E una parola in particolare per voi, cari seminaristi. Tra le tante belle testimonianze di consacrati della vostra terra, ricordiamo il servo di Dio Petar Barbarić. Egli unisce l’Erzegovina, dove nacque, e la Bosnia, dove emise la professione, come anche tutto il clero, sia diocesano sia religioso. Questo giovane candidato al sacerdozio, con la sua vita piena di virtù, sia per tutti di grande esempio.

La Vergine Maria è sempre accanto a noi, come madre premurosa. Lei è la prima discepola del Signore ed esempio di vita dedicata a Lui e ai fratelli. Quando ci troviamo in una difficoltà, o incontriamo una situazione di fronte alla quale sentiamo tutta la nostra impotenza, ci rivolgiamo a lei con fiducia di figli. E lei sempre ci dice – come alle nozze di Cana –: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Ci insegna ad ascoltare Gesù e seguire la sua Parola, ma con fede! Questo è il suo segreto, che come madre ci vuole trasmettere: la fede, quella fede genuina, tanto che ne basta una briciola per spostare le montagne!

Con questo fiducioso abbandono, possiamo servire il Signore con gioia ed essere dovunque seminatori di speranza. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e benedico di cuore tutti voi e le vostre comunità. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

[00942-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua inglese

Dear brothers and sisters,

I greet you with affection, and I ask you to express my warmest greetings to the members of your Congregations and Institutes who, because of illness or old age, cannot be here but are spiritually united to us. I thank Cardinal Puljić for his words, as well as Sister Ljubica, Father Zvonimir and Brother Jozo for their testimonies. I thank you all for your service to the Gospel and to the Church. I come to your land as a pilgrim of peace and dialogue, to strengthen and to encourage my brothers and sisters in the faith, and in particular you, who are called to work “full time” in the vineyard of the Lord. He says to us, “I am with you always, to the close of the age” (Mt 28:20). This certainty fills us with consolation and hope, especially when your ministry experiences difficulties. I think of the sufferings and trials both past and present in your Christian communities. Although you have lived through these circumstances, you did not halt, you endured, and worked hard to confront personal, social and pastoral challenges with a tireless spirit of service. May the Lord bless your efforts!

I can imagine that the Catholic Church’s being numerically a minority in your country, coupled with the failures that sometime occur in ministry, may at times make you feel like Jesus’ disciples when, although having toiled all night long, they caught no fish (cf. Lk 5:5). However, it is precisely in these moments, if we entrust ourselves to the Lord, that we experience the power of his word, the strength of his Spirit, which renews trust and hope in us. The fruitfulness of our service depends above all on faith: faith in Christ’s love, from which, as Saint Paul reminds us, and which he know from experience, nothing can separate us (cf. Rom 8:35-39)! Fraternity within our communities also sustains and strengthens us: fraternity among priests, among men and women religious, among consecrated lay persons, among seminarians. In fact, fraternity among all of us, whom the Lord has called to leave everything so as to follow him, gives us joy and consolation, and renders our work ever more fruitful. We are witnesses to fraternity!

“Take heed to yourselves and to all the flock” (Acts 20:28). With these words - recorded in the Acts of the Apostles - Saint Paul reminds us that if we want to help others become holy we cannot neglect ourselves, that is, neglect our own sanctification. And vice versa: dedication to God’s faithful people, being close to them in their lives, especially to the poor and the needy, helps us be conformed ever more to Christ. Attention to one’s own sanctification and pastoral charity towards people are two sides of the same coin and are mutually enriching. They must never be separated.

What does it mean, today, in Bosnia and Herzegovina, for a priest or consecrated person to serve the Lord’s flock? I think it means to carry out a pastoral ministry of hope, caring for the sheep that are in the sheepfold, but also going out in search of those who await the Good News and who do not know where to find it, or who on their own cannot find their way to Jesus. It means to meet the people where they live, including those sheep who are outside the sheepfold, far away, who may not yet have heard of Jesus Christ. It means taking care of the formation of Catholics in their faith and in their Christian lives. Encouraging the lay faithful to be protagonists in the evangelizing mission of the Church. For this reason, I exhort you to develop Catholic communities open and “going forth”, able to welcome and to encounter, and to be courageous in their evangelical witness.

The priest, the consecrated person, is called to live the anguish and the hope of the people; to work in concrete circumstances often characterized by tensions, discord, suspicions, insecurities and poverty. Faced with these painful situations, we ask God to grant us hearts that can be moved, capable of showing empathy; there is no greater witness than to be close to the spiritual and material needs of the faithful. It is the task of us bishops, priests and religious to make the people feel the nearness of God; to feel his comforting and healing hand; to be familiar with the wounds and tears of our people; to never tire of opening our hearts and offering a hand to all who ask us for help, and to all those who, perhaps because they feel ashamed, do not ask our help, but who are in great need of it. In this regard, I wish to express my deep appreciation to Religious Sisters for everything they do with such generosity, and above all for their faithful and dedicated presence.

Dear priests, dear men and women religious, I encourage you to carry out joyfully your pastoral ministry whose effectiveness is the fruit of faith and grace, but also the fruit of a humble life, one detached from worldly concerns. Please, do not fall into the temptation of becoming a self-absorbed élite. The generous and transparent witness of priestly and religious life sets an example and gives encouragement to seminarians and to all those whom the Lord calls to serve him. Standing by the side of young men and women, inviting them to share experiences of service and prayer, you will help them to discover the love of Christ and to open themselves up to the call of the Lord. May the People of God see in you that faithful and generous love which Christ has left to his disciples as a legacy.

I wish also to offer a word to you, dear seminarians. Among the many beautiful examples of priests and consecrated men in your country, we remember in particular the Servant of God Petar Barbarić. His example unites Herzegovina, where he was born, to Bosnia, where he made his religious profession, as he also unites all priests, diocesan or religious. May this young candidate for the priesthood, whose life was so full of virtue, be a powerful example to each one of you.

The Virgin Mary is always near us, as a caring mother. She is the first disciple of the Lord, the first example of a life dedicated to him and to his brothers. When we find ourselves in difficulty, or when faced with a situation that makes us feel the depth of our powerlessness, let us turn to her with childlike trust. Then she always says to us – as at the Wedding at Cana – “Do whatever he tells you” (Jn 2:5). She teaches us to listen to Jesus and to follow his word, but to do so with faith! This is her secret, which as a mother, she wishes to transmit to us: faith, a genuine faith, enough so that even a grain of it can move mountains!

By abandoning ourselves in trust, we can serve the Lord with joy, sowing hope everywhere. I assure you of a remembrance in my prayers and I bless each of you and your communities. I ask you please, do not forget to pray for me.

[00942-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Saludo afectuosamente a todos vosotros, así como a vuestros hermanos y hermanas enfermos y ancianos que no pueden estar aquí, pero están con nosotros espiritualmente. Doy las gracias al Cardenal Puljić por sus palabras, como también a Sor Ljubica, al Reverendo Zvonimir y Fray Jozo por sus testimonios. A agradezco a todos el servicio que hacéis al Evangelio y a la Iglesia. He venido a vuestra tierra como peregrino de paz y de diálogo, para confirmar y animar a los hermanos en la fe, y en particular a vosotros, llamados a trabajar “a tiempo completo” en la viña del Señor. Él nos dice: «Yo estoy con vosotros todos los días, hasta el final de los tiempos» (Mt 28,21). Esta es la certeza que infunde consuelo y esperanza, especialmente en los momentos difíciles para el ministerio. Pienso en los sufrimientos y en las pruebas pasadas y presentes de vuestras comunidades cristianas. Incluso viviendo en esas situaciones, vosotros no os habéis rendido, habéis resistido, esforzándoos por afrontar las dificultades personales, sociales y pastorales con incansable espíritu de servicio. El Señor os lo recompense.

Imagino que la situación numéricamente minoritaria de la Iglesia Católica en vuestra tierra, así como los fracasos del ministerio, en ocasiones os hacen sentir como los discípulos de Jesús cuando, habiendo bregado toda la noche, no habían pescado nada (cf. Lc 5,5). Pero es precisamente en estos momentos, si nos fiamos del Señor, cuando experimentamos el poder de su Palabra, la fuerza de su Espíritu, que renueva en nosotros la confianza y la esperanza. La fecundidad de nuestro servicio depende sobre todo de la fe; la fe en el amor de Cristo, del cual nada podrá separarnos, como afirma el apóstol Pablo, que de pruebas entendía (cf. Rm 8,35-39). Y también la fraternidad nos sostiene y nos anima; la fraternidad entre sacerdotes, entre religiosos, entre laicos consagrados, entre seminaristas; la fraternidad entre todos nosotros, a quienes el Señor ha llamado a dejarlo todo para seguirlo, nos da alegría y consuelo, y hace más eficaz nuestro trabajo. Nosotros somos testimonio de fraternidad.

«Tened cuidado de vosotros y de todo el rebaño» (Hch 20,28). Esta exhortación de san Pablo –narrada en los Hechos de los Apóstoles– nos recuerda que, si queremos ayudar los demás a ser santos, debemos cuidar de nosotros mismos, es decir, de nuestra santificación. Y, de la misma manera, la dedicación al pueblo fiel de Dios, la inmersión en su vida y sobre todo la cercanía a los pobres y a los pequeños nos hace crecer en la configuración con Cristo. El cuidado del propio camino personal y la caridad pastoral hacía los demás van siempre juntas y se enriquecen mutuamente. No van nunca por separado.

¿Qué significa para un sacerdote y para una persona consagrada, hoy, aquí en Bosnia y Herzegovina, servir al rebaño de Dios? Pienso que significa realizar la pastoral de la esperanza, cuidando las ovejas que están en el redil, pero también yendo, saliendo en la búsqueda de cuantos esperan la Buena Noticia y no saben hallar o reencontrar solos el camino que conduce a Jesús. Encontrar a la gente allí donde vive, incluso aquella parte del rebaño que está fuera del redil, lejos, en ocasiones sin conocer aún a Jesucristo. Cuidar la formación de los católicos en la fe y en la vida cristiana. Animar los fieles laicos a ser protagonistas de la misión evangelizadora de la Iglesia. Por tanto, os exhorto a formar comunidades católicas abiertas y “en salida”, capaces de acogida y de encuentro, y que den testimonio con valentía del Evangelio.

El sacerdote, el consagrado esta llamado a vivir las inquietudes y las esperanzas de su gente; a actuar en los contextos concretos de su tiempo, con frecuencia caracterizado de tensión, discordia, desconfianza, precariedad y pobreza. Ante las situaciones más dolorosas, pidamos a Dios un corazón que sepa conmoverse, capacidad de empatía; no hay mejor testimonio que estar cerca de las necesidades materiales y espirituales de los demás. Es nuestra tarea como obispos, sacerdotes y religiosos hacer sentir a las personas la cercanía de Dios, su mano que conforta y sana; acercase a las heridas y a las lágrimas de nuestro pueblo; no nos cansemos de abrir el corazón y de tender la mano a cuantos nos piden ayuda y a cuantos, quizás por pudor, no la piden, pero tienen gran necesidad. A este respecto, deseo expresar mi reconocimiento a las religiosas, por todo lo que hacen con generosidad y sobre todo por su presencia fiel y solícita.

Queridos sacerdotes, religiosos y religiosas, os animo a proseguir con alegría vuestro servicio pastoral, cuya fecundidad viene de la fe y la gracia, pero también del testimonio de una vida humilde y despegada de los intereses del mundo. No caigáis, por favor, en la tentación de formar una especie de elite cerrada en sí misma. El generoso y transparente testimonio sacerdotal y religioso constituyen un ejemplo y un estímulo para los seminaristas y para cuantos el Señor llama a servirlo. Estando al lado de los jóvenes, invitándolos a compartir experiencias de servicio y de oración, los ayudáis a descubrir el amor de Cristo y a abrirse a la llamada del Señor. Que los fieles laicos puedan ver en vosotros aquel amor fiel y generoso que Cristo ha dejado como testamento a sus discípulos.

Y una palabra en particular para vosotros, queridos seminaristas. Ente los bellos testimonios de consagrados de vuestra tierra, recordamos al siervo de Dios Petar Barbarić. Él une Herzegovina, donde nace, con Bosnia, donde emite su profesión, y une también a todo el clero, tanto diocesano como religioso. Esté joven candidato al sacerdocio, con su vida virtuosa, sea para todos un gran ejemplo.

La Virgen María está siempre con nosotros, como madre presurosa. Ella es la primera discípula del Señor y ejemplo de vida dedicada a Él y a los hermanos. Cuando nos encontramos en una dificultad o ante una situación que nos hace sentir impotentes, nos dirigimos a Ella con confianza de hijos. Y Ella siempre nos dice –como en las bodas de Caná– : «Haced lo que Él os diga» (Jn 2,5). Nos enseña a escuchar a Jesús y a seguir su Palabra, pero con fe. Este es su secreto, que como madre nos quiere transmitir: la fe, aquella fe genuina, de la que basta una migaja para mover montañas.

Con este confiado abandono, podemos servir al Señor con alegría y ser por dondequiera sembradores de esperanza. Os aseguro mi recuerdo en la oración y bendigo de corazón a todos vosotros y a vuestras comunidades. Por favor, no se olviden de rezar por mí.

[00942-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua croata

Draga braćo i sestre,

sve vas srdačno pozdravljam, a osobito vašu bolesnu i stariju subraću i sestre koji ne mogu biti ovdje, ali su u duhu s nama. Zahvaljujem kardinalu Puljiću na njegovim riječima, kao i sestri Ljubici, don Zvonimiru i fra Jozi. Hvala svima za službu koju vršite za Evanđelje i Crkvu. Došao sam u vašu zemlju kao hodočasnik mira i dijaloga, kako bih učvrstio i ohrabrio braću u vjeri, a osobito vas, pozvane raditi “na puno radno vrijeme” u vinogradu Gospodnjem. On nam govori: “Evo, ja sam s vama u sve dane do svršetka svijeta” (Mt 28,20). Ovo je sigurnost koja nam ulijeva nadu i utjehu, osobito u teškim trenucima naše službe. Mislim ovdje na sve prošle i sadašnje patnje i kušnje vaših kršćanskih zajednica. Iako živite u teškim okolnostima, niste se predali. Oduprli ste se, trudeći se s neumornim duhom služenja suočiti s osobnim, društvenim i pastoralnim poteškoćama. Gospodin neka vas nagradi!

Pretpostavljam da se ponekad, zbog situacije Crkve u vašoj zemlji koja je u brojčanoj manjini, ili pak zbog neuspjeha u službi, osjećate kao i nekoć Isusovi učenici kada nisu ništa ulovili, iako su ribarili cijelu noć (usp. Lk 5,5). No, ukoliko se pouzdamo u Gospodina, upravo u tim trenucima možemo iskusiti snagu njegove Riječi i njegovoga Duha koji obnavlja u nama povjerenje i nadu. Plodnost naše službe ovisi iznad svega o našoj vjeri; o vjeri u Kristovu ljubav od koje nas ništa ne može odijeliti, kako veli apostol Pavao (usp. Rim 8,35-39) koji je dobro shvaćao kušnje! Također, i bratsko zajedništvo nas podržava i sokoli; bratstvo među svećenicima, redovnicima, posvećenim laicima, bogoslovima i sjemeništarcima; bratstvo među svima nama, koje je Gospodin pozvao da, ostavivši sve, njega slijedimo, ono nam daje radost i utjehu te čini naš rad djelotvornijim. Mi smo svjedoci ovog bratskog zajedništva!

«Pazite na sebe i na sve stado» (Dj 20,28). Ovaj poticaj svetoga Pavla – iz Djela apostolskih – podsjeća nas da, ako želimo pomoći drugima da postanu sveti, ne smijemo zanemariti sami sebe, to jest, naše posvećivanje. I obrnuto, predanost vjernom Božjem narodu, utkanost u njegov život te iznad svega blizina siromašnima i malenima, omogućava nam da napredujemo sve više u suobličavanju s Kristom. Briga za vlastiti pastoralni rast i pastoralna ljubav prema ljudima uvijek idu zajedno i uzajamno se obogaćuju, te se nikada ne mogu odvojiti.

Što bi značilo za jednog svećenika i za jednu Bogu posvećenu osobu, danas, u Bosni i Hercegovini, služiti Kristovom stadu? Držim da bi prije svega značilo ostvarivati pastoral nade, pazeći na ovce koje su u stadu, ali znati i izići iz njega u potragu za onima koji traže Radosnu Vijest, a ne znaju je sami naći ili ponovno otkriti put koji vodi k Isusu; susretati ljude ondje gdje žive, pa čak i onaj dio stada koji živi izvan njegovih granica, daleko, prihvaćati one koji možda još ne poznaju Krista Isusa; brinuti o odgoju katolika u vjeri i kršćanskome životu; ohrabrivati vjernike laike da budu promicatelji evangelizacijske misije Crkve. Stoga vas potičem da podupirete katoličke zajednice u njihovom rastu da budu otvorene i usmjerene “prema van”, sposobne za susret te odvažne u evanđeoskom svjedočenju.

Svećenik, redovnik, pozvan je živjeti i bojazni i nade svojega naroda; pozvan je djelovati u stvarnim prilikama svoga vremena, često obilježenima napetostima, neslogama, nepovjerenjem, neizvjesnošću i siromaštvom. U najtežim trenucima molimo Gospodina da nam dade srce koje se znade ganuti, da nam dade sposobnost suosjećanja. Ne postoji bolje svjedočanstvo od onoga da budemo blizu onima koji su u duhovnoj ili materijalnoj potrebi. To je zadatak nas biskupa, svećenika i redovnika da ljudima očitujemo Božju blizinu, da im pružimo Njegovu ruku koja snaži i ozdravlja. Naša je briga sjediniti se s bolima i suzama našega naroda; ne umarati se u otvaranju srca i pružanju ruke svima koji nas trebaju, osobito onima koji, možda zbog srama, od nas ništa ne traže, a toliko im je potrebno. Ovdje osobito želim izraziti moje poštovanje sestrama redovnicama za sve ono što velikodušno čine, a ponajviše za njihovu vjernu i brižnu prisutnost.

Dragi svećenici, redovnici i redovnice, potičem vas da s radošću nastavljate s vašim pastoralnim služenjem, čija je plodnost zajamčena vjerom i milošću, ali i svjedočanstvom skromnoga života, odvojenog od svjetovnih interesa. Molim vas, ne padajte u napast da postanete jedna vrsta elite, zatvorene u samu sebe. Velikodušno i jasno svećeničko i redovničko svjedočanstvo primjer je i poticaj bogoslovima i sjemeništarcima te onima koje Gospodin poziva da mu služe. Dok stojite uz bok mladima te ih pozivate da podijelite s njima iskustva vaše molitve i služenja, pomažete im otkriti Kristovu ljubav koja ih poziva da se odazovu Gospodinovu pozivu. Neka vjernici laici vide u vama onu vjernu i nesebičnu ljubav koju je Krist ostavio kao oporuku svojim učenicima.

Uputio bih posebnu riječ i vama, dragi bogoslovi i sjemeništarci. Među tolikim lijepim svjedočanstvima osoba posvećenoga života u vašoj zemlji, prisjetimo se sluge Božjega Petra Barbarića. On ujedinjuje rodnu Hercegovinu i Bosnu u kojoj se posvetio, kao i čitav kler, bilo biskupijski, bilo redovnički. Neka ovaj mladi svećenički pripravnik krjeposnoga života bude svima velikim primjerom.

Djevica Marija je uvijek pored nas kao brižna majka. Ona je prva učenica Gospodinova i primjer života posvećenoga Njemu i braći. Kada se nalazimo u poteškoćama ili doživimo stanja u kojima osjećamo svu našu nemoć, obratimo se njoj sinovskom odanošću. Ona nam neprestano poručuje – kao na svadbi u Kani – : “Što god vam rekne, učinite” (Iv 2,5). Ona nas uči da slušamo Isusa i slijedimo njegovu Riječ, ali s vjerom! To je njezina tajna, koju nam želi prenijeti kao majka: vjera, ona izvorna, prava vjera, kojoj je dovoljna samo jedna trunka da i planine premjesti!

Ovim vjernim zagovorom možemo s radošću služiti Gospodinu i biti svagdje sijači nade. Obećavam vam moj spomen u molitvi te od srca blagoslivljam sve vas i vaše zajednice. Molim vas, ne zaboravite moliti za mene.

[00942-AA.01] [Testo originale: Italiano]

Al termine, Papa Francesco si è trasferito in auto al Centro Studentesco Francescano Internazionale per l’Incontro ecumenico ed interreligioso.

[B0437-XX.02]