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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (19 GENNAIO 2014), 24.09.2013


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (19 GENNAIO 2014)

INTERVENTO DEL CARD. ANTONIO MARIA VEGLIÒ

INTERVENTO DI S.E. MONS. JOSEPH KALATHIPARAMBIL

INTERVENTO DEL REV.DO P. GABRIELE BENTOGLIO

DATI STATISTICI

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (19 gennaio 2014) sul tema: "Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore".

Intervengono: l’Em.mo Card. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti; S.E. Mons. Joseph Kalathiparambil, Segretario del Dicastero, e il Rev.do P. Gabriele Bentoglio, C.S., Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.

Riportiamo di seguito gli interventi dei conferenzieri e i dati statistici:

INTERVENTO DEL CARD. ANTONIO MARIA VEGLIÒ

Ho l’onore e il privilegio di presentarVi oggi il primo Messaggio del Santo Padre Francesco in occasione della celebrazione annuale della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si terrà, a livello ecclesiale, il 19 gennaio 2014. Questo Messaggio pontificio, dedicato al tema "Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore", ha due aspetti: quello dei migranti e quello dei rifugiati. I nostri interventi tenteranno di illustrare il pensiero del Santo Padre riguardo al fenomeno della mobilità umana nel contesto di questo cammino di speranza verso un mondo migliore per l’umanità intera.

Il tema scelto dal Santo Padre richiama alla mente il concetto di "un mondo migliore" – un concetto che, come osserva il Papa, deve essere letto nel contesto del fenomeno della globalizzazione, insieme con i suoi elementi positivi e negativi o problematici. Questo processo tocca non solo l’aspetto economico della società, ma tutti i suoi aspetti, e ha "l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della famiglia umana", portando così "la speranza di un futuro migliore".

Su questo sfondo della globalizzazione, emerge pure il fenomeno della mobilità umana che Papa Francesco definisce "un segno dei tempi", richiamando così l’espressione già usata dal Suo Predecessore Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale del 2006. Mi sembra opportuno in questo momento ricordare che il fenomeno della mobilità umana colpisce proprio per la moltitudine delle persone che coinvolge. Secondo le statistiche delle Nazioni Unite, pubblicate all’inizio di settembre, 232 milioni di persone vivono fuori della loro nazione di origine. Inoltre, 740 milioni sono i migranti interni, coloro cioè che si spostano nel territorio del proprio Paese, dato questo ripreso dal Rapporto Mondiale 2011 dell’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM). In totale, si stima che circa un miliardo di esseri umani viva l’esperienza migratoria. In riferimento all’umanità intera, tali statistiche indicano che circa un settimo della popolazione globale è toccato dalla migrazione e, di conseguenza, una persona su sette è migrante1.

La migrazione, quindi, è un fenomeno che influenza profondamente la nostra società. La sua portata e le sue dimensioni sono aumentate in maniera drammatica e si prevede che continueranno a crescere anche in futuro. Alla luce della Parola di Dio e della sua dottrina sociale, la Chiesa cerca di mettere in rilievo tutti gli aspetti di questo fenomeno. Dal punto di vista cristiano, come nota il Santo Padre, anche il fenomeno della mobilità umana deve essere visto sullo sfondo dell’intera storia della Redenzione, con la dinamica che vi è tra creazione e grazia divina da un lato, e peccato e morte dall’altro. Questa tensione, scrive il Papa, si mostra in forma concreta nel fenomeno migratorio: "Alla solidarietà e all’accoglienza, ai gesti fraterni e di comprensione, si contrappongono il rifiuto, la discriminazione, i traffici dello sfruttamento, del dolore e della morte". In modo particolare, il pensiero del Pontefice va verso le situazioni dolorose della migrazione forzata, soprattutto quando genera la tratta di esseri umani e la schiavitù. "Il ‘lavoro schiavo’ oggi è moneta corrente!" commenta fortemente il Santo Padre, richiamando le sue parole di quando era Arcivescovo di Buenos Aires, nel Messaggio per la Quaresima indirizzato alla sua diocesi: "La sofferenza degli innocenti e delle persone pacifiche non smette di schiaffeggiarci; il disprezzo dei diritti delle persone e dei popoli più fragili non sono tanto lontani da noi; l’impero del denaro con i suoi demoniaci effetti come la droga, la corruzione, la tratta delle persone, e anche di bambini, insieme alla miseria materiale e morale, sono moneta di scambio"2.

Nonostante le difficoltà e le situazioni drammatiche, la migrazione è un invito ad immaginare un futuro differente, dove si intravede la creazione di un "mondo migliore". Il concetto di "mondo migliore", scrive il Papa, non allude a pensieri astratti o irraggiungibili, ma "orienta piuttosto alla ricerca di uno sviluppo integrale" e "a operare perché vi siano condizioni di vita dignitose per tutti". È un invito che mira allo sviluppo dell’umanità intera, includendo ogni persona con il proprio potenziale spirituale e culturale, e includendo anche il contributo a un mondo più giusto e solidale a livello globale, che rispetti pienamente la vita e la dignità umana. Richiamando le parole dall’enciclica Populorum progressio del Venerato Paolo VI, Papa Francesco ricorda che il desiderio del cuore umano è "fare conoscere e avere di più, per essere di più" (Paolo VI, Populorum progressio, 6).

Ecco l’aspirazione dell’uomo: fare conoscere di più, avere di più, ma soprattutto essere di più. Nel Messaggio, il Santo Padre ricorda che lo sviluppo non deve essere ridotto solo a una crescita economica, ma implica la promozione integrale della persona umana. Questo sviluppo non è un evento singolare, ma riguarda la capacità "di passare da una cultura dello scarto ad una cultura dell’incontro e dell’accoglienza". Se accettiamo che la cultura sia l’insieme di aspetti spirituali, esistenziali e intellettuali che contraddistinguono una società, che comprende anche i modi di vita, i diritti fondamentali, i sistemi di valori, le tradizioni e le credenze, allora si può affermare che l’intera esistenza umana è permeata da atteggiamenti d’incontro e d’accoglienza, fino in fondo.

Una cultura dell’accoglienza e dell’incontro richiede fortemente che la migrazione sia vista da una prospettiva umana, cioè dal punto di vista della persona, con i suoi diritti e doveri. Infatti, non parliamo dei migranti come "pedine sullo scacchiere dell’umanità", ma di persone concrete: "di bambini, donne e uomini che abbandonano o sono costretti ad abbandonare le loro case per varie ragioni, che condividono lo stesso desiderio legittimo di conoscere, di avere, ma soprattutto di essere di più". Così, coloro che intraprendono il viaggio migratorio non possono essere considerati un elemento marginale dell’attuale periodo della storia umana, ma persone che condividono con tutta l’umanità lo stesso desiderio legittimo di far conoscere, di avere e, soprattutto, di essere di più. La Chiesa è in cammino con loro, lavorando "per superare gli effetti negativi e valorizzare le ricadute positive sulle comunità", spesso anche diventando protagonista nella difesa dei diritti umani e della dignità dell’uomo. Nel loro cammino, la Chiesa ha un ruolo cruciale nell’accompagnarli nella ricerca di questo "di più".

Sotto questo profilo, il Santo Padre mette in luce tre orientamenti. Al primo posto, emerge la necessità di "una cooperazione internazionale e uno spirito di profonda solidarietà e compassione" che comporta "la collaborazione ai vari livelli, con l’adozione corale degli strumenti normativi che tutelino e promuovano la persona umana". Tale cooperazione, in riferimento alla migrazione, nasce dal fatto che, come scrive il Papa, "nessun Paese può affrontare da solo le difficoltà connesse a questo fenomeno". La collaborazione esige la creazione di un sistema normativo che sia chiaro, coraggioso e lungimirante, nel pieno rispetto della dignità umana di ogni migrante. È necessario uno studio approfondito e un’attenta valutazione della situazione attuale per conoscere i meccanismi alla base della mobilità dei popoli. Così, il mutuo aiuto internazionale può tradursi nella formulazione di leggi ad hoc che mirino alla risoluzione dei problemi e non alla costruzione di muri, provocando ulteriore divisione. Lavorare insieme per un mondo migliore, scrive il Papa, richiede "disponibilità e fiducia, senza sollevare barriere insormontabili".

Ad un livello successivo, il secondo elemento nel cammino verso un mondo migliore inizia già "a casa". Esso consiste nello "sforzo che ogni Paese dovrebbe fare per creare migliori condizioni economiche e sociali in patria, di modo che l’emigrazione non sia l’unica opzione per chi cerca pace, giustizia, sicurezza e pieno rispetto della dignità umana". Così, viene ricordato che, oltre al diritto fondamentale di ogni persona ad emigrare, esiste il diritto a non emigrare, cioè a rimanere nella propria terra. Tale diritto è primario rispetto a quello di emigrare, ma – come ha già notato Papa Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale del 2013 – è un diritto che "diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all’emigrazione".

Infine, la terza linea individuata da Papa Francesco è quella "del superamento di pregiudizi e precomprensioni nel considerare le migrazioni". Talvolta succede che i flussi di migranti che arrivano alle loro destinazioni suscitino sentimenti di paura e ostilità nelle popolazioni locali. Questo fenomeno è in costante aumento, particolarmente quando la verità viene distorta, evocando false paure e inutili allarmismi. Da qui, nascono timori riguardo agli aspetti della vita sociale e personale, come ad esempio sconvolgimenti nella sicurezza sociale, aumento della criminalità, crescita della concorrenza sul mercato, o paura di perdere identità e cultura. In contrapposizione, viene suggerita dal Papa la necessità di un passaggio dalla "cultura dello scarto" a una "cultura dell’incontro", ma questa volta in riferimento ai migranti e ai rifugiati. Scrive il Pontefice: "È necessario (...) il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione (...) ad un atteggiamento che abbia alla base la "cultura dell’incontro", l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore". Tale cambiamento di atteggiamento o – per usare la terminologia del Santo Padre – questo passaggio ad una cultura dell’incontro è responsabilità non solo dei governi, ma di tutti. Tuttavia, molto interessante è il fatto che vengano nominati, in modo particolare, i mezzi di comunicazione sociale. Essi, scrive il Pontefice, "sono chiamati ad entrare in questa ‘conversione di atteggiamenti’ e a favorire questo cambio di comportamento verso i migranti e i rifugiati". I mass-media, dunque, hanno un ruolo di grande responsabilità. Da una parte, possono raccogliere ed esprimere le attese e le esigenze del mondo odierno, offrendo alla società gli elementi per una lettura della realtà. Dall’altra, devono porre particolare attenzione alla verità, alla bontà e alla bellezza per comunicare proprio ciò che è verità, bontà e bellezza (cfr. Francesco, Discorso ai Rappresentanti dei Media – 16 marzo 2013). Per questo motivo, è importante che essi aiutino a smascherare falsi miti sulla migrazione, mostrandola nel modo più autentico possibile.

Questo passaggio ad una cultura dell’accoglienza e dell’incontro, è in particolare, la missione dei discepoli di Cristo. Questa è la vocazione della Chiesa che abbraccia tutti i popoli. Nel volto dello straniero è impresso il volto di Cristo e ogni discepolo di Cristo è chiamato a riconoscerLo. "Si tratta," scrive Papa Francesco, "di vedere noi per primi e di aiutare gli altri a vedere nel migrante e nel rifugiato non solo un problema da affrontare, ma un fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare". Il Papa, infatti, nota che la migrazione è per la Chiesa "un’occasione che la Provvidenza ci offre per contribuire alla costruzione di una società più giusta, una democrazia più compiuta, un Paese più solidale, un mondo più fraterno e una comunità cristiana più aperta, secondo il Vangelo."

Il Santo Padre conclude con un’esortazione ai migranti e ai rifugiati a non perdere la speranza di un futuro migliore. Queste parole sono collocate nel contesto dell’icona della Santa Famiglia esule in Egitto. Come il cuore materno della Madonna e quello premuroso di San Giuseppe hanno conservato la fiducia che Dio mai abbandona, così nei cuori dei migranti non deve mancare la fiducia nel Signore.

Alla voce del Santo Padre aggiungo espressioni di sincera gratitudine, stima e apprezzamento per tutti coloro che dedicano vita, energie, tempo e risorse alla cura, sia pastorale che sociale, delle migrazioni. Così la Chiesa si rende presente accanto ai migranti nelle loro difficoltà e sofferenze, ma soprattutto incarnando la mano di Dio, tesa in un gesto di genuina bontà e misericordia.

______________________

1 In allegato ci sono alcune ulteriori informazioni statistiche.

2 BERGOGLIO JORGE MARIO, Messaggio per la Quaresima all’Arcidiocesi di Buenos Aires 2013, 13 marzo 2013. www.arzbaires.org.ar/inicio/homiliasbergoglio.html

[01339-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. MONS. JOSEPH KALATHIPARAMBIL

Ogni rifugiato o sfollato cerca un posto sicuro, un luogo in cui sentirsi protetto da persecuzione, oppressione o violenza. Nelle difficili condizioni che ciascuno di loro deve affrontare, tutto è considerato un bene, piuttosto che restare nel territorio dove è a rischio la loro stessa vita. A volte, riescono a raggiungere questa sicurezza in una diversa regione del loro Paese, mentre non di rado devono cercare rifugio in un altro Stato. In questo caso, molto spesso si tratta di una località con altra lingua e differente cultura. Qui devono stabilirsi; qui devono costruire un futuro per se stessi, per le proprie famiglie e per le giovani generazioni. Devono ricominciare da capo la loro vita.

In questo processo di reinsediamento, essi fanno affidamento sul soccorso della Comunità internazionale, delle Organizzazioni non governative e della comunità locale. Nel corso degli anni, la Comunità internazionale ha sviluppato un quadro di assistenza da attuare nelle fasi di emergenza. Tuttavia, l’arrivo in un Paese di persone che chiedono asilo costituisce soltanto l’inizio di un lungo processo. È chiaro che nessuna persona può rimanere a lungo in situazione di emergenza, come nel caso di un campo profughi. Ogni persona umana ha bisogno di una casa, anzi ha diritto ad un focolare domestico!

Inoltre, negli ultimi anni sono emersi sempre più numerosi i casi di rifugiati che vanno a stabilirsi nelle zone urbane. La loro situazione si è fatta via via più complessa. Essi, infatti, vivono tra la popolazione autoctona, con la quale si trovano a competere per l’occupazione, i servizi sociali e le altre infrastrutture. L’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria può essere ostacolato da vincoli finanziari. Ciò richiede un programma d’aiuto totalmente diverso, dal momento che le persone sono più difficili da individuare nelle aree urbane e quindi da assistere. A dire il vero, per raggiungere i cosiddetti "rifugiati urbani" si stanno sviluppando metodi innovativi, che includono comunicazioni via SMS sulla distribuzione degli aiuti, la possibilità di connettersi alla rete internet, la produzione di filmati sui diritti dei rifugiati, la disponibilità di linee telefoniche specifiche per rispondere a eventuali quesiti e l’opportunità di ottenere carte di credito che consentano loro di avere un aiuto finanziario. Attualmente, questo sta avvenendo in Medio Oriente, dove i rifugiati siriani vivono in campi profughi e, per la maggior parte, nelle zone urbane. Il Messaggio del Santo Padre di quest’anno richiama l’attenzione su diversi aspetti del tema "migranti e rifugiati verso un mondo migliore" e mette in luce il fatto che le diverse forme di assistenza sono elementi "che permettono l’equa condivisione dei beni della terra, la tutela e la promozione della dignità e della centralità di ogni essere umano".

Per assistere i rifugiati sono state sviluppate anche soluzioni durature (come il rimpatrio volontario, l’integrazione locale e il reinsediamento), secondo la dislocazione geografica in cui essi hanno potuto stabilirsi. Si tratta, in questo caso, di garantire un limite alla sofferenza umana, da un lato, e di tutelare e promuovere una vita dignitosa, dall’altro, offrendo allo stesso tempo strutture adeguate, stabilità e speranza per il futuro. Bisogna dire che vi è stato un incremento anche negli standard minimi internazionali, ad esempio per quanto riguarda le derrate alimentari, l’alloggio, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, la detenzione e il rimpatrio. Del resto, questi standard internazionali sono di natura qualitativa e, dunque, sono universali e applicabili a qualsiasi ambito: in pratica, sono un’opportunità per costruire un mondo migliore. Per questo il Santo Padre ricorda che la creazione di un mondo migliore "orienta alla ricerca di uno sviluppo autentico e integrale, a operare perché vi siano condizioni di vita dignitose per tutti, perché trovino giuste risposte le esigenze delle persone e delle famiglie, perché sia rispettata, custodita e coltivata la creazione che Dio ci ha donato".

L’accoglienza dei rifugiati, oltre alle questioni che ho appena presentato (che riassumono il grande capitolo dell’assistenza dei rifugiati), solleva pure altre problematiche e importanti difficoltà. Alcuni Paesi si stanno sottoponendo a grandi sacrifici per affrontare questo fenomeno. Per esempio, più di due milioni di rifugiati vivono oggi nei Paesi che confinano con la Siria, mentre in Europa, soprattutto in Svezia e Germania, hanno trovato asilo cinquantamila rifugiati siriani. Per decenni milioni di rifugiati (per lo più afghani) si sono stabiliti in Pakistan e in Iran, come pure numerosi rifugiati si stanno registrando in altri Paesi, quali ad esempio l’Etiopia, il Sud Sudan e il Kenya.

Secondo quanto previsto inizialmente, la responsabilità di questi rifugiati avrebbe dovuto essere condivisa. Invece, negli accordi non è stato curato questo aspetto, così come non è dato sapere cosa accade ai rifugiati durante e dopo l’esame delle loro richieste di asilo. Di conseguenza, per molti anni i Paesi che accolgono i profughi possono contare soltanto su se stessi. Naturalmente ci sono alcuni fondi disponibili, ma si tratta sempre di somme insufficienti. Come risultato, sono questi Paesi a doversi sobbarcare l’onere maggiore.

Si potrebbe fare molto di più per rispondere a tali difficoltà, per esempio rafforzando il reinsediamento e garantendo che venga applicato su larga scala, come è avvenuto in passato. Ogni anno, sono messi a disposizione dei rifugiati ottantamila posti che danno la possibilità a un certo numero di loro di spostarsi dal Paese in cui sono arrivati per recarsi in un altro Paese, disposto ad accoglierli affinché possano ricostruirsi una vita dignitosa. Tuttavia, vi è una sproporzione enorme tra questo numero limitato di posti e il totale di circa 800 mila rifugiati che, a livello mondiale, ogni anno hanno bisogno di essere reinsediati. Il Messaggio di Papa Francesco ricorda che "lavorare insieme per un mondo migliore richiede il reciproco aiuto tra Paesi, con disponibilità e fiducia, senza sollevare barriere insormontabili. Una buona sinergia può essere di incoraggiamento ai governanti per affrontare gli squilibri socio-economici e una globalizzazione senza regole, che sono tra le cause di migrazioni in cui le persone sono più vittime che protagonisti. Nessun Paese può affrontare da solo le difficoltà connesse a questo fenomeno".

Nei Paesi industrializzati e anche nei Paesi del Sud del mondo, vi è un atteggiamento sempre più negativo verso i flussi dei profughi, con l’obiettivo di rendere più difficile la vita ai richiedenti asilo. In effetti, assistiamo all’erosione degli standard umanitari e all’introduzione di misure restrittive, per lasciare fuori le persone sradicate. Ciò alimenta il contrabbando di persone, le quali pur di raggiungere un suolo sicuro affrontano viaggi pericolosi. Inoltre, la popolazione locale, spesso per ignoranza o per paura, manifesta ostilità nei confronti degli immigrati, a volte persino pregiudizi e discriminazione. Sta di fatto che tutto questo impedisce una buona integrazione. Per questo è necessario approntare adeguati percorsi di sensibilizzazione sui motivi per cui i profughi arrivano. A questo proposito, il Santo Padre ricorda che "i mezzi di comunicazione sociale hanno un ruolo di grande responsabilità: tocca a loro, infatti, smascherare stereotipi e offrire corrette informazioni, dove capiterà di denunciare l’errore di alcuni, ma anche di descrivere l’onestà, la rettitudine e la grandezza d’animo dei più".

È importante promuovere una cultura della convivenza pacifica tra le comunità di origine, di transito e di accoglienza di chi è forzatamente costretto a emigrare e questo richiede un supplemento di comprensione vicendevole. La presenza di persone forzatamente sradicate è considerata come un problema invece che come un sintomo di un dilemma più profondo. Tutto questo sta minacciando la piena capacità di proteggere i rifugiati e lo spazio di protezione dei richiedenti asilo.

In ogni caso, la solidarietà è davvero necessaria verso coloro che sono dovuti fuggire, abbandonando le loro case e, spesso, anche gli affetti più cari. La solidarietà fa binomio con la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana, qualunque siano le nostre differenze nazionali, etniche, economiche e ideologiche e che, anzi, siamo dipendenti l’uno dall’altro. Noi siamo i custodi dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, ovunque ci troviamo a vivere. Salvare vite, restituire dignità umana, offrire speranza e sviluppare risposte della società, delle comunità e degli individui sono realtà strettamente connesse con i valori etici e la visione cristiana. Questo coinvolgimento a fianco di rifugiati e richiedenti asilo ci spingerà a uscire dal nostro mondo familiare, per affrontare l’ignoto, la missione, testimoni del Signore. "La Chiesa non si stancherà mai di ricordare che tutti devono assumersi l’impegno di creare una fratellanza umana che consiste in gesti concreti da parte degli individui e dei Governi e delle Istituzioni internazionali", ha detto Papa Benedetto XVI, nel Discorso alla Presentazione delle Lettere credenziali dei nuovi Ambasciatori presso la Santa Sede, il 16 giugno 2005.

La solidarietà è anche il nuovo nome del percorso che porterà al nostro rinnovamento come Chiesa, come ha detto il Santo Padre Francesco in occasione della sua recente visita al Centro Astalli per i rifugiati, lo scorso 10 settembre 2013: "solidarietà… è la nostra parola! Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione. (…) Per tutta la Chiesa è importante che l’accoglienza del povero e la promozione della giustizia non vengano affidate solo a degli "specialisti", ma siano un’attenzione di tutta la pastorale, della formazione dei futuri sacerdoti e religiosi, dell’impegno normale di tutte le parrocchie, i movimenti e le aggregazioni ecclesiali".

[01340-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DEL REV.DO P. GABRIELE BENTOGLIO, C.S.

1. Storia della Giornata annuale

Il primo Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato coincide con una data importante, poiché nel 2014 ricorderemo che l’istituzione di una specifica giornata celebrativa avvenne esattamente cent’anni fa. Infatti, il 6 dicembre 1914, a pochi mesi dall’inizio del pontificato di Benedetto XV, che ereditava da San Pio X un fecondo e dinamico patrimonio di sensibilità e di concrete iniziative nell’ambito della pastorale delle migrazioni1, la Congregazione Concistoriale inviava agli Ordinari Diocesani Italiani la lettera circolare "Il dolore e le preoccupazioni", nella quale si chiedeva, per la prima volta, di istituire una Giornata annuale di sensibilizzazione e, poi, di raccolta di denaro in favore delle opere pastorali per gli emigrati Italiani e per il sostentamento economico di un Collegio, appositamente fondato a Roma, per la preparazione dei missionari d’emigrazione. L’anno successivo, il 22 febbraio 1915, la medesima Congregazione inviava una lettera pure agli Ordinari Diocesani d’America, chiedendo che anch’essi si facessero carico di raccogliere fondi per la sollecitudine pastorale in favore degli emigrati italiani.

La Congregazione Concistoriale fissava la data della celebrazione, per l’Italia, nella prima domenica di quaresima e, dunque, la prima Giornata ebbe luogo il 21 febbraio 1915. Poi, nel 1928, la Concistoriale la trasferì alla prima domenica d’avvento.

La Costituzione Apostolica Exsul Familia, nel 1952, raccomandò che si celebrasse una giornata annuale "pro emigranti", allargata però anche a emigrati "di altre nazionalità o lingue", oltre agli italiani, da tenersi in tutto il mondo, nella prima domenica d’avvento.

L’Istruzione De pastorali migratorum cura, nel 1969, ribadì l’importanza della "Giornata del migrante" a livello mondiale e per tutti i migranti, e decise che fosse "celebrata nel periodo e nel modo che le circostanze locali e le esigenze d’ambiente sociale suggeriscono" (24.6).

L’Istruzione Erga migrantes caritas Christi, nel 2004, costatò l’estensione della Giornata anche ai rifugiati, stabilendo che "al fine di sensibilizzare tutti i fedeli ai doveri di fraternità e di carità nei confronti dei migranti, e per raccogliere gli aiuti economici necessari per adempiere gli obblighi pastorali con i migranti stessi, le Conferenze Episcopali e le rispettive Strutture Gerarchiche delle Chiese Orientali Cattoliche fissino la data di una ‘Giornata (o Settimana) del migrante e del rifugiato’ nel periodo e nel modo che le circostanze locali suggeriscono, anche se in futuro si auspica ovunque una celebrazione in data unica" (EMCC, Ordinamento giuridico-pastorale, art. 21).

Infine, il Santo Padre Giovanni Paolo II la fissò per tutta la Chiesa ne "la prima domenica dopo l’Epifania, quando questa è spostata alla domenica, e la seconda domenica dopo l’Epifania quando questa resta al 6 gennaio", in pratica la prima domenica dopo il Battesimo di Gesù (Lettera N. 563.995, del 14 ottobre 2004, a firma di S.E. il Card. Angelo Sodano, Segretario di Stato).

2. I messaggi per la Giornata

In un primo tempo la Giornata fu accompagnata da un messaggio inviato ai Vescovi, sotto forma di lettera circolare, a firma dei Superiori della Congregazione Concistoriale (fino al 1969). Dopo la pubblicazione dell’Istruzione De pastorali migratorum cura (1969) tale messaggio fu invece firmato dal Presidente della Commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale italiana (dal 1970 al 1979). A partire dal 1980, invece, il messaggio fu redatto dalla Segreteria di Stato, firmato dal Cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato, e inviato al Cardinale Sebastiano Baggio, Prefetto della Congregazione per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per la pastorale delle migrazioni e del turismo (costituita da Paolo VI nel 1970 con il Motu proprio Apostolicae caritatis), in forma di lettera a nome del Santo Padre, da inviarsi a tutta la Cattolicità (1980-1985).

Infine, il Santo Padre stesso, a partire dal 1986, appose la sua firma all’annuale messaggio, preparato con l’ausilio della Segreteria di Stato e del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti (quest’ultimo divenne tale con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus del 1988). Dunque, Giovanni Paolo II firmò venti messaggi e Benedetto XVI otto.

3. I temi dei messaggi

La cosa più interessante, ovviamente, riguarda il contenuto dei messaggi, che, a partire dal 1968, con il Cardinale Giovanni Urbani, ebbero un tema specifico. Ecco l’elenco degli argomenti, a volte evidenziati come titolo, a volte desunti dall’argomentare del testo:

1968:

Per la Chiesa non ci sono frontiere. Emigrazione: incontro di fratelli;

1969:

Siamo tutti responsabili;

1970:

L’emigrazione giovanile;

1971:

Ogni uomo è mio fratello;

1972:

I bambini italiani emigranti silenziosi e indifesi;

1973:

La terza età;

1974:

L’emigrato provocazione per la giustizia;

1975:

Giustizia per la donna migrante;

1976:

No all’esclusione;

1977:

Gli emigranti costruttori d’Europa;

1978:

Stranieri o fratelli;

1979:

Scuola senza frontiere.

1980:

Il Papa su famiglia migrante e comunità cristiana;

1981:

Emigrazione è cultura;

1982:

Dalla solidarietà alla comunione;

1983:

Uniti nella diversità;

1984:

Giovani in emigrazione, timori e speranze;

1985:

L’altra faccia dell’emigrazione italiana.

1986:

Diritto dei fedeli migranti alla libera integrazione ecclesiale;

1987:

La famiglia emigrata;

1988:

I laici cattolici e le migrazioni;

1989:

Affido a Maria la difficile situazione personale dei migranti;

1990:

Migrazione ed espansione del Regno di Dio;

1991:

Una sapiente azione pastorale per salvaguardare i migranti dal proselitismo religioso;

1992:

Le migrazioni presentano un duplice volto, quello della diversità e quello dell’universalità;

1993:

Come accogliere lo straniero;

1994:

Promuovere per le famiglie emigrate una cultura di operosa solidarietà;

1995:

Penso a voi, donne cristiane, che nell’emigrazione potete rendere un grande servizio alla causa dell’evangelizzazione;

1996:

La condizione di irregolarità legale non consente sconti sulla dignità umana;

1997:

La fede opera per mezzo della carità;

1998:

Sia rispettata ogni persona, siano bandite le discriminazioni che umiliano la dignità umana;

1999:

Il Giubileo porta il credente ad aprirsi allo straniero;

2000:

La sfida dell’esule dà al Giubileo un significato concreto: per i credenti esso diventa richiamo al cambiamento di vita;

2001:

La pastorale per i migranti, via per l’adempimento della missione della Chiesa oggi;

2002:

Migrazioni e dialogo inter-religioso;

2003:

Per un impegno a vincere ogni razzismo, xenofobia e nazionalismo esasperato;

2004:

Migrazioni in visione di pace;

2005:

L’integrazione interculturale.

2006:

Migrazioni: segno dei tempi;

2007:

La famiglia migrante;

2008:

I giovani migranti;

2009:

San Paolo migrante, "Apostolo delle genti";

2010:

I migranti e i rifugiati minorenni;

2011:

Una sola famiglia umana;

2012:

Migrazioni e nuova evangelizzazione;

2013:

Migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza;.

2014:

Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore.

4. Sintesi

In sintesi, notiamo il seguente itinerario. All’inizio del ventesimo secolo, al culmine dei flussi migratori italiani verso diverse aree del mondo, la Giornata dell’emigrante entrò nel calendario delle celebrazioni della Chiesa cattolica, soprattutto in Italia, come una delle tante iniziative in favore dei migranti. La Congregazione Concistoriale si incaricò della sua attuazione in Italia, con direttive e suggerimenti. In effetti, le lettere che accompagnarono la Giornata, firmate dai Superiori della Concistoriale, in genere contenevano la raccomandazione di attivare adeguate strutture a sostegno dell’attività pastorale migratoria; vi è pure il richiamo alla solidarietà, accanto al rapporto finanziario della Giornata dell’anno precedente.

Negli anni Settanta avvenne un significativo cambiamento, poiché tali lettere diventarono veri messaggi a tema. In tal modo, la visione ecclesiologica del Concilio Vaticano II si rispecchiò anche nella pastorale migratoria, indirizzando la riflessione su temi di carattere biblico-teologico, relativi alla pastorale specifica. Così, il migrante emerse come persona e come cittadino soggetto di diritti e doveri. Da destinatario delle opere della carità cristiana, il migrante passò ad essere soggetto di evangelizzazione, protagonista del provvidenziale piano di Dio dell’incontro arricchente tra i popoli e della diffusione del Vangelo.

Infine, si consolidò la tradizione che il Santo Padre apponga la propria firma al Messaggio annuale per una Giornata estesa a tutta la Chiesa cattolica, in data unica, comprendente i migranti e i rifugiati. Si capisce bene, dunque, che si tratta di un’occasione privilegiata per offrire un approccio biblico-teologico alla pastorale della mobilità umana, che ha il suo apice in Gesù Salvatore, straniero nel mondo degli uomini, che continua la sua opera di salvezza attraverso gli stranieri di oggi, migranti e rifugiati.

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1 Il pontificato di Pio X segnò l’avvio di numerose iniziative, come la creazione di organismi per l’assistenza religiosa e sociale dei migranti in vari Paesi. Senza dubbio la spinta centralizzatrice e organizzativa di Pio X fu notevole: ad esempio, nel 1908 sollecitò l’istituzione di comitati diocesani o parrocchiali a favore dei migranti, al fine di tutelare i loro interessi e offrire opportune informazioni ai partenti. Nel 1914, poi, raccomandò una colletta annuale a sostegno delle opere di pastorale migratoria. Nello stesso anno fu nuovamente definita la disciplina del clero addetto all’emigrazione, mediante il decreto Ethnografica studia. In tal modo, veniva chiamata in causa la responsabilità della Chiesa di accoglienza dei migranti e si suggeriva una preparazione specifica del clero autoctono, dal punto di vista linguistico, culturale e pastorale. Ancora nel 1914, con il decreto Iam pridem, avvertendo la necessità di coinvolgere in forme più decise la Chiesa di origine dei migranti, vennero gettate le basi per l’erezione del Pontificio Collegio per l’emigrazione che tuttavia, a causa dello scoppio del conflitto mondiale, aprì i battenti solo nel 1920. Ma l’atto più importante fu segnato dal Motu Proprio Cum Omnes Catholicos, del 5 Agosto 1912, con cui Pio X istituiva presso la Congregazione Concistoriale l’Ufficio Speciale per l’Emigrazione.

[01341-01.01] [Testo originale: Italiano]

DATI STATISTICI

Nel 2010, cinque tra i primi dieci Paesi d’origine dei migranti internazionali si trovavano nella regione asiatica: Bangladesh, Cina, India, Pakistan e Filippine1. Nella regione asiatica, ci sono notevoli flussi migratori verso Singapore, Malesia, Hong Kong e Repubblica Coreana. Un buon numero di lavoratori migranti si dirige verso la Malesia e Singapore, mentre la Thailandia è uno dei principali Paesi di destinazione per i migranti dalla vicina Cambogia, dal Laos e dal Myanmar. Tuttavia, il flusso dominante è quello della manodopera temporanea verso il Medio Oriente e, in particolare, verso i Paesi del Golfo. Infatti, gli ultimi dati del 2009 indicano che circa il 97% dei migranti provenienti da India e Pakistan e l’87% di quelli dallo Sri Lanka si sono diretti verso l’area del Golfo2. Nonostante la crisi economica mondiale, le rimesse hanno un ruolo importante nello sviluppo della regione – un totale stimato in 170 miliardi di dollari americani nel 2010. Non sorprende, quindi, che i primi Paesi d’origine dei migranti siano anche i primi beneficiari delle loro rimesse3.

Agli inizi del decennio, la popolazione europea ha raggiunto i 740 milioni4. L’Unione Europea, dal canto suo, conta circa 507 milioni di abitanti5. Nel 2011, le statistiche mostravano che circa il 9,7% della popolazione dell’Unione Europea (cioè, circa 48,9 milioni) era costituito da persone nate in un Paese diverso da quello in cui risiedevano. Di queste persone, un terzo (16,5 milioni) era nato nel territorio dell’Unione Europea, mentre ben 32,4 milioni erano nati altrove6.

Nel 2010, l’Oceania ha ospitato oltre 6 milioni di migranti internazionali. Questo numero, paragonato al numero totale dei migranti nel mondo, corrisponde solo al 3%, ma rappresenta circa il 17% della popolazione totale dell’Oceania. La proporzione è maggiore riguardo ai Paesi di destinazione preferiti – Australia e Nuova Zelanda – dove il numero dei migranti arriva rispettivamente al 21,9% e al 22,4% della popolazione totale7.

L’America del Nord è soprattutto una regione di destinazione dei flussi migratori: gli Stati Uniti d’America e il Canada ricevono centinaia di migliaia di migranti ogni anno. Gli Stati Uniti ospitano circa 42,8 milioni di stranieri, che rappresentano circa il 13,5% della popolazione, mentre il Canada ne ospita circa 7,2 milioni – un numero pari al 21,3% della popolazione totale del Paese8.

Secondo le statistiche, nel 2011 quasi 30 milioni di africani (pari al 3% circa della popolazione totale del continente) sono emigrati a livello internazionale. Invece, nel 2010, due terzi dei migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana si sono spostati in altri Paesi della regione: il 64% per motivi di lavoro, dirigendosi soprattutto verso i Paesi economicamente più stabili dell’Africa. Inoltre, è utile notare che proviene dall’Africa sub-sahariana solo il 4% di tutti i migranti presenti nei Paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE)9.

Nell’elenco dei dieci Paesi da cui parte il maggior numero di migranti internazionali, il Messico è il primo della lista con circa 12.930.000 persone emigrate, seguito dall’India (11.810.000 persone) e dalla Federazione Russa (11.260.000). Cina, Bangladesh e Ucraina seguono nella graduatoria, rispettivamente con 8.440.000, 6.480.000 e 6.450.000 persone emigrate. Il settimo posto della classifica è occupato dai territori palestinesi con 5.740.000 migranti, tenendo in conto che le statistiche delle Nazioni Unite registrano come migranti non soltanto i profughi Palestinesi, ma anche i loro discendenti. In coda, vi sono il Regno Unito con 5.010.000 persone, le Filippine con 4.630.000 persone e il Pakistan con 4.480.000 persone10.

Tra i primi dieci Paesi preferiti dai migranti come meta del loro "viaggio della speranza", il primo posto spetta agli Stati Uniti d’America con 42.810.000 immigrati, seguito dalla Federazione Russa (12.270.000 persone), Germania (10.760.000 persone), Arabia Saudita (7.290.000 persone) e Canada (7.200.000 persone). Gli Stati Uniti d’America, dunque, ospitano più immigrati di Russia, Germania, Arabia Saudita e Canada messi insieme. Gli ultimi posti nell’elenco sono occupati da quattro Paesi europei: Francia (6.680.000 persone), Regno Unito (6.450.000 persone), Spagna (6.380.000) e Ucraina (5.260.000), che chiude la lista. L’India compare al nono posto con 5.440.000 immigrati. Sommando queste cifre, i primi dieci Paesi preferiti come destinazione migratoria ospitano circa 110 milioni di migranti, cioè più del 50% del numero totale dei migranti internazionali11.

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PEW RESEARCH CENTRE, Faith on the Move (2012), p. 23.

Cfr. ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LE MIGRAZIONI, World Migration Report 2011, p. 68.

Cfr. ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LE MIGRAZIONI, World Migration Report 2011, p. 69.

4 POPULATION DIVISION OF THE DEPARTMENT OF ECONOMIC AND SOCIAL AFFAIRS OF THE UNITED NATIONS SECRETARIAT, World Population Prospects: the 2012 Revision: http://esa.un.org/unpd/wpp/index.htm (dati del 2 settembre 2013).

5 EUROSTAT (EUROPEAN COMMISSION): http://epp.eurostat.ec.europa.eu (dati del 2 settembre 2013).

6 K. VASILEVA, Population and Social Conditions, in: Eurostat. Statistics in Focus, 31/2012, p. 1.

Cfr. ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LE MIGRAZIONI, World Migration Report 2011, p. 78.

8 POPULATION DIVISION OF THE DEPARTMENT OF ECONOMIC AND SOCIAL AFFAIRS OF THE UNITED NATIONS SECRETARIAT, International Migration Report 2009: A Global Assessment, p.127 e 310.

Cfr. ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LE MIGRAZIONI, World Migration Report 2011, p. 62.

10 PEW RESEARCH CENTRE, Faith on the Move (2012), p. 23.

11 PEW RESEARCH CENTRE, Faith on the Move (2012), p. 23.

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232 Milioni di migranti internazionali vivono all’estero
secondo le nuove statistiche delle Nazioni Unite sulle migrazioni globali,
pubblicate l’11/09/2013 (www.unmigration.org)

 New York, 11 settembre 2013. Secondo i nuovi dati presentati dalle Nazioni Unite oggi, vi sono tanti migranti internazionali nati sia in regioni e Paesi del Sud sia in Paesi del Nord, dato che riflette il cambiamento dei modelli della migrazione asiatica, ma a livello globale gli Stati Uniti rimangono la destinazione più popolare.

Sempre più persone vivono all'estero. Nel 2013, 232 milioni di persone, pari al 3,2% della popolazione mondiale, sono migranti internazionali, a fronte dei 175 milioni nel 2000 e dei 154 milioni nel 1990.

Le nuove stime includono dati per regione e paese di destinazione e di origine, e per sesso ed età. Il Nord o Paesi sviluppati accolgono di 136 milioni di migranti internazionali, rispetto ai 96 milioni del Sud o paesi in via di sviluppo. La maggior parte dei migranti internazionali sono in età lavorativa (20-64 anni) e rappresentano il 74% del totale. A livello globale, le donne rappresentano il 48% di tutti i migranti internazionali.

Dialogo ad alto livello sulla Migrazione internazionale e lo Sviluppo il prossimo mese

I dati sono stati rilasciati in vista del prossimo Dialogo ad Alto Livello sulla Migrazione internazionale e lo Sviluppo, che si terrà il 3-4 ottobre 2013 nella sede delle Nazioni Unite. Lo scopo del Dialogo è quello di individuare misure concrete per rafforzare la coerenza e la cooperazione a tutti i livelli, al fine di valorizzare i benefici della migrazione internazionale sui migranti e sui paesi simili ed i suoi forti legami con lo sviluppo, riducendo al tempo stesso le sue implicazioni negative.

"Se la migrazione è regolata correttamente, può dare un contributo molto importante allo sviluppo sociale ed economico, sia nei paesi di origine che nei paesi di destinazione", ha detto il signor Wu Hongbo, Sotto-segretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari Economici e Sociali. "La migrazione amplia le opportunità a disposizione degli individui ed è uno strumento essenziale per aumentare l’accesso alle risorse e ridurre la povertà."

La migrazione Sud-Sud è comune come quella Sud-Nord

I dati mostrano che la migrazione Sud-Sud è comune come la migrazione Sud-Nord. Nel 2013, circa 82,3 milioni di migranti internazionali nati nel Sud risiedono nel Sud, e superano leggermente gli 81,9 milioni di migranti internazionali originari del Sud che vivono nel Nord.

Asiatici e latino-americani che vivono al di fuori delle loro regioni d’origine costituiscono i maggiori gruppi nella diaspora a livello mondiale. Nel 2013, i migranti asiatici rappresentano il più ampio gruppo, dei quali circa 19 milioni vivono in Europa, circa 16 milioni in America del Nord e circa 3 milioni in Oceania. I migranti nati in America Latina e nei Caraibi rappresentano il secondo più grande gruppo in diaspora, la cui maggior parte, 26 milioni, vive in America del Nord.

Nel 2013, gli Asiatici del Sud rappresentano il gruppo più grande di migranti internazionali che vivono al di fuori della loro regione d’origine. Dei 36 milioni di migranti internazionali provenienti dall’Asia del Sud, 13,5 milioni risiedono in paesi produttori di petrolio in Asia occidentale. Migranti internazionali provenienti dal Centro America, tra cui il Messico, rappresentano un altro grande gruppo di migranti che vivono fuori della loro regione d’origine. Vivono negli Stati Uniti circa 16,3 milioni, dei 17,4 milioni di migranti centroamericani.

La maggior parte dei migranti vivono in Europa e in Asia

Europa e Asia insieme ospitano quasi due terzi di tutti i migranti internazionali in tutto il mondo. L’Europa continua a essere la regione di destinazione più popolare, con 72 milioni di migranti internazionali nel 2013, seguita dall’Asia con 71 milioni. Dal 1990, l’America del Nord ha registrato il maggior incremento in assoluto del numero dei migranti internazionali, con un’aggiunta di 25 milioni, e ha sperimentato la crescita più rapida in numero di migranti con una media del 2,8% l’anno.

"Stanno emergendo nuove aree di origine e destinazione di migranti, e in alcuni casi, i paesi sono diventati importanti punti di origine, di transito e di destinazione simultaneamente", ha dichiarato John Wilmoth, Direttore della Divisione sulla Popolazione del Dipartimento degli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite.

Rispetto ad altre regioni di destinazione, l’Asia ha visto il maggior aumento di migranti internazionali a partire dal 2000, con l’aggiunta di circa 20 milioni di migranti in 13 anni. Mr. Wilmoth ha detto che questa crescita è stata alimentata soprattutto dalla crescente domanda di manodopera straniera nei paesi produttori di petrolio dell’Asia occidentale e nei paesi dell’Asia sud-orientale con economie in rapida crescita, come Malesia, Singapore e Thailandia.

La migrazione internazionale rimane fortemente concentrata

Nel 2013, la metà di tutti i migranti internazionali vive in 10 paesi, con gli Stati Uniti che ospitano il maggior numero (45,8 milioni), seguiti dalla Federazione Russa (11 milioni), Germania (9,8 milioni), Arabia Saudita (9,1 milioni), Emirati Arabi Uniti (7,8 milioni), Regno Unito (7,8 milioni), Francia (7,4 milioni), Canada (7,3 milioni), Australia (6,5 milioni) e Spagna (6,5 milioni).

Gli Stati Uniti hanno raggiunto il maggior numero assoluto di migranti internazionali tra il 1990 e il 2013, quasi 23 milioni, pari a un milione di migranti in più l’anno. Gli Emirati Arabi Uniti hanno registrato il secondo più grande numero con sette milioni, seguiti dalla Spagna con sei milioni.

Per le schede complete sui dati globali delle migrazioni e informazioni sul Dialogo ad Alto Livello, si prega di visitare www.unmigration.org.

 Contatti per i media:
Mr Wynne Boelt, boelt@un.org, +1 212-963-8264
e la signora Melanie Prud'homme, +1-917- 367-3541, prudhommem@un.org - Dipartimento della Pubblica Informazione delle Nazioni Unite.

[01339-01.02] [Testo originale: Italiano]

[B0604-XX.01]