Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


VEGLIA DI PREGHIERA PER LA PACE PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE FRANCESCO, 07.09.2013


Questa sera, dalle ore 19 alle ore 23, sul Sagrato della Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco presiede una Veglia di preghiera per la Pace in occasione della Giornata di digiuno e preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero da lui indetta.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’Omelia che il Santo Padre pronuncia nel corso della celebrazione, dopo la recita del Santo Rosario:

OMELIA DEL SANTO PADRE

«Dio vide che era cosa buona» (Gen 1,12.18.21.25). Il racconto biblico dell’inizio della storia del mondo e dell’umanità ci parla di Dio che guarda alla creazione, quasi la contempla, e ripete: è cosa buona. Questo, carissimi fratelli e sorelle, ci fa entrare nel cuore di Dio e, proprio dall’intimo di Dio, riceviamo il suo messaggio.

Possiamo chiederci: che significato ha questo messaggio? Che cosa dice questo messaggio a me, a te, a tutti noi?

1. Ci dice semplicemente che questo nostro mondo nel cuore e nella mente di Dio è la "casa dell’armonia e della pace" ed è il luogo in cui tutti possono trovare il proprio posto e sentirsi "a casa", perché è "cosa buona". Tutto il creato forma un insieme armonioso, buono, ma soprattutto gli umani, fatti ad immagine e somiglianza di Dio, sono un’unica famiglia, in cui le relazioni sono segnate da una fraternità reale non solo proclamata a parole: l’altro e l’altra sono il fratello e la sorella da amare, e la relazione con Dio, che è amore, fedeltà, bontà, si riflette su tutte le relazioni tra gli esseri umani e porta armonia all’intera creazione. Il mondo di Dio è un mondo in cui ognuno si sente responsabile dell’altro, del bene dell’altro. Questa sera, nella riflessione, nel digiuno, nella preghiera, ognuno di noi, tutti pensiamo nel profondo di noi stessi: non è forse questo il mondo che io desidero? Non è forse questo il mondo che tutti portiamo nel cuore? Il mondo che vogliamo non è forse un mondo di armonia e di pace, in noi stessi, nei rapporti con gli altri, nelle famiglie, nelle città, nelle e tra le nazioni? E la vera libertà nella scelta delle strade da percorrere in questo mondo non è forse solo quella orientata al bene di tutti e guidata dall’amore?

2. Ma domandiamoci adesso: è questo il mondo in cui viviamo? Il creato conserva la sua bellezza che ci riempie di stupore, rimane un’opera buona. Ma ci sono anche "la violenza, la divisione, lo scontro, la guerra". Questo avviene quando l’uomo, vertice della creazione, lascia di guardare l’orizzonte della bellezza e della bontà e si chiude nel proprio egoismo.

Quando l’uomo pensa solo a sé stesso, ai propri interessi e si pone al centro, quando si lascia affascinare dagli idoli del dominio e del potere, quando si mette al posto di Dio, allora guasta tutte le relazioni, rovina tutto; e apre la porta alla violenza, all’indifferenza, al conflitto. Esattamente questo è ciò che vuole farci capire il brano della Genesi in cui si narra il peccato dell’essere umano: l’uomo entra in conflitto con se stesso, si accorge di essere nudo e si nasconde perché ha paura (Gen 3,10), ha paura dello sguardo di Dio; accusa la donna, colei che è carne della sua carne (v. 12); rompe l’armonia con il creato, arriva ad alzare la mano contro il fratello per ucciderlo. Possiamo dire che dall’armonia si passa alla "disarmonia"? Possiamo dire questo: che dall’armonia si passa alla "disarmonia"? No, non esiste la "disarmonia": o c’è armonia o si cade nel caos, dove è violenza, contesa, scontro, paura…

Proprio in questo caos è quando Dio chiede alla coscienza dell’uomo: «Dov’è Abele tuo fratello?». E Caino risponde: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). Anche a noi è rivolta questa domanda e anche a noi farà bene chiederci: Sono forse io il custode di mio fratello? Sì, tu sei custode di tuo fratello! Essere persona umana significa essere custodi gli uni degli altri! E invece, quando si rompe l’armonia, succede una metamorfosi: il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere. Quanta violenza viene da quel momento, quanti conflitti, quante guerre hanno segnato la nostra storia! Basta vedere la sofferenza di tanti fratelli e sorelle. Non si tratta di qualcosa di congiunturale, ma questa è la verità: in ogni violenza e in ogni guerra noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti! E anche oggi continuiamo questa storia di scontro tra i fratelli, anche oggi alziamo la mano contro chi è nostro fratello. Anche oggi ci lasciamo guidare dagli idoli, dall’egoismo, dai nostri interessi; e questo atteggiamento va avanti: abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci. Come se fosse una cosa normale, continuiamo a seminare distruzione, dolore, morte! La violenza, la guerra portano solo morte, parlano di morte! La violenza e la guerra hanno il linguaggio della morte!

Dopo il caos del Diluvio, ha smesso di piovere, si vede l’arcobaleno e la colomba porta un ramo di ulivo. Penso anche oggi a quell’ulivo che i rappresentanti delle diverse religioni abbiamo piantato a Buenos Aires, in Plaza de Mayo, nel 2000, chiedendo che non ci sia più il caos, chiedendo che non ci sia più guerra, chiedendo pace.

3. E a questo punto mi domando: E’ possibile percorrere la strada della pace? Possiamo uscire da questa spirale di dolore e di morte? Possiamo imparare di nuovo a camminare e percorrere le vie della pace? Invocando l’aiuto di Dio, sotto lo sguardo materno della Salus populi romani, Regina della pace, voglio rispondere: Sì, è possibile per tutti! Questa sera vorrei che da ogni parte della terra noi gridassimo: Sì, è possibile per tutti! Anzi vorrei che ognuno di noi, dal più piccolo al più grande, fino a coloro che sono chiamati a governare le Nazioni, rispondesse: Sì, lo vogliamo! La mia fede cristiana mi spinge a guardare alla Croce. Come vorrei che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla Croce! Lì si può leggere la risposta di Dio: lì, alla violenza non si è risposto con violenza, alla morte non si è risposto con il linguaggio della morte. Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace. Vorrei chiedere al Signore, questa sera, che noi cristiani e i fratelli delle altre Religioni, ogni uomo e donna di buona volontà gridasse con forza: la violenza e la guerra non è mai la via della pace! Ognuno si animi a guardare nel profondo della propria coscienza e ascolti quella parola che dice: esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione: guarda al dolore del tuo fratello - penso ai bambini: soltanto a quelli… - guarda al dolore del tuo fratello, e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano, ricostruisci l’armonia che si è spezzata; e questo non con lo scontro, ma con l’incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l’umanità. Risuonino ancora una volta le parole di Paolo VI: «Non più gli uni contro gli altri, non più, mai!... non più la guerra, non più la guerra!» (Discorso alle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965: AAS 57 [1965], 881). «La pace si afferma solo con la pace, quella non disgiunta dai doveri della giustizia, ma alimentata dal sacrificio proprio, dalla clemenza, dalla misericordia, dalla carità» (Messaggio per Giornata Mondiale della pace 1976: AAS 67 [1975], 671). Fratelli e sorelle, perdono, dialogo, riconciliazione sono le parole della pace: nell’amata Nazione siriana, nel Medio Oriente, in tutto il mondo! Preghiamo, questa sera, per la riconciliazione e per la pace, lavoriamo per la riconciliazione e per la pace, e diventiamo tutti, in ogni ambiente, uomini e donne di riconciliazione e di pace. Così sia.

[01234-01.02] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

«Dieu vit que cela était bon » (Gn 1, 12.18.21.25). Le récit biblique du début de l’histoire du monde et de l’humanité nous parle de Dieu qui regarde la création, la contemple presque, et répète : cela est bon. Cela, chers frères et sœurs, nous fait entrer dans le cœur de Dieu et, de l’intime de Dieu, nous recevons son message.

Nous pouvons nous demander : quelle signification a ce message ? Que me dit ce message à moi, à toi, à nous tous ?

1. Il nous dit simplement que dans le cœur et dans la pensée de Dieu notre monde est la 'maison de l’harmonie et de la paix', et est le lieu où tous peuvent trouver leur place et se sentir 'chez soi', parce que cela est « bon ». Tout le créé forme un ensemble harmonieux, bon, mais surtout les humains, faits à l’image et à la ressemblance de Dieu, sont une unique famille, dans laquelle les relations sont marquées par une fraternité réelle non seulement proclamée en paroles : l’un et l’autre sont le frère et la sœur à aimer, et la relation avec Dieu qui est amour, fidélité, bonté se reflète sur toutes les relations entre les êtres humains et apporte l’harmonie à la création tout entière. Le monde de Dieu est un monde dans lequel chacun se sent responsable de l’autre, du bien de l’autre. Ce soir, dans la réflexion, dans le jeûne, dans la prière, chacun de nous, tous nous pensons au fond de nous-mêmes : ne serait-ce pas peut-être ce monde que nous désirons ? Ne serait-ce pas peut-être ce monde que tous portent dans le cœur ? Le monde que nous voulons, n’est-il pas peut-être un monde d’harmonie et de paix, en nous-mêmes, dans les rapports avec les autres, dans les familles, dans les villes, dans et entre les nations ? Et la vraie liberté dans le choix des chemins à parcourir en ce monde, n’est-elle pas peut-être celle qui est orientée vers le bien de tous et qui est guidée par l’amour ?

2. Mais demandons-nous maintenant : est-ce cela le monde dans lequel nous vivons ? Le créé conserve sa beauté qui nous remplit d’émerveillement, reste une œuvre bonne. Mais il y a aussi « la violence, la division, le conflit, la guerre ». Cela arrive quand l’homme, sommet de la création, abandonne le regard sur l’horizon de la beauté et de la bonté, et se renferme dans son égoïsme.

Quand l’homme pense seulement à lui-même, à ses propres intérêts et se place au centre, quand il se laisse séduire par les idoles de la domination et du pouvoir, quand il se met à la place de Dieu, alors il abîme toutes les relations, il ruine tout ; et il ouvre la porte à la violence, à l’indifférence, au conflit. C’est exactement ce que veut nous faire comprendre le passage de la Genèse qui raconte le péché de l’être humain : l’homme entre en conflit avec lui-même, s’aperçoit qu’il est nu et se cache parce qu’il a peur (Gn 3,10), il a peur du regard de Dieu ; il accuse la femme, celle qui est chair de sa chair (v.12) ; il rompt l’harmonie avec le créé, arrive à lever la main contre le frère pour le tuer. Pouvons-nous dire que l’harmonie est devenue 'dis-harmonie' ? Pouvons-nous dire cela : que de l’harmonie, on passe à la 'dis-harmonie'. Non, la 'dis-harmonie' n’existe pas : ou il y a l’harmonie, ou on tombe dans le chaos où il y a violence, querelle, conflit, peur…

C’est justement dans ce chaos que Dieu demande à la conscience de l’homme : « Où est Abel ton frère ? ». Et Caïn répond : « Je ne sais pas. Suis-je le gardien de mon frère ? » (v.9). Cette question nous est aussi adressée et il serait bien que nous nous demandions :

Suis-je le gardien de mon frère ? Oui, tu es le gardien de ton frère ! Être une personne humaine signifie être gardiens les uns des autres ! Et au contraire, quand se rompt l’harmonie, suit une métamorphose : le frère à garder et à aimer devient l’adversaire à combattre, à supprimer. Que de violence naît à ce moment, que de conflits, que de guerres ont marqué notre histoire ! Il suffit de voir la souffrance de tant de frères et sœurs. Il ne s’agit pas de quelque chose de conjoncturel, mais c’est la vérité : dans chaque violence et dans chaque guerre, nous faisons renaître Caïn. Nous tous ! Et aujourd’hui aussi, nous continuons cette histoire de conflit entre les frères, aujourd’hui aussi, nous levons la main contre celui qui est notre frère. Aujourd’hui aussi nous nous laissons guider par les idoles, par l’égoïsme, pas nos intérêts ; et cette attitude continue : nous avons perfectionné nos armes, notre conscience s’est endormie, nous avons rendu plus subtiles nos raisons pour nous justifier. Comme si c’était une chose normale, nous continuons à semer destruction, douleur, mort ! La violence, la guerre apportent seulement la mort, parlent de mort ! La violence et la guerre ont le langage de la mort !

Après le chaos du Déluge, il s’est arrêté de pleuvoir, on voit l’arc-en-ciel et la colombe porte un rameau d’olivier. Aujourd’hui, je pense aussi à cet olivier que les représentants des différentes religions , nous avons planté à Buenos Aires, sur la Place de Mai, en 2000, demandant qu’il n’y ait plus le chaos, demandant qu’il n’y ait plus la guerre, demandant la paix.

3. Et à ce point, je me demande : Est-il possible de parcourir la voie de la paix ? Pouvons-nous sortir de cette spirale de douleur et de mort ? Pouvons-nous apprendre de nouveau à marcher et à parcourir les chemins de la paix ? En invoquant l’aide de Dieu, sous le regard maternel de la Vierge Salus populis romani, Reine de la paix, je veux répondre : Oui, c’est possible à tous ! Ce soir, je voudrais que de toutes les parties de la terre nous criions : Oui, c’est possible à tous ! Ou mieux, je voudrais que chacun de vous, du plus petit au plus grand, jusqu’à ceux qui sont appelés à gouverner les Nations, réponde : Oui, nous le voulons ! Ma foi chrétienne me pousse à regarder la Croix. Comme je voudrais que pendant un moment tous les hommes et toutes les femmes de bonne volonté regardent la Croix ! On peut y lire la réponse de Dieu : là, à la violence on ne répond pas par la violence, à la mort, on ne répond pas par le langage de la mort. Dans le silence de la Croix, se tait le bruit des armes et parle le langage de la réconciliation, du pardon, du dialogue, de la paix. Je voudrais demander au Seigneur, ce soir, que nous, chrétiens et frères des autres Religions, chaque homme et chaque femme de bonne volonté crie avec force : la violence et la guerre ne sont jamais la voie de la paix ! Que chacun s’applique à regarder au fond de sa conscience et écoute cette parole qu’elle dit : sors de tes intérêts qui atrophient le cœur, dépasse l’indifférence envers l’autre qui rend le cœur insensible, vaincs tes raisons de mort et ouvre-toi au dialogue, à la réconciliation : regarde la douleur de ton frère, je pense aux enfants : seulement à ceux-là… regarde la douleur de ton frère, et n’ajoute pas une autre douleur, arrête ta main, reconstruis l’harmonie qui s’est brisée ; et cela non par le conflit, mais par la rencontre ! Que se taisent les armes ! La guerre marque toujours l’échec de la paix, elle est toujours une défaite pour l’humanité. Encore une fois, les paroles de Paul VI résonnent : « Plus les uns contre les autres, plus, jamais !... Jamais plus la guerre, jamais plus la guerre ! » (Discours aux Nations unies, 4 octobre 1965 : AAS 57 [1965], 881). « La paix s’affermit seulement par la paix, celle qui n’est pas séparable des exigences de la justice, mais qui est alimentée par le sacrifice de soi, par la clémence, par la miséricorde, par la charité » (Message pour la Journée mondiale de la Paix 1976 AAS 67 [1975], 671). Frères et sœurs, pardon, dialogue, réconciliation sont les paroles de la paix : dans la bien-aimée Nation syrienne, au Moyen-Orient, partout dans le monde ! Prions, ce soir, pour la réconciliation et pour la paix, travaillons pour la réconciliation et pour la paix, et devenons tous, dans tous les milieux, des hommes et des femmes de réconciliation et de paix ! Ainsi-soit-il.

[01234-03.02] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

"And God saw that it was good" (Gen 1:12, 18, 21, 25). The biblical account of the beginning of the history of the world and of humanity speaks to us of a God who looks at creation, in a sense contemplating it, and declares: "It is good". This, dear brothers and sisters, allows us to enter into God’s heart and, precisely from within him, to receive his message.

We can ask ourselves: what does this message mean? What does it say to me, to you, to all of us?

1. It says to us simply that this, our world, in the heart and mind of God, is the "house of harmony and peace", and that it is the space in which everyone is able to find their proper place and feel "at home", because it is "good". All of creation forms a harmonious and good unity, but above all humanity, made in the image and likeness of God, is one family, in which relationships are marked by a true fraternity not only in words: the other person is a brother or sister to love, and our relationship with God, who is love, fidelity and goodness, mirrors every human relationship and brings harmony to the whole of creation. God’s world is a world where everyone feels responsible for the other, for the good of the other. This evening, in reflection, fasting and prayer, each of us deep down should ask ourselves: Is this really the world that I desire? Is this really the world that we all carry in our hearts? Is the world that we want really a world of harmony and peace, in ourselves, in our relations with others, in families, in cities, in and between nations? And does not true freedom mean choosing ways in this world that lead to the good of all and are guided by love?

2. But then we wonder: Is this the world in which we are living? Creation retains its beauty which fills us with awe and it remains a good work. But there is also "violence, division, disagreement, war". This occurs when man, the summit of creation, stops contemplating beauty and goodness, and withdraws into his own selfishness.

When man thinks only of himself, of his own interests and places himself in the centre, when he permits himself to be captivated by the idols of dominion and power, when he puts himself in God’s place, then all relationships are broken and everything is ruined; then the door opens to violence, indifference, and conflict. This is precisely what the passage in the Book of Genesis seeks to teach us in the story of the Fall: man enters into conflict with himself, he realizes that he is naked and he hides himself because he is afraid (cf. Gen 3: 10), he is afraid of God’s glance; he accuses the woman, she who is flesh of his flesh (cf. v. 12); he breaks harmony with creation, he begins to raise his hand against his brother to kill him. Can we say that from harmony he passes to "disharmony"? No, there is no such thing as "disharmony"; there is either harmony or we fall into chaos, where there is violence, argument, conflict, fear ....

It is exactly in this chaos that God asks man’s conscience: "Where is Abel your brother?" and Cain responds: "I do not know; am I my brother’s keeper?" (Gen 4:9). We too are asked this question, it would be good for us to ask ourselves as well: Am I really my brother’s keeper? Yes, you are your brother’s keeper! To be human means to care for one another! But when harmony is broken, a metamorphosis occurs: the brother who is to be cared for and loved becomes an adversary to fight, to kill. What violence occurs at that moment, how many conflicts, how many wars have marked our history! We need only look at the suffering of so many brothers and sisters. This is not a question of coincidence, but the truth: we bring about the rebirth of Cain in every act of violence and in every war. All of us! And even today we continue this history of conflict between brothers, even today we raise our hands against our brother. Even today, we let ourselves be guided by idols, by selfishness, by our own interests, and this attitude persists. We have perfected our weapons, our conscience has fallen asleep, and we have sharpened our ideas to justify ourselves. As if it were normal, we continue to sow destruction, pain, death! Violence and war lead only to death, they speak of death! Violence and war are the language of death!

After the chaos of the flood, when it stopped raining, a rainbow appeared and the dove returned with an olive branch. Today, I think also of that olive tree which representatives of various religions planted in the Plaza de Mayo in Buenos Aires in 2000, asking that there be no more chaos, asking that there be no more war, asking for peace.

3. And at this point I ask myself: Is it possible to walk the path of peace? Can we get out of this spiral of sorrow and death? Can we learn once again to walk and live in the ways of peace? Invoking the help of God, under the maternal gaze of the Salus Populi Romani, Queen of Peace, I say: Yes, it is possible for everyone! From every corner of the world tonight, I would like to hear us cry out: Yes, it is possible for everyone! Or even better, I would like for each one of us, from the least to the greatest, including those called to govern nations, to respond: Yes, we want it! My Christian faith urges me to look to the Cross. How I wish that all men and women of good will would look to the Cross if only for a moment! There, we can see God’s reply: violence is not answered with violence, death is not answered with the language of death. In the silence of the Cross, the uproar of weapons ceases and the language of reconciliation, forgiveness, dialogue, and peace is spoken. This evening, I ask the Lord that we Christians, and our brothers and sisters of other religions, and every man and woman of good will, cry out forcefully: violence and war are never the way to peace! Let everyone be moved to look into the depths of his or her conscience and listen to that word which says: Leave behind the self-interest that hardens your heart, overcome the indifference that makes your heart insensitive towards others, conquer your deadly reasoning, and open yourself to dialogue and reconciliation. Look upon your brother’s sorrow – I think of the children: look upon these… look at the sorrow of your brother, stay your hand and do not add to it, rebuild the harmony that has been shattered; and all this achieved not by conflict but by encounter! May the noise of weapons cease! War always marks the failure of peace, it is always a defeat for humanity. Let the words of Pope Paul VI resound again: "No more one against the other, no more, never! ... war never again, never again war!" (Address to the United Nations, 1965). "Peace expresses itself only in peace, a peace which is not separate from the demands of justice but which is fostered by personal sacrifice, clemency, mercy and love" (World Day of Peace Message, 1975). Brothers and Sisters, forgiveness, dialogue, reconciliation – these are the words of peace, in beloved Syria, in the Middle East, in all the world! Let us pray this evening for reconciliation and peace, let us work for reconciliation and peace, and let us all become, in every place, men and women of reconciliation and peace! So may it be.

[01234-02.02] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

»Gott sah, dass es gut war« (Gen 1,12.18.21.25). Der biblische Bericht vom Beginn der Geschichte der Welt und der Menschheit erzählt uns von Gott, der gleichsam betrachtend auf die Schöpfung blickt, und wiederholt: Es ist gut. Das, liebe Brüder und Schwestern, eröffnet uns den Zugang zum Herzen Gottes und gerade aus dem Innern Gottes empfangen wir seine Botschaft.

Wir können uns fragen: Welche Bedeutung hat diese Botschaft? Was sagt diese Botschaft mir, dir, uns allen?

1. Sie sagt uns einfach, dass diese unsere Welt im Herzen und im Sinn Gottes das „Haus der Harmonie und des Friedens" ist und der Ort, an dem alle ihren Platz finden und sich „daheim" fühlen können, denn sie ist „gut". Die gesamte Schöpfung bildet ein harmonisches, gutes Ganzes, aber vor allem die Menschen, die als Abbild Gottes und ihm ähnlich erschaffen sind, bilden eine einzige Familie, in der die Beziehungen von einer wirklichen, nicht nur in Worten erklärten Brüderlichkeit geprägt sind: Der andere, die andere sind der Bruder und die Schwester, denen Liebe gebührt, und die Beziehung zu Gott, der Liebe, Treue und Güte ist, wirkt sich auf die Beziehungen zwischen den Menschen aus und trägt Harmonie in die gesamte Schöpfung. Die Welt Gottes ist eine Welt, in der sich jeder für den anderen, für das Wohl des anderen, verantwortlich fühlt. Heute Abend wollen wir – jeder einzelne von uns und wir alle – in unserer Überlegung, im Fasten und im Gebet uns zuinnerst fragen: Ist das nicht eigentlich die Welt, die ich mir wünsche? Ist das nicht die Welt, die wir alle im Herzen tragen? Ist die Welt, die wir wollen, nicht eine Welt der Harmonie und des Friedens in uns selbst – in den Beziehungen zu den anderen, in den Familien, in den Städten, innerhalb und zwischen den Nationen? Und ist die wirkliche Freiheit in der Wahl der einzuschlagenden Wege in dieser Welt nicht die, welche sich am Wohl aller orientiert und von der Liebe geleitet ist?

2. Doch fragen wir uns nun: Ist das die Welt, in der wir leben? Die Schöpfung behält ihre Schönheit, die uns mit Staunen erfüllt, sie bleibt ein gutes Werk. Doch es gibt auch „Gewalt, Spaltung, Auseinandersetzung und Krieg". Das geschieht, wenn der Mensch, die Krone der Schöpfung, den Horizont der Schönheit und der Güte aus dem Auge verliert und sich in seinem Egoismus verschließt.

Wenn der Mensch nur an sich selber denkt, an die eigenen Interessen, und sich in den Mittelpunkt stellt, wenn er sich von den Götzen der Herrschaft und der Macht betören lässt, wenn er sich an die Stelle Gottes setzt, dann zerstört er alle Beziehungen, richtet er alles zugrunde und öffnet der Gewalt, der Gleichgültigkeit und dem Konflikt Tor und Tür. Genau das will der Abschnitt aus dem Buch Genesis, in dem der Sündenfall des Menschen geschildert wird, uns begreifen lassen: Der Mensch gerät in Konflikt mit sich selbst, bemerkt, dass er nackt ist, und versteckt sich, weil er Angst hat (vgl. Gen 3,10) – Angst vor dem Blick Gottes. Er beschuldigt die Frau, die doch Fleisch von seinem Fleisch ist (vgl. V. 12); er zerbricht die Harmonie mit der Schöpfung und erhebt schließlich die Hand gegen seinen Bruder, um ihn zu töten. Können wir das als einen Übergang von der Harmonie zur „Disharmonie" bezeichnen? Können wir das sagen, dass man von der Harmonie zur Disharmonie übergeht? Nein, es gibt keine „Disharmonie": Entweder herrscht Harmonie, oder man fällt ins Chaos, wo Gewalt, Streit, Auseinandersetzung und Angst herrschen…

Genau in diesem Chaos richtet nun Gott an das Gewissen des Menschen die Frage: »Wo ist dein Bruder Abel?« Und Kain antwortet: »Ich weiß es nicht. Bin ich der Hüter meines Bruders?« (4,9). Auch an uns ist diese Frage gerichtet, und auch uns wird es gut tun, uns zu fragen: Bin ich der Hüter meines Bruders? – Ja, du bist der Hüter deines Bruders! Menschsein bedeutet, einander Hüter zu sein! Wenn dagegen die Harmonie auseinander bricht, geschieht eine Metamorphose: Der Bruder, der gehütet und geliebt werden soll, wird zum Gegner, der bekämpft und beseitigt werden muss. Wie viel Gewalt geht von jenem Moment aus, wie viele Konflikte, wie viele Kriege haben unsere Geschichte geprägt! Es reicht, wenn man das Leiden so vieler Brüder und Schwestern sieht. Da geht es nicht um etwas Situationsbedingtes, sondern die Wahrheit ist diese: In jedem Gewaltakt, in jedem Krieg lassen wir Kain wieder aufleben. Wir alle! Und auch heute setzen wir diese Geschichte der Auseinandersetzung zwischen Brüdern fort, auch heute erheben wir die Hand gegen den, der unser Bruder ist. Auch heute lassen wir uns von den Götzen, vom Egoismus, von unseren Interessen leiten; und dieses Verhalten entwickelt sich weiter: Wir haben unsere Waffen vervollkommnet, unser Gewissen ist eingeschlafen, und wir haben ausgeklügeltere Begründungen gefunden, um uns zu rechtfertigen. Als wäre es etwas Normales, fahren wir fort, Zerstörung, Schmerz und Tod zu säen! Gewalt und Krieg bringen nur Tod, sprechen vom Tod! Gewalt und Krieg sprechen die Sprache des Todes!

Nach dem Chaos der Sintflut hat es aufgehört zu regnen, ein Regenbogen erscheint, und die Taube bringt einen Olivenzweig. Ich denke heute auch an jenen Olivenbaum, den wir mit den Vertretern der verschiedenen Religionen im Jahr 2000 in Buenos Aires auf der Plaza de Mayo gepflanzt haben mit der Bitte, dass nie wieder Chaos sei, mit der Bitte, dass kein Krieg mehr sei, mit der Bitte um Frieden.

3. Und an diesem Punkt frage ich mich: Ist es möglich, den Weg des Friedens einzuschlagen? Können wir aus dieser Spirale des Schmerzes und des Todes aussteigen? Können wir wieder lernen, mit unseren Schritten die Wege des Friedens zu verfolgen? Indem ich unter dem mütterlichen Blick des „Salus popoli romani", der Königin Friedens, die Hilfe Gottes anrufe, will ich antworten: Ja, es ist für alle möglich! Heute Abend möchte ich, dass wir von allen Enden der Erde aus rufen: Ja, es ist möglich für alle! Mehr noch: Ich möchte, dass jeder von uns – vom Kleinsten bis zum Größten, bis hin zu denen, die berufen sind, die Nationen zu regieren – antwortet: Ja, wir wollen es! Mein christlicher Glaube drängt mich, auf das Kreuz zu schauen. Wie wünschte ich mir, dass für einen Augenblick alle Menschen guten Willens auf das Kreuz schauten! Dort kann man die Antwort Gottes ablesen: Dort wurde auf die Gewalt nicht mit Gewalt reagiert, auf den Tod nicht mit der Sprache des Todes geantwortet. Im Schweigen des Kreuzes verstummt das Getöse der Waffen und kommt die Sprache der Versöhnung, des Verzeihens, des Dialogs und des Friedens zu Wort. Ich möchte heute Abend den Herrn bitten, dass wir Christen und die Brüder und Schwestern der anderen Religionen, alle Menschen guten Willens mit Nachdruck rufen: Gewalt und Krieg sind niemals der Weg des Friedens! Möge ein jeder Mut fassen, auf den Grund seines Gewissens zu schauen und auf jene Stimme zu hören, die sagt: Komm heraus aus deinen Interessen, die dein Herz verengen, überwinde die Gleichgültigkeit gegenüber dem anderen, die das Herz gefühllos macht, besiege deine Todesargumente und öffne dich dem Dialog, der Versöhnung: Schau auf den Schmerz deines Bruders – ich denke an die Kinder, allein an sie… – schau auf den Schmerz deines Bruders und füge nicht weiteren Schmerz hinzu, halte deine Hand zurück, baue die Harmonie wieder auf, die auseinander gebrochen ist – und das nicht mit dem Zusammenprall, sondern mit der Begegnung! Möge das Waffenrasseln aufhören! Krieg bedeutet immer das Scheitern des Friedens, er ist immer eine Niederlage für die Menschheit. Mögen die Worte Pauls VI. noch einmal erklingen: »Nicht mehr die einen gegen die anderen, nicht mehr, niemals! … niemals mehr Krieg, niemals mehr Krieg!« (Ansprache an die Vereinten Nationen, 4. Oktober 1965: AAS 57 [1965], 881). »Den Frieden kann man nur mit Frieden durchsetzen – mit jenem Frieden, der nicht losgelöst ist von den Pflichten der Gerechtigkeit, aber genährt wird durch das persönliche Opfer, durch Milde, Barmherzigkeit und Liebe« (Botschaft zum Weltfriedenstag 1976: AAS 67 [1975], 671). Brüder und Schwestern, Vergebung, Dialog, Versöhnung sind die Worte des Friedens – in der geliebten syrischen Nation, im Nahen Osten, in der ganzen Welt! Beten wir heute Abend für Versöhnung und für Frieden, arbeiten wir für Versöhnung und für Frieden und werden wir alle in jedem Umfeld Männer und Frauen der Versöhnung und des Friedens! So sei es.

[01234-05.02] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

«Y vio Dios que era bueno» (Gn 1,12.18.21.25). El relato bíblico de los orígenes del mundo y de la humanidad nos dice que Dios mira la creación, casi como contemplándola, y dice una y otra vez: Es buena. Queridos hermanos y hermanas, esto nos introduce en el corazón de Dios y, desde su interior, recibimos este mensaje.

Podemos preguntarnos: ¿Qué significado tienen estas palabras? ¿Qué nos dicen a ti, a mí, a todos nosotros?

1. Nos dicen simplemente que nuestro mundo, en el corazón y en la mente de Dios, es "casa de armonía y de paz" y un lugar en el que todos pueden encontrar su puesto y sentirse "en casa", porque "es bueno". Toda la creación forma un conjunto armonioso, bueno, pero sobre todo los seres humanos, hechos a imagen y semejanza de Dios, forman una sola familia, en la que las relaciones están marcadas por una fraternidad real y no sólo de palabra: el otro y la otra son el hermano y la hermana que hemos de amar, y la relación con Dios, que es amor, fidelidad, bondad, se refleja en todas las relaciones humanas y confiere armonía a toda la creación. El mundo de Dios es un mundo en el que todos se sienten responsables de todos, del bien de todos. Esta noche, en la reflexión, con el ayuno, en la oración, cada uno de nosotros, todos, pensemos en lo más profundo de nosotros mismos: ¿No es ése el mundo que yo deseo? ¿No es ése el mundo que todos llevamos dentro del corazón? El mundo que queremos ¿no es un mundo de armonía y de paz, dentro de nosotros mismos, en la relación con los demás, en las familias, en las ciudades, en y entre las naciones? Y la verdadera libertad para elegir el camino a seguir en este mundo ¿no es precisamente aquella que está orientada al bien de todos y guiada por el amor?

2. Pero preguntémonos ahora: ¿Es ése el mundo en el que vivimos? La creación conserva su belleza que nos llena de estupor, sigue siendo una obra buena. Pero también hay "violencia, división, rivalidad, guerra". Esto se produce cuando el hombre, vértice de la creación, pierde de vista el horizonte de belleza y de bondad, y se cierra en su propio egoísmo.

Cuando el hombre piensa sólo en sí mismo, en sus propios intereses y se pone en el centro, cuando se deja fascinar por los ídolos del dominio y del poder, cuando se pone en el lugar de Dios, entonces altera todas las relaciones, arruina todo; y abre la puerta a la violencia, a la indiferencia, al enfrentamiento. Eso es exactamente lo que quiere hacernos comprender el pasaje del Génesis en el que se narra el pecado del ser humano: El hombre entra en conflicto consigo mismo, se da cuenta de que está desnudo y se esconde porque tiene miedo (Gn 3,10), tiene miedo de la mirada de Dios; acusa a la mujer, que es carne de su carne (v. 12); rompe la armonía con la creación, llega incluso a levantar la mano contra el hermano para matarlo. ¿Podemos decir que de la "armonía" se pasa a la "desarmonía"? ¿Podemos decir eso: que de la armonía se pasa a la "desarmonía"? No, no existe la "desarmonía": o hay armonía o se cae en el caos, donde hay violencia, rivalidad, enfrentamiento, miedo…

Precisamente en medio de este caos, Dios pregunta a la conciencia del hombre: «¿Dónde está Abel, tu hermano?». Y Caín responde: «No sé, ¿soy yo el guardián de mi hermano?» (Gn 4,9). Esta pregunta se dirige también a nosotros, y también a nosotros nos hará bien preguntarnos: ¿Soy yo el guardián de mi hermano? Sí, tú eres el guardián de tu hermano. Ser persona humana significa ser guardianes los unos de los otros. Sin embargo, cuando se rompe la armonía, se produce una metamorfosis: el hermano que deberíamos proteger y amar se convierte en el adversario a combatir, suprimir. ¡Cuánta violencia se genera en ese momento, cuántos conflictos, cuántas guerras han jalonado nuestra historia! Basta ver el sufrimiento de tantos hermanos y hermanas. No se trata de algo coyuntural, sino que es verdad: en cada agresión y en cada guerra hacemos renacer a Caín. ¡Todos nosotros! Y también hoy prolongamos esta historia de enfrentamiento entre hermanos, también hoy levantamos la mano contra quien es nuestro hermano. También hoy nos dejamos llevar por los ídolos, por el egoísmo, por nuestros intereses; y esta actitud va a más: hemos perfeccionado nuestras armas, nuestra conciencia se ha adormecido, hemos hecho más sutiles nuestras razones para justificarnos. Como si fuese algo normal, seguimos sembrando destrucción, dolor, muerte. La violencia, la guerra traen sólo muerte, hablan de muerte. La violencia y la guerra utilizan el lenguaje de la muerte.

Tras el caos del Diluvio, dejó de llover, apareció el arco iris y la paloma trajo un ramo de olivo. Pienso también hoy en aquel olivo que los representantes de las diferentes religiones plantamos en Buenos Aires, en la Plaza de Mayo, el año 2000, pidiendo que no haya más caos, pidiendo que no haya más guerra, pidiendo paz.

3. Y en estas circunstancias, me pregunto: ¿Es posible seguir el camino de la paz? ¿Podemos salir de esta espiral de dolor y de muerte? ¿Podemos aprender de nuevo a caminar por las sendas de la paz? Invocando la ayuda de Dios, bajo la mirada materna de la Salus populi romani, Reina de la paz, quiero responder: Sí, es posible para todos. Esta noche me gustaría que desde todas las partes de la tierra gritásemos: Sí, es posible para todos. Más aún, quisiera que cada uno de nosotros, desde el más pequeño hasta el más grande, incluidos aquellos que están llamados a gobernar las naciones, dijese: Sí, queremos. Mi fe cristiana me lleva a mirar a la Cruz. ¡Cómo quisiera que por un momento todos los hombres y las mujeres de buena voluntad mirasen la Cruz! Allí se puede leer la respuesta de Dios: allí, a la violencia no se ha respondido con violencia, a la muerte no se ha respondido con el lenguaje de la muerte. En el silencio de la Cruz calla el fragor de las armas y habla el lenguaje de la reconciliación, del perdón, del diálogo, de la paz. Quisiera pedir al Señor, esta noche, que nosotros cristianos y los hermanos de las otras religiones, todos los hombres y mujeres de buena voluntad gritasen con fuerza: ¡La violencia y la guerra nunca son el camino para la paz! Que cada uno mire dentro de su propia conciencia y escuche la palabra que dice: Sal de tus intereses que atrofian tu corazón, supera la indiferencia hacia el otro que hace insensible tu corazón, vence tus razones de muerte y ábrete al diálogo, a la reconciliación; mira el dolor de tu hermano -pienso en los niños, solamente en ellos…-, mira el dolor de tu hermano, y no añadas más dolor, detén tu mano, reconstruye la armonía que se ha roto; y esto no con la confrontación, sino con el encuentro. ¡Que se acabe el sonido de las armas! La guerra significa siempre el fracaso de la paz, es siempre una derrota para la humanidad. Resuenen una vez más las palabras de Pablo VI: «Nunca más los unos contra los otros; jamás, nunca más… ¡Nunca más la guerra! ¡Nunca más la guerra!» (Discurso a las Naciones Unidas, 4 octubre 1965: AAS 57 [1965], 881). «La Paz se afianza solamente con la paz; la paz no separada de los deberes de la justicia, sino alimentada por el propio sacrificio, por la clemencia, por la misericordia, por la caridad» (Mensaje para la Jornada Mundial de la Paz 1976: AAS 67 [1975], 671). Hermanos y hermanas, perdón, diálogo, reconciliación son las palabras de la paz: en la amada nación siria, en Oriente Medio, en todo el mundo. Recemos esta noche por la reconciliación y por la paz, contribuyamos a la reconciliación y a la paz, y convirtámonos todos, en cualquier lugar donde nos encontremos, en hombres y mujeres de reconciliación y de paz. Así sea.

[01234-04.02] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

«Deus viu que isso era bom» (Gn 1,12.18.21.25). A narração bíblica da origem do mundo e da humanidade nos fala de Deus que olha a criação, quase a contemplando, e repete uma e outra vez: isso é bom. Isso, queridos irmãos e irmãs, nos permite entrar no coração de Deus e recebermos a sua mensagem que procede precisamente do seu íntimo.

Podemos nos perguntar: qual é o significado desta mensagem? O que diz esta mensagem para mim, para ti, para todos nós?

1. Simplesmente nos diz que o nosso mundo, no coração e na mente de Deus, é "casa de harmonia e de paz" e espaço onde todos podem encontrar o seu lugar e sentir-se "em casa", porque é "isso é bom". Toda a criação constitui um conjunto harmonioso, bom, mas os seres humanos em particular, criados à imagem e semelhança de Deus, formam uma única família, em que as relações estão marcadas por uma fraternidade real e não simplesmente de palavra: o outro e a outra são o irmão e a irmã que devemos amar, e a relação com Deus, que é amor, fidelidade, bondade, se reflete em todas as relações humanas e dá harmonia para toda a criação. O mundo de Deus é um mundo onde cada um se sente responsável pelo outro, pelo bem do outro. Esta noite, na reflexão, no jejum, na oração, cada um de nós, todos nós pensamos no profundo de nós mesmos: não é este o mundo que eu desejo? Não é este o mundo que todos levamos no coração? O mundo que queremos não é um mundo de harmonia e de paz, em nós mesmos, nas relações com os outros, nas famílias, nas cidades, nas e entre as nações? E a verdadeira liberdade para escolher entre os caminhos a serem percorridos neste mundo, não é precisamente aquela que está orientada pelo bem de todos e guiada pelo amor?

2. Mas perguntemo-nos agora: é este o mundo em que vivemos? A criação conserva a sua beleza que nos enche de admiração; ela continua a ser uma obra boa. Mas há também "violência, divisão, confronto, guerra". Isto acontece quando o homem, vértice da criação, perde de vista o horizonte da bondade e da beleza, e se fecha no seu próprio egoísmo.

Quando o homem pensa só em si mesmo, nos seus próprios interesses e se coloca no centro, quando se deixa fascinar pelos ídolos do domínio e do poder, quando se coloca no lugar de Deus, então deteriora todas as relações, arruína tudo; e abre a porta à violência, à indiferença, ao conflito. É justamente isso o que nos quer explicar o trecho do Gênesis em que se narra o pecado do ser humano: o homem entra em conflito consigo mesmo, percebe que está nu e se esconde porque sente medo (Gn 3, 10); sente medo do olhar de Deus; acusa a mulher, aquela que é carne da sua carne (v. 12); quebra a harmonia com a criação, chega a levantar a mão contra o seu irmão para matá-lo. Podemos dizer que da harmonia se passa à desarmonia? Mas, podemos dizer isso: que da harmonia se passa à desarmonia? Não. Não existe a "desarmonia": ou existe harmonia ou se cai no caos, onde há violência, desavença, confronto, medo...

È justamente nesse caos que Deus pergunta à consciência do homem: «Onde está o teu irmão Abel?». E Caim responde «Não sei. Acaso sou o guarda do meu irmão?» (Gn 4, 9). Esta pergunta também se dirige a nós, assim que também a nós fará bem perguntar: Acaso sou o guarda do meu irmão? Sim, tu és o guarda do teu irmão! Ser pessoa significa sermos guardas uns dos outros! Contudo, quando se quebra a harmonia, se produz uma metamorfose: o irmão que devíamos guardar e amar se transforma em adversário a combater, a suprimir. Quanta violência surge a partir deste momento, quantos conflitos, quantas guerras marcaram a nossa história! Basta ver o sofrimento de tantos irmãos e irmãs. Não se trata de algo conjuntural, mas a verdade é esta: em toda violência e em toda guerra fazemos Caim renascer. Todos nós! E ainda hoje prolongamos esta história de confronto entre os irmãos, ainda hoje levantamos a mão contra quem é nosso irmão. Ainda hoje nos deixamos guiar pelos ídolos, pelo egoísmo, pelos nossos interesses; e esta atitude se faz mais aguda: aperfeiçoamos nossas armas, nossa consciência adormeceu, tornamos mais sutis as nossas razões para nos justificar. Como fosse uma coisa normal, continuamos a semear destruição, dor, morte! A violência e a guerra trazem somente morte, falam de morte! A violência e a guerra têm a linguagem da morte!

Depois do Dilúvio, cessou a chuva, surge o arco-íris e a pomba traz um ramo de oliveira. Penso também hoje naquela oliveira que os representantes das diversas religiões plantamos em Buenos Aires, na Praça de Maio, no ano 2000, pedindo que não haja mais caos, pedindo que não haja mais guerra, pedindo paz.

3. E neste ponto, me pergunto: É possível percorrer o caminho da paz? Podemos sair desta espiral de dor e de morte? Podemos aprender de novo a caminhar e percorrer o caminho da paz? Invocando a ajuda de Deus, sob o olhar materno da Salus Populi romani, Rainha da paz, quero responder: Sim, é possível para todos! Esta noite queria que de todos os cantos da terra gritássemos: Sim, é possível para todos! E mais ainda, queria que cada um de nós, desde o menor até o maior, inclusive aqueles que estão chamados a governar as nações, respondesse: - Sim queremos! A minha fé cristã me leva a olhar para a Cruz. Como eu queria que, por um momento, todos os homens e mulheres de boa vontade olhassem para a Cruz! Na cruz podemos ver a resposta de Deus: ali à violência não se respondeu com violência, à morte não se respondeu com a linguagem da morte. No silêncio da Cruz se cala o fragor das armas e fala a linguagem da reconciliação, do perdão, do diálogo, da paz. Queria pedir ao Senhor, nesta noite, que nós cristãos e os irmãos de outras religiões, todos os homens e mulheres de boa vontade gritassem com força: a violência e a guerra nunca são o caminho da paz! Que cada um olhe dentro da própria consciência e escute a palavra que diz: sai dos teus interesses que atrofiam o teu coração, supera a indiferença para com o outro que torna o teu coração insensível, vence as tuas razões de morte e abre-te ao diálogo, à reconciliação: olha a dor do teu irmão – penso nas crianças: somente nelas... olha a dor do teu irmão, e não acrescentes mais dor, segura a tua mão, reconstrói a harmonia perdida; e isso não com o confronto, mas com o encontro! Que acabe o barulho das armas! A guerra sempre significa o fracasso da paz, é sempre uma derrota para a humanidade. Ressoem mais uma vez as palavras de Paulo VI: «Nunca mais uns contra os outros, não mais, nunca mais... Nunca mais a guerra, nunca mais a guerra! (Discurso às Nações Unidas, 4 de outubro de 1965: ASS 57 [1965], 881). «A paz se afirma somente com a paz; e a paz não separada dos deveres da justiça, mas alimentada pelo próprio sacrifício, pela clemência, pela misericórdia, pela caridade» (Mensagem para o Dia Mundial da Paz, de 1976: ASS 67 [1975], 671). Irmãos e irmãs, perdão, diálogo, reconciliação são as palavras da paz: na amada nação síria, no Oriente Médio, em todo o mundo! Rezemos, nesta noite, pela reconciliação e pela paz, e nos tornemos todos, em todos os ambientes, em homens e mulheres de reconciliação e de paz. Assim seja.

[01234-06.02] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA

«Bóg widział, że były dobre» (Rdz 1, 12.18.21.25). Biblijne opowiadanie o początku historii świata i ludzkości mówi nam o Bogu, który patrzy na stworzenie, niemal je kontempluje, i powtarza: to jest dobre. Najdrożsi bracia i siostry, to pozwala nam wniknąć do serca Boga i, właśnie z wnętrza Boga, otrzymujemy Jego przesłanie.

Możemy zadać sobie pytanie: jakie znaczenie ma to przesłanie? Co to przesłanie mówi mnie, tobie, nam wszystkim?

1. Mówi nam po prostu, że ten nasz świat w sercu i umyśle Boga jest «domem harmonii i pokoju» i jest miejscem, w którym wszyscy mogą znaleźć swoje miejsce i czuć się «u siebie», ponieważ jest to «dobre». Cały świat stworzony stanowi harmonijną całość, dobrą, lecz przede wszystkim ludzie, uczynieni na obraz i podobieństwo Boga, są jedną rodziną, w której więzi nacechowane są przez braterstwo rzeczywiste, a nie tylko deklarowane słowami: drugi i druga są bratem i siostrą, których należy kochać, a więź z Bogiem, który jest miłością, wiernością, dobrocią, odzwierciedla się we wszystkich więziach między ludzkimi istotami i wnosi harmonię w cały świat stworzony. Świat Boga jest światem, w którym każdy czuje się odpowiedzialny za drugiego człowieka, za dobro drugiego człowieka. Dziś wieczorem, podczas refleksji, postu, modlitwy każdy z nas, wszyscy myślimy w głębi duszy: czyż to nie jest właśnie świat, którego pragnę? Czyż to nie jest właśnie świat, który wszyscy nosimy w sercu? Czyż świat, którego pragniemy, nie jest światem harmonii i pokoju w nas samych, w relacjach z innymi, w rodzinach, w miastach, w krajach i między nimi? I czyż prawdziwa wolność wyboru dróg, którymi mamy iść w tym świecie, to nie jedynie ta, która wiedzie do dobra wszystkich i jest inspirowana przez miłość?

2. Lecz zadajmy sobie teraz pytanie: czyż to jest świat, w którym żyjemy? Stworzenie zachowuje swoje piękno, które napełnia nas zachwytem, i jest dobrym dziełem. Lecz są też «przemoc, podział, konflikt, wojna». Dzieje się tak wtedy, gdy człowiek, szczyt stworzenia, przestaje patrzeć na horyzont piękna i dobra, zamyka się w swoim egoizmie.

Kiedy człowiek myśli tylko o samym sobie, o swoich interesach i stawia siebie w centrum, kiedy daje się zauroczyć przez bożki panowania i władzy, kiedy stawia siebie na miejscu Boga, wówczas psuje wszystkie relacje, niszczy wszystko; i otwiera drzwi przemocy, obojętności, konfliktowi. Dokładnie to właśnie chce nam uświadomić fragment Księgi Rodzaju, który opowiada o grzechu ludzkiej istoty: człowiek wchodzi w konflikt z samym sobą, spostrzega, że jest nagi i kryje się, bo odczuwa strach (Rdz 3, 10), boi się spojrzenia Boga; oskarża kobietę, tą, która jest ciałem z jego ciała (w. 12), burzy harmonię ze światem stworzonym, posuwa się do tego, że podnosi rękę na brata, by go zabić. Czy możemy powiedzieć, że od harmonii przechodzi się do «dysharmonii»? Czy możemy to powiedzieć: że od harmonii przechodzi się do «dysharmonii»? Nie, nie istnieje «dysharmonia»: albo jest harmonia, albo popada się w nieład, gdzie panuje przemoc, starcie, konflikt, strach...

Ten właśnie nieład panuje, kiedy Bóg pyta sumienia człowieka: «Gdzie jest brat twój, Abel?». A Kain odpowiada: «Nie wiem. Czyż jestem stróżem brata mego?» (Rdz 4, 9). Do nas również skierowane jest to pytanie i nam również dobrze zrobi zadanie sobie tego pytania: Czyż jestem stróżem brata mego? Tak, jesteś stróżem brata twego! Być osobą ludzką znaczy być sobie nawzajem stróżami! Kiedy natomiast zostaje zburzona harmonia, następuje metamorfoza: brat, którego należy strzec i kochać, staje się przeciwnikiem i trzeba z nim walczyć, unicestwić go. Ileż przemocy rodzi się w tym momencie, ile konfliktów, ile wojen naznaczyło naszą historię! Wystarczy popatrzeć na cierpienie tylu braci i sióstr. Nie jest to kwestia koniunktury, ale taka jest prawda: my powodujemy, że w każdej formie przemocy i w każdej wojnie odradza się Kain. My wszyscy! I również dziś kontynuujemy tę historię walki z tym, kto jest naszym bratem. Również dziś pozwalamy, by kierowały nami bożki egoizmu, naszych interesów; i takie nastawienie trwa: wydoskonaliśmy broń, nasze sumienia zasnęły, wysubtelniliśmy swoje racje, by się usprawiedliwić. Jakby to była rzecz normalna, dalej siejemy zniszczenie, ból, śmierć! Przemoc, wojna niosą tylko śmierć, mówią o śmierci! Przemoc i wojna mówią językiem śmierci!

Po chaosie Potopu, przestało padać, ukazała się tęcza i gołębica przyniosła gałązkę z drzewa oliwnego. Także myślę dzisiaj o drzewie oliwnym, które z przedstawicielami różnych religii zasadziliśmy w Buenos Aires, na Plaza de Mayo w 2000 roku, prosząc, by nie było już więcej chaosu, prosząc, by już nie było więcej wojny, prosząc o pokój.

3. W tym momencie zadaję sobie pytanie: Czy można pójść drogą pokoju? Czy możemy wyjść z tej spirali bólu i śmierci? Czy możemy na nowo nauczyć się chodzić i pójść drogami pokoju? Prosząc o pomoc Boga, pod macierzyńskim spojrzeniem Salus populi romani, Królowej Pokoju, chcę odpowiedzieć: Tak, to możliwe dla wszystkich! Dziś wieczorem chciałbym, byśmy ze wszystkich stron świata wołali: Tak, to możliwe dla wszystkich! A wręcz chciałbym, by każdy z nas, od najmłodszego po najstarszego, aż po tych, którzy są powołani do rządzenia krajami, odpowiedział: Tak, tego chcemy! Moja wiara chrześcijańska każe mi patrzeć na Krzyż. Jakże bardzo chciałbym, aby przez moment wszyscy ludzie dobrej woli popatrzyli na Krzyż! Tam można przeczytać odpowiedź Boga: tam na przemoc nie odpowiedziano przemocą, na śmierć nie odpowiedziano językiem śmierci. W ciszy Krzyża milczy zgiełk broni i przemawia język pojednania, przebaczenia, dialogu, pokoju. Chciałbym prosić Boga dziś wieczorem, abyśmy my, chrześcijanie i bracia wyznający inne religie, każdy mężczyzna i kobieta dobrej woli wołali z mocą: przemoc i wojna nigdy nie są drogą do pokoju! Niech każdy popatrzy w głąb swojego sumienia i posłucha słowa, które mówi: wyjdź poza twoje interesy, powodujące zanik serca, przezwycięż obojętność w stosunku do drugiego człowieka, która znieczula serce, pokonaj twoje racje śmierci i otwórz się na dialog, na pojednanie: spójrz na ból twojego brata, myślę o dzieciach: tylko o nich… spójrz na ból twojego brata i nie dodawaj więcej bólu, powstrzymaj twoją rękę, odbuduj harmonię, która została zniszczona; i nie przez starcie, lecz przez spotkanie! Niech ustanie zgiełk broni! Wojna oznacza zawsze klęskę pokoju, jest zawsze porażką dla ludzkości. Niech jeszcze raz rozlegną się słowa Pawła VI: «Już nie jedni przeciw drugim, już nie, nigdy więcej!... niech już nie będzie wojny, niech już nie będzie wojny!» (Przemówienie do ONZ, 4 października 1965 r.: AAS 57 [1965], 881). «Pokój afirmuje się tylko pokojem, nieodłącznie związanym z obowiązkami wynikającymi ze sprawiedliwości, umacnianym przez własne poświęcenie, wielkoduszność, miłosierdzie, miłość bliźniego» (Orędzie na Światowy Dzień Pokoju 1976: AAS 67 [1975], 671). Bracia i siostry, przebaczenie, dialog, pojednanie są słowami pokoju: w umiłowanej Syrii, na Bliskim Wschodzie, na całym świecie! Módlmy się tego wieczoru o pojednanie i pokój, pracujmy na rzecz pojednania i pokoju, i stańmy się wszyscy, w każdym środowisku, ludźmi pojednania i pokoju! Niech tak się stanie.

[01234-09.02] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA ARABA

 

عظة قداسة البابا فرنسيس

خلال أمسية الصلاة والصوم

من أجل السلام في سوريا والشرق الأوسط والعالم

السبت الموافق 07 سبتمبر / ايلول 2013

بساحة القديس بطرس

 

"ورأَى اللهُ أَنَّ ذلِكَ حَسَن" (تك 1، 12. 18. 21. 25). إن الرواية الكتابيِّة عن بداية تاريخ العالم والبشرية تحدثنا عن الله الذي ينظر إلى الخليقة، وكأنه يتأملها، مرددا: أَنَّ ذلِكَ حَسَن. وهذا، أيها الإخوة والأخوات الأعزاء، يجعلنا ندخل في قلب الله، وننال بالحقيقة من أعماق الله رسالتَه.

يمكننا أن نسأل أنفسنا: ما مغزى هذه الرسالة؟ وماذا تقول هذه الرسالة لي، ولك، ولنا جميعًا؟

1. تقول لنا ببساطة أن عالمنا هذا في قلب وفي عقل الله هو "بيت للتناغم وللسلام"، إنه المكان الذي يمكن للجميع أن يجدوا فيه مكانا لهم وأن يشعروا بأنهم في "بيتهم"، لأنه "ذلك حَسَن". إن الخليقة كلها تُكوّن وحدة متناغمة، وحسنة، ولكن، وبنوع خاص، تَتَشكل من أناس، خلقوا على صورة الله ومثاله، وهم جميعًا يمثلون عائلة واحدة، تتميّز فيها العلاقات بإخوة واقعية، لا تُعلن  بالكلام وحسب: فالآخر والأخرى هما الأخ والأخت الواجب محبتهما، لدرجة أن العلاقة مع الله، والذي هو محبة وأمانة وصلاح، تنعكس في جميع العلاقات بين الكائنات البشرية وتحمل تناغما للخليقة بأسرها. إن عالم الله هو عالم يشعر فيه كل فرد بأنه مسؤول عن الآخر، وعن خير الآخر. في هذا المساء، في التأمل، وفي الصوم، وفي الصلاة، ليفكر كل واحد منا وجميعنا في عمق أعماقه: أليس هذا هو العالم الذي أتمناه؟ أليس هذا هو العالم الذي يحلم به الجميع في قلوبهم؟ العالم الذي نريده، أليس هو عالما من التناغم والسلام، في أنفسنا، وفي علاقتنا مع الآخرين، وفي العائلات، وفي المُدن، وفي، وبين الأمم؟ فالحرية الحقيقية في اختيار الدروب التي نسلكها في هذا العالم أليست هي فقط تلك الموجهة نحو خير الجميع، الحرية التي تقودها المحبة؟

2.لكن لنسأل أنفسنا الآن: أهذا هو العالم الذي نعيش فيه؟ إن الخلق يحتفظ بجماله الذي مازال يبهرنا، ويبقى عمالا حسنا. لكن هناك أيضا "العنف، والانقسام، والنزاع، والحرب". هذا يحدث عندما يكف الإنسان، تاج الخليقة، عن التطلع نحو آفاق الجمال والصلاح، وينغلق في أنانيته.

عندما يفكر الإنسان في نفسه فقط، وفي مصالحه الخاصة ويضع ذاته في المركز، عندما يترك نفسه لتفتنه أوثان التسلط والسلطة، عندما يضع نفسه مكان الله، فإنه يفسد هكذا العلاقات جميعها، ويفسد كل شيء؛ ويفتح البابَ أمام العنف، واللامبالاة، والصراع. إن هذا هو بالضبط ما يريد أن يُفهمنا إياه نص سفر التكوين، الذي يروي خطيئة الكائن البشري: فالإنسان يسقط في صراع مع نفسه، ويعي أنه عُريان ويختبئ لأن قلبه قد عرف الخوف (را. تك 3، 10)، ويخاف من الالتقاء مع نظرة الله؛ ويتهم المرأة، والتي هي لحم من لحمه (را. آية 12)؛ ويكسر التناغم مع الخليقة، ويصل لدرجة رفع يده على أخيه ليقتله. أيمكننا القول بانه انتقل من "التناغم" إلى "التنافر"؟ أيمكننا قول هذا: أنه انتقل من "التناغم" إلى "التنافر"؟ لا، لأن لا وجود "للتنافر": فإما التناغم وإما السقوط في الفوضى، حيث العنف، والخلاف، والنزاع، والخوف ...

إن الله، في هذه الفوضى خاصة، يتوجه للضمير الإنسان متسائلا: "أَينَ هابيلُ أَخوك؟". فيجيب قايين: "لا أَعلَم. أَحارِسٌ لأَخي أَنا؟" (تك 4، 9). وهو يوجه لنا أيضا السؤال ذاته. سيكون من الجدير أن نتساءل: أَحارِسٌ لأَخي أَنا؟ نعم، أنت حارس لأخيك! فأن أكون كائنا بشريا يعني أننا حراس بعضنا لبعض! وخلاف هذا، أي عندما ينكسر التناغم فإن الأوضاع تتبدّل: فالأخ الواجب حمايته ومحبته يتحوّل إلى خصم يجب محاربته وسحقه. كم من العنف قد ولد من تلك اللحظة، كم من الصراعات، وكم من الحروب، التي شوهت تاريخنا! يكفي أن نرى مقدار معاناة العديد من الإخوة والأخوات. إن الأمر لا يتعلق بشيء متآزر، وإنما هذه هي الحقيقة: إننا، في كل عُنف وفي كل حرب، ندع قايين يولد مجددا. هذا ما نفعله نحن جميعا! واليوم أيضًا نستكمل تاريخ الصراع بين الإخوة ذاتها، اليوم أيضا نرفع ايادينا ضد مَنْ هو أخ لنا. اليوم أيضا نستسلم للسير خلف الأوثان، والأنانية، ومصالحنا الخاصة؛ وهو سلوك يمضي قُدما: فقد طوَّرنا أسلحتنا، ونام ضميرنا، وجعلنا حجج تبرير أنفسنا أكثر رِقَةً وإقناعا. ونستمر، كما وكأنه أمر عاديّ، في زراعة الدمار، والألم، والموت! إن العنف والحرب لا يجلبا سوى الموت، ولا يتحدثا سوى عن الموتّ! العنف والحرب يتكلمان لغة الموت!

بعد الفوضى التي أحدثها الطوفان، توقفت الأمطار، وظهر قوص القزح وعادت الحمامة حاملة غصن زيتون. أفكر اليوم أيضا بشجرة الزيتون تلك التي قمنا بغرسها مع ممثلين عن الديانات المختلفة، في مدينة بون ايريس(Buenos Aires)، في ساحة مايَّو(Mayo)، سنة 2000، طالبين ألا تظهر مجددا "الفوضى"، وألا تدق الحرب طبولها مجددا، وملتمسين السلام.

3. وعند هذه النقطة أتسأل: هل من بإمكاننا أن نسلك درب السلام؟ هل بإمكاننا التحرر من دوامة الألم الموت هذه؟ هل يمكننا أن نتعلم مجددا كيفية السير فوق دروب السلام؟ باستدعاء عون الله، وتحت نظرة الأمومة لعذراء "خلاص شعب روما"، سلطانة السلام، أود أن أجيب: نعم، إنه ممكن لنا جميعا! وأرغب في هذا المساء أن ترتفع صرختنا من كل بقاع الأرض: نعم، إنه ممكن لنا جميعا! بل أريد أن يجيب كل واحد منَّا، من الصغير إلى الكبير، وحتى هؤلاء الأشخاص المدعوين لحكم الأمم: نعم، هذا ما نريده! إن إيماني المسيحي يدفعني للنظر إلى الصليب. وكم أودّ أن ينظر جميع الرجال والنساء ذوي الإرادة الصالحة إلى الصليب ولو لبرهة! فهناك يمكننا قراءة جواب الله: هناك، حيث لم يرد بالعنف على العنف، ولم يرد بلغة الموت على الموت. ليصمت، في صمت الصليب، ضجيج الأسلحة، لتتكلم لغة المصالحة، والغفران، والحوار، والسلام. أودُّ أن أسأل الرب، في هذا المساء، أن نرفع نحن المسيحيون، والإخوة من الديانات الأخرى، وجميع الرجال والنساء ذوي الإرادة الصالحة صرخةً قوية: لا يمكن ابدا للعنف وللحرب أن يكونا طريقًا للسلام! ليُنعِش كل واحد القدرة على النظر لأعماق ضميره ليستمع لتلك الكلمة التي تقول له: أخرج من مصالحك الخاصة التي تُعوِّق القلب، تخطَ اللامبالاة حيال الآخر والتي تُفقد القلب قدرته على الإحساس، انتصر على مبرراتك للموت وانفتح على الحوار، وعلى المصالحة: أنظر نحو ألم أخيك – أفكر خاصة بالأطفال: هؤلاء فقط...- أنظر نحو ألم أخيك، ولا تُزيد إليه مزيدا من الألم، كف يدك، وشيِّد مجددا التناغم الذي انكسر؛ لا عن طريق الصدام، بل عن طريق التلاقي! ليصمت ضجيج الأسلحة! فالحرب تعكس دائما فشل السلام، إنها دائما هزيمة للبشرية. ليتردد مجددا صدى كلمات بولس السادس: "ليس بَعد الآن واحدا ضد الآخر، ليس بعد الآن، مطلقًا!... لا للحرب ابدا، لا للحرب أبدا! (خطاب أمام الأمم المتحدة، 4 أكتوبر / تشرين اول 1965: أعمال الكرسي الرسولي [1965]، 881). "إن السلام يتثبت فقط بالسلام، وهذا ليس منفصلا عن واجب العدل، وإنما يتغذى من التضحية الشخصية، من العطف، ومن الرحمة، ومن المحبة" (رسالة اليوم العالمي للسلام 1976: أعمال الكرسي الرسولي [1975]، 671). أيها الإخوة والأخوات، غفران، حوار، مصالحة هي كلمات السلام: في الوطن السوري الحبيب، في الشرق الأوسط، وفي العالم باسره! دعونا نصلي، في هذا المساء، من أجل المصالحة ومن أجل السلام، ودعونا نعمل من أجل المصالحة ومن أجل السلام، كي نتحول جميعا، في كل بيئه، إلى رجال ونساء مصالحة وسلام! ليكن هكذا.

[01234-08.01] [Testo originale: Italiano]

[B0558-XX.04]