Omelia del Santo Padre
Testo in lingua francese
Testo in lingua inglese
Testo in lingua tedesca
Testo in lingua spagnola
Testo in lingua portoghese
Testo in lingua polacca
Alle ore 9.30 di oggi, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha imposto il sacro Pallio, preso dalla Confessione dell’Apostolo Pietro, a 24 nuovi Arcivescovi Metropoliti. Ad altri tre Metropoliti - gli Arcivescovi di Lilongwe (Malawi), Mandalay (Myanmar) e Freiburg im Breisgau (Germania) - il sacro Pallio verrà consegnato nelle loro Sedi Metropolitane.
Di seguito il Papa ha presieduto la Concelebrazione Eucaristica con i nuovi Arcivescovi Metropoliti. Come di consueto in occasione della Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della Città di Roma, era presente alla Santa Messa una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, guidata dal Metropolita di Pergamo Ioannis (Zizioulas), co-presidente della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, il quale è accompagnato dall’Arcivescovo di Telmissos Job e dall’Arcidiacono patriarcale John Chryssavgis.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la lettura del Vangelo, il Papa ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:
Omelia del Santo Padre
Nella solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni principali di Roma, accogliamo con gioia e riconoscenza la Delegazione inviata dal Patriarca Ecumenico, il venerato e amato fratello Bartolomeo, guidata dal Metropolita Ioannis. Preghiamo il Signore perché anche questa visita possa rafforzare i nostri fraterni legami nel cammino verso la piena comunione tra le due Chiese sorelle, da noi tanto desiderata.
«Il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode» (At 12,11). Agli inizi del servizio di Pietro nella comunità cristiana di Gerusalemme, c’era ancora grande timore a causa delle persecuzioni di Erode contro alcuni membri della Chiesa. C’era stata l’uccisione di Giacomo, e ora la prigionia dello stesso Pietro per far piacere al popolo. Mentre egli era tenuto in carcere e incatenato, sente la voce dell’Angelo che gli dice: «Alzati in fretta! ... Mettiti la cintura e legati i sandali ... Metti il mantello e seguimi!» (At 12,7-8). Le catene cadono e la porta della prigione si apre da sola. Pietro si accorge che il Signore lo «ha strappato dalla mano di Erode»; si rende conto che Dio lo ha liberato dalla paura e dalle catene. Sì, il Signore ci libera da ogni paura e da ogni catena, affinché possiamo essere veramente liberi. L’odierna celebrazione liturgica esprime bene questa realtà, con le parole del ritornello al Salmo responsoriale: «Il Signore mi ha liberato da ogni paura».
Ecco il problema, per noi, della paura e dei rifugi pastorali. Noi – mi domando –, cari fratelli Vescovi, abbiamo paura? Di che cosa abbiamo paura? E se ne abbiamo, quali rifugi cerchiamo, nella nostra vita pastorale, per essere al sicuro? Cerchiamo forse l’appoggio di quelli che hanno potere in questo mondo? O ci lasciamo ingannare dall’orgoglio che cerca gratificazioni e riconoscimenti, e lì ci sembra di stare sicuri? Cari fratelli vescovi, dove poniamo la nostra sicurezza?
La testimonianza dell’Apostolo Pietro ci ricorda che il nostro vero rifugio è la fiducia in Dio: essa allontana ogni paura e ci rende liberi da ogni schiavitù e da ogni tentazione mondana. Oggi, il Vescovo di Roma e gli altri Vescovi, specialmente i Metropoliti che hanno ricevuto il Pallio, ci sentiamo interpellati dall’esempio di san Pietro a verificare la nostra fiducia nel Signore.
Pietro ritrovò la fiducia quando Gesù per tre volte gli disse: «Pasci le mie pecore» (Gv 21,15.16.17). E nello stesso tempo lui, Simone, confessò per tre volte il suo amore per Gesù, riparando così al triplice rinnegamento avvenuto durante la passione. Pietro sente ancora bruciare dentro di sé la ferita di quella delusione data al suo Signore nella notte del tradimento. Ora che Lui gli chiede: «Mi vuoi bene?», Pietro non si affida a sé stesso e alle proprie forze, ma a Gesù e alla sua misericordia: «Signore tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21,17). E qui sparisce la paura, l’insicurezza, la pusillanimità.
Pietro ha sperimentato che la fedeltà di Dio è più grande delle nostre infedeltà e più forte dei nostri rinnegamenti. Si rende conto che la fedeltà del Signore allontana le nostre paure e supera ogni umana immaginazione. Anche a noi, oggi, Gesù rivolge la domanda: «Mi ami tu?». Lo fa proprio perché conosce le nostre paure e le nostre fatiche. Pietro ci mostra la strada: fidarsi di Lui, che "conosce tutto" di noi, confidando non sulla nostra capacità di essergli fedeli, quanto sulla sua incrollabile fedeltà. Gesù non ci abbandona mai, perché non può rinnegare se stesso (cfr 2 Tm 2,13). E’ fedele. La fedeltà che Dio incessantemente conferma anche a noi Pastori, al di là dei nostri meriti, è la fonte della nostra fiducia e della nostra pace. La fedeltà del Signore nei nostri confronti tiene sempre acceso in noi il desiderio di servirlo e di servire i fratelli nella carità.
L’amore di Gesù deve bastare a Pietro. Egli non deve cedere alla tentazione della curiosità, dell’invidia, come quando, vedendo Giovanni lì vicino, chiede a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?» (Gv 21,21). Ma Gesù, di fronte a queste tentazioni, risponde: «A te che importa? Tu seguimi» (Gv 21,22). Questa esperienza di Pietro costituisce un messaggio importante anche per noi, cari fratelli Arcivescovi. Il Signore oggi ripete a me, a voi, e a tutti i Pastori: Seguimi! Non perdere tempo in domande o in chiacchiere inutili; non soffermarti sulle cose secondarie, ma guarda all’essenziale e seguimi. Seguimi nonostante le difficoltà. Seguimi nella predicazione del Vangelo. Seguimi nella testimonianza di una vita corrispondente al dono di grazia del Battesimo e dell’Ordinazione. Seguimi nel parlare di me a coloro con i quali vivi, giorno dopo giorno, nella fatica del lavoro, del dialogo e dell’amicizia. Seguimi nell’annuncio del Vangelo a tutti, specialmente agli ultimi, perché a nessuno manchi la Parola di vita, che libera da ogni paura e dona la fiducia nella fedeltà di Dio. Tu seguimi!
[01082-01.01] [Testo originale: Italiano]
Testo in lingua francese
En cette solennité des saints Apôtres Pierre et Paul, patrons principaux de Rome, nous accueillons avec joie et reconnaissance la Délégation envoyée par le Patriarche œcuménique, le vénéré et aimé frère Bartolomeo, conduite par le Métropolite Ioannis. Nous prions le Seigneur pour que cette visite puisse aussi renforcer nos liens fraternels sur le chemin vers la pleine communion entre les deux Églises sœurs, que nous désirons tant.
« Le Seigneur a envoyé son ange et il m’a arraché aux mains d’Hérode » (Ac 12, 11). Aux débuts du service de Pierre dans la communauté chrétienne de Jérusalem, il y avait encore une grande peur à cause des persécutions d’Hérode contre certains membres de l’Église. Il y avait eu le meurtre de Jacques, et maintenant la captivité de Pierre lui-même pour faire plaisir au peuple. Tandis qu’il était en prison et enchaîné, il entend la voix de l’Ange qui lui dit : « Lève-toi vite !… Mets ta ceinture et tes sandales … Mets ton manteau et suis-moi » (Ac 12, 7-8). Les chaînes tombent et la porte de la prison s’ouvre toute seule. Pierre s’aperçoit que le Seigneur l’« a arraché aux mains d’Hérode » ; il se rend compte que Dieu l’a libéré de la peur et des chaînes. Oui, le Seigneur nous libère de toute peur et de toute chaîne, afin que nous puissions être vraiment libres. La célébration liturgique d’aujourd’hui exprime bien cette réalité, avec les paroles du refrain du psaume responsorial : « Le Seigneur m’a libéré de toute peur ».
Tel est le problème, pour nous, de la peur et des refuges pastoraux. Je me demande, chers frères Évêques : avons-nous peur ? De quoi avons-nous peur ? Et si nous avons peur, quels refuges cherchons-nous, dans notre vie pastorale, pour être en sécurité ? Nous cherchons peut-être l’appui de ceux qui ont le pouvoir en ce monde ? Ou bien nous laissons-nous tromper par l’orgueil qui cherche des gratifications et des reconnaissances, qui semblent nous mettre en sécurité ? Chers frères Évêques, où plaçons-nous notre sécurité ?
Le témoignage de l’Apôtre Pierre nous rappelle que notre véritable refuge est la confiance en Dieu : elle éloigne toute peur et nous rend libres de tout esclavage et de toute tentation mondaine. Aujourd’hui, l’Évêque de Rome et les autres Évêques, spécialement les Métropolites qui ont reçu le Pallium, nous nous sentons interpellés par l’exemple de saint Pierre à vérifier notre confiance dans le Seigneur.
Pierre retrouve la confiance quand Jésus lui dit par trois fois: « Pais mes brebis » (Jn 21.15.16.17). Et en même temps, Simon confesse par trois fois son amour pour Jésus, réparant ainsi le triple reniement de la passion. Pierre sent encore brûler en lui la blessure de cette désillusion causée au Seigneur, la nuit de la trahison. Maintenant qu’il lui demande : « M’aimes-tu ? », Pierre ne compte pas sur lui-même ni sur ses propres forces, mais sur Jésus et sur sa miséricorde : « Seigneur tu sais tout ; tu sais que je t’aime » (Jn 21, 17). Et ainsi disparaît la peur, l’insécurité, la pusillanimité.
Pierre a expérimenté que la fidélité de Dieu est plus grande que nos infidélités et plus forte que nos reniements. Il se rend compte que la fidélité du Seigneur éloigne nos peurs et dépasse toute imagination humaine. À nous aussi, aujourd’hui, Jésus pose la question : « M’aimes-tu ? ». Il le fait justement parce qu’il connaît nos peurs et nos efforts. Pierre nous montre la route : se confier à Lui, qui « connaît tout » de nous, nous fiant non pas tant à notre capacité d’être fidèles, qu’à sa fidélité inébranlable. Jésus ne nous abandonne jamais, parce qu’il ne peut se renier lui-même (cf. Tm 2, 13). Il est fidèle. La fidélité que Dieu nous assure inlassablement, à nous aussi, Pasteurs, au-delà de nos mérites, est la source de notre confiance et de notre paix. La fidélité du Seigneur à notre égard tient toujours éveillé en nous le désir de le servir et de servir les frères dans la charité.
L’amour de Jésus doit suffire à Pierre. Il ne doit pas céder à la tentation de la curiosité, de l’envie, comme lorsque, voyant Jean proche de lui, il demande à Jésus : « Seigneur, et lui ? » (Jn 21, 21). Mais Jésus, devant ces tentations, lui répond : « Que t’importe ? Toi, suis-moi » (Jn 21, 22). Cette expérience de Pierre constitue un message important aussi pour nous, chers frères Archevêques. Le Seigneur aujourd’hui me répète à moi, ainsi qu’à vous, et à tous les Pasteurs : Suis-moi ! Ne perds pas de temps en questions ou en bavardages inutiles ; ne t’arrête pas sur les choses secondaires, mais regarde l’essentiel et suis-moi. Suis-moi malgré les difficultés. Suis-moi dans la prédication de l’Évangile. Suis-moi dans le témoignage d’une vie qui correspond au don de la grâce du Baptême et de l’Ordination. Suis-moi en parlant de moi à ceux avec lesquels tu vis, jour après jour, dans l’effort du travail, du dialogue et de l’amitié. Suis-moi dans l’annonce de l’Évangile à tous, spécialement aux derniers, afin qu’à personne ne manque la Parole de vie, qui libère de toute peur et donne confiance dans la fidélité de Dieu. Toi, suis-moi !
[01082-03.01] [Texte original: Italien]
Testo in lingua inglese
On this Solemnity of Saints Peter and Paul, the principal patrons of Rome, we welcome with joy and gratitude the Delegation sent by the Ecumenical Patriarch, our venerable and beloved brother Bartholomaios, and led by Metropolitan Ioannis. Let us ask the Lord that this visit too may strengthen our fraternal bonds as we journey toward that full communion between the two sister Churches which we so greatly desire.
"Now I am sure that the Lord has sent his angel and rescued me from the hand of Herod" (Acts 12:11). When Peter began his ministry to the Christian community of Jerusalem, great fear was still in the air because of Herod’s persecution of members of the Church. There had been the killing of James, and then the imprisonment of Peter himself, in order to placate the people. While Peter was imprisoned and in chains, he heard the voice of the angel telling him, "Get up quickly… dress yourself and put on your sandals… Put on your mantle and follow me!" (Acts 12:7-8). The chains fell from him and the door of the prison opened before him. Peter realized that the Lord had "rescued him from the hand of Herod"; he realized that the Lord had freed him from fear and from chains. Yes, the Lord liberates us from every fear and from all that enslaves us, so that we can be truly free. Today’s liturgical celebration expresses this truth well in the refrain of the Responsorial Psalm: "The Lord has freed me from all my fears".
The problem for us, then, is fear and looking for refuge in our pastoral responsibilities.
I wonder, dear brother bishops, are we afraid? What are we afraid of? And if we are afraid, what forms of refuge do we seek, in our pastoral life, to find security? Do we look for support from those who wield worldly power? Or do we let ourselves be deceived by the pride which seeks gratification and recognition, thinking that these will offer us security? Dear brother bishops, where do we find our security?
The witness of the Apostle Peter reminds us that our true refuge is trust in God. Trust in God banishes all fear and sets us free from every form of slavery and all worldly temptation. Today the Bishop of Rome and other bishops, particularly the metropolitans who have received the pallium, feel challenged by the example of Saint Peter to assess to what extent each of us puts his trust in the Lord.
Peter recovered this trust when Jesus said to him three times: "Feed my sheep" (Jn 21: 15,16,17). Peter thrice confessed his love for Jesus, thus making up for his threefold denial of Christ during the passion. Peter still regrets the disappointment which he caused the Lord on the night of his betrayal. Now that the Lord asks him: "Do you love me?", Peter does not trust himself and his own strength, but instead entrusts himself to Jesus and his mercy: "Lord, you know everything; you know that I love you" (Jn 21:17). Precisely at this moment fear, insecurity and cowardice dissipate.
Peter experienced how God’s fidelity is always greater than our acts of infidelity, stronger than our denials. He realizes that the God’s fidelity dispels our fears and exceeds every human reckoning. Today Jesus also asks us: "Do you love me?". He does so because he knows our fears and our struggles. Peter shows us the way: we need to trust in the Lord, who "knows everything" that is in us, not counting on our capacity to be faithful, but on his unshakable fidelity. Jesus never abandons us, for he cannot deny himself (cf. 2 Tim 2:13). He is faithful. The fidelity which God constantly shows to us pastors, far in excess of our merits, is the source of our confidence and our peace. The Lord’s fidelity to us keeps kindled within us the desire to serve him and to serve our sisters and brothers in charity.
The love of Jesus must suffice for Peter. He must no longer yield to the temptation to curiosity, jealousy, as when, seeing John nearby, he asks Jesus: "Lord, what about this man?" (Jn 21:21). But Jesus, before such temptations, says to him in reply: "What is it to you? Follow me" (Jn 21:22). This experience of Peter is a message for us too, dear brother archbishops. Today the Lord repeats to me, to you, and to all pastors: Follow me! Waste no time in questioning or in useless chattering; do not dwell on secondary things, but look to what is essential and follow me. Follow me without regard for the difficulties. Follow me in preaching the Gospel. Follow me by the witness of a life shaped by the grace you received in baptism and holy orders. Follow me by speaking of me to those with whom you live, day after day, in your work, your conversations and among your friends. Follow me by proclaiming the Gospel to all, especially to the least among us, so that no one will fail to hear the word of life which sets us free from every fear and enables us to trust in the faithfulness of God. Follow me!
[01082-02.01] [Original text: Italian]
Testo in lingua tedesca
Am Hochfest der heiligen Apostel Petrus und Paulus, der Hauptpatrone Roms, begrüßen wir mit Freude und Dank die Delegation unter der Leitung von Metropolit Ioannis, die der Ökumenische Patriarch, der verehrte und geliebte Bruder Bartholomaios, entsandt hat. Bitten wir den Herrn, dass auch dieser Besuch unsere brüderlichen Bande auf dem Weg zu der von uns so ersehnten vollen Gemeinschaft der beiden Schwesterkirchen stärken möge.
»Der Herr [hat] seinen Engel gesandt und mich der Hand des Herodes entrissen« (Apg 12,11). Zu Beginn des Dienstes Petri in der christlichen Gemeinde von Jerusalem herrschte noch große Furcht wegen der Verfolgungen des Herodes gegen einige Mitglieder der Kirche. Jakobus war hingerichtet worden, und nun war Petrus selbst ins Gefängnis geworfen worden, um dem Volk einen Gefallen zu tun. Während er in Ketten gefangen gehalten wird, hört er die Stimme des Engels, der zu ihm sagt: »Schnell, steh auf! … Gürte dich und zieh deine Sandalen an! … Wirf deinen Mantel um und folge mir!« (Apg 12,7-8). Die Ketten fallen, und das Gefängnistor öffnet sich von selbst. Petrus bemerkt, dass der Herr ihn »der Hand des Herodes entrissen« hat; er wird sich bewusst, dass Gott ihn von der Angst und von den Ketten befreit hat. Ja, der Herr befreit uns von aller Angst und von allen Ketten, damit wir wirklich frei sein können. Die heutige Liturgie bringt diese Wirklichkeit gut zum Ausdruck mit den Worten des Kehrverses des Antwortpsalms: »All meinen Ängsten hat mich der Herr entrissen.«
Das ist für uns das Problem – das Problem der Angst und der Suche nach Halt in der Seelsorge.
Und so frage ich mich: Haben wir, liebe Mitbrüder im Bischofsamt, Angst? Wovor haben wir Angst? Und wenn wir sie haben, welchen Halt suchen wir in unserem Leben als Hirten, um Sicherheit zu haben? Suchen wir etwa die Unterstützung derer, die in dieser Welt Macht besitzen? Oder lassen wir uns vom Stolz täuschen, der nach Befriedigung und Anerkennung strebt, und meinen wir, da sicher zu sein? Liebe Mitbrüder im Bischofsamt, worauf gründen wir unsere Sicherheit?
Das Zeugnis des Apostels Petrus erinnert uns daran, dass unsere wahre Zuflucht das Vertrauen auf Gott ist: Es vertreibt alle Angst und macht uns frei von jeder Versklavung und aller weltlichen Versuchung. Heute fühlen wir – der Bischof von Rom und die anderen Bischöfe, besonders die Metropoliten, die das Pallium empfangen haben – uns vom Beispiel des heiligen Petrus aufgerufen, unser Vertrauen auf den Herrn zu überprüfen.
Petrus gewann die Zuversicht zurück, als Jesus dreimal zu ihm sagte: »Weide meine Schafe!« (Joh 21,15.16.17). Und zugleich bekannte er, Simon, dreimal seine Liebe zu Jesus und machte so die dreifache Verleumdung während der Passion wieder gut. Petrus fühlt, wie die Wunde jener Enttäuschung, die er dem Herrn in der Nacht des Verrates bereitet hatte, noch in seinem Innern brennt. Nun, da dieser ihn fragt: »Liebst du mich?«, verlässt Petrus sich nicht auf sich selbst und auf die eigenen Kräfte, sondern auf Jesus und seine Barmherzigkeit: »Herr, du weißt alles; du weißt, dass ich dich lieb habe« (Joh 21,17). Und hier verschwindet die Angst, die Unsicherheit, der Kleinmut.
Petrus hat erfahren, dass die Treue Gottes größer ist als unsere Treulosigkeiten und stärker als unsere Verleumdungen. Er wird sich bewusst, dass die Treue des Herrn unsere Ängste vertreibt und alle menschliche Vorstellung übersteigt. Auch an uns richtet Jesus heute die Frage: »Liebst du mich?« Er tut das gerade deshalb, weil er unsere Ängste und unsere Mühen kennt. Petrus weist uns den Weg: ihm vertrauen, der über uns „alles weiß", indem wir nicht auf unsere Fähigkeit bauen, ihm treu zu sein, sondern vielmehr auf seine unverbrüchliche Treue. Jesus verlässt uns nie, denn »er kann sich selbst nicht verleugnen« (2 Tim 2,13). Er ist treu. Die Treue, die Gott auch uns Hirten über unsere Verdienste hinaus unaufhörlich beweist, ist die Quelle unserer Zuversicht und unseres Friedens. Die Treue des Herrn uns gegenüber erhält in uns immer den Wunsch lebendig, ihm und den Mitmenschen in Liebe zu dienen.
Die Liebe Jesu muss Petrus genügen. Er darf nicht der Versuchung zur Neugier, zum Neid nachgeben wie damals, als er Johannes in der Nähe sah und Jesus fragte: »Herr, was wird denn mit ihm?« (Joh 21,21). Jesus aber antwortete ihm auf diese Versuchung: »Was geht das dich an? Du aber folge mir nach!« (Joh 21,22). Diese Erfahrung des Petrus ist eine wichtige Botschaft auch an uns, liebe Erzbischöfe und Brüder. Der Herr wiederholt heute mir, euch und allen Hirten: Folge mir nach! Keine Zeit verlieren in Fragen oder nutzlosem Gerede; halte dich nicht bei Nebensächlichkeiten auf, sondern sieh auf das Wesentliche und folge mir nach. Folge mir nach trotz der Schwierigkeiten. Folge mir nach in der Verkündigung des Evangeliums. Folge mir nach mit dem Zeugnis eines Lebens, das dem Geschenk der Tauf- und der Weihegnade entspricht. Folge mir nach, indem du zu denen über mich sprichst, bei denen du lebst, Tag für Tag, in der Mühe der Arbeit, im Dialog, in der Freundschaft. Folge mir nach, indem du das Evangelium allen verkündest, vor allem den Geringsten, damit niemandem das Wort des Lebens fehlt, das allen Ängsten entreißt und Vertrauen schenkt auf die Treue Gottes. »Du aber folge mir nach!«
[01082-05.01] [Originalsprache: Italienisch]
Testo in lingua spagnola
En la solemnidad de los apóstoles san Pedro y san Pablo, patronos principales de Roma, acogemos con gozo y reconocimiento a la Delegación enviada por el Patriarca Ecuménico, el venerado y querido hermano Bartolomé, encabezada por el metropolita Ioannis. Roguemos al Señor para que también esta visita refuerce nuestros lazos de fraternidad en el camino hacia la plena comunión, que tanto deseamos, entre las dos Iglesias hermanas.
«El Señor ha enviado su ángel para librarme de las manos de Herodes» (Hch 12,11). En los comienzos del servicio de Pedro en la comunidad cristiana de Jerusalén, había aún un gran temor a causa de la persecución de Herodes contra algunos miembros de la Iglesia. Habían matado a Santiago, y ahora encarcelado a Pedro, para complacer a la gente. Mientras estaba en la cárcel y encadenado, oye la voz del ángel que le dice: «Date prisa, levántate... Ponte el cinturón y las sandalias... Envuélvete en el manto y sígueme» (Hch 12,7-8). Las cadenas cayeron y la puerta de la prisión se abrió sola. Pedro se da cuenta de que el Señor lo «ha librado de las manos de Herodes»; se da cuenta de que Dios lo ha liberado del temor y de las cadenas. Sí, el Señor nos libera de todo miedo y de todas las cadenas, de manera que podamos ser verdaderamente libres. La celebración litúrgica expresa bien esta realidad con las palabras del estribillo del Salmo responsorial: «El Señor me libró de todos mis temores».
Aquí está el problema para nosotros, el del miedo y de los refugios pastorales.
Nosotros -me pregunto-, queridos hermanos obispos, ¿tenemos miedo?, ¿de qué tenemos miedo? Y si lo tenemos, ¿qué refugios buscamos en nuestra vida pastoral para estar seguros? ¿Buscamos tal vez el apoyo de los que tienen poder en este mundo? ¿O nos dejamos engañar por el orgullo que busca gratificaciones y reconocimientos, y allí nos parece estar a salvo? ¿Queridos hermanos obispos, dónde ponemos nuestra seguridad?
El testimonio del apóstol Pedro nos recuerda que nuestro verdadero refugio es la confianza en Dios: ella disipa todo temor y nos hace libres de toda esclavitud y de toda tentación mundana. Hoy, el Obispo de Roma y los demás obispos, especialmente los Metropolitanos que han recibido el palio, nos sentimos interpelados por el ejemplo de san Pedro a verificar nuestra confianza en el Señor.
Pedro recobró su confianza cuando Jesús le dijo por tres veces: «Apacienta mis ovejas» (Jn 21,15.16.17). Y, al mismo tiempo él, Simón, confesó por tres veces su amor por Jesús, reparando así su triple negación durante la pasión. Pedro siente todavía dentro de sí el resquemor de la herida de aquella decepción causada a su Señor en la noche de la traición. Ahora que él pregunta: «¿Me amas?», Pedro no confía en sí mismo y en sus propias fuerzas, sino en Jesús y en su divina misericordia: «Señor, tú conoces todo; tú sabes que te quiero» (Jn 21,17). Y aquí desaparece el miedo, la inseguridad, la pusilanimidad.
Pedro ha experimentado que la fidelidad de Dios es más grande que nuestras infidelidades y más fuerte que nuestras negaciones. Se da cuenta de que la fidelidad del Señor aparta nuestros temores y supera toda imaginación humana. También hoy, a nosotros, Jesús nos pregunta: «¿Me amas?». Lo hace precisamente porque conoce nuestros miedos y fatigas. Pedro nos muestra el camino: fiarse de él, que «sabe todo» de nosotros, no confiando en nuestra capacidad de serle fieles a él, sino en su fidelidad inquebrantable. Jesús nunca nos abandona, porque no puede negarse a sí mismo (cf. 2 Tm 2,13). Es fiel. La fidelidad que Dios nos confirma incesantemente a nosotros, los Pastores, es la fuente de nuestra confianza y nuestra paz, más allá de nuestros méritos. La fidelidad del Señor para con nosotros mantiene encendido nuestro deseo de servirle y de servir a los hermanos en la caridad.
El amor de Jesús debe ser suficiente para Pedro. Él no debe ceder a la tentación de la curiosidad, de la envidia, como cuando, al ver a Juan cerca de allí, preguntó a Jesús: «Señor, y éste, ¿qué?» (Jn 21,21). Pero Jesús, frente a estas tentaciones, le respondió: «¿A ti qué? Tú, sígueme» (Jn 21,22). Esta experiencia de Pedro es un mensaje importante también para nosotros, queridos hermanos arzobispos. El Señor repite hoy, a mí, a ustedes y a todos los Pastores: «Sígueme». No pierdas tiempo en preguntas o chismes inútiles; no te entretengas en lo secundario, sino mira a lo esencial y sígueme. Sígueme a pesar de las dificultades. Sígueme en la predicación del Evangelio. Sígueme en el testimonio de una vida que corresponda al don de la gracia del Bautismo y la Ordenación. Sígueme en el hablar de mí a aquellos con los que vives, día tras día, en el esfuerzo del trabajo, del diálogo y de la amistad. Sígueme en el anuncio del Evangelio a todos, especialmente a los últimos, para que a nadie le falte la Palabra de vida, que libera de todo miedo y da confianza en la fidelidad de Dios. Tú, sígueme.
[01082-04.01] [Texto original: Italiano]
Testo in lingua portoghese
Na solenidade dos Apóstolos São Pedro e São Paulo, patronos principais de Roma, é com alegria e gratidão que acolhemos a Delegação enviada pelo Patriarca Ecuménico, o venerado e amado irmão Bartolomeu, guiada pelo Metropolita Ioannis. Pedimos ao Senhor que possa, também esta visita, reforçar os nossos laços fraternos no caminho rumo à plena comunhão entre as duas Igrejas irmãs, por nós tão desejada.
«O Senhor enviou o seu anjo e me arrancou das mãos de Herodes» (Act 12, 11). Nos primeiros tempos do serviço de Pedro, na comunidade cristã de Jerusalém havia grande apreensão por causa das perseguições de Herodes contra alguns membros da Igreja. Ordenou a morte de Tiago e agora, para agradar ao povo, a prisão do próprio Pedro. Estava este guardado e acorrentado na prisão, quando ouve a voz do Anjo que lhe diz: «Ergue-te depressa! (...) Põe o cinto e calça as sandálias. (...) Cobre-te com a capa e segue-me» (Act 12, 7-8). Caiem-lhe as cadeias, e a porta da prisão abre-se sozinha. Pedro dá-se conta de que o Senhor o «arrancou das mãos de Herodes»; dá-se conta de que Deus o libertou do medo e das cadeias. Sim, o Senhor liberta-nos de todo o medo e de todas as cadeias, para podermos ser verdadeiramente livres. Este facto aparece bem expresso nas palavras do refrão do Salmo Responsorial da celebração litúrgica de hoje: «O Senhor libertou-me de toda a ansiedade».
Aqui está um problema que nos toca: o problema do medo e dos refúgios pastorais.
Pergunto-me: Nós, amados Irmãos Bispos, temos medo? De que é que temos medo? E, se o temos, que refúgios procuramos, na nossa vida pastoral, para nos pormos a seguro? Procuramos porventura o apoio daqueles que têm poder neste mundo? Ou deixamo-nos enganar pelo orgulho que procura compensações e agradecimentos, parecendo-nos estar seguros com isso? Amados Irmãos Bispos, onde pomos a nossa segurança?
O testemunho do apóstolo Pedro lembra-nos que o nosso verdadeiro refúgio é a confiança em Deus: esta afasta todo o medo e torna-nos livres de toda a escravidão e de qualquer tentação mundana. Hoje nós – o Bispo de Roma e os outros Bispos, especialmente os Metropolitas que receberam o Pálio – sentimos que o exemplo de São Pedro nos desafia a verificar a nossa confiança no Senhor.
Pedro reencontrou a confiança, quando Jesus lhe disse por três vezes: «Apascenta as minhas ovelhas» (Jo 21, 15.16.17). Ao mesmo tempo ele, Simão, confessou por três vezes o seu amor a Jesus, reparando assim a tríplice negação ocorrida durante a Paixão. Pedro ainda sente queimar dentro de si a ferida da desilusão que deu ao seu Senhor na noite da traição. Agora que Ele lhe pergunta «tu amas-Me?», Pedro não se fia de si mesmo nem das próprias forças, mas entrega-se a Jesus e à sua misericórdia: «Senhor, Tu sabes tudo; Tu bem sabes que eu sou deveras teu amigo!» (Jo 21, 17). E aqui desaparece o medo, a insegurança, a covardia.
Pedro experimentou que a fidelidade de Deus é maior do que as nossas infidelidades, e mais forte do que as nossas negações. Dá-se conta de que a fidelidade do Senhor afasta os nossos medos e ultrapassa toda a imaginação humana. Hoje, Jesus faz a mesma pergunta também a nós: «Tu amas-Me?». Fá-lo precisamente porque conhece os nossos medos e as nossas fadigas. E Pedro indica-nos o caminho: fiarmo-nos d’Ele, que «sabe tudo» de nós, confiando, não na nossa capacidade de Lhe ser fiel, mas na sua inabalável fidelidade. Jesus nunca nos abandona, porque não pode negar-Se a Si mesmo (cf. 2 Tm 2, 13). È fiel. A fidelidade que Deus, sem cessar, nos confirma também a nós, Pastores, independentemente dos nossos méritos, é a fonte de nossa confiança e da nossa paz. A fidelidade do Senhor para connosco mantém sempre aceso em nós o desejo de O servir e de servir os irmãos na caridade.
E Pedro deve contentar-se com o amor de Jesus. Não deve ceder à tentação da curiosidade, da inveja, como quando perguntou a Jesus, ao ver ali perto João: «Senhor, e que vai ser deste?» (Jo 21, 21). Mas Jesus, perante estas tentações, responde-lhe: «Que tens tu com isso? Tu segue-Me!» (Jo 21, 22). Esta experiência de Pedro encerra uma mensagem importante também para nós, amados irmãos Arcebispos. Hoje, o Senhor repete a mim, a vós e a todos os Pastores: Segue-Me! Não percas tempo em questões ou conversas inúteis; não te detenhas nas coisas secundárias, mas fixa-te no essencial e segue-Me. Segue-Me, não obstante as dificuldades. Segue-me na pregação do Evangelho. Segue-Me no testemunho duma vida que corresponda ao dom de graça do Baptismo e da Ordenação. Segue-Me quando falas de Mim às pessoas com quem vives dia-a-dia, na fadiga do trabalho, do diálogo e da amizade. Segue-Me no anúncio do Evangelho a todos, especialmente aos últimos, para que a ninguém falte a Palavra de vida, que liberta de todo o medo e dá a confiança na fidelidade de Deus. Tu segue-Me"!
[01082-06.01] [Texto original: Italiano]
Testo in lingua polacca
W uroczystość świętych Apostołów Piotra i Pawła, głównych patronów Rzymu z radością i wdzięcznością witamy delegację wysłaną przez Patriarchę Ekumenicznego, czcigodnego i umiłowanego brata Bartłomieja, kierowaną przez metropolitę Jana. Módlmy się do Pana, aby ta wizyta mogła umocnić nasze braterskie więzy na drodze ku tak bardzo upragnionej pełnej jedności między dwoma Kościołami siostrzanymi.
"Pan posłał swego anioła i wyrwał mnie z ręki Heroda" (Dz 12,11). Na początku posługi Piotra w chrześcijańskiej wspólnocie Jerozolimy trwał jeszcze wielki strach z powodu prześladowania Heroda wobec niektórych członków Kościoła. Zabito Jakuba a obecnie uwięziono samego Piotra, aby zadowolić lud. Kiedy był on przetrzymywany w więzieniu i przykuty, usłyszał głos anioła, który powiedział: "Wstań szybko!... Przepasz się i włóż sandały!...Narzuć płaszcz i chodź za mną!" (Dz 12,7-8). Łańcuchy opadły, a bramy więzienia otwarły się same. Piotr zdał sobie sprawę, że Pan "wyrwał go z ręki Heroda"; zdał sobie sprawę, że Bóg uwolnił go z lęku i z okowów. Tak, Pan uwalnia nas z wszelkiego lęku i od wszelkich okowów, abyśmy mogli być naprawdę wolni. Dzisiejsza celebracja liturgiczna wyraża tę rzeczywistość słowami refrenu psalmu responsoryjnego: "Od wszelkiej trwogi Pan Bóg mnie wyzwolił".
Tutaj pojawia się nasz problem lęku i zabezpieczeń duszpasterskich.
Zastanawiam się - drodzy bracia biskupi - czy my się lękamy? Czego się lękamy? A jeśli się lękamy, to jakich schronień poszukujemy w naszym życiu duszpasterskim, żeby być bezpiecznymi? Czy może poszukujemy wsparcia tych, którzy mają władzę na tym świecie? Czy dajemy wprowadzić się w błąd przez pychę, starającą się o nagrody i uznanie, a tam wydaje się nam, że jesteśmy bezpieczni? Drodzy bracia biskupi, w czym pokładamy nasze bezpieczeństwo? Świadectwo apostoła Piotra przypomina nam, że naszym prawdziwym schronieniem jest ufność w Bogu: oddala ona wszelkie obawy i czyni nas wolnymi od wszelkiego zniewolenia i wszelkich pokus światowych. Dziś Biskup Rzymu i inni biskupi, a zwłaszcza metropolici, którzy otrzymali paliusz odczuwamy, że wyzwaniem jest dla nas przykład świętego Piotra, aby sprawdzić naszą ufność w Panu.
Piotr odzyskał ufność, kiedy Jezus trzy razy jemu powiedział: "Paś owce moje" (J 21,15.16.17). W tym samym czasie, Szymon trzykrotnie wyznał Jezusowi swą miłość, wynagradzając w ten sposób potrójne zaparcie się podczas Męki. Piotr nadal odczuwał w sobie palącą ranę tego zawodu, jaki sprawił swemu Panu w noc zdrady. Teraz, kiedy pyta On: "Czy mnie miłujesz?" Piotr nie polega na sobie samym i na własnych siłach, lecz na Jezusie i Jego miłosierdziu: "Panie Ty wszystko wiesz, Ty wiesz, że Cię kocham"(J 21,17). I tu znika strach, niepewność, tchórzostwo.
Piotr doświadczył, że wierność Boga jest większa od naszych niewierności i silniejsza niż nasze zaparcia się. Zdaje sobie sprawę, że wierność Pana oddala nasze lęki i przekracza wszelką ludzką wyobraźnię. Jezus także do nas kieruje dziś pytanie: "Czy mnie kochasz?". Czyni tak, ponieważ zna nasze lęki i nasze trudy. Piotr wskazuje nam drogę: ufać Temu, który "wszystko o nas wie", ufając nie tyle w naszą zdolność, by być wiernymi, ile w Jego niezachwianą wierność. Jezus nas nigdy nie opuszcza, ponieważ nie może się zaprzeć samego siebie (por. 2 Tm 2,13) . Jest wierny. Wierność, którą Bóg nieustannie umacnia także w nas pasterzach, wykraczając poza nasze zasługi, jest źródłem naszej ufności i naszego pokoju. Wierność Pana wobec nas rozpala w nas nieustannie pragnienie, by Jemu służyć i służyć braciom w miłości.
Miłość Jezusa musi Piotrowi wystarczyć. Nie może on ulec pokusie ciekawości, zazdrości, kiedy widząc w pobliżu Jana zapytał Jezusa: "Panie, a co z tym będzie?" (J 21, 21). Lecz Jezus, wobec tej pokusy, odpowiedział: "Co tobie do tego? Ty pójdź za Mną!"(J 21, 22). To doświadczenie Piotra stanowi także ważne przesłanie dla nas, drodzy bracia arcybiskupi. Dziś Pan powtarza mnie, wam i wszystkim pasterzom: Pójdź za Mną! Nie trać czasu na czcze pytania czy gadaninę; nie zatrzymuj się na sprawach drugorzędnych, ale spójrz na to co istotne i pójdź za Mną. Idź za mną pomimo trudności. Idź za Mną głosząc Ewangelię. Idź za Mną składając świadectwo życia odpowiadającego darowi łaski chrztu i święceń. Idź za Mną mówiąc o Mnie tym, pośród których żyjesz dzień po dniu, w trudzie pracy, dialogu i przyjaźni. Idź za Mną głosząc Ewangelię wszystkim, a zwłaszcza ostatnim, aby nikomu nie zabrakło Słowa życia, które wyzwala od wszelkiego lęku i daje ufność w wierność Boga. Ty pójdź za Mną!
[01082-09.01] [Testo originale: Italiano]
[B0478-XX.03]