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Synod14 - 15ª Congregazione generale: Discorso del Santo Padre Francesco per la conclusione della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18.10.2014


Synod14 - 15ª Congregazione generale: Discorso del Santo Padre Francesco per la conclusione della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi

Discorso del Santo Padre

Saluto del Presidente Delegato Card. Raymundo Damasceno Assis

Questo pomeriggio, nel corso della quindicesima e ultima Congregazione generale Sinodo straordinario sulla famiglia, il Santo Padre Francesco ha rivolto ai Padri Sinodali e a tutti i partecipanti in Aula il discorso che riportiamo di seguito:

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Discorso del Santo Padre

Eminenze, Beatitudini, Eccellenze, fratelli e sorelle,

Con un cuore pieno di riconoscenza e di gratitudine vorrei ringraziare, assieme a voi, il Signore che ci ha accompagnato e ci ha guidato nei giorni passati, con la luce dello Spirito Santo!

Ringrazio di cuore il signor cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo, S.E. Mons. Fabio Fabene, Sotto-segretario, e con loro ringrazio il Relatore il cardinale Péter Erdő, che ha lavorato tanto anche nei giorni del lutto familiare, e il Segretario Speciale S.E. Mons. Bruno Forte, i tre Presidenti delegati, gli scrittori, i consultori, i traduttori e gli anonimi, tutti coloro che hanno lavorato con vera fedeltà dietro le quinte e totale dedizione alla Chiesa e senza sosta: grazie tante!

Ringrazio ugualmente tutti voi, cari Padri Sinodali, Delegati Fraterni, Uditori, Uditrici e Assessori per la vostra partecipazione attiva e fruttuosa. Vi porterò nella preghiera, chiedendo al Signore di ricompensarvi con l'abbondanza dei Suoi doni di grazia!

Potrei dire serenamente che - con uno spirito di collegialità e di sinodalità - abbiamo vissuto davvero un'esperienza di "Sinodo", un percorso solidale, un "cammino insieme".

Ed essendo stato "un cammino" - e come ogni cammino ci sono stati dei momenti di corsa veloce, quasi a voler vincere il tempo e raggiungere al più presto la mèta; altri momenti di affaticamento, quasi a voler dire basta; altri momenti di entusiasmo e di ardore. Ci sono stati momenti di profonda consolazione ascoltando la testimonianza dei pastori veri (cf. Gv 10 e Cann. 375, 386, 387) che portano nel cuore saggiamente le gioie e le lacrime dei loro fedeli. Momenti di consolazione e grazia e di conforto ascoltando e testimonianze delle famiglie che hanno partecipato al Sinodo e hanno condiviso con noi la bellezza e la gioia della loro vita matrimoniale. Un cammino dove il più forte si è sentito in dovere di aiutare il meno forte, dove il più esperto si è prestato a servire gli altri, anche attraverso i confronti. E poiché essendo un cammino di uomini, con le consolazioni ci sono stati anche altri momenti di desolazione, di tensione e di tentazioni, delle quali si potrebbe menzionare qualche possibilità:

- una: la tentazione dell'irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti - oggi- "tradizionalisti" e anche degli intellettualisti.

- La tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei "buonisti", dei timorosi e anche dei cosiddetti "progressisti e liberalisti".

- La tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente (cf. Lc 4,1-4) e anche di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati (cf. Gv 8,7) cioè di trasformarlo in "fardelli insopportabili" (Lc 10, 27).

- La tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio.

- La tentazione di trascurare il "depositum fidei", considerandosi non custodi ma proprietari e padroni o, dall'altra parte, la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Li chiamavano "bizantinismi", credo, queste cose...

Cari fratelli e sorelle, le tentazioni non ci devono né spaventare né sconcertare e nemmeno scoraggiare, perché nessun discepolo è più grande del suo maestro; quindi se Gesù è stato tentato - e addirittura chiamato Beelzebul (cf. Mt 12, 24) - i suoi discepoli non devono attendersi un trattamento migliore.

Personalmente mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni; questo movimento degli spiriti, come lo chiamava Sant'Ignazio (EE, 6) se tutti fossero stati d'accordo o taciturni in una falsa e quietista pace. Invece ho visto e ho ascoltato - con gioia e riconoscenza - discorsi e interventi pieni di fede, di zelo pastorale e dottrinale, di saggezza, di franchezza, di coraggio e di parresia. E ho sentito che è stato messo davanti ai propri occhi il bene della Chiesa, delle famiglie e la "suprema lex", la "salus animarum" (cf. Can. 1752). E questo sempre - lo abbiamo detto qui, in Aula - senza mettere mai in discussione le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio: l'indissolubilità, l'unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l'apertura alla vita (cf. Cann. 1055, 1056 e Gaudium et Spes, 48).

E questa è la Chiesa, la vigna del Signore, la Madre fertile e la Maestra premurosa, che non ha paura di rimboccarsi le maniche per versare l’olio e il vino sulle ferite degli uomini (cf. Lc 10, 25-37); che non guarda l’umanità da un castello di vetro per giudicare o classificare le persone. Questa è la Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica e composta da peccatori, bisognosi della Sua misericordia. Questa è la Chiesa, la vera sposa di Cristo, che cerca di essere fedele al suo Sposo e alla sua dottrina. È la Chiesa che non ha paura di mangiare e di bere con le prostitute e i pubblicani (cf. Lc 15). La Chiesa che ha le porte spalancate per ricevere i bisognosi, i pentiti e non solo i giusti o coloro che credono di essere perfetti! La Chiesa che non si vergogna del fratello caduto e non fa finta di non vederlo, anzi si sente coinvolta e quasi obbligata a rialzarlo e a incoraggiarlo a riprendere il cammino e lo accompagna verso l'incontro definitivo, con il suo Sposo, nella Gerusalemme Celeste.

Questa è la Chiesa, la nostra madre! E quando la Chiesa, nella varietà dei suoi carismi, si esprime in comunione, non può sbagliare: è la bellezza e la forza del sensus fidei, di quel senso soprannaturale della fede, che viene donato dallo Spirito Santo affinché, insieme, possiamo tutti entrare nel cuore del Vangelo e imparare a seguire Gesù nella nostra vita, e questo non deve essere visto come motivo di confusione e di disagio.

Tanti commentatori, o gente che parla, hanno immaginato di vedere una Chiesa in litigio dove una parte è contro l'altra, dubitando perfino dello Spirito Santo, il vero promotore e garante dell'unità e dell'armonia nella Chiesa. Lo Spirito Santo che lungo la storia ha sempre condotto la barca, attraverso i suoi Ministri, anche quando il mare era contrario e mosso e i ministri infedeli e peccatori.

E, come ho osato di dirvi all'inizio, era necessario vivere tutto questo con tranquillità, con pace interiore anche perché il Sinodo si svolge cum Petro et sub Petro, e la presenza del Papa è garanzia per tutti.

Parliamo un po’ del Papa, adesso, in rapporto con i vescovi... Dunque, il compito del Papa è quello di garantire l’unità della Chiesa; è quello di ricordare ai pastori che il loro primo dovere è nutrire il gregge - nutrire il gregge - che il Signore ha loro affidato e di cercare di accogliere - con paternità e misericordia e senza false paure - le pecorelle smarrite. Ho sbagliato, qui. Ho detto accogliere: andare a trovarle.

Il suo compito è di ricordare a tutti che l'autorità nella Chiesa è servizio (cf. Mc 9, 33-35) come ha spiegato con chiarezza Papa Benedetto XVI, con parole che cito testualmente: «La Chiesa è chiamata e si impegna ad esercitare questo tipo di autorità che è servizio, e la esercita non a titolo proprio, ma nel nome di Gesù Cristo ... attraverso i Pastori della Chiesa, infatti, Cristo pasce il suo gregge: è Lui che lo guida, lo protegge, lo corregge, perché lo ama profondamente. Ma il Signore Gesù, Pastore supremo delle nostre anime, ha voluto che il Collegio Apostolico, oggi i Vescovi, in comunione con il Successore di Pietro ... partecipassero a questa sua missione di prendersi cura del Popolo di Dio, di essere educatori nella fede, orientando, animando e sostenendo la comunità cristiana, o, come dice il Concilio, "curando, soprattutto che i singoli fedeli siano guidati nello Spirito Santo a vivere secondo il Vangelo la loro propria vocazione, a praticare una carità sincera ed operosa e ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati" (Presbyterorum Ordinis, 6) ... è attraverso di noi - continua Papa Benedetto - che il Signore raggiunge le anime, le istruisce, le custodisce, le guida. Sant'Agostino, nel suo Commento al Vangelo di San Giovanni, dice: "Sia dunque impegno d'amore pascere il gregge del Signore" (123,5); questa è la suprema norma di condotta dei ministri di Dio, un amore incondizionato, come quello del Buon Pastore, pieno di gioia, aperto a tutti, attento ai vicini e premuroso verso i lontani (cf. S. Agostino, Discorso 340, 1; Discorso 46, 15), delicato verso i più deboli, i piccoli, i semplici, i peccatori, per manifestare l'infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza (cf. Id., Lettera 95, 1)» (Benedetto XVI, Udienza Generale, Mercoledì, 26 maggio 2010).

Quindi, la Chiesa è di Cristo - è la Sua Sposa - e tutti i vescovi, in comunione con il Successore di Pietro, hanno il compito e il dovere di custodirla e di servirla, non come padroni ma come servitori. Il Papa, in questo contesto, non è il signore supremo ma piuttosto il supremo servitore - il "servus servorum Dei"; il garante dell'ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa, mettendo da parte ogni arbitrio personale, pur essendo - per volontà di Cristo stesso - il "Pastore e Dottore supremo di tutti i fedeli" (Can. 749) e pur godendo "della potestà ordinaria che è suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa" (cf. Cann. 331-334).

Cari fratelli e sorelle, ora abbiamo ancora un anno per maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte e trovare soluzioni concrete a tante difficoltà e innumerevoli sfide che le famiglie devono affrontare; a dare risposte ai tanti scoraggiamenti che circondano e soffocano le famiglie.

Un anno per lavorare sulla "Relatio synodi" che è il riassunto fedele e chiaro di tutto quello che è stato detto e discusso in questa aula e nei circoli minori. E viene presentato alle Conferenze episcopali come "Lineamenta".

Il Signore ci accompagni, ci guidi in questo percorso a gloria del Suo nome con l'intercessione della Beata Vergine Maria e di San Giuseppe! E per favore non dimenticate di pregare per me!

[03046-01.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Eminences, Béatitudes, Excellences, frères et sœurs,

Le cœur empli de reconnaissance et de gratitude je voudrais rendre grâce, avec vous, au Seigneur qui nous a accompagnés et nous a guidés ces derniers jours, avec la lumière de l’Esprit Saint!

Je remercie de tout cœur Monsieur le cardinal Lorenzo Baldisseri, secrétaire général du synode, S.Exc. Mgr Fabio Fabene, sous-secrétaire, et avec eux je remercie le rapporteur, le cardinal Péter Erdő, qui a énormément travaillé, même lors des jours de deuil en famille, et le secrétaire spécial S.Exc. Mgr Bruno Forte, les trois présidents-délégués, les greffiers, les consulteurs, les traducteurs et les anonymes, tous ceux qui ont œuvré avec une vraie fidélité dans les coulisses et un dévouement total à l’Eglise et sans trêve: merci beaucoup!

Je vous remercie également tous, chers pères synodaux, délégués fraternels, auditeurs, auditrices et assesseurs pour votre participation active et fructueuse. Vous serez dans mes prières, et je demanderai au Seigneur de vous récompenser par l’abondance de ses dons de grâce!

Je pourrais dire sereinement que — avec un esprit de collégialité et de synodalité — nous avons vécu véritablement une expérience de «synode», un parcours solidaire, un «chemin ensemble».

Et cela ayant été «un chemin», comme sur tout chemin, il y a eu des moments de courses rapides, comme à vouloir gagner contre le temps et atteindre au plus vite l’objectif; d’autres moments de lassitude, comme à vouloir dire assez; d’autres moments d’enthousiasme et d’ardeur. Il y a eu des moments de profond réconfort en écoutant le témoignage des vrais pasteurs (cf. Jn 10 et Cann. 375, 386, 387) qui portent dans le cœur sagement les joies et les larmes de leurs fidèles. Des moments de consolation et de grâce et de réconfort en écoutant les témoignages des familles qui ont participé au synode et ont partagé avec nous la beauté et la joie de leur vie matrimoniale. Un chemin où le plus fort s’est senti en devoir d’aider le moins fort, où le plus expert s’est mis au service des autres, même à travers les confrontations. Et comme c’est un chemin d’hommes, avec les réconforts il y a eu aussi des moments de désolation, de tension, et de tentations, dont on pourrait mentionner quelques possibilités:

- une: la tentation du raidissement hostile, c’est-à-dire vouloir s’enfermer dans ce qui est écrit (la lettre) et ne pas se laisser surprendre par Dieu, par le Dieu des surprises (l’esprit); à l’intérieur de la loi, de la certitude de ce que nous connaissons et non pas de ce que nous devons encore apprendre et atteindre. Depuis l’époque de Jésus c’est la tentation des zélés, des scrupuleux, des attentifs et de ceux qu’on appelle — aujourd’hui «traditionalistes» et aussi des intellectualistes.

- La tentation de l’angélisme destructeur, qui au nom d’une miséricorde trompeuse bande les blessures sans d’abord les soigner ni les traiter; qui s’attaque aux symptômes et pas aux causes et aux racines. C’est la tentation des «bien-pensants», des timorés et aussi de ceux qu’on appelle «progressistes et libéralistes».

- La tentation de transformer la pierre en pain pour rompre le jeûne long, lourd et douloureux (cf. Lc 4, 1-4) et aussi de transformer le pain en pierre et de la jeter contre les pécheurs, les faibles et les malades (cf. Jn 8, 7) c’est-à-dire de le transformer en «fardeaux insupportables» (Lc 10, 27).

- La tentation de descendre de la croix, pour faire plaisir aux gens, et ne pas y rester, pour accomplir la volonté du Père; de se plier à l’esprit mondain au lieu de le purifier et de le plier à l’Esprit de Dieu.

- La tentation de négliger le «depositum fidei», de se considérer non pas des gardiens mais des propriétaires et des maîtres ou, dans l’autre sens, la tentation de négliger la réalité en utilisant une langue précieuse et un langage élevé pour dire tant de choses et ne rien dire! On les appelait des «byzantinismes», je crois, ces choses-là...

Chers frères et sœurs, les tentations ne doivent ni nous effrayer ni nous déconcerter ni non plus nous décourager, parce qu’aucun disciple n’est plus grand que son maître; donc si Jésus a été tenté — et même appelé Béelzéboul (cf. Mt 12, 24) — ses disciples ne doivent pas s’attendre à un meilleur traitement.

Personnellement, je me serais beaucoup inquiété et attristé s’il n’y avait pas eu ces tentations et ces discussions animées; ce mouvement des esprits, comme l’appelait saint Ignace (EE, 6) si tout le monde avait été d’accord ou taciturne dans une paix fausse et quiétiste. En revanche j’ai vu et j’ai écouté — avec joie et reconnaissance — des discours et des interventions pleines de foi, de zèle pastoral et doctrinal, de sagesse, de franchise, de courage et de parrhésie. Et j’ai entendu qu’a été mis devant les yeux de chacun le bien de l’Eglise, des familles et la «suprema lex», la «salus animarum» (cf. Can. 1752). Et ce toujours — nous l’avons dit ici, dans cette salle — sans jamais mettre en discussion les vérités fondamentales du sacrement du mariage: l’indissolubilité, l’unité, la fidélité et la procréation, c’est-à-dire l’ouverture à la vie (cf. Cann. 1055, 1056 et Gaudium et spes, n. 48).

Et c’est cela l’Eglise, la vigne du Seigneur, la Mère fertile et la Maîtresse attentive, qui n’a pas peur de se retrousser les manches pour verser l’huile et le vin sur les blessures des hommes (cf. Lc 10, 25-37); qui ne regarde par l’humanité depuis un château de verre pour juger ou étiqueter les personnes. C’est cela l’Eglise une, sainte, catholique, apostolique et composée de pécheurs, qui ont besoin de sa miséricorde. C’est cela l’Eglise, la véritable épouse du Christ, qui cherche à être fidèle à son Epoux et à sa doctrine. C’est l’Eglise qui n’a pas peur de manger et de boire avec les prostituées et les publicains (cf. Lc 15). L’Eglise qui a les portes grandes ouvertes pour recevoir ceux qui sont dans le besoin, les repentis et pas seulement les justes ou ceux qui croient être parfaits! L’Eglise qui n’a pas honte de son frère qui a chuté et ne fait pas semblant de ne pas le voir, mais se sent au contraire impliquée et presque obligée de le relever et de l’encourager à reprendre son chemin et l’accompagne vers la rencontre définitive, avec son Epoux, dans la Jérusalem céleste.

C’est cela l’Eglise, notre mère! Et quand l’Eglise, dans la variété de ses charismes, s’exprime en communion, elle ne peut pas se tromper: c’est la beauté et la force du sensus fidei, de ce sens surnaturel de la foi qui est donné par l’Esprit Saint afin qu’ensemble, nous puissions tous entrer dans le cœur de l’Evangile et apprendre à suivre Jésus dans notre vie, et cela ne doit pas être vu comme un motif de confusion et de malaise.

Beaucoup de commentateurs, ou des gens qui parlent, ont imaginé voir une Eglise en litige où une partie s’oppose à l’autre, en allant même jusqu’à douter de l’Esprit Saint, le vrai promoteur et garant de l’unité et de l’harmonie dans l’Eglise. L’Esprit Saint qui tout au long de l’histoire a toujours conduit la barque, à travers ses ministres, même lorsque la mer était contraire et agitée et les ministres infidèles et pécheurs.

Et, comme j’ai osé vous le dire au début, il était nécessaire de vivre tout cela avec tranquillité, avec une paix intérieure également parce que le synode se déroule cum Petro et sub Petro, et la présence du Pape est une garantie pour tous.

Parlons un peu du Pape, à présent, en relation avec les évêques... Donc, la tâche du Pape est de garantir l’unité de l’Eglise; elle est de rappeler aux pasteurs que leur premier devoir est de nourrir le troupeau — nourrir le troupeau — que le Seigneur leur a confié et chercher à accueillir — avec paternité et miséricorde et sans fausses craintes — les brebis égarées. Je me suis trompé ici. J’ai dit accueillir: aller les chercher.

Sa tâche est de rappeler à tous que l’autorité dans l’Eglise est service (cf. Mc 9, 33-35) comme l’a expliqué avec clarté le Pape Benoît XVI, avec des mots que je cite textuellement: «L’Eglise est appelée et s’engage à exercer ce type d’autorité qui est service, et elle l’exerce non à son propre titre, mais au nom de Jésus Christ... A travers les pasteurs de l’Eglise, en effet, le Christ paît son troupeau: c’est Lui qui le guide, le protège, le corrige, parce qu’il l’aime profondément. Mais le Seigneur Jésus, Pasteur suprême de nos âmes, a voulu que le collège apostolique, aujourd’hui les évêques, en communion avec le Successeur de Pierre... participent à sa mission de prendre soin du Peuple de Dieu, d’être des éducateurs dans la foi, en orientant, en animant et en soutenant la communauté chrétienne, ou comme le dit le Concile, en veillant "à ce que chaque chrétien parvienne, dans le Saint-Esprit, à l’épanouissement de sa vocation personnelle selon l’Evangile, à une charité sincère et active et à la liberté par laquelle le Christ nous a libérés" (Presbyterorum ordinis, n. 6)... c’est par notre intermédiaire — continue le Pape Benoît — que le Seigneur atteint les âmes, les instruit, les protège, les guide. Saint Augustin, dans son Commentaire à l’Evangile de saint Jean dit: "Que paître le troupeau du Seigneur soit donc un engagement d’amour" (123, 5); telle est la règle de conduite suprême des ministres de Dieu, un amour inconditionnel, comme celui du Bon Pasteur, empli de joie, ouvert à tous, attentif au prochain et plein d’attention pour ceux qui sont loin (cf. Saint Augustin, Discours 340, 1; Discours 46, 15), délicat envers les plus faibles, les petits, les simples, les pécheurs, pour manifester l’infinie miséricorde de Dieu avec les paroles rassurantes de l’espérance (cf. ibid., Lettre 95, 1)» (Benoît XVI, Audience générale, mercredi 26 mai 2010).

Donc l’Eglise est du Christ — elle est son Epouse — et tous les évêques, en communion avec le Successeur de Pierre, ont la tâche et le devoir de la protéger et la servir, non pas en maîtres mais en serviteurs. Le Pape, dans ce contexte, n’est pas le seigneur suprême mais plutôt le suprême serviteur — le «servus servorum Dei»; le garant de l’obéissance et de la conformité de l’Eglise à la volonté de Dieu, à l’Evangile du Christ et à la Tradition de l’Eglise, en mettant de côté tout arbitraire personnel, tout en étant — par la volonté du Christ lui-même — le «Pasteur et Docteur suprême de tous les fidèles» (Can. 749) et bien que possédant «dans l’Eglise le pouvoir ordinaire, suprême, plénier, immédiat et universel» (cf. Cann. 331-334).

Chers frères et sœurs, nous avons encore à présent une année pour mûrir, avec un vrai discernement spirituel, les idées proposées et trouver des solutions concrètes aux nombreuses difficultés et innombrables défis que les familles doivent affronter; à apporter des réponses aux nombreux découragements qui assiègent et étouffent les familles.

Une année pour travailler sur la «Relatio synodi» qui est le résumé fidèle et clair de tout ce qui a été dit et discuté dans cette salle et au sein des carrefours. Et elle est présentée aux Conférences épiscopales comme «Lineamenta».

Que le Seigneur nous accompagne, nous guide sur ce parcours à la gloire de Son nom avec l’intercession de la Bienheureuse Vierge Marie et de saint Joseph! Et s’il vous plaît, n’oubliez pas de prier pour moi!

[03046-03.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear Eminences, Beatitudes, Excellencies, Brothers and Sisters,

With a heart full of appreciation and gratitude I want to thank, along with you, the Lord who has accompanied and guided us in the past days, with the light of the Holy Spirit.

From the heart I thank Cardinal Lorenzo Baldisseri, Secretary General of the Synod, Bishop Fabio Fabene, under-secretary, and with them I thank the Relators, Cardinal Peter Erdo, who has worked so much in these days of family mourning, and the Special Secretary Bishop Bruno Forte, the three President delegates, the transcribers, the consultors, the translators and the unknown workers, all those who have worked with true fidelity and total dedication behind the scenes and without rest. Thank you so much from the heart.

I thank all of you as well, dear Synod fathers, Fraternal Delegates, Auditors, and Assessors, for your active and fruitful participation. I will keep you in prayer asking the Lord to reward you with the abundance of His gifts of grace!

I can happily say that – with a spirit of collegiality and of synodality – we have truly lived the experience of "Synod," a path of solidarity, a "journey together."

And it has been "a journey" – and like every journey there were moments of running fast, as if wanting to conquer time and reach the goal as soon as possible; other moments of fatigue, as if wanting to say "enough"; other moments of enthusiasm and ardour. There were moments of profound consolation listening to the testimony of true pastors, who wisely carry in their hearts the joys and the tears of their faithful people. Moments of consolation and grace and comfort hearing the testimonies of the families who have participated in the Synod and have shared with us the beauty and the joy of their married life. A journey where the stronger feel compelled to help the less strong, where the more experienced are led to serve others, even through confrontations. And since it is a journey of human beings, with the consolations there were also moments of desolation, of tensions and temptations, of which a few possibilities could be mentioned:

  - One, a temptation to hostile inflexibility, that is, wanting to close oneself within the written word, (the letter) and not allowing oneself to be surprised by God, by the God of surprises, (the spirit); within the law, within the certitude of what we know and not of what we still need to learn and to achieve. From the time of Christ, it is the temptation of the zealous, of the scrupulous, of the solicitous and of the so-called – today – "traditionalists" and also of the intellectuals.

 - The temptation to a destructive tendency to goodness [it. buonismo], that in the name of a deceptive mercy binds the wounds without first curing them and treating them; that treats the symptoms and not the causes and the roots. It is the temptation of the "do-gooders," of the fearful, and also of the so-called "progressives and liberals."

 - The temptation to transform stones into bread to break the long, heavy, and painful fast (cf. Lk 4:1-4); and also to transform the bread into a stone and cast it against the sinners, the weak, and the sick (cf Jn 8:7), that is, to transform it into unbearable burdens (Lk 11:46).

 - The temptation to come down off the Cross, to please the people, and not stay there, in order to fulfil the will of the Father; to bow down to a worldly spirit instead of purifying it and bending it to the Spirit of God.

 - The temptation to neglect the "depositum fidei" [the deposit of faith], not thinking of themselves as guardians but as owners or masters [of it]; or, on the other hand, the temptation to neglect reality, making use of meticulous language and a language of smoothing to say so many things and to say nothing! They call them "byzantinisms," I think, these things…

Dear brothers and sisters, the temptations must not frighten or disconcert us, or even discourage us, because no disciple is greater than his master; so if Jesus Himself was tempted – and even called Beelzebul (cf. Mt 12:24) – His disciples should not expect better treatment.

Personally I would be very worried and saddened if it were not for these temptations and these animated discussions; this movement of the spirits, as St Ignatius called it (Spiritual Exercises, 6), if all were in a state of agreement, or silent in a false and quietist peace. Instead, I have seen and I have heard – with joy and appreciation – speeches and interventions full of faith, of pastoral and doctrinal zeal, of wisdom, of frankness and of courage: and of parresia. And I have felt that what was set before our eyes was the good of the Church, of families, and the "supreme law," the "good of souls" (cf. Can. 1752). And this always – we have said it here, in the Hall – without ever putting into question the fundamental truths of the Sacrament of marriage: the indissolubility, the unity, the faithfulness, the fruitfulness, that openness to life (cf. Cann. 1055, 1056; and Gaudium et Spes, 48).

And this is the Church, the vineyard of the Lord, the fertile Mother and the caring Teacher, who is not afraid to roll up her sleeves to pour oil and wine on people’s wound; who doesn’t see humanity as a house of glass to judge or categorize people. This is the Church, One, Holy, Catholic, Apostolic and composed of sinners, needful of God’s mercy. This is the Church, the true bride of Christ, who seeks to be faithful to her spouse and to her doctrine. It is the Church that is not afraid to eat and drink with prostitutes and publicans. The Church that has the doors wide open to receive the needy, the penitent, and not only the just or those who believe they are perfect! The Church that is not ashamed of the fallen brother and pretends not to see him, but on the contrary feels involved and almost obliged to lift him up and to encourage him to take up the journey again and accompany him toward a definitive encounter with her Spouse, in the heavenly Jerusalem.

The is the Church, our Mother! And when the Church, in the variety of her charisms, expresses herself in communion, she cannot err: it is the beauty and the strength of the sensus fidei, of that supernatural sense of the faith which is bestowed by the Holy Spirit so that, together, we can all enter into the heart of the Gospel and learn to follow Jesus in our life. And this should never be seen as a source of confusion and discord.

Many commentators, or people who talk, have imagined that they see a disputatious Church where one part is against the other, doubting even the Holy Spirit, the true promoter and guarantor of the unity and harmony of the Church – the Holy Spirit who throughout history has always guided the barque, through her Ministers, even when the sea was rough and choppy, and the ministers unfaithful and sinners.

And, as I have dared to tell you , [as] I told you from the beginning of the Synod, it was necessary to live through all this with tranquillity, and with interior peace, so that the Synod would take place cum Petro et sub Petro (with Peter and under Peter), and the presence of the Pope is the guarantee of it all.

We will speak a little bit about the Pope, now, in relation to the Bishops [laughing]. So, the duty of the Pope is that of guaranteeing the unity of the Church; it is that of reminding the faithful of  their duty to faithfully follow the Gospel of Christ; it is that of reminding the pastors that their first duty is to nourish the flock – to nourish the flock – that the Lord has entrusted to them, and to seek to welcome – with fatherly care and mercy, and without false fears – the lost sheep. I made a mistake here. I said welcome: [rather] to go out and find them.

His duty is to remind everyone that authority in the Church is a service, as Pope Benedict XVI clearly explained, with words I cite verbatim: «The Church is called and commits herself to exercise this kind of authority which is service and exercises it not in her own name, but in the name of Jesus Christ… through the Pastors of the Church, in fact: it is he who guides, protects and corrects them, because he loves them deeply. But the Lord Jesus, the supreme Shepherd of our souls, has willed that the Apostolic College, today the Bishops, in communion with the Successor of Peter… to participate in his mission of taking care of God's People, of educating them in the faith and of guiding, inspiring and sustaining the Christian community, or, as the Council puts it, ‘to see to it... that each member of the faithful shall be led in the Holy Spirit to the full development of his own vocation in accordance with Gospel preaching, and to sincere and active charity’ and to exercise that liberty with which Christ has set us free (cf. Presbyterorum Ordinis, 6)… and it is through us," Pope Benedict continues, "that the Lord reaches souls, instructs, guards and guides them. St Augustine, in his Commentary on the Gospel of St John, says: ‘let it therefore be a commitment of love to feed the flock of the Lord’ (cf. 123, 5); this is the supreme rule of conduct for the ministers of God, an unconditional love, like that of the Good Shepherd, full of joy, given to all, attentive to those close to us and solicitous for those who are distant (cf. St Augustine, Discourse 340, 1; Discourse 46, 15), gentle towards the weakest, the little ones, the simple, the sinners, to manifest the infinite mercy of God with the reassuring words of hope (cf. ibid., Epistle, 95, 1).»

So, the Church is Christ’s – she is His bride – and all the bishops, in communion with the Successor of Peter, have the task and the duty of guarding her and serving her, not as masters but as servants. The Pope, in this context, is not the supreme lord but rather the supreme servant – the "servant of the servants of God"; the guarantor of the obedience and the conformity of the Church to the will of God, to the Gospel of Christ, and to the Tradition of the Church, putting aside every personal whim, despite being – by the will of Christ Himself – the "supreme Pastor and Teacher of all the faithful" (Can. 749) and despite enjoying "supreme, full, immediate, and universal ordinary power in the Church" (cf. Cann. 331-334).

Dear brothers and sisters, now we still have one year to mature, with true spiritual discernment, the proposed ideas and to find concrete solutions to so many difficulties and innumerable challenges that families must confront; to give answers to the many discouragements that surround and suffocate families.

One year to work on the "Synodal Relatio" which is the faithful and clear summary of everything that has been said and discussed in this hall and in the small groups. It is presented to the Episcopal Conferences as "lineamenta" [guidelines].

May the Lord accompany us, and guide us in this journey for the glory of His Name, with the intercession of the Blessed Virgin Mary and of Saint Joseph. And please, do not forget to pray for me! Thank you!

[03046-02.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Eminenzen, Seligkeiten, Exzellenzen, Schwestern und Brüder,

mit einem Herzen voller Dankbarkeit möchte ich gemeinsam mit Ihnen dem Herrn danken, der uns begleitet und in diesen vergangenen Tagen mit dem Licht des Heiligen Geistes geleitet hat.

Von ganzem Herzen danke ich Seiner Eminenz, Kardinal Lorenzo Baldisseri, Generalsekretär der Synode, Seiner Exzellenz Erzbischof Fabio Fabene, dem Untersekretär, und mit ihnen danke ich dem Relator, Seiner Eminenz Kardinal Peter Erdö, und dem Sondersekretär, Seiner Exzellenz Bischof Bruno Forte, ich danke den drei delegierten Präsidenten, den Autoren der Dokumente, den Beratern und allen anderen, die mit echter Treue und Hingabe an die Kirche gearbeitet haben: Danke, aus ganzem Herzen!

Gleichzeitig danke ich aber auch Ihnen, liebe Synodenväter, Delegierte der anderen Christlichen Kirchen, Auditoren und Auditorinnen und Experten für ihre aktive und fruchtbare Teilnahme. Ich trage sie alle im Gebet und bitte den Herrn, sie überreich mit den Gaben seiner Gnade zu beschenken.

Gelassen kann ich sagen, dass wir im Geist der Kollegialität und der Synodalität wirklich eine Erfahrung von "Synode" gemacht haben, einen gemeinsamen Weg (Synode griechisch: gemeinsam gehen).

Und weil es ein Weg war, gab es wie bei allen Wegen Momente von großer Geschwindigkeit, als ob man gleichsam die Zeit besiegen wollte und mit größter Geschwindigkeit zum Ziel kommen wollte. Es gab andere Momente der Müdigkeit, als ob man sagen wollte, dass es jetzt reicht; es gab wiederum andere Momente des Enthusiasmus und des Fleißes. Es hab Momente des Trostes, beim Hören auf die Zeugnisse wahrer Hirten (Joh 10), die in ihren Herzen weise die Freuden und die Tränen ihrer Gläubigen tragen. Es gab Momente der Gnade und des Trostes beim Hören auf die Zeugnisse der Familien, die an der Synode teilgenommen haben und mit uns die Schönheit und die Freude ihres Lebens als Eheleute geteilt haben. Ein Weg, bei dem der Stärkste sich verpflichtet fühlte, dem Schwächsten zu helfen, wo der beste Experte den anderen gedient hat, auch in der Auseinandersetzung. Und weil es ein Weg von Menschen war gab es auch Momente des Mistrostes, der Spannung und der Versuchung, von denen man vielleicht die Folgenden nennen könnte.

- Die Versuchung der feindlichen Erstarrung: Das ist der Wunsch, sich im Geschriebenen einzuschließen und sich nicht von Gott überraschen lassen wollen, vom Gott der Überraschungen, dem Geist. Im Gesetz einschließen, in der Sicherheit dessen, was wir wissen und nicht dessen, was wir noch lernen und erreichen müssen. Das ist die Versuchung der Eifrigen, der Skrupulösen, der sogenannten "Traditionalisten" und auch der Intellektualisten.

- Die Versuchung des zerstörerischen Gutmenschentums, das im Namen einer falschen Barmherzigkeit die Wunden verbindet, ohne sie zuvor zu behandeln; dabei handelt es sich um ein Symptom, nicht um Gründe oder Wurzeln. Es ist die Versuchung der "Gutmenschen, der Ängstlichen und auch der so genannten "Progessiven und Liberalen".

- Die Versuchung, Steine in Brot zu verwandeln um ein langes, schweres und schmerzhaftes Fasten zu beenden (Lk 4:1-4). Eine weitere Versuchung: Brot in Steine zu verwandeln und sie auf die Sünder zu werfen, die Schwachen und die Kranken (Joh 8:7) und ihnen so unerträgliche Lasten aufzubinden (Lk 11:46).

- Die Versuchung, vom Kreuz herunter zu steigen, um den Menschen zu gefallen, und nicht dort zu bleiben um den Willen des Vaters zu erfüllen; sich vor dem Geist der Weltlichkeit zu verbeugen anstatt sich zu reinigen und vor dem Geist Gottes zu verneigen.

- Die Versuchung, das "depositum fidei" zu vernachlässigen und sich selber nicht als Hüter, sondern als Besitzer und Herren zu verstehen oder andererseits die Versuchung, die Realität zu vernachlässigen und eine einengende Sprache zu benutzen und so zu sprechen, dass man viel redet und nichts sagt!

Liebe Schwestern und Brüder, diese Versuchungen dürfen uns nicht erschrecken, nicht befremden, aber auch nicht entmutigen, denn kein Knecht ist größer als sein Herr; wenn also Jesus versucht worden ist und sogar selbst Beelzebub genannt wurde (Mt 12:24), dann dürfen seine Jünger keine andere Behandlung erwarten.

Ich persönlich wäre sehr besorgt und betrübt, hätte es diese Versuchungen und diese emotionalen Diskussionen nicht gegeben; das sind Bewegungen des Geistes, wie sie der Heilige Ignatius nennt. Wir hätten alle einverstanden oder schweigsam in einem falschen und ruhigen Frieden bleiben können. Stattdessen habe ich mit Dank und Freude Beiträge und Diskussionen gehört, die voller Glauben sind, voller Einsatz für Pastoral und Lehre, voller Weisheit, Offenheit, Mut und Parresia (Freiheit des Wortes). Und ich habe wahrgenommen, dass uns das Wohl der Kirche, der Familien und das höchste Gesetz, das Wohl der Seelen, vor Augen stand. Und das alles, ohne jemals die fundamentale Wahrheit des Sakraments der Ehe in Frage zu stellen: Die Unauflöslichkeit, die Einheit, die Treue und die Zeugungsfähigkeit, also die Offenheit für das Leben (Gaudium et Spes 48).

Das ist die Kirche, der Weinberg des Herrn, die fruchtbare Mutter und sich sorgende Lehrerin, die keine Angst hat, die Ärmel hochzukrempeln und das Öl und den Wein über die Wunden der Menschen auszugießen (Lk 10:25-37). Sie beobachtet die Menschheit nicht aus einer Burg aus Glas beobachtet, um die Menschen zu klassifizieren oder zu richten. Das ist die eine, heilige, katholische und apostolische Kirche, die aus Sündern besteht, die Seine Barmherzigkeit brauchen. Das ist die Kirche, die wahre Braut Christi, die ihrem Bräutigam und seiner Lehre treu zu bleiben sucht. Das ist die Kirche, die keine Angst hat, mit Huren und Sündern zu essen (Lk 15). Die Kirche, welche ihre Tore aufreißt, um die Bedürftigen und Reuevollen einzulassen, nicht nur die Gerechten und die, die glauben, perfekt zu sein! Die Kirche, die sich nicht für den gefallenen Bruder schämt und nicht so tut, als sehe sie ihn nicht, sondern betroffen ist und die Pflicht spürt, ihn aufzurichten und zu ermutigen, den Weg weiter zu gehen und ihn begleitet, bis zur endgültigen Begegnung mit ihrem Bräutigam, im himmlischen Jerusalem.

Das ist die Kirche! Und wenn die Kirche, in der Verschiedenheit ihrer Charismen, sich in gemeinschaftlich ausdrückt, dann kann sie nicht irren: Das ist die Schönheit und die Kraft des sensus fidei, dieses übernatürlichen Sinns des Glaubens, der vom Heiligen Geist geschenkt wird, damit mir gemeinsam in das Herz des Evangeliums gelangen können und lernen können, Jesus in unserem eigenen Leben nachzufolgen. Das darf nicht als Grund für Verwirrung und Unbehagen sein.

Viele Kommentatoren haben sich eine Kirche vorgestellt, in der ein Teil gegen den anderen kämpft und so den Heiligen Geist bezweifelnd, den wahren Förderer und Garanten der Einheit und Harmonie in der Kirche. Der Heilige Geist hat in der Geschichte immer das Schiff durch seine Diener geführt, auch wenn das Meer aufgewühlt war und die Diener ungläubig und sündig.

Wie ich zu Beginn der Synode gesagt habe, ist es nötig, das alles in Ruhe und innerem Frieden zu durchleben, damit die Synode cum Petro et sub Petro (mit Petrus und unter der Leitung Petri) verläuft, und die Anwesenheit des Papstes ist für das alles Garantie.

Die Aufgabe des Papstes ist es nämlich, die Einheit der Kirche zu garantieren; es ist seine Aufgabe, alle Gläubigen an ihre Pflicht zu erinnern, treu dem Evangelium Christi zu folgen; es ist seine Aufgabe, die Hirten daran zu erinnern, dass es ihre wichtigste Aufgabe ist, die Herde zu hüten, der Herr ihnen anvertraut hat und die verirrten Schafe zu suchen und willkommen zu heißen, in Väterlichkeit, Barmherzigkeit und ohne falsche Angst.

Es ist seine Aufgabe, alle daran zu erinnern, dass die Macht der Kirche der Dienst ist (Mk 9:33-35), wie es klar und deutlich Papst Benedikt XVI. gelehrt hat, mit folgenden Worten: "Die Kirche ist berufen und bemüht sich, diese Art von Autorität auszuüben, die Dienst ist, und sie übt sie nicht aus eigener Vollmacht aus, sondern im Namen Jesu Christi... . Durch die Hirten der Kirche nämlich weidet Christus seine Herde: Er ist es, der sie leitet, schützt und zurechtweist, da er sie zutiefst liebt. Doch Jesus, der Herr, der oberste Hirt unserer Seelen, hat gewollt, dass das Apostelkollegium, heute die Bischöfe in Gemeinschaft mit dem Nachfolger Petri ... für das Gottesvolk zu sorgen, Erzieher im Glauben zu sein und der christlichen Gemeinschaft Orientierung zu geben, sie zu beseelen und zu stützen oder, wie das Konzil sagt, »dafür zu sorgen, dass jeder Gläubige im Heiligen Geist angeleitet wird zur Entfaltung seiner persönlichen Berufung nach den Grundsätzen des Evangeliums, zu aufrichtiger und tätiger Liebe und zur Freiheit, zu der Christus uns befreit hat« (Presbyterorum Ordinis, 6). Jeder Hirt also ist das Mittel, durch das Christus selbst die Menschen liebt: Dank unseres Dienstes, liebe Priester, durch uns erreicht der Herr die Seelen, durch uns lehrt, bewahrt und leitet er sie. Der hl. Augustinus sagt in seinem Kommentar zum Johannesevangelium: »Es sei ein Erweis der Liebe, die Herde des Herrn zu weiden« (123,5); dies ist die oberste Norm für das Verhalten der Diener Gottes, eine bedingungslose Liebe, wie jene des Guten Hirten, voll Freude, allen Menschen gegenüber offen, achtsam auf den Nahestehenden und fürsorglich gegenüber den Fernen (vgl. Augustinus, Reden 340,1; Reden 46,15), einfühlsam gegenüber den Schwächsten, den Geringen, den Einfachen, den Sündern, um die unendliche Barmherzigkeit Gottes mit den ermutigenden Worten der Hoffnung zu offenbaren (vgl. ders., Brief 95,1)." (Generalaudienz vom 26. Mai 2010).

Die Kirche ist deswegen aus Christus, sie ist seine Braut, und alle Bischöfe, gemeinsam mit dem Nachfolger Petri, haben die Aufgabe und die Pflicht, sie zu hüten und ihr zu dienen, nicht als Herren sondern als Diener. Der Papst ist in diesem Sinn nicht der oberste Herr sondern vielmehr der oberste Diener, der Diener der Diener Gottes; er ist der Garant des Gehorsams, der Übereinstimmung mit dem Willen Gottes, mit dem Evangelium Christi und der Tradition der Kirche. Jede persönliche Willkür beiseite lassend ist er dem Willen Christi gemäß der "oberste Hirte und Lehrer alle Gläubigen" (CIC 749), dazu hat er "die volle ordentliche Autorität, die oberste, volle, unmittelbare und universale in der Kirche" (CIC 331-334).

Liebe Schwestern und Brüder, wir haben jetzt noch ein Jahr um die hier vorgeschlagenen Ideen in einer wirklichen geistlichen Unterscheidung reifen zu lassen und konkrete Lösungen für alle Schwierigkeiten und die unzähligen Herausforderungen zu finden, welchen die Familien begegnen müssen; Antworten zu geben auf die vielen Entmutigungen, welche die Familien umgeben und einschnüren. Ein Jahr, um an der „Relatio Sinodi" zu arbeiten, welche die getreue und deutliche Widergabe dessen ist, was in dieser Aula und in den Arbeitskreisen gesagt und diskutiert wurde.

Der Herr begleite und leite uns auf diesem Weg, zur Herrlichkeit seines Namens und auf die Fürsprache der seligen Jungfrau Maria und des Heiligen Josef! Und bitte: vergesst nicht, für mich zu beten!

[03046-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Eminencias, beatitudes, excelencias, hermanos y hermanas:

Con un corazón lleno de agradecimiento y gratitud quiero agradecer, juntamente con vosotros, al Señor que, en los días pasados, nos ha acompañado y guiado con la luz del Espíritu Santo.

Doy las gracias de corazón al señor cardenal Lorenzo Baldisseri, secretario general del Sínodo, a monseñor Fabio Fabene, subsecretario, y con él agradezco al relator, cardenal Péter Erdő, que tanto ha trabajado en los días de luto familiar, al secretario especial, monseñor Bruno Forte, a los tres presidentes delegados, los escritores, los consultores, los traductores y los anónimos, todos aquellos que trabajaron con auténtica fidelidad detrás del telón y total entrega a la Iglesia y sin pausa: ¡muchas gracias!

Doy las gracias igualmente a todos vosotros, queridos padres sinodales, delegados fraternos, auditores, auditoras y asesores por vuestra participación activa y fructuosa. Os llevaré en la oración, pidiendo al Señor que os recompense con la abundancia de sus dones de gracia.

Podría decir serenamente que —con un espíritu de colegialidad y sinodalidad— hemos vivido de verdad una experiencia de «Sínodo», un itinerario solidario, un «camino juntos». Y habiendo sido «un camino» —y como todo camino hubo momentos de marcha veloz, casi queriendo ganar al tiempo y llegar lo antes posible a la meta; otros momentos de cansancio, casi queriendo decir basta; otros momentos de entusiasmo e ímpetu. Hubo momentos de profunda consolación escuchando los testimonios de auténticos pastores (cf. Jn 10 y can. 375, 386, 387) que llevan sabiamente en el corazón las alegrías y las lágrimas de sus fieles. Momentos de consolación y de gracia y de consuelo escuchando los testimonios de las familias que participaron en el Sínodo y compartieron con nosotros la belleza y la alegría de su vida matrimonial. Un camino donde el más fuerte sintió el deber de ayudar al menos fuerte, donde el más experto se dispuso a servir a los demás, incluso a través de la confrontación. Y puesto que es un camino de hombres, con las consolaciones hubo también otros momentos de desolación, de tensión y de tentaciones, de las cuales se podría mencionar alguna posibilidad:

una: la tentación del endurecimiento hostil, es decir, el querer cerrarse dentro de lo escrito (la letra) y no dejarse sorprender por Dios, por el Dios de las sorpresas (el espíritu); dentro de la ley, dentro de la certeza de lo que conocemos y no de lo que debemos aún aprender y alcanzar. Desde los tiempos de Jesús, es la tentación de los celantes, los escrupulosos, los diligentes y de los así llamados —hoy— «tradicionalistas», y también de los intelectualistas.

La tentación del buenismo destructivo, que en nombre de una misericordia engañadora venda las heridas sin antes curarlas y medicarlas; que trata los síntomas y no las causas y las raíces. Es la tentación de los «buenistas», de los temerosos y también de los así llamados «progresistas y liberales».

La tentación de transformar la piedra en pan para romper un ayuno largo, pesado y doloroso (cf. Lc 4, 1-4), y también de transformar el pan en piedra y tirarla contra los pecadores, los débiles y los enfermos (cf. Jn 8, 7), es decir, transformarlo en «cargas insoportables» (Lc 11, 46).

La tentación de bajar de la cruz, para contentar a la gente, y no permanecer allí, para cumplir la voluntad del Padre; de ceder al espíritu mundano en lugar de purificarlo y conducirlo al Espíritu de Dios.

La tentación de descuidar el «depositum fidei», considerándose no custodios sino propietarios y dueños, o, por otra parte, la tentación de descuidar la realidad utilizando una lengua minuciosa y un lenguaje pulido para decir muchas cosas y no decir nada. Los llamaban «bizantinismos», creo, a estas cosas...

Queridos hermanos y hermanas, las tentaciones no nos deben ni asustar ni desconcertar, y ni siquiera desalentar, porque ningún discípulo es más grande que su maestro. Por lo tanto, si Jesús fue tentado —y además llamado Belzebú (cf. Mt 12, 24)—, sus discípulos no deben esperarse un trato mejor.

Personalmente me hubiese preocupado mucho y entristecido si no hubiesen estado estas tentaciones y estas animados debates; este movimiento de los espíritus, como lo llamaba san Ignacio (EE, 6), si todos hubiesen estado de acuerdo o silenciosos en una falsa y quietista paz. En cambio, he visto y escuchado —con alegría y gratitud— discursos e intervenciones llenas de fe, de celo pastoral y doctrinal, de sabiduría, de franqueza, de valentía y de parresia. Y he percibido que se puso delante de los propios ojos el bien de la Iglesia, de las familias y la «suprema lex», la «salus animarum» (cf. can. 1752). Y esto siempre —lo hemos dicho aquí, en el aula— sin poner jamás en duda las verdades fundamentales del sacramento del matrimonio: la indisolubilidad, la unidad, la fidelidad y la procreación, o sea la apertura a la vida (cf. can. 1055, 1056 y Gaudium et spes, 48).

Y esta es la Iglesia, la viña del Señor, la Madre fértil y la Maestra atenta, que no tiene miedo de arremangarse para derramar el óleo y el vino sobre las heridas de los hombres (cf. Lc 10, 25-37); que no mira a la humanidad desde un castillo de cristal para juzgar o clasificar a las personas. Esta es la Iglesia una, santa, católica, apostólica y formada por pecadores, necesitados de su misericordia. Esta es la Iglesia, la verdadera esposa de Cristo, que trata de ser fiel a su Esposo y a su doctrina. Es la Iglesia que no tiene miedo de comer y beber con las prostitutas y los publicanos (cf. Lc 15). La Iglesia que tiene las puertas abiertas de par en par para recibir a los necesitados, a los arrepentidos y no sólo a los justos o a aquellos que creen ser perfectos. La Iglesia que no se avergüenza del hermano caído y no finge de no verlo, es más, se siente implicada y casi obligada a levantarlo y animarlo a retomar el camino y lo acompaña hacia el encuentro definitivo, con su Esposo, en la Jerusalén celestial.

Esta es la Iglesia, nuestra madre. Y cuando la Iglesia, en la variedad de sus carismas, se expresa en comunión, no puede equivocarse: es la belleza y la fuerza del sensus fidei, de ese sentido sobrenatural de la fe, dado por el Espíritu Santo a fin de que, juntos, podamos entrar todos en el corazón del Evangelio y aprender a seguir a Jesús en nuestra vida, y esto no se debe ver como motivo de confusión y malestar.

Muchos cronistas, o gente que habla, imaginaron ver una Iglesia en disputa donde una parte está contra la otra, dudando incluso del Espíritu Santo, el auténtico promotor y garante de la unidad y la armonía en la Iglesia. El Espíritu Santo que a lo largo de la historia siempre condujo la barca, a través de sus ministros, incluso cuando el mar iba en sentido contrario y estaba agitado y los ministros eran infieles y pecadores.

Y, como me atreví a deciros al inicio, era necesario vivir todo esto con tranquilidad, con paz interior, también porque el Sínodo se desarrolla cum Petro et sub Petro, y la presencia del Papa es garantía para todos.

Ahora hablemos un poco del Papa en relación con los obispos... Por lo tanto, la tarea del Papa es garantizar la unidad de la Iglesia; es recordar a los pastores que su primer deber es alimentar al rebaño —nutrir al rebaño— que el Señor les encomendó y tratar de acoger —con paternidad y misericordia y sin falsos miedos— a las ovejas perdidas. Me equivoqué aquí. Dije acoger: ir a buscarlas.

Su tarea es recordar a todos que la autoridad en la Iglesia es servicio (cf. Mc 9, 33-35) como explicó con claridad el Papa Benedicto XVI, con palabras que cito textualmente: «La Iglesia está llamada y comprometida a ejercer este tipo de autoridad, que es servicio, y no la ejerce a título personal, sino en el nombre de Jesucristo... a través de los pastores de la Iglesia, en efecto, Cristo apacienta su rebaño: es Él quien lo guía, lo protege y lo corrige, porque lo ama profundamente. Pero el Señor Jesús, Pastor supremo de nuestras almas, ha querido que el Colegio apostólico, hoy los obispos, en comunión con el Sucesor de Pedro... participen en esta misión suya de hacerse cargo del pueblo de Dios, de ser educadores en la fe, orientando, animando y sosteniendo a la comunidad cristiana o, como dice el Concilio, "procurando personalmente, o por medio de otros, que cada uno de los fieles sea conducido en el Espíritu Santo a cultivar su propia vocación según el Evangelio, a la caridad sincera y diligente y a la libertad con que Cristo nos liberó" (Presbyterorum Ordinis, 6) ... a través de nosotros —continúa el Papa Benedicto— el Señor llega a las almas, las instruye, las custodia, las guía. San Agustín, en su Comentario al Evangelio de san Juan, dice: "Apacentar el rebaño del Señor ha de ser compromiso de amor" (123, 5); esta es la norma suprema de conducta de los ministros de Dios, un amor incondicional, como el del buen Pastor, lleno de alegría, abierto a todos, atento a los cercanos y solícito por los alejados (cf. San Agustín, Discurso 340, 1; Discurso 46, 15), delicado con los más débiles, los pequeños, los sencillos, los pecadores, para manifestar la misericordia infinita de Dios con las tranquilizadoras palabras de la esperanza (cfr. Id., Carta 95, 1)» (Benedicto XVI, Audiencia general, miércoles 26 de mayo de 2010: L’Osservatore Romano, edición en lengua española, 30 de mayo de 2010, p. 15).

Por lo tanto, la Iglesia es de Cristo —es su Esposa— y todos los obispos, en comunión con el Sucesor de Pedro, tienen la tarea y el deber de custodiarla y servirla, no como padrones sino como servidores. El Papa, en este contexto, no es el señor supremo sino más bien el supremo servidor, el «servus servorum Dei»; el garante de la obediencia y la conformidad de la Iglesia a la voluntad de Dios, al Evangelio de Cristo y a la Tradición de la Iglesia, dejando de lado todo arbitrio personal, incluso siendo —por voluntad de Cristo mismo— el «Pastor y doctor supremo de todos los fieles» (can. 749) y también gozando «de la potestad ordinaria que es suprema, plena, inmediata e universal en la Iglesia» (cf. cann. 331-334).

Queridos hermanos y hermanas, ahora tenemos todavía un año por delante para madurar, con verdadero discernimiento espiritual, las ideas propuestas y encontrar soluciones concretas a tantas dificultades e innumerables desafíos que las familias deben afrontar; para dar respuestas a los numerosos desánimos que circundan y ahogan a las familias.

Un año para trabajar sobre la «Relatio synodi» que es el resumen fiel y claro de todo lo que se dijo y debatió en esta aula y en los círculos menores. Y se presenta a las Conferencias episcopales como «Lineamenta».

Que el Señor nos acompañe, nos guíe en este itinerario para gloria de Su nombre con la intercesión de la Bienaventurada Virgen María y de san José. Y por favor no os olvidéis de rezar por mí.

[03046-04.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Eminências, Beatitudes, Excelências, irmãos e irmãs,

É com o coração cheio de reconhecimento e gratidão que gostaria de dar graças, juntamente convosco, ao Senhor que nos acompanhou e orientou ao longo dos dias passados, com a luz do Espírito Santo!

Agradeço de coração ao senhor cardeal Lorenzo Baldisseri, secretário-geral do Sínodo, a D. Fábio Fabene, subsecretário, e, com eles, agradeço ao relator, senhor cardeal Péter Erdő, que trabalhou muito mesmo em dias de luto familiar, bem como ao secretário especial, D. Bruno Forte, aos três presidentes delegados, aos escritores, consultores, tradutores e pessoas anónimas, enfim a todos aqueles que nos bastidores trabalharam com verdadeira fidelidade, com dedicação total à Igreja e sem descanso: muito obrigado!

Estou grato de igual modo a todos vós, amados padres sinodais, delegados fraternos, auditoras, auditores e assessores, pela vossa participação concreta e frutuosa. Rezarei por vós, pedindo ao Senhor que vos recompense com a abundância dos seus dons de graça!

Posso tranquilamente afirmar que — com um espírito de colegialidade e de sinodalidade — vivemos verdadeiramente uma experiência de «Sínodo», um percurso solidário, um «caminho conjunto».

E, como acontece em todo o caminho —dado que se tratou de um «caminho» —, houve momentos de corrida apressada, como se se quisesse vencer o tempo e chegar quanto antes à meta; momentos de cansaço, como se se quisesse dizer basta; e outros momentos de entusiasmo e ardor. Houve momentos de profunda consolação, ouvindo o testemunho de autênticos pastores (cf. Jo 10 e cânn. 375, 386 e 387), que trazem sabiamente no coração as alegrias e as lágrimas dos seus fiéis. Momentos de consolação, graça e conforto, ouvindo os testemunhos das famílias que participaram no Sínodo e compartilharam connosco a beleza e a alegria da sua vida matrimonial. Um caminho onde o mais forte se sentiu no dever de ajudar o menos forte, onde o mais perito se prestou para servir os demais, inclusive através de confrontos. Mas, tratando-se de um caminho de homens, juntamente com as consolações houve também momentos de desolação, de tensão e de tentações, das quais poderíamos mencionar algumas possibilidades:

uma: a tentação do endurecimento hostil, ou seja, o desejo de se fechar dentro daquilo que está escrito (a letra) sem se deixar surpreender por Deus, pelo Deus das surpresas (o espírito); dentro da lei, dentro da certeza daquilo que já conhecemos, e não do que ainda devemos aprender e alcançar. Desde a época de Jesus, é a tentação dos zelantes, dos escrupulosos, dos cautelosos e dos chamados — hoje — «tradicionalistas», e também dos intelectualistas.

A tentação da bonacheirice destrutiva, que em nome de uma misericórdia enganadora liga as feridas sem antes as curar e medicar; que trata os sintomas e não as causas nem as raízes. É a tentação dos «bonacheiristas», dos temerosos e também dos chamados «progressistas e liberalistas».

A tentação de transformar a pedra em pão para interromper um jejum prolongado, pesado e doloroso (cf. Lc 4, 1-4) e também de transformar o pão em pedra e lançá-la contra os pecadores, os frágeis e os doentes (cf. Jo 8, 7), ou seja, de o transformar em «fardos insuportáveis» (Lc 10, 27).

A tentação de descer da cruz, para contentar as massas, e não permanecer nela, para cumprir a vontade do Pai; de ceder ao espírito mundano, em vez de o purificar e de o sujeitar ao Espírito de Deus.

A tentação de descuidar o «depositum fidei», considerando-se não guardiões mas proprietários e senhores ou, por outro lado, a tentação de descuidar a realidade, recorrendo a uma terminologia minuciosa e uma linguagem burilada, para falar de muitas coisas sem nada dizer! Acho que a isto se chamava «bizantinismos»...

Caros irmãos e irmãs, as tentações não nos devem assustar nem desconcertar e menos ainda desanimar, porque nenhum discípulo é maior que o seu mestre; portanto, se o próprio Jesus foi tentado — e até chamado Belzebu (cf. Mt 12, 24) — os seus discípulos não devem esperar um tratamento melhor.

Pessoalmente, ficaria muito preocupado e triste, se não tivesse havido estas tentações e estes debates animados – este movimento dos espíritos, como lhe chamava Santo Inácio (cf. EE, 6) –, se todos tivessem estado de acordo ou ficassem taciturnos numa paz falsa e quietista. Ao contrário, vi e ouvi — com alegria e reconhecimento — discursos e intervenções cheios de fé, de zelo pastoral e doutrinal, de sabedoria, de desassombro, de coragem e de parresia. E senti que, diante dos próprios olhos, se tinha o bem da Igreja, das famílias e a «suprema lex», a «salus animarum» (cf. cân. 1752). E isto — já o dissemos aqui na Sala — sem nunca se pôr em discussão as verdades fundamentais do sacramento do Matrimónio: a indissolubilidade, a unidade, a fidelidade e a procriação, ou seja, a abertura à vida (cf. cânn. 1055 e 1056; Gaudium et spes, 48).

E esta é a Igreja, a vinha do Senhor, a Mãe fecunda e a Mestra solícita, que não tem medo de arregaçar as mangas para derramar o azeite e o vinho sobre as feridas dos homens (cf. Lc 10, 25-37); que não observa a humanidade a partir de um castelo de vidro para julgar ou classificar as pessoas. Esta é a Igreja Una, Santa, Católica, Apostólica e formada por pecadores, necessitados da sua misericórdia. Esta é a Igreja, a verdadeira Esposa de Cristo, que procura ser fiel ao seu Esposo e à sua doutrina. É a Igreja que não tem medo de comer e beber com as prostitutas e os publicanos (cf. Lc 15). A Igreja que tem as suas portas escancaradas para receber os necessitados, os arrependidos, e não apenas os justos ou aqueles que se julgam perfeitos! A Igreja que não se envergonha do irmão caído nem finge que não o vê, antes pelo contrário sente-se comprometida e quase obrigada a levantá-lo e a encorajá-lo a retomar o caminho, acompanhando-o rumo ao encontro definitivo, com o seu Esposo, na Jerusalém celeste.

Esta é a Igreja, a nossa Mãe! E quando a Igreja, na variedade dos seus carismas, se exprime em comunhão, não pode errar: é a beleza e a força do sensus fidei, daquele sentido sobrenatural da fé, que é conferido pelo Espírito Santo a fim de que, juntos, possamos todos entrar no âmago do Evangelho e aprender a seguir Jesus na nossa vida, e isto não deve ser visto como motivo de confusão e mal-estar.

Muitos comentadores, ou pessoas que falam, imaginaram ver uma Igreja em litígio, na qual uma parte está contra a outra, duvidando até do Espírito Santo, o verdadeiro promotor e garante da unidade e da harmonia na Igreja. O Espírito Santo, que ao longo da história sempre guiou a barca, através dos seus Ministros, mesmo quando o mar se mostrava contrário e agitado, e os ministros eram infiéis e pecadores.

E, como ousei dizer-vos no início, era necessário viver tudo isto com tranquilidade, com paz interior, inclusivamente porque o Sínodo se realiza cum Petro et sub Petro, e a presença do Papa é garantia para todos.

Agora, falemos um pouco do Papa na sua relação com os bispos... Ora, a tarefa do Papa é garantir a unidade da Igreja; é recordar aos pastores que o seu primeiro dever é alimentar a grei — nutrir o rebanho — que o Senhor lhes confiou e procurar receber — com paternidade e misericórdia, e sem falsos temores — as ovelhas tresmalhadas. Aqui enganei-me: disse receber, mas queria dizer ir ao seu encontro!

A sua tarefa é recordar a todos que na Igreja a autoridade é serviço (cf. Mc 9, 33-35), como explicou com clareza o Papa Bento XVI, com palavras que cito textualmente: «A Igreja está chamada e compromete-se a exercer este tipo de autoridade que é serviço, e exerce-a não em seu nome, mas no de Jesus Cristo... De facto, através dos Pastores da Igreja, Cristo apascenta a sua grei: é Ele quem a guia, protege e corrige, porque a ama profundamente. Mas o Senhor Jesus, Pastor supremo das nossas almas, quis que o Colégio Apostólico, hoje os Bispos, em comunhão com o Sucessor de Pedro... participassem nesta sua missão de cuidar do Povo de Deus, de ser educadores na fé, orientando, animando e apoiando a comunidade cristã ou, como diz o Concílio, "cuidar que cada fiel seja levado, no Espírito Santo, a cultivar a própria vocação segundo o Evangelho, a uma caridade sincera e operosa e à liberdade com que Cristo nos libertou" (Presbyterorum ordinis, 6)... é através de nós — continua o Papa Bento — que o Senhor alcança as almas, que as instrui, guarda e guia. Santo Agostinho, no seu Comentário ao Evangelho de São João, diz: "Seja, portanto, compromisso de amor apascentar o rebanho do Senhor" (123, 5); esta é a norma suprema de conduta dos ministros de Deus, um amor incondicional, como o do Bom Pastor, cheio de alegria, aberto a todos, atento aos que estão perto e solícito pelos afastados (cf. Santo Agostinho, Discurso 340, 1; Discurso 46, 15), delicado para com os mais débeis, os pequeninos, os simples, os pecadores, para manifestar a misericórdia infinita de Deus com as palavras alentadoras da esperança (cf. Id., Carta 95, 1)» (Bento XVI, Audiência geral de quarta-feira, 26 de Maio de 2010).

Por conseguinte, a Igreja é de Cristo — é a sua Esposa — e todos os bispos, em comunhão com o Sucessor de Pedro, têm a missão e o dever de a guardar e servir, não como patrões mas como servidores. Neste contexto, o Papa não é o senhor supremo mas, ao contrário, o supremo servidor — o «servus servorum Dei»; o garante da obediência e da conformidade da Igreja com a vontade de Deus, o Evangelho de Cristo e a Tradição da Igreja, pondo de lado qualquer arbítrio pessoal, embora seja — por vontade do próprio Cristo — o «supremo Pastor e Doutor de todos os fiéis» (cân. 749), e goze «na Igreja de poder ordinário, supremo, pleno, imediato e universal» (cf. cânn. 331-334).

Agora, caros irmãos e irmãs, temos ainda um ano para maturar, com verdadeiro discernimento espiritual, as ideias propostas e encontrar soluções concretas para tantas dificuldades e os inúmeros desafios que as famílias devem enfrentar; para dar resposta aos numerosos motivos de desânimo que envolvem e sufocam as famílias.

Um ano para trabalhar sobre a «Relatio synodi», que é o resumo fiel e claro de tudo aquilo que foi dito e debatido nesta Sala e nos círculos menores. E é apresentada às Conferências Episcopais como «Lineamenta».

Que o Senhor nos acompanhe, nos guie neste percurso, para glória do seu Nome, com a intercessão da Bem-Aventurada Virgem Maria e de São José! E, por favor, não vos esqueçais de rezar por mim!

[03046-06.01] [Texto original: Italiano]

Saluto del Presidente Delegato Card. Raymundo Damasceno Assis

Prima del discorso del Santo Padre, il Presidente delegato di turno, Card. Raymundo Damasceno Assis, Arcivescovo di Aparecida (Brasile), aveva rivolto al Papa le parole di saluto che riportiamo di seguito:

Santo Padre, noi, qui convenuti, vorremmo ringraziarLa, a nome di tutta la Chiesa, per questa splendida occasione che Lei ci ha dato, convocando quest’Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi. È stata un’opportunità preziosa per cercare insieme di approfondire la riflessione su una realtà così centrale per la vita della Chiesa e dell’intera umanità, qual è la famiglia.

Lei ci ha invitato a contemplare il Vangelo della Famiglia, ovvero dell’amore umano vissuto secondo il disegno di Dio, come fonte inesauribile di realizzazione umana, di bellezza, di gioia e di pace. Ma non siamo stati radunati insieme al Vescovo di Roma e Successore di Pietro soltanto per contemplare.

Come Pastori, abbiamo riflettuto su come curare le ferite che sono prodotte da quelle forme di vivere l’amore umano che non corrispondono pienamente al disegno di Dio. Come Chiesa, siamo spronati a cercare vie per aiutare le famiglie a riscoprire se stesse come Chiese domestiche, luogo privilegiato per vivere in profondità il Vangelo.

Il Sinodo continua... e noi, con la parresia dei Pastori, già intravediamo insieme al Pastore universale della Chiesa la prossima tappa di questo processo sinodale sulla famiglia. La forma di vita della Chiesa, popolo di Dio peregrino, è proprio sinodale e anche la famiglia cristiana si può dire che è come un sinodo in piccolo. Ma nel nostro peregrinare abbiamo la certezza che Nostro Signore è in mezzo a noi. Questo ci dà forza e anche ci colma di gioia. Ancora c’ è cammino da fare insieme...! Abbiamo la fiducia, anzi la certezza, che troveremo vie giuste per servire le famiglie nel loro vivere insieme e camminare verso Dio. Questa certezza ci viene dalla presenza di Gesù Cristo e dello Spirito in mezzo a noi.

Carissimi fratelli e sorelle, Eminenze ed Eccellenze, torniamo ora nelle nostre Chiese particolari con la gioia di aver vissuto questa esperienza sinodale con tanti frutti spirituali e pastorali.

Il Signore Gesù che ha voluto vivere su questa terra la meravigliosa avventura di essere, anche Lui, membro di una famiglia, ci illumini e ci benedica nel nostro camminare insieme!

[03045-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0771-XX.01]