Alle ore 11 di questa mattina, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI tiene un Concistoro Ordinario Pubblico per la creazione di 6 nuovi Cardinali.
In apertura di Concistoro, dopo il saluto, l’orazione e la proclamazione del Vangelo (Mc 10, 32-45) il Papa tiene la sua allocuzione.
Quindi il Santo Padre legge la formula di creazione e proclama solennemente i nomi dei nuovi Cardinali, annunciandone l’Ordine presbiterale o diaconale.
Il Rito prosegue con la professione di fede dei nuovi Cardinali davanti al popolo di Dio e il giuramento di fedeltà e obbedienza al Papa e ai Suoi successori.
I nuovi Cardinali, secondo l’ordine di creazione, si inginocchiano poi dinanzi al Santo Padre che impone loro la Berretta cardinalizia, consegna l’anello e assegna a ciascuno una chiesa di Roma quale segno di partecipazione alla sollecitudine pastorale del Santo Padre nell’Urbe. Dopo la consegna della Bolla di creazione cardinalizia e di assegnazione del Titolo o della Diaconia, il Santo Padre Benedetto XVI scambia con ciascun neo Cardinale l’abbraccio di pace.
Di seguito riportiamo l’allocuzione che il Santo Padre pronuncia nel corso del Concistoro:
● ALLOCUZIONE DEL SANTO PADRE
«Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica».
Cari fratelli e sorelle!
Queste parole, che tra poco pronunceranno solennemente i nuovi Cardinali emettendo la professione di fede, fanno parte del simbolo niceno-costantinopolitano, la sintesi della fede della Chiesa che ognuno riceve al momento del Battesimo. Solo professando e custodendo intatta questa regola di verità siamo autentici discepoli del Signore. In questo Concistoro, vorrei soffermarmi in particolare sul significato del termine «cattolica», che indica un tratto essenziale della Chiesa e della sua missione. Il discorso sarebbe ampio e potrebbe essere impostato secondo diverse prospettive: oggi mi limito a qualche pensiero.
Le note caratteristiche della Chiesa rispondono al disegno divino, come recita il Catechismo della Chiesa Cattolica: «È Cristo che, per mezzo dello Spirito Santo, concede alla sua Chiesa di essere una, santa, cattolica e apostolica, ed è ancora lui che la chiama a realizzare ciascuna di queste caratteristiche» (n. 811). Nello specifico, la Chiesa è cattolica perché Cristo abbraccia nella sua missione di salvezza tutta l’umanità. Mentre la missione di Gesù nella sua vita terrena era limitata al popolo giudaico, «alle pecore perdute della casa d’Israele» (Mt 15,24), era tuttavia orientata dall’inizio a portare a tutti i popoli la luce del Vangelo e a far entrare tutte le nazioni nel Regno di Dio. Davanti alla fede del Centurione a Cafarnao, Gesù esclama: «Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli» (Mt 8,11). Questa prospettiva universalistica affiora, tra l’altro, dalla presentazione che Gesù fece di se stesso non solo come «Figlio di Davide», ma come «Figlio dell’uomo» (Mc 10,33), come abbiamo sentito anche nel brano evangelico poc’anzi proclamato. Il titolo di «Figlio dell’uomo», nel linguaggio della letteratura apocalittica giudaica ispirata alla visione della storia nel Libro del profeta Daniele (cfr 7,13-14), richiama il personaggio che viene «con le nubi del cielo» (v. 13) ed è un’immagine che preannuncia un regno del tutto nuovo, un regno sorretto non da poteri umani, ma dal vero potere che proviene da Dio. Gesù si serve di questa espressione ricca e complessa e la riferisce a Se stesso per manifestare il vero carattere del suo messianismo, come missione destinata a tutto l’uomo e ad ogni uomo, superando ogni particolarismo etnico, nazionale e religioso. Ed è proprio nella sequela di Gesù, nel lasciarsi attrarre dentro la sua umanità e dunque nella comunione con Dio che si entra in questo nuovo regno, che la Chiesa annuncia e anticipa, e che vince frammentazione e dispersione.
Gesù poi invia la sua Chiesa non ad un gruppo, ma alla totalità del genere umano per radunarlo, nella fede, in un unico popolo al fine di salvarlo, come esprime bene il Concilio Vaticano II nella Costituzione dogmatica Lumen gentium: «Tutti gli uomini sono chiamati a far parte del nuovo Popolo di Dio. Perciò questo Popolo, restando uno e unico, deve estendersi a tutto il mondo e a tutti i secoli, affinché si compia il disegno della volontà di Dio» (n. 13). L’universalità della Chiesa attinge quindi all’universalità dell’unico disegno divino di salvezza del mondo. Tale carattere universale emerge con chiarezza il giorno della Pentecoste, quando lo Spirito ricolma della sua presenza la prima comunità cristiana, perché il Vangelo si estenda a tutte le nazioni e faccia crescere in tutti i popoli l’unico Popolo di Dio. Così, la Chiesa, fin dai suoi inizi, è orientata kat’holon, abbraccia tutto l’universo. Gli Apostoli rendono testimonianza a Cristo rivolgendosi a uomini provenienti da tutta la terra e ciascuno li comprende come se parlassero nella sua lingua nativa (cfr At 2,7-8). Da quel giorno la Chiesa con la «forza dello Spirito Santo», secondo la promessa di Gesù, annuncia il Signore morto e risorto «a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra» (At 1,8). La missione universale della Chiesa, pertanto, non sale dal basso, ma scende dall’alto, dallo Spirito Santo, e fin dal suo primo istante è orientata ad esprimersi in ogni cultura per formare così l’unico Popolo di Dio. Non è tanto una comunità locale che si allarga e si espande lentamente, ma è come un lievito che è orientato all’universale, al tutto, e che porta in se stesso l’universalità.
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15); «fate discepoli i popoli tutti», dice il Signore (Mt 28,19). Con queste parole Gesù invia gli Apostoli a tutte le creature, perché giunga dovunque l’azione salvifica di Dio. Ma se guardiamo al momento dell’ascensione di Gesù al Cielo, narrata negli Atti degli Apostoli, vediamo che i discepoli sono ancora chiusi nella loro visione, pensano alla restaurazione di un nuovo regno davidico, e domandano al Signore: «è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?» (At 1,6). E come risponde Gesù? Risponde aprendo i loro orizzonti e donando loro la promessa e un compito: promette che saranno ricolmi della potenza dello Spirito Santo e conferisce loro l’incarico di testimoniarlo in tutto il mondo oltrepassando i confini culturali e religiosi entro cui erano abituati a pensare e a vivere, per aprirsi al Regno universale di Dio. E agli inizi del cammino della Chiesa, gli Apostoli e i discepoli partono senza alcuna sicurezza umana, ma con l’unica forza dello Spirito Santo, del Vangelo e della fede. È il fermento che si sparge nel mondo, entra nelle diverse vicende e nei molteplici contesti culturali e sociali, ma rimane un’unica Chiesa. Intorno agli Apostoli fioriscono le comunità cristiane, ma esse sono «la» Chiesa, che, a Gerusalemme, ad Antiochia o a Roma, è sempre la stessa, una e universale. E quando gli Apostoli parlano di Chiesa, non parlano di una propria comunità, parlano della Chiesa di Cristo, e insistono su questa identità unica, universale e totale della Catholica, che si realizza in ogni Chiesa locale. La Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica, riflette in se stessa la sorgente della sua vita e del suo cammino: l’unità e la comunione della Trinità.
Nel solco e nella prospettiva dell’unità e universalità della Chiesa si colloca anche il Collegio Cardinalizio: esso presenta una varietà di volti, in quanto esprime il volto della Chiesa universale. Attraverso questo Concistoro, in modo particolare, desidero porre in risalto che la Chiesa è Chiesa di tutti i popoli, e pertanto si esprime nelle varie culture dei diversi Continenti. È la Chiesa di Pentecoste, che nella polifonia delle voci innalza un unico canto armonioso al Dio vivente.
Saluto cordialmente le Delegazioni ufficiali dei vari Paesi, i Vescovi, i sacerdoti, le persone consacrate, i fedeli laici delle diverse Comunità diocesane e tutti coloro che partecipano alla gioia dei nuovi membri del Collegio Cardinalizio, ai quali sono legati per il vincolo della parentela, dell’amicizia, della collaborazione. I nuovi Cardinali, che rappresentano varie Diocesi del mondo, sono da oggi aggregati, a titolo tutto speciale, alla Chiesa di Roma e rafforzano così i legami spirituali che uniscono la Chiesa intera, vivificata da Cristo e stretta attorno al Successore di Pietro. Nello stesso tempo, il rito odierno esprime il supremo valore della fedeltà. Infatti, nel giuramento che tra poco voi farete, venerati Fratelli, stanno scritte parole cariche di profondo significato spirituale ed ecclesiale: «Prometto e giuro di rimanere, da ora e per sempre finché avrò vita, fedele a Cristo e al suo Vangelo, costantemente obbediente alla Santa Apostolica Chiesa Romana». E nel ricevere la berretta rossa sentirete ricordarvi che essa indica «che dovete essere pronti a comportarvi con fortezza, fino all’effusione del sangue, per l’incremento della fede cristiana, per la pace e la tranquillità del popolo di Dio». Mentre la consegna dell’anello sarà accompagnata dal monito: «Sappi che con l’amore del Principe degli Apostoli si rafforza il tuo amore verso la Chiesa».
Ecco indicata, in questi gesti e nelle espressioni che li accompagnano, la fisionomia che voi oggi assumete nella Chiesa. D’ora in poi voi sarete ancora più strettamente e intimamente uniti alla Sede di Pietro: i titoli o le diaconie delle chiese dell’Urbe vi ricorderanno il legame che vi stringe, come membri a titolo specialissimo, a questa Chiesa di Roma, che presiede alla carità universale. Specialmente mediante la vostra collaborazione con i Dicasteri della Curia Romana, sarete miei preziosi cooperatori, anzitutto nel ministero apostolico per l’intera cattolicità, quale Pastore dell’intero gregge di Cristo e primo garante della dottrina, della disciplina e della morale.
Cari amici, lodiamo il Signore, che «con larghezza di doni non cessa di arricchire la sua Chiesa sparsa nel mondo» (Orazione) e la rinvigorisce nella perenne giovinezza che le ha dato. A Lui affidiamo il nuovo servizio ecclesiale di questi stimati e venerati Fratelli, affinché possano rendere coraggiosa testimonianza a Cristo, nel dinamismo edificante della fede e nel segno di un incessante amore oblativo. Amen.
[01562-01.01] [Testo originale: Italiano]
● TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
"I believe in one, holy, catholic and apostolic Church"
Dear Brothers and Sisters,
These words, which the new Cardinals are soon to proclaim in the course of their solemn profession of faith, come from the Niceno-Constantinopolitan creed, the synthesis of the Church’s faith that each of us receives at baptism. Only by professing and preserving this rule of truth intact can we be authentic disciples of the Lord. In this Consistory, I would like to reflect in particular on the meaning of the word "catholic", a word which indicates an essential feature of the Church and her mission. Much could be said on this subject and various different approaches could be adopted: today I shall limit myself to one or two thoughts.
The characteristic marks of the Church are in accordance with God’s plan, as the Catechism of the Catholic Church tells us: "it is Christ who, through the Holy Spirit, makes his Church one, holy, catholic and apostolic, and it is he who calls her to realize each of these qualities" (no. 811). Specifically, what makes the Church catholic is the fact that Christ in his saving mission embraces all humanity. While during his earthly life Jesus’ mission was limited to the Jewish people, "to the lost sheep of the house of Israel" (Mt 15:24), from the beginning it was meant to bring the light of the Gospel to all peoples and lead all nations into the kingdom of God. When he saw the faith of the centurion at Capernaum, Jesus cried out: "I tell you, many will come from east and west and sit at table with Abraham, Isaac, and Jacob in the kingdom of heaven" (Mt 8:11). This universalist perspective can be seen, among other things, from the way Jesus applied to himself not only the title "Son of David", but also "Son of Man" (Mk 10:33), as in the Gospel passage that we have just heard. The expression "Son of Man", in the language of Jewish apocalyptic literature inspired by the vision of history found in the book of the prophet Daniel (cf. 7:13-14), calls to mind the figure who appears "with the clouds of heaven" (v. 13). This is an image that prophesies a completely new kingdom, sustained not by human powers, but by the true power that comes from God. Jesus takes up this rich and complex expression and refers it to himself in order to manifest the true character of his Messianism: a mission directed to the whole man and to every man, transcending all ethnic, national and religious particularities. And it is actually by following Jesus, by allowing oneself to be drawn into his humanity and hence into communion with God, that one enters this new kingdom proclaimed and anticipated by the Church, a kingdom that conquers fragmentation and dispersal.
Jesus sends his Church not to a single group, then, but to the whole human race, and thus he unites it, in faith, in one people, in order to save it. The Second Vatican Council expresses this succinctly in the Dogmatic Constitution Lumen Gentium: "All men are called to belong to the new people of God. Therefore this people, while remaining one and unique, is to be spread throughout the whole world and through every age, so that the design of God's will may be fulfilled" (no. 13). Hence the universality of the Church flows from the universality of God’s unique plan of salvation for the world. This universal character emerges clearly on the day of Pentecost, when the Holy Spirit fills the first Christian community with his presence, so that the Gospel may spread to all nations, causing the one People of God to grow in all peoples. From its origins, then, the Church is oriented kat’holon, it embraces the whole universe. The Apostles bear witness to Christ, addressing people from all over the world, and each of their hearers understands them as if they were speaking his native language (cf. Acts 2:7-8). From that day, in the "power of the Holy Spirit", according to Jesus’ promise, the Church proclaims the dead and risen Lord "in Jerusalem and in all Judea and Samaria and to the end of the earth" (Acts 1:8). The Church’s universal mission does not arise from below, but descends from above, from the Holy Spirit: from the beginning it seeks to express itself in every culture so as to form the one People of God. Rather than beginning as a local community that slowly grows and spreads outwards, it is like yeast oriented towards a universal horizon, towards the whole: universality is inscribed within it.
Our Lord proclaims: "Go into all the world and preach the gospel to the whole creation" (Mk 16:15); "make disciples of all nations" (Mt 28:19). With these words, Jesus sends the Apostles to all creation, so that God’s saving action may reach everywhere. But if we consider the moment of Jesus’ ascension into heaven, as recounted in the Acts of the Apostles, we see that the disciples are still closed in their thinking, looking to the restoration of a new Davidic kingdom. They ask the Lord: "will you at this time restore the kingdom to Israel?" (Acts 1:6). How does Jesus answer? He answers by broadening their horizons and giving them both the promise and a task: he promises that they will be filled with the power of the Holy Spirit, and he confers upon them the task of bearing witness to him all over the world, transcending the cultural and religious confines within which they were accustomed to think and live, so as to open themselves to the universal Kingdom of God. At the beginning of the Church’s journey, the Apostles and disciples set off without any human security, purely in the strength of the Holy Spirit, the Gospel and the faith. This is the yeast that spreads round the world, enters into different events and into a wide range of cultural and social contexts, while remaining a single Church. Around the Apostles, Christian communities spring up, but these are "the" Church which is always the same, one and universal, whether in Jerusalem, Antioch, or Rome. And when the Apostles speak of the Church, they are not referring to a community of their own, but to the Church of Christ, and they insist on the unique, universal and all-inclusive identity of the Catholica that is realized in every local church. The Church is one, holy, catholic and apostolic, she reflects in herself the source of her life and her journey: the unity and communion of the Trinity.
Situated within the context and the perspective of the Church’s unity and universality is the College of Cardinals: it presents a variety of faces, because it expresses the face of the universal Church. In this Consistory, I want to highlight in particular the fact that the Church is the Church of all peoples, and so she speaks in the various cultures of the different continents. She is the Church of Pentecost: amid the polyphony of the various voices, she raises a single harmonious song to the living God.
I cordially greet the official Delegations of the different countries, the bishops, priests, consecrated persons, and lay faithful of the various diocesan communities and all those who share in the joy of the new members of the College of Cardinals – their family, friends and co-workers. The new Cardinals, who represent different dioceses around the world, are henceforth associated by a special title with the Church of Rome, and in this way they reinforce the spiritual bonds that unite the whole Church, brought to life by Christ and gathered around the Successor of Peter. At the same time, today’s rite expresses the supreme value of fidelity. Indeed, the oath that you are about to take, venerable brothers, contains words filled with profound spiritual and ecclesial significance: "I promise and I swear, from now on and for as long as I live, to remain faithful to Christ and his Gospel, constantly obedient to the Holy Apostolic Roman Church". And when you receive the red biretta, you will be reminded that it means "you must be ready to conduct yourselves with fortitude, even to the shedding of your blood, for the increase of the Christian faith, for the peace and well-being of the people of God". Whereas the consignment of the ring is accompanied by the admonition: "Know that your love for the Church is strengthened by your love for the Prince of the Apostles".
In these gestures and the words that accompany them, we see an indication of the identity that you assume today in the Church. From now on, you will be even more closely and intimately linked to the See of Peter: the titles and deaconries of the churches of Rome will remind you of the bond that joins you, as members by a very special title, to this Church of Rome, which presides in universal charity. Particularly through the work you do for the Dicasteries of the Roman Curia, you will be my valued co-workers, first and foremost in my apostolic ministry for the fullness of catholicity, as Pastor of the whole flock of Christ and prime guarantor of its doctrine, discipline and morals.
Dear friends, let us praise the Lord, who "with manifold gifts does not cease to enrich his Church spread throughout the world" (Oration), and reinvigorates her in the perennial youth that he has bestowed upon her. To him we entrust the new ecclesial service of these our esteemed and venerable Brothers, that they may bear courageous witness to Christ, with a lively growing faith and unceasing sacrificial love. Amen.
[01562-02.01] [Original text: Italian]
● TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE
« Je crois en l’Église, une, sainte, catholique et apostolique ».
Chers frères et sœurs !
Ces paroles que d’ici peu les nouveaux Cardinaux prononceront solennellement en émettant la profession de foi, font partie du symbole de Nicée-Constantinople, synthèse de la foi de l’Église que chacun reçoit au moment du baptême. C’est seulement en professant et en gardant intacte cette règle de vérité que nous sommes des disciples authentiques du Seigneur. Dans ce Consistoire, je voudrais m’arrêter en particulier sur la signification du terme « catholique », qui indique un trait essentiel de l’Église et de sa mission. Le discours serait vaste et pourrait être abordé selon diverses perspectives : aujourd’hui je me limite à quelques pensées.
Les notes caractéristiques de l’Église répondent au dessein divin, comme le dit le Catéchisme de l’Église catholique : « C'est le Christ qui, par l'Esprit Saint, donne à son Église, d'être une, sainte, catholique et apostolique, et c'est lui encore qui l'appelle à réaliser chacune de ces qualités » (n. 811). Spécifiquement, l’Église est catholique parce que le Christ embrasse toute l’humanité dans sa mission de salut. Tandis que la mission de Jésus durant sa vie terrestre était limitée au peuple juif, « aux brebis perdues d’Israël » (Mt 15, 24), elle était toutefois orientée dès le début, à porter à tous les peuples la lumière de l’Évangile et à faire entrer toutes les nations dans le Royaume de Dieu. Devant la foi du centurion à Capharnaüm, Jésus s’exclame : « Je vous le dis : Beaucoup viendront de l’orient et de l’occident et prendront place avec Abraham, Isaac et Jacob au festin du Royaume des cieux » (Mt 8, 11). Cette perspective universaliste affleure, entre autres, dans la présentation que Jésus fait de lui-même non seulement comme « Fils de David », mais comme « Fils de l’homme » (Mc 10, 33), comme nous l’avons aussi entendu dans le passage évangélique qui vient d’être proclamé. Le titre de « Fils de l’homme », dans le langage de la littérature apocalyptique juive inspirée de la vision de l’histoire dans le Livre du prophète Daniel (cf. 7, 13-14) rappelle le personnage qui vient « sur les nuées du ciel » (v. 13) et est une image qui annonce un royaume tout à fait nouveau, un royaume soutenu non par des pouvoirs humains, mais par le vrai pouvoir qui vient de Dieu. Jésus se sert de cette expression riche et complexe et la rapporte à lui-même pour manifester le vrai caractère de son messianisme, comme mission destinée à tout l’homme et à tout homme, dépassant tout particularisme ethnique, national et religieux. Et c’est justement dans la suite de Jésus, dans le fait de se laisser attirer à l’intérieur de son humanité et donc dans la communion avec Dieu qu’on entre dans ce nouveau royaume, que l’Église annonce et anticipe et qui vainc morcellement et dispersion.
Ensuite Jésus envoie son Église non à un groupe, mais à la totalité du genre humain pour le rassembler, dans la foi, en un unique peuple afin de le sauver, comme l’exprime bien le Concile Vatican II dans la Constitution dogmatique Lumen gentium : « À faire partie du peuple de Dieu, tous les hommes sont appelés. C'est pourquoi ce peuple, demeurant un et unique, est destiné à se dilater aux dimensions de l'univers entier et à toute la suite des siècles pour que s'accomplisse ce que s'est proposé la volonté de Dieu » (n. 13). L’universalité de l’Église puise donc à l’universalité de l’unique dessein divin de salut du monde. Ce caractère universel émerge avec clarté le jour de la Pentecôte, quand l’Esprit Saint remplit de sa présence la première communauté chrétienne, pour que l’Évangile s’étende à toute les nations et fasse grandir dans tous les peuples l’unique Peuple de Dieu. Ainsi, l’Église, depuis ses origines, est orientée kat’holon, elle embrasse tout l’univers. Les Apôtres rendent témoignage au Christ en s’adressant à des hommes provenant de toute la terre et chacun les comprend comme s’ils parlaient dans sa langue maternelle (cf. Ac 2, 7-8). Depuis ce jour, l’Église avec la « force de l’Esprit Saint », selon la promesse de Jésus, annonce le Seigneur mort et ressuscité « à Jérusalem, dans toute la Judée et la Samarie, et jusqu’aux extrémités de la terre » (Ac 1, 8). La mission universelle de l’Église, par conséquent, ne part pas d’en bas, mais descend d’en haut, de l’Esprit Saint, et depuis son premier instant, elle tend à s’exprimer dans toutes les cultures pour former ainsi l’unique Peuple de Dieu. Elle n’est pas tant une communauté locale qui s’élargit et se répand lentement, mais elle est comme un levain qui tend à l’universel, à la totalité, et qui porte en lui-même l’universalité.
« Allez dans le monde entier. Proclamez la Bonne Nouvelle à toute la création » (Mc 16, 15) ; « de toutes les nations faites des disciples » (Mt 28, 19) dit le Seigneur. Par ces paroles Jésus envoie les Apôtres à toute la création, pour que l’action salvifique de Dieu parvienne partout. Mais si nous pensons au moment de l’ascension de Jésus au Ciel, racontée dans les Actes des Apôtres, nous voyons que les disciples sont encore enfermés dans leur vision, ils pensent à la restauration d’un nouveau royaume davidique, et ils demandent au Seigneur : « Est-ce maintenant que tu vas rétablir la royauté en Israël ? » (Ac 1, 6). Et comment Jésus répond-il ? Il répond en ouvrant leurs horizons et en leur donnant la promesse et une tâche : il promet qu’ils seront remplis de la puissance de l’Esprit Saint et il leur confère la charge d’en témoigner dans le monde entier dépassant les limites culturelles et religieuses à l’intérieur desquelles ils étaient habitués à penser et à vivre, pour s’ouvrir au Royaume universel de Dieu. Et aux commencements du cheminement de l’Église, les Apôtres et les disciples partent sans aucune sécurité humaine, mais avec l’unique force de l’Esprit Saint, de l’Évangile et de la foi. C’est le ferment qui se répand dans le monde, entre dans les divers événements et dans les multiples contextes culturels et sociaux, mais demeure une unique Église. Autour des Apôtres fleurissent les communautés chrétiennes, mais elles sont « l’ »Église, qui, à Jérusalem, à Antioche ou à Rome, est toujours la même, une et universelle. Et quand les Apôtres parlent d’Église, ils ne parlent pas d’une communauté particulière, ils parlent de l’Église du Christ, et ils insistent sur cette identité unique, universelle et totale de la Catholica, qui se réalise dans chaque Église locale. L’Église est une, sainte, catholique et apostolique, elle reflète en elle-même la source de sa vie et de son cheminement : l’unité et la communion de la Trinité.
Dans le sillon et dans la perspective de l’unité et de l’universalité de l’Église se place aussi le Collège cardinalice : il présente une variété de visages, car il exprime le visage de l’Église universelle. Par ce Consistoire, de manière particulière, je désire mettre en valeur que l’Église est Église de tous les peuples, et par conséquent elle s’exprime dans les différentes cultures des divers continents. C’est l’Église de la Pentecôte, qui dans la polyphonie des voix élève un unique chant harmonieux au Dieu vivant.
Je salue cordialement les Délégations officielles des divers pays, les Évêques, les prêtres, les personnes consacrées, les fidèles laïcs des différentes Communautés diocésaines et tous ceux qui participent à la joie des nouveaux membres du Collège cardinalice, auxquels ils sont liés par le lien de la parenté, de l’amitié, de la collaboration. Les nouveaux Cardinaux qui représentent divers diocèses du monde, sont à partir d’aujourd’hui agrégés, à titre tout à fait spécial, à l’Église de Rome et ils renforcent ainsi les liens spirituels qui unissent l’Église tout entière, vivifiée par le Christ et rassemblée autour du Successeur de Pierre. En même temps, le rite d’aujourd’hui exprime la valeur suprême de la fidélité. En effet, dans le serment que vous allez faire, vénérés Frères, sont écrites des paroles chargées d’une profonde signification spirituelle et ecclésiale : « Je promets et je jure de demeurer, maintenant et pour toujours tant que je vivrai, fidèle au Christ et à son Évangile, constamment obéissant à la Sainte et Apostolique Église Romaine ». Et en recevant la barrette rouge, vous vous souviendrez qu’elle indique « que vous devez être prêts à vous comporter avec courage, jusqu’à l’effusion du sang, pour l’essor de la foi chrétienne, pour la paix et la tranquillité du peuple de Dieu ». Alors que la remise de l’anneau sera accompagnée de l’avertissement : « Sache qu’avec l’amour du Prince des Apôtres se renforce ton amour envers l’Église ».
Voici indiquée, dans ces gestes et dans les expressions qui les accompagnent, la physionomie que vous assumez aujourd’hui dans l’Église. Désormais vous serez encore plus étroitement et intimement unis au Siège de Pierre : les titres ou les diaconies des Églises de la Ville de Rome vous rappelleront le lien qui vous unit, comme membres à titre très spécial, à cette Église de Rome, qui préside à la charité universelle. Spécialement par votre collaboration avec les Dicastères de la Curie romaine, vous serez mes précieux coopérateurs, avant tout dans le ministère apostolique pour la catholicité tout entière, comme Pasteur du troupeau du Christ tout entier et premier garant de la doctrine, de la discipline et de la morale.
Chers amis, louons le Seigneur, qui « avec largesse ne cesse d’enrichir de dons son Église répandue dans le monde » (Oraison) et la fortifie dans la jeunesse éternelle qu’il lui a donnée. Confions-lui le nouveau service ecclésial de ces estimés et vénérés Frères, afin qu’ils puissent rendre un courageux témoignage au Christ, dans le dynamisme exemplaire de la foi et dans le signe d’un amour oblatif incessant. Amen.
[01562-03.01] [Texte original: Italien]
● TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA
» Ich glaube an die eine, heilige, katholische und apostolische Kirche. «
Liebe Brüder und Schwestern!
Diese Worte, die die neuen Kardinäle gleich, wenn sie die Professio fidei ablegen, feierlich aussprechen werden, gehören zum Nizäno-Konstantinopolitanischen Glaubensbekenntnis, der Zusammenfassung des Glaubens der Kirche, die jeder im Augenblick der Taufe empfängt. Nur wenn wir diese Regel der Wahrheit bekennen und unversehrt bewahren, sind wir authentische Jünger Christi. In diesem Konsistorium möchte ich besonders auf die Bedeutung des Begriffes »katholisch« eingehen, der einen Wesenszug der Kirche und ihrer Sendung bezeichnet. Das wäre ein weitläufiges Thema, und es könnte unter verschiedenen Gesichtspunkten behandelt werden. Heute beschränke ich mich nur auf einige Gedanken.
Die charakteristischen Merkmale der Kirche entsprechen dem göttlichen Plan, wie der Katechismus des Katholischen Kirche ausführt: » Christus macht durch den Heiligen Geist seine Kirche zur einen, heiligen, katholischen und apostolischen. Er beruft sie dazu, jede dieser Eigenschaften zu verwirklichen « (Nr. 811). Die Kirche ist im besonderen darum katholisch, weil Christus in seiner Heilssendung die gesamte Menschheit umfaßt. Während die Sendung Jesu in seinem Erdenleben auf das jüdische Volk, auf die „verlorenen Schafe des Hauses Israel « (vgl. Mt 15,24) beschränkt blieb, war sie doch von Anfang an darauf ausgerichtet, allen Völkern das Licht des Evangeliums zu bringen und alle Nationen in das Reich Gottes eintreten zu lassen. Angesichts des Glaubens des Hauptmanns in Kafarnaum ruft Jesus aus: » Ich sage euch: Viele werden von Osten und Westen kommen und mit Abraham, Isaak und Jakob im Himmelreich zu Tisch sitzen « (Mt 8,11). Diese universale Perspektive leuchtet unter anderem in der Selbstdarstellung Jesu nicht nur als » Sohn Davids «, sondern als » Menschensohn « (Mk 10,33) auf, wie wir auch in dem eben verkündeten Evangelienabschnitt gehört haben. Die Bezeichnung » Menschensohn « erinnert im Sprachgebrauch der an der Geschichtsvision des Buches Daniel (vgl. 7,13-14) inspirierten jüdischen apokalyptischen Literatur an die Gestalt, die » mit den Wolken des Himmels « (v. 13) kommt, und ist ein Bild, das ein ganz neues Reich ankündigt, ein Reich, das nicht von menschlichen Mächten getragen wird, sondern von der wahren Macht, die von Gott kommt. Jesus bedient sich dieses reichen und vielschichtigen Ausdrucks und bezieht ihn auf sich selbst, um den wahren Charakter seines Messianismus aufzuzeigen als eine Sendung, die für den ganzen Menschen und für jeden Menschen bestimmt ist und damit jeden ethnischen, nationalen und religiösen Partikularismus überwindet. Und gerade in der Nachfolge Jesu, indem man sich in sein Menschsein und folglich in die Gemeinschaft mit Gott hineinziehen läßt, tritt man in dieses neue Reich ein, das die Kirche verkündet und vorwegnimmt und das Aufsplitterung und Zerstreuung besiegt.
Jesus sendet außerdem seine Kirche nicht zu einer Gruppe, sondern an die Menschheit im ganzen, um sie im Glauben in einem einzigen Volk zu versammeln, mit dem Ziel, sie zu retten, wie das Zweite Vatikanische Konzil es in der Dogmatischen Konstitution Lumen gentium gut zum Ausdruck bringt: » Zum neuen Gottesvolk werden alle Menschen gerufen. Darum muß dieses Volk eines und ein einziges bleiben und sich über die ganze Welt und durch alle Zeiten hin ausbreiten. So soll sich das Ziel des Willens Gottes erfüllen « (Nr. 13). Die Universalität der Kirche greift also auf die Universalität des einzigen göttlichen Heilsplans für die Welt zurück. Dieser universale Charakter tritt am Pfingsttag deutlich hervor, als der Geist die christliche Urgemeinde mit seiner Gegenwart erfüllt, damit sich das Evangelium auf alle Nationen ausbreite und in allen Völkern das eine Gottesvolk wachsen lasse. So ist die Kirche von Anfang an kat’holon ausgerichtet, sie umfaßt das ganze Universum. Die Apostel wenden sich mit ihrem Zeugnis für Christus an Menschen aus aller Welt, und jeder versteht sie, als sprächen sie in seiner Muttersprache (vgl. Apg 2,7-8). Von jenem Tag an verkündet die Kirche – gemäß der Verheißung Jesu – mit der » Kraft des Heiligen Geistes « den gestorbenen und auferstandenen Herrn » in Jerusalem und in ganz Judäa und Samarien und bis an die Grenzen der Erde « (Apg 1,8). Die universale Sendung der Kirche steigt also nicht aus der Tiefe auf, sondern kommt von oben herab, vom Heiligen Geist, und von ihrem ersten Augenblick an ist sie darauf ausgerichtet, sich in jeder Kultur auszudrücken, um so das eine Volk Gottes zu bilden. Es ist nicht eine örtliche Gemeinschaft, die sich langsam vergrößert und ausbreitet, sondern gleichsam ein Sauerteig, der auf das Umfassende, auf das Ganze hin ausgerichtet ist und die Universalität selber in sich trägt.
» Geht hinaus in die ganze Welt, und verkündet das Evangelium allen Geschöpfen « (Mk 16,15); » geht zu allen Völkern, und macht alle Menschen zu meinen Jüngern « (Mt 28,19), sagt der Herr. Mit diesen Worten sendet Jesus die Apostel zu allen Geschöpfen, damit das Heilswirken Gottes überallhin gelange. Wenn wir jedoch auf den Moment der Himmelfahrt Jesu schauen, wie er in der Apostelgeschichte erzählt wird, dann sehen wir, daß die Jünger noch in ihrer Sichtweise verhaftet sind; sie denken an die Wiederherstellung eines neuen davidischen Reiches und fragen den Herrn: » Stellst du in dieser Zeit das Reich für Israel wieder her? « (Apg 1,6). Und wie antwortet Jesus? Er antwortet, indem er ihre Horizonte öffnet und ihnen die Verheißung gibt und eine Aufgabe erteilt: Er verspricht ihnen, daß sie mit der Kraft des Heiligen Geistes erfüllt werden, und gibt ihnen den Auftrag, ihn in aller Welt zu bezeugen und die kulturellen und religiösen Grenzen, in denen zu denken und zu leben sie gewohnt waren, zu überschreiten, um sich für das universale Reich Gottes zu öffnen. Und zu Beginn des Weges der Kirche brechen die Apostel und die Jünger ohne jede menschliche Sicherheit auf, einzig mit der Kraft des Heiligen Geistes, des Evangeliums und des Glaubens. Das ist das Ferment, das sich in der Welt ausbreitet, in die verschiedenen Begebenheiten und in die vielfältigen kulturellen wie gesellschaftlichen Umfelder eindringt, doch es bleibt eine einzige Kirche. Im Umkreis der Apostel blühen die christlichen Gemeinden, aber sie sind » die « Kirche, die in Jerusalem, in Antiochien oder in Rom immer dieselbe eine und universale Kirche ist. Und wenn die Apostel von Kirche sprechen, dann sprechen sie nicht von einer bestimmten Gemeinde, sondern von der Kirche Christi und beharren auf dieser einen, universalen und umfassenden Identität der Catholica, die sich in jeder Ortskirche verwirklicht. Die Kirche ist eine, sie ist heilig, katholisch und apostolisch und spiegelt in sich selbst die Quelle ihres Lebens und ihres Weges wider: die Einheit und die Gemeinschaft der Trinität.
Auf der Linie und aus der Perspektive der Einheit und der Universalität der Kirche ist auch das Kardinalskollegium zu sehen: Es weist eine Vielfalt von Gesichtern auf, weil es das Gesicht der universalen Kirche zum Ausdruck bringt. Ganz besonders durch dieses Konsistorium möchte ich hervorheben, daß die Kirche eine Kirche aller Völker ist und sich deshalb in den unterschiedlichen Kulturen der verschiedenen Kontinente ausdrückt. Es ist die Kirche von Pfingsten, die in der Polyphonie der Stimmen einen einzigen harmonischen Gesang zum lebendigen Gott aufsteigen läßt.
Von Herzen begrüße ich die offiziellen Delegationen der verschiedenen Länder, die Bischöfe, die Priester, die gottgeweihten Personen, die gläubigen Laien der verschiedenen Diözesen sowie alle, die teilhaben an der Freude der neuen Mitglieder des Kardinalskollegiums, mit denen sie durch Verwandtschaft, Freundschaft oder Zusammenarbeit verbunden sind. Die neuen Kardinäle, die verschiedene Diözesen der Welt vertreten, sind ab heute in ganz besonderer Weise der Kirche von Rom angegliedert und verstärken so die geistlichen Bande, welche die gesamte, von Christus mit Leben erfüllte und um den Nachfolger Petri gescharte Kirche zusammenhalten. Zugleich bringt der heutige Ritus den höchsten Wert der Treue zum Ausdruck. In dem Eid, den ihr, verehrte Mitbrüder, gleich ablegen werdet, stehen nämlich Worte voll tiefer geistlicher und kirchlicher Bedeutung: » Ich verspreche und schwöre, von nun an und immer, solange ich lebe, Christus und seinem Evangelium treu zu bleiben, in ständigem Gehorsam gegenüber der Heiligen Apostolischen Römischen Kirche. « Und wenn ihr das rote Birett empfangt, werdet ihr an seine Bedeutung erinnert, » daß ihr bereit sein müßt, euch tapfer bis zum Blutvergießen für die Förderung des christlichen Glaubens, für den Frieden und für die Ruhe des Gottesvolkes einzusetzen «. Die Übergabe des Ringes wiederum wird von der Mahnung begleitet: » Du sollst wissen, daß mit der Liebe zum Apostelfürsten deine Liebe zur Kirche gestärkt wird. «
So ist also in diesen Gesten und den sie begleitenden Worten die Physiognomie angedeutet, die ihr heute innerhalb der Kirche annehmt. Von jetzt an seid ihr noch enger und inniger mit dem Stuhl Petri verbunden. Die Titel oder die Diakonien der Kirchen der Stadt Rom werden euch an das Band erinnern, das euch als Glieder ganz besonderer Ordnung eng mit der Kirche von Rom verbindet, die den Vorsitz in der universalen Liebe hat. Speziell durch eure Zusammenarbeit mit den Dikasterien der Römischen Kurie werdet ihr mir als dem Hirten der ganzen Herde Christi und dem Garanten der Lehre, der Disziplin und der Moral wertvolle Mitarbeiter sein, vor allem im apostolischen Dienst für die gesamte Katholizität.
Liebe Freunde, loben wir den Herrn, der » mit großzügigen Gaben unaufhörlich seine Kirche auf der ganzen Welt bereichert « (Oration) und sie in der immerwährenden Jugend stärkt, die er ihr verliehen hat. Ihm vertrauen wir den neuen kirchlichen Dienst dieser geschätzten, verehrten Mitbrüder an, damit sie in der aufbauenden Dynamik des Glaubens und im Zeichen einer unablässigen selbstlosen Liebe ein mutiges Zeugnis für Christus geben können. Amen.
[01562-05.01] [Originalsprache: Italienisch]
● TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA
«Creo en la Iglesia, una, santa, católica y apostólica».
Queridos hermanos y hermanas
Estas palabras, que dentro de poco pronunciarán solemnemente los nuevos cardenales al hacer la profesión de fe, son parte del símbolo niceno-constantinopolitano, la síntesis de la fe de la Iglesia que cada uno recibe en el momento del Bautismo. Sólo profesando y preservando intacta esta regla de la verdad somos verdaderos discípulos del Señor. En este Consistorio, quisiera centrarme particularmente en el significado del término «católica», que indica un rasgo esencial de la Iglesia y su misión. El argumento sería amplio y se podría enfocar desde diversas perspectivas. Hoy me limito sólo a alguna consideración.
Las notas características de la Iglesia responden al designio divino, como se afirma en el Catecismo de la Iglesia Católica: «Es Cristo, quien, por el Espíritu Santo, da a la Iglesia el ser una, santa, católica y apostólica, y Él es también quien la llama a ejercitar cada una de estas cualidades» (n. 811). Más específicamente, la Iglesia es católica porque Cristo abraza en su misión de salvación a toda la humanidad. Aunque la misión de Jesús en su vida terrena se limitaba al pueblo judío, «a las ovejas descarriadas de Israel» (Mt 15,24), sin embargo desde el inicio estaba orientada a llevar a todos los pueblos la luz del Evangelio y a hacer entrar a todas las naciones en el Reino de Dios. En Cafarnaún, Jesús exclama ante la fe del centurión: «Os digo que vendrán muchos de Oriente y Occidente y se sentarán con Abrahán, Isaac y Jacob en el reino de los cielos» (Mt 8,11). Esta perspectiva universalista se desprende, por ejemplo, de la presentación que Jesús hace de sí mismo, no sólo como «Hijo de David», sino también como «Hijo del hombre» (Mc 10,33), como hemos oído en el pasaje evangélico proclamado hace poco. En el lenguaje de la literatura judía apocalíptica inspirada en la visión de la historia en el Libro del profeta Daniel (cf. 7,13-14), el título «Hijo del hombre» se refiere al personaje que viene «en las nubes del cielo» (v. 13), y es una imagen que anuncia con antelación un reino totalmente nuevo, un reino que no se apoya en los poderes humanos, sino en el verdadero poder que proviene de Dios. Jesús usa esta expresión rica y compleja, y la refiere a sí mismo para manifestar el verdadero carácter de su mesianismo, como misión hacia todo el hombre y todos los hombres, superando todo particularismo étnico, nacional y religioso. En efecto, en este nuevo reino, que la Iglesia anuncia y anticipa, y que vence la fragmentación y la dispersión, se entra precisamente siguiendo a Jesús, dejándose atraer dentro de su humanidad, y por tanto en la comunión con Dios.
Además, Jesús no envía su Iglesia a un grupo, sino a la totalidad del género humano para reunirlo, en la fe, en un único pueblo con el fin de salvarlo, como lo expresa bien el Concilio Vaticano II en la Constitución dogmática Lumen gentium: «Todos los hombres están invitados al Pueblo de Dios. Por eso este pueblo, uno y único, ha de extenderse por todo el mundo a través de todos los siglos, para que así se cumpla el designio de Dios» (n. 13). Así, pues, la universalidad de la Iglesia proviene de la universalidad del único plan divino de salvación del mundo. Este carácter universal aparece claramente el día de Pentecostés, cuando el Espíritu Santo inunda de su presencia a la primera comunidad cristiana, para que el Evangelio se extienda a todas las naciones y haga crecer en todos los pueblos el único Pueblo de Dios. Así, ya desde sus comienzos, la Iglesia está orientada kat’holon, abraza todo el universo. Los Apóstoles dan testimonio de Cristo dirigiéndose a los hombres de toda la tierra, todos los comprenden como si hablaran en su lengua materna (cf. Hch 2,7-8). A partir de aquel día, la Iglesia, con la «fuerza del Espíritu Santo», según la promesa de Jesús, anuncia al Señor muerto y resucitado «en Jerusalén, en toda Judea, en Samaría y hasta los confines del mundo» (Hch 1,8). Por tanto, la misión universal de la Iglesia no sube desde abajo, sino que desciende de lo alto, del Espíritu Santo, y está orientada desde el primer instante a expresarse en toda cultura para formar así el único Pueblo de Dios. No es tanto una comunidad local que crece y se expande lentamente, sino que es como levadura destinada a lo universal, a la totalidad, y que lleva en sí misma la universalidad.
«Id al mundo entero y proclamad el Evangelio a toda la creación» (Mc 16,15); «haced discípulos de todos los pueblos», dice el Señor (Mt 28,19). Con estas palabras, Jesús envía a los Apóstoles a todas las criaturas, para que llegue por doquier la acción salvífica de Dios. Pero si nos fijamos en el momento de la ascensión de Jesús al cielo, según se relata en los Hechos de los Apóstoles, observamos que los discípulos siguen encerrados en su visión, piensan en la restauración de un nuevo reino davídico, y preguntan al Señor: «¿Es ahora cuando vas a restaurar el reino de Israel?» (Hch 1,6). Y ¿cómo responde Jesús? Responde abriendo sus horizontes y dejándoles la promesa y un cometido: promete que serán colmados de la fuerza del Espíritu Santo y les confiere el encargo de dar testimonio de él en el mundo, superando los confines culturales y religiosos en los que estaban acostumbrados a pensar y vivir, para abrirse al reino universal de Dios. Y en los comienzos del camino de la Iglesia, los Apóstoles y los discípulos se ponen en marcha sin ninguna seguridad humana, sino con la sola fuerza del Espíritu Santo, del Evangelio y de la fe. Es el fermento que se esparce por mundo, entra en las diversas coyunturas y en los múltiples contextos culturales y sociales, pero que sigue siendo una única Iglesia. En torno a los Apóstoles florecen las comunidades cristianas, pero éstas son «la» Iglesia, que tanto en Jerusalén como en Antioquía o Roma, es siempre la misma, una y universal. Y cuando los Apóstoles hablan de la Iglesia, no se refieren a su propia comunidad: hablan de la Iglesia de Cristo, e insisten en esta identidad única, universal y total de la Catholica, que se realiza en cada Iglesia local. La Iglesia es una, santa, católica y apostólica; refleja en sí misma la fuente de su vida y de su camino: la unidad y la comunión de la Trinidad.
También el Colegio Cardenalicio se sitúa en el surco y en la perspectiva de la unidad y la universalidad de la Iglesia: muestra una variedad de rostros, en cuanto expresa el rostro de la Iglesia universal. A través de este Consistorio, deseo destacar de manera particular que la Iglesia es la Iglesia de todos los pueblos, y se expresa por tanto en las diversas culturas de los distintos continentes. Es la Iglesia de Pentecostés, que en la polifonía de las voces eleva un canto único y armonioso al Dios vivo.
Saludo cordialmente a las delegaciones oficiales de los diferentes países, a los obispos, sacerdotes, personas consagradas y fieles laicos de las distintas comunidades diocesanas, así como a todos los que participan en la alegría de los nuevos miembros del Colegio Cardenalicio, a los cuales les unen lazos de parentesco, amistad o cooperación. Los nuevos cardenales, que representan a varias diócesis del mundo, son ahora agregados a título especial a la Iglesia de Roma, y refuerzan así los vínculos espirituales que unen a toda la Iglesia, vivificada por Cristo, estrechamente reunida en torno al Sucesor de Pedro. Al mismo tiempo, el rito de hoy expresa el valor supremo de la fidelidad. En efecto, en el juramento que haréis dentro de poco, venerados hermanos, están escritas palabras cargadas de un profundo significado espiritual y eclesial: «Prometo y juro permanecer, ahora y por siempre hasta el final de mi vida, fiel a Cristo y a su Evangelio, constantemente obediente a la Santa Iglesia Apostólica Romana». Y, al recibir la birreta roja, oiréis cómo se os recuerda que ésta indica «que debéis estar preparados para comportaros con fortaleza, hasta el derramamiento de la sangre, por el incremento de la fe cristiana, por la paz y la tranquilidad del Pueblo de Dios». A su vez, la entrega del anillo está acompañada de una advertencia: «Has de saber que, con el amor al Príncipe de los Apóstoles, se refuerza tu amor a la Iglesia».
He aquí indicada, en estos gestos y las expresiones que los acompañan, la fisionomía que hoy asumís en la Iglesia. De ahora en adelante, estaréis todavía más estrechamente unidos a la Sede de Pedro: los títulos o las diaconías de las iglesias de la Urbe os recordarán el lazo que os une, como miembros a título especialísimo, a esta Iglesia de Roma, que preside la caridad universal. Principalmente por la colaboración con los Dicasterios de la Curia Romana, seréis mis preciosos colaboradores, ante todo en el ministerio apostólico para con la catolicidad entera, como Pastor de toda la grey de Cristo y primer garante de la doctrina, de la disciplina y de la moral.
Queridos amigos, alabemos al Señor, que «no cesa de enriquecer con generosidad de dones a su Iglesia extendida por el mundo» (Oración), y da nuevo vigor a la perenne juventud que le ha dado. A él confiamos el nuevo servicio eclesial de estos estimados y venerados hermanos, para que den un valiente testimonio de Cristo, en el dinamismo edificante de la fe y en el signo de un incesante amor oblativo. Amén.
[01562-04.01] [Texto original: Italiano]
● TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE
«Creio na Igreja una, santa, católica e apostólica».
Amados irmãos e irmãs!
Estas palavras que os novos Cardeais vão pronunciar solenemente daqui a pouco, ao recitarem a profissão de fé, fazem parte do Símbolo niceno-constantinopolitano, a síntese da fé da Igreja que cada um recebe no momento do Baptismo. Só professando e guardando intacta esta norma da verdade é que somos discípulos autênticos do Senhor. Neste Consistório, quero deter-me em particular sobre o significado do termo «católica», que indica um traço essencial da Igreja e da sua missão. O assunto é vasto e poderia ser apresentado sob diferentes pontos de vista; hoje limito-me a algumas considerações.
As notas características da Igreja correspondem a um desígnio divino, como afirma o Catecismo da Igreja Católica: «É Cristo que, pelo Espírito Santo, concede à sua Igreja que seja una, santa, católica e apostólica, e é ainda Ele que a chama a realizar cada uma destas qualidades» (n. 811). No nosso caso específico, a Igreja é católica, porque Cristo, na sua missão de salvação, abraça toda a humanidade. Embora a missão de Jesus na sua vida terrena se tivesse limitado ao povo judeu, «às ovelhas perdidas da casa de Israel» (Mt 15, 24) todavia desde o início estava orientada para levar a todos os povos a luz do Evangelho e fazer entrar todas as nações no Reino de Deus. Em Cafarnaum, à vista da fé do Centurião, Jesus exclama: «Digo-vos que, do Oriente e do Ocidente, muitos virão sentar-se à mesa do banquete com Abraão, Isaac e Jacob, no Reino do Céu» (Mt 8, 11). Esta perspectiva universalista resulta, para além do mais, da apresentação que Jesus fez de Si mesmo, acrescentando ao título de «Filho de David» a designação de «Filho do Homem» (Mc 10, 33), como acabámos de ouvir no texto evangélico proclamado. O título de «Filho do Homem», presente na linguagem da literatura apocalíptica judaica que se inspira na visão da história do Livro do profeta Daniel (cf. 7, 13-14), recorda o personagem que vem «com as nuvens do céu» (v. 13) e é uma imagem que preanuncia um reino totalmente novo, um reino sustentado não por poderes humanos, mas pelo verdadeiro poder que vem de Deus. Jesus serve-Se desta expressão rica e complexa, aplicando-a a Si mesmo, para manifestar o verdadeiro carácter do seu messianismo, como missão destinada a todos e cada um dos homens, superando todo o particularismo étnico, nacional e religioso. E é precisamente no seguimento de Jesus, no deixar-se atrair para dentro da sua humanidade e, portanto, na comunhão com Deus que se entra neste novo reino, que a Igreja anuncia e antecipa e que vence toda a fragmentação e dispersão.
Depois Jesus envia a sua Igreja, não a um grupo, mas à totalidade do género humano para, na fé, o reunir num único povo a fim de o salvar, como justamente se exprime o Concílio Vaticano II na Constituição dogmática Lumen gentium: «Ao novo Povo de Deus todos os homens são chamados. Por isso, este Povo, permanecendo uno e único, deve estender-se a todo o mundo e por todos os séculos, para se cumprir o desígnio da vontade de Deus» (n. 13). Por conseguinte a universalidade da Igreja deriva da universalidade do único desígnio divino de salvação do mundo. Este carácter universal aparece claramente no dia do Pentecostes, quando o Espírito cumula da sua presença a primeira comunidade cristã, para que o Evangelho se estenda a todas as nações e faça crescer em todos os povos o único Povo de Deus. Assim, desde o seu início, a Igreja está orientada kat'holon, abraça todo o universo. Os Apóstolos dão testemunho de Cristo, dirigindo-se a homens originários de toda a terra, e cada um compreende-os como se falassem na sua língua nativa (cf. Act 2, 7-8). A partir daquele dia, a Igreja com a «força do Espírito Santo», como Jesus prometera, anuncia o Senhor morto e ressuscitado «em Jerusalém, por toda a Judeia e Samaria e até aos confins da terra» (Act 1, 8). Portanto a missão universal da Igreja não parte de baixo, mas desce do alto, do Espírito Santo e, desde o primeiro instante, está orientada para se exprimir em todas as culturas e assim formar o único Povo de Deus. Não se trata tanto de uma comunidade local que cresce e se alarga lentamente, como sobretudo de um fermento que abre para o universal, para o todo, trazendo em si mesmo a universalidade.
«Ide pelo mundo inteiro, proclamai o Evangelho a toda criatura» (Mc 16, 15); «fazei discípulos de todos os povos» (Mt 28, 19), diz o Senhor. Com estas palavras, Jesus envia os apóstolos a todas as criaturas, para que chegue a todo o lado a acção salvadora de Deus. Entretanto, se observarmos os discípulos no momento da ascensão de Jesus ao Céu, narrada no livro dos Actos dos Apóstolos, vemo-los ainda na sua visão fechada e pensam na restauração de um novo reino davídico, perguntando ao Senhor: «É agora que vais restaurar o Reino de Israel?» (Act 1, 6). E como responde Jesus? Responde, abrindo os seus horizontes e confiando-lhes a promessa e uma tarefa: promete que serão cumulados da força do Espírito Santo e confere-lhes o encargo de O testemunharem em todo o mundo, superando as fronteiras culturais e religiosas em que estavam habituados a pensar e viver para se abrirem ao Reino universal de Deus. E, no início do caminho da Igreja, os Apóstolos e os discípulos partem sem nenhuma segurança humana, mas unicamente com a força do Espírito Santo, do Evangelho e da fé. É o fermento que se espalha pelo mundo, entra nas diferentes vicissitudes e nos mais variados contextos culturais e sociais, mas permanece uma única Igreja. Ao redor dos Apóstolos, florescem as comunidades cristãs, mas elas são «a» Igreja que, em Jerusalém, em Antioquia ou em Roma, é sempre a mesma, una e universal. E quando os Apóstolos falam de Igreja, não falam de uma comunidade própria, falam da Igreja de Cristo e insistem sobre esta identidade única, universal e total da Catholica, que se realiza em cada Igreja local. A Igreja é una, santa, católica e apostólica, reflectindo em si mesma a fonte da sua vida e do seu caminho: a unidade e a comunhão da Trindade.
No sulco e na perspectiva da unidade e universalidade da Igreja, situa-se também o Colégio Cardinalício: este apresenta uma variedade de rostos, dado que exprime o rosto da Igreja universal. Desejo, com este Consistório, pôr em evidência de modo particular que a Igreja é Igreja de todos os povos, e por conseguinte exprime-se nas várias culturas dos diversos Continentes. É a Igreja de Pentecostes, que, na polifonia das vozes, ergue um canto único e harmonioso ao Deus vivo.
Saúdo cordialmente as delegações oficiais dos vários países, os bispos, os sacerdotes, as pessoas consagradas, os fiéis-leigos das diversas comunidades diocesanas e todos aqueles que tomam parte na alegria dos novos membros do Colégio Cardinalício, a quem estão ligados pelo vínculo do parentesco, da amizade, da colaboração. Os novos Cardeais, que representam várias dioceses do mundo, ficam a partir de hoje agregados, a título muito especial, à Igreja de Roma e reforçam assim os laços espirituais que unem a Igreja inteira, vivificada por Cristo e cerrada em torno do Sucessor de Pedro. Ao mesmo tempo, o rito de hoje exprime o valor supremo da fidelidade. De facto, no juramento que daqui a pouco ides fazer, venerados Irmãos, estão escritas palavras carregadas de profundo significado espiritual e eclesial: «Prometo e juro permanecer, a partir de agora e para sempre enquanto tiver vida, fiel a Cristo e ao seu Evangelho, constantemente obediente à Santa Apostólica Igreja Romana». E, ao receber o barrete vermelho, ouvireis recordar-vos que o mesmo indica que «deveis estar prontos a comportar-vos com fortaleza, até à efusão do sangue, pelo incremento da fé cristã, pela paz e a tranquilidade do povo de Deus». Por sua vez, a entrega do anel será acompanhada pela advertência: «Sabe que, com o amor do Príncipe dos Apóstolos, se reforça o teu amor para com a Igreja».
Assim, nestes gestos e nas expressões que os acompanham, está indicada a fisionomia que assumis hoje na Igreja. Daqui para diante estareis unidos de forma ainda mais estreita e intima com a Sé de Pedro: os títulos ou as diaconias das igrejas da Urbe recordar-vos-ão o vínculo que vos une, como membros a título muito especial, a esta Igreja de Roma, que preside à caridade universal. Especialmente através da vossa colaboração com os Dicastérios da Cúria Romana, sereis meus preciosos cooperadores antes de tudo no ministério apostólico a favor da catolicidade inteira, como Pastor de todo o rebanho de Cristo e primeiro garante da doutrina, da disciplina e da moral.
Queridos amigos, louvemos ao Senhor, que «não cessa de enriquecer, com largueza de dons, a sua Igreja dispersa pelo mundo» (Oração), revigorando-a na perene juventude que lhe deu. A Ele confiamos o novo serviço eclesial destes prezados e venerados Irmãos, para que possam prestar corajoso testemunho de Cristo, com o dinamismo edificante da fé e o sinal de um incessante amor oblativo. Amen.
[01562-06.01] [Texto original: Italiano]
● TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA
„Wierzę w jeden, święty, powszechny i apostolski Kościół".
Drodzy Bracia i Siostry!
Słowa te, które wkrótce uroczyście wypowiedzą nowi kardynałowie, składając wyznanie wiary, są częścią Symbolu Nicejsko-Konstantynopolitańskiego, syntezy wiary Kościoła, którą każdy otrzymuje w momencie chrztu. Jedynie wyznając i zachowując w stanie nienaruszonym tę regułę prawdy jesteśmy autentycznymi uczniami Pana. Podczas obecnego konsystorza chciałbym omówić szczególnie znaczenie terminu „powszechny", wskazującego na istotną cechę Kościoła i jego misji. Można by o tym mówić szeroko i w różnych perspektywach: dziś ograniczę się do kilku myśli.
Cechy charakterystyczne Kościoła są zgodne z Bożym planem, jak stwierdza Katechizm Kościoła Katolickiego: „To Chrystus przez Ducha Świętego sprawia, że Jego Kościół jest jeden, święty, powszechny i apostolski oraz powołuje go do urzeczywistniania każdego z tych przymiotów" (n. 811). Konkretnie, Kościół jest powszechny, ponieważ Chrystus swoją zbawczą misją obejmuje całą ludzkość. Podczas gdy misja Jezusa w Jego ziemskim życiu była ograniczona do narodu żydowskiego, „do owiec, które poginęły z domu Izraela" (Mt 15, 24), to jednak od początku była ukierunkowana na to, by nieść wszystkim narodom światło Ewangelii i doprowadzić je wszystkie do Królestwa Bożego. Widząc wiarę setnika w Kafarnaum, Jezus mówi: „Lecz powiadam wam: Wielu przyjdzie ze wschodu i zachodu i zasiądą do stołu z Abrahamem, Izaakiem i Jakubem w królestwie niebieskim" (Mt 8, 11). Ta uniwersalistyczna perspektywa ujawnia się zresztą, kiedy Jezus nazywa siebie nie tylko „Synem Dawida", ale „Synem Człowieczym" (Mk 10, 33), jak mówi odczytany przed chwilą fragment Ewangelii, którego wysłuchaliśmy. Tytuł „Syn Człowieczy", w języku żydowskiej literatury apokaliptycznej, inspirowanej wizją historii zawartą w Księdze proroka Daniela (por. 7, 13-14), odnosi się do postaci, która przybywa „na obłokach nieba" (w. 13) i jest to obraz, który zapowiada całkowicie nowe królestwo, królestwo wspierane nie przez ludzkie moce, lecz przez prawdziwą moc, która pochodzi od Boga. Jezus posługuje się tym bogatym i złożonym wyrażeniem, i odnosi je do siebie, aby ukazać prawdziwy charakter swego mesjanizmu, jako misję skierowaną do całego człowieka i do każdego człowieka, przezwyciężając jakikolwiek partykularyzm etniczny, narodowy i religijny. I to właśnie naśladując Jezusa, wchodząc w Jego człowieczeństwo, a tym samym w komunię z Bogiem, wchodzimy do tego nowego królestwa, które Kościół głosi i zapowiada, do królestwa przezwyciężającego rozdrobnienie i rozproszenie.
Jezus nie wysyła ponadto swojego Kościoła do jakiejś grupy, ale do całej ludzkości, aby ją zgromadzić w wierze w jeden lud, ażeby go zbawić, co trafnie wyraża Sobór Watykański II w Konstytucji dogmatycznej Lumen gentium: „Do nowego Ludu Bożego powołani są wszyscy ludzie. Dlatego lud ten, pozostając ciągle jednym i jedynym, powinien się rozszerzać na cały świat i przez wszystkie wieki, aby spełnił się zamiar woli Boga" (n. 13). Powszechność Kościoła wypływa zatem z powszechności jedynego planu Bożego zbawienia świata. Ten powszechny charakter jest wyraźnie widoczny w dniu Pięćdziesiątnicy, kiedy Duch Święty napełnia swoją obecnością pierwszą wspólnotę chrześcijańską, aby Ewangelia rozpowszechniła się wśród wszystkich narodów i sprawiała, że wszystkie narody staną się jednym Ludem Bożym. Tym samym Kościół, od samego swego początku, ma być kat'holon, obejmuje cały wszechświat. Apostołowie świadczą o Chrystusie zwracając się do ludzi pochodzących z całego świata, a każdy ich rozumie tak, jakby mówili w jego języku ojczystym (Dz 2, 7-8). Od tego dnia Kościół „mocą Ducha Świętego", zgodnie z obietnicą Jezusa, głosi Pana, który umarł i zmartwychwstał, „w Jeruzalem i w całej Judei, i w Samarii, i aż po krańce ziemi" (Dz 1, 8 ). Jednakże powszechna misja Kościoła nie jest oddolna, lecz zstępuje z wysoka, od Ducha Świętego, i od pierwszej chwili jest nastawiona na wyrażanie się w każdej kulturze i tworzenie w ten sposób jednego Ludu Bożego. Jest to nie tyle wspólnota lokalna, która powoli się rozrasta i rozprzestrzenia, lecz jakby zaczyn, zmierzający do tego, co powszechne, do całości, niosący w sobie powszechność. „Idźcie na cały świat i głoście Ewangelię wszelkiemu stworzeniu!" (Mk 16, 15), „nauczajcie wszystkie narody" (Mt 28, 19). Tymi słowami Jezus posyła apostołów do wszystkich stworzeń, aby wszędzie dotarło zbawcze działanie Boga. Jeśli jednak przyjrzymy się chwili wniebowstąpienia Jezusa, przedstawionej w Dziejach Apostolskich, widzimy, że uczniowie tkwią jeszcze w swojej wizji, myślą o odtworzeniu nowego królestwa Dawida i pytają Pana: „czy w tym czasie przywrócisz królestwo Izraela?" (Dz 1, 6). Jak odpowiada Jezus? Odpowiada otwierając ich horyzonty, dając im obietnicę i zadanie: obiecuje, że zostaną napełnieni mocą Ducha Świętego i poleca im, by dawali o Nim świadectwo na całym świecie, wychodząc poza religijne i kulturowe granice, w których przyzwyczaili się myśleć i żyć, aby otworzyć się na powszechne Królestwo Boże. Kiedy Kościół wyrusza w drogę apostołowie i uczniowie nie mają żadnej ludzkiej pewności, lecz jedynie moc Ducha Świętego, Ewangelii i wiary. To jest zaczyn, który rozprzestrzenia się na całym świecie, przenika w różne sytuacje i różnorodne konteksty kulturowe i społeczne, lecz pozostaje jednym Kościołem. Wokół apostołów rozkwitają wspólnoty chrześcijańskie, ale są one jednym Kościołem, który w Jerozolimie, Antiochii czy Rzymie, pozostaje zawsze ten sam, jeden i powszechny. A gdy apostołowie mówią o Kościele, nie mówią o własnej wspólnocie, mówią o Kościele Chrystusowym i podkreślają tę wyjątkową, powszechną i wszechobejmującą tożsamość Catholica, wyrażającą się w każdym Kościele lokalnym. Kościół jeden, święty, katolicki i apostolski odzwierciedla w sobie źródło swego życia i swej drogi: jedność i komunię Trójcy Świętej.
Na drodze i w perspektywie jedności i powszechności Kościoła należy postrzegać również Kolegium Kardynalskie: jest w nim wiele twarzy, ponieważ wyraża ono oblicze Kościoła powszechnego. Poprzez obecny konsystorz pragnę w szczególny sposób podkreślić, że Kościół jest Kościołem wszystkich narodów, a zatem wyraża się w różnych kulturach poszczególnych kontynentów. Jest to Kościół Zesłania Ducha Świętego, który w polifonii głosów śpiewa jeden zgodny hymn do Boga żywego.
Serdecznie pozdrawiam oficjalne delegacje różnych krajów, biskupów, kapłanów, osoby konsekrowane i wiernych świeckich z różnych wspólnot diecezjalnych i wszystkie osoby dzielące radość nowych członków Kolegium Kardynalskiego, z którymi wiążą je więzy pokrewieństwa, przyjaźni czy współpracy. Nowi kardynałowie, reprezentujący różne diecezje świata, są od dzisiaj ze szczególnych względów złączeni z Kościołem Rzymskim i umacniają w ten sposób więzy duchowe jednoczące cały Kościół, ożywiany przez Chrystusa i gromadzący się wokół Następcy Piotra. Jednocześnie dzisiejszy obrzęd wyraża najwyższą wartość wierności. Drodzy bracia, w przysiędze, którą niebawem złożycie, zapisane są bowiem słowa pełne głębokiego znaczenia duchowego i kościelnego: „Obiecuję i przysięgam, że pozostanę odtąd i na całe życie, aż do śmierci wierny Chrystusowi i Jego Ewangelii, zawsze posłuszny Świętemu Apostolskiemu Kościołowi Rzymskiemu". Zaś gdy otrzymacie czerwony biret, zostanie wam przypomniane, iż wskazuje on, że „musicie być gotowi do mężnego działania, aż do przelania krwi, na rzecz wzrostu wiary chrześcijańskiej, pokoju i spokoju ludu Bożego". Natomiast przekazaniu pierścienia towarzyszyć będą słowa: „Bądź świadomy, że twoje umiłowanie Kościoła umacnia się poprzez umiłowanie Księcia Apostołów".
Te gesty i towarzyszące im wyrażenia wskazują rolę, którą podejmujecie dziś w Kościele. Od tej pory będziecie ściślej i głębiej zjednoczeni ze Stolicą Piotrową: tytuły czy diakonie kościołów Wiecznego Miasta będą wam przypominać o więzi łączącej was, jako członków z nadzwyczajnego względu, z tym Kościołem Rzymu, który przewodniczy w powszechnej miłości. Zwłaszcza poprzez waszą współpracę z dykasteriami Kurii Rzymskiej będziecie moimi cennymi współpracownikami, przede wszystkim w posłudze apostolskiej dla całego Kościoła katolickiego, jako Pasterza całego stada Chrystusa i pierwszego gwaranta nauki, dyscypliny i moralności.
Drodzy przyjaciele, uwielbiajmy Pana, który „nieustannie ubogaca swój Kościół rozproszony na całym świecie obfitością darów" (Oracja) i umacnia go w nieustannej młodości, jaką go obdarzył. Jemu powierzamy nową posługę kościelną tych zacnych i czcigodnych braci, aby mogli składać odważne świadectwo o Chrystusie, w budującej dynamice wiary i pod znakiem nieustannej ofiarnej miłości.
[01562-09.01[Testo originale: Italiano]
[B0682-XX.02]