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Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale 2014, 14.06.2014


Messaggio del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua cinese

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco per l’88ma Giornata Mondiale Missionaria Mondiale, che si celebra domenica 19 ottobre 2014:

Messaggio del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,

oggi c’è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo. Rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria: la Chiesa è nata "in uscita". La Giornata Missionaria Mondiale è un momento privilegiato in cui i fedeli dei vari continenti si impegnano con preghiere e gesti concreti di solidarietà a sostegno delle giovani Chiese nei territori di missione. Si tratta di una celebrazione di grazia e di gioia. Di grazia, perché lo Spirito Santo, mandato dal Padre, offre saggezza e fortezza a quanti sono docili alla sua azione. Di gioia, perché Gesù Cristo, Figlio del Padre, inviato per evangelizzare il mondo, sostiene e accompagna la nostra opera missionaria. Proprio sulla gioia di Gesù e dei discepoli missionari vorrei offrire un’icona biblica, che troviamo nel Vangelo di Luca (cfr 10,21-23).

1. L’evangelista racconta che il Signore inviò i settantadue discepoli, a due a due, nelle città e nei villaggi, ad annunciare che il Regno di Dio si era fatto vicino e preparando la gente all’incontro con Gesù. Dopo aver compiuto questa missione di annuncio, i discepoli tornarono pieni di gioia: la gioia è un tema dominante di questa prima e indimenticabile esperienza missionaria. Il Maestro divino disse loro: «Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli. In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: "Ti rendo lode, o Padre". (…) E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: "Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete"» (Lc 10,20-21.23).

Sono tre le scene presentate da Luca. Innanzitutto Gesù parlò ai discepoli, poi si rivolse al Padre, e di nuovo riprese a parlare con loro. Gesù volle rendere partecipi i discepoli della sua gioia, che era diversa e superiore a quella che essi avevano sperimentato.

2. I discepoli erano pieni di gioia, entusiasti del potere di liberare la gente dai demoni. Gesù, tuttavia, li ammonì a non rallegrarsi tanto per il potere ricevuto, quanto per l'amore ricevuto: «perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10,20). A loro infatti è stata donata l’esperienza dell’amore di Dio, e anche la possibilità di condividerlo. E questa esperienza dei discepoli è motivo di gioiosa gratitudine per il cuore di Gesù. Luca ha colto questo giubilo in una prospettiva di comunione trinitaria: «Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo» rivolgendosi al Padre e rendendo a Lui lode. Questo momento di intimo gaudio sgorga dall'amore profondo di Gesù come Figlio verso suo Padre, Signore del cielo e della terra, il quale ha nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti, e le ha rivelate ai piccoli (cfr Lc 10,21). Dio ha nascosto e rivelato, e in questa preghiera di lode risalta soprattutto il rivelare. Che cosa ha rivelato e nascosto Dio? I misteri del suo Regno, l’affermarsi della signoria divina in Gesù e la vittoria su satana.

Dio ha nascosto tutto ciò a coloro che sono troppo pieni di sé e pretendono di sapere già tutto. Sono come accecati dalla propria presunzione e non lasciano spazio a Dio. Si può facilmente pensare ad alcuni contemporanei di Gesù che egli ha ammonito più volte, ma si tratta di un pericolo che esiste sempre, e che riguarda anche noi. Invece, i "piccoli" sono gli umili, i semplici, i poveri, gli emarginati, quelli senza voce, quelli affaticati e oppressi, che Gesù ha detto "beati". Si può facilmente pensare a Maria, a Giuseppe, ai pescatori di Galilea, e ai discepoli chiamati lungo la strada, nel corso della sua predicazione.

3. «Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza» (Lc 10,21). L’espressione di Gesù va compresa con riferimento alla sua esultanza interiore, dove la benevolenza indica un piano salvifico e benevolo da parte del Padre verso gli uomini. Nel contesto di questa bontà divina Gesù ha esultato, perché il Padre ha deciso di amare gli uomini con lo stesso amore che Egli ha per il Figlio. Inoltre, Luca ci rimanda all’esultanza simile di Maria, «l’anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc 1,47). Si tratta della buona Notizia che conduce alla salvezza. Maria, portando nel suo grembo Gesù, l’Evangelizzatore per eccellenza, incontrò Elisabetta ed esultò di gioia nello Spirito Santo, cantando il Magnificat. Gesù, vedendo il buon esito della missione dei suoi discepoli e quindi la loro gioia, esultò nello Spirito Santo e si rivolse a suo Padre in preghiera. In entrambi i casi, si tratta di una gioia per la salvezza in atto, perché l’amore con cui il Padre ama il Figlio giunge fino a noi, e per l’opera dello Spirito Santo, ci avvolge, ci fa entrare nella vita trinitaria.

Il Padre è la fonte della gioia. Il Figlio ne è la manifestazione, e lo Spirito Santo l’animatore. Subito dopo aver lodato il Padre, come dice l’evangelista Matteo, Gesù ci invita: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (11,28-30). «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 1).

Di tale incontro con Gesù, la Vergine Maria ha avuto un’esperienza tutta singolare ed è diventata "causa nostrae laetitiae". I discepoli, invece, hanno ricevuto la chiamata a stare con Gesù e ad essere inviati da Lui ad evangelizzare (cfr Mc 3,14), e così sono ricolmati di gioia. Perché non entriamo anche noi in questo fiume di gioia?

4. «Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 2). Pertanto, l’umanità ha grande bisogno di attingere alla salvezza portata da Cristo. I discepoli sono coloro che si lasciano afferrare sempre più dall'amore di Gesù e marcare dal fuoco della passione per il Regno di Dio, per essere portatori della gioia del Vangelo. Tutti i discepoli del Signore sono chiamati ad alimentare la gioia dell’evangelizzazione. I vescovi, come primi responsabili dell’annuncio, hanno il compito di favorire l’unità della Chiesa locale nell’impegno missionario, tenendo conto che la gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella preoccupazione di annunciarlo nei luoghi più lontani, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio, dove vi è più gente povera in attesa.

In molte regioni scarseggiano le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Spesso questo è dovuto all’assenza nelle comunità di un fervore apostolico contagioso, per cui esse sono povere di entusiasmo e non suscitano attrattiva. La gioia del Vangelo scaturisce dall’incontro con Cristo e dalla condivisione con i poveri. Incoraggio, pertanto le comunità parrocchiali, le associazioni e i gruppi a vivere un’intensa vita fraterna, fondata sull’amore a Gesù e attenta ai bisogni dei più disagiati. Dove c’è gioia, fervore, voglia di portare Cristo agli altri, sorgono vocazioni genuine. Tra queste non vanno dimenticate le vocazioni laicali alla missione. Ormai è cresciuta la coscienza dell’identità e della missione dei fedeli laici nella Chiesa, come pure la consapevolezza che essi sono chiamati ad assumere un ruolo sempre più rilevante nella diffusione del Vangelo. Per questo è importante una loro adeguata formazione, in vista di un’efficace azione apostolica.

5. «Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7). La Giornata Missionaria Mondiale è anche un momento per ravvivare il desiderio e il dovere morale della partecipazione gioiosa alla missione ad gentes. Il personale contributo economico è il segno di un'oblazione di se stessi, prima al Signore e poi ai fratelli, perché la propria offerta materiale diventi strumento di evangelizzazione di un’umanità che si costruisce sull’amore.

Cari fratelli e sorelle, in questa Giornata Missionaria Mondiale il mio pensiero va a tutte le Chiese locali. Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione! Vi invito ad immergervi nella gioia del Vangelo, ed alimentare un amore in grado di illuminare la vostra vocazione e missione. Vi esorto a fare memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del "primo amore" con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il cuore di ciascuno, non per un sentimento di nostalgia, ma per perseverare nella gioia. Il discepolo del Signore persevera nella gioia quando sta con Lui, quando fa la sua volontà, quando condivide la fede, la speranza e la carità evangelica.

A Maria, modello di evangelizzazione umile e gioiosa, rivolgiamo la nostra preghiera, perché la Chiesa diventi una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita di un nuovo mondo.

Dal Vaticano, 8 giugno 2014, Solennità di Pentecoste

FRANCISCUS PP.

[00995-01.01] [Testo originale: Italiano]

 

Traduzione in lingua francese

Chers frères et soeurs,

Aujourd’hui encore, très nombreux sont ceux qui ne connaissent pas Jésus Christ. C’est pourquoi la mission ad gentes demeure une grande urgence, à laquelle tous les membres de l’Église sont appelés à participer, parce que l’Église est, de par sa nature même, missionnaire : l’Église est née « en sortie ». La Journée missionnaire mondiale est un moment privilégié durant lequel les fidèles des différents continents s’engagent par la prière et par des gestes concrets de solidarité à soutenir les jeunes Églises des territoires de mission. Il s’agit d’une célébration de grâce et de joie. De grâce, parce que le Saint Esprit, envoyé par le Père, offre sagesse et force à ceux qui sont dociles à son action. De joie, parce que Jésus Christ, le Fils du Père, envoyé pour évangéliser le monde, soutient et accompagne notre œuvre missionnaire. C’est justement sur la joie de Jésus et des disciples missionnaires que je voudrais offrir une icône biblique, que nous trouvons dans l’Évangile de Luc (cf. 10, 21-23).

1. L’Évangéliste raconte que le Seigneur envoya les soixante-douze disciples deux par deux, dans les villes et les villages pour annoncer que le Royaume de Dieu s’était fait proche et pour préparer les personnes à la rencontre avec Jésus. Après avoir accompli cette mission d’annonce, les disciples revinrent pleins de joie : la joie est un thème dominant de cette première et inoubliable expérience missionnaire. Le Divin Maître leur dit : « Ne vous réjouissez pas de ce que les esprits vous sont soumis ; mais réjouissez-vous de ce que vos noms se trouvent inscrits dans les cieux. A cette heure même, il tressaillit de joie sous l’action de l’Esprit Saint et il dit : "Je te bénis, Père" (…) Puis, se tournant vers ses disciples, il leur dit en particulier : "Heureux les yeux qui voient ce que vous voyez !" » (Lc 10,20-21.23).

Ce sont les trois scènes présentées par Luc. D’abord, Jésus parla aux disciples, puis il s’adressa au Père avant de recommencer à parler avec eux. Jésus voulut faire participer les disciples à sa joie, qui était différente et supérieure à celle dont ils avaient fait l’expérience.

2. Les disciples étaient pleins de joie, enthousiastes du pouvoir de libérer les personnes des démons. Toutefois, Jésus les avertit de ne pas se réjouir tant pour le pouvoir reçu que pour l’amour reçu : « parce que vos noms se trouvent inscrits dans les cieux » (Lc 10, 20). En effet, l’expérience de l’amour de Dieu leur a été donnée ainsi que la possibilité de le partager. Et cette expérience des disciples est un motif de gratitude joyeuse pour le cœur de Jésus. Luc a saisi cette jubilation dans une perspective de communion trinitaire : « Jésus tressaillit de joie sous l’action de l’Esprit Saint », s’adressant au Père et lui rendant gloire. Ce moment de joie intime jaillit de l’amour profond de Jésus en tant que Fils envers Son Père, Seigneur du ciel et de la terre qui a caché ces choses aux sages et aux intelligents mais qui les a révélées aux tout-petits (cf. Lc 10, 21). Dieu a caché et révélé et, dans cette prière de louange, ressort surtout le fait de révéler. Qu’est-ce que Dieu a révélé et caché ? Les mystères de son Royaume, l’affirmation de la seigneurie divine en Jésus et la victoire sur satan.

Dieu a caché tout cela à ceux qui sont trop pleins d’eux-mêmes et prétendent déjà tout savoir. Ils sont comme aveuglés par leur présomption et ne laissent pas de place à Dieu. Il est facile de penser à certains contemporains de Jésus qu’il a avertis à plusieurs reprises mais il s’agit d’un danger qui existe toujours et qui nous concerne nous aussi. En revanche, les "petits"  sont les humbles, les simples, les pauvres, les marginalisés, ceux qui sont sans voix, fatigués et opprimés, que Jésus a déclarés "bienheureux". Il est facile de penser à Marie, à Joseph, aux pêcheurs de Galilée et aux disciples appelés le long du chemin, au cours de sa prédication.

3. « Oui, Père, car tel a été ton bon plaisir » (Lc 10, 21). L’expression de Jésus doit être comprise en référence à son exultation intérieure, où le bon plaisir indique un plan salvifique et bienveillant de la part du Père envers les hommes. Dans le contexte de cette bonté divine, Jésus a exulté parce que le Père a décidé d’aimer les hommes avec le même amour qu’Il a pour le Fils. En outre, Luc nous renvoie à l’exultation similaire de Marie : « mon âme exalte le Seigneur, et mon esprit tressaille de joie en Dieu mon Sauveur » (Lc 1, 47). Il s’agit de la Bonne Nouvelle qui conduit au salut. Marie, en portant en son sein Jésus, l’Évangélisateur par excellence, rencontra Elisabeth et exulta de joie dans l’Esprit Saint, en chantant le Magnificat. Jésus, en voyant la réussite de la mission de ses disciples et, ensuite, leur joie, exulta dans l’Esprit Saint et s’adressa à son Père en priant. Dans les deux cas, il s’agit d’une joie pour le salut en acte, parce que l’amour avec lequel le Père aime le Fils arrive jusqu’à nous et, par l’action de l’Esprit Saint, nous enveloppe, nous fait entrer dans la vie trinitaire.

Le Père est la source de la joie. Le Fils en est la manifestation et l’Esprit Saint l’animateur. Immédiatement après avoir loué le Père, comme le dit l’Évangéliste Matthieu, Jésus nous invite : « Venez à moi, vous tous qui peinez et ployez sous le fardeau, et moi je vous soulagerai. Chargez-vous de mon joug et mettez-vous à mon école, car je suis doux et humble de cœur, et vous trouverez soulagement pour vos âmes. Oui, mon joug est aisé et mon fardeau léger » (11, 28-30). « La joie de l’Évangile remplit le cœur et toute la vie de ceux qui rencontrent Jésus. Ceux qui se laissent sauver par lui sont libérés du péché, de la tristesse, du vide intérieur, de l’isolement. Avec Jésus Christ la joie naît et renaît toujours » (Exhort. ap. Evangelii gaudium, n.1).

De cette rencontre avec Jésus, la Vierge Marie a eu une expérience toute particulière et elle est devenue « causa nostrae laetitiae ». Les disciples par contre ont reçu l’appel à demeurer avec Jésus et à être envoyés par lui pour évangéliser (cf. Mc 3, 14) et ils sont ainsi comblés de joie. Pourquoi n’entrons-nous pas nous aussi dans ce fleuve de joie ?

4. « Le grand risque du monde d’aujourd’hui, avec son offre de consommation multiple et écrasante, est une tristesse individualiste qui vient du cœur bien installé et avare, de la recherche malade de plaisirs superficiels, de la conscience isolée » (Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 2). C’est pourquoi l’humanité a un grand besoin de puiser au salut apporté par le Christ. Les disciples sont ceux qui se laissent saisir toujours plus par l’amour de Jésus et marquer au feu de la passion pour le Royaume de Dieu, afin d’être porteurs de la joie de l’Évangile. Tous les disciples du Seigneur sont appelés à alimenter la joie de l’Évangélisation. Les Évêques, en tant que premiers responsables de l’annonce, ont le devoir de favoriser l’unité de l’Église locale dans l’engagement missionnaire, en tenant compte du fait que la joie de communiquer Jésus Christ s’exprime autant dans la préoccupation de l’annoncer dans les lieux les plus lointains que dans une constante sortie en direction des périphéries de leur propre territoire, où se trouve le plus grand nombre de personnes pauvres dans l’attente.

Dans de nombreuses régions, les vocations au sacerdoce et à la vie consacrée commencent à manquer. Souvent, cela est dû à l’absence d’une ferveur apostolique contagieuse au sein des communautés, absence qui les rend pauvres en enthousiasme et fait qu’elles ne sont pas attirantes. La joie de l’Évangile provient de la rencontre avec le Christ et du partage avec les pauvres. J’encourage donc les communautés paroissiales, les associations et les groupes à vivre une vie fraternelle intense, fondée sur l’amour de Jésus et attentive aux besoins des plus défavorisés. Là où il y a la joie, la ferveur, le désir de porter le Christ aux autres, jaillissent d’authentiques vocations. Parmi celles-ci, les vocations laïques à la mission ne doivent pas être oubliées. Désormais, la conscience de l’identité et de la mission des fidèles laïcs dans l’Eglise s’est accrue, tout comme la conscience qu’ils sont appelés à jouer un rôle toujours plus important dans la diffusion de l’Évangile. C’est pourquoi il est important qu’ils soient formés de manière adéquate, en vue d’une action apostolique efficace.

5. « Dieu aime celui qui donne avec joie » (2 Co 9, 7). La Journée missionnaire mondiale est également un moment pour raviver le désir et le devoir moral de participer joyeusement à la mission ad gentes. La contribution économique personnelle est le signe d’une oblation de soi-même, d’abord au Seigneur puis à nos frères, afin que l’offrande matérielle devienne un instrument d’évangélisation d’une humanité qui se construit sur l’amour.

Chers frères et sœurs, en cette Journée missionnaire mondiale, ma pensée se tourne vers toutes les Églises locales. Ne nous laissons pas voler la joie de l’évangélisation ! Je vous invite à vous immerger dans la joie de l’Évangile et à alimenter un amour capable d’illuminer votre vocation et votre mission. Je vous exhorte à faire mémoire, comme dans un pèlerinage intérieur, du « premier amour » avec lequel le Seigneur Jésus Christ a réchauffé le cœur de chacun, non pas pour en concevoir un sentiment de nostalgie mais pour persévérer dans la joie. Le disciple du Seigneur persévère dans la joie lorsqu’il demeure avec lui, lorsqu’il fait sa volonté, lorsqu’il partage la foi, l’espérance et la charité évangélique.

À Marie, modèle d’évangélisation humble et joyeuse, adressons notre prière, afin que l’Église devienne une maison pour beaucoup, une mère pour tous les peuples et qu’elle rende possible la naissance d’un monde nouveau.

Du Vatican, le 8 juin 2014, Solennité de la Pentecôte.

FRANCISCUS PP.

[00995-03.01] [Texte original: Italien]

 

Traduzione in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

Today vast numbers of people still do not know Jesus Christ. For this reason, the mission ad gentes continues to be most urgent. All the members of the Church are called to participate in this mission, for the Church is missionary by her very nature: she was born "to go forth". World Mission Day is a privileged moment when the faithful of various continents engage in prayer and concrete gestures of solidarity in support of the young Churches in mission lands. It is a celebration of grace and joy. A celebration of grace, because the Holy Spirit, sent by the Father, offers wisdom and strength to those who are obedient to his action. A celebration of joy, because Jesus Christ, the Father’s Son, sent to evangelize the world, supports and accompanies our missionary efforts. This joy of Jesus and missionary disciples leads me to propose a biblical icon, which we find in the Gospel of Luke (cf. 10:21-23) .

1. The Evangelist tells us that the Lord sent the seventy-two disciples two by two into cities and villages to proclaim that the Kingdom of God was near, and to prepare people to meet Jesus. After carrying out this mission of preaching, the disciples returned full of joy: joy is a dominant theme of this first and unforgettable missionary experience. Yet the divine Master told them: "Do not rejoice because the demons are subject to you; but rejoice because your names are written in heaven. At that very moment Jesus rejoiced in the Holy Spirit and said: ‘I give you praise, Father...’ And, turning to the disciples in private he said, ‘Blessed are the eyes that see what you see’" (Lk 10:20-21, 23).

Luke presents three scenes. Jesus speaks first to his disciples, then to the Father, and then again to the disciples. Jesus wanted to let the disciples share his joy, different and greater than anything they had previously experienced.

2. The disciples were filled with joy, excited about their power to set people free from demons. But Jesus cautioned them to rejoice not so much for the power they had received, but for the love they had received, "because your names are written in heaven" (Lk 10:20). The disciples were given an experience of God’s love, but also the possibility of sharing that love. And this experience is a cause for gratitude and joy in the heart of Jesus. Luke saw this jubilation in a perspective of the trinitarian communion: "Jesus rejoiced in the Holy Spirit", turning to the Father and praising him. This moment of deep joy springs from Jesus’ immense filial love for his Father, Lord of heaven and earth, who hid these things from the wise and learned, and revealed them to the childlike (cf. Lk 10:21). God has both hidden and revealed, and in this prayer of praise it is his revealing which stands out. What is it that God has revealed and hidden? The mysteries of his Kingdom, the manifestation of divine lordship in Jesus and the victory over Satan.

God has hidden this from those who are all too full of themselves and who claim to know everything already. They are blinded by their presumptuousness and they leave no room for God. One can easily think of some of Jesus’ contemporaries whom he repeatedly admonished, but the danger is one that always exists and concerns us too. The "little ones", for their part, are the humble, the simple, the poor, the marginalized, those without voice, those weary and burdened, whom Jesus pronounced "blessed". We readily think of Mary, Joseph, the fishermen of Galilee and the disciples whom Jesus called as he went preaching.

3. "Yes, Father, for such has been your gracious will" (Lk 10:21). These words of Jesus must be understood as referring to his inner exultation. The word "gracious" describes the Father’s saving and benevolent plan for humanity. It was this divine graciousness that made Jesus rejoice, for the Father willed to love people with the same love that he has for his Son. Luke also alludes to the similar exultation of Mary: "My soul proclaims the greatness of the Lord, and my spirit exults in God my Savior" (Lk 1:47). This is the Good News that leads to salvation. Mary, bearing in her womb Jesus, the evangelizer par excellence, met Elizabeth and rejoiced in the Holy Spirit as she sang her Magnificat. Jesus, seeing the success of his disciples’ mission and their resulting joy, rejoiced in the Holy Spirit and addressed his Father in prayer. In both cases, it is joy for the working of salvation, for the love with which the Father loves his Son comes down to us, and through the Holy Spirit fills us and grants us a share in the trinitarian life.

The Father is the source of joy. The Son is its manifestation, and the Holy Spirit its giver. Immediately after praising the Father, so the evangelist Matthew tells us, Jesus says: "Come to me, all you who labour and are burdened, and I will give you rest. Take my yoke upon you and learn from me, for I am meek and humble of heart, and you will find rest for yourselves. For my yoke is easy and my burden light" (Mt 11:28-30). "The joy of the Gospel fills the hearts and lives of all who encounter Jesus. Those who accept his offer of salvation are set free from sin, sorrow, inner emptiness and loneliness. With Christ joy is constantly born anew" (Evangelii Gaudium, 1).

The Virgin Mary had a unique experience of this encounter with Jesus, and thus became "causa nostrae laetitiae". The disciples, for their part, received the call to follow Jesus and to be sent by him to preach the Gospel (cf. Mk 3:14), and so they were filled with joy. Why shouldn’t we too enter this flood of joy?

4. "The great danger in today’s world, pervaded as it is by consumerism, is the desolation and anguish born of a complacent yet covetous heart, the feverish pursuit of frivolous pleasures, and a blunted conscience" (Evangelii Gaudium, 2). Humanity greatly needs to lay hold of the salvation brought by Christ. His disciples are those who allow themselves to be seized ever more by the love of Jesus and marked by the fire of passion for the Kingdom of God and the proclamation of the joy of the Gospel. All the Lord’s disciples are called to nurture the joy of evangelization. The Bishops, as those primarily responsible for this proclamation, have the task of promoting the unity of the local Church in her missionary commitment. They are called to acknowledge that the joy of communicating Jesus Christ is expressed in a concern to proclaim him in the most distant places, as well as in a constant outreach to the peripheries of their own territory, where great numbers of the poor are waiting for this message.

Many parts of the world are experiencing a dearth of vocations to the priesthood and the consecrated life. Often this is due to the absence of contagious apostolic fervour in communities which lack enthusiasm and thus fail to attract. The joy of the Gospel is born of the encounter with Christ and from sharing with the poor. For this reason I encourage parish communities, associations and groups to live an intense fraternal life, grounded in love for Jesus and concern for the needs of the most disadvantaged. Wherever there is joy, enthusiasm and a desire to bring Christ to others, genuine vocations arise. Among these vocations, we should not overlook lay vocations to mission. There has been a growing awareness of the identity and mission of the lay faithful in the Church, as well as a recognition that they are called to take an increasingly important role in the spread of the Gospel. Consequently they need to be given a suitable training for the sake of an effective apostolic activity.

5. "God loves a cheerful giver" (2 Cor 9:7). World Mission Day is also an occasion to rekindle the desire and the moral obligation to take joyful part in the mission ad gentes. A monetary contribution on the part of individuals is the sign of a self-offering, first to the Lord and then to others; in this way a material offering can become a means for the evangelization of humanity built on love.

Dear brothers and sisters, on this World Mission Day my thoughts turn to all the local Churches. Let us not be robbed of the joy of evangelization! I invite you to immerse yourself in the joy of the Gospel and nurture a love that can light up your vocation and your mission. I urge each of you to recall, as if you were making an interior pilgrimage, that "first love" with which the Lord Jesus Christ warmed your heart, not for the sake of nostalgia but in order to persevere in joy. The Lord’s disciples persevere in joy when they sense his presence, do his will and share with others their faith, hope and evangelical charity.

Let us pray through the intercession of Mary, the model of humble and joyful evangelization, that the Church may become a welcoming home, a mother for all peoples and the source of rebirth for our world.

From the Vatican, 8 June 2014, the Solemnity of Pentecost

FRANCISCUS PP.

[00995-02.01] [Original text: Italian]

 

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern,

auch heute gibt es noch viele Menschen, die Jesus Christus nicht kennen. Deshalb bleibt die Mission ad gentes von großer Dringlichkeit. Alle Mitglieder der Kirche sind berufen, dazu beizutragen, da die Kirche ihrem Wesen nach missionarisch ist: die Kirche ist „im Aufbruch" geboren. Der Weltmissionssonntag bietet den Gläubigen auf den verschiedenen Kontinenten eine besondere Gelegenheit, durch das Gebet und konkrete Gesten der Solidarität junge Kirchen in den Missionsländern zu unterstützen. An diesem Tag stehen Gnade und Freude im Mittelpunkt der Feiern. Gnade, weil der Heilige Geist, den der Vater gesandt hat, allen, die sich seinem Wirken fügen, Weisheit und Kraft schenkt. Freude, weil Jesus Christus, der Sohn des Vaters, der gesandt wurde, um die Welt zu evangelisieren, unsere missionarischen Werke unterstützt und begleitet. Im Hinblick auf die Freude Jesu und der Jünger, die als Missionare ausgesandt werden, möchte ich eine biblische Episode heranziehen, die wir im Lukasevangelium finden (vgl. 10,21-23).

1. Der Evangelist berichtet, dass der Herr die zweiundsiebzig Jünger zu zweit in die Städte und Ortschaften entsandte, um das Herannahen des Reiches Gottes zu verkünden und die Menschen auf die Begegnung mit Jesus vorzubereiten. Nachdem sie diesen Verkündigungsauftrag erfüllt hatten, kehrten die Jünger voll Freude zurück: Die Freude ist ein dominantes Thema dieser unvergesslichen ersten Missionserfahrung. Der göttliche Meister sagte zu ihnen: » „Freut euch nicht darüber, dass euch die Geister gehorchen, sondern freut euch darüber, dass eure Namen im Himmel verzeichnet sind". In dieser Stunde rief Jesus, vom Heiligen Geist erfüllt, voll Freude aus: „Ich preise dich, Vater". […] Und den Jüngern zugewandt sagte er zu ihnen allein: „Selig sind die, deren Augen sehen, was ihr seht" « (Lk 10,20-21.23).

Dabei hat Lukas drei Szenen gezeigt. Zuerst sprach Jesus zu den Jüngern. Dann wandte er sich an den Vater, und danach sprach er erneut zu ihnen. Jesus wollte seine Freude mit den Jüngern teilen, eine Freude, die anders war und jene übertraf, die sie selbst verspürt hatten.

2. Die Jünger waren voll Freude, begeistert von der Vollmacht, die Menschen von den Dämonen zu befreien. Doch Jesus warnte sie davor, sich nicht so sehr über die empfangene Vollmacht zu freuen, als vielmehr über die Liebe, die sie empfangen hatten: «Freut euch darüber, dass eure Namen im Himmel verzeichnet sind" (Lk 10,20). In der Tat war ihnen die Erfahrung der Liebe Gottes geschenkt worden und auch die Möglichkeit, diese weiterzugeben. Und diese Erfahrung der Jünger ist für Jesus Anlass zu freudiger Dankbarkeit im Herzen. Lukas hat diesen Jubel in der Sicht der trinitarischen Gemeinschaft erfasst: Jesus jubelte, „vom Heiligen Geist erfüllt, voll Freude" und wandte sich an den Vater, um ihn zu preisen. Dieser Moment inniger Freude entsprang der tiefen Liebe Jesu als Sohn zu seinem Vater, dem Herrn des Himmels und der Erde, der all das den Weisen und Klugen verborgen, den Unmündigen aber offenbart hat. (vgl. Lk 10,21). Gott hat verborgen und offenbart, und in diesem Lobgebet tritt vor allem das Offenbaren hervor. Was hat Gott offenbart und verborgen? Die Geheimnisse seines Reiches, die Errichtung der göttlichen Herrschaft in Jesus und den Sieg über den Satan.

Gott hat dies alles jenen verborgen, die zu sehr von sich selbst eingenommen sind und meinen, schon alles zu wissen. Sie sind von der eigenen Vermessenheit gleichsam geblendet und lassen Gott keinen Raum. Man mag leicht an einige Zeitgenossen Jesu denken, die er immer wieder ermahnt hat; doch diese Gefahr besteht zu jeder Zeit, und sie betrifft auch uns. Die „Unmündigen" sind hingegen die Demütigen, die Einfachen, die Armen, die Ausgegrenzten, die, die keine Stimme haben, erschöpft und unterdrückt sind – diese bezeichnet Jesus als „Selige". Man mag leicht an Maria, an Josef, an die Fischer von Galiläa und an die Jünger denken, die Jesus auf seinem Weg während seiner Predigttätigkeit berufen hat.

3. „Ja Vater, so hat es dir gefallen" (Lk 10,21). Diesen Ausruf Jesu versteht man in Bezug zu seiner inneren Freude, wo das Gefallen auf einen wohlwollenden Heilsplan des Vaters für die Menschen hinweist. Vor dem Hintergrund dieser göttlichen Güte hat Jesus frohlockt, denn der Vater hat beschlossen, die Menschen so zu lieben, wie Er seinen Sohn geliebt hat. Lukas berichtet auch von einer ähnlichen Freude bei Maria, „Meine Seele preist die Größe des Herrn, und mein Geist jubelt über Gott, meinen Retter" (Lk 1,46-47). Hier geht es um die Frohe Botschaft, die zur Erlösung führt. Maria trug Jesus in ihrem Schoß, den Evangelisierer schlechthin; sie besuchte Elisabeth, wo sie vom Heiligen Geist erfüllt vor Freude jubelte und das Magnifikat sang. Als Jesus sah, dass die Jünger ihren Auftrag erfolgreich erfüllt hatten und daher voll Freude waren, frohlockte auch er im Heiligen Geist und wandte sich im Gebet an den Vater. In beiden Fällen geht es um die Freude über die stattfindende Erlösung, da die Liebe, mit der der Vater seinen Sohn liebt, bis zu uns gelangt und durch das Wirken des Heiligen Geistes uns umhüllt und in das Leben der Dreifaltigkeit eintreten lässt.

Der Vater ist der Quell der Freude. Der Sohn ist deren Offenbarung und der Heilige Geist beseelt uns mit ihr. Gleich nach dem Lobpreis des Vaters lädt uns Jesus ein, wie der Evangelist Matthäus sagt: „Kommt alle zu mir, die ihr euch plagt und schwere Lasten zu tragen habt. Ich werde euch Ruhe verschaffen. Nehmt mein Joch auf euch und lernt von mir, denn ich bin gütig und von Herzen demütig; so werdet ihr Ruhe finden für eure Seele. Denn mein Joch drückt nicht und meine Last ist leicht" (11,28-30). „Die Freude des Evangeliums erfüllt das Herz und das gesamte Leben derer, die Jesus begegnen. Diejenigen, die sich von ihm retten lassen, sind befreit von der Sünde, von der Traurigkeit, von der inneren Leere und von der Vereinsamung. Mit Jesus Christus kommt immer – und immer wieder – die Freude" (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 1).

Diese Begegnung mit Christus hat die Jungrau Maria auf einzigartige Weise erfahren und wurde damit „causa nostrae laetitiae" [Ursache unserer Freude]. Die Jünger hingegen wurden berufen, bei Jesus zu sein und von ihm ausgesandt zu werden, damit sie predigten (vgl. Mk 3,14), und so wurden sie mit Freude erfüllt. Weshalb lassen nicht auch wir uns von diesem Strom der Freude mitreißen?

4. „Die große Gefahr der Welt von heute mit ihrem vielfältigen und erdrückenden Konsumangebot ist eine individualistische Traurigkeit, die aus einem bequemen, begehrlichen Herzen hervorgeht, aus der krankhaften Suche nach oberflächlichen Vergnügungen, aus einer abgeschotteten Geisteshaltung" (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 2). Aus diesem Grund hat die Menschheit großen Bedarf, aus der Erlösung durch Christus zu schöpfen. Die Jünger sind diejenigen, die sich von der Liebe Jesu immer mehr ergreifen und vom Feuer der Leidenschaft für das Reich Gottes prägen lassen, damit sie zu Boten der Freude des Evangeliums werden. Alle Jünger des Herrn sind berufen, die Freude an der Evangelisierung zu vermehren. Die Bischöfe haben als Erstverantwortliche der Verkündigung die Aufgabe, die Einheit ihrer Ortskirche beim Engagement für die Mission zu stärken. Dabei sollen sie berücksichtigen, dass die Freude, Jesus Christus bekannt zu machen, zum einen durch die Sorge um die Verkündigung an den entferntesten Orten, aber auch durch ein beständiges Hinausgehen zu den Peripherien des eigenen Territoriums zum Ausdruck kommt, wo besonders viele arme Menschen warten.

In vielen Regionen mangelt es an Berufungen zum Priesteramt und zum geweihten Leben. Oft ist dies darauf zurückzuführen, dass es den Gemeinden an einem ansteckenden apostolischen Eifer fehlt, daher wenig Begeisterung aufkommt und sie nicht attraktiv erscheinen. Die Freude des Evangeliums rührt aus der Begegnung mit Christus her und aus dem Teilen mit den Armen. Deshalb ermutige ich alle Pfarrgemeinden, Vereine und Gruppen zu einem intensiven brüderlichen Leben, das auf der Liebe zu Jesus gründet und auf die Bedürfnisse der am meisten Notleidenden Rücksicht nimmt. Wo die Freude, der Eifer und der Wunsch bestehen, Christus zu den anderen zu bringen, wachsen auch echte Berufungen. Unter diesen darf die Berufung der Laien zur Mission nicht unerwähnt bleiben. Mittlerweile ist das Bewusstsein von der Identität und der Sendung der gläubigen Laien in der Kirche gewachsen, wie auch das Wissen darum, dass sie berufen sind, eine zunehmend wichtige Rolle bei der Verbreitung des Evangeliums zu übernehmen. Aus diesem Grund ist eine angemessene Ausbildung im Hinblick auf ein wirkkräftiges apostolisches Handeln von Bedeutung.

5. «Gott liebt einen fröhlichen Geber» (2 Kor 9,7). Der Weltmissionssonntag ist auch ein Tag, an dem wir den Wunsch und die moralische Pflicht zur freudigen Teilnahme an der Mission ad gentes neu aufleben lassen. Die persönliche Spende ist ein Zeichen unseres eigenen Opfers, zuerst für den Herrn und auch für die Mitmenschen, denn der eigene materielle Beitrag soll Werkzeug der Evangelisierung für eine Menschheit sein, die auf Liebe gründet.

Liebe Brüder und Schwestern, an diesem Weltmissionssonntag gehen meine Gedanken zu allen Ortskirchen. Wir dürfen uns die Freude an der Evangelisierung nicht nehmen lassen! Ich lade euch ein, in die Freude des Evangeliums einzutauchen und eine Liebe zu hegen, die in der Lage ist, eure missionarische Berufung zu erleuchten. Ich rufe euch auf, wie auf einer inneren Pilgerreise, zu jener „ersten Liebe" zurückzukehren, mit der der Herr Jesus Christus, das Herz jedes Einzelnen erwärmt hat, nicht im Sinne eines nostalgischen Gefühls, sondern um an der Freude festzuhalten. Der Jünger des Herrn hält an der Freude fest, wenn er bei ihm ist, wenn er seinen Willen tut, wenn er den Glauben, die Hoffnung und die Liebe des Evangeliums weitergibt.

An Maria, Vorbild der demütigen und freudigen Evangelisierung, wenden wir uns im Gebet, damit die Kirche zum Haus vieler wird, zur Mutter aller Völker und das Entstehen einer neuen Welt möglich macht.

Aus dem Vatikan, am 8. Juni 2014, dem Hochfest von Pfingsten.

FRANCISCUS PP.

[00995-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Hoy en día todavía hay mucha gente que no conoce a Jesucristo. Por eso es tan urgente la misión ad gentes, en la que todos los miembros de la iglesia están llamados a participar, ya que la iglesia es misionera por naturaleza: la iglesia ha nacido "en salida". La Jornada Mundial de las Misiones es un momento privilegiado en el que los fieles de los diferentes continentes se comprometen con oraciones y gestos concretos de solidaridad para ayudar a las iglesias jóvenes en los territorios de misión. Se trata de una celebración de gracia y de alegría. De gracia, porque el Espíritu Santo, mandado por el Padre, ofrece sabiduría y fortaleza a aquellos que son dóciles a su acción. De alegría, porque Jesucristo, Hijo del Padre, enviado para evangelizar al mundo, sostiene y acompaña nuestra obra misionera. Precisamente sobre la alegría de Jesús y de los discípulos misioneros quisiera ofrecer una imagen bíblica, que encontramos en el Evangelio de Lucas (cf.10,21-23).

1. El evangelista cuenta que el Señor envió a los setenta discípulos, de dos en dos, a las ciudades y pueblos, a proclamar que el Reino de Dios había llegado, y a preparar a los hombres al encuentro con Jesús. Después de cumplir con esta misión de anuncio, los discípulos volvieron llenos de alegría: la alegría es un tema dominante de esta primera e inolvidable experiencia misionera. El Maestro Divino les dijo: «No estéis alegres porque se os someten los espíritus; estad alegres porque vuestros nombres están inscritos en el cielo. En aquella hora, Jesús se llenó de alegría en el Espíritu Santo y dijo: "Te doy gracias, Padre, Señor del cielo y de la tierra..." (…) Y volviéndose a sus discípulos, les dijo aparte: "¡Bienaventurados los ojos que ven lo que vosotros veis!"» (Lc 10,20-21.23).

Son tres las escenas que presenta san Lucas. Primero, Jesús habla a sus discípulos, y luego se vuelve hacia el Padre, y de nuevo comienza a hablar con ellos. De esta forma Jesús quiere hacer partícipes de su alegría a los discípulos, que es diferente y superior a la que ellos habían experimentado.

2. Los discípulos estaban llenos de alegría, entusiasmados con el poder de liberar de los demonios a las personas. Sin embargo, Jesús les advierte que no se alegren por el poder que se les ha dado, sino por el amor recibido: «porque vuestros nombres están inscritos en el cielo» (Lc 10,20). A ellos se le ha concedido experimentar el amor de Dios, e incluso la posibilidad de compartirlo. Y esta experiencia de los discípulos es motivo de gozosa gratitud para el corazón de Jesús. Lucas entiende este júbilo en una perspectiva de comunión trinitaria: «Jesús se llenó de alegría en el Espíritu Santo», dirigiéndose al Padre y glorificándolo. Este momento de profunda alegría brota del amor profundo de Jesús en cuanto Hijo hacia su Padre, Señor del cielo y de la tierra, el cual ha ocultado estas cosas a sabios e inteligentes, y se las ha revelado a los pequeños (cf. Lc 10,21). Dios ha escondido y ha revelado, y en esta oración de alabanza se destaca sobre todo el revelar. ¿Qué es lo que Dios ha revelado y ocultado? Los misterios de su Reino, el afirmarse del señorío divino en Jesús y la victoria sobre Satanás.

Dios ha escondido todo a aquellos que están demasiado llenos de sí mismos y pretenden saberlo ya todo. Están cegados por su propia presunción y no dejan espacio a Dios. Uno puede pensar fácilmente en algunos de los contemporáneos de Jesús, que Él mismo amonestó en varias ocasiones, pero se trata de un peligro que siempre ha existido, y que nos afecta también a nosotros. En cambio, los "pequeños" son los humildes, los sencillos, los pobres, los marginados, los sin voz, los que están cansados y oprimidos, a los que Jesús ha llamado "benditos". Se puede pensar fácilmente en María, en José, en los pescadores de Galilea, y en los discípulos llamados a lo largo del camino, en el curso de su predicación.

3. «Sí, Padre, porque así te ha parecido bien» (Lc 10,21). Las palabras de Jesús deben entenderse con referencia a su júbilo interior, donde la benevolencia indica un plan salvífico y benevolente del Padre hacia los hombres. En el contexto de esta bondad divina Jesús se regocija, porque el Padre ha decidido amar a los hombres con el mismo amor que Él tiene para el Hijo. Además, Lucas nos recuerda el júbilo similar de María: «Mi alma glorifica al Señor, y mi espíritu se alegra en Dios mi Salvador » (Lc 1,47). Se trata de la Buena Noticia que conduce a la salvación. María, llevando en su vientre a Jesús, el Evangelizador por excelencia, encuentra a Isabel y cantando el Magnificat exulta de gozo en el Espíritu Santo. Jesús, al ver el éxito de la misión de sus discípulos y por tanto su alegría, se regocija en el Espíritu Santo y se dirige a su Padre en oración. En ambos casos, se trata de una alegría por la salvación que se realiza, porque el amor con el que el Padre ama al Hijo llega hasta nosotros, y por obra del Espíritu Santo, nos envuelve, nos hace entrar en la vida de la Trinidad.

El Padre es la fuente de la alegría. El Hijo es su manifestación, y el Espíritu Santo, el animador. Inmediatamente después de alabar al Padre, como dice el evangelista Mateo, Jesús nos invita: «Venid a mí todos los que estáis cansados y agobiados, y yo os aliviaré. Tomad mi yugo y aprended de mí, que soy manso y humilde de corazón, y encontraréis descanso. Porque mi yugo es suave y mi carga ligera» (11,28-30). «La alegría del Evangelio llena el corazón y la vida entera de los que se encuentran con Jesús. Quienes se dejan salvar por Él son liberados del pecado, de la tristeza, del vacío interior, del aislamiento. Con Jesucristo siempre nace y renace la alegría» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 1).

De este encuentro con Jesús, la Virgen María ha tenido una experiencia singular y se ha convertido en "causa nostrae laetitiae". Y los discípulos a su vez han recibido la llamada a estar con Jesús y a ser enviados por Él para predicar el Evangelio (cf. Mc 3,14), y así se ven colmados de alegría. ¿Por qué no entramos también nosotros en este torrente de alegría?

4. «El gran riesgo del mundo actual, con su múltiple y abrumadora oferta de consumo, es una tristeza individualista que brota del corazón cómodo y avaro, de la búsqueda enfermiza de placeres superficiales, de la conciencia aislada» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 2). Por lo tanto, la humanidad tiene una gran necesidad de aprovechar la salvación que nos ha traído Cristo. Los discípulos son los que se dejan aferrar cada vez más por el amor de Jesús y marcar por el fuego de la pasión por el Reino de Dios, para ser portadores de la alegría del Evangelio. Todos los discípulos del Señor están llamados a cultivar la alegría de la evangelización. Los obispos, como principales responsables del anuncio, tienen la tarea de promover la unidad de la Iglesia local en el compromiso misionero, teniendo en cuenta que la alegría de comunicar a Jesucristo se expresa tanto en la preocupación de anunciarlo en los lugares más distantes, como en una salida constante hacia las periferias del propio territorio, donde hay más personas pobres que esperan.

En muchas regiones escasean las vocaciones al sacerdocio y a la vida consagrada. A menudo esto se debe a que en las comunidades no hay un fervor apostólico contagioso, por lo que les falta entusiasmo y no despiertan ningún atractivo. La alegría del Evangelio nace del encuentro con Cristo y del compartir con los pobres. Por tanto, animo a las comunidades parroquiales, asociaciones y grupos a vivir una vida fraterna intensa, basada en el amor a Jesús y atenta a las necesidades de los más desfavorecidos. Donde hay alegría, fervor, deseo de llevar a Cristo a los demás, surgen las verdaderas vocaciones. Entre éstas no deben olvidarse las vocaciones laicales a la misión. Hace tiempo que se ha tomado conciencia de la identidad y de la misión de los fieles laicos en la Iglesia, así como del papel cada vez más importante que ellos están llamados a desempeñar en la difusión del Evangelio. Por esta razón, es importante proporcionarles la formación adecuada, con vistas a una acción apostólica eficaz.

5. «Dios ama al que da con alegría» (2 Co 9,7). La Jornada Mundial de las Misiones es también un momento para reavivar el deseo y el deber moral de la participación gozosa en la misión ad gentes. La contribución económica personal es el signo de una oblación de sí mismos, en primer lugar al Señor y luego a los hermanos, porque la propia ofrenda material se convierte en un instrumento de evangelización de la humanidad que se construye sobre el amor.

Queridos hermanos y hermanas, en esta Jornada Mundial de las Misiones mi pensamiento se dirige a todas las Iglesias locales. ¡No dejemos que nos roben la alegría de la evangelización! Os invito a sumergiros en la alegría del Evangelio y a nutrir un amor que ilumine vuestra vocación y misión. Os exhorto a recordar, como en una peregrinación interior, el "primer amor" con el que el Señor Jesucristo ha encendido los corazones de cada uno, no por un sentimiento de nostalgia, sino para perseverar en la alegría. El discípulo del Señor persevera con alegría cuando está con Él, cuando hace su voluntad, cuando comparte la fe, la esperanza y la caridad evangélica.

Dirigimos nuestra oración a María, modelo de evangelización humilde y alegre, para que la Iglesia sea el hogar de muchos, una madre para todos los pueblos y haga posible el nacimiento de un nuevo mundo.

Vaticano, 8 de junio de 2014, Solemnidad de Pentecostés

FRANCISCUS PP.

[00995-04.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs

Ainda hoje há tanta gente que não conhece Jesus Cristo. Por isso, continua a revestir-se de grande urgência a missão ad gentes, na qual são chamados a participar todos os membros da Igreja, pois esta é, por sua natureza, missionária: a Igreja nasceu «em saída». O Dia Mundial das Missões é um momento privilegiado para os fiéis dos vários Continentes se empenharem, com a oração e gestos concretos de solidariedade, no apoio às Igrejas jovens dos territórios de missão. Trata-se de uma ocorrência permeada de graça e alegria: de graça, porque o Espírito Santo, enviado pelo Pai, dá sabedoria e fortaleza a quantos são dóceis à sua acção; de alegria, porque Jesus Cristo, Filho do Pai, enviado a evangelizar o mundo, sustenta e acompanha a nossa obra missionária. E, justamente sobre a alegria de Jesus e dos discípulos missionários, quero propor um ícone bíblico que encontramos no Evangelho de Lucas (cf. 10, 21-23).

1. Narra o evangelista que o Senhor enviou, dois a dois, os setenta e dois discípulos a anunciar, nas cidades e aldeias, que o Reino de Deus estava próximo, preparando assim as pessoas para o encontro com Jesus. Cumprida esta missão de anúncio, os discípulos regressaram cheios de alegria: a alegria é um traço dominante desta primeira e inesquecível experiência missionária. O Mestre divino disse-lhes: «Não vos alegreis, porque os espíritos vos obedecem; alegrai-vos, antes, por estarem os vossos nomes escritos no Céu. Nesse mesmo instante, Jesus estremeceu de alegria sob a acção do Espírito Santo e disse: "Bendigo-te, ó Pai (…)". Voltando-se, depois, para os discípulos, disse-lhes em particular: "Felizes os olhos que vêem o que estais a ver"» (Lc 10, 20-21.23).

As cenas apresentadas por Lucas são três: primeiro, Jesus falou aos discípulos, depois dirigiu-Se ao Pai, para voltar de novo a falar com eles. Jesus quer tornar os discípulos participantes da sua alegria, que era diferente e superior àquela que tinham acabado de experimentar.

2. Os discípulos estavam cheios de alegria, entusiasmados com o poder de libertar as pessoas dos demónios. Jesus, porém, recomendou-lhes que não se alegrassem tanto pelo poder recebido, como sobretudo pelo amor alcançado, ou seja, «por estarem os vossos nomes escritos no Céu» (Lc 10, 20). Com efeito, fora-lhes concedida a experiência do amor de Deus e também a possibilidade de o partilhar. E esta experiência dos discípulos é motivo de jubilosa gratidão para o coração de Jesus. Lucas viu este júbilo numa perspectiva de comunhão trinitária: «Jesus estremeceu de alegria sob a acção do Espírito Santo», dirigindo-Se ao Pai e bendizendo-O. Este momento de íntimo júbilo brota do amor profundo que Jesus sente como Filho por seu Pai, Senhor do Céu e da Terra, que escondeu estas coisas aos sábios e aos inteligentes e as revelou aos pequeninos (cf. Lc 10, 21). Deus escondeu e revelou, mas, nesta oração de louvor, é sobretudo a revelação que se põe em realce. Que foi que Deus revelou e escondeu? Os mistérios do seu Reino, a consolidação da soberania divina de Jesus e a vitória sobre satanás.

Deus escondeu tudo isto àqueles que se sentem demasiado cheios de si e pretendem saber já tudo. De certo modo, estão cegos pela própria presunção e não deixam espaço a Deus. Pode-se facilmente pensar em alguns contemporâneos de Jesus que Ele várias vezes advertiu, mas trata-se de um perigo que perdura sempre e tem a ver connosco também. Ao passo que os «pequeninos» são os humildes, os simples, os pobres, os marginalizados, os que não têm voz, os cansados e oprimidos, que Jesus declarou «felizes». Pode-se facilmente pensar em Maria, em José, nos pescadores da Galileia e nos discípulos chamados ao longo da estrada durante a sua pregação.

3. «Sim, Pai, porque assim foi do teu agrado» (Lc 10, 21). Esta frase de Jesus deve ser entendida como referida à sua exultação interior, querendo «o teu agrado» significar o plano salvífico e benevolente do Pai para com os homens. No contexto desta bondade divina, Jesus exultou, porque o Pai decidiu amar os homens com o mesmo amor que tem pelo Filho. Além disso, Lucas faz-nos pensar numa exultação idêntica: a de Maria. «A minha alma glorifica o Senhor e o meu espírito se alegra em Deus, meu Salvador» (Lc 1, 46-47). Estamos perante a boa Notícia que conduz à salvação. Levando no seu ventre Jesus, o Evangelizador por excelência, Maria encontrou Isabel e exultou de alegria no Espírito Santo, cantando o Magnificat. Jesus, ao ver o bom êxito da missão dos seus discípulos e, consequentemente, a sua alegria, exultou no Espírito Santo e dirigiu-Se a seu Pai em oração. Em ambos os casos, trata-se de uma alegria pela salvação em acto, porque o amor com que o Pai ama o Filho chega até nós e, por obra do Espírito Santo, envolve-nos e faz-nos entrar na vida trinitária.

O Pai é a fonte da alegria. O Filho é a sua manifestação, e o Espírito Santo o animador. Imediatamente depois de ter louvado o Pai – como diz o evangelista Mateus – Jesus convida-nos: «Vinde a Mim, todos os que estais cansados e oprimidos, que Eu hei-de aliviar-vos. Tomai sobre vós o meu jugo e aprendei de Mim, porque sou manso e humilde de coração e encontrareis descanso para o vosso espírito. Pois o meu jugo é suave e o meu fardo é leve» (Mt 11, 28-30). «A alegria do Evangelho enche o coração e a vida inteira daqueles que se encontram com Jesus. Quantos se deixam salvar por Ele são libertados do pecado, da tristeza, do vazio interior, do isolamento. Com Jesus Cristo, renasce sem cessar a alegria» (Exort. ap. Evangelii gaudium, 1).

De tal encontro com Jesus, a Virgem Maria teve uma experiência totalmente singular e tornou-se «causa nostrae laetitiae». Os discípulos, por sua vez, receberam a chamada para estar com Jesus e ser enviados por Ele a evangelizar (cf. Mc 3, 14), e, feito isso, sentem-se repletos de alegria. Porque não entramos também nós nesta torrente de alegria?

4. «O grande risco do mundo actual, com a sua múltipla e avassaladora oferta de consumo, é uma tristeza individualista que brota do coração comodista e mesquinho, da busca desordenada de prazeres superficiais, da consciência isolada» (Exort. ap. Evangelii gaudium, 2). Por isso, a humanidade tem grande necessidade de dessedentar-se na salvação trazida por Cristo. Os discípulos são aqueles que se deixam conquistar mais e mais pelo amor de Jesus e marcar pelo fogo da paixão pelo Reino de Deus, para serem portadores da alegria do Evangelho. Todos os discípulos do Senhor são chamados a alimentar a alegria da evangelização. Os bispos, como primeiros responsáveis do anúncio, têm o dever de incentivar a unidade da Igreja local à volta do compromisso missionário, tendo em conta que a alegria de comunicar Jesus Cristo se exprime tanto na preocupação de O anunciar nos lugares mais remotos como na saída constante para as periferias de seu próprio território, onde há mais gente pobre à espera.

Em muitas regiões, escasseiam as vocações ao sacerdócio e à vida consagrada. Com frequência, isso fica-se a dever à falta de um fervor apostólico contagioso nas comunidades, o que faz com as mesmas sejam pobres de entusiasmo e não suscitem fascínio. A alegria do Evangelho brota do encontro com Cristo e da partilha com os pobres. Por isso, encorajo as comunidades paroquiais, as associações e os grupos a viverem uma intensa vida fraterna, fundada no amor a Jesus e atenta às necessidades dos mais carecidos. Onde há alegria, fervor, ânsia de levar Cristo aos outros, surgem vocações genuínas, nomeadamente as vocações laicais à missão. Na realidade, aumentou a consciência da identidade e missão dos fiéis leigos na Igreja, bem como a noção de que eles são chamados a assumir um papel cada vez mais relevante na difusão do Evangelho. Por isso, é importante uma adequada formação deles, tendo em vista uma acção apostólica eficaz.

5. «Deus ama quem dá com alegria» (2 Cor 9, 7). O Dia Mundial das Missões é também um momento propício para reavivar o desejo e o dever moral de participar jubilosamente na missão ad gentes. A contribuição monetária pessoal é sinal de uma oblação de si mesmo, primeiramente ao Senhor e depois aos irmãos, para que a própria oferta material se torne instrumento de evangelização de uma humanidade edificada no amor.

Queridos irmãos e irmãs, neste Dia Mundial das Missões, dirijo o meu pensamento a todas as Igrejas locais: Não nos deixemos roubar a alegria da evangelização! Convido-vos a mergulhar na alegria do Evangelho e a alimentar um amor capaz de iluminar a vossa vocação e missão. Exorto-vos a recordar, numa espécie de peregrinação interior, aquele «primeiro amor» com que o Senhor Jesus Cristo incendiou o coração de cada um; recordá-lo, não por um sentimento de nostalgia, mas para perseverar na alegria. O discípulo do Senhor persevera na alegria, quando está com Ele, quando faz a sua vontade, quando partilha a fé, a esperança e a caridade evangélica.

A Maria, modelo de uma evangelização humilde e jubilosa, elevemos a nossa oração, para que a Igreja se torne uma casa para muitos, uma mãe para todos os povos e possibilite o nascimento de um mundo novo.

Vaticano, 8 de Junho – Solenidade de Pentecostes – de 2014.

FRANCISCUS PP.

[00995-06.01] [Texto original: Italiano]

 

Traduzione in lingua cinese

亲爱的兄弟姐妹们:

           

今天还有许许多多的兄弟姐妹们还不认识耶稣基督。为此,向外邦人传教的任务尤为紧迫,这是教会全体成员蒙召参与的。因为教会本身就是传教性的:教会是为了走出去而诞生的。世界传教节是各大陆信徒们用祈祷和具体团结互助行动支持传教区年轻教会的首选时刻。这是感恩和喜乐的庆典。感恩,是因为天父派遣的圣神给予那些顺从于祂行动的人们的睿智和刚毅。喜乐,是因为被派遣来福传世界的天主子耶稣基督支持、伴随我们的传教使命。恰恰是耶稣的喜乐和传教门徒们的喜乐是我想展示的圣经景象,也就是《路加福音》中揭示的(参见1021-23)。

1. 福音作者路加讲述上主派遣了七十二名门徒,两人一组到城市和乡村去宣讲天国临近了、帮助人们准备与耶稣相遇。在完成这一宣讲的使命后,门徒们会满怀着喜悦回来:喜乐是第一次和难以忘怀的传教经验的主题。师傅对他们说:但是,你们不要因为魔鬼屈服于你们的这件事而喜欢,你们应当喜欢的,乃是因为你们的名字,已经登记在天上了。就在那时刻,耶稣因圣神而欢欣说:父啊!天地的主宰,我称谢你……)。耶稣转过身来私下对门徒说:见你们所见之事的眼睛是有福的’”(路1020-2123)。

这是路加福音中揭示的三个场面,首先是基督向门徒们说话、然后转向天父、再次向门徒们说话。耶稣要让门徒们参与祂的喜乐,那是不同于他们所尝试过的、要优于他们所尝试过的喜乐。

2. 门徒们当时充满了喜乐、对让人摆脱魔鬼束缚的力量感到惊喜。总之,耶稣警告他们说不要因为获得的力量,而是因为获得的爱:因为你们的名字,已经登记在天上了(路1020)。事实上,赐予了他们天主之爱的经验,还有分享这爱的可能。门徒们的这种经验,是耶稣的心充满喜乐感激的原因。路加在圣三共融的视角下注意到了这种欢愉,耶稣在圣神内欢跃于上主、赞美上主。这是内心喜悦的时刻,源于耶稣作为子对天父、天地万物之主的深厚之爱。而且把这些事瞒住了智慧及明达的人,而启示了给小孩子(参见路1021)。天主瞒住了、启示了,在这赞美的祷文中首先是启示。天主启示了什么又瞒住了什么?祂天国的奥迹,表明在耶稣内的神权、战胜魔鬼的胜利。

天主向那些自以为是、以为自己无所不知的人隐瞒了这一切。这些人就像是被自己的傲慢所蒙蔽了、没有给天主留下空间。想象一下耶稣同时代的一些人便会很容易地发现,耶稣曾经多次警告他们。但这是始终存在的危险,是涉及我们的。而弱小(小孩子)的是谦逊的、淳朴的、贫穷的、受到排斥的,那些没有声音的、疲倦的、受压制的,也就是耶稣所说的有福的。我们可以很容易地想到玛利亚、若瑟、加里勒亚的渔民、蒙召踏上宣讲之路的门徒们。

 

3. 是的,父啊!你原来喜欢这样做(路1021)。耶稣的表达方式应该被理解为是指祂内在的欢跃,那种喜欢做的是指救恩计划、天父对人喜欢做的。在此神善的背景下,耶稣欢跃,因为天父决定爱人就像爱祂自己的独子一样。此外,路加又让我们看到了玛利亚类似的欢跃,我的心神欢跃于天主,我的救主(路147)。这是引领向救恩的喜讯。胎中怀有最杰出的福传者耶稣的玛利亚,遇到了表姐伊撒伯尔、在圣神内欢跃,咏唱《谢主曲》。看到门徒们的使命取得了成果,也就是他们的喜乐,耶稣在圣神内欢跃、向天父祈祷。两个事件都是因为救恩来临的喜乐,因为天父爱圣子的那种爱传到了我们,借着圣神的作为转向我们,使我们进入天主圣三的生活。

天父是喜乐的源泉、圣子是喜乐的体现、 圣神是宣传者。赞美天父后,就像《玛窦福音》记述的,耶稣立即邀请我们凡劳苦和负重担的,你们都到我跟前来,我要使你们安息。你们背起我的轭,跟我学吧!因为我是良善心谦的:这样你们必要找得你们灵魂的安息,因为我的轭是柔和的,我的担子是轻松的1128-30)。福音的喜乐充满了所有与耶稣相遇者的心和全部生活。凡是让祂救自己的人摆脱了罪恶、痛苦、内在的空虚、孤独。与耶稣基督永远只会产生喜乐、重生喜乐(《福音的喜乐》宗座劝谕1)。

至于这种与耶稣的相遇,童贞玛利亚的经验是绝对独一无二的、成为我们喜乐的原因Causa Nostrae Laetitiae。而门徒们他们所领受的召叫是与耶稣常在一起、被派遣去宣讲(参见马314),他们因此而充满了喜乐。我们为什么不能也进入这喜乐的海洋呢?

4. 当今消费主义和令人窒息的花花世界的巨大危险是个人主义的忧愁。这种忧愁来自于自私的、贪图舒适的心;来自于病态地追求肤浅的享乐;来自于自我封闭(《福音的喜乐》宗座劝谕2)。所以,人类极其需要从基督带来的救恩中汲取。门徒们是那些不断被基督之爱所抓住的人、突显出渴望天国的炙热之火,从而做福音喜乐的使者。上主的所有门徒都蒙召不断培养着这种福传的喜乐。而主教们作为宣讲的第一责任者,他们肩负着在传教努力中促进教会合一的任务,并充分意识到宣讲耶稣基督的喜乐体现在了关注到世界最尽头的宣讲中,不断迈向自己所在地的边远地区,那里有许多穷人在等待着。

很多地区缺少司铎和献身生活圣召。通常,这是因为团体内没有具有感染力的使徒热情所导致的,所以他们缺少激情、没有吸引力。福音的喜乐来自与基督相遇、来自与穷人分享。所以要鼓励堂区、社团和组织善度默契的友爱生活,这种友爱生活奠定在耶稣之爱基础上、关注最困难有需要者。哪里有喜乐、激情、把基督带给他人的渴望,哪里就会涌现出纯正的圣召。这其中不应忘记平信徒传教圣召。教会内平信徒的身份意识和传教意识已经增长了,就像他们在福音传播中蒙召不断承担起更加重要的作用的意识也增加了。为此,重要的是为了有效的使徒行动展开相应的培养教育。

5.  天主爱乐捐的人(格后97)。世界传教节也是从新启动充满喜乐地参与向外邦人传福音使命的愿望以及道义责任的时刻。个人的经济贡献是自我奉献的标志,先是奉献给天主、然后奉献给兄弟姐妹,因为要让物质奉献成为向建立在爱上的人类展开福传的工具。

亲爱的兄弟姐妹们,在此世界传教节之际,我的思绪涌向了地方教会。我们不要让这福传的喜乐被盗走!我邀请你们致力于福音的喜乐、培养能够照耀你们圣召和使命的爱。我激励你们就要像做一次内在朝圣之旅那样,牢记上主耶稣基督温暖了每个人的心的初恋,这不是为了怀旧,而是为了在喜乐中坚守。上主的门徒在喜乐中坚守,当与祂在一起时、当履行祂的意愿时、当分享福音的信望爱时。

让我们向谦卑而喜乐福传的榜样玛利亚祈祷,愿教会成为许多人的家、各民族的母亲、使一个新世界的诞生成为可能。

O一四年六月八日,圣神降临瞻礼,自梵蒂冈

 

[00995-AA.01] [Testo originale: Italiano]

[B0437-XX.01]