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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE FRANCESCO AD ASSISI (IV), 04.10.2013


VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE FRANCESCO AD ASSISI (IV)

INCONTRO CON IL CLERO, LE PERSONE DI VITA CONSACRATA, I MEMBRI DEI CONSIGLI PASTORALI DELLA DIOCESI, NELLA CATTEDRALE DI SAN RUFINO IN ASSISI

VISITA ALLA BASILICA DI SANTA CHIARA  

INCONTRO CON IL CLERO, LE PERSONE DI VITA CONSACRATA, I MEMBRI DEI CONSIGLI PASTORALI DELLA DIOCESI, NELLA CATTEDRALE DI SAN RUFINO IN ASSISI  

Nel primo pomeriggio, il Santo Padre Francesco ha lasciato il Centro della Caritas in Santa Maria degli Angeli ed ha raggiunto in auto l’Eremo delle Carceri. Accolto dalla Comunità religiosa, il Papa ha visitato in forma privata l’Eremo e sostato in preghiera nella Cella di San Francesco.

Quindi si è trasferito in auto alla Cattedrale di San Rufino dove, alle ore 15.30, ha incontrato il clero, le persone di vita consacrata e i membri dei consigli pastorali della diocesi.
Introdotto dalle parole di presentazione di S.E. Mons. Domenico Sorrentino, il Papa ha pronunciato il discorso che riportiamo di seguito:

 DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle della Comunità Diocesana, buon pomeriggio!

Vi ringrazio per la vostra accoglienza, sacerdoti, religiosi e religiose, laici impegnati nei consigli pastorali! Quanto sono necessari, i consigli pastorali! Un Vescovo non può guidare una diocesi senza i consigli pastorali. Un parroco non può guidare la parrocchia senza i consigli pastorali. Questo è fondamentale! Siamo nella Cattedrale! Qui si conserva il fonte battesimale dove san Francesco e santa Chiara furono battezzati, che in quel tempo si trovava nella Chiesa di Santa Maria. La memoria del Battesimo è importante! Il Battesimo è la nostra nascita come figli della Madre Chiesa. Io vorrei farvi una domanda: chi di voi sa il giorno del suo Battesimo? Pochi! Pochi… Adesso, compiti a casa! Mamma, papà, dimmi: quando sono stato battezzato? Ma, è importante, perché è il giorno della nascita come figlio di Dio. Un solo Spirito, un solo Battesimo, nella varietà dei carismi e dei ministeri. Che grande dono essere Chiesa, far parte del Popolo di Dio! Tutti siamo il Popolo di Dio. Nell’armonia, nella comunione delle diversità, che è opera dello Spirito Santo, perché lo Spirito Santo è l’armonia e fa l’armonia: è un dono di Lui, e dobbiamo essere aperti a riceverlo!

Il Vescovo è custode di questa armonia. Il Vescovo è custode di questo dono dell’armonia nella diversità. Per questo il Papa Benedetto ha voluto che l’attività pastorale nelle Basiliche papali francescane sia integrata in quella diocesana. Perché lui deve fare l’armonia: è il suo compito, è il suo dovere e la sua vocazione. E lui ha un dono speciale per farla. Sono contento che stiate camminando bene su questa strada, con beneficio di tutti, collaborando insieme con serenità, e vi incoraggio a continuare. La Visita pastorale che si è da poco conclusa e il Sinodo diocesano che state per celebrare sono momenti forti di crescita per questa Chiesa, che Dio ha benedetto in modo particolare. La Chiesa cresce, ma non è per fare proselitismo: no, no! La Chiesa non cresce per proselitismo. La Chiesa cresce per attrazione, l’attrazione della testimonianza che ognuno di noi da al Popolo di Dio.

Ora, brevemente, vorrei sottolineare alcuni aspetti della vostra vita di Comunità. Non voglio dirvi cose nuove, ma confermarvi in quelle più importanti, che caratterizzano il vostro cammino diocesano.

1. La prima cosa è ascoltare la Parola di Dio. La Chiesa è questo: la comunità – lo ha detto il Vescovo – la comunità che ascolta con fede e con amore il Signore che parla. Il piano pastorale che state vivendo insieme insiste proprio su questa dimensione fondamentale. E’ la Parola di Dio che suscita la fede, la nutre, la rigenera. E’ la Parola di Dio che tocca i cuori, li converte a Dio e alla sua logica che è così diversa dalla nostra; è la Parola di Dio che rinnova continuamente le nostre comunità…

Penso che tutti possiamo migliorare un po’ su questo aspetto: diventare tutti più ascoltatori della Parola di Dio, per essere meno ricchi di nostre parole e più ricchi delle sue Parole. Penso al sacerdote, che ha il compito di predicare. Come può predicare se prima non ha aperto il suo cuore, non ha ascoltato, nel silenzio, la Parola di Dio? Via queste omelie interminabili, noiose, delle quali non si capisce niente. Questo è per voi! Penso al papà e alla mamma, che sono i primi educatori: come possono educare se la loro coscienza non è illuminata dalla Parola di Dio, se il loro modo di pensare e di agire non è guidato dalla Parola; quale esempio possono dare ai figli? Questo è importante, perché poi papà e mamma si lamentano: "questo figlio …" Ma tu, che testimonianza gli hai dato? Come gli hai parlato? Della Parola di Dio o della parola del telegiornale? Papà e mamma devono parlare già della Parola di Dio! E penso ai catechisti, a tutti gli educatori: se il loro cuore non è riscaldato dalla Parola, come possono riscaldare i cuori degli altri, dei bambini, dei giovani, degli adulti? Non basta leggere le Sacre Scritture, bisogna ascoltare Gesù che parla in esse: è proprio Gesù che parla nelle Scritture, è Gesù che parla in esse. Bisogna essere antenne che ricevono, sintonizzate sulla Parola di Dio, per essere antenne che trasmettono! Si riceve e si trasmette. E’ lo Spirito di Dio che rende vive le Scritture, le fa comprendere in profondità, nel loro senso vero e pieno! Chiediamoci, come una delle domande verso il Sinodo: che posto ha la Parola di Dio nella mia vita, la vita di ogni giorno? Sono sintonizzato su Dio o sulle tante parole di moda o su me stesso? Una domanda che ognuno di noi deve farsi.

2. Il secondo aspetto è quello del camminare. E’ una delle parole che preferisco quando penso al cristiano e alla Chiesa. Ma per voi ha un senso particolare: state entrando nel Sinodo diocesano, e fare "sinodo" vuol dire camminare insieme. Penso che questa sia veramente l’esperienza più bella che viviamo: far parte di un popolo in cammino, in cammino nella storia, insieme con il suo Signore, che cammina in mezzo a noi! Non siamo isolati, non camminiamo da soli, ma siamo parte dell’unico gregge di Cristo che cammina insieme.

Qui penso ancora a voi preti, e lasciate che mi metta anch’io con voi. Che cosa c’è di più bello per noi se non camminare con il nostro popolo? E’ bello! Quando io penso a questi parroci che conoscevano il nome delle persone della parrocchia, che andavano a trovarli; anche come uno mi diceva: "Io conosco il nome del cane di ogni famiglia", anche il nome del cane, conoscevano! Che bello che era! Che cosa c’è di più bello? Lo ripeto spesso: camminare con il nostro popolo, a volte davanti, a volte in mezzo e a volte dietro: davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla unita perché nessuno rimanga troppo, troppo indietro, per tenerla unita, e anche per un’altra ragione: perché il popolo ha "fiuto"! Ha fiuto nel trovare nuove vie per il cammino, ha il "sensus fidei", che dicono i teologi. Che cosa c’è di più bello? E nel Sinodo ci deve essere anche che cosa lo Spirito Santo dice ai laici, al Popolo di Dio, a tutti.

Ma la cosa più importante è camminare insieme, collaborando, aiutandosi a vicenda; chiedersi scusa, riconoscere i propri sbagli e chiedere perdono, ma anche accettare le scuse degli altri perdonando – quanto è importante questo! Alle volte penso ai matrimoni che dopo tanti anni si separano. "Eh… no, non ci intendiamo, ci siamo allontanati ". Forse non hanno saputo chiedere scusa a tempo. Forse non hanno saputo perdonare a tempo. E sempre, ai novelli sposi, io do questo consiglio: "Litigate quanto volete. Se volano i piatti, lasciateli. Ma mai finire la giornata senza fare la pace! Mai!". E se i matrimoni imparano a dire: "Ma, scusa, ero stanco", o soltanto un gestino: è questa la pace; e riprendere la vita il giorno dopo. Questo è un bel segreto, e questo evita queste separazioni dolorose. Quanto è importante camminare uniti, senza fughe in avanti, senza nostalgie del passato. E mentre si cammina si parla, ci si conosce, ci si racconta gli uni agli altri, si cresce nell’essere famiglia. Qui chiediamoci: come camminiamo? Come cammina la nostra realtà diocesana? Cammina insieme? E che cosa faccio io perché essa cammini veramente insieme? Io non vorrei entrare qui nell’argomento delle chiacchiere, però voi sapete che le chiacchiere dividono sempre!

3. Dunque: ascoltare, camminare, e il terzo aspetto è quello missionario: annunciare fino alle periferie. Anche questo l’ho preso da voi, dai vostri progetti pastorali. Il Vescovo ne ha parlato, recentemente. Ma voglio sottolinearlo, anche perché è un elemento che ho vissuto molto quando ero a Buenos Aires: l’importanza di uscire per andare incontro all’altro, nelle periferie, che sono luoghi, ma sono soprattutto persone in situazioni di vita speciale. E’ il caso della diocesi che avevo prima, quella di Buenos Aires. Una periferia che mi faceva tanto male, era trovare nelle famiglie di classe media, bambini che non sapevano farsi il Segno della Croce. Ma, questa è una periferia! E io vi domando: qui, in questa diocesi, ci sono bambini che non sanno farsi il Segno della Croce? Pensateci. Queste sono vere periferie esistenziali, dove Dio non c’è.

In un primo senso, le periferie di questa diocesi, per esempio, sono le zone della Diocesi che rischiano di essere ai margini, fuori dai fasci di luce dei riflettori. Ma sono anche persone, realtà umane di fatto emarginate, disprezzate. Sono persone che magari si trovano fisicamente vicine al "centro", ma spiritualmente sono lontane.

Non abbiate paura di uscire e andare incontro a queste persone, a queste situazioni. Non lasciatevi bloccare da pregiudizi, da abitudini, rigidità mentali o pastorali, dal famoso "si è sempre fatto così!". Ma si può andare alle periferie solo se si porta la Parola di Dio nel cuore e si cammina con la Chiesa, come san Francesco. Altrimenti portiamo noi stessi, non la Parola di Dio, e questo non è buono, non serve a nessuno! Non siamo noi che salviamo il mondo: è proprio il Signore che lo salva!

Ecco, cari amici, non vi ho dato ricette nuove. Non le ho, e non credete a chi dice di averle: non ci sono. Ma ho trovato nel cammino della vostra Chiesa aspetti belli e importanti che vanno fatti crescere e voglio confermarvi in essi. Ascoltate la Parola, camminate insieme in fraternità, annunciate il Vangelo nelle periferie! Il Signore vi benedica, la Madonna vi protegga, e san Francesco vi aiuti tutti a vivere la gioia di essere discepoli del Signore! Grazie.

[01411-01.02] [Testo originale: Italiano]

Al termine dell’incontro in Cattedrale, il Papa si è trasferito in auto alla Basilica di Santa Chiara.

VISITA NELLA BASILICA DI SANTA CHIARA

Poco dopo le ore 16.15, il Santo Padre Francesco è giunto alla Basilica di Santa Chiara. Dopo aver venerato il corpo della Santa nella cripta della Basilica, ha sostato in preghiera silenziosa davanti al Crocifisso di San Damiano, nella Cappella del Coro.

Nella Cappella del Coro, presenti i Cardinali consiglieri giunti con lui ad Assisi, il Papa ha quindi incontrato le Monache Clarisse di clausura ed ha loro rivolto le parole che riportiamo di seguito:

 PAROLE DEL SANTO PADRE

Io pensavo che questa riunione fosse come avevamo fatto due volte a Castel Gandolfo, nella sala capitolare, da solo con le suore ma, vi confesso, non ho il coraggio di mandare via i Cardinali. Facciamola così.

Bene. Vi ringrazio tanto dell’accoglienza e per la preghiera per la Chiesa. Quando una suora nella clausura consacra tutta la sua vita al Signore, accade una trasformazione che non si finisce di capire. La normalità del nostro pensiero penserebbe che questa suora diventa isolata, sola con l’Assoluto, sola con Dio; è una vita ascetica, penitente. Ma questa non è la strada di una suora di clausura cattolica, neppure cristiana. La strada passa per Gesù Cristo, sempre! Gesù Cristo è al centro della vostra vita, della vostra penitenza, della vostra vita comunitaria, della vostra preghiera e anche della universalità della preghiera. E per questa strada succede il contrario di quello che pensa che questa sarà un’ascetica suora di clausura. Quando va per la strada della contemplazione di Gesù Cristo, della preghiera e della penitenza con Gesù Cristo, diventa grandemente umana. Le suore di clausura sono chiamate ad avere grande umanità, un’umanità come quella della Madre Chiesa; umane, capire tutte le cose della vita, essere persone che sanno capire i problemi umani, che sanno perdonare, che sanno chiedere al Signore per le persone. La vostra umanità. E la vostra umanità viene per questa strada, l’Incarnazione del Verbo, la strada di Gesù Cristo. E qual è il segno di una suora così umana? La gioia, la gioia, quando c’è gioia! A me dà tristezza quando trovo suore che non sono gioiose. Forse sorridono, mah, con il sorriso di un’assistente di volo. Ma non con il sorriso della gioia, di quella che viene da dentro. Sempre con Gesù Cristo. Oggi nella Messa, parlando del Crocifisso, dicevo che Francesco lo aveva contemplato con gli occhi aperti, con le ferite aperte, con il sangue che veniva giù. E questa è la vostra contemplazione: la realtà. La realtà di Gesù Cristo. Non idee astratte, non idee astratte, perché seccano la testa. La contemplazione delle piaghe di Gesù Cristo! E le ha portate in Cielo, e le ha! E’ la strada dell’umanità di Gesù Cristo: sempre con Gesù, Dio-uomo. E per questo è tanto bello quando la gente va al parlatorio dei monasteri e chiedono preghiere e dicono i loro problemi. Forse la suora non dice nulla di straordinario, ma una parola che le viene proprio dalla contemplazione di Gesù Cristo, perché la suora, come la Chiesa, è sulla strada di essere esperta in umanità. E questa è la vostra strada: non troppo spirituale! Quando sono troppo spirituali, io penso alla fondatrice dei monasteri della concorrenza vostra, Santa Teresa, per esempio. Quando a lei veniva una suora, oh, con queste cose… diceva alla cuoca: "dalle una bistecca!". Sempre con Gesù Cristo, sempre. L’umanità di Gesù Cristo! Perché il Verbo è venuto nella carne, Dio si è fatto carne per noi, e questo darà a voi una santità umana, grande, bella, matura, una santità di madre. E la Chiesa vi vuole così: madri, madre, madre. Dare vita. Quando voi pregate, per esempio, per i sacerdoti, per i seminaristi, voi avete con loro un rapporto di maternità; con la preghiera li aiutate a diventare buoni Pastori del Popolo di Dio. Ma ricordatevi della bistecca di Santa Teresa! E’ importante. E questo è il primo: sempre con Gesù Cristo, le piaghe di Gesù Cristo, le piaghe del Signore. Perché è una realtà che, dopo la Resurrezione, Lui le aveva e le ha portate.

E la seconda cosa che volevo dirvi, brevemente, è la vita di comunità. Perdonate, sopportatevi, perché la vita di comunità non è facile. Il diavolo approfitta di tutto per dividere! Dice: "Io non voglio parlare male, ma…", e si incomincia la divisione. No, questo non va, perché non porta a niente: alla divisione. Curare l’amicizia tra voi, la vita di famiglia, l’amore tra voi. E che il monastero non sia un Purgatorio, che sia una famiglia. I problemi ci sono, ci saranno, ma, come si fa in una famiglia, con amore, cercare la soluzione con amore; non distruggere questa per risolvere questo; non avere competizione. Curare la vita di comunità, perché quando nella vita di comunità è così, di famiglia, è proprio lo Spirito Santo che è nel mezzo della comunità. Queste due cose volevo dirvi: la contemplazione sempre, sempre con Gesù; Gesù, Dio e Uomo. E la vita di comunità, sempre con un cuore grande. Lasciando passare, non vantarsi, sopportare tutto, sorridere dal cuore. E il segno ne è la gioia. E io chiedo per voi questa gioia che nasce proprio dalla vera contemplazione e da una bella vita comunitaria. Grazie! Grazie dell’accoglienza. Vi prego di pregare per me, per piacere, non lo dimenticate! Prima della Benedizione, preghiamo la Madonna: Ave Maria …

[01412-01.02] [Testo originale: Italiano]

A conclusione della visita, il Papa ha lasciato la Basilica di Santa Chiara per raggiungere in auto Santa Maria degli Angeli.

[B0633-XX.02]