CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA XXVIII CONFERENZA INTERNAZIONALE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER GLI OPERATORI SANITARI SULLA CURA DELLE PERSONE ANZIANE AFFETTE DA PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE ● INTERVENTO DI S.E. MONS. ZYGMUNT ZIMOWSKI
● INTERVENTO DEL REV.MO MONS. JEAN-MARIE MUPENDAWATU
● INTERVENTO DI P. AUGUSTO CHENDI, M.I.
● INTERVENTO DELLA DOTT.SSA GABRIELLA SALVINI PORRO
● INTERVENTO DEL DOTT. GABRIELE CARBONE
Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la conferenza stampa di presentazione della XXVIII Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sul tema: "La Chiesa al servizio della persona anziana malata: la cura delle persone affette da patologie neurodegenerative" che si svolge nell’Aula Nuova del Sinodo (Città del Vaticano), dal 21 al 23 novembre 2013.
Intervengono: S.E. Mons. Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari; il Rev.mo Mons. Jean-Marie Mupendawatu, Segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari; P. Augusto Chendi, M.I., Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio; la Dott.ssa Gabriella Salvini Porro, Presidente della Federazione Alzheimer Italia; il Dott. Gabriele Carbone, Responsabile del Centro di Demenze dell’Unità Alzheimer, Gruppo Ospedaliero Italiano di Guidonia, Roma.
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:
● INTERVENTO DI S.E. MONS. ZYGMUNT ZIMOWSKI
L’insostituibile apporto della persona anziana nella società e nella Chiesa
L’approfondimento, il dialogo-scambio di conoscenze e di esperienze, la riflessione e la preghiera con l’obiettivo di migliorare per quanto possibile l’assistenza sanitaria nell’ottica del servizio pastorale agli infermi e ai sofferenti. Ecco i quattro punti cardinali che caratterizzeranno anche la Conferenza Internazionale 2013 del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute), che in questa sua XXVIII edizione è dedicata al tema de "La Chiesa al servizio della persona anziana malata: la cura delle persone affette da patologie neurodegenerative".
L’iniziativa, in programma dal 21 al 23 novembre prossimi, ed inaugurata da una Santa Messa all’Altare della Cattedra di San Pietro, si svolgerà come di consueto nell’Aula Nuova del Sinodo, in Vaticano. Come preannunciato, i tre giorni di impegno culmineranno, nella mattinata di sabato 23 nell’Aula Paolo VI, in un Incontro di riflessione e di preghiera che precederà l’udienza degli operatori sanitari e dei malati con S.S. Papa Francesco. Un’occasione unica per incontrarlo, proprio alla vigilia della chiusura dell’Anno della fede, e per esprimergli la nostra devozione e la nostra gratitudine; è stato in effetti proprio il Santo Padre, con le sue parole e la sua testimonianza verso gli anziani, i sofferenti e le fasce ‘deboli’ delle popolazioni, a rinnovare e rafforzare il nostro slancio nell’organizzare questa XXVIII Conferenza Internazionale, particolarmente impegnativa data la tematica, il livello dei relatori e il numero di iscrizioni, tra i più elevati della storia recente del Dicastero.
Gli iscritti sono infatti quasi 700 fra ricercatori, medici, personale ecclesiale e sanitario, professionale o volontario, tutti operanti nell’assistenza alle persone anziane. Giungeranno da 57 Paesi dei 5 continenti 1: una pluralità in grado di garantire quella varietà di approcci culturali, sociali ed economici che costituisce, ‘da sempre’, una delle maggiori ricchezze offerte dalle nostre Conferenze Internazionali. L’ascolto, il dialogo e la comprensione reciproca accentuano e promuovono la consapevolezza dell’universalità della Chiesa Cattolica e, al contempo, una formazione continua per chi cerca costantemente di migliorare il proprio contributo alla Pastorale della Salute.
Gli operatori dell’Apostolato della Misericordia - come fu definito questo ambito pastorale dal Beato Giovanni Paolo II, Papa, che fondò il nostro Dicastero - sono infatti sempre più spesso chiamati, anche in conseguenza della globalizzazione e delle migrazioni, a dare testimonianza in realtà e strutture multiculturali e multireligiose. Tutti i centri di cura sono, infatti, sempre più crocevia di popoli diversi e luoghi privilegiati di evangelizzazione.
Tornando al tema specifico dell’edizione 2013 della Conferenza Internazionale, "La Chiesa al servizio della persona anziana malata: la cura delle persone affette da patologie neurodegenerative", è stato scelto in considerazione della sua importanza, attuale e futura, delle esigenze che ne derivano anche in termini di pastorale, e della necessità, come più volte ribadito da Papa Francesco, di rendere la società più inclusiva, nella quale anche le fasce più deboli delle popolazioni possano essere pienamente inserite, rispettate e valorizzate. Impegnarsi sempre in favore della vita e affinché chi non è considerato economicamente ‘produttivo’, "conveniente", non venga emarginato od addirittura soppresso, come dimostrato dall’elevato numero di aborti e dall’apparente diffondersi dell’eutanasia.
Al giorno d’oggi, le forme di demenza senile, fra le quali l’Alzheimer è la più diffusa con oltre il 50 percento dell’incidenza registrata, affliggono oltre 35 milioni di persone in tutto il mondo ed è in forte crescita con 7 milioni e 700 mila nuovi casi ogni anno; (come poi illustrerà nel dettaglio il Dott. Carbone), secondo le stesse stime, nel 2030 i malati potranno superare i 65 milioni. L’impatto di tali patologie è enorme: sulla persona che ne è colpita, sul suo ambito familiare, comunitario e, più estesamente, sociale e nazionale. È davvero incisivo in molti Stati, a questo proposito, l’impegno in termini istituzionali, ma risulta indispensabile, come verrà fra l’altro dimostrato durante i lavori della Conferenza, l’apporto da parte dei congiunti del malato, delle parrocchie e delle comunità, delle strutture ad hoc, religiose e laiche, delle associazioni e degli organismi non governativi, tutte realtà che non di rado ‘fanno la differenza’ nell’assistenza alle persone anziane malate.
Eppure c’è ancora molto da fare. Come già sottolineato in occasione della scorsa Giornata Internazionale dell’Anziano, le persone non più giovani possono rischiare di essere trascurate, e ciò persino nella comunità ecclesiale. Già "la dichiarazione di Toronto sui diritti e sulle cure degli anziani" aveva affermato, molti anni fa, che se pur è vero "che le persone anziane hanno l'opportunità di pregare, meditare e crescere nella vita spirituale, spesso non sono incoraggiati a sviluppare la loro spiritualità per una scarsa comprensione dei loro problemi. Il divertimento può facilmente divenire un sostituto di questi bisogni. Di qui la necessità da parte delle comunità ecclesiali di elaborare una sistematica e organizzata cura pastorale della terza età".
Ancora oggi la situazione non è molto mutata e la pastorale delle nostre comunità ecclesiali non è sempre preparata a questo compito: molte offerte per aiutare gli anziani a vivere intelligentemente il loro tempo libero, questo sì, e anche molte proposte per aiutarli a rendersi utili. Ma l'evangelizzazione è un'altra cosa. Evangelizzare la vecchiaia significa scoprire le sue interne e originali possibilità, i suoi propri significati, quei valori "che si possono attuare soltanto in questo frangente". E' lo spazio vero per la lieta notizia. Non si evangelizza un'età della vita aggiungendovi qualcosa dall'esterno, né semplicemente riempiendola di cose da fare. È anzitutto questione di significati, non di cose o di attività. Mediante la solidarietà tra giovani e anziani, si comprende come la Chiesa sia effettivamente famiglia di tutte le generazioni, in cui ognuno deve sentirsi a casa e dove non regna la logica del profitto e dell’avere, ma quella della gratuità e dell’amore. Quando la vita diventa fragile, negli anni della vecchiaia, non perde mai il suo valore e la sua dignità: "ognuno è voluto, amato da Dio, ognuno è importante e necessario".
Rimanendo nell’ambito pastorale, è dunque necessario in primo luogo continuare a coinvolgere le persone anziane nella vita e nella missione della Chiesa. Dobbiamo promuovere l’amore e la comprensione tra le generazioni, il rispetto verso l’anziano sin dal nucleo familiare che deve privilegiare una cultura dell’unità in cui ciascuno dà il proprio apporto insostituibile. Sarà così possibile respingere con fermezza ogni forma di eutanasia delle persone anziane. "Fate della famiglia un centro irradiante pace e gioia" esortò Papa Benedetto XVI nel 2007, durante un incontro con i giovani in Brasile. "Siate promotori della vita, dall'inizio fino al suo declino naturale; tutelate gli anziani, poiché essi meritano rispetto e ammirazione per il bene che vi hanno fatto".
Per affrontare in modo sistematico le tematiche connesse a "La Chiesa al servizio della persona anziana malata: la cura delle persone affette da patologie neurodegenerative", i lavori di questa XXVIII edizione si snoderanno lungo le seguenti direttrici: "Epidemiologia e politica sanitaria delle malattie neurodegenerative: epidemia silente del terzo millennio"; "Ricerca e cura: utilità attuale e prospettica"; "L’anziano affetto da malattie neurodegenerative"; "Malattie neurodegenerative e luoghi di cura: tra ospedale e territorio"; "Azioni preventive e potenziali vantaggi del progresso tecnologico". Il fondante approccio ecclesiale al tema della Conferenza sarà quindi approfondito nelle sessioni conclusive dedicate alla "Prospettiva teologica e pastorale" e a "L’azione della Chiesa".
Numerose le personalità che apporteranno il proprio contributo, sia come expertise medico, scientifico, sociologico, pastorale, sia come testimonianza diretta dell’impegno in favore degli affetti da demenza senile. Tra questi vi sono: il Cardinale Willem Jacobus Eijk, Vescovo di Utrecht (Paesi Bassi), il Vescovo José L. Redrado Marchite, O.H., Segretario emerito del nostro Dicastero, Mons. Mauro Cozzoli, Ordinario di teologia morale alla Pontificia Università Lateranense, Mons. Jacques Suadeau, medico e Officiale della Pontificia Accademia per la Vita, il Prof. Jacques Simporé, M.I., genetista e Rettore dell’Università S. Tommaso d’Aquino di Ouagadougou (Burkina Faso), il Dott. John Beard, Direttore del Department of Ageing and Life Course dell’OMS (Ginevra), il Prof. Frank Ulrich Montgomery, Presidente dell’Ordine dei Medici della Germania, il Prof. Enrico Mairov, Presidente dell’Associazione Monte Sinai, il Prof. Ole Isacson della Harvard Medical School (USA), il Prof. Jean-Philippe Azulay, docente di neurologia alla Scuola di Medicina di Marsiglia, il Prof. Andrea Riccardi, co-fondatore della Comunità di S. Egidio, la Prof.ssa Ilora Gillian Finlay di Llandaff, docente della Cardiff School of Medicine (Galles, Gran Bretagna), il Prof. Massimo Petrini, Preside dell’Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria Camillianum.
Terminati i lavori, nella mattinata di sabato 23 novembre tutti i partecipanti si sposteranno dunque nell’Aula Paolo VI per partecipare all’Incontro di Preghiera e di Riflessione che precederà l’udienza con il Santo Padre. Il commento alla lettura del Vangelo sarà effettuato da Mons. José Rodriguez Carballo, O.F.M., Segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica mentre i momenti di riflessione e di preghiera saranno accompagnati dal coro polifonico Virgo Fidelis del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.
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Elenco Paesi di origine dei partecipanti: Angola, Argentina, Australia, Austria, Bangladesh, Belgio, Benin, Bolivia, Brasile, Burkina Faso, Camerun, Canada, Cechia, Ciad, Cile, Colombia, Congo (Rep. Dem.), Congo (Rep.), Corea, Costa D'Avorio, Danimarca, Ecuador, Egitto, Filippine, Francia, Georgia Germania, Ghana, Gran Bretagna, India, Irlanda, Israele, Italia, Kenya, Libano, Madagascar, Malta, Messico, Mozambico, Namibia, Nigeria, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Rep. Dominicana, Santa Sede, Slovacchia, Spagna, Svizzera, Tailandia, Tanzania, Togo, Ucraina, Uganda, USA, Vietnam, Zimbabwe. [01706-01.01] [Testo originale: Italiano]
● INTERVENTO DEL REV.MO MONS. JEAN-MARIE MUPENDAWATU
"La Chiesa al servizio della persona anziana malata: la cura delle persone affette da patologie neurodegenerative" è il tema che immediatamente iscrive questa 28ma Conferenza Internazionale nell’ambito pastorale sanitaria della Chiesa, della diaconia della Misericordia. Ciò avviene quest’anno approfondendo e cercando di migliorare gli interventi in favore delle persone non più giovani e, in particolare, di quelle affette da una malattia neurodegenerativa. Malati a cui vanno indirizzate cure mediche ma anche psicologiche, socioassistenziali, pastorali e spirituali, giacché obiettivo della scienza medica deve essere la "salute integrale" della persona, unità inscindibile di corpo e spirito, il rispetto della sua dignità, del suo vissuto e dei suoi diritti.
La scelta di dedicare questa conferenza al tema delle patologie neurodegenerative nasce, tra l’altro, dalla constatazione della crescita esponenziale del numero di persone anziane malate. Come già evidenziato dall’Arcivescovo Zimowski, in ambito planetario le persone affette da demenza sono 36,5 milioni, con oltre 7,7 milioni di nuovi casi ogni anno e 1 nuovo caso accertato ogni 4 secondi: a questi ritmi il numero delle persone affette da demenza potrebbe triplicare nei prossimi 40 anni, con un aumento esponenziale delle problematiche connesse in termini pastorali, sociali ed anche economici.
Una situazione che, evidentemente, cambia nei diversi continenti e che, ad esempio, in Europa ed in particolare in Italia, è acuita dal calo demografico e dalla diffusione di una cultura che esalta l’individualismo e l’autonomia personale, "esclude" la malattia, rifiuta la dimensione della vecchiaia e considera e fa considerare "di peso" ciò che non fornisce reddito o compiacimento immediato.
Se ieri l’anziano era inteso come una risorsa per la famiglia e per la società in senso più ampio, oggi in molti casi è vissuto come un problema di cui farsi carico, e la società nel suo complesso nega il valore dell’età senile e mette in campo strategie per "ritardare" l’avvento della vecchiaia stessa e degli elementi che la connotano, sul piano fisico e dello stile di vita.
Ecco che con la XXVIII Conferenza promossa dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari si intende anche riaffermare la dignità della persona anziana ed in particolare dell’anziano malato. Una dignità che è propria di ogni fase dell’esistenza umana, in condizioni di salute piena o fortemente compromessa, e che richiede invariabilmente un riconoscimento ed il pieno rispetto.
Un riconoscimento che nella pratica dell’agire medico-sanitario si traduce nella scelta di un nuovo paradigma di cura, che riconosce il valore primario della persona e mette al centro dell’intervento terapeutico-assistenziale multidisciplinare la persona malata e il suo contesto familiare, ed in questo quadro persegue l’obiettivo della efficacia ed efficienza delle cure mediche. Un nuovo paradigma che, nel caso dell’anziano malato, in cui inoltre coesistono le tre fasi dell’intervento medico: prevenzione, terapia e riabilitazione, le quali con finalità e metodiche diverse debbono essere congiuntamente offerte al malato.
Questo approccio culturale e socio-sanitario nuovo richiede inoltre il supporto di un apparato normativo adeguato. Al riguardo è necessario che le autorità politiche si dotino di leggi capaci di fronteggiare l’emergenza che nasce dalla diffusione crescente delle malattie neurodegenerative. Un’emergenza che, come detto, sarà sempre più acuta. Un segnale positivo in questa direzione è giunto nel giugno scorso dalla Regione Lazio, che ha approvato e pubblicato la prima legge regionale a livello nazionale dedicata ai malati di Alzheimer ed altre forme di demenza. Punti centrali della legge sono la domiciliarità delle cure, la diagnosi precoce, la presa in carico globale del paziente e delle famiglie, la formazione professionale degli operatori sanitari, nonché l’istituzione e il potenziamento di una rete socio-sanitaria. Un passo in avanti significativo che tuttavia, ad oggi, non ha potuto esprimere il suo potenziale giacché la norma resta di fatto inapplicata.
Sul piano della pastorale sanitaria, (come già sottolineato dall’Arcivescovo Zimowski) è poi evidente la necessità di affrontare in modo diverso gli approcci. Ad esempio la cronicizzazione della patologia e lo spostamento delle cure - per l’anziano malato - dall’ospedale al territorio, alla famiglia, richiedono un approccio pastorale nuovo, con il coinvolgimento iniziale dei cappellani ospedalieri a cui fa seguito l’intervento e la presenza dei sacerdoti e dei volontari presenti a livello parrocchiale.
In concomitanza con questa XXVIIII Conferenza Internazionale, il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute) ha organizzato due importanti eventi.
Nel pomeriggio di sabato 23 novembre si terrà una riunione del Consiglio Direttivo del nuovo Comitato Internazionale delle Istituzioni Sanitarie Cattoliche (CIISAC), che ha sostituito l’Associazione Internazionale delle Strutture Sanitarie Cattoliche (AISAC), istituita nel 1984 per coordinare le istituzioni sanitarie cattoliche della Chiesa a livello mondiale. Il nuovo Comitato si propone come finalità principale quella di "promuovere scambi, contatti, e solidarietà, fornendo ai responsabili ed amministratori delle Istituzioni Sanitarie Cattoliche, contributi di formazione teologica e spirituale, di ricerca pastorale, di assistenza morale e tecnico professionale, con specifico riguardo a quanti operano in aree di particolare difficoltà". Sarà quindi promotore di una nuova Rete che colleghi le varie Istituzioni Sanitarie cattoliche di tutto il mondo e si auspica di divenire un valido anello di collegamento ed un catalizzatore delle varie iniziative promosse nel suo ambito. I Membri del Consiglio Direttivo del CIISAC, rappresentanti delle maggiori Associazioni di Istituzioni Sanitarie Cattoliche dei cinque continenti, avranno il compito di redigere la bozza definitiva del nuovo Statuto del Comitato che verrà presentato alla fine di Febbraio 2014 alla Segreteria di Stato per la definitiva approvazione.
Inoltre Lunedì 25 novembre si terrà un incontro dedicato al Progetto "Africae Munus", promosso dalla Fondazione Il Buon Samaritano fondata dal Beato Papa Giovanni Paolo II presso questo Pontificio Consiglio. Tale Progetto nasce per creare un Network fra alcune università cattoliche presenti in Africa allo scopo di facilitare la condivisione di know-how, risorse, progetti e obiettivi tra le istituzioni interessate, in linea con quanto indicato dal Magistero della Chiesa.
Ad un anno dall’avvio del Progetto - che attualmente coinvolge le facoltà di medicina di sette atenei attivi nei seguenti Paesi: nella Repubblica Democratica del Congo, in Mozambico, Ciad, Burkina Faso, Tanzania e Uganda - l’incontro intende verificare lo stato di avanzamento delle attività, sviluppare i percorsi intrapresi ed identificare nuove eventuali sinergie. Particolare attenzione sarà dedicata tra l’altro ai seguenti temi: formazione di medici specialisti e proposta di gemellaggi fra le Università Africane ed altri atenei in Europa, Sudamerica, Canada. Si lavorerà inoltre alla organizzazione di un convegno a Kampala (Uganda) sul tema della "medicina naturale", previsto a fine luglio.
In ultimo, ma non ultimo per importanza, durante questa Conferenza Internazionale presenteremo un Sussidio dedicato a "La Pastorale Sanitaria e la Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della Fede" (di cui potrete richiedere una copia all’ingresso). Come indicato dal titolo, si tratta di un "manuale" pubblicato come riflessione in armonia con l’Anno della Fede in via di conclusione e è stato studiato per permettere un aggiornamento di tutti i cappellani, gli operatori sanitari, professionali e volontari, familiari di malati che desiderano migliorare sempre più a beneficio delle persone delle quali si prendono cura.
Grazie per l’ascolto e buon lavoro
[01711-01.01] [Testo originale: Italiano]
● INTERVENTO DELLA DOTT.SSA GABRIELLA SALVINI PORRO
Le attività dei venti anni della Federazione Alzheimer Italia (1993 - 2013)
La mia vita scorreva serenamente: due figli all’università, un marito affettuoso, una casa da seguire e un’attività nell’impresa di famiglia. Una vita normale fino a quando mia madre non cominciò a cambiare; dapprima in modo quasi impercettibile e poi sempre più evidente. Allora, agli inizi degli anni ’80, non sapevo neppure che esistesse la malattia di Alzheimer. Mia sorella ed io, con le nostre rispettive famiglie, ci trovammo piano piano in una spirale di difficoltà e di domande a cui non riuscivamo a dare spiegazioni; perché la mamma, che non aveva ancora 70 anni, non riusciva più a leggere? perché non era più in grado di organizzare le sue solite serate di bridge o di canasta e le cene con gli amici di una vita? perché continuava a ripetere le stesse cose? perché mi diceva che mia sorella le rubava le lenzuola e che qualcuno le rubava i denari? Cosa potevamo fare?
Dopo molte peregrinazioni trovammo la spiegazione ai nostri dubbi: un medico ci comunicò che si trattava di Alzheimer e che non c’era possibilità di cura. Né lui né altri ci spiegarono che cosa fosse questa malattia, quale sarebbe stata la sua evoluzione, che cosa dovevamo aspettarci negli anni a venire, come avremmo dovuto comportarci con la mamma. Mia sorella ed io avevamo fame di sapere, conoscere, capire quello che stava succedendo, ma riuscimmo ad ottenere informazioni solo da altri familiari che avevano sperimentato prima di noi la malattia.
Alla morte della mamma, nel 1986, mi dissi che non avrei più voluto sentir pronunciare la parola Alzheimer. E, invece, un paio d’anni dopo, incontrai alcuni familiari di malati e insieme ci impegnammo a Milano per la nascita dell’associazione Alzheimer Milano e successivamente, il 30 giugno 1993, per la costituzione della Federazione Alzheimer Italia.
Confrontandomi con altri familiari ho capito che le emozioni che provavo allora – rifiuto, isolamento, rabbia, senso di colpa, impotenza e frustrazione - sono comuni a tutti i parenti dei malati. Ho capito che le singole esperienze rappresentavano un patrimonio prezioso che si doveva conservare e mettere a frutto. Ho capito che solo un’organizzazione costituita da più persone sarebbe riuscita a unire, confrontare e utilizzare tutte le esperienze. E raggiungere un obiettivo utile a tutti: diventare interlocutore autorevole presso la società, la scienza e le istituzioni e contribuire a creare le basi di un percorso di ricerca, cura e assistenza allo scopo di migliorare la qualità di vita dei malati di Alzheimer e dei loro familiari.
Ecco perché è nata la Federazione Alzheimer Italia.
Cosa ha fatto in questi 20 anni e cosa fa la Federazione Alzheimer Italia per aiutare, sostenere i malati e le loro famiglie, cercare di rispondere ai loro bisogni e ovviare alle carenze del nostro sistema sanitario e sociale?
L’assistenza di un malato di Alzheimer comporta un impegno gravoso per i familiari: non solo per la drammaticità della patologia, ma anche per le difficoltà di "scovare" i servizi e persino le informazioni.
La Federazione Alzheimer Italia ha, pertanto, deciso di operare su due livelli: su un piano raccoglie le esperienze e analizza i bisogni con l’obiettivo di partecipare alla programmazione sanitaria e sociale presentando proposte concrete, sull’altro piano, invece, aiuta più concretamente i malati e le loro famiglie attraverso una serie di attività.
A chi posso rivolgermi per avere una diagnosi? Si può fare qualcosa in più oltre ai farmaci? Quali contributi economici esistono oltre all’indennità di accompagnamento? Ho bisogno di tempo per me, ma come fare? Non riesco più ad occuparmi di lui/lei? Come fare? A chi posso rivolgermi?
Sono queste le domande più frequenti che i familiari dei malati di Alzheimer si pongono nel loro lungo e gravoso percorso di assistenza.
Per ovviare a questa sostanziale carenza di informazioni la Federazione Alzheimer Italia ha realizzato la linea telefonica di sostegno "Pronto Alzheimer". Creata dall’Associazione Alzheimer Milano nel 1991 e gestita dalla Federazione Alzheimer Italia dal 1993, anno della sua costituzione, è il punto di riferimento nazionale per i familiari dei malati e tutti coloro che sono coinvolti nella malattia in quanto fornisce informazioni di vario genere, supporto e aiuto psicologico, consulenze in materia legale, previdenziale, psicologica e sociale. Inoltre, indirizza le persone verso i servizi territoriali più adeguati alla cura della malattia nei suoi vari stadi di evoluzione. Dal 1993 al 2013 ha risposto a oltre 130 mila richieste di aiuto e informazioni e fornito 6.869 consulenze legali e previdenziali, 10.255 consulenze sociali e 2.622 consulenze psicologiche.
Ha poi realizzato, in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri" di Milano, il "Progetto Carer" - un intervento a sostegno della famiglia per la gestione dei comportamenti che creano problemi nel malato demente e il primo Censimento dei servizi di assistenza e cura ai malati in Lombardia.
Questo progetto, primo del genere in Italia, ha
1. Rintracciato le strutture e i servizi sanitari e socio-assistenziali destinati ai malati di Alzheimer oggi esistenti in Lombardia
2. Classificato i diversi servizi censiti sulla base dei bisogni del malato, della tipologia e delle caratteristiche dell’offerta diagnostica/terapeutica/assistenziale/medico-legale
3. Realizzato una banca dati informatizzata e un software di consultazione e di ricerca dei servizi
4. Valutato un campione dei diversi servizi censiti attraverso una serie di indicatori di qualità predefiniti.
La Federazione, inoltre, informa i familiari dei malati e tutte le figure professionalmente coinvolte nella malattia attraverso la pubblicazione di testi e opuscoli ("Manuale per prendersi cura del Malato di Alzheimer", "T.E.D.- Tecnologia, Etica e Demenza: guida all’impiego della tecnologia nella cura della demenza, "Cara Nonna", il primo libro per ragazzi, "Musicoterapia con il malato di Alzheimer", "Visione parziale: un diario dell’Alzheimer", il Notiziario Alzheimer Italia, Schede di Consigli pratici, Schede di Consigli legali), il sito internet www.alzheimer.it, la pagina facebook https://www.facebook.com/alzheimer.it, Twitter https://twitter.com/alzheimeritalia e Youtube http://www.youtube.com/user/AlzheimerItalia, conferenze e convegni.
Organizza corsi di formazione per familiari, volontari e operatori con ricorso a lezioni di varie discipline a seconda dei diversi destinatari.
Nel 2012 ha realizzato l’Alzheimer App, la prima applicazione iPhone/Android dedicata ai familiari dei malati di Alzheimer, scaricabile gratuitamente da Apple Store e Android Market. La Federazione Alzheimer ha dato vita a questa App Utility con l’obiettivo di fornire ai familiari uno strumento interattivo, disponibile in ogni momento e aggiornato costantemente.
Dal 2009 cofinanzia e partecipa allo Studio longitudinale sull’invecchiamento cerebrale InveceAb della Fondazione Golgi Cenci di Abbiategrasso. Lo studio, della durata di 5 anni, riguarda tutti i residenti di Abbiategrasso nati fra il 1935 e il 1939, circa 1700 persone.
[01712-01.01] [Testo originale: Italiano]
● INTERVENTO DI P. AUGUSTO CHENDI, M.I.
Il tema complesso e attuale predisposto per la XXVIII Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute intende rendere ragione degli articolati problemi che convergono sulla realtà delle persone anziane e malate, soprattutto quando queste sono affette da patologie afferenti all’area neurologica. Ciò richiama in primis l’impegno professionale che deve essere profuso per tali soggetti particolarmente fragili, sia nelle Istituzioni sanitarie di diagnosi e di cura, sia anche nelle strutture territoriali e, ancora più nelle famiglie, che solitamente sono chiamate a svolgere il supporto assistenziale, psicologico e finanziario più oneroso, anche solo in termini di continuità, accanto a queste persone.
Ritengo che l’atteggiamento davanti alla persona anziana ammalata, e particolarmente quella affetta da patologie neurodegenerative, costituisca per gli operatori sanitari il banco di verifica della loro professionalità e responsabilità etiche. Ciò vale anche per coloro che operano nel territorio e nelle stesse famiglie, chiamate a costituire sempre e in ogni circostanza l’alveo naturale dell’ultimo tratto di vita, secondo un patto generazionale che arricchisce i giovani del bagaglio di sapienza e di saggezza accumulati dai nostri anziani, ancorché incapaci di comunicarlo in forme normali: la loro stessa presenza è un segno prezioso da non disperdere o, peggio, azzerare, in quanto ‘dono’ che arricchisce.
E’ questa tenerezza amorevole alla quale ci sollecitano, del resto, i gesti estremamente emblematici, e certo inconsueti, ormai divenuti abituali da parte del Santo Padre Francesco: abbracciare l’altro, anche se segnato da piaghe umanamente riluttanti, fargli sentire la propria vicinanza e solidarietà… questa è la presenza della Chiesa, che si trasfonde in un impegno pastorale che, sulla base delle rilevazioni scientifiche che verranno offerte dai diversi Relatori, costituisce l’intento prioritario della prossima Conferenza.
Trovare modalità più articolate e innovative per esprimere e per vivere la tenerezza di Cristo verso i più poveri, come sono, nel caso, le persone anziane e gravate da severe patologie neurodegenerative, questo è fondamentalmente l’intento ultimo che il Dicastero si è prefisso, nella consapevolezza che forse ancora poco spazio è stato riservato a questo ambito della pastorale, che coinvolge già oggi, e coinvolgerà ancora più nei prossimi decenni, porzioni sempre più ampie della popolazione mondiale.
In tale contesto, si è ritenuto che l’Incontro di Preghiera con il Santo Padre, che nella mattinata di sabato concluderà il Convegno, vedesse il coinvolgimento anche di persone anziane, ancorché con disabilità psichiche, realizzando quella sinfonia di presenze che dal mondo dei professionisti della sanità e della salute, dai responsabili delle politiche socio-sanitarie si stemperi fino alle famiglie, ai volontari - penso in particolare all’UNITALSI, che recentemente, e proprio nell’Aula Paolo VI, ha celebrato i 110 anni di Fondazione -, alle Associazioni a sostegno di patologie neurologicamente e psichicamente debilitanti, agli operatori pastorali (sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose impegnati negli Ospedali e nelle Strutture di assistenza…): tutti al fianco di Papa Francesco, la cui presenza sarà preparata, in particolare, dalla preghiera guidata da S.E. Mons. Zygmunt Zimowski, Presidente del Dicastero, dalle riflessioni che verranno proposte da S.E. Mons. José Rodriguez Carballo, O.F.M., Segretario della Congregazione per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, e da testimonianze di alcuni operatori socio-sanitari.
La parola del Santo Padre costituirà senz’altro un impulso per ridefinire meglio gli aspetti etico-professionali, socio-sanitari e, soprattutto, pastorali che competono alla Chiesa e a ciascun discepolo del Signore.
Questa iniziativa, da ultimo, si inscrive nel tema che lo stesso Papa Francesco ha scelto per la prossima Giornata Mondiale del Malato, che verrà celebrata l’11 febbraio 2014, e cioè: Fede e carità - «… anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1Gv 3, 16). Nel contesto dell’Anno della Fede che si sta concludendo, le parole dell’apostolo Giovanni conservano, anzi, acquistano nuovo vigore, rammentando come la fede non possa essere soltanto un abbandono fiducioso in Dio senza accompagnarsi ad una coerente testimonianza nella carità.
Facendo tesoro del binomio fede-carità, fatto proprio da Papa Francesco come tema per la Giornata Mondiale del Malato del prossimo anno, il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute) ha predisposto anche quest’anno un Sussidio tradotto in diverse lingue, scandito in tre momenti fondamentali dell’Anno Liturgico (Avvento-Natale; Giornata Mondiale del Malato nella Memoria Liturgica della Beata Vergine di Lourdes; Quaresima-Pasqua) e arricchito da una Via Crucis, per offrire ai malati, agli operatori sanitari, agli operatori pastorali, alle famiglie e ai volontari spunti di riflessione teologica, approfondimenti pastorali e formulari di preghiera, facendo risuonare l’invito pressante all’amore del prossimo, che compete a tutta la Chiesa ma, in modo del tutto singolare, al mondo della sofferenza e dell’assistenza sanitaria nelle sue diverse e complementari componenti.
Affidando a tutta la Chiesa questo Sussidio, si intende quindi incrementare quella comunione di grazia, che dalla preghiera delle persone ammalate e di coloro che se ne prendono cura, non mancherà di portare frutti di una carità operosa e gioiosa, stemperata nel silenzio efficace della quotidianità della vita, nella certezza che ciascun battezzato, a motivo della fede, è abilitato alla carità: «… anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1Gv 3, 16).
[01709-01.01] [Testo originale: Italiano]
● INTERVENTO DEL DOTT. GABRIELE CARBONE
La malattia di Alzheimer (Alzheimer Disease - AD) è la principale causa di demenza ed è una delle patologie croniche più devastanti e prevalenti in individui anziani. Come riportato nel rapporto dell'OMS e Alzheimer Disease International, nel 2010, sono state calcolate in oltre trentacinque milioni le persone con demenza nel mondo, di cui più della metà con AD, ed è stato stimato un incremento di sette milioni 700 mila casi ogni anno: un nuovo caso ogni 4 secondi. L’incidenza della demenza aumenta con l’età e, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione, il numero dei soggetti affetti tende ad aumentare ogni anno; infatti, si prevedono 65,7 milioni di pazienti nel 2030 e 115,4 milioni nel 2050. Nello stesso rapporto del 2010, il costo annuo stimato in tutto il mondo per demenza è stato di $US 604.000.000.000: circa l' 1% del prodotto interno lordo mondiale. Un costo così elevato testimonia l'enorme impatto che la demenza ha sulle condizioni socio-economiche in tutto il mondo. Si stima che in Italia le persone affette da demenza sarebbe più di un milione, con un incremento di 150.000 nuovi casi per anno; si valutano in circa 700 mila le persone affetta da AD, con circa ottantamila mila nuovi casi ogni anno: 1 nuovo caso ogni 10 minuti. Nel Lazio, nel 2012, sono state stimate in circa 71.000 le persone affette da demenza, di cui 28.000 affette da AD; l’incidenza per tutte le forme di demenza, applicata alla popolazione residente nel Lazio con più di 65 anni, è di circa 14.000 nuovi casi ogni anno.
Clinicamente, la Malattia di Alzheimer, è caratterizzata da un progressivo deterioramento cognitivo e funzionale e da disturbi psichici e del comportamento. Dalla comparsa dei sintomi al decesso possono trascorrere 5-15 anni; le caratteristiche lesioni istopatologiche di questa patologia precederebbero anche di venti anni le manifestazioni cliniche. Le persone colpite da questa patologia sviluppano crescenti disturbi cognitivi e funzionali, psichici e comportamentali e, nelle fasi finali, diventano completamente dipendenti dagli altri per la sopravvivenza. Mentre è possibile descrivere i sintomi che generalmente accompagnano il progredire della malattia, non è possibile prevedere quando un sintomo specifico si manifesterà in un qualsiasi individuo, o quanto tempo passerà prima che il sintomo scompaia, o quando peggiora la malattia. L'eziologia è multifattoriale, la fisiopatologia della malattia è complessa e la biochimica non è ancora stata ben compresa.
La Malattia di Alzheimer è stata identificata come una patologia da "misfolding" proteico, con accumulo di proteina beta amiloide "ripiegata" in modo alterato nel cervello di questi soggetti. Beta amiloide (A$), è un breve peptide che è un sottoprodotto proteolitico anormale, di una proteina transmembrana, conosciuta come proteina precursore dell'amiloide (APP), la cui funzione non è ancora chiara, ma si pensa possa essere coinvolta nello sviluppo neuronale. I monomeri di Beta amiloide sono solubili ma a concentrazione sufficientemente elevata, subiscono un drammatico cambiamento conformazionale e si aggregano a formare fibrille amiloidi. Questi depositi di fibrille sono all’esterno dei neuroni in formazioni dense, note come "placche senili" (amiloidi o neuritiche), e in aggregati meno densi come "placche diffuse", e talvolta nella parete muscolare dei vasi sanguigni del cervello dando luogo alla così detta angiopatia "amiloidea" o "congofila" (perché la sostanza amiloide si colora intensamente con il rosso Congo).
La Malattia di Alzheimer è anche considerata anche un "tauopatia", perché causata dall’anormale aggregazione della proteina tau, una proteina associata ai microtubuli presenti nei neuroni, che normalmente agisce per stabilizzare i microtubuli del citoscheletro. Come la maggior parte delle proteine associate ai microtubuli, la "tau" è normalmente stabilizzata dalla fosforilazione, tuttavia, nei pazienti con AD, si accumula come filamenti elicoidali accoppiati di tau iperfosforilata, che a loro volta si aggregano in ammassi all'interno dei corpi delle cellule nervose e sono noti come "grovigli neurofibrillari".
La neuro infiammazione è anche coinvolta nella complessa cascata che porta ai sintomi dell’AD. Molte evidenze cliniche e neuropatologiche, documentano cambiamenti immunologici associati all’AD, tra cui un aumento delle concentrazioni di citochine pro-infiammatorie nel sangue e nel liquido cerebrospinale. Se questi cambiamenti possono essere una causa o una conseguenza dell’AD deve ancora essere pienamente compresa, ma l’infiammazione all'interno del cervello, inclusa una maggiore reattività della microglia residente, verso i depositi di amiloide, è stata implicata nella patogenesi e nella progressione di questa patologia.
Tre sono le principali ipotesi avanzate per quanto riguarda la causa primaria. L'ipotesi più antica suggerisce che la carenza colinergica avvia la progressione della malattia.
Più recenti ipotesi si sono focalizzate sugli effetti delle proteine "misfolding" e aggregate, beta amiloide e tau. In una pubblicazione scientifica i due punti di vista sono descritti come ipotesi dei "Ba-ptist" e dei "Tau-ist". In pratica i "Tau-isti" ritengono che siano le anomalie della proteina tau a innescare la malattia, mentre i "Ba-ptists" credono che il fattore causale nella malattia siano i depositi di beta amiloide.
Questi cambiamenti potrebbero causare la morte dei neuroni, inizialmente nell'ippocampo e poi interessare gradualmente altre aree del cervello. I neuroni persi durante la progressione della malattia sono principalmente colinergici (usano acetilcolina come neurotrasmettitore) e, pertanto, i disturbi cognitivi che sono, di norma, i primi sintomi con cui si manifesta la malattia, sono stati attribuiti alla sua riduzione. In conformità a queste considerazioni, i ricercatori hanno poi sviluppato farmaci che aumentano i livelli di acetilcolina (inibitori dell'acetilcolinesterasi) o utili nel rallentare la morte cellulare (memantina).
Gli inibitori dell'acetilcolinesterasi e la memantina sono gli unici farmaci ora approvati per l’AD. L’ultimo farmaco approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per il trattamento dell’AD è stata la memantina nel 2003. I benefici per i pazienti trattati con uno di questi farmaci (alcuni sono trattati con una combinazione dell’inibitore dell’acetilcolinesterasi e memantina) non sono soddisfacenti. Questi sono solo farmaci compensativi e quindi sintomatici, non modificanti la malattia; essi, infatti, possono offrire solo un sollievo limitato dei sintomi clinici e, in media, ritardare il declino cognitivo di soli 6-12 mesi. La maggior parte degli attuali studi sono invece focalizzati sulla ricerca di molecole che possano cambiare il corso di questa patologia, bloccando la produzione delle placche amiloidi e la formazione dei grovigli neurofibrillari.
Data l'attuale mancanza di terapie che possano modificare la presunta patogenesi dell’AD, la comunità scientifica è stata stimolata a esplorare l’efficacia d’interventi riabilitativi per gestire le manifestazioni di questa sindrome demenziale con l’obiettivo di ritardare il declino cognitivo e funzionale, ridurre i disturbi psicologici e comportamentali e così migliorare la qualità di vita del malato e della sua famiglia.
La demenza di Alzheimer è considerata anche come malattia sistemica poiché coinvolge l'intera struttura sociale di riferimento del malato, sia formale sia informale, in tutte le differenti fasi della malattia. Per il fortissimo coinvolgimento della famiglia nella cura e nell’assistenza la demenza di Alzheimer, è stata definita come una "malattia familiare".
La famiglia è comunemente il soggetto centrale, se non unico, della cura, dell’assistenza, del sostegno psicologico e della tutela del proprio caro malato, che con il progredire della malattia diventa sempre più dipendente, più debole e indifeso nei confronti di un mondo esterno che stenta a comprendere e a comprenderlo, e anzi più spesso preferisce ignorare gli effetti devastanti della malattia. Se a ciò si somma l’estrema carenza dei servizi sanitari e socio-assistenziali ai sempre più stringenti bisogni di assistenza, si configura una delega pressoché totale alla famiglia nella gestione di questi malati, che si sente sempre più isolata e abbandonata a se stessa, marginalizzata.
È stato calcolato che i familiari dei malati di Alzheimer dedicano mediamente sette ore al giorno all’assistenza diretta del paziente e quasi undici ore alla sua sorveglianza.
L’impatto dell’attività di "cure" è ancor più rilevante quanto, come accade per molti caregiver, finisce per sommarsi all’impegno legato allo svolgimento di altri ruoli (professionali, familiari, genitoriali), con tutte le conseguenze che ciò comporta sulla dimensione affettiva e di stress psicofisico.
I caregiver sono in prevalenza donne (circa il 75%): mogli e figlie; spesso con famiglia e figli, e, molto spesso ospitano il malato in casa. Spesso si trovano in età lavorativa attiva e per l’impatto negativo che provocano gli impegni e i problemi legati all’insorgere dell’Alzheimer devono lasciare il proprio lavoro o chiedere il part time, o devono cambiare attività.
Questo comporta un impatto economico negativo sul caregiver e sulla sua famiglia per la riduzione della capacità di produrre reddito, e il contemporaneo aumento delle spese sostenute per l’assistenza. A questi costi, in qualche modo quantificabili, si devono poi aggiunti i costi definiti "intangibili", rappresentati dal carico psicologico cui è sottoposto il caregiver.
Anche la salute subisce conseguenze fisiche e psicologiche tanto che almeno 1/3 dei caregiver assume farmaci (ansiolitici, antidepressivi e ipnoinduttori).
La demenza di Alzheimer oltre ad essere un evento biologico che colpisce l’individuo e richiede risorse sanitarie per essere affrontato, è anche e soprattutto un "fatto sociale".Un ruolo particolarmente rilevante deve essere assunto sempre di più da tutti quegli interventi socio - sanitari e assistenziali, tesi a migliorare la qualità di vita della persona malata e della famiglia.
Se benessere è salute, la salute è presidiata dalla sanità, ma sullo stato di benessere intervengono molti altri componenti come l’ambiente, la socializzazione, la casa, il lavoro, la formazione, ecc..
E’ necessario quindi pensare alla creazione di rete di servizi integrati, per superare i servizi settoriali, e poter così offrire interventi multidimensionali multiprofessionali ai malati e alle loro famiglie, che considerino la globalità della persona in tutte le sue dimensioni, in rapporto a disturbi, problemi o patologie correlate alla componente psicologica, sociale, familiare, relazionale, lavorativa, agli stili di vita e ai fattori ambientali. In tali servizi è fondamentale che si guardi sistematicamente al rapporto tra la persona e i propri contesti di vita, agendo sui fattori che ne favoriscono lo sviluppo.
L’obiettivo della rete diventa così quello di affrontare i bisogni complessi di questa patologia, che richiede unitarietà di intervento, valutazione multiprofessionale del bisogno, progetti personalizzati, continuità assistenziale tra care formale ed informale, valorizzazione del ruolo dei familiari e condivisione degli obiettivi, progettazione integrata delle risposte, valutazione partecipata degli esiti.
Così concepita la rete diventa strumento in cui una comunità di persone si scambia costantemente capacità e competenze per creare e concepire nuove idee, idonee a dare risposte ai bisogni socio-sanitari espressi dai malati e dalle famiglie.
[01710-01.01] [Testo originale: Italiano]
[B0757-XX.01]