Celebrazione dei Secondi Vespri della Solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani Omelia del Santo Padre
Testo in lingua francese
Testo in lingua inglese
Testo in lingua tedesca
Testo in lingua spagnola
Testo in lingua portoghese
Testo in lingua polacca
Alle ore 17.30 di oggi, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Santo Padre Francesco ha presieduto la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sul tema: "Dammi un po’d’acqua da bere" (cfr Gv 4, 7).
Hanno preso parte alla celebrazione i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma.
Al termine dei Vespri, prima della benedizione apostolica, il Cardinale Kurth Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha rivolto al Santo Padre un indirizzo di saluto.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che Papa Francesco ha pronunciato nel corso della celebrazione:
Omelia del Santo Padre
In viaggio dalla Giudea verso la Galilea, Gesù passa attraverso la Samaria. Egli non ha difficoltà ad incontrare i samaritani giudicati eretici, scismatici, separati dai giudei. Il suo atteggiamento ci fa capire che il confronto con chi è differente da noi può farci crescere. Gesù, stanco per il viaggio, non esita a chiedere da bere alla donna samaritana. La sua sete, lo sappiamo, va ben oltre quella fisica: essa è anche sete di incontro, desiderio di aprire un dialogo con quella donna, offrendole così la possibilità di un cammino di conversione interiore. Gesù è paziente, rispetta la persona che gli sta davanti, si rivela a lei progressivamente. Il suo esempio incoraggia a cercare un confronto sereno con l’altro. Per capirsi e crescere nella carità e nella verità, occorre fermarsi, accogliersi e ascoltarsi. In tal modo, si comincia già a sperimentare l’unità. L’unità si fa nel cammino, non è mai ferma. L’unità si fa camminando.
La donna di Sicar interroga Gesù sul vero luogo dell’adorazione di Dio. Gesù non si schiera a favore del monte o del tempio, ma va oltre, va all’essenziale abbattendo ogni muro di separazione. Egli rimanda alla verità dell’adorazione: «Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità» (Gv 4,24). Tante controversie tra cristiani, ereditate dal passato, si possono superare mettendo da parte ogni atteggiamento polemico o apologetico e cercando insieme di cogliere in profondità ciò che ci unisce, e cioè la chiamata a partecipare al mistero di amore del Padre rivelato a noi dal Figlio per mezzo dello Spirito Santo. L’unità dei cristiani - ne siamo convinti - non sarà il frutto di raffinate discussioni teoriche nelle quali ciascuno tenterà di convincere l’altro della fondatezza delle proprie opinioni. Verrà il Figlio dell’uomo e ci troverà ancora nelle discussioni. Dobbiamo riconoscere che per giungere alla profondità del mistero di Dio abbiamo bisogno gli uni degli altri, di incontrarci e di confrontarci sotto la guida dello Spirito Santo, che armonizza le diversità e supera i conflitti, riconcilia le diversità.
Gradualmente, la donna samaritana comprende che Colui che le ha chiesto da bere è in grado di dissetarla. Gesù si presenta a lei come la sorgente da cui scaturisce l’acqua viva che estingue per sempre la sua sete (cfr Gv 4,13-14). L’esistenza umana rivela aspirazioni sconfinate: ricerca di verità, sete di amore, di giustizia e di libertà. Sono desideri appagati solo in parte, perché dal profondo del suo essere l’uomo si muove verso un "di più", un assoluto capace di soddisfare la sua sete in modo definitivo. La risposta a queste aspirazioni viene data da Dio in Gesù Cristo, nel suo mistero pasquale. Dal costato squarciato di Gesù sono sgorgati sangue ed acqua (cfr Gv 19,34): Egli è la sorgente da cui scaturisce l’acqua dello Spirito Santo, cioè «l’amore di Dio riversato nei nostri cuori» (Rm 5,5) nel giorno del Battesimo. Per opera dello Spirito siamo diventati una sola cosa con Cristo, figli nel Figlio, veri adoratori del Padre. Questo mistero d’amore è la ragione più profonda dell’unità che lega tutti i cristiani e che è molto più grande delle divisioni avvenute nel corso della storia. Per questo motivo, nella misura in cui ci avviciniamo con umiltà al Signore Gesù Cristo, ci avviciniamo anche tra di noi.
L’incontro con Gesù trasforma la Samaritana in una missionaria. Avendo ricevuto un dono più grande e più importante dell’acqua del pozzo, la donna lascia lì la sua brocca (cfr Gv 4,28) e corre a raccontare ai suoi concittadini che ha incontrato il Cristo (cfr Gv 4,29). L’incontro con Lui le ha restituito il senso e la gioia di vivere, e lei sente il desiderio di comunicarlo. Oggi esiste una moltitudine di uomini e donne stanchi e assetati, che chiedono a noi cristiani di dare loro da bere. È una richiesta alla quale non ci si può sottrarre. Nella chiamata ad essere evangelizzatori, tutte le Chiese e Comunità ecclesiali trovano un ambito essenziale per una più stretta collaborazione. Per poter svolgere efficacemente tale compito, occorre evitare di chiudersi nei propri particolarismi ed esclusivismi, come pure di imporre uniformità secondo piani meramente umani (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 131). Il comune impegno ad annunciare il Vangelo permette di superare ogni forma di proselitismo e la tentazione di competizione. Siamo tutti al servizio dell’unico e medesimo Vangelo!
E in questo momento di preghiera per l’unità, vorrei ricordare i nostri martiri di oggi. Essi danno testimonianza di Gesù Cristo e vengono perseguitati e uccisi perché cristiani, senza fare distinzione, da parte dei persecutori, tra le confessioni a cui appartengono. Sono cristiani e per questo perseguitati. Questo è, fratelli e sorelle, l’ecumenismo del sangue.
Ricordando questa testimonianza dei nostri martiri di oggi, e con questa gioiosa certezza, rivolgo i miei cordiali e fraterni saluti a Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, a Sua Grazia David Moxon, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, e a tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali qui convenuti nella Festa della Conversione di San Paolo. Inoltre, mi è gradito salutare i membri della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, ai quali auguro un fruttuoso lavoro per la sessione plenaria che si svolgerà nei prossimi giorni a Roma. Saluto anche gli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey e i giovani che beneficiano di borse di studio offerte dal Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese ortodosse, operante presso il Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.
Sono presenti oggi anche religiosi e religiose appartenenti a diverse Chiese e Comunità ecclesiali che hanno partecipato in questi giorni ad un Convegno ecumenico, organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, in occasione dell’Anno della vita consacrata. La vita religiosa come profezia del mondo futuro è chiamata ad offrire nel nostro tempo testimonianza di quella comunione in Cristo che va oltre ogni differenza, e che è fatta di scelte concrete di accoglienza e dialogo. Di conseguenza, la ricerca dell’unità dei cristiani non può essere appannaggio solo di qualche singolo o comunità religiosa particolarmente sensibile a tale problematica. La reciproca conoscenza delle diverse tradizioni di vita consacrata ed un fecondo scambio di esperienze può essere utile per la vitalità di ogni forma di vita religiosa nelle diverse Chiese e Comunità ecclesiali.
Cari fratelli e sorelle, oggi noi, che siamo assetati di pace e di fraternità, invochiamo con cuore fiducioso dal Padre celeste, mediante Gesù Cristo unico Sacerdote e mediatore e per intercessione della Vergine Maria, dell’Apostolo Paolo e di tutti i santi, il dono della piena comunione di tutti i cristiani, affinché possa risplendere «il sacro mistero dell’unità della Chiesa» (Conc. Ecum. Vat. II, Decreto sull’Ecumenismo Unitatis redintegratio, 2), quale segno e strumento di riconciliazione per il mondo intero. Così sia.
[00140-01.02] [Testo originale: Italiano]
Testo in lingua francese
En voyage de la Judée vers la Galilée, Jésus traverse la Samarie. Il n’a pas de difficulté à rencontrer les Samaritains jugés hérétiques, schismatiques, séparés des juifs. Son attitude nous fait comprendre que la confrontation avec celui qui est différent de nous peut nous faire grandir. Jésus, fatigué par le voyage, n’hésite pas à demander à boire à la femme samaritaine. Sa soif, nous le savons, va bien au-delà de la soif physique : elle est aussi soif de rencontre, désir d’ouvrir un dialogue avec cette femme, en lui offrant aussi la possibilité d’un chemin de conversion intérieure. Jésus est patient, il respecte la personne qui est devant lui, il se révèle à elle progressivement. Son exemple encourage à chercher une confrontation sereine avec l’autre. Pour se comprendre et grandir dans la charité et dans la vérité, il faut s’arrêter, s’accueillir et s’écouter. De cette manière, on commence déjà à expérimenter l’unité. L’unité se fait sur le chemin, elle n’est jamais à l’arrêt. L’unité se fait en marchant.
La femme de Sykar interroge Jésus sur le véritable lieu de l’adoration de Dieu. Jésus ne prend pas position en faveur de la montagne ou du temple, mais il va au-delà, il va à l’essentiel, faisant tomber chaque mur de séparation. Il renvoie à la vérité de l’adoration : « Dieu est esprit, et ceux qui l’adorent, c’est en esprit et vérité qu’ils doivent l’adorer » (Jn 4, 24). Beaucoup de controverses entre chrétiens, héritées du passé, peuvent se dépasser en mettant de côté toute attitude polémique ou apologétique, et en cherchant ensemble à accueillir en profondeur ce qui nous unit, c’est-à-dire l’appel à participer au mystère d’amour du Père révélé à nous par le Fils dans l’Esprit Saint. L’unité des chrétiens – nous en sommes convaincus – ne sera pas le fruit de discussions théoriques raffinées dans lesquelles chacun tentera de convaincre l’autre du bien-fondé de ses propres opinions. Le Fils de l’Homme viendra et il nous trouvera encore en discussions. Nous devons reconnaître que pour parvenir à la profondeur du mystère de Dieu, nous avons besoin les uns des autres, de nous rencontrer et de nous confronter sous la conduite de l’Esprit Saint, qui harmonise les diversités et dépasse les conflits, réconcilie les diversités.
Progressivement, la femme samaritaine comprend que Celui qui lui a demandé à boire est à même de la désaltérer. Jésus se présente à elle comme la source d’où jaillit l’eau vive qui étanche pour toujours sa soif (cf. Jn 4, 13-14). L’existence humaine révèle des aspirations sans bornes : recherche de vérité, soif d’amour, de justice et de liberté. Ce sont des désirs satisfaits seulement en partie, parce que du fond de son être, l’homme se meut vers un "plus", un absolu capable d’étancher sa soif de façon définitive. La réponse à ces aspirations est donnée par Dieu en Jésus Christ, dans son mystère pascal. Du côté transpercé de Jésus ont jailli du sang et de l’eau (cf. Jn 19, 34) : il est la source d’où jaillit l’eau de l’Esprit Saint, c’est-à-dire « l’amour de Dieu répandu dans nos cœurs » (Rm 5, 5) au jour du baptême. Par l’œuvre de l’Esprit nous sommes devenus uns avec le Christ, fils dans le Fils, vrais adorateurs du Père. Ce mystère d’amour est la raison la plus profonde de l’unité qui relie tous les chrétiens et qui est beaucoup plus grande que les divisions advenues au cours de l’histoire. Pour ce motif, dans la mesure où nous nous approchons avec humilité du Seigneur Jésus Christ, nous nous rapprochons aussi entre nous.
La rencontre avec Jésus transforme la Samaritaine en une missionnaire. Ayant reçu un don plus grand et plus important que l’eau du puits, la femme laisse là sa cruche (cf. Jn 4, 28) et elle court raconter à ses compatriotes qu’elle a rencontré le Christ (cf. Jn 4, 29). La rencontre avec Lui lui a rendu le sens et la joie de vivre, et elle sent le désir de le communiquer. Aujourd’hui, il existe une multitude d’hommes et de femmes fatigués et assoiffés, qui nous demandent, à nous chrétiens, de leur donner à boire. C’est une demande à laquelle on ne peut se soustraire. Dans l’appel à être des évangélisateurs, toutes les Églises et Communautés ecclésiales trouvent un cadre essentiel pour une collaboration plus étroite. Pour pouvoir remplir efficacement une telle tâche, il faut éviter de se renfermer dans ses propres particularismes et exclusivismes, comme aussi d’imposer une uniformité selon des plans purement humains (cf. Exhort. Apost. Evangelii gaudium, n. 131). L’engagement commun à annoncer l’Évangile permet de dépasser toute forme de prosélytisme et la tentation de compétition. Nous sommes tous au service de l’unique et même Évangile !
Et en ce moment de prière pour l’unité, je voudrais rappeler nos martyrs d’aujourd’hui. Ils rendent témoignage à Jésus Christ et ils sont persécutés et tués parce que chrétiens, sans faire de distinction, de la part des persécuteurs, entre les confessions auxquelles ils appartiennent. Ils sont chrétiens et pour cela persécutés. Voilà, frères et sœurs, l’œcuménisme du sang.
Rappelant ce témoignage de nos martyrs d’aujourd’hui, et avec cette joyeuse certitude, j’adresse mes saluts cordiaux et fraternels à Son Éminence le Métropolite Gennadios, représentant du Patriarcat œcuménique, à Sa Grâce David Moxon, représentant personnel à Rome de l’Archevêque de Cantorbéry, et à tous les représentants des différentes Églises et Communautés ecclésiales ici rassemblées en la fête de la Conversion de saint Paul. En outre, je suis heureux de saluer les membres de la Commission mixte pour le dialogue théologique entre l’Église catholique et les Églises orthodoxes orientales, auxquels je souhaite un travail fructueux pour la session plénière qui se déroulera dans les prochains jours à Rome. Je salue aussi les étudiants de l’Ecumenical Institute of Bossey et les jeunes qui bénéficient de bourses d’étude offertes par le Comité de Collaboration culturelle avec les Églises orthodoxes, œuvrant près du Conseil pour la promotion de l’Unité des chrétiens.
Sont aussi présents aujourd’hui des religieux et des religieuses appartenant à différentes Églises et Communautés ecclésiales, qui ont participé ces jours-ci à un Colloque œcuménique, organisé par la congrégation pour les Instituts de Vie consacrée et les Sociétés de Vie apostolique, en collaboration avec le Conseil pontifical pour la promotion de l’Unité des chrétiens, à l’occasion de l’Année de la Vie consacrée. La vie religieuse comme prophétie du monde futur est appelée à offrir en notre temps, le témoignage de cette communion dans le Christ qui va au-delà de chaque différence, et qui est faite de choix concrets d’accueil et de dialogue. Et donc, la recherche de l’unité des chrétiens ne peut être l’apanage seulement de quelques personnes ou communautés religieuses particulièrement sensibles à cette problématique. La connaissance réciproque des différentes traditions de vie consacrée et un échange fécond d’expériences peut être utile pour la vitalité de chaque forme de vie religieuse dans les diverses Églises et Communautés ecclésiales.
Chers frères et sœurs, aujourd’hui nous qui sommes assoiffés de paix et de fraternité, invoquons avec un cœur confiant du Père céleste, par Jésus Christ l’unique Prêtre et médiateur, et par l’intercession de la Vierge Marie, de l’apôtre Paul et de tous les saints, le don de la pleine communion de tous les chrétiens, afin que puisse resplendir « le mystère sacré de l’unité de l’Église » (Conc. œcum. Vat. II, Décret sur l’œcuménisme Unitatis redintegratio, n. 2), comme signe et instrument de réconciliation pour le monde entier. Ainsi soit-il.
[00140-03.02] [Texte original: Italien]
Testo in lingua inglese
On his way from Judea to Galilee, Jesus passes through Samaria. He has no problem dealing with Samaritans, who were considered by the Jews to be heretics, schismatics, others. His attitude helps us to realize that encounter with those who are different than ourselves can make us grow. Weary from his journey, Jesus does not hesitate to ask the Samaritan woman for something to drink. His thirst, as we know, is much more than physical: it is also a thirst for encounter, a desire to enter into dialogue with that woman and to invite her to make a journey of interior conversion. Jesus is patient, respectful of the person before him, and gradually reveals himself to her. His example encourages us to seek a serene encounter with others. To understand one another, and to grow in charity and truth, we need to pause, to accept and listen to one another. In this way, we already begin to experience unity. Unity grows along the way; it never stands still. Unity happens when we walk together.
The woman of Sychar asks Jesus about the place where God is truly worshiped. Jesus does not side with the mountain or the temple, but goes deeper. He goes to the heart of the matter, breaking down every wall of division. He speaks instead of the meaning of true worship: "God is spirit, and those who worship him must worship in spirit and truth" (Jn 4:24). So many past controversies between Christians can be overcome when we put aside all polemical or apologetic approaches, and seek instead to grasp more fully what unites us, namely, our call to share in the mystery of the Father’s love revealed to us by the Son through the Holy Spirit. Christian unity – we are convinced – will not be the fruit of subtle theoretical discussions in which each party tries to convince the other of the soundness of their opinions. When the Son of Man comes, he will find us still discussing! We need to realize that, to plumb the depths of the mystery of God, we need one another, we need to encounter one another and to challenge one another under the guidance of the Holy Spirit, who harmonizes diversities, overcomes conflicts, reconciles differences.
Gradually the Samaritan woman comes to realize that the one who has asked her for a drink is able to slake her own thirst. Jesus in effect tells her that he is the source of living water which can satisfy her thirst for ever (cf. Jn 4:13-14). Our human existence is marked by boundless aspirations: we seek truth, we thirst for love, justice and freedom. These desires can only be partially satisfied, for from the depths of our being we are prompted to seek "something more", something capable of fully quenching our thirst. The response to these aspirations is given by God in Jesus Christ, in his paschal mystery. From the pierced side of Jesus there flowed blood and water (cf. Jn 19:34). He is the brimming fount of the water of the Holy Spirit, "the love of God poured into our hearts (Rom 5:5) on the day of our baptism. By the working of the Holy Spirit, we have become one in Christ, sons in the Son, true worshipers of the Father. This mystery of love is the deepest ground of the unity which binds all Christians and is much greater than their historical divisions. To the extent that we humbly advance towards the Lord, then, we also draw nearer to one another.
Her encounter with Jesus made the Samaritan women a missionary. Having received a greater and more important gift than mere water from a well, she leaves her jar behind (cf. Jn 4:28) and runs back to tell her townspeople that she has met the Christ (cf. Jn 4:29). Her encounter with Jesus restored meaning and joy to her life, and she felt the desire to share this with others. Today there are so many men and women around us who are weary and thirsting, and who ask us Christians to give them something to drink. It is a request which we cannot evade. In the call to be evangelizers, all the Churches and Ecclesial Communities discover a privileged setting for closer cooperation. For this to be effective, we need to stop being self-enclosed, exclusive, and bent on imposing a uniformity based on merely human calculations (cf. Evangelii Gaudium, 131). Our shared commitment to proclaiming the Gospel enables us to overcome proselytism and competition in all their forms. All of us are at the service of the one Gospel!
In this moment of prayer for unity, I would also like to remember our martyrs, the martyrs of today. They are witnesses to Jesus Christ, and they are persecuted and killed because they are Christians. Those who persecute them make no distinction between the religious communities to which they belong. They are Christians and for that they are persecuted. This, brothers and sisters, is the ecumenism of blood.
Mindful of this testimony given by our martyrs today, and with this joyful certainty, I offer a cordial and fraternal greeting to His Eminence Metropolitan Gennadios, the representative of the Ecumenical Patriarch, to His Grace David Moxon, the personal representative in Rome of the Archbishop of Canterbury, and to all the representatives of the various Churches and Ecclesial Communions gathered here to celebrate the Feast of the Conversion of Saint Paul. I am also pleased to greet the members of the Joint Commission for Theological Dialogue between the Catholic Church and the Orthodox Churches, and I offer them my best wishes for the fruitfulness of the plenary session to be held in these coming days. I also greet the students from the Ecumenical Institute at Bossey, and the young recipients of study grants from by the Committee for Cultural Collaboration with the Orthodox Churches, centred in the Pontifical Council for Promoting Christian Unity.
Also present today are men and women religious from various Churches and Ecclesial Communities who have taken part in an ecumenical meeting organized by the Congregation for Institutes of Consecrated Life and for Societies of Apostolic Life, in conjunction with the Pontifical Council for Promoting Christian Unity, to mark the Year for Consecrated Life. Religious life, as prophetic sign of the world to come, is called to offer in our time a witness to that communion in Christ which transcends all differences and finds expression in concrete gestures of acceptance and dialogue. The pursuit of Christian unity cannot be the sole prerogative of individuals or religious communities particularly concerned with this issue. A shared knowledge of the different traditions of consecrated life, and a fruitful exchange of experiences, can prove beneficial for the vitality of all forms of religious life in the different Churches and Ecclesial Communities.
Dear brothers and sisters, today all of us who thirst for peace and fraternity trustingly implore from our heavenly Father, through Jesus Christ our one priest and mediator, and through the intercession of the Blessed Virgin Mary, the Apostle Paul and all the saints, the gift of full communion between all Christians, so that "the sacred mystery of the unity of the Church" (Unitatis Redintegratio, 2) may shine forth as the sign and instrument of reconciliation for the whole world. Amen.
[00140-02.02] [Original text: Italian]
Testo in lingua tedesca
Auf dem Weg von Judäa nach Galiläa kommt Jesus durch Samarien. Er hat keine Schwierigkeiten, den Samaritanern zu begegnen, die als Häretiker, Schismatiker abgestempelt und von den Juden getrennt waren. Seine Haltung gibt uns zu verstehen, dass die Gegenüberstellung mit dem, der anders ist als wir, uns wachsen lassen kann. Jesus ist müde von der Reise und zögert nicht, die samaritische Frau zu bitten, ihm zu trinken zu geben. Sein Durst reicht – das wissen wir – weit über den physischen Durst hinaus: Es ist auch ein Durst nach Begegnung, der Wunsch, einen Dialog mit jener Frau zu beginnen und ihr so die Möglichkeit eines Weges der inneren Umkehr zu bieten. Jesus ist geduldig, er respektiert die Person, die ihm gegenübersteht, und offenbart sich ihr schrittweise. Sein Beispiel gibt Mut, eine gelassene, unbeschwerte Gegenüberstellung mit dem anderen zu suchen. Um einander zu verstehen und in der Liebe und der Wahrheit zu wachsen, muss man innehalten, einander annehmen und einander zuhören. Auf diese Weise beginnt man bereits, Einheit zu erleben. Die Einheit wächst auf dem Weg. Sie ist nie Stillstand. Die Einheit wächst im Gehen.
Die Frau aus Sychar befragt Jesus über den wahren Ort der Anbetung Gottes. Jesus ergreift nicht Partei für den Berg oder den Tempel, sondern geht darüber hinaus. Er wendet sich dem Wesentlichen zu und reißt so jede trennende Wand nieder. Er verweist auf die wahre Anbetung: » Gott ist Geist und alle, die ihn anbeten, müssen im Geist und in der Wahrheit anbeten « (Joh 4,24). So viele von der Vergangenheit geerbte Streitigkeiten unter den Christen können überwunden werden, wenn man alles polemische oder apologetische Verhalten ablegt und gemeinsam sucht, in der Tiefe das zu erfassen, was uns eint, nämlich die Berufung, am Geheimnis der Liebe des Vaters teilzuhaben, die uns vom Sohn im Heiligen Geist offenbart worden ist. Die Einheit der Christen – davon sind wir überzeugt – wird nicht das Ergebnis raffinierter theoretischer Diskussionen sein, in denen jeder versucht, den anderen von der Stichhaltigkeit der eigenen Ansichten zu überzeugen. Der Menschensohn wird wiederkommen und uns noch beim Diskutieren finden. Wir müssen erkennen, dass wir, um zur Tiefe des Geheimnisses Gottes zu gelangen, uns gegenseitig brauchen; dass wir unter der Führung des Heiligen Geistes, der die Unterschiede miteinander in Einklang bringt und die Konflikte überwindet, der die Verschiedenheiten versöhnt, einander begegnen und uns austauschen müssen.
Schrittweise versteht die samaritische Frau, dass der, welcher sie um Wasser gebeten hatte, imstande ist, ihren Durst zu stillen. Jesus zeigt sich ihr als die Quelle, aus der das lebendige Wasser hervorsprudelt, das ihren Durst für immer stillt (vgl. Joh 4,13-14). Das menschliche Leben offenbart Bestrebungen, die ins Unendliche gehen: die Suche nach der Wahrheit, der Durst nach Liebe, Gerechtigkeit und Freiheit. Das sind Wünsche, die nur zum Teil befriedigt werden, denn von seinem innersten Wesen her bewegt der Mensch sich auf ein „Mehr" zu, auf ein Absolutes, das fähig ist, seinen Durst endgültig zu stillen. Die Antwort auf diese Bestrebungen gibt Gott in Jesus Christus in dessen Pascha-Geheimnis. Aus der durchbohrten Seite Jesu flossen Blut und Wasser heraus (vgl. Joh 19,34): Er ist die Quelle, aus der das Wasser des Heiligen Geistes entspringt, nämlich die Liebe Gottes, die am Tag unserer Taufe in unsere Herzen ausgegossen wurde (vgl. Röm 5,5). Durch den Heiligen Geist sind wir mit Christus eins geworden, Söhne im Sohn, wahre Anbeter des Vaters. Dieses Geheimnis der Liebe ist der tiefste Grund für die Einheit, die alle Christen verbindet und die viel größer ist, als die im Laufe der Geschichte geschehenen Spaltungen. Darum kommen wir in dem Maß, in dem wir uns demütig unserem Herrn Jesus Christus nähern, auch einander näher.
Die Begegnung mit Jesus verwandelt die Samariterin in eine Missionarin. Da sie ein Geschenk erhalten hat, das größer und wichtiger ist, als das Wasser aus dem Brunnen, lässt die Frau ihren Wasserkrug stehen (vgl. Joh 4,28) und eilt, um den anderen Dorfbewohnern zu erzählen, dass sie dem Messias begegnet ist (vgl. Joh 4,29). Die Begegnung mit ihm hat ihr den Sinn des Lebens und die Lebensfreude zurückgegeben, und sie verspürt den Wunsch, das mitzuteilen. Heute gibt es eine Unzahl müder und durstiger Männer und Frauen, die uns Christen bitten, ihnen zu trinken zu geben. Es ist eine Bitte, der man sich nicht entziehen darf. In der Berufung, Verkünder des Evangeliums zu sein, finden alle Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften einen wesentlichen Bereich für eine engere Zusammenarbeit. Um diese Aufgabe wirksam erfüllen zu können, muss man vermeiden, sich in die eigenen Partikularismen und Ausschließlichkeiten zurückzuziehen, und auch, eine Uniformität nach rein menschlichen Plänen aufzuerlegen (vgl. Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 131). Das gemeinsame Engagement, das Evangelium zu verkünden, erlaubt, jede Form von Proselytenmacherei und die Versuchung zum Konkurrenzkampf zu überwinden. Wir sind alle im Dienst ein und desselben Evangeliums!
Und in diesem Moment des Gebets für die Einheit möchte ich an unsere heutigen Märtyrer erinnern. Sie geben Zeugnis für Jesus Christus und werden verfolgt und getötet, weil sie Christen sind. Ihre Verfolger machen keine Unterschiede zwischen den Konfessionen, zu denen sie gehören. Sie sind Christen und deshalb werden sie verfolgt. Das ist, Brüder und Schwestern, die Ökumene des Blutes.
An dieses Zeugnis unserer heutigen Märtyrer erinnernd und in dieser frohen Gewissheit richte ich meine herzlichen und brüderlichen Grüße an Seine Eminenz, den Metropoliten Gennadios, den Vertreter des Ökumenischen Patriarchen, an Seine Gnaden David Moxon, den persönlichen Vertreter des Erzbischofs von Canterbury in Rom, und an alle Vertreter der verschiedenen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften, die hier am Fest der Bekehrung des heiligen Paulus zusammengekommen sind. Außerdem begrüße ich gerne die Mitglieder der gemischten Kommission für den theologischen Dialog zwischen der katholischen Kirche und den orthodoxen Ostkirchen, denen ich für die Vollversammlung, die in den nächsten Tagen in Rom stattfindet, eine fruchtbare Arbeit wünsche. Ich begrüße auch die Studenten des Ecumenical Institute of Bossey und die Jugendlichen, die ein Stipendium vom Komitee für kulturelle Zusammenarbeit mit den orthodoxen Kirchen erhalten haben, das beim Rat zur Förderung der Einheit der Christen wirkt.
Es sind heute auch Ordensmänner und -frauen anwesend, die verschiedenen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften angehören, welche in diesen Tagen an einem ökumenischen Kongress teilgenommen haben, den die Kongregation für die Institute geweihten Lebens und für die Gesellschaften apostolischen Lebens in Zusammenarbeit mit dem Päpstlichen Rat zur Förderung der Einheit der Christen anlässlich des Jahres des geweihten Lebens organisiert hat. Das Ordensleben als Prophetie der zukünftigen Welt ist berufen, in unserer Zeit ein Zeugnis zu geben für jene Gemeinschaft in Christus, die über jede Verschiedenheit hinausgeht und die aus konkreten Entscheidungen für Annahme und Dialog besteht. Folglich kann das Streben nach der Einheit der Christen nicht ein Vorrecht nur von Einzelnen oder von Ordensgemeinschaften sein, die für diese Problematik besonders sensibel sind. Die gegenseitige Kenntnis der verschiedenen Traditionen geweihten Lebens und ein fruchtbarer Erfahrungsaustausch kann für die Lebendigkeit jeder Form von Ordensleben in den verschiedenen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften nützlich sein.
Liebe Brüder und Schwestern, wir alle dürsten nach Frieden und Brüderlichkeit. Mit Zuversicht im Herzen wollen wir daher heute von unserem himmlischen Vater durch Jesus Christus, den einzigen Priester und Mittler, und auf die Fürbitte der Jungfrau Maria, des Apostels Paulus und aller Heiligen das Geschenk der vollen Einheit aller Christen erbitten. Auf diese Weise leuchte » das heilige Geheimnis der Einheit der Kirche « (Zweites Vatikanisches Konzil, Dekret Unitatis redintegratio über den Ökumenismus, 2) auf – als Zeichen und Werkzeug der Versöhnung für die ganze Welt. Amen.
[00140-05.02] [Originalsprache: Italienisch]
Testo in lingua spagnola
En viaje desde Judea a Galilea, Jesús pasó por Samaría. Él no tiene ninguna dificultad en encontrarse con los samaritanos, considerados herejes, cismáticos, separados de los judíos. Su actitud nos da a entender que confrontarse con los que son diferentes de nosotros puede hacernos crecer. Jesús, cansado del viaje, no duda en pedir de beber a la mujer samaritana. Su sed, lo sabemos, va mucho más allá de la sed física: es también sed de encuentro, deseo de entablar un diálogo con aquella mujer, ofreciéndole así la posibilidad de un camino de conversión interior. Jesús es paciente, respeta a la persona que tiene ante él, se revela a ella gradualmente. Su ejemplo alienta a buscar una confrontación pacífica con el otro. Para entenderse y crecer en la caridad y en la verdad, es preciso detenerse, acogerse y escucharse. De este modo, se comienza ya a experimentar la unidad. La unidad se hace en el camino, nunca se queda parada. La unidad se hace caminando.
La mujer de Sicar pregunta a Jesús sobre el verdadero lugar de adoración a Dios. Jesús no toma partido en favor del monte o del templo, sino que va más allá, va a lo esencial, derribando todo muro de separación. Él se refiere a la verdad de la adoración: «Dios es espíritu, y los que adoran deben hacerlo en espíritu y en verdad» (Jn 4,24). Muchas controversias entre los cristianos, heredadas del pasado, pueden superarse dejando de lado cualquier actitud polémica o apologética, y tratando de comprender juntos en profundidad lo que nos une, es decir, la llamada a participar en el misterio del amor del Padre, revelado por el Hijo a través del Espíritu Santo. La unidad de los cristianos – estamos convencidos – no será el resultado de refinadas discusiones teóricas, en las que cada uno tratará de convencer al otro del fundamento de las propias opiniones. Vendrá el Hijo del hombre y todavía nos encontrará discutiendo. Debemos reconocer que, para llegar a las profundidades del misterio de Dios, nos necesitamos unos a otros, necesitamos encontrarnos y confrontarnos bajo la guía del Espíritu Santo, que armoniza la diversidad y supera los conflictos, reconcilia las diversidades.
Poco a poco, la mujer samaritana entiende que quien la ha pedido de beber, puede saciarla. Jesús se le presenta como la fuente de la que brota el agua viva que apaga para siempre su sed (cf. Jn 4,13-14). La existencia humana revela aspiraciones ilimitadas: la búsqueda de la verdad, la sed de amor, de justicia y libertad. Son deseos satisfechos sólo en parte, porque desde lo más profundo de su ser el hombre se mueve hacia un «más», un absoluto capaz de satisfacer su sed de manera definitiva. La respuesta a estas aspiraciones la da Dios en Jesucristo, en su misterio pascual. Del costado traspasado de Jesús fluyó sangre y agua (cf. Jn 19,34): Él es la fuente de la que brota el agua del Espíritu Santo, es decir, «el amor de Dios derramado en nuestros corazones» (Rm 5,5) el día del Bautismo. Por obra del Espíritu, nos hemos convertido en uno con Cristo, hijos en el Hijo, verdaderos adoradores del Padre. Este misterio de amor es la razón más profunda de unidad que une a todos los cristianos, y que es mucho más grande que las divisiones que se han producido a lo largo de la historia. Por esta razón, en la medida en que nos acercamos con humildad al Señor Jesucristo, nos acercamos también entre nosotros.
El encuentro con Jesús transforma a la mujer samaritana en una misionera. Al haber recibido un don más grande e importante que el agua del pozo, la mujer deja allí su cántaro (cf. Jn 4,28) y corre a decir a sus conciudadanos que ha encontrado al Cristo (cf. Jn 4,29). El encuentro con él le ha devuelto el sentido y la alegría de vivir, y ella siente el deseo de comunicarlo. Hoy existe una multitud de hombres y mujeres cansados y sedientos, que nos piden a los cristianos que les demos de beber. Es una petición a la que no podemos sustraernos. En la llamada a ser evangelizadores, todas las Iglesias y Comunidades eclesiales encuentran un ámbito fundamental para una colaboración más estrecha. Para llevar a cabo este cometido con eficacia, se ha de evitar cerrarse en los propios particularismos y exclusivismos, así como imponer uniformidad según los planes meramente humanos (cf. Exhort. ap., Evangelii gaudium, 131). El compromiso común de anunciar el Evangelio permite superar toda forma de proselitismo y la tentación de la competición. Todos estamos al servicio del único y mismo Evangelio.
En este momento de oración por la unidad, quisiera recordar a nuestros mártires de hoy. Ellos dan testimonio de Jesucristo y son perseguidos y ejecutados por ser cristianos, sin que los persecutores hagan distinción entre las confesiones a las que pertenecen. Esto es, hermanos y hermanas, el ecumenismo de la sangre.
Con el recuerdo de este testimonio de nuestros mártires de hoy, y con esta gozosa certeza, dirijo mi saludo cordial y fraterno a Su Eminencia el Metropolita Gennadios, representante del Patriarcado Ecuménico, a Su Gracia David Moxon, representante personal en Roma del Arzobispo de Canterbury, y a todos los representantes de las diversas Iglesias y Comunidades eclesiales reunidos aquí en la Fiesta de la Conversión de San Pablo. Además, me complace saludar a los miembros de la Comisión Mixta para el diálogo teológico entre la Iglesia católica y las Iglesias ortodoxas orientales, a quienes deseo un trabajo fructífero para la sesión plenaria que tendrá lugar los próximos días en Roma. Saludo también a los estudiantes del Ecumenical Institute of Bossey y a los jóvenes que se benefician de las becas ofrecidas por el Comité de Colaboración Cultural con las Iglesias ortodoxas, que actúa en el Consejo para la Promoción de la Unidad de los Cristianos.
También están hoy presentes aquí religiosos y religiosas pertenecientes a diferentes Iglesias y Comunidades eclesiales, que han participado estos días en un encuentro ecuménico, organizado por la Congregación para los Institutos de Vida Consagrada y las Sociedades de Vida Apostólica, en colaboración con el Consejo Pontificio para la Promoción de la Unidad de los Cristianos, con ocasión del Año de la vida consagrada. La vida religiosa, como profecía del mundo futuro, está llamada a ofrecer en nuestro tiempo el testimonio de esa comunión en Cristo que va más allá de toda diferencia, y que está hecha de decisiones concretas de acogida y de diálogo. En consecuencia, la búsqueda de la unidad de los cristianos no puede ser prerrogativa sólo de alguna persona o comunidad religiosa particularmente sensible a esta problemática. El conocimiento mutuo de las diferentes tradiciones de vida consagrada, y un fecundo intercambio de experiencias, puede ser útil para la vitalidad de todas las formas de vida religiosa en las diversas Iglesias y Comunidades eclesiales.
Queridos hermanos y hermanas, hoy nosotros, que estamos sedientos de paz y fraternidad, invocamos con corazón confiado que el Padre celestial, por medio de Jesucristo, único Sacerdote y mediador, y por la intercesión de la Virgen María, el apóstol Pablo y todos los santos, nos dé el don de la plena comunión de todos los cristianos, para que pueda brillar «el sagrado misterio de la unidad de la Iglesia» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Unitatis redintegratio, sobre el ecumenismo, 2), como signo e instrumento de reconciliación para el mundo entero. Así sea.
[00140-04.02] [Texto original: Italiano]
Testo in lingua portoghese
Na sua viagem da Judeia para a Galileia, Jesus passa através da Samaria. Não tem dificuldade em encontrar os samaritanos considerados hereges, cismáticos, separados dos judeus. A sua atitude leva-nos compreender que o confronto com quem é diferente de nós pode fazer-nos crescer. Jesus, cansado da viagem, não hesita em pedir de beber à mulher samaritana. Sabemos que a sua sede estende-se muito para além da água física: é também sede de encontro, desejo de abrir diálogo com aquela mulher, oferecendo-lhe assim a possibilidade de um caminho de conversão interior. Jesus é paciente, respeita a pessoa que tem à sua frente, revela-Se-lhe progressivamente. O seu exemplo encoraja a procurar um confronto sereno com o outro. As pessoas, para se compreenderem e crescerem na caridade e na verdade, precisam de se deter, acolher e escutar. Desta forma, começa-se já a experimentar a unidade. A unidade faz-se a caminho, jamais se fará parados. A unidade faz-se caminhando.
A mulher de Sicar interpela Jesus sobre o verdadeiro lugar da adoração a Deus. Jesus não toma partido em favor do monte nem do templo, vai mais além, vai ao essencial derrubando todo o muro de separação. Remete para a verdade da adoração: «Deus é espírito; por isso, os que O adoram devem adorá-Lo em espírito e verdade» (Jo 4, 24). É possível superar muitas controvérsias entre cristãos, herdadas do passado, pondo de lado qualquer atitude polémica ou apologética e procurando, juntos, individuar em profundidade aquilo que nos une, ou seja, a chamada a participar no mistério de amor do Pai, que nos foi revelado pelo Filho através do Espírito Santo. A unidade dos cristãos – é nossa convicção – não será o fruto de sofisticadas discussões teóricas, onde cada um tenta convencer o outro da justeza das suas opiniões. Virá o Filho do Homem e encontrar-nos-á ainda nas discussões. Temos de reconhecer que, para se chegar à profundeza do mistério de Deus, precisamos uns dos outros, encontrando-nos e confrontando-nos sob a guia do Espírito Santo, que harmoniza as diversidades e supera os conflitos, reconcilia as diversidades.
Pouco a pouco, a mulher samaritana compreende que Aquele que lhe pediu de beber é capaz de a saciar. Jesus apresenta-Se-lhe como a fonte donde jorra a água viva que mata a sua sede para sempre (cf. Jo 4, 13-14). A existência humana revela aspirações ilimitadas: busca de verdade, sede de amor, de justiça e de liberdade. Trata-se de desejos apenas parcialmente saciados, porque o homem, do fundo do seu próprio ser, é movido para um «mais», um absoluto capaz de satisfazer definitivamente a sua sede. A resposta a estas aspirações é dada por Deus em Jesus Cristo, no seu mistério pascal. Do lado trespassado de Jesus, jorraram sangue e água (cf. Jo 19, 34): Ele é a fonte donde brota a água do Espírito Santo, isto é, «o amor de Deus derramado nos nossos corações» (Rm 5, 5) no dia do Baptismo. Por acção do Espírito, tornamo-nos um só com Cristo, filhos no Filho, verdadeiros adoradores do Pai. Este mistério de amor é a razão mais profunda da unidade que liga todos os cristãos e que é muito maior do que as divisões ocorridas no decurso da história. Por este motivo, na medida em que nos aproximamos humildemente do Senhor Jesus Cristo, acontece também a aproximação entre nós.
O encontro com Jesus transforma a samaritana numa missionária. Tendo recebido um dom maior e mais importante do que a água do poço, a mulher deixa lá o seu cântaro (cf. Jo 4, 28) e corre a contar aos seus compatriotas que encontrou o Messias (cf. Jo 4, 29). O encontro com Ele restituiu-lhe o significado e a alegria de viver, e a mulher sente o desejo de comunicá-lo. Hoje, há uma multidão de homens e mulheres, cansados e sedentos, que nos pedem, a nós cristãos, para lhes dar de beber. É um pedido a que não nos podemos subtrair. Na chamada a ser evangelizadores, todas as Igrejas e Comunidades eclesiais encontram uma área essencial para uma colaboração mais estreita. Para se poder cumprir eficazmente esta tarefa, é preciso evitar de fechar-se em particularismos e exclusivismos e também de impor uniformidade segundo planos meramente humanos (cf. Exort. ap. Evangelii gaudium, 131). O compromisso comum de anunciar o Evangelho permite superar qualquer forma de proselitismo e a tentação da competição. Estamos todos ao serviço do único e mesmo Evangelho!
E, neste momento de oração pela unidade, quero recordar os nossos mártires de hoje. Dão testemunho de Jesus Cristo; são perseguidos e mortos, porque cristãos, sem que os perseguidores façam distinção entre as confissões a que pertencem: são cristãos e, por isso, são perseguidos. Isto, irmãos e irmãs, é o ecumenismo do sangue.
Recordando este testemunho dos nossos mártires de hoje e com esta jubilosa certeza, dirijo as minhas cordiais e fraternas saudações a Sua Eminência o Metropolita Gennadios, representante do Patriarcado Ecuménico, a Sua Graça David Moxon, representante pessoal em Roma do Arcebispo de Cantuária, e a todos os representantes das diversas Igrejas e Comunidades eclesiais aqui congregados na Festa da Conversão de São Paulo. Além disso, saúdo com grande prazer os membros da Comissão Mista para o Diálogo Teológico entre a Igreja Católica e as Igrejas Ortodoxas Orientais, aos quais desejo um frutuoso trabalho na sessão plenária que terá lugar em Roma nos próximos dias. Saúdo também os alunos do Ecumenical Institute of Bossey e os jovens que beneficiam de bolsas de estudo oferecidas pelo Comité de Colaboração Cultural com as Igrejas Ortodoxas, operativo no Conselho para a Promoção da Unidade dos Cristãos.
Hoje estão presentes também religiosos e religiosas pertencentes a diferentes Igrejas e Comunidades eclesiais que, nestes dias, participaram num convénio ecuménico organizado pela Congregação para os Institutos de Vida Consagrada e as Sociedades de Vida Apostólica, em colaboração com o Pontifício Conselho para a Promoção da Unidade dos Cristãos, por ocasião do Ano da vida consagrada. A vida religiosa, como profecia do mundo futuro, é chamada a dar testemunho, no nosso tempo, daquela comunhão em Cristo que ultrapassa toda a diferença e é feita de opções concretas de recepção e diálogo. Consequentemente, a busca da unidade dos cristãos não pode ser prerrogativa apenas de qualquer indivíduo ou comunidade religiosa particularmente sensível a tal problemática. O conhecimento recíproco das diferentes tradições de vida consagrada e um fecundo intercâmbio de experiências podem ser úteis para a vitalidade de toda a forma de vida religiosa nas diferentes Igrejas e Comunidades eclesiais.
Amados irmãos e irmãs, hoje nós, que estamos sedentos de paz e fraternidade, com coração confiante invocamos do Pai celeste, por meio de Jesus Cristo único Sacerdote e Mediador e por intercessão da Virgem Maria, do Apóstolo Paulo e de todos os Santos, o dom da comunhão plena de todos os cristãos, a fim de que possa resplandecer «o sagrado mistério da unidade da Igreja» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sobre o Ecumenismo Unitatis redintegratio, 2) como sinal e instrumento de reconciliação para o mundo inteiro. Assim seja.
[00140-06.02] [Texto original: Italiano]
Testo in lingua polacca
W drodze z Judei do Galilei Jezus przechodzi przez Samarię. Nie jest dla Niego trudnością spotkanie Samarytan uznawanych za heretyków, schizmatyków, oddzielonych od Żydów. Jego postawa uświadamia nam, że konfrontacja z tymi, którzy się od nas różnią może sprawiać nasz rozwój. Jezus zmęczony drogą, nie waha się prosić Samarytanki, by dała Mu pić. Wiemy, że Jego pragnienie wykracza daleko poza potrzebę fizyczną: jest ono także pragnieniem spotkania, pragnieniem nawiązania dialogu z tą kobietą, dając jej w ten sposób możliwość procesu nawrócenia wewnętrznego. Jezus jest cierpliwy, szanuje osobę, która przed Nim stoi, stopniowo się jej objawia. Jego przykład zachęca, by dążyć do pokojowej konfrontacji z drugim. Aby siebie zrozumieć i wzrastać w miłości i prawdzie, trzeba się zatrzymać, by siebie zaakceptować i słuchać nawzajem. W ten sposób, zaczynamy już doświadczać jedności. Jedność buduje się w drodze, nigdy nie stoi w miejscu. Jedność buduje się idąc.
Kobieta z Sychar pyta Jezusa o to, gdzie jest prawdziwe miejsce oddawania czci Bogu. Jezus nie opowiada się za górą lub świątynią, ale idzie dalej, zmierza ku temu, co istotne, burząc wszelki oddzielający mur. Skierowuje ku prawdzie adoracji: „Bóg jest duchem: potrzeba więc, by czciciele Jego oddawali Mu cześć w Duchu i prawdzie" (J 4,24). Wiele odziedziczonych z przeszłości kontrowersji między chrześcijanami można przezwyciężyć odkładając na bok wszelkie postawy polemiczne czy apologetyczne, poszukując wspólnie dogłębnego zrozumienia tego, co nas łączy, a mianowicie powołania do uczestnictwa w tajemnicy miłości Ojca, objawionej nam przez Syna za pośrednictwem Ducha Świętego. Jedność chrześcijan – jesteśmy o tym przekonani – nie będzie owocem subtelnych dyskusji teoretycznych, w których każdy będzie się starał przekonać innych o słuszności swoich poglądów. Przyjdzie Syn Człowieczy i zastanie nas wciąż na dyskusjach. Musimy zdać sobie sprawę, że aby dotrzeć do głębi tajemnicy Boga, potrzebujemy wzajemnego spotkania się i konfrontacji pod kierunkiem Ducha Świętego, który harmonizuje różnorodności i przezwycięża konflikty, łączy różnorodności.
Samarytanka stopniowo pojmuje, że ten, który poprosił ją, aby dała mu pić może zaspokoić jej pragnienie. Jezus ukazuje się jej jako źródło, z którego wypływa woda żywa, na zawsze gasząca jej pragnienie (J 4,13-14). Ludzka egzystencja ujawnia nieograniczone aspiracje: poszukiwanie prawdy, pragnienie miłości, sprawiedliwości i wolności. Są to pragnienia urzeczywistnione tylko częściowo, ponieważ człowiek ze swej głębi dąży do czegoś „więcej", absolutu mogącego w sposób definitywny zaspokoić jego pragnienie. Bóg daje odpowiedź na te aspiracje w Jezusie Chrystusie, w Jego tajemnicy paschalnej. Z przebitego boku Jezusa wypłynęła krew i woda (J 19, 34): On jest źródłem, z którego wypływa woda Ducha Świętego, czyli „miłość Boża rozlana w naszych sercach" (Rz 5,5) w dniu chrztu. Za sprawą Ducha Świętego staliśmy się jedno z Chrystusem, synami w Synu, prawdziwymi czcicielami Ojca. To tajemnica miłości jest najgłębszym motywem jedności, która łączy wszystkich chrześcijan i która jest o wiele większa niż podziały, jakie miały miejsce w całej historii. Z tego powodu, na tyle na ile pokornie zbliżamy się do Pana Jezusa Chrystusa, zbliżamy się także między sobą.
Spotkanie z Jezusem przemienia Samarytankę w misjonarkę. Otrzymawszy dar większy i ważniejszy niż woda ze studni, kobieta pozostawia tam swój dzban (J 4,28) i biegnie, aby powiedzieć swoim rodakom, że spotkała Chrystusa (J 4,29). Spotkanie z Nim przywróciło jej sens i radość życia, a ona odczuwa pragnienie, aby to przekazać. Jest dziś mnóstwo mężczyzn i kobiet zmęczonych i spragnionych, proszących nas chrześcijan, byśmy im dali się napić. Jest to prośba od której nie można uciec. W powołaniu do bycia ewangelizatorami, wszystkie Kościoły i Wspólnoty kościelne znajdują istotny obszar bliższej współpracy. Aby można było skutecznie wypełnić to zadanie, trzeba unikać zamykania się w partykularyzmach i ekskluzywizmach, a także narzucania jednolitości według planów czysto ludzkich (por. Adhort. Evangelii gaudium, 131).Wspólne zaangażowanie w głoszeniu Ewangelii pozwala na przezwyciężanie wszelkich form prozelityzmu i pokusy rywalizacji. Wszyscy służymy jednej i tej samej Ewangelii!
W tym momencie modlitwy o jedność chciałbym przypomnieć naszych współczesnych męczenników. Oni dają świadectwo Jezusowi Chrystusowi i są prześladowani i zabijani dlatego, że są chrześcijanami, bez różnicy dla agresorów, do jakiej należą konfesji. Są chrześcijanami i dlatego są prześladowani. Jest to, bracia i siostry, ekumenizm krwi.
Wspominając to świadectwo naszych współczesnych męczenników, z tą radosną pewnością kieruję moje serdeczne i braterskie pozdrowienia ku Jego Eminencji Metropolicie Gennadiosowi, przedstawicielowi Patriarchatu Ekumenicznego, Jego Ekscelencji Davidowi Moxonowi, osobistemu przedstawicielowi arcybiskupa Canterbury w Rzymie i do wszystkich przedstawicieli różnych Kościołów i Wspólnot kościelnych, którzy przybyli tutaj w w święto Nawrócenia św. Pawła. Ponadto, mam przyjemność powitać członków Komisji Wspólnej do spraw Dialogu Teologicznego między Kościołem Katolickim a Wschodnimi Kościołami Ortodoksyjnymi, którym życzę owocnej pracy podczas sesji plenarnej, która odbędzie się w najbliższych dniach w Rzymie. Pozdrawiam również studentów Instytutu Ekumenicznego w Bossey oraz ludzi młodych, korzystających ze stypendiów oferowanych przez Komitet Współpracy Kulturalnej z Kościołami prawosławnymi, działający przy Radzie ds. Popierania Jedności Chrześcijan.
Są dziś także obecni zakonnicy i zakonnice należący do różnych Kościołów i wspólnot kościelnych, którzy uczestniczyli w tych dniach w kongresie ekumenicznym zorganizowanym przez Kongregację ds. Instytutów Życia Konsekrowanego i Stowarzyszeń Życia Apostolskiego, we współpracy z Papieską Radą ds. Popierania Jedności Chrześcijan z okazji roku życia konsekrowanego. Życie zakonne jako proroctwo przyszłego świata wezwane jest do dawania w naszych czasach świadectwa tej komunii w Chrystusie, która wychodzi poza wszelkie różnice i na którą składają się konkretne decyzje akceptacji i dialogu. Tak więc poszukiwanie jedności chrześcijan nie może być przywilejem tylko niektórych jednostek czy wspólnot zakonnych szczególnie wrażliwych na tę problematykę. Wzajemna znajomość różnych tradycji życia konsekrowanego oraz owocna wymiana doświadczeń mogą być przydatne dla żywotności wszelkich form życia zakonnego w różnych Kościołach i wspólnotach kościelnych.
Drodzy bracia i siostry, dziś, my spragnieni pokoju i braterstwa, wypraszamy z ufnym sercem od Ojca Niebieskiego, przez Jezusa Chrystusa, jedynego Kapłana i Pośrednika oraz za wstawiennictwem Dziewicy Maryi, apostoła Pawła i wszystkich świętych, dar pełnej jedności między wszystkimi chrześcijanami, aby mogła zajaśnieć „święta tajemnica jedności Kościoła" (Sobór Watykański II, Dekret o Ekumenizmie Unitatis redintegratio, 2), jako znak i narzędzie pojednania dla całego świata.
[00140-09.02] [Testo originale: Italiano]
[B0068-XX.02]