Testo in lingua italiana
Testo in lingua inglese
Alle ore 12.30 di questa mattina, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al VII Congresso Mondiale della Pastorale delle migrazioni, promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, in corso di svolgimento presso la Pontificia Università Urbaniana a Roma sul tema "Cooperazione e sviluppo nella pastorale delle migrazioni".
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro:
Testo in lingua italiana
Signori Cardinali,
Cari fratelli vescovi e sacerdoti,
cari fratelli e sorelle,
1. Vi accolgo con piacere alla conclusione di questo Congresso. Saluto il Presidente, il Cardinale Vegliò, e lo ringrazio per le sue cortesi parole di introduzione. Rivolgo un fraterno benvenuto ai Delegati delle altre Chiese e Comunità. A ciascuno desidero esprimere i miei sinceri sentimenti di apprezzamento e gratitudine per l’impegno e la sollecitudine verso uomini e donne che anche oggi intraprendono il "viaggio della speranza" sulle strade dell’emigrazione. Grazie per quello che fate. Assicuro la mia vicinanza spirituale a voi e a tutti coloro che cercate di aiutare.
2. Il Documento finale del vostro precedente Congresso, cinque anni fa, affermava che «l’emigrazione è ...un invito a immaginare un futuro diverso, che mira allo sviluppo di tutto il genere umano; include così ogni essere umano con il suo potenziale spirituale e culturale e il contributo ad un mondo più equo segnato da una solidarietà globale e dal pieno rispetto della dignità umana e della vita» (n. 3). Oggi, nonostante gli sviluppi avvenuti e le situazioni, a volte penose e persino drammatiche, che si sono registrate, l’emigrazione resta ancora un’aspirazione alla speranza. Soprattutto nelle aree depresse del pianeta, dove la mancanza di lavoro impedisce la realizzazione di un’esistenza dignitosa per i singoli e per le loro famiglie, è forte la spinta a ricercare un futuro migliore altrove, anche a rischio di delusioni e di insuccessi, provocati in gran parte dalla crisi economica che, in misura diversa, tocca tutti i Paesi del mondo.
3. Questo vostro Congresso ha messo a fuoco le dinamiche della cooperazione e dello sviluppo nella pastorale delle migrazioni. Avete analizzato anzitutto i fattori che causano le migrazioni, in particolare le disuguaglianze, la povertà, l’incremento demografico, il crescente bisogno di impiego in alcuni settori del mercato del lavoro, le calamità causate dai cambiamenti climatici, le guerre e le persecuzioni, il desiderio delle nuove generazioni di muoversi per cercare nuove opportunità. Inoltre, la connessione tra cooperazione e sviluppo evidenzia, da un lato, i differenti interessi degli Stati e dei migranti e, dall’altro, le opportunità che potrebbero derivarne per entrambi. In effetti, i Paesi che accolgono traggono vantaggi dall’impiego di immigrati per le necessità della produzione e del benessere nazionale, non di rado limitando anche i vuoti creati dalla crisi demografica. A loro volta, i Paesi dai quali partono i migranti registrano una certa attenuazione del problema della scarsità di impiego, e soprattutto traggono beneficio dalle rimesse, che vengono incontro alle necessità delle famiglie rimaste in patria. Gli emigrati, infine, possono realizzare il desiderio di un futuro migliore per sé stessi e per le proprie famiglie. Ai benefici menzionati si accompagnano, lo sappiamo, anche alcuni problemi. Si riscontrano nei Paesi di provenienza dei migranti, tra l’altro, l’impoverimento dovuto alla perdita delle "menti" migliori, la fragilità di bambini e ragazzi che crescono senza uno o entrambi i genitori, e il rischio di rottura dei matrimoni per le assenze prolungate. Nelle Nazioni che li accolgono, di riflesso, vediamo difficoltà d’inserimento in tessuti urbani già problematici, come pure difficoltà di integrazione e di rispetto delle convenzioni sociali e culturali che vi trovano. A questo riguardo, gli operatori pastorali svolgono un ruolo prezioso di invito al dialogo, all’accoglienza e alla legalità, di mediazione con le persone del luogo di arrivo. Nei Paesi d’origine, invece, la prossimità alle famiglie e ai giovani con genitori migranti può attenuare le ricadute negative della loro assenza.
4. Ma la vostra riflessione ha voluto spingersi oltre, per cogliere le implicazioni della sollecitudine pastorale della Chiesa nell’incontro tra cooperazione, sviluppo e migrazioni. Del resto, è qui che la Chiesa ha una parola forte da dire. La comunità cristiana, infatti, è continuamente impegnata ad accogliere i migranti e a condividere con loro i doni di Dio, in particolare il dono della fede. Essa promuove progetti nell’evangelizzazione e nell’accompagnamento dei migranti in tutto il loro viaggio, partendo dal Paese d’origine attraverso i Paesi di transito fino al Paese di accoglienza, con particolare attenzione a rispondere alle loro esigenze spirituali attraverso la catechesi, la liturgia e la celebrazione dei Sacramenti.
5. Purtroppo i migranti vivono spesso situazioni di delusione, di sconforto e di solitudine e, aggiungerei, di emarginazione. In effetti, il lavoratore migrante si trova teso tra lo sradicamento e l’integrazione. E’ anche qui che la Chiesa cerca di essere luogo di speranza: elabora programmi di formazione e di sensibilizzazione; alza la voce in difesa dei diritti dei migranti; offre assistenza, anche materiale, senza esclusioni, affinché ognuno sia trattato come figlio di Dio. Nell’incontro con i migranti, è importante adottare una prospettiva integrale, in grado di valorizzarne le potenzialità anziché vedervi solo un problema da affrontare e risolvere. L’autentico diritto allo sviluppo riguarda ogni uomo e tutti gli uomini, in visione integrale. Questo richiede che si stabiliscano per tutti livelli minimi di partecipazione alla vita della comunità umana. Tanto più è necessario che ciò si verifichi nella comunità cristiana, dove nessuno è straniero e, quindi, ognuno merita accoglienza e sostegno.
6. La Chiesa, oltre ad essere una comunità di fedeli che riconosce Gesù Cristo nel volto del prossimo, è madre senza confini e senza frontiere. È madre di tutti e si sforza di alimentare la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, dove nessuno è inutile, fuori posto o da scartare. Lo ricordavo nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato di quest’anno: «Non sono tanto i criteri di efficienza, di produttività, di ceto sociale, di appartenenza etnica o religiosa quelli che fondano la dignità della persona, ma l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio (cfrGen1,26-27) e, ancora di più, l’essere figli di Dio; ogni essere umano è figlio di Dio! In lui è impressa l’immagine di Cristo!». Lui è Cristo. Perciò i migranti, con la loro stessa umanità, prima ancora che con i loro valori culturali, allargano il senso della fraternità umana. Nello stesso tempo, la loro presenza è un richiamo alla necessità di sradicare le ineguaglianze, le ingiustizie e le sopraffazioni. In tal modo, i migranti possono diventare partner nella costruzione di un’identità più ricca per le comunità che li ospitano, così come per le persone che li accolgono, stimolando lo sviluppo di società inclusive, creative e rispettose della dignità di tutti.
Cari fratelli e sorelle, vi esprimo di nuovo la mia gratitudine per il servizio che rendete alla Chiesa, alle vostre comunità e alle società di cui fate parte. Invoco su di voi la protezione della Madre di Dio e di san Giuseppe, che hanno sperimentato la durezza dell’esilio in Egitto. Assicurandovi la mia preghiera, vi chiedo per favore di pregare per me, e di cuore vi benedico. Grazie.
[01869-01.02] [Testo originale: Italiano]
Testo in lingua inglese
Your Eminences,
Brother Bishops and Priests,
Dear Brothers and Sisters,
1. I am pleased to be with you at the conclusion of this Congress. I greet the President, Cardinal Vegliò, thanking him for his kind words of introduction, and I also extend a fraternal welcome to the delegates from other Churches and Communities. To all of you I express my sincere appreciation for your commitment to and solicitude for the men and women who even today are undertaking the "journey of hope" on the path of migration. I thank you for all that you are doing. I assure you, and all those whom you seek to help, of my spiritual closeness.
2. The final Document from your last meeting five years ago affirmed that "migration is… an invitation to imagine a different future, which seeks the development of the whole human race; this includes then every human being with his or her spiritual and cultural potential and contribution to a more equitable world marked by global solidarity and by full respect for human dignity and life" (n. 3). Today, notwithstanding new developments and the emergence of situations which are at times painful and even tragic, migration is still an aspiration to hope. Above all in areas of the world in difficulty, where the lack of work prevents individuals and their families from achieving a dignified life, there is a strong drive to seek a better future wherever that may be, even at the risk of disappointment and failure. This is caused in great part by the economic crisis which, to different degrees, is affecting every country in the world.
3. Your meeting has highlighted the dynamics of cooperation and development in the pastoral care of migrants. First and foremost you have analyzed the factors which cause migration, in particular: inequality, poverty, overpopulation, the growing need for employment in some sectors of the global job market, disasters caused by climate change, wars and persecution, and the desire of younger people to relocate as they seek new opportunities. Moreover, the link between cooperation and development shows, on the one hand, the difference of interests between states and migrants, and, on the other hand, the opportunities which derive for both. In effect, receiving nations draw advantages from employing immigrants for production needs and national prosperity, not infrequently filling gaps created by the demographic crisis. In turn, the nations which migrants leave show a certain reduction in unemployment and, above all, benefit from earnings which are then sent back to meet the needs of families which remain in the country. Emigrants, in the end, are able to fulfil the desire for a better future for themselves and their families. Yet we know that some problems also accompany these benefits. We find in the countries of origin, among other things, an impoverishment due to the so-called "brain drain", the effects on infants and young people who grow up without one or both parents, and the risk of marriages failing due to prolonged absences. In the receiving nations, we also see difficulties associated with migrants settling in urban neighbourhoods which are already problematic, as well as their difficulties in integrating and learning to respect the social and cultural conventions which they find. In this regard, pastoral workers play an important role through initiating dialogue, welcoming and assisting with legal issues, mediating with the local population. In the countries of origin, on the other hand, the closeness of pastoral workers to the families and children of migrant parents can lessen the negative repercussions of the parents’ absence.
4. Your reflections, however, have wanted to go even further, to grasp the implications of the Church’s pastoral concern in the overall context of cooperation, development and migration. It is here that the Church has much to say. The Christian community, in fact, is continuously engaged in welcoming migrants and sharing with them God’s gifts, in particular the gift of faith. The Church promotes pastoral plans for the evangelization and support of migrants throughout their journey from their country of origin, through countries of transit, to the receiving countries. She gives particular attention to meeting the spiritual needs of migrants through catechesis, liturgy and the celebration of the Sacraments.
5. Sadly, migrants often experience disappointment, distress and loneliness, and I would add, of emargination. In effect, the migrant worker has to deal with the problem both of being uprooted and needing to integrate. It is here that the Church also seeks to be a source of hope: she develops programs of education and orientation; she raises her voice in defence of migrants’ rights; she offers assistance, including material assistance to everyone, without exception, so that all may be treated as children of God. When encountering migrants, it is important to adopt an integrated perspective, capable of valuing their potential rather than seeing them only as a problem to be confronted and resolved. The authentic right to development regards every person and all people, viewed integrally. This demands that all people be guaranteed a minimal level of participation in the life of the human community. How much more necessary must this be in the case of the Christian community, where no one is a stranger and, therefore, everyone is worthy of being welcomed and supported.
6. The Church, beyond being a community of the faithful that sees the face of Jesus Christ in its neighbour, is a Mother without limits and without frontiers. She is the Mother of all and so she strives to foster the culture of welcome and solidarity, where no one is considered useless, out of place or disposable. I wrote of this in my Message for the World Day of Migrants and Refugees this year: "It is less the criteria of efficiency, productivity, social class, or ethnic or religious belonging which ground that personal dignity, so much as the fact of being created in God’s own image and likeness (cf. Gen 1:26-27) and, even more so, being children of God. Every human being is a child of God! He or she bears the image of Christ!" He is Christ. Migrants, therefore, by virtue of their very humanity, even prior to their cultural values, widen the sense of human fraternity. At the same time, their presence is a reminder of the need to eradicate inequality, injustice and abuses. In that way, migrants will be able to become partners in constructing a richer identity for the communities which provide them hospitality, as well as the people who welcome them, prompting the development of a society which is inclusive, creative and respectful of the dignity of all.
Dear brothers and sisters, I wish to renew my gratitude for the service which you give to the Church and to the communities and societies to which you belong. I invoke upon you the protection of Mary, the Mother of God, and Saint Joseph, who themselves experienced the difficulty of exile in Egypt. I assure you of my prayers and I ask you to pray for me. To all of you I willingly impart my blessing. Thank you.
[01869-02.01] [Original text: English]
[B0869-XX.02]