Messaggio del Santo Padre alla III Conferenza sull’Impatto Umanitario delle Armi Nucleari (Vienna, 8-9 dicembre 2014) Testo in lingua italiana
Testo in lingua inglese
Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che Papa Francesco ha inviato all’On.le Sebastian Kurz, Presidente della Conferenza sull’Impatto Umanitario delle Armi Nucleari che si svolge in questi giorni a Vienna, in Austria:
Testo in lingua italiana
A Sua Eccellenza il Signor Sebastian Kurz
Ministro Federale per l’Europa, l’Integrazione
e gli Affari Esteri della Repubblica d’Austria
Presidente della Conferenza sull’Impatto Umanitario delle Armi Nucleari
Sono lieto di salutare Lei, Signor Presidente, e tutti i rappresentanti delle varie Nazioni e delle Organizzazioni Internazionali, come pure della società civile, che partecipano alla Conferenza di Vienna sull’impatto umanitario delle armi nucleari.
Le armi nucleari sono un problema globale, che colpisce tutte le nazioni, e avranno un impatto sulle generazioni future, come pure sul pianeta, che è la nostra casa. Occorre un’etica globale se vogliamo ridurre la minaccia nucleare ed operare per un disarmo nucleare. Ora più che mai, l’interdipendenza tecnologica, sociale e politica esige urgentemente un’etica di solidarietà (cfr Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 38), che incoraggi i popoli ad operare insieme per un mondo più sicuro ed un futuro che sia radicato sempre più nei valori morali e sulla responsabilità in una dimensione globale.
Le conseguenze umanitarie delle armi nucleari sono prevedibili e planetarie. Mentre spesso ci si concentra sul potenziale delle armi nucleari per le uccisioni di massa, si deve porre maggior attenzione sulle "sofferenze non necessarie" causate dal loro uso. I codici militari e il diritto internazionale, tra gli altri, hanno da tempo condannato persone che hanno inflitto sofferenze non necessarie. Se simili sofferenze sono condannate nel corso di una guerra convenzionale, allora dovrebbero ben di più essere condannate nel caso di conflitto nucleare. Vi sono coloro, tra noi, che sono vittime di tali armi; essi ci mettono in guardia a non commettere gli stessi irreparabili errori, che hanno devastato popolazioni e la creazione. Porgo i miei calorosi saluti agli Hibakusha, come pure alle altre vittime degli esperimenti delle armi nucleari, presenti a questo incontro. Incoraggio tutti loro ad essere voci profetiche, richiamando la famiglia umana ad un più profondo apprezzamento della bellezza, dell’amore, della cooperazione e della fraternità, ricordando allo stesso tempo al mondo i rischi delle armi nucleari, le quali hanno il potenziale di distruggere noi e la civiltà.
La deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca assicurata non possono essere la base di un’etica di fraternità e di pacifica coesistenza tra i popoli e gli Stati. I giovani d’oggi e di domani hanno diritto a molto di più. Hanno il diritto ad un pacifico ordine mondiale, basato sull’unità della famiglia umana, fondato sul rispetto, sulla cooperazione, sulla solidarietà e sulla compassione. Il tempo di contrastare la logica della paura con l’etica della responsabilità è adesso, così da promuovere un clima di fiducia e di dialogo sincero.
Spendere in armi nucleari dilapida la ricchezza delle nazioni. Dare priorità a simili spese è un errore e uno sperpero di risorse che sarebbero molto meglio investite nelle aree dello sviluppo umano integrale, dell’educazione, della salute e della lotta all’estrema povertà. Quando tali risorse sono dilapidate, i poveri e i deboli che vivono ai margini della società ne pagano il prezzo.
Il desiderio di pace, di sicurezza e di stabilità è uno dei desideri più profondi del cuore umano, poiché esso è radicato nel Creatore, che fa membri della famiglia umana tutti i popoli. Tale aspirazione non può mai essere soddisfatta soltanto da mezzi militari, e meno che mai dal possesso di armi nucleari ed altre armi di distruzione di massa. La pace non "può ridursi unicamente a rendere stabile l'equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica dominazione" (Gaudium et spes, 78). La pace deve essere costruita sulla giustizia, sullo sviluppo socio-economico, sulla libertà, sul rispetto dei diritti umani fondamentali, sulla partecipazione di tutti agli affari pubblici e sulla costruzione di fiducia fra i popoli. Papa Paolo VI sintetizzò tutto questo nella sua Enciclica Populorum progressio: "Lo sviluppo è il nuovo nome della pace" (76). E’ nostra responsabilità di prendere azioni concrete che promuovano la pace e la sicurezza, rimanendo, però, sempre attenti al limite costituito da approcci a breve termine a problemi di sicurezza nazionale ed internazionale. Dobbiamo essere profondamente impegnati nel rafforzare la fiducia reciproca, poiché solo mediante tale fiducia si può stabilire una pace vera e duratura fra le nazioni (cfr Giovanni XXIII, Pacem in terris, 113).
Nel contesto della presente Conferenza, desidero incoraggiare un dialogo sincero e aperto tra parti che sono all’interno di ogni Stato che possiede armi nucleari, fra vari Stati che hanno armi nucleari, e fra questi e gli Stati sprovvisti di armi nucleari. Un simile dialogo deve essere inclusivo, coinvolgendo le organizzazioni internazionali, le comunità religiose e la società civile; esso deve essere orientato verso il bene comune e non verso la protezione di interessi particolari. "Un mondo senza armi nucleari" è un obiettivo condiviso da tutte le nazioni, del quale si sono fatti portavoce i leader mondiali, come pure l’aspirazione di milioni di uomini e donne. Il futuro e la sopravvivenza della famiglia umana si impernia sull’andar oltre a tale obiettivo e assicurarsi che esso divenga realtà.
Sono convinto che il desiderio di pace e di fraternità, profondamente radicato nel cuore umano, porterà frutti in modi concreti al fine di assicurare che le armi nucleari vengano vietate una volta per tutte, a beneficio della nostra casa comune. La sicurezza del nostro stesso futuro dipende dal garantire la pacifica sicurezza degli altri, poiché se la pace, la sicurezza e la stabilità non vengono fondate sul piano globale, non saranno per nulla godute. Siamo responsabili individualmente e collettivamente del benessere sia presente che futuro dei nostri fratelli e sorelle. E’ mia viva speranza che tale responsabilità plasmi i nostri sforzi a favore del disarmo nucleare, poiché un mondo senza armi nucleari è davvero possibile.
Dal Vaticano, 7 dicembre 2014.
FRANCISCUS PP.
[02024-01.01] [Testo originale: Italiano]
Testo in lingua inglese
To His Excellency Mr Sebastian Kurz
Federal Minister for Europe, Integration and Foreign Affairs
of the Republic of Austria
President of the Conference on the Humanitarian Impact of Nuclear Weapons
I am pleased to greet you, Mr President, and all the representatives from various Nations and International Organizations, as well as civil society, who are participating in the Vienna Conference on the Humanitarian Impact of Nuclear Weapons.
Nuclear weapons are a global problem, affecting all nations, and impacting future generations and the planet that is our home. A global ethic is needed if we are to reduce the nuclear threat and work towards nuclear disarmament. Now, more than ever, technological, social and political interdependence urgently calls for an ethic of solidarity (cf. John Paul II, Sollicitudo Rei Socialis, 38), which encourages peoples to work together for a more secure world, and a future that is increasingly rooted in moral values and responsibility on a global scale.
The humanitarian consequences of nuclear weapons are predictable and planetary. While the focus is often placed on nuclear weapons’ potential for mass-killing, more attention must be given to the "unnecessary suffering" brought on by their use. Military codes and international law, among others, have long banned peoples from inflicting unnecessary suffering. If such suffering is banned in the waging of conventional war, then it should all the more be banned in nuclear conflict. There are those among us who are victims of these weapons; they warn us not to commit the same irreparable mistakes which have devastated populations and creation. I extend warm greetings to the Hibakusha, as well as other victims of nuclear weapons testing who are present at this meeting. I encourage them all to be prophetic voices, calling the human family to a deeper appreciation of beauty, love, cooperation and fraternity, while reminding the world of the risks of nuclear weapons which have the potential to destroy us and civilization.
Nuclear deterrence and the threat of mutually assured destruction cannot be the basis for an ethics of fraternity and peaceful coexistence among peoples and states. The youth of today and tomorrow deserve far more. They deserve a peaceful world order based on the unity of the human family, grounded on respect, cooperation, solidarity and compassion. Now is the time to counter the logic of fear with the ethic of responsibility, and so foster a climate of trust and sincere dialogue.
Spending on nuclear weapons squanders the wealth of nations. To prioritize such spending is a mistake and a misallocation of resources which would be far better invested in the areas of integral human development, education, health and the fight against extreme poverty. When these resources are squandered, the poor and the weak living on the margins of society pay the price.
The desire for peace, security and stability is one of the deepest longings of the human heart. It is rooted in the Creator who makes all people members of the one human family. This desire can never be satisfied by military means alone, much less the possession of nuclear weapons and other weapons of mass destruction. Peace cannot "be reduced solely to maintaining a balance of power between enemies; nor is it brought about by dictatorship" (Gaudium et Spes, 78). Peace must be built on justice, socio-economic development, freedom, respect for fundamental human rights, the participation of all in public affairs and the building of trust between peoples. Pope Paul VI stated this succinctly in his Encyclical Populorum Progressio: "Development is the new name for peace" (76). It is incumbent on us to adopt concrete actions which promote peace and security, while remaining always aware of the limitation of short-sighted approaches to problems of national and international security. We must be profoundly committed to strengthening mutual trust, for only through such trust can true and lasting peace among nations be established (cf. John XXIII, Pacem in Terris, 113).
In the context of this Conference, I wish to encourage sincere and open dialogue between parties internal to each nuclear state, between various nuclear states, and between nuclear states and non-nuclear states. This dialogue must be inclusive, involving international organizations, religious communities and civil society, and oriented towards the common good and not the protection of vested interests. "A world without nuclear weapons" is a goal shared by all nations and echoed by world leaders, as well as the aspiration of millions of men and women. The future and the survival of the human family hinges on moving beyond this ideal and ensuring that it becomes a reality.
I am convinced that the desire for peace and fraternity planted deep in the human heart will bear fruit in concrete ways to ensure that nuclear weapons are banned once and for all, to the benefit of our common home. The security of our own future depends on guaranteeing the peaceful security of others, for if peace, security and stability are not established globally, they will not be enjoyed at all. Individually and collectively, we are responsible for the present and future well-being of our brothers and sisters. It is my great hope that this responsibility will inform our efforts in favour of nuclear disarmament, for a world without nuclear weapons is truly possible.
From the Vatican, 7th December 2014
FRANCISCUS
[02024-02.01] [Original text: English]