Omelia del Cardinale Segretario di Stato nella giornata della Supplica alla Beata Vergine Maria di Pompei
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica a Pompei nella giornata della Supplica alla Beata Vergine Maria:
Omelia
Cari fratelli e sorelle,
Sono grato a Sua Eccellenza Mons. Tommaso Caputo Arcivescovo Prelato di Pompei per il suo cortese invito a presiedere questa celebrazione nella giornata della Supplica alla Beata Vergine Maria di Pompei. Ringrazio il Sindaco e le altre Autorità civili e militari per la loro gradita presenza, a testimonianza del loro affetto verso il Santuario e dell'importanza che esso riveste per la città e per la Regione, oltre che per la devozione di tutti i fedeli cattolici, che qui provengono numerosi da ogni parte del mondo per ringraziare la Madre di Gesù per le tante grazie di cui si fa benevola mediatrice e per impetrarne sempre di nuove. Sono lieto di farmi pellegrino, insieme a voi, in questa città due volte famosa nel mondo: per gli scavi della città romana antica e per la presenza più che mai viva ed operante di questo splendido Santuario della Beata Vergine, fondato dal Beato Bartolo Longo.
Ascoltare le letture nella "città di Maria", l’altro nome di questa terra meravigliosa e così ricca di storia, offre suggestioni che la vicinanza al tempo pasquale rende ancora più intense e significative.
La liturgia di oggi ci presenta innanzitutto la Chiesa nascente. Gli Apostoli, rinvigoriti dal dono dello Spirito Santo, iniziano la loro missione di annunciatori della buona novella. Pietro, indicato da Gesù come pastore del piccolo gregge, proclama la sua fede in Cristo crocifisso e risorto ed invita i presenti a pentirsi dei propri peccati e a lavare nell’acqua del battesimo le proprie colpe per rinascere a vita nuova. Si fa strada una prima domanda: in che cosa consiste questa vita nuova? Per i cristiani non può che esserci una sola risposta: essa consiste nell’amore e si manifesta nella carità.
Siamo in un luogo dove la carità ha posto le tende, si è insediata come elemento costitutivo di una storia di fede che continua a guardare avanti sospinta dalla forza poderosa e umile della sua origine: qui la preghiera, la corona del Rosario di cui si è fatto apostolo il fondatore Bartolo Longo, si è calata in una realtà che parlava d’altro. Parlava di miseria e di abbandono, di ingiustizia e di sopraffazione. L’uomo era calpestato nella sua dignità e i poveri, gli ultimi della fila, non erano quasi considerati.
La carità ha aperto le porte, anzi le ha spalancate alla speranza, dando vita a un’era nuova. Nessun problema, nessuna apprensione, per quanto forte e motivata, può tenere lontana una speranza che, proprio in questo luogo si manifesta come concreta, fatta di opere che parlano il linguaggio di una carità che trasforma, costruisce e fa nuove tutte le cose. Questo rimane vero anche se oggi ciò che viviamo non ci mette al riparo da difficoltà e angustie, come l’insidia di una violenza sempre in agguato, o le scarse e incerte prospettive di lavoro per i nostri giovani, ai quali non solo la crisi economica di questi tempi, ma ritardi antichi e strutturali rendono difficile guardare al futuro con serenità e fiducia.
"Siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli", dice Giovanni nella prima Lettera.
Quali riflessioni, dunque, possiamo ricavare da queste letture? Cosa ci vuole dire oggi il Signore? Vorrei soffermarmi, assieme a voi, su tre concetti in particolare: professare la nostra fede, metterla in pratica con l’amore al prossimo; essere luce per il mondo (missione).
1. Professare la nostra fede. Pensiamo a Pietro, povero pescatore di Galilea, trascinato da Gesù in un’avventura più grande di lui. Il Signore gli dà le chiavi del Regno, lo mette a capo degli Apostoli, gli dà fiducia. E lui che fa? Nel momento del bisogno, lo rinnega per tre volte. Ma la fede in Cristo è più forte! Pietro "pianse amaramente", si pentì di quello che aveva fatto e, dopo la Risurrezione di Gesù riunì i suoi fratelli. Ma era ancora timoroso. La sua umanità era fragile. Ecco allora che Dio manda lo Spirito Santo che dà agli Apostoli, riuniti con Maria nel Cenacolo, la grazia, la forza per annunciare il Regno di Dio.
Come non notare la presenza di Maria nel Cenacolo? Accanto agli Apostoli, vicina ad ognuno di essi nel momento in cui lo Spirito Stato li spingeva sulla via della testimonianza e della missione, Maria, in un certo senso, replicava il "sì" dell’Annunciazione, facendosi presente come prima evangelizzatrice. Maria si poneva così al servizio di Gesù e del Vangelo. Umile ancella del Signore, ma anche madre della nostra fede. E’ questa innanzitutto la dimensione che essa ci offre, particolarmente in questa sua "bella casa" di Pompei, un Santuario posto nel cuore di una città cresciuta alla sua ombra e sotto la sua protezione. Nessuna delle ansie, delle preoccupazioni, come pure delle gioie e delle speranze di questa comunità può esserle estranea. Essa veglia come madre amorevole e premurosa non solo sulle vicende della nostra vita quotidiana, ma sulla saldezza della nostra fede. E’ Lei che invita a rivolgere lo sguardo al Suo Figlio. E’ Lei che continua ad assistere gli apostoli dei nostri giorni, per i quali non è mutato il dovere della testimonianza e della missione.
Tutti noi siamo battezzati ed abbiamo ricevuto, nella Confermazione, il dono dello Spirito Santo. Facciamo fruttare questo dono. Professiamo la nostra fede come San Pietro. Anche se ciò dovesse costarci, come è accaduto a lui. Pensiamo alle migliaia di cristiani che, ancora oggi, nel XXI secolo, soffrono a causa della loro fede, sono perseguitati, vedono i propri diritti calpestati. Preghiamo per loro e, soprattutto, agiamo come loro, senza scendere a compromessi, ma vivendo e professando in pienezza la nostra fede.
2. Mettere in pratica la nostra fede, cioè amare il prossimo. È proprio qui il cuore della nostra fede. È questa la rivoluzione portata da Gesù. L’amore vicendevole è il comandamento che egli ha dato ai suoi, prima di morire, definendolo suo e nuovo. È, quindi, l’essenza stessa del suo insegnamento. Solo attraverso l’amore al fratello, infatti, ci dice San Giovanni, "passiamo dalla morte alla vita". Rinasciamo, cioè, a vita nuova.
Esempio di vita nuova è la terra che oggi vi accoglie, e sulla quale oggi ho potuto sperimentare la gioia della celebrazione eucaristica.
Quel "nuova", che precede il nome proprio di Pompei, non indica solo la grande distanza di epoche con l’antica e splendida città degli scavi, tramandata a noi da un complesso monumentale unico al mondo. La distanza della "Nuova Pompei" è invece in rapporto al territorio della Valle desolata che si presentò agli occhi di un evangelizzatore come Bartolo Longo. Un laico, con esperienze di vita piuttosto difficili e tormentate, che vide in quella terra abbandonata e infestata da degrado e malavita, non un luogo al quale voltare le spalle, ma il punto di partenza per un "nuovo inizio". C’era innanzitutto una speranza da ricostruire. Bartolo Longo considerò necessario mettere in pratica la fede, ossia amare il prossimo, confidare nella Provvidenza e nella misericordia di Dio. A trovarsi al centro del progetto della "Nuova Pompei" fu così la preghiera. I grani del Rosario, di cui fu instancabile propagatore, diventarono i veri e più saldi "mattoni" per l’edificazione del Santuario, casa comune della fede e della speranza di un popolo nuovo.
La fede vissuta, testimonia l’esperienza di Pompei, diventa la nostra forza, unisce e comprende tutte le nostre azioni e ci porta a Dio. L’amore fra gli esseri umani è ciò che sta più a cuore a Dio, ciò che Lui vuole per noi, perché è Padre di tutti. Amandoci gli uni gli altri, dunque, siamo più vicini a Dio. E l’unione con Lui è sorgente inesauribile di luce interiore, è fonte di vita, di fecondità spirituale, di rinnovamento continuo.
3. Essere luce per il mondo (missione). Forti della nostra fede, decisi ad amare il fratello, ogni fratello, possiamo, quindi, essere, davvero luce per il mondo, come Gesù. Questa luce, questa verità dobbiamo portarla al mondo, testimoniarla ed annunciarla a tutti. E farlo con gioia, come esorta Papa Francesco: "Non siate mai uomini, donne tristi: un cristiano non può mai esserlo! Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma dall'aver incontrato una Persona: Gesù, dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti!". Aiutare gli uomini di questo nostro difficile tempo a credere in Gesù e in Colui che lo ha inviato; ridare la speranza all’umanità, perché Egli non è venuto per condannarci, ma per salvarci: non può essere che questo il nostro impegno di cristiani maturi e coraggiosi. Non possiamo tenere per noi questa gioiosa certezza, ma dobbiamo comunicarla agli altri, perché – avverte ancora Papa Francesco nella Evangelii Gaudium – "giungiamo ad essere pienamente umani quando siamo più che umani, quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi perché raggiungiamo il nostro essere più vero". (n. 8).
Pensiamo a Maria, che qui a Pompei veneriamo con il titolo di Vergine del Rosario. Lei ha accolto il dono che Dio le ha fatto e lo ho portato al mondo. Nel Magnificat, ha professato la sua fede, vivendo allo stesso tempo l’amore concreto al fratello. Ha seguito Gesù fino alla fine, sotto la croce, essendo, nel suo Stabat, testimonianza viva della luce della fede, ed ancora oggi si dona ai suoi figli.
Anche il fondatore del Santuario di Pompei, il Beato Bartolo Longo, ha vissuto in pieno questi fondamenti della vita cristiana. Dopo la sua conversione, non esitò a professare la propria fede, usando tutti i mezzi a disposizione nella sua epoca. Fece dell’amore ai fratelli, soprattutto gli ultimi e gli emarginati, lo scopo della sua vita. Irradiò la luce della fede in tutto il mondo, con un’instancabile azione evangelizzatrice, che continua nel presente grazie all’impegno del Santuario.
Affidiamo a Maria, Sovrana del Cielo e della Terra, ma soprattutto nostra dolcissima Madre, la "più tenera fra le madri", tutte le nostre preoccupazioni, le nostre ansie, le nostre necessità. Preghiamo per la Chiesa, preghiamo per il Papa Francesco – il Quale mi ha chiesto che lo ricordiamo in modo particolare in questo giorno e in questo luogo – preghiamo per il mondo intero, preghiamo per la pace.
Il Bambino che vediamo sulle ginocchia di Maria e la mistica corona che miriamo nella sua mano ci ispirano fiducia che saremo esauditi. E così sia.
[00731-01.01] [Testo originale: Italiano]
[B0331-XX.01]