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SANTA MESSA PER LA GIORNATA DEI CATECHISTI IN OCCASIONE DELL’ANNO DELLA FEDE, 29.09.2013


SANTA MESSA PER LA GIORNATA DEI CATECHISTI IN OCCASIONE DELL’ANNO DELLA FEDE

OMELIA DEL SANTO PADRE

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Alle ore 10.30 di oggi, XXVI Domenica del Tempo ordinario, il Santo Padre Francesco ha celebrato, sul Sagrato della Basilica Vaticana, la Santa Messa per la Giornata dei Catechisti, in occasione dell’Anno della fede. Oltre seicento i sacerdoti concelebranti.

Era presente alla celebrazione eucaristica Sua Beatitudine Youhanna X, Patriarca greco ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

OMELIA DEL SANTO PADRE

1. «Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri, … distesi su letti d’avorio» (Am 6,1.4), mangiano, bevono, cantano, si divertono e non si curano dei problemi degli altri.

Parole dure queste del profeta Amos, ma che ci mettono in guardia da un pericolo che tutti corriamo. Che cosa denuncia questo messaggero di Dio, che cosa mette davanti agli occhi dei suoi contemporanei e anche davanti ai nostri occhi oggi? Il rischio di adagiarsi, della comodità, della mondanità nella vita e nel cuore, di avere come centro il nostro benessere. E’ la stessa esperienza del ricco del Vangelo, che indossava vestiti di lusso e ogni giorno si dava ad abbondanti banchetti; questo era importante per lui. E il povero che era alla sua porta e non aveva di che sfamarsi? Non era affare suo, non lo riguardava. Se le cose, il denaro, la mondanità diventano centro della vita ci afferrano, ci possiedono e noi perdiamo la nostra stessa identità di uomini: guardate bene, il ricco del Vangelo non ha nome, è semplicemente "un ricco". Le cose, ciò che possiede sono il suo volto, non ne ha altri.

Ma proviamo a domandarci: come mai succede questo? Come mai gli uomini, forse anche noi, cadiamo nel pericolo di chiuderci, di mettere la nostra sicurezza nelle cose, che alla fine ci rubano il volto, il nostro volto umano? Questo succede quando perdiamo la memoria di Dio. "Guai agli spensierati di Sion", diceva il profeta. Se manca la memoria di Dio, tutto si appiattisce, tutto va sull’io, sul mio benessere. La vita, il mondo, gli altri, perdono la consistenza, non contano più nulla, tutto si riduce a una sola dimensione: l’avere. Se perdiamo la memoria di Dio, anche noi stessi perdiamo consistenza, anche noi ci svuotiamo, perdiamo il nostro volto come il ricco del Vangelo! Chi corre dietro al nulla diventa lui stesso nullità – dice un altro grande profeta, Geremia (cfr Ger 2,5). Noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, non a immagine e somiglianza delle cose, degli idoli!

2. Allora, guardandovi, mi chiedo: chi è il catechista? E’ colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa risvegliare negli altri. E’ bello questo: fare memoria di Dio, come la Vergine Maria che, davanti all’azione meravigliosa di Dio nella sua vita, non pensa all’onore, al prestigio, alle ricchezze, non si chiude in se stessa. Al contrario, dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo e aver concepito il Figlio di Dio, che cosa fa? Parte, va dall’anziana parente Elisabetta, anch’essa incinta, per aiutarla; e nell’incontro con lei il suo primo atto è la memoria dell’agire di Dio, della fedeltà di Dio nella sua vita, nella storia del suo popolo, nella nostra storia: «L’anima mia magnifica il Signore … perché ha guardato l’umiltà della sua serva … di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,46.48.50). Maria ha memoria di Dio.

In questo cantico di Maria c’è anche la memoria della sua storia personale, la storia di Dio con lei, la sua stessa esperienza di fede. Ed è così per ognuno di noi, per ogni cristiano: la fede contiene proprio la memoria della storia di Dio con noi, la memoria dell’incontro con Dio che si muove per primo, che crea e salva, che ci trasforma; la fede è memoria della sua Parola che scalda il cuore, delle sue azioni di salvezza con cui ci dona vita, ci purifica, ci cura, ci nutre. Il catechista è proprio un cristiano che mette questa memoria al servizio dell’annuncio; non per farsi vedere, non per parlare di sé, ma per parlare di Dio, del suo amore, della sua fedeltà. Parlare e trasmettere tutto quello che Dio ha rivelato, cioè la dottrina nella sua totalità, senza tagliare né aggiungere.

San Paolo raccomanda al suo discepolo e collaboratore Timoteo soprattutto una cosa: Ricordati, ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, che io annuncio e per il quale soffro (cfr 2 Tm 2,8-9). Ma l’Apostolo può dire questo perché lui per primo si è ricordato di Cristo, che lo ha chiamato quando era persecutore dei cristiani, lo ha toccato e trasformato con la sua Grazia.

Il catechista allora è un cristiano che porta in sé la memoria di Dio, si lascia guidare dalla memoria di Dio in tutta la sua vita, e la sa risvegliare nel cuore degli altri. E’ impegnativo questo! Impegna tutta la vita! Lo stesso Catechismo che cos’è se non memoria di Dio, memoria della sua azione nella storia, del suo essersi fatto vicino a noi in Cristo, presente nella sua Parola, nei Sacramenti, nella sua Chiesa, nel suo amore? Cari catechisti, vi domando: siamo noi memoria di Dio? Siamo veramente come sentinelle che risvegliano negli altri la memoria di Dio, che scalda il cuore?

3. «Guai agli spensierati di Sion», dice il profeta. Quale strada percorrere per non essere persone "spensierate", che pongono la loro sicurezza in se stessi e nelle cose, ma uomini e donne della memoria di Dio? Nella seconda Lettura san Paolo, scrivendo sempre a Timoteo, dà alcune indicazioni che possono segnare anche il cammino del catechista, il nostro cammino: tendere alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza (cfr 1 Tm 6,11).

Il catechista è uomo della memoria di Dio se ha un costante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo; se è uomo di fede, che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se è uomo di carità, di amore, che vede tutti come fratelli; se è uomo di "hypomoné", di pazienza, di perseveranza, che sa affrontare le difficoltà, le prove, gli insuccessi, con serenità e speranza nel Signore; se è uomo mite, capace di comprensione e di misericordia.

Preghiamo il Signore perché siamo tutti uomini e donne che custodiscono e alimentano la memoria di Dio nella propria vita e la sanno risvegliare nel cuore degli altri. Amen.

[01379-01.02] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

1. « Malheur à ceux qui vivent bien tranquilles en Sion, et à ceux qui se croient en sécurité… couchés sur des lits d’ivoire » (Am 6, 1.4), ils mangent, ils boivent, ils se divertissent et ils ne s’occupent pas des problèmes des autres.

Paroles dures, que celles du prophète Amos, mais qui nous mettent en garde contre un danger que nous courons tous. Que dénonce ce messager de Dieu, qu’est-ce qu’il met sous les yeux de ses contemporains et aussi sous nos yeux aujourd’hui ? Le risque de se complaire, du confort, de la mondanité dans la vie et dans le cœur, d’avoir comme centre notre bien-être. C’est l’expérience même du riche de l’Évangile, qui portait des vêtements de luxe et se donnait, chaque jour, à de copieux banquets ; cela était important pour lui. Et le pauvre qui était à sa porte et qui n’avait pas de quoi se nourrir ? Ce n’était pas son affaire, cela ne le regardait pas. Si les choses, l’argent, la mondanité deviennent le centre de la vie, ils nous saisissent, ils nous possèdent et nous perdons notre identité-même d’êtres humains : écoutez bien, le riche de l’Évangile n’a pas de nom, il est simplement « un riche ». Les choses, ce qu’il possède sont son visage, il n’en a pas d’autres.

Mais essayons de nous demander : comment se fait-il que cela arrive ? Comment se fait-il que les hommes, peut-être nous aussi, nous tombons dans le danger de nous renfermer, de mettre notre sécurité dans les choses, qui, au final, nous volent le visage, notre visage humain ? Cela arrive quand nous perdons la mémoire de Dieu. « Malheur à ceux qui vivent bien tranquilles en Sion » disait le prophète. Si la mémoire de Dieu fait défaut, tout s’aplatit, tout va sur le moi, sur mon bien-être. La vie, le monde, les autres, perdent leur consistance, ils ne comptent pour rien, tout se réduit à une seule dimension : l’avoir. Si nous perdons la mémoire de Dieu, nous aussi nous perdons de notre consistance, nous nous vidons aussi, nous perdons notre visage comme le riche de l’Évangile ! Celui qui court derrière le néant devient lui-même nullité – comme le dit un autre grand prophète, Jérémie (cf. Jr 2, 5). Nous sommes faits à l’image et à la ressemblance de Dieu, non pas à l’image et à la ressemblance des choses, des idoles !

2. Alors, en vous regardant, je me demande : qui est le catéchiste ? C’est celui garde et alimente la mémoire de Dieu ; la garde en lui-même et sait l’éveiller chez les autres. C’est beau cela : faire mémoire de Dieu, comme la Vierge Marie qui, face à l’action merveilleuse de Dieu dans sa vie, ne pense pas à l’honneur, au prestige, aux richesses, elle ne s’enferme pas sur elle-même. Au contraire, après avoir accueilli l’annonce de l’Ange et après avoir conçu le Fils de Dieu, que fait-elle ? Elle part, elle va chez sa vieille parente Élisabeth, elle-aussi enceinte, pour l’aider ; et dans la rencontre avec elle, son premier acte est la mémoire de l’agir de Dieu, de la fidélité de Dieu dans sa vie, dans l’histoire de son peuple, dans notre histoire : « Mon âme exalte le Seigneur… Il s’est penché sur son humble servante… Son amour s’étend d’âge en âge » (Lc 1, 46.48.50). Marie a mémoire de Dieu.

Dans ce cantique de Marie il y a aussi la mémoire de son histoire personnelle, l’histoire de Dieu avec elle, sa propre expérience de foi. Et c’est ainsi pour chacun de nous, pour chaque chrétien : la foi contient vraiment la mémoire de l’histoire de Dieu avec nous, la mémoire de la rencontre avec Dieu qui, le premier, se met en mouvement, qui crée et sauve, qui nous transforme ; la foi est mémoire de sa Parole qui réchauffe le cœur, de ses actions de salut par lesquelles il nous donne vie, nous purifie, prend soin de nous, nous nourrit. Le catéchiste est vraiment un chrétien qui met cette mémoire au service de l’annonce ; non pas pour se faire voir, non pas pour parler de lui-même, mais pour parler de Dieu, de son amour, de sa fidélité. Dire et transmettre tout ce que Dieu a révélé, c'est-à-dire la doctrine dans sa totalité, sans retrancher ni ajouter.

Saint Paul recommande surtout une chose  à son disciple et collaborateur Timothée: souviens-toi, souviens-toi de Jésus Christ, ressuscité d’entre les morts, que j’annonce et pour qui je souffre (cf. 2 Tm 2, 8-9). Mais l’Apôtre peut dire cela parce que lui, le premier, s’est souvenu du Christ, qui l’a appelé quand il était persécuteur des chrétiens, l’a touché et transformé par sa Grâce.

Le catéchiste alors est un chrétien qui porte en lui la mémoire de Dieu, qui se laisse guider par la mémoire de Dieu dans toute sa vie, et qui sait l’éveiller dans le cœur des autres. C’est impératif cela ! ça engage toute la vie ! Le Catéchisme lui-même, qu’est-ce qu’il est sinon la mémoire de Dieu, mémoire de son action dans l’histoire, du fait qu’il s’est fait proche de nous dans le Christ, présent dans sa Parole, dans les Sacrements, dans son Église, dans son amour ? Chers catéchistes, je vous demande : sommes-nous la mémoire de Dieu ? Sommes-nous vraiment comme des sentinelles qui éveillent chez les autres la mémoire de Dieu, qui réchauffe le cœur ?

3. « Malheur à ceux qui vivent bien tranquilles dans Jérusalem », dit le prophète. Quelle route parcourir pour ne pas être des personnes « bien tranquilles », qui mettent leur sécurité en elles-mêmes et dans les choses, mais des hommes et des femmes de la mémoire de Dieu ? Dans la deuxième lecture saint Paul, toujours en écrivant à Timothée, donne quelques indications qui peuvent marquer aussi le chemin du catéchiste, notre chemin : tendre à la justice, à la piété, à la foi, à la charité, à la patience, à la douceur (cf. 1 Tm 6, 11).

Le catéchiste est un homme de la mémoire de Dieu s’il a une relation constante et vitale avec Lui et avec son prochain ; s’il est un homme de foi, qui a vraiment confiance en Dieu et met en Lui sa sécurité ; s’il est un homme de charité, d’amour, qui considère chacun comme son frère ; s’il est un homme d’« hypomoné », de patience, de persévérance, qui sait affronter les difficultés, les épreuves, les échecs, avec sérénité et espérance dans le Seigneur ; s’il est un homme doux, capable de compréhension et de miséricorde.

Prions le Seigneur afin que nous soyons tous des hommes et des femmes qui gardent et alimentent la mémoire de Dieu dans notre vie, et qui savent l’éveiller dans le cœur des autres. Amen.

[01379-03.02] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

1. "Woe to the complacent in Zion, to those who feel secure … lying upon beds of ivory!" (Am 6:1,4). They eat, they drink, they sing, they play and they care nothing about other people’s troubles.

These are harsh words which the prophet Amos speaks, yet they warn us about a danger that all of us face. What is it that this messenger of God denounces; what does he want his contemporaries, and ourselves today, to realize? The danger of complacency, comfort, worldliness in our lifestyles and in our hearts, of making our well-being the most important thing in our lives. This was the case of the rich man in the Gospel, who dressed in fine garments and daily indulged in sumptuous banquets; this was what was important for him. And the poor man at his doorstep who had nothing to relieve his hunger? That was none of his business, it didn’t concern him. Whenever material things, money, worldliness, become the centre of our lives, they take hold of us, they possess us; we lose our very identity as human beings. Think of it: the rich man in the Gospel has no name, he is simply "a rich man". Material things, his possessions, are his face; he has nothing else.

Let’s try to think: How does something like this happen? How do some people, perhaps ourselves included, end up becoming self-absorbed and finding security in material things which ultimately rob us of our face, our human face? This is what happens when we become complacent, when we no longer remember God. "Woe to the complacent in Zion", says the prophet. If we don’t think about God, everything ends up flat, everything ends up being about "me" and my own comfort. Life, the world, other people, all of these become unreal, they no longer matter, everything boils down to one thing: having. When we no longer remember God, we too become unreal, we too become empty; like the rich man in the Gospel, we no longer have a face! Those who run after nothing become nothing – as another great prophet Jeremiah, observed (cf. Jer 2:5). We are made in God’s image and likeness, not the image and likeness of material objects, of idols!

2. So, as I look out at you, I think: Who are catechists? They are people who keep the memory of God alive; they keep it alive in themselves and they are able to revive it in others. This is something beautiful: to remember God, like the Virgin Mary, who sees God’s wondrous works in her life but doesn’t think about honour, prestige or wealth; she doesn’t become self-absorbed. Instead, after receiving the message of the angel and conceiving the Son of God, what does she do? She sets out, she goes to assist her elderly kinswoman Elizabeth, who was also pregnant. And the first thing she does upon meeting Elizabeth is to recall God’s work, God’s fidelity, in her own life, in the history of her people, in our history: "My soul magnifies the Lord … For he has looked on the lowliness of his servant … His mercy is from generation to generation" (Lk 1:46, 48, 50). Mary remembers God.

This canticle of Mary also contains the remembrance of her personal history, God’s history with her, her own experience of faith. And this is true too for each one of us and for every Christian: faith contains our own memory of God’s history with us, the memory of our encountering God who always takes the first step, who creates, saves and transforms us. Faith is remembrance of his word which warms our heart, and of his saving work which gives life, purifies us, cares for and nourishes us. A catechist is a Christian who puts this remembrance at the service of proclamation, not to seem important, not to talk about himself or herself, but to talk about God, about his love and his fidelity. To talk about and to pass down all that God has revealed, his teaching in its totality, neither trimming it down nor adding on to it.

Saint Paul recommends one thing in particular to his disciple and co-worker Timothy: Remember, remember Jesus Christ, raised from the dead, whom I proclaim and for whom I suffer (cf. 2 Tim 2:8-9). The Apostle can say this because he too remembered Christ, who called him when he was persecuting Christians, who touched him and transformed him by his grace.

The catechist, then, is a Christian who is mindful of God, who is guided by the memory of God in his or her entire life and who is able to awaken that memory in the hearts of others. This is not easy! It engages our entire existence! What is the Catechism itself, if not the memory of God, the memory of his works in history and his drawing near to us in Christ present in his word, in the sacraments, in his Church, in his love? Dear catechists, I ask you: Are we in fact the memory of God? Are we really like sentinels who awaken in others the memory of God which warms the heart?

3. "Woe to the complacent in Zion!", says the prophet. What must we do in order not to be "complacent" – people who find their security in themselves and in material things – but men and woman of the memory of God? In the second reading, Saint Paul, once more writing to Timothy, gives some indications which can also be guideposts for us in our work as catechists: pursue righteousness, godliness, faith, love, endurance, gentleness (cf. 1 Tim 6:11).

Catechists are men and women of the memory of God if they have a constant, living relationship with him and with their neighbour; if they are men and women of faith who truly trust in God and put their security in him; if they are men and women of charity, love, who see others as brothers and sisters; if they are men and women of "hypomoné", endurance and perseverance, able to face difficulties, trials and failures with serenity and hope in the Lord; if they are gentle, capable of understanding and mercy.

Let us ask the Lord that we may all be men and women who keep the memory of God alive in ourselves, and are able to awaken it in the hearts of others. Amen.

[01379-02.02] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

1. „Weh den Sorglosen auf dem Zion und den Selbstsicheren … Sie liegen auf Betten aus Elfenbein" (vgl. Am 6,1.4), essen, trinken, singen, vergnügen sich und kümmern sich nicht um die Probleme der anderen.

Es sind harte Worte, die der Prophet Amos spricht, aber sie warnen uns vor einer Gefahr, die uns allen droht. Was klagt dieser Bote Gottes öffentlich an, was stellt er seinen Zeitgenossen und auch uns heute vor Augen? Die Gefahr, sich der Bequemlichkeit hinzugeben, der Weltlichkeit im Leben und im Herzen, die Gefahr, unser Wohlergehen in den Mittelpunkt zu stellen. Es ist die gleiche Erfahrung des Reichen im Evangelium, der sich in Luxus kleidete und sich reichen Festmählern hingab – das war ihm wichtig. Und der Arme, der vor seiner Tür lag und nichts hatte, um seinen Hunger zu stillen? Er ist nicht seine Angelegenheit, er geht ihn nichts an. Wenn die Dinge, das Geld, die Weltlichkeit im Mittelpunkt unseres Lebens stehen, dann ergreifen sie Besitz von uns und wir verlieren unsere menschliche Identität selbst: Schaut genau, der Reiche im Evangelium hat keinen Namen, er ist bloß „ein Reicher". Die Dinge, die er besitzt, sind sein Gesicht, er hat kein anderes.

Aber versuchen wir uns zu fragen: Wieso geschieht das? Warum geraten Menschen, vielleicht auch wir, in die Gefahr, sich zu verschließen und die eigene Sicherheit auf Dinge zu setzen, die uns am Ende das Gesicht, unser menschliches Gesicht rauben? Dies geschieht, wenn wir das Bewusstsein für Gott verlieren. „Weh den Sorglosen auf dem Zion", sagte der Prophet. Wenn das Bewusstsein für Gott fehlt, flacht alles ab, alles geht über auf das Ich, auf das eigene Wohlergehen. Das Leben, die Welt, die anderen verlieren an Bestand und zählen nicht mehr. Alles reduziert sich auf eine einzige Dimension: den Besitz. Wenn wir das Bewusstsein für Gott verlieren, büßen auch wir selbst Bestand ein, dann werden auch wir leer, verlieren wir unser Gesicht wie der Reiche im Evangelium! Wer den nichtigen Dingen nachläuft, wird selber zunichte – so sagt Jeremia, ein anderer großer Prophet (vgl. Jer 2,5). Wir sind geschaffen nach Gottes Abbild und ihm ähnlich – nicht nach dem Bild und Gleichnis der Dinge, der Götzen!

2. Nun, wenn ich euch anschaue, frage ich mich: Wer ist ein Katechist? Es ist derjenige, der das Bewusstsein für Gott bewahrt und nährt; er bewahrt es in sich selbst und weiß es in den anderen wachzurufen. Es ist schön, sich Gott bewusst zu machen – wie die Jungfrau Maria, die angesichts des wunderbaren Handelns Gottes in ihrem Leben nicht an Ehre, an Ansehen oder an Reichtum denkt und sich nicht in sich selbst verschließt. Im Gegenteil, nachdem sie die Botschaft des Engels aufgenommen und den Sohn Gottes empfangen hat, was tut sie? Sie bricht auf, sie geht zur alten Verwandten Elisabeth, die auch schwanger ist, um ihr zu helfen; und bei der Begegnung mit ihr ist das erste, was sie tut, sich des Handelns Gottes bewusst zu werden, Gottes Treue in ihrem Leben, in der Geschichte ihres Volkes, in unserer Geschichte: „Meine Seele preist die Größe des Herrn … Denn auf die Niedrigkeit seiner Magd hat er geschaut … Er erbarmt sich von Geschlecht zu Geschlecht (Lk 1,46.48.50). Maria hat ein Bewusstsein für Gott.

In diesem Lobgesang Marias findet sich auch die Erinnerung an ihre persönliche Geschichte, die Geschichte Gottes mit ihr, ihre eigene Glaubenserfahrung. Und so ist es für jeden von uns, für jeden Christen: der Glaube enthält gerade das Bewusstsein für die Geschichte Gottes mit uns, für die Geschichte der Begegnung mit Gott, der sich als erster bewegt, der erschafft und erlöst, der uns verwandelt. Der Glaube ist Sich-Bewusstmachen seines Wortes, das das Herz erwärmt, seines Heilshandelns, mit dem er uns das Leben gibt, uns reinigt, heilt, nährt. Der Katechist ist eigentlich ein Christ, der dieses Bewusstsein in den Dienst der Verkündigung stellt; nicht um gesehen zu werden, nicht um von sich zu sprechen, sondern um von Gott zu sprechen, von seiner Liebe, von seiner Treue. Er will über all das sprechen und all das mitteilen, was Gott geoffenbart hat, das heißt die Lehre in ihrer Ganzheit, ohne etwas wegzunehmen oder hinzuzufügen.

Der heilige Paulus empfiehlt seinem Jünger und Mitarbeiter Timotheus besonders eines: denke, denke an Jesus Christus, der von den Toten auferstanden ist, den ich verkündige und für den ich leide (vgl. 2 Tim 2,8-9). Aber der Apostel kann so sprechen, weil er sich zunächst an Christus erinnert, der ihn gerufen hat, als er noch die Christen verfolgte, der ihn mit seiner Gnade berührt und umgewandelt hat.

Der Katechist ist nun ein Christ, der in sich das Bewusstsein für Gott trägt, der sich vom Bewusstsein für Gott in seinem ganzen Leben leiten lässt und der es versteht, es in den Herzen der anderen wachzurufen. Das ist anstrengend! Es verlangt das ganze Leben! Der Katechismus selbst, was ist er, wenn nicht Erinnerung an Gott, Erinnerung an sein Handeln in der Geschichte, an sein Uns-nahe-Kommen in Jesus Christus, der gegenwärtig ist in seinem Wort, in den Sakramenten, in der Kirche, in seiner Liebe? Liebe Katechisten, ich frage euch: sind wir Bewusstsein an Gott? Sind wir wirklich wie Wächter, die in den anderen das Bewusstsein für Gott wachrufen, welches das Herz erwärmt?

3. „Weh den Sorglosen auf dem Zion", sagt der Prophet. Welchen Weg sollen wir durchlaufen, um nicht zu „sorglosen" Menschen zu werden, die ihre Sicherheit in sich selbst und in die materiellen Dinge setzen, sondern zu Männern und Frauen mit einem Bewusstsein für Gott? Im Ersten Brief an Timotheus gibt der heilige Paulus einige Hinweise, die auch den Weg des Katechisten, unseren Weg markieren können: wir sollen nach Gerechtigkeit, Frömmigkeit, Glauben, Liebe, Standhaftigkeit und Sanftmut streben (vgl. 1 Tim 6,11).

Der Katechist ist ein Mensch des Bewusstseins für Gott, wenn er eine beständige, lebendige Beziehung mit ihm und mit dem Nächsten hat; wenn er ein Mensch des Glaubens ist, der wirklich Gott vertraut und auf ihn seine Gewissheit setzt; wenn er ein Mensch der „hypomoné" ist, der Geduld und Beständigkeit, der Schwierigkeiten, Prüfungen und Erfolglosigkeit mit Heiterkeit und Hoffnung auf den Herrn zu begegnen weiß; wenn er ein sanftmütiger Mensch ist, der fähig ist verständnisvoll und barmherzig zu sein.

Bitten wir den Herrn, dass wir alle Männer und Frauen sind, welche das Bewusstsein für Gott im eigenen Leben bewahren und nähren und im Herzen der anderen wachzurufen wissen. Amen.

[01379-05.02] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

1. «¡Ay de los que se fían de Sión,... acostados en lechos de marfil!» (Am 6,1.4); comen, beben, cantan, se divierten y no se preocupan por los problemas de los demás.

Son duras estas palabras del profeta Amós, pero nos advierten de un peligro que todos corremos. ¿Qué es lo que denuncia este mensajero de Dios, lo que pone ante los ojos de sus contemporáneos y también ante los nuestros hoy? El riesgo de apoltronarse, de la comodidad, de la mundanidad en la vida y en el corazón, de concentrarnos en nuestro bienestar. Es la misma experiencia del rico del Evangelio, vestido con ropas lujosas y banqueteando cada día en abundancia; esto era importante para él. ¿Y el pobre que estaba a su puerta y no tenía para comer? No era asunto suyo, no tenía que ver con él. Si las cosas, el dinero, lo mundano se convierten en el centro de la vida, nos aferran, se apoderan de nosotros, perdemos nuestra propia identidad como hombres. Fíjense que el rico del Evangelio no tiene nombre, es simplemente «un rico». Las cosas, lo que posee, son su rostro, no tiene otro.

Pero intentemos preguntarnos: ¿Por qué sucede esto? ¿Cómo es posible que los hombres, tal vez también nosotros, caigamos en el peligro de encerrarnos, de poner nuestra seguridad en las cosas, que al final nos roban el rostro, nuestro rostro humano? Esto sucede cuando perdemos la memoria de Dios. "¡Ay de los que se fían de Sión!", decía el profeta. Si falta la memoria de Dios, todo queda rebajado, todo queda en el yo, en mi bienestar. La vida, el mundo, los demás, pierden la consistencia, ya no cuentan nada, todo se reduce a una sola dimensión: el tener. Si perdemos la memoria de Dios, también nosotros perdemos la consistencia, también nosotros nos vaciamos, perdemos nuestro rostro como el rico del Evangelio. Quien corre en pos de la nada, él mismo se convierte en nada, dice otro gran profeta, Jeremías (cf. Jr 2,5). Estamos hechos a imagen y semejanza de Dios, no a imagen y semejanza de las cosas, de los ídolos.

2. Entonces, mirándoles a ustedes, me pregunto: ¿Quién es el catequista? Es el que custodia y alimenta la memoria de Dios; la custodia en sí mismo y sabe despertarla en los demás. Qué bello es esto: hacer memoria de Dios, como la Virgen María que, ante la obra maravillosa de Dios en su vida, no piensa en el honor, el prestigio, la riqueza, no se cierra en sí misma. Por el contrario, tras recibir el anuncio del Ángel y haber concebido al Hijo de Dios, ¿qué es lo que hace? Se pone en camino, va donde su anciana pariente Isabel, también ella encinta, para ayudarla; y al encontrarse con ella, su primer gesto es hacer memoria del obrar de Dios, de la fidelidad de Dios en su vida, en la historia de su pueblo, en nuestra historia: «Proclama mi alma la grandeza del Señor... porque ha mirado la humillación de su esclava... su misericordia llega a sus fieles de generación en generación» (cf. Lc 1,46.48.50). María tiene memoria de Dios.

En este cántico de María está también la memoria de su historia personal, la historia de Dios con ella, su propia experiencia de fe. Y así es para cada uno de nosotros, para todo cristiano: la fe contiene precisamente la memoria de la historia de Dios con nosotros, la memoria del encuentro con Dios, que es el primero en moverse, que crea y salva, que nos transforma; la fe es memoria de su Palabra que inflama el corazón, de sus obras de salvación con las que nos da la vida, nos purifica, nos cura, nos alimenta. El catequista es precisamente un cristiano que pone esta memoria al servicio del anuncio; no para exhibirse, no para hablar de sí mismo, sino para hablar de Dios, de su amor y su fidelidad. Hablar y transmitir todo lo que Dios ha revelado, es decir, la doctrina en su totalidad, sin quitar ni añadir nada.

San Pablo recomienda a su discípulo y colaborador Timoteo sobre todo una cosa: Acuérdate, acuérdate de Jesucristo, resucitado de entre los muertos, a quien anuncio y por el que sufro (cf. 2 Tm 2,8-9). Pero el Apóstol puede decir esto porque él es el primero en acordarse de Cristo, que lo llamó cuando era un perseguidor de los cristianos, lo conquistó y transformó con su gracia.

El catequista, pues, es un cristiano que lleva consigo la memoria de Dios, se deja guiar por la memoria de Dios en toda su vida, y la sabe despertar en el corazón de los otros. Esto requiere esfuerzo. Compromete toda la vida. El mismo Catecismo, ¿qué es sino memoria de Dios, memoria de su actuar en la historia, de su haberse hecho cercano a nosotros en Cristo, presente en su Palabra, en los sacramentos, en su Iglesia, en su amor? Queridos catequistas, les pregunto: ¿Somos nosotros memoria de Dios? ¿Somos verdaderamente como centinelas que despiertan en los demás la memoria de Dios, que inflama el corazón?

3. «¡Ay de los que se fían de Sión», dice el profeta. ¿Qué camino se ha de seguir para no ser «superficiales», como los que ponen su confianza en sí mismos y en las cosas, sino hombres y mujeres de la memoria de Dios? En la segunda Lectura, san Pablo, dirigiéndose de nuevo a Timoteo, da algunas indicaciones que pueden marcar también el camino del catequista, nuestro camino: Tender a la justicia, a la piedad, a la fe, a la caridad, a la paciencia, a la mansedumbre (cf. 1 Tm 6,11).

El catequista es un hombre de la memoria de Dios si tiene una relación constante y vital con él y con el prójimo; si es hombre de fe, que se fía verdaderamente de Dios y pone en él su seguridad; si es hombre de caridad, de amor, que ve a todos como hermanos; si es hombre de «hypomoné», de paciencia, de perseverancia, que sabe hacer frente a las dificultades, las pruebas y los fracasos, con serenidad y esperanza en el Señor; si es hombre amable, capaz de comprensión y misericordia.

Pidamos al Señor que todos seamos hombres y mujeres que custodian y alimentan la memoria de Dios en la propia vida y la saben despertar en el corazón de los demás. Amén.

[01379-04.02] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

1. «Ai dos que vivem comodamente em Sião e dos que vivem tranquilos (…) deitados em leitos de marfim» (Am 6, 1.4), comem, bebem, cantam, divertem-se e não se preocupam com os problemas dos outros.

São palavras duras, estas do profeta Amós, mas que nos advertem para um perigo que todos corremos. Que denuncia este mensageiro de Deus, que põe ele diante dos olhos dos seus contemporâneos e diante dos nossos também? O risco de se acomodar, da comodidade, da mundanidade na vida e no coração, de ter como centro o nosso bem-estar. É a própria experiência do rico do Evangelho, que vestia roupas de luxo e cada dia se banqueteava lautamente; importante para ele era isto. E o pobre que jazia à sua porta e não tinha com que matar a fome? Não era com ele, não lhe dizia respeito. Se as coisas, o dinheiro, a mundanidade se tornam o centro da vida, apoderam-se de nós, dominam-nos e perdemos a nossa identidade de homens: vede que o rico do Evangelho não tem nome, é simplesmente «um rico». As coisas, aquilo que possui, são o seu rosto, não tem outro.

Mas tentemos descobrir: Como é que acontece isto? Como é que os homens, talvez nós mesmos caímos no perigo de nos fecharmos, de pormos a nossa segurança nas coisas, que no fim nos roubam o rosto, o nosso rosto humano? Isto acontece, quando perdemos a memória de Deus. «Ai dos que vivem comodamente em Sião» - dizia o profeta. Se falta a memória de Deus, tudo se rebaixa, nivela pelo eu, pelo meu bem-estar. A vida, o mundo, os outros perdem a consistência, já não contam para nada, tudo se reduz a uma única dimensão: o ter. Se perdemos a memória de Deus, também nós mesmos perdemos consistência, também nós nos esvaziamos, perdemos o nosso rosto, como o rico do Evangelho! Quem corre atrás do nada, torna-se ele próprio nulidade – diz outro grande profeta, Jeremias (cf. Jr 2, 5). Estamos feitos à imagem e semelhança de Deus, não à imagem e semelhança das coisas, dos ídolos!

2. Assim, ao ver-vos, pergunto-me: Quem é o catequista? É aquele que guarda e alimenta a memória de Deus; guarda-a em si mesmo e sabe despertá-la nos outros. É belo isto: fazer memória de Deus, como a Virgem Maria que, perante a maravilhosa acção de Deus na sua vida, não pensa nas honras, no prestígio, nas riquezas, não se fecha em si mesma. Antes pelo contrário! Depois de ter recebido o anúncio do Anjo e ter concebido o Filho de Deus, que faz Ela? Parte, vai ter com a sua prima Isabel, idosa e também ela grávida, para a ajudar; e, quando a encontra, o seu primeiro acto é fazer memória do agir de Deus, da fidelidade de Deus na sua vida, na história do seu povo, na nossa história: «A minha alma glorifica o Senhor, (...) porque pôs os olhos na humildade da sua serva (...); a sua misericórdia se estende de geração em geração» (Lc 1, 46.48.50). Maria possui a memória de Deus.

Neste cântico de Maria, está presente também a memória da sua história pessoal, a história de Deus com Ela, a sua própria experiência de fé. E o mesmo se passa com cada um de nós, com cada cristão: a fé contém precisamente a memória da história de Deus connosco, a memória do encontro com Deus que toma a iniciativa, que cria e salva, que nos transforma; a fé é memória da sua Palavra que inflama o coração, das suas acções salvíficas pelas quais nos dá vida, purifica, cuida de nós e alimenta. O catequista é precisamente um cristão que põe esta memória ao serviço do anúncio; não para dar nas vista, nem para falar de si, mas para falar de Deus, do seu amor, da sua fidelidade. Falar e transmitir tudo aquilo que Deus revelou, isto é, a doutrina na sua totalidade, sem cortes nem acrescentos.

A Timóteo, seu discípulo e colaborador, São Paulo recomenda sobretudo isto: Lembra-te, lembra-te de Jesus Cristo, ressuscitado dentre os mortos, que eu anuncio e pelo qual sofro (cf. 2 Tm 2, 8-9). Mas o Apóstolo pode dizer isto, porque ele, primeiro, se lembrou de Cristo, que o chamou quando era perseguidor dos cristãos, tocou-o e transformou-o com a sua graça.

Deste modo, o catequista é um cristão que traz em si a memória de Deus, deixa-se guiar pela memória de Deus em toda a sua vida, e sabe despertá-la no coração dos outros. Isto é difícil! Compromete a vida toda! E o próprio Catecismo que é senão memória de Deus, memória da sua acção na história, de Se ter feito próximo de nós em Cristo, presente na sua Palavra, nos Sacramentos, na sua Igreja, no seu amor? Amados catequistas, pergunto-vos: Somos nós memória de Deus? Procedemos verdadeiramente como sentinelas que despertam nos outros a memória de Deus, que inflama o coração.

3. «Ai dos que vivem comodamente em Sião!» - diz o profeta. Que estrada seguir para não sermos pessoas «que vivem comodamente», que põem a sua segurança em si mesmos e nas coisas, mas homens e mulheres da memória de Deus? Na segunda leitura, escrevendo ao referido Timóteo, São Paulo dá algumas indicações que podem caracterizar também o caminho do catequista, o nosso caminho: procurar a justiça, a piedade, a fé, o amor, a paciência, a mansidão (cf. 1 Tm 6, 11).

O catequista é pessoa da memória de Deus, se tem uma relação constante, vital com Ele e com o próximo; se é pessoa de fé, que confia verdadeiramente em Deus e põe n’Ele a sua segurança; se é pessoa de caridade, de amor, que vê a todos como irmãos; se é «hypomoné», pessoa de paciência e perseverança, que sabe enfrentar as dificuldades, as provas, os insucessos, com serenidade e esperança no Senhor; se é pessoa gentil, capaz de compreensão e de misericórdia.

Peçamos ao Senhor para sermos todos, homens e mulheres que guardam e alimentam a memória de Deus na própria vida e a sabem despertar no coração dos outros. Amen.

[01379-06.02] [Texto original: Italiano]

[B0616-XX.02]