Omelia del Santo Padre
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Alle ore 9.30 di oggi il Santo Padre Francesco ha presieduto, in Piazza San Pietro, la solenne celebrazione liturgica della Domenica delle Palme e della Passione del Signore.
Al centro della piazza, presso l’obelisco, il Papa ha benedetto le palme e gli ulivi e, al termine della processione che ha raggiunto il sagrato, ha celebrato la Santa Messa della Passione del Signore.
Alla celebrazione hanno preso parte - in occasione della ricorrenza diocesana della XXX Giornata Mondiale della Gioventù, sul tema: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8) - giovani di Roma e di altre diocesi.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che Papa Francesco ha pronunciato dopo la proclamazione della Passione del Signore secondo Marco:
Omelia del Santo Padre
Al centro di questa celebrazione, che appare tanto festosa, c’è la parola che abbiamo ascoltato nell’inno della Lettera ai Filippesi: «Umiliò sé stesso» (2,8). L’umiliazione di Gesù.
Questa parola ci svela lo stile di Dio e, di conseguenza, quello che deve essere del cristiano: l’umiltà. Uno stile che non finirà mai di sorprenderci e di metterci in crisi: a un Dio umile non ci si abitua mai!
Umiliarsi è prima di tutto lo stile di Dio: Dio si umilia per camminare con il suo popolo, per sopportare le sue infedeltà. Lo si vede bene leggendo la storia dell’Esodo: che umiliazione per il Signore ascoltare tutte quelle mormorazioni, quelle lamentele! Erano rivolte contro Mosè, ma in fondo andavano contro di Lui, il loro Padre, che li aveva fatti uscire dalla condizione di schiavitù e li guidava nel cammino attraverso il deserto fino alla terra della libertà.
In questa Settimana, la Settimana Santa, che ci conduce alla Pasqua, noi andremo su questa strada dell’umiliazione di Gesù. E solo così sarà “santa” anche per noi!
Sentiremo il disprezzo dei capi del suo popolo e i loro inganni per farlo cadere. Assisteremo al tradimento di Giuda, uno dei Dodici, che lo venderà per trenta denari. Vedremo il Signore arrestato e portato via come un malfattore; abbandonato dai discepoli; trascinato davanti al sinedrio, condannato a morte, percosso e oltraggiato. Sentiremo che Pietro, la “roccia” dei discepoli, lo rinnegherà per tre volte. Sentiremo le urla della folla, sobillata dai capi, che chiede libero Barabba, e Lui crocifisso. Lo vedremo schernito dai soldati, coperto con un mantello di porpora, coronato di spine. E poi, lungo la via dolorosa e sotto la croce, sentiremo gli insulti della gente e dei capi, che deridono il suo essere Re e Figlio di Dio.
Questa è la via di Dio, la via dell’umiltà. E’ la strada di Gesù, non ce n’è un’altra. E non esiste umiltà senza umiliazione.
Percorrendo fino in fondo questa strada, il Figlio di Dio ha assunto la “forma di servo” (cfr Fil 2,7). In effetti, umiltà vuol dire anche servizio, vuol dire lasciare spazio a Dio spogliandosi di sé stessi, “svuotandosi”, come dice la Scrittura (v. 7). Questa - svuotarsi - è l’umiliazione più grande.
C’è una strada contraria a quella di Cristo: la mondanità. La mondanità ci offre la via della vanità, dell’orgoglio, del successo… E’ l’altra via. Il maligno l’ha proposta anche a Gesù, durante i quaranta giorni nel deserto. Ma Gesù l’ha respinta senza esitazione. E con Lui, con la sua grazia soltanto, col suo aiuto, anche noi possiamo vincere questa tentazione della vanità, della mondanità, non solo nelle grandi occasioni, ma nelle comuni circostanze della vita.
Ci aiuta e ci conforta in questo l’esempio di tanti uomini e donne che, nel silenzio e nel nascondimento, ogni giorno rinunciano a sé stessi per servire gli altri: un parente malato, un anziano solo, una persona disabile, un senzatetto…
Pensiamo anche all’umiliazione di quanti per il loro comportamento fedele al Vangelo sono discriminati e pagano di persona. E pensiamo ai nostri fratelli e sorelle perseguitati perché cristiani, i martiri di oggi – ce ne sono tanti – non rinnegano Gesù e sopportano con dignità insulti e oltraggi. Lo seguono sulla sua via. Possiamo parlare in verità di “un nugolo di testimoni”: i martiri di oggi (cfr Eb 12,1).
Durante questa Settimana, mettiamoci anche noi decisamente su questa strada dell’umiltà, con tanto amore per Lui, il nostro Signore e Salvatore. Sarà l’amore a guidarci e a darci forza. E dove è Lui, saremo anche noi (cfr Gv 12,26).
[00501-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Au centre de cette célébration, qui apparaît si festive, il y a la parole que nous avons entendue dans l’hymne de la Lettre aux Philippiens: «Il s’est abaissé» (2, 8). L’abaissement de Jésus.
Cette parole nous révèle le style de Dieu et, en conséquence, ce que doit être celui du chrétien: l’humilité. Un style qui ne finira jamais de nous surprendre et de nous mettre en crise: on ne s’habitue jamaisà un Dieu humble !
S’abaisser est avant tout le style de Dieu: Dieu s’abaisse pour marcher avec son peuple, pour supporter ses infidélités. On le voit bien en lisant l’histoire de l’Exode: quel abaissement pour le Seigneur que d’écouter tous ces murmures, ces lamentations! Ils étaient dirigés contre Moïse, mais au fond, ils allaient contre Lui, leur Père, qui les avait fait sortir de la condition d’esclavage et les guidait sur le chemin à travers le désert jusqu’à la terre de la liberté.
En cette Semaine, la Semaine Sainte, qui nous conduit à Pâques, nous irons sur ce chemin de l’abaissement de Jésus. Et seulement ainsi, elle sera “sainte” aussi pour nous!
Nous entendrons le mépris des chefs de son peuple et leurs tromperies pour le faire tomber. Nous assisterons à la trahison de Judas, un des Douze, qui le vendra pour trente deniers. Nous verrons le Seigneur arrêté et emmené comme un malfaiteur; abandonné des disciples; traîné devant le sanhédrin, condamné à mort, battu et outragé. Nous entendrons que Pierre, le “roc” des disciples, le reniera par trois fois. Nous entendrons les cris de la foule, incitée par les chefs, qui demande que Barabbas soit libre, et que lui soit crucifié. Nous le verrons raillé par les soldats, couvert d’un manteau de pourpre, couronné d’épines. Et puis, le long de la Via dolorosa et sous la croix, nous entendrons les insultes des gens et des chefs, qui se moquent de son être de Roi et de Fils de Dieu.
C’est le chemin de Dieu, le chemin de l’humilité. C’est la route de Jésus, il n’y en a pas d’autre. Et il n’existe pas d’humilité sans humiliation.
En parcourant jusqu’au bout cette route, le Fils de Dieu a assumé la “condition de serviteur” (cf. Ph 2, 7). En effet, humilité veut dire aussi service, veut dire laisser de la place à Dieu se dépouillant de soi-même, “se vidant”, comme dit l’Écriture (v. 7). Cela – se vider ‑ est l’humiliation la plus grande.
Il y a un autre chemin, contraire au chemin du Christ: la mondanité. La mondanité nous offre le chemin de la vanité, de l’orgueil, du succès… C’est l’autre chemin. Le malin l’a proposé aussi à Jésus, durant les quarante jours dans le désert. Mais Jésus l’a repoussé sans hésitations. Et avec lui, seulement avec sa grâce, avec son aide, nous aussi nous pouvons vaincre cette tentation de la vanité, de la mondanité, non seulement dans les grandes occasions, mais dans les circonstances ordinaires de la vie.
Ce qui nous aide et nous réconforte en cela, c’est l’exemple de beaucoup d’hommes et de femmes qui, dans le silence et de façon cachée, chaque jour renoncent à eux-mêmes pour servir les autres: un parent malade, un ancien seul, une personne avec un handicap, un sans-abri…
Pensons aussi à l’abaissement de tous ceux qui, en raison de leur comportement fidèle à l’Évangile, sont discriminés et paient de leur personne. Et pensons à nos frères et sœurs persécutés parce que chrétiens, les martyrs d’aujourd’hui– il y en a beaucoup ‑ : ils ne renient pas Jésus et supportent avec dignité des insultes et des outrages. Ils le suivent sur son chemin. Nous pouvons parler en vérité d’“une nuée de témoins”: les martyrs d’aujourd’hui (cf. He 12, 1).
Durant cette Semaine, nous aussi, mettons-nous résolument avec eux sur cette route de l’humilité, avec beaucoup d’amour pour Lui, notre Seigneur et Sauveur. Ce sera l’amour qui nous guidera et nous donnera la force. Et là où il est, Lui, nous serons nous aussi (cf. Jn 12, 26).
[00501-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
At the heart of this celebration, which seems so festive, are the words we heard in the hymn of the Letter to the Philippians: “He humbled himself” (2:8). Jesus’ humiliation.
These words show us God’s way and, consequently, that which must be the way of Christians: it is humility. A way which constantly amazes and disturbs us: we will never get used to a humble God!
Humility is above all God’s way: God humbles himself to walk with his people, to put up with their infidelity. This is clear when we read the the story of the Exodus. How humiliating for the Lord to hear all that grumbling, all those complaints against Moses, but ultimately against him, their Father, who brought them out of slavery and was leading them on the journey through the desert to the land of freedom.
This week, Holy Week, which leads us to Easter, we will take this path of Jesus’ own humiliation. Only in this way will this week be “holy” for us too!
We will feel the contempt of the leaders of his people and their attempts to trip him up. We will be there at the betrayal of Judas, one of the Twelve, who will sell him for thirty pieces of silver. We will see the Lord arrested and carried off like a criminal; abandoned by his disciples, dragged before the Sanhedrin, condemned to death, beaten and insulted. We will hear Peter, the “rock” among the disciples, deny him three times. We will hear the shouts of the crowd, egged on by their leaders, who demand that Barabas be freed and Jesus crucified. We will see him mocked by the soldiers, robed in purple and crowned with thorns. And then, as he makes his sorrowful way beneath the cross, we will hear the jeering of the people and their leaders, who scoff at his being King and Son of God.
This is God’s way, the way of humility. It is the way of Jesus; there is no other. And there can be no humility without humiliation.
Following this path to the full, the Son of God took on the “form of a slave” (cf. Phil 2:7). In the end, humility also means service. It means making room for God by stripping oneself, “emptying oneself”, as Scripture says (v. 7). This – the pouring out of oneself - is the greatest humiliation of all.
There is another way, however, opposed to the way of Christ. It is worldliness, the way of the world. The world proposes the way of vanity, pride, success… the other way. The Evil One proposed this way to Jesus too, during his forty days in the desert. But Jesus immediately rejected it. With him, and only by his grace, with his help, we too can overcome this temptation to vanity, to worldliness, not only at significant moments, but in daily life as well.
In this, we are helped and comforted by the example of so many men and women who, in silence and hiddenness, sacrifice themselves daily to serve others: a sick relative, an elderly person living alone, a disabled person, the homeless…
We think too of the humiliation endured by all those who, for their lives of fidelity to the Gospel, encounter discrimination and pay a personal price. We think too of our brothers and sisters who are persecuted because they are Christians, the martyrs of our own time – and there are many. They refuse to deny Jesus and they endure insult and injury with dignity. They follow him on his way. In truth, we can speak of a “cloud of witnesses” – the martyrs of our own time (cf. Heb 12:1).
During this week, let us set about with determination along this same path of humility, with immense love for him, our Lord and Saviour. Love will guide us and give us strength. For where he is, we too shall be (cf. Jn 12:26).
[00501-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Im Mittelpunkt dieser Feier, die so freudig erscheint, steht das Wort, das wir im Hymnus aus dem Philipperbrief gehört haben: »Er erniedrigte sich« (Phil 2,8). Die Erniedrigung Jesu.
Dieses Wort verrät uns den Stil Gottes und folglich das, was der Stil des Christen sein muss: die Demut. Ein Stil, der nie aufhört, uns zu überraschen und in Krise zu versetzen: An einen demütigen Gott gewöhnt man sich nie!
Sich zu erniedrigen ist vor allem der Stil Gottes: Gott erniedrigt sich, um mit seinem Volk mitzugehen, um dessen Untreue zu ertragen. Das wird deutlich, wenn man die Geschichte des Exodus liest: Welch eine Demütigung für den Herrn, all dieses Murren, diese Klagen anzuhören! Sie richteten sich gegen Mose, doch letztlich waren sie gegen ihn, ihren Vater, gerichtet, der sie aus der Versklavung herausgeführt hatte und sie auf dem Weg durch die Wüste führte bis zum Land der Freiheit.
In dieser heiligen Woche, der Karwoche, die uns zum Osterfest führt, werden wir diesen Weg der Erniedrigung Jesu gehen. Und nur so wird die Woche auch für uns „heilig“ sein!
Wir werden die Verachtung der Führer seines Volkes spüren und ihre Täuschungen, um ihn zu Fall zu bringen. Wir werden den Verrat des Judas, eines der Zwölf, miterleben, der ihn für dreißig Silberlinge verkauft. Wir werden sehen, wie der Herr gefangengenommen und abgeführt wird wie ein Übeltäter; wie er von den Jüngern verlassen, vor den Hohen Rat geschleppt, zum Tod verurteilt, geschlagen und geschmäht wird. Wir werden hören, dass Petrus, der „Fels“ der Jünger, ihn dreimal verleugnet. Wir werden das Geschrei der von den Führern aufgewiegelten Menge hören, die fordert, dass Barabbas befreit und Jesus gekreuzigt wird. Wir werden ihn von den Soldaten verspottet, mit einem Purpurmantel bekleidet und mit Dornen gekrönt sehen. Und dann auf der „Via dolorosa“ und unter dem Kreuz werden wir die Beleidigungen der Leute und der Führer hören, die ihn als König und Sohn Gottes verlachen.
Das ist der Weg Gottes, der Weg der Demut. Es ist der Weg Jesu schlechthin, einen anderen gibt es nicht. Und es gibt keine Demut ohne Demütigung und Erniedrigung.
Indem der Sohn Gottes diesen Weg bis zum Ende gegangen ist, wurde er „wie ein Sklave“ (Phil 2,7). In der Tat, Demut bedeutet auch Dienst, bedeutet, Gott Raum zu lassen, indem man sich entäußert, innerlich „leer wird“, wie die Schrift sagt (V. 7). Dieses „leer werden“ ist die größte Erniedrigung.
Es gibt einen Weg, der dem Weg Christi entgegengesetzt ist: die Weltlichkeit. Die Weltlichkeit bietet uns den Weg der Eitelkeit, des Stolzes, des Erfolgs… Das ist der andere Weg. Der Böse hat ihn auch Jesus vorgeschlagen während der vierzig Tage in der Wüste. Doch Jesus hat ihn ohne Zögern abgelehnt. Und mit ihm, allein mit seiner Gnade, mit seiner Hilfe können auch wir diese Versuchung der Eitelkeit, der Weltlichkeit überwinden, nicht nur bei den großen Gelegenheiten, sondern in den gewöhnlichen Umständen des Lebens.
Dabei hilft und stärkt uns das Beispiel vieler Männer und Frauen, die in der Stille und im Verborgenen jeden Tag auf sich selbst verzichten, um den anderen zu dienen: einem kranken Angehörigen, einem einsamen Alten, einem Behinderten, einem Obdachlosen…
Denken wir auch an die Demütigung derer, die wegen ihres Verhaltens in der Treue zum Evangelium diskriminiert werden und persönlich dafür bezahlen. Und denken wir an unsere Brüder und Schwestern, die verfolgt werden, weil sie Christen sind, die Märtyrer von heute – so viele sind es! Sie verleugnen Jesus nicht und ertragen würdevoll Beleidigungen und Schmähungen. Sie folgen ihm auf seinem Weg. Wir können wirklich von einer „Wolke von Zeugen“ sprechen (Hebr 12,1) – die Märtyrer von heute.
Mit ihnen wollen in dieser Woche auch wir uns entschlossen auf diesen Weg der Demut begeben, mit ganz viel Liebe zu ihm, unserem Herrn und Retter. Die Liebe wird uns führen und uns Kraft verleihen. Und wo er ist, dort werden auch wir sein (vgl. Joh 12,26).
[00501-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
En el centro de esta celebración, que se presenta tan festiva, está la palabra que hemos escuchado en el himno de la Carta a los Filipenses: «Se humilló a sí mismo» (2,8). La humillación de Jesús.
Esta palabra nos desvela el estilo de Dios y, en consecuencia, aquel que debe ser el del cristiano: la humildad. Un estilo que nunca dejará de sorprendernos y ponernos en crisis: nunca nos acostumbraremos a un Dios humilde.
Humillarse es ante todo el estilo de Dios: Dios se humilla para caminar con su pueblo, para soportar sus infidelidades. Esto se aprecia bien leyendo la historia del Éxodo: ¡Qué humillación para el Señor oír todas aquellas murmuraciones, aquellas quejas! Estaban dirigidas contra Moisés, pero, en el fondo, iban contra él, contra su Padre, que los había sacado de la esclavitud y los guiaba en el camino por el desierto hasta la tierra de la libertad.
En esta semana, la Semana Santa, que nos conduce a la Pascua, seguiremos este camino de la humillación de Jesús. Y sólo así será «santa» también para nosotros.
Veremos el desprecio de los jefes del pueblo y sus engaños para acabar con él. Asistiremos a la traición de Judas, uno de los Doce, que lo venderá por treinta monedas. Veremos al Señor apresado y tratado como un malhechor; abandonado por sus discípulos; llevado ante el Sanedrín, condenado a muerte, azotado y ultrajado. Escucharemos cómo Pedro, la «roca» de los discípulos, lo negará tres veces. Oiremos los gritos de la muchedumbre, soliviantada por los jefes, pidiendo que Barrabás quede libre y que a él lo crucifiquen. Veremos cómo los soldados se burlarán de él, vestido con un manto color púrpura y coronado de espinas. Y después, a lo largo de la vía dolorosa y a los pies de la cruz, sentiremos los insultos de la gente y de los jefes, que se ríen de su condición de Rey e Hijo de Dios.
Esta es la vía de Dios, el camino de la humildad. Es el camino de Jesús, no hay otro. Y no hay humildad sin humillación.
Al recorrer hasta el final este camino, el Hijo de Dios tomó la «condición de siervo» (Flp 2,7). En efecto, la humildad quiere decir también servicio, significa dejar espacio a Dios negándose a uno mismo, «despojándose», como dice la Escritura (v. 7). Este «despojarse» es la humillación más grande.
Hay otra vía, contraria al camino de Cristo: la mundanidad. La mundanidad nos ofrece el camino de la vanidad, del orgullo, del éxito... Es la otra vía. El maligno se la propuso también a Jesús durante cuarenta días en el desierto. Pero Jesús la rechazó sin dudarlo. Y, con él, solamente con su gracia y con su ayuda, también nosotros podemos vencer esta tentación de la vanidad, de la mundanidad, no sólo en las grandes ocasiones, sino también en las circunstancias ordinarias de la vida.
En esto, nos ayuda y nos conforta el ejemplo de muchos hombres y mujeres que, en silencio y sin hacerse ver, renuncian cada día a sí mismos para servir a los demás: un familiar enfermo, un anciano solo, una persona con discapacidad, una persona sin techo...
Pensemos también en la humillación de los que, por mantenerse fieles al Evangelio, son discriminados y sufren las consecuencias en su propia carne. Y pensemos en nuestros hermanos y hermanas perseguidos por ser cristianos, los mártires de hoy - que son muchos -: no reniegan de Jesús y soportan con dignidad insultos y ultrajes. Lo siguen por su camino. Podemos hablar, verdaderamente, de “una nube de testigos”: los mártires de hoy (cf. Hb 12,1).
Durante esta semana, emprendamos también nosotros con decisión este camino de la humildad, movidos por el amor a nuestro Señor y Salvador. El amor nos guiará y nos dará fuerza. Y, donde está él, estaremos también nosotros (cf. Jn 12,26).
[00501-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
No centro desta celebração, que se apresenta tão festiva, está a palavra que ouvimos no hino da Carta aos Filipenses: «Humilhou-Se a Si mesmo» (2, 8). A humilhação de Jesus.
Esta palavra desvenda-nos o estilo de Deus e, consequentemente, o que deve ser do cristão: a humildade. Um estilo que nunca deixará de nos surpreender e pôr em crise: não chegamos jamais a habituar-nos a um Deus humilde!
Humilhar-se é, antes de mais nada, o estilo de Deus: Deus humilha-Se para caminhar com o seu povo, para suportar as suas infidelidades. Isto é evidente, quando se lê a história do Êxodo: que humilhação para o Senhor ouvir todas aquelas murmurações, aquelas queixas! Embora dirigidas contra Moisés, no fundo eram lançadas contra Ele, o Pai deles, que os fizera sair da condição de escravatura e os guiava pelo caminho através do deserto até à terra da liberdade.
Nesta Semana, a Semana Santa, que nos leva à Páscoa, caminharemos por esta estrada da humilhação de Jesus. E só assim será «santa» também para nós!
Ouviremos o desprezo dos chefes do seu povo e as suas intrigas para O fazerem cair. Assistiremos à traição de Judas, um dos Doze, que O venderá por trinta denários. Veremos ser preso o Senhor e levado como um malfeitor; abandonado pelos discípulos; conduzido perante o Sinédrio, condenado à morte, flagelado e ultrajado. Ouviremos que Pedro, a «rocha» dos discípulos, O negará três vezes. Ouviremos os gritos da multidão, incitada pelos chefes, que pede Barrabás livre e Ele crucificado. Vê-Lo-emos escarnecido pelos soldados, coberto com um manto de púrpura, coroado de espinhos. E depois, ao longo da via dolorosa e junto da cruz, ouviremos os insultos do povo e dos chefes, que zombam de Ele ser Rei e Filho de Deus.
Este é o caminho de Deus, o caminho da humildade. É a estrada de Jesus; não há outra. E não existe humildade, sem humilhação.
Percorrendo até ao fim esta estrada, o Filho de Deus assumiu a «forma de servo» (cf. Flp 2, 7). Com efeito, a humildade quer dizer também serviço, significa dar espaço a Deus despojando-se de si mesmo, «esvaziando-se», como diz a Escritura (v. 7). Esta – esvaziar-se – é a maior humilhação.
Há outro caminho, contrário ao caminho de Cristo: o mundanismo. O mundanismo oferece-nos o caminho da vaidade, do orgulho, do sucesso... É o outro caminho. O maligno propô-lo também a Jesus, durante os quarenta dias no deserto. Mas Jesus rejeitou-o sem hesitação. E, com Ele, só com a sua graça, com a sua ajuda, também nós podemos vencer esta tentação da vaidade, do mundanismo, não só nas grandes ocasiões mas também nas circunstâncias ordinárias da vida.
Nisto, serve-nos de ajuda e conforto o exemplo de tantos homens e mulheres que cada dia, no silêncio e escondidos, renunciam a si mesmos para servir os outros: um familiar doente, um idoso sozinho, uma pessoa deficiente, um sem-abrigo...
Pensamos também na humilhação das pessoas que, pela sua conduta fiel ao Evangelho, são discriminadas e pagam na própria pele. E pensamos ainda nos nossos irmãos e irmãs perseguidos porque são cristãos, os mártires de hoje (e são tantos): não renegam Jesus e suportam, com dignidade, insultos e ultrajes. Seguem-No pelo seu caminho. Verdadeiramente, podemos falar duma «nuvem de testemunhas» (cf. Heb 12, 1): os mártires de hoje.
Durante esta Semana, emboquemos também nós decididamente esta estrada da humildade, com tanto amor por Ele, o nosso Senhor e Salvador. Será o amor a guiar-nos e a dar-nos força. E, onde Ele estiver, estaremos também nós (cf. Jo 12, 26).
[00501-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
W centrum tej celebracji, która wydaje się tak uroczysta znajduje się słowo, które usłyszeliśmy w hymnie z Listu do Filipian: „uniżył samego siebie” (2,8). Uniżenie Jezusa.
To słowo objawia nam styl Boga i, w konsekwencji, chrześcijanina: pokorę. Ten styl nigdy nie przestanie nas zaskakiwać i rodzić problemy: nigdy nie możemy przywyknąć do Boga pokornego.
Uniżenie samego siebie jest przed wszystkimi stylem Boga: Bóg się uniża, aby pielgrzymować ze swoim ludem, aby znosić jego niewierności. Można to dobrze zobaczyć, czytając historię Wyjścia: jakież to upokorzenie dla Pana, kiedy słyszy wszystkie te szemrania, narzekania! Były skierowane przeciwko Mojżeszowi, ale w istocie skierowane były przeciw Niemu, ich Ojcu, który wyprowadził ich z niewoli i doprowadził w pielgrzymce przez pustynię do ziemi wolności.
W tym tygodniu, Wielkim Tygodniu, który prowadzi nas do Wielkanocy, pójdziemy tą drogą upokorzenia Jezusa. Tylko w ten sposób będzie on „święty” także dla nas!
Usłyszymy o pogardzie przywódców Jego ludu i ich oszustwach, mających spowodować Jego upadek. Będziemy świadkami zdrady Judasza, jednego z Dwunastu, który sprzeda Go za trzydzieści srebrników. Zobaczymy Pana pojmanego i prowadzonego jak złoczyńca; opuszczonego przez uczniów; ciągniętego przed Sanhedryn, skazanego na śmierć, pobitego i znieważonego. Usłyszmy, że Piotr, „skała” uczniów, trzy razy się Go zaprze. Usłyszymy krzyki tłumów, podżeganych przez zwierzchników, proszących o uwolnienie Barabasza, a ukrzyżowanie Jezusa. Zobaczymy Go wyśmiewanego przez żołnierzy, okrytego purpurowym płaszczem, ukoronowanego cierniem. A następnie wzdłuż Drogi Krzyżowej, niosącego krzyż, usłyszymy obelgi ludu i przywódców, wyśmiewających to, że jest Królem i Synem Bożym.
To jest droga Boga, droga pokory. To droga Jezusa, a innej nie ma. I nie ma pokory bez upokorzenia.
Przemierzając dogłębnie tę drogę, Syn Boży przyjął „postać sługi” (por. Flp 2,7). Rzeczywiście, pokora oznacza także służbę, oznacza pozostawienie miejsca dla Boga, rezygnacji z samego siebie, „ogołocenia się”, jak mówi Pismo (w. 7). To ogołocenie jest największym upokorzeniem.
Istnieje inna droga, sprzeczna z drogą Chrystusa: światowość. Światowość oferuje nam drogę próżności, pychy, sukcesu... Jest inną drogą. Zły duch zaproponował ją także Jezusowi podczas czterdziestu dni na pustyni. Ale Jezus ją bez wahania odrzucił. Wraz z Nim, tylko z Jego łaską, z Jego pomocą, także i my możemy pokonać tę pokusę próżności, światowości, nie tylko przy specjalnych okazjach, ale w zwykłych okolicznościach życia.
Pomaga nam w tym i pokrzepia przykład tak wielu mężczyzn i kobiet, którzy w ciszy i ukryciu, na co dzień wyrzekają się samych siebie, aby służyć innym: choremu krewnemu, samotnej osobie starszej, niepełnosprawnej, czy bezdomnej …
Pomyślmy także o upokorzeniu tych, którzy ze względu na swoją postawę wierności Ewangelii są dyskryminowani i osobiście za to płacą. Pomyślmy też o naszych braciach i siostrach, którzy cierpią prześladowanie z tego powodu, że są chrześcijanami, współczesnych męczennikach – jest ich wielu – nie zapierają się Jezusa i godnie znoszą obelgi i zniewagi. Idą za Nim Jego drogą. Możemy prawdziwie mówić o „mnóstwie świadków”: współczesnych męczenników (Hbr 12,1).
Podczas tego Tygodnia, także i my wraz z nimi stanowczo pójdźmy tą drogą pokory, z wielką miłością dla Niego, naszego Pana i Zbawiciela. To miłość nas będzie prowadzić i da nam siłę. A gdzie On jest, także i my będziemy (J 12, 26).
[00501-PL.02] [Testo originale: Italiano]
[B0226-XX.03]